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La Toscana Nuova - ottobre 2021

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I libri del

mese

Stefania Maffei

Poesie come “sentieri di parole”

di Erika Bresci

Se, come suggerisce Stefania Maffei nella sua nota introduttiva,

le parole sono “viatico” che unisce gli uomini

nella condivisione di emozioni, sentimenti, persino

verità, viene anzitutto da chiedersi: dove portano quelle vie,

quali bivi orientano le scelte, quali soste nel cammino è giusto

(o necessità pura) concedersi, con chi – anche se virtualmente

– potremo affrontare il viaggio? Il cammino che qui ci

viene proposto procede su doppio binario: quello della concretezza

e quello del sogno. L’uno non esclude l’altro. Da una

parte, accostamenti sensoriali e contaminazioni sinestetiche

che ci invitano a un dialogo sempre presente e vivo con la natura,

cui ci si riferisce per comprendere, vestiti di metafora, il

mondo e le persone insieme alle quali abbiamo fatto o stiamo

facendo parte del nostro itinerario. “Ora mi manchi come il

vento fra le canne / come il pigolio dei passeri sul pino grande

/ come la frutta vera della campagna / come l’amore

profumato, che m’hai lasciato”: con questi versi

di luminosa grazia si rivolge alla nonna amata la

poetessa nei suoi ricordi. Oppure, per descrivere la

brevità del tempo, la caratura dell’istante che occorre

cogliere e che può nostro malgrado sfuggire se

non siamo attenti, Stefania si affida a un paragone

di grande intensità e altrettanta delicatezza: “Appena

un percettibile abbraccio / tocco lieve di farfalla

/ fermata per un bacio / sulla nuda spalla”. Dall’altra,

Stefania Maffei ci invita ad entrare in un mondo

in cui la linea sulla quale si sofferma l’occhio all’orizzonte

assume le fattezze di una fata Morgana insinuante

e evocatrice, che piega verso un altrove da

immaginare. Atmosfere crepuscolari, che suggeriscono

con sorprendente efficacia il travaglio di un

intimo scavo – “… il bel tramonto rosso / quello coi

tuoi occhi dentro sento”; “dentro quell’ombra stanca /

resta il sogno / in fondo agli occhi celato / dalla speranza

protetto” – ci inabissano in pozzi dove l’acqua

è pura, non contaminata, per farci riemergere da questo

battesimo di senso proprio grazie alla parola, che

è capace di “dire” i sentimenti – “sulle labbra sboccia

una parola / nuova di comprensione” –, riconoscerli,

viverli, condividerli. Lontano dall’accecante sfavillio

della superficialità dominante e becera, che inaridisce

il presente – “Eppure il sole sfacciatamente

sfalda i giorni / il brulichio giulivo, quasi garrulo / mi

disturba l’animo in attesa del nulla”. E questo scrigno,

questo tesoro di pirati custodito in fondo all’anima

è disvelamento improvviso, colto nell’istante

in cui si ha il coraggio di spingersi oltre l’orizzonte,

perché proprio nella curva dietro la quale si apre “un

viaggio in un mondo inusitato / improvvisa, luminosa

s’espande / è l’alba nuova, che non conoscevo…”.

Lasciarsi andare all’altrove, permettere agli occhi di farsi varco,

ponte tra la dimensione esterna delle cose e il battito del

cuore, tra dentro e fuori, ascoltare il vento – così straordinariamente

presente nella raccolta, ora lieve, ora freddo, asciutto,

di tramontana, ora variabile, ora impertinente, ora quasi

una brezza appena percepita – che è come dire ascoltare la

vita che scorre nel suo tempo, vivere il sogno, darsi la possibilità

di immaginare lacerti di speranza, è la conquista della

meta finale, la fine (che è anche inizio) del viaggio. Tanto più

se guardiamo all’anno appena trascorso, all’isolamento imposto,

alla paura, alla sofferenza, allo stravolgimento di tutto

quanto si pensava certo, normale, ovvio. Ma adesso è tempo

di promessa: “Godi, se il vento ch’entra nel pomario / vi rimena

l’ondata della vita”, suggerisce Montale (In limine). E come

dargli torto?

STEFANIA MAFFEI

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