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La Toscana Nuova - ottobre 2021

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Il cinema

a casa

A cura di

Lorenzo Borghini

Mommy

Il colpo al cuore di Xavier Dolan

di Lorenzo Borghini

La storia è la più vecchia del mondo: madre sola, incapace

di gestire la propria vita e figlio problematico,

tendente a scatti di violenza incontrollati. Sembrerebbe

un cocktail perfetto di cliché, ma Xavier Dolan la rende

unica. All’inizio del film si ride. Steve Deprés torna a casa

dopo una lunga degenza in un istituto e le sue parole, le sue

follie e i suoi sguardi ci fanno sorridere, per tutta la loro sfacciataggine

adolescenziale. Anche la madre Diane è simile a

lui: arrogante ed esuberante, ma non a livello patologico come

il figlio. Ma se inizialmente ridiamo delle loro stranezze,

col passare dei minuti, iniziamo a conoscerli meglio, e

da estranei diventano vicini di casa, amici, parte della nostra

famiglia e quei sorrisi iniziali scompaiono tramutandosi in

preoccupazione, tristezza e angoscia per la loro situazione

disperata. Il disordine del loro microcosmo viene scombussolato

dalla vicina Kyle, insegnante in congedo con un problema

di balbuzie, che sembra ritrovare un po’ di equilibrio

grazie alle due comete di casa Deprés. Xavier Dolan sceglie

di girare in un non convenzionale

1:1, un formato che racchiude tutto

all’interno di un quadrato, che esclude

il fuori campo per dare risalto ai

volti e alla sofferenza. Tutto succede

lì, dentro una cornice che non dà

spazio all’immaginazione, che carcera

i personaggi quasi stritolandoli,

soffocandoli nei loro problemi. A

momenti manca l’aria da quanto è

azzeccata la scelta dell’1:1. Verrebbe

voglia di aprire quello schermo

per dare un po’ di respiro al povero

Steve e infatti Dolan ci accontenta.

L’apertura dello schermo è quanto

di più audace si sia mai visto nel cinema

contemporaneo, è una rottura

degli schemi che Dolan non compie

solo come puro esercizio di stile; anzi,

è carica di un significato profondo,

intrisa di emozioni forti legate

all’apertura di una finestra di felicità

momentanea. Uno spiraglio, quindi,

che non può che durare pochi minuti,

per poi richiudersi rappresentando

l’impossibilità di una felicità

permanente. Steve è una meteora

come lo era stato Antoine Doinel nel

1959. Due ragazzi incompresi da seguire

passo dopo passo, sguardo

dopo sguardo, cercando di capirli e

di proteggerli da una società che li

respinge con dolore. Un film su un

amore materno molto forte, su un legame

indissolubile, che neanche la

malattia di Steve sembra poter scalfire.

Xavier Dolan col suo quinto film

centra un colpo da fenomeno. Vince

il premio della giuria a Cannes e per

135 minuti riesce a farci dimenticare

la differenza fra cinema e vita.

54

MOMMY

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