30.06.2021 Views

Wine Couture 05-06/2021

Wine Couture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. Wine Couture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

Wine Couture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. Wine Couture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

4<br />

ZOOM<br />

Photo: mathilde langevin - Unsplash<br />

Vino dealcolato,<br />

opportunità o minaccia?<br />

Cosa ha lasciato dietro di sé un vero e proprio caso mediatico.<br />

Qualche riflessione senza pregiudizi<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

Molto rumore per nulla. O, forse, no. Ci riferiamo<br />

al caso mediatico che si è scatenato,<br />

tra maggio e giugno, sul tema del vino<br />

dealcolato. Con annesse accuse scagliate<br />

verso Bruxelles circa una presunta “congiura”<br />

ordita dalla Ue: contro la produzione vitivinicola,<br />

innanzitutto, ma soprattutto finalizzata ad “annacquare”<br />

Doc e Docg made in Italy. Un tormentone che ha preso<br />

il via da un forviante comunicato di Coldiretti e poi ha<br />

scatenato commenti, prese di posizione e pugni (figurativamente)<br />

sbattuti, più sulle pagine dei giornali che sui tavoli<br />

istituzionali, da parte di protagonisti del settore e della<br />

politica. Ma cosa lascia dietro di sé la vicenda? Innanzitutto,<br />

l’opportunità di ragionare sul futuro. Ma soprattutto<br />

d’interrogarsi se quello che è nato come caso mediatico,<br />

in realtà, delineando precisamente il campo d’azione, non<br />

possa diventare interessante occasione di mercato, un domani<br />

prossimo, per l’universo del vino, in primis italiano.<br />

Se molto è stato detto sul vino dealcolato, non in tanti<br />

hanno ben chiaro di cosa si stia parlando. Per spazzare il<br />

campo da incomprensioni, la parola all’enologo senese Jacopo<br />

Vagaggini: “La dealcolazione è una pratica ammessa<br />

per legge nella misura massima di 2% alcool (corrispondente<br />

al 20% del volume totale) tramite due metodi fisici:<br />

l’osmosi inversa e la tecnica dell’evaporazione sottovuoto”,<br />

ha spiegato a <strong>Wine</strong><strong>Couture</strong>. “Nel primo caso, il vino passa<br />

attraverso membrane semipermeabili a pressioni molto<br />

elevate fino a 40 atmosfere, da cui si estrae una miscela di<br />

acqua ed alcool. L’alcool viene poi separato per distillazione;<br />

l’acqua rimanente, cosiddetta acqua di vegetazione,<br />

deve essere reincorporata nel vino originale per abbassarne<br />

la gradazione alcolica. Quest’ultimo passaggio è<br />

stato a lungo incriminato, erroneamente scambiato per un<br />

annacquamento che, al contrario, implica un aumento di<br />

volume tramite aggiunta di acqua con conseguente diluzione<br />

e abbassamento di gradazione alcolica”. L’alternativa<br />

è la tecnica dell’evaporazione sottovuoto, in cui si riesce<br />

ad eliminare l’alcool senza rimuovere l’acqua. “Questa<br />

pratica è efficace”, ha evidenziato Jacopo Vagaggini, “ma<br />

impoverisce il vino di molti profumi che, essendo molecole<br />

volatili, vengono persi nel corso dell’evaporazione e<br />

dell’aspirazione sottovuoto”. Risulta così evidente come<br />

un vino dealcolato sia un prodotto “artefatto”, lontano nel<br />

risultato da quello che è la sua matrice d’origine. Ma non<br />

di meno, rappresenta un’opportunità, soprattutto in determinati<br />

mercati: dal Nord Europa al Medioriente e oltre.<br />

Ora, quel che occorre valutare – e senza preclusioni – è<br />

se a livello comunitario questa tipologia debba o meno<br />

essere categorizzata all’interno della famiglia dei prodotti<br />

vitivinicoli. Il segretario generale di Unione Italiana Vini,<br />

Paolo Castelletti, ha sottolineato come si debba evitare<br />

che questi prodotti “possano divenire business di altre industrie<br />

estranee al mondo vino e che siano le imprese italiane<br />

a rispondere alle richieste di mercato, specialmente<br />

di alcuni Paesi asiatici”. Al contempo, come ribadito dalla<br />

filiera compatta, serve chiarezza. È necessario sommare e<br />

non sovrapporre, delineando con precisione le pratiche e<br />

i limiti oltre cui non spingersi, trasformando la “minaccia”<br />

in un’occasione di business. Sotto questo punto di vista è<br />

condivisibile la posizione del Parlamento Europeo, che<br />

arresta la discussione sul vino dealcolato quando si giunge<br />

davanti alle produzioni Dop e Igp. La stessa ferma contrarietà<br />

sostenuta dalle organizzazioni di filiera.<br />

Ma c’è di più. Non avere preclusioni vuol dire anche ragionare<br />

su un processo di dealcolizzazione che possa rappresentare<br />

una proficua risposta a quella che è la problematica<br />

di una produzione in eccesso: al posto di procedere<br />

in direzione della distillazione, vini da tavola e varietali<br />

potrebbero così vivere una “seconda vita” capace di generare<br />

ricavi commerciali. In proposito, è corretto ragionare<br />

sull’appropriata terminologia da utilizzare, con i prodotti<br />

totalmente dealcolati, vista la loro peculiare natura. E non<br />

è erroneo ritenere che debbano contemplare il termine<br />

“bevanda” in luogo di vino. Ma quale sarà il futuro? Lasciamo<br />

la chiosa a Vagaggini: “Oggi esiste un mondo a colori,<br />

non più bianco o nero. La diversità è parte integrante del<br />

nostro vivere quotidiano, deve essere valorizzata e incentivata.<br />

Il vino dealcolato è un prodotto diverso che assolve<br />

ad un ruolo diverso: non deve essere vissuto come una minaccia,<br />

ma come un mezzo che può smuovere equilibri e<br />

creare nuove possibilità di mercato”.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!