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I libri del
mese
Stefania Maffei
Poesie come “sentieri di parole”
di Erika Bresci
Se, come suggerisce Stefania Maffei nella sua nota introduttiva,
le parole sono “viatico” che unisce gli uomini
nella condivisione di emozioni, sentimenti, persino
verità, viene anzitutto da chiedersi: dove portano quelle vie,
quali bivi orientano le scelte, quali soste nel cammino è giusto
(o necessità pura) concedersi, con chi – anche se virtualmente
– potremo affrontare il viaggio? Il cammino che qui ci
viene proposto procede su doppio binario: quello della concretezza
e quello del sogno. L’uno non esclude l’altro. Da una
parte, accostamenti sensoriali e contaminazioni sinestetiche
che ci invitano a un dialogo sempre presente e vivo con la natura,
cui ci si riferisce per comprendere, vestiti di metafora, il
mondo e le persone insieme alle quali abbiamo fatto o stiamo
facendo parte del nostro itinerario. “Ora mi manchi come il
vento fra le canne / come il pigolio dei passeri sul pino grande
/ come la frutta vera della campagna / come l’amore
profumato, che m’hai lasciato”: con questi versi
di luminosa grazia si rivolge alla nonna amata la
poetessa nei suoi ricordi. Oppure, per descrivere la
brevità del tempo, la caratura dell’istante che occorre
cogliere e che può nostro malgrado sfuggire se
non siamo attenti, Stefania si affida a un paragone
di grande intensità e altrettanta delicatezza: “Appena
un percettibile abbraccio / tocco lieve di farfalla
/ fermata per un bacio / sulla nuda spalla”. Dall’altra,
Stefania Maffei ci invita ad entrare in un mondo
in cui la linea sulla quale si sofferma l’occhio all’orizzonte
assume le fattezze di una fata Morgana insinuante
e evocatrice, che piega verso un altrove da
immaginare. Atmosfere crepuscolari, che suggeriscono
con sorprendente efficacia il travaglio di un
intimo scavo – “… il bel tramonto rosso / quello coi
tuoi occhi dentro sento”; “dentro quell’ombra stanca /
resta il sogno / in fondo agli occhi celato / dalla speranza
protetto” – ci inabissano in pozzi dove l’acqua
è pura, non contaminata, per farci riemergere da questo
battesimo di senso proprio grazie alla parola, che
è capace di “dire” i sentimenti – “sulle labbra sboccia
una parola / nuova di comprensione” –, riconoscerli,
viverli, condividerli. Lontano dall’accecante sfavillio
della superficialità dominante e becera, che inaridisce
il presente – “Eppure il sole sfacciatamente
sfalda i giorni / il brulichio giulivo, quasi garrulo / mi
disturba l’animo in attesa del nulla”. E questo scrigno,
questo tesoro di pirati custodito in fondo all’anima
è disvelamento improvviso, colto nell’istante
in cui si ha il coraggio di spingersi oltre l’orizzonte,
perché proprio nella curva dietro la quale si apre “un
viaggio in un mondo inusitato / improvvisa, luminosa
s’espande / è l’alba nuova, che non conoscevo…”.
Lasciarsi andare all’altrove, permettere agli occhi di farsi varco,
ponte tra la dimensione esterna delle cose e il battito del
cuore, tra dentro e fuori, ascoltare il vento – così straordinariamente
presente nella raccolta, ora lieve, ora freddo, asciutto,
di tramontana, ora variabile, ora impertinente, ora quasi
una brezza appena percepita – che è come dire ascoltare la
vita che scorre nel suo tempo, vivere il sogno, darsi la possibilità
di immaginare lacerti di speranza, è la conquista della
meta finale, la fine (che è anche inizio) del viaggio. Tanto più
se guardiamo all’anno appena trascorso, all’isolamento imposto,
alla paura, alla sofferenza, allo stravolgimento di tutto
quanto si pensava certo, normale, ovvio. Ma adesso è tempo
di promessa: “Godi, se il vento ch’entra nel pomario / vi rimena
l’ondata della vita”, suggerisce Montale (In limine). E come
dargli torto?
STEFANIA MAFFEI
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