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Raccontare Pirano

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1578 fu costruito un ponte levatoio in pietra, per

collegare le due opposte rive. I resti ben conservati

di una delle due torri sono visibili in Riva Cankar 1.

Nel 1500 fu inviata al Senato veneziano la richiesta

di permesso per costruire un molo adiacente

alla porta di S. Giorgio. Venezia fornì una vecchia

galea, che riempita di pietre e affondata, servì a

costruirvi sopra le fondamenta del nuovo molo.

Oggi riconosciamo il luogo nella riva prospicente

Palazzo Trevisini e la piazzetta del pescatore. Nel

1503 il podestà Andrea Valier pose sul molo una

grande bitta per legare le galee. Vi fece incidere le

sue iniziali A V e il simbolo della famiglia: un’aquila

con la testa coronata rivolta a sinistra e le ali aperte,

che vediamo scolpita in modo molto stilizzato.

Oggi la sua copia si trova sulla piazzetta dei pescatori

con una targa impropria: colonna dell’infamia.

L’originale, completa dello zoccolo lungo un metro

e mezzo che sprofondava nel molo, è custodita nel

piccolo museo del Mediadom Phyrrani. La bitta fu

ripescata intorno agli anni ’30 del XX secolo, durante

il dragaggio del fondale.

I lavori importanti in porto ripresero verso la fine

del XVIII sec. Nei secoli precedenti le attività marinare

avevano conosciuto periodi sia di prosperità

sia di crisi. Erano però un settore economico fondamentale

che impegnava sicuramente più di un

quarto della popolazione cittadina. Per i lavori più

umili spesso venivano ingaggiate persone provenienti

da fuori città. Gli armatori e i commercianti

erano organizzati in commende, contratti che prevedevano

l’assegnazione di un incarico che poteva

durare più tempo. La divisione dei guadagni e delle

perdite, veniva equamente spartita.

Nel XIX secolo, lo sviluppo di Pirano fu fortemente

condizionato dalla vicinanza di Trieste, che era in

fase di grandissima evoluzione, sia come edilizia

sia come porto franco. Incrementarono le proprie

attività i cantieri e gli squeri. Le numerose barche

di piccolo e medio cabotaggio furono impegnate

nei trasporti di materiale edile, di persone, di prodotti

della pesca e dell’agricoltura.

PARTE SUPERIORE DELLA BITTA CON AQUILA E INIZIALI A. V.

Si ripresentò il problema del porto. Il mandracchio

interno non era più sufficiente e verso il Mogoròn

non era sicuro, perché troppo esposto ai venti meridionali.

Dopo discussioni, progetti e accordi andati

a vuoto, finalmente nel 1872 il vecchio molo,

che arrivava circa alla radice di quello attuale, fu

prolungato di 60 tese viennesi (113 metri). L’investimento

fu a carico del Governo Marittimo di Trieste

e il Comune avrebbe restituito il proprio debito

(72.000 fiorini) in quasi vent’anni. Fu un efficace

riparo dai venti di ponente, tanto che spesso fu indicato

pure con il nome di “diga”.

Vent’anni più tardi fu costruito anche il secondo

molo, detto molo nuovo o della Sanità. Nel 1891 il

podestà avv. Domenico Fragiacomo supportò, fra

i diversi progetti, quello di Alfredo Purschka, che

aveva considerato tutte le osservazioni dei marittimi

piranesi e dei pescatori locali, i quali indicarono

dove e come doveva essere posizionato il molo

per difendere efficacemente il bacino dai venti meridionali.

Il molo prese il nome dalla vicina Sanità, in quanto

alla sua radice c’erano gli ambienti adibiti a quarantena

preventiva per chi proveniva da terre lontane.

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