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amarcord
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Grande euforia per la vittoria degli azzurri agli Europei anche se a Livorno offuscata dalla avvilente
situazione della squadra amaranto - Tra i ricordi, più o meno belli, quel derby Pisa-Livorno sospeso
per impraticabilità del campo sullo 0-2 che scatenò una gigantesca rissa per l’odiosa esultanza dei nerazzurri
Che scazzottata quel 30 marzo ’59!
Il campionato
europeo
di calcio
c o n
l’Italia di
Roberto
Mancini che ha giocato bene
conquistando l’ambito titolo di
Campione d’Europa, ha scatenato
un’euforia calcistica in
tutto il Paese ed anche a Livorno.
Il perché è presto detto,
il covid e il lockdown hanno
creato in tutti il bisogno di
aggrapparsi a qualcosa e
l’Italia del Mancio è stata un
facile pretesto. Ha riportato
tutti alla grande gioia dell’82
(l’urlo lacerante di Tardelli, le
strade di Livorno invase da
auto, motorini, trombe e bandiere),
di Italia ’90, (non vincemmo,
ma la canzone della
Nannini Notti magiche dette,
e dà tuttora, i brividi) e
quella del 2006 (poo-po-popo-po-poo.po...).
Comunque va detto che l’entusiasmo
di tanti livornesi è
stato offuscato dalla triste
condizione del Livorno calcio!
Ma dove siamo finiti? In
serie D, per demeriti sul campo
e societari. Anni di passione,
di tifo genuino, di trasferte,
oltraggiati da brutti individui
(meglio non fare
nomi) che si sono litigati la
società e poi ci hanno sputato
in faccia. Quante partite!
Quante trasferte (Reggio
Emilia, Perugia, Treviso, Piacenza,
Milano ecc.). Bei tempi,
passati troppo alla svelta.
Eppure tra le tante trasferte,
di Luciano Canessa
veramente tante, quella che
più mi vive nel cuore è stata
la prima, che una vecchia
scritta in rigoroso stampatello,
non criptica, Pisa merda,
su un muro vicino casa mia,
mi ricorda sempre.
Quella mattina del 30 marzo
1959, avevo 14 anni, mi svegliai
con un forte odore di
calcio. Nel pomeriggio avrei
visto realizzata la mia prima
trasferta e non in un campo
qualunque o per una partita
qualsiasi. Si trattava di Pisa-
Livorno! Campionato di calcio
1958/59, serie C. Il giorno
prima era piovuto perciò
corsi ad alzare frettolosamente
la serranda per vedere il
cielo. Plumbeo, plumbeo da
far spavento, ma almeno non
pioveva, non in quel momento.
Il mio accompagnatore
era mio cognato, Mauro. In
treno mi chiedevo come fosse
l’Arena Garibaldi; sai com’è,
Pisa era stata Repubblica
Marinara ecc., quelle
cose insomma imparate a
scuola, per cui mi aspettavo
una struttura importante.
Quando me lo trovai davanti
agli occhi, realizzai che non
poteva competere con il nostro,
tutto in cemento armato
e con quella Torre di Maratona,
tutta nostra, impreziosita
da due terrazzi esagerati,
e bella da mozzare il fiato.
La curva dell’Arena Garibaldi
era concepita con tubi di
metallo e tavolacci di legno
per la seduta e il camminamento;
sotto si vedeva l’erba
alta e l’incuria. I posti non
erano numerati in gradinata
Pisa-Livorno - Il primo gol di Mungai al 42’ che poi raddoppiò al 44’.
La ‘sventola’ con la quale il portiere amaranto Bertocchi mandò
ko il pisano Morelli.
e nelle curve, inoltre non era
contemplata la separazione
delle tifoserie avversarie, così
livornesi e pisani poterono stare
gli uni accanto agli altri.
Allora era così.
Per chi non ricorda quel tempo
e per i più giovani, va detto
che il Livorno, guidato da
Ivo Fiorentini, quello del “quasi”
scudetto del 1943, era
partito benissimo. Era stato
acquistato anche, in ultimo,
Mario Manenti, brasiliano del
Botafogo. Pensavamo tutti al
Botafogo di Garrincha, Didì
e Nilton Santos (tre numi),
invece si trattava, e lo sapemmo
dopo, del Botafogo di Ribeirao
Preto, praticamente
una sorta di Juventus di Torino
e Juventus-Castellammare
di Stabia. Anche “Il Telegrafo”
non lo sapeva e del
Botafogo fasullo ci informò in
ritardo.
Ma torniamo alla partita.
Pronti, via. Il Pisa cominciò
a testa bassa e Sicurani