Wine Couture 05-06/2021
Wine Couture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. Wine Couture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
Wine Couture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. Wine Couture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.
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ZOOM<br />
Photo: mathilde langevin - Unsplash<br />
Vino dealcolato,<br />
opportunità o minaccia?<br />
Cosa ha lasciato dietro di sé un vero e proprio caso mediatico.<br />
Qualche riflessione senza pregiudizi<br />
DI MATTEO BORRÈ<br />
Molto rumore per nulla. O, forse, no. Ci riferiamo<br />
al caso mediatico che si è scatenato,<br />
tra maggio e giugno, sul tema del vino<br />
dealcolato. Con annesse accuse scagliate<br />
verso Bruxelles circa una presunta “congiura”<br />
ordita dalla Ue: contro la produzione vitivinicola,<br />
innanzitutto, ma soprattutto finalizzata ad “annacquare”<br />
Doc e Docg made in Italy. Un tormentone che ha preso<br />
il via da un forviante comunicato di Coldiretti e poi ha<br />
scatenato commenti, prese di posizione e pugni (figurativamente)<br />
sbattuti, più sulle pagine dei giornali che sui tavoli<br />
istituzionali, da parte di protagonisti del settore e della<br />
politica. Ma cosa lascia dietro di sé la vicenda? Innanzitutto,<br />
l’opportunità di ragionare sul futuro. Ma soprattutto<br />
d’interrogarsi se quello che è nato come caso mediatico,<br />
in realtà, delineando precisamente il campo d’azione, non<br />
possa diventare interessante occasione di mercato, un domani<br />
prossimo, per l’universo del vino, in primis italiano.<br />
Se molto è stato detto sul vino dealcolato, non in tanti<br />
hanno ben chiaro di cosa si stia parlando. Per spazzare il<br />
campo da incomprensioni, la parola all’enologo senese Jacopo<br />
Vagaggini: “La dealcolazione è una pratica ammessa<br />
per legge nella misura massima di 2% alcool (corrispondente<br />
al 20% del volume totale) tramite due metodi fisici:<br />
l’osmosi inversa e la tecnica dell’evaporazione sottovuoto”,<br />
ha spiegato a <strong>Wine</strong><strong>Couture</strong>. “Nel primo caso, il vino passa<br />
attraverso membrane semipermeabili a pressioni molto<br />
elevate fino a 40 atmosfere, da cui si estrae una miscela di<br />
acqua ed alcool. L’alcool viene poi separato per distillazione;<br />
l’acqua rimanente, cosiddetta acqua di vegetazione,<br />
deve essere reincorporata nel vino originale per abbassarne<br />
la gradazione alcolica. Quest’ultimo passaggio è<br />
stato a lungo incriminato, erroneamente scambiato per un<br />
annacquamento che, al contrario, implica un aumento di<br />
volume tramite aggiunta di acqua con conseguente diluzione<br />
e abbassamento di gradazione alcolica”. L’alternativa<br />
è la tecnica dell’evaporazione sottovuoto, in cui si riesce<br />
ad eliminare l’alcool senza rimuovere l’acqua. “Questa<br />
pratica è efficace”, ha evidenziato Jacopo Vagaggini, “ma<br />
impoverisce il vino di molti profumi che, essendo molecole<br />
volatili, vengono persi nel corso dell’evaporazione e<br />
dell’aspirazione sottovuoto”. Risulta così evidente come<br />
un vino dealcolato sia un prodotto “artefatto”, lontano nel<br />
risultato da quello che è la sua matrice d’origine. Ma non<br />
di meno, rappresenta un’opportunità, soprattutto in determinati<br />
mercati: dal Nord Europa al Medioriente e oltre.<br />
Ora, quel che occorre valutare – e senza preclusioni – è<br />
se a livello comunitario questa tipologia debba o meno<br />
essere categorizzata all’interno della famiglia dei prodotti<br />
vitivinicoli. Il segretario generale di Unione Italiana Vini,<br />
Paolo Castelletti, ha sottolineato come si debba evitare<br />
che questi prodotti “possano divenire business di altre industrie<br />
estranee al mondo vino e che siano le imprese italiane<br />
a rispondere alle richieste di mercato, specialmente<br />
di alcuni Paesi asiatici”. Al contempo, come ribadito dalla<br />
filiera compatta, serve chiarezza. È necessario sommare e<br />
non sovrapporre, delineando con precisione le pratiche e<br />
i limiti oltre cui non spingersi, trasformando la “minaccia”<br />
in un’occasione di business. Sotto questo punto di vista è<br />
condivisibile la posizione del Parlamento Europeo, che<br />
arresta la discussione sul vino dealcolato quando si giunge<br />
davanti alle produzioni Dop e Igp. La stessa ferma contrarietà<br />
sostenuta dalle organizzazioni di filiera.<br />
Ma c’è di più. Non avere preclusioni vuol dire anche ragionare<br />
su un processo di dealcolizzazione che possa rappresentare<br />
una proficua risposta a quella che è la problematica<br />
di una produzione in eccesso: al posto di procedere<br />
in direzione della distillazione, vini da tavola e varietali<br />
potrebbero così vivere una “seconda vita” capace di generare<br />
ricavi commerciali. In proposito, è corretto ragionare<br />
sull’appropriata terminologia da utilizzare, con i prodotti<br />
totalmente dealcolati, vista la loro peculiare natura. E non<br />
è erroneo ritenere che debbano contemplare il termine<br />
“bevanda” in luogo di vino. Ma quale sarà il futuro? Lasciamo<br />
la chiosa a Vagaggini: “Oggi esiste un mondo a colori,<br />
non più bianco o nero. La diversità è parte integrante del<br />
nostro vivere quotidiano, deve essere valorizzata e incentivata.<br />
Il vino dealcolato è un prodotto diverso che assolve<br />
ad un ruolo diverso: non deve essere vissuto come una minaccia,<br />
ma come un mezzo che può smuovere equilibri e<br />
creare nuove possibilità di mercato”.