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sari, Responsabile Affari Legali Italia Henkel.<br />
Ma come si conciliano progresso e norme<br />
pubblicitarie?<br />
Semplice, «la nostra valutazione di sostenibilità<br />
di una comunicazione non può prescindere<br />
dal supporto di dati scientifici, cioè ottenuti<br />
da istituti terzi applicando metodi e standard<br />
riconosciuti, che ne confermino il contenuto:<br />
lo impone il rispetto dei consumatori e delle<br />
norme cui riteniamo di dover aderire. Se poi<br />
in alcuni casi lo standard, la ricerca, l’analisi<br />
non sono in grado di darci i risultati che ci attendavamo,<br />
è mio compito dissuadere il marketing,<br />
nazionale o internazionale, dal procedere<br />
con attività incoerenti».<br />
Se una campagna non è corretta e viene bloccata<br />
non ne consegue solo un danno economico.<br />
Spesso gli effetti sono reputazionali, con<br />
danni di non facile quantificazione. «La credibilità<br />
è fondamentale: non basta più coinvolgere<br />
il pubblico, bisogna ottenere il suo<br />
consenso. E per ottenerlo è importante che i<br />
valori aziendali risultino valori condivisibili»<br />
spiega Giuseppe Mastromatteo, Chief Creative<br />
Officer Ogilvy & Mather Italia.<br />
La tendenza di Ogilvy è quella di non focalizzarsi<br />
sulla singola campagna, ma sviluppare<br />
piattaforme di comunicazione che mirino<br />
a costruire un dialogo costante tra brand e<br />
consumatore. «Avere un’idea in pubblicità significa<br />
vestire i panni dei nostri interlocutori<br />
per sorprenderli con una comunicazione che<br />
abbiano voglia di vedere, di commentare, di<br />
condividere all’interno dei propri network. E<br />
questo vale sia per un prodotto altamente tecnologico<br />
che per una mozzarella» aggiunge.<br />
Standard qualitativi, ricerche e analisi di laboratorio:<br />
come si pongono le agenzie innanzi a<br />
queste informazioni nella realizzazione della<br />
comunicazione?<br />
«Se non vengono usate come esche possono<br />
essere un supporto valido al nostro lavoro.<br />
Abbiamo aperto Ogilvy Change proprio per<br />
capire come le scienze comportamentali potessero<br />
aiutarci nella creazione di messaggi<br />
sempre più efficaci. Lavoriamo con psicologi<br />
comportamentali ed esperti di questo campo<br />
per impattare positivamente nella vita delle<br />
persone seguendo i paradigmi del nudging.<br />
Ma le ricerche non devono e non possono essere<br />
l’unico elemento di valutazione e di decisione,<br />
ci vuole coraggio. La creatività ha sempre<br />
una dose di imprevedibilità e di rischio.<br />
E molte volte cerchiamo di minimizzare il<br />
rischio. Quello che cerchiamo di fare insieme<br />
ai clienti è di aiutarli nella lettura delle ricerche<br />
e capire cosa trattenere da queste analisi»<br />
conclude. Insomma, fare una buona – e sicura<br />
– campagna pubblicitaria è sempre più un<br />
lavoro di team».<br />
SE UNA CAMPAGNA NON È CORRETTA<br />
E VIENE BLOCCATA, NON NE CONSEGUE<br />
SOLO UN DANNO ECONOMICO: SPESSO GLI<br />
EFFETTI SONO REPUTAZIONALI<br />
«È necessario che il legale lavori al fianco delle<br />
direzioni scientifiche e tecniche del proprio<br />
cliente ed accerti che gli studi ed i test sulla<br />
base dei quali si intende fondare la rivendicazione<br />
di superiorità siano stati eseguiti seguendo<br />
metodologie riconosciute come efficaci<br />
dalla comunità scientifica e, ove esistenti,<br />
da standard comunitari. Bisogna inoltre che i<br />
test siano ripetibili per potere essere oggetto<br />
di verifica da parte di un concorrente e delle<br />
autorità giudiziarie. È un errore, nel caso si rivendichi<br />
un plus, che deve essere misurabile<br />
strumentalmente, basarsi solo su metodi di<br />
“autovalutazione”, caratterizzati da una soggettiva<br />
che impedisce la ripetibilità degli stessi.<br />
Oggi fare una buona comparativa è più facile<br />
perché la giurisprudenza ha avuto modo di<br />
pronunciarsi su tale forma di pubblicità ed ha<br />
contribuito, grazie ad una casistica significativa,<br />
a dare ulteriori indicazioni a chi intenda<br />
fare una pubblicità comparativa corretta, non<br />
suggestiva o denigratoria di prodotti o servizi<br />
o concorrenti» ricorda Elena Carpani, Partner<br />
CREA Avvocati Associati.<br />
Quindi meglio tenersi alla larga da tentazioni<br />
comparative? «Premetterei che, al di la dei<br />
miti alimentati da alcune tenzoni comparative<br />
verificatesi in passato soprattutto negli Usa, la<br />
pubblicità comparativa è uno strumento molto<br />
particolare, che presenta alcuni vantaggi<br />
ma anche controindicazioni non indifferenti.<br />
Come “istruzioni per l’uso”, dato per assodato<br />
che la rivendicazione di una superiorità<br />
deve essere supportata da studi di enti terzi,<br />
in applicazione di standard condivisi perlomeno<br />
dalla comunità scientifica, sottolineerei<br />
due aspetti. Da un lato, l’effettiva rilevanza del<br />
plus rivendicato ai fini della scelta di acquisto;<br />
dall’altro la reale portata del messaggio,<br />
il quale potrebbe “estendere” - almeno nella<br />
percezione del pubblico - l’entità del plus rivendicato.<br />
Da questo punto di vista non deve<br />
dimenticarsi che il consumatore decodifica il<br />
messaggio muovendo da un contesto di forte<br />
asimmetria informativa, non conoscendo il<br />
contesto tecnologico nel quale interviene la<br />
campagna, conclude Massimo Tavella, fondatore<br />
di Tavella - Studio di Avvocati.<br />
Da sinistra Giuseppe Mastromatteo, Chief<br />
Creative Officer Ogilvy & Mather Italia,<br />
Elena Carpani, Partner CREA Avvocati<br />
Associati, Massimo Tavella, fondatore di<br />
Tavella - Studio di Avvocati.<br />
Nella pagina a fianco: a sinistra Pino Rozzi,<br />
Presidente and Ceo Gray United e Cristian<br />
Tessari, Responsabile Affari Legali Italia<br />
Henkel.<br />
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