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Ring 099 - Parliamo di Videogiochi

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99<br />

SOMMARIO<br />

speciale speciale<br />

so crossover//04<br />

virtual, so real//04<br />

rubriche rubriche<br />

tesori The ivory sepolti tower//10<br />

jojo’s 20 puzzle park//64<br />

game making era 03<br />

dar vita ai pixel//65<br />

arena<br />

Grand Theft Auto//20<br />

The ivory tower<br />

Two cultures//24<br />

kakka banzai<br />

avventure testuali//26<br />

frames<br />

i voti <strong>di</strong> edge//28<br />

indepth<br />

PES-parte II//29<br />

recensioni<br />

gta san andreas//34<br />

fable//37<br />

wrc 4//40<br />

the chronicles of<br />

rid<strong>di</strong>ck//41<br />

burnout 3//43<br />

psi ops//46<br />

second sight//49<br />

xenosaga II//51<br />

doom3//53<br />

gra<strong>di</strong>us v//56<br />

katamary damacy//58<br />

panic maker//60<br />

zelda minish cap//62<br />

pes: non-recensione//63<br />

th century davide<br />

capitolo tre//59<br />

frames<br />

100 cose dei vg che<br />

ameremo sempre//12<br />

Polygons killed the<br />

bitmap stars//15<br />

Gyakuten saiban//20<br />

indepth<br />

piaceri proibiti//24<br />

recensioni<br />

splinter cell chaos<br />

theory//29<br />

brothers in arms//31<br />

ace combat 5//33<br />

resident evil 4//35<br />

devil may cry 3//37<br />

god of war//40<br />

shadow of rome//42<br />

berserk//44<br />

ghost in the shell stand<br />

alone complex//47<br />

bard’s tale//49<br />

playboy the mansion<br />

//50<br />

cold fear//52<br />

world of warcraft//54<br />

jade empire//57<br />

<strong>Ring</strong>, la rivista più amata dai<br />

videogiocatori meno rincoglioniti,<br />

giunge con questo novantanovesimo<br />

numero al termine<br />

del suo ciclo vitale. È sempre<br />

un trauma quando le riviste<br />

chiudono. Molti <strong>di</strong> voi ricorderanno<br />

una situazione analoga<br />

vissuta qualche anno fa. Un<br />

magazine nel cuore <strong>di</strong> tutti noi<br />

dovette chiudere i battenti lasciando<br />

i suoi affezionati lettori<br />

nel completo vuoto e<strong>di</strong>toriale.<br />

Le proteste, gli inviti a proseguire,<br />

furono vani allora così<br />

come lo sono oggi. Nessuno<br />

potrà più ridarci Lotta Continua<br />

e nessuno potrà più ridarci<br />

<strong>Ring</strong>.<br />

Oppure no?<br />

www.project-ring.com//luglio 2005<br />

F I S S I O N M A I L E D<br />

<strong>Ring</strong> chiude.<br />

Ma quantomeno cerca <strong>di</strong> farlo con stile. Quello stile che ci ha sempre<br />

contrad<strong>di</strong>stinto o che, almeno, abbiamo sempre pensato ci contrad<strong>di</strong>stinguesse.<br />

Che parola lunga e strana questa… “contrad<strong>di</strong>stinguesse”. Oh be’,<br />

l’importante è che sia giusta… Siamo uomini <strong>di</strong> mondo noi, no? O comunque<br />

ci piace far credere <strong>di</strong> esserlo e allora via, voltiamo pagina e an<strong>di</strong>amo<br />

avanti, voltiamo le pagine seguenti e sempre avanti, una pagina via l’altra<br />

e poi chiu<strong>di</strong>amo il libro e poi… sempre avanti.<br />

<strong>Ring</strong> tira le cuoia e qualcuno, lì <strong>di</strong> fronte allo schermo (o indomito fanatico,<br />

davanti alla pagina stampata) magari si chiede anche il perché. I Misteri<br />

della Morte sono insondabili e ci sono cose che l’uomo non dovrebbe<br />

sapere e soglie che non è bene oltrepassasse, ma ok, siete stati lettori<br />

fidati e un po’ vi vogliamo bene.<br />

<strong>Ring</strong> stramazza al suolo per svariate ragioni, non tutte esplicabili. Quello<br />

che ci piace pensare è che si tratti <strong>di</strong> una <strong>di</strong>partita naturale, a cui in<br />

fondo non abbiamo molto da biasimare. L’Anello si è spezzato un po’ perché<br />

<strong>Ring</strong> non è <strong>di</strong>ventato quello che credevamo, un po’ perché non avevamo<br />

mai avuto un’idea precisa <strong>di</strong> cosa <strong>Ring</strong> dovesse <strong>di</strong>ventare. E <strong>di</strong>etro a<br />

<strong>Ring</strong> le persone che formavano l’Anello: alcune hanno imboccato nuove<br />

strade, altre hanno un po' smarrito la passione, altre ancora che vista la<br />

figa chi ci pensa più ai videogiochi…<br />

<strong>Ring</strong> penzola dal patibolo, cappio al collo, con la lingua bluastra che<br />

ciondola fuori.<br />

E <strong>Ring</strong> osserva il paesaggio sotto <strong>di</strong> sé, che ondeggia placido, calmo e<br />

tranquillo. Nemmeno <strong>Ring</strong> se la prende troppo, che ci volete fare, la sua<br />

vita l’ha vissuta, magari corta, magari riposta in un angolo <strong>di</strong> web, ma pur<br />

sempre la sua vita, degna <strong>di</strong> qualche menzione.<br />

Di qualcosa si deve pur morire e tanto vale farlo con un minimo <strong>di</strong> stile.<br />

Una lingua bluastra e gonfia è il nostro ideale <strong>di</strong> stile.<br />

E <strong>Ring</strong> guarda un po’ in<strong>di</strong>etro, nel filmino della sua vita, breve e intenso.<br />

<strong>Ring</strong> è nato come… <strong>di</strong>fficile a <strong>di</strong>rsi… come sfogo ormonale, forse. È nato<br />

come una fisiologica ed ineluttabile impellenza, la necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>re le<br />

cose che non si leggevano altrove, possibilmente senza render conto a<br />

nessuno. Poi <strong>Ring</strong> è cresciuto e si è fatto meno fracassone, più accettabile<br />

ma non meno sovversivo. Poi si è fatto un po’ ruffiano, pieno <strong>di</strong> reci, ma<br />

cosa non si farebbe per due lettori in più… (abbiamo anche piazzato donne<br />

nude in copertina, cfr. <strong>Ring</strong> #10).<br />

<strong>Ring</strong> era il Dito nel Culo <strong>di</strong> un’e<strong>di</strong>toria moribonda, affetta da malattie<br />

neurodegenerative (note e non) e martoriata da incontinenza intestinale.<br />

Noi abbiamo tentato <strong>di</strong> porre un certo rime<strong>di</strong>o, un tappo a quell’incontinenza.<br />

Poi il buco s’è allargato e il <strong>di</strong>to non è bastato più.<br />

Ma il voler cambiare il mondo non è mai stato pieno interesse <strong>di</strong> <strong>Ring</strong>.<br />

<strong>Ring</strong> voleva fare un po’ <strong>di</strong> baccano, <strong>di</strong>vertirsi e magari arrivare a tanto<br />

così dal traguardo per <strong>di</strong>re poi ‘mi son rotto, ho visto la meta, adesso torno<br />

in<strong>di</strong>etro’. Forse il fatto stesso che <strong>Ring</strong> si fondasse su un presupposto<br />

farraginoso come questo ne ha decretato la morte termica, per mancanza<br />

<strong>di</strong> nuovi stimoli, nuove idee, nuove menti che riuscissero a smuovere il leviatano<br />

redazionale, ormai perso nella contemplazione della propria anarchia<br />

nichilista.<br />

Eppure qualcosa, ne siamo convinti, <strong>Ring</strong> è riuscito a dare, a noi e a<br />

voi.<br />

È stata un’esperienza importante, <strong>di</strong>vertente, istruttiva, irritante, asfissiante<br />

e liberatoria, tutto assieme, in un amalgama caotico che aveva certamente<br />

le proprie lacune, ma anche una manciata <strong>di</strong> impagabili meriti.<br />

<strong>Ring</strong> ha fatto cose buone e meno buone. E cose eccellenti, anche.<br />


www.project-ring.com<br />

E ora è lì che penzola, e i suoi carnefici stanno davanti a quel macabro<br />

pendolo con il sorriso sulle labbra. E i suoi carnefici siamo noi.<br />

Noi che facevamo parte dell’Anello e che l’Anello abbiamo infranto.<br />

Per strada ci siamo persi e ritrovati, abbiamo combattuto contro gli<br />

altri e più sovente fra <strong>di</strong> noi, ce la siamo goduta… parecchio <strong>di</strong>rei. E<br />

siamo qui, che guar<strong>di</strong>amo la nostra vittima, serena, morta perché<br />

non aveva più ragioni <strong>di</strong> restare viva.<br />

L’accanimento terapeutico <strong>di</strong> cui <strong>Ring</strong> è vittima da svariati numeri<br />

non era più accettabile e alla fine il bivio ci è apparso chiaro: spremerci<br />

in modo da rendere <strong>Ring</strong> quello che poteva <strong>di</strong>ventare, sforzarci<br />

<strong>di</strong> spingerlo oltre, spingerlo su in alto, dove merita <strong>di</strong> stare. Oppure,<br />

piantare baracca e burattini e grattarci la panza sorseggiando una<br />

cola.<br />

Ora, noi siamo bravi-buoni-belli ma anche affetti da pigrizia cosmica,<br />

straor<strong>di</strong>nariamente letargici, siamo l’apoteosi dell’ignavia, sublime<br />

iperbole dell’indolenza. Date le basi, la scelta è quella che intuite.<br />

Ma non siamo qui a lagnarci e in fondo un saggio <strong>di</strong>sse, su <strong>Ring</strong><br />

#2, ‘ricordate che per entrare nel mito non bisogna solo fare gran<strong>di</strong><br />

cose, ma anche morire giovani’. Siamo grati a <strong>Ring</strong> <strong>di</strong> averci unito e<br />

tenuto assieme sotto il suo abbraccio, e siamo contenti <strong>di</strong> avergli dato<br />

una mano a crescere fino a <strong>di</strong>ventare un qualcosa <strong>di</strong> valido, per<br />

quanto piccolo. Ma davvero, nel nostro cuore non c’è posto per la tristezza<br />

o il rammarico. <strong>Ring</strong> finisce qui, chiude, muore.<br />

Con la lingua blu a penzoloni…<br />

Grazie per averci seguito lungo gli impervi sentieri.<br />

[Fade in black]<br />

… la piazza è deserta.<br />

Nessuno spettatore, nessuno spettacolo ormai.<br />

Il sipario è sceso, muto e deciso. Un’ombra soppiatta striscia e osserva,<br />

il corpo morto, freddo che oscilla. Accarezza con devozione il<br />

cadavere e poi fissa il suo viso sbiancato, sereno… con la lingua <strong>di</strong><br />

fuori. Estrae un pinzetta e un bisturi affilato, recide una porzione della<br />

mucosa orale per poi precipitarlo nell’abbraccio vetroso <strong>di</strong> una fialetta.<br />

L’ingegneria genetica è la strada primaria verso una razza <strong>di</strong> super<br />

formiche atomiche sterminatrici e figlie <strong>di</strong> puttana, ma qualcuno<br />

manterrà a -272,8° anche il co<strong>di</strong>ce genetico <strong>di</strong> <strong>Ring</strong>, la sua ere<strong>di</strong>tà<br />

funesta e rivoluzionaria, la sua anima irrequieta e storta.<br />

Da qualche parte, una rosa <strong>di</strong> eminenze grigie sobilla, sorride nel<br />

buio, ghigna e sogna il futuro.<br />

Un giorno, forse…<br />

Nemesis Divina<br />

F I S S I O N M A I L E D<br />

//luglio 2005<br />

99<br />

RING<br />

copertina,<br />

copertina<br />

grafica online e<br />

tommaso “gatsu” de benetti<br />

grafica<br />

grafica<br />

PDF<br />

a cura<br />

a cura<br />

<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong><br />

tommaso “gatsu” “gatsu”de benetti<br />

sezione de benetti online a cura <strong>di</strong><br />

sezione tommaso online “musta”collini<br />

a cura <strong>di</strong><br />

PDF tommaso e tappi “musta” a cura <strong>di</strong><br />

collini gianluca “sator” belvisi<br />

sezione sito e forum PDF a ospitati cura <strong>di</strong> da<br />

federico www.bitpower.it res<br />

sito PDF e ospitati forum ospitati da da<br />

www.bitpower.it<br />

www.qb3project.net<br />

redazione<br />

PDF ospitati da<br />

gianluca “sator” belvisi<br />

www.qub3.net<br />

cristiano “cryu” bonora<br />

redazione<br />

emanuele “emalord” bresciani<br />

gianluca<br />

tommaso<br />

“sator”<br />

“musta”<br />

belvisi<br />

collini<br />

cristiano tommaso “cryu” “gatsu” bonora de benetti<br />

emanuele nemesis <strong>di</strong>vina “lord” bresciani<br />

tommaso cristiano “musta” “amano76” collini ghigi<br />

tommaso federico res “gatsu” de benetti<br />

nemesis paolo “jumpman” <strong>di</strong>vina ruffino<br />

cristiano giacomo “amano76” “gunny” talamini ghigi<br />

paolo andre “jumpman” “andrea23” ruffino da roit<br />

federico davide videolu<strong>di</strong>co<br />

res<br />

hanno giacomo collaborato “gunny” talamini<br />

lucio “Lux” sampietro<br />

hanno collaborato<br />

nathan garrelts<br />

il pupazzo gnawd<br />

marco benoit carbone<br />

mr. yo<br />

Julian Kücklich<br />

hob<br />

per andrea23 collaborare<br />

per posta@project-ring.com<br />

collaborare<br />

posta@project-ring.com<br />

Avvertenza per la<br />

stampa<br />

Il PDF <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> è pensato come<br />

una vera e propria rivista e<br />

va stampato sfruttando entrambe<br />

le facciate dei fogli.<br />

Per far ciò seguite quattro<br />

semplici operazioni:<br />

1) Inserite 34 fogli nella<br />

stampante.<br />

2) Assicuratevi che le <strong>di</strong>mensioni<br />

<strong>di</strong> stampa siano<br />

impostate sul 100%.<br />

3) Stampate SOLO le pagine<br />

<strong>di</strong>spari selezionando<br />

“pagine <strong>di</strong>spari” dalla casella<br />

in basso a sinistra della<br />

finestra <strong>di</strong> stampa <strong>di</strong> Acrobat<br />

Reader.<br />

4) Girate i fogli e stampate<br />

anche le pagine pari. Et voilà!<br />


N<br />

CROSSOVER<br />

<br />

<strong>di</strong> Yellow Sator (si ringrazia Ivan Fulco per la consulenza)<br />

onostante fosse solamente una pizza margherita<br />

che i limiti tecnologici dell’epoca avevano<br />

imposto priva <strong>di</strong> con<strong>di</strong>menti, Pac<br />

Man arrivò nel mondo dei videogiochi con l’obiettivo<br />

<strong>di</strong> restarci. Il suo insegnamento non lasciava<br />

spazio a dubbi: i videogiocatori avevano talmente<br />

bisogno <strong>di</strong> personaggi verso i quali nutrire affetto<br />

da innamorarsi perfino un insignificante farinaceo<br />

giallo. C’era dunque un urgente bisogno <strong>di</strong> eroi,<br />

originali o meno, e se dal mondo <strong>di</strong> celluloide potevano<br />

giungere icone dal potenziale pazzesco come<br />

E.T., anche i fumetti ben si prestavano a generare<br />

tie-in <strong>di</strong> successo.<br />

“Come tutti i prodotti realizzati su licenza”, spiegano<br />

i Kappa Boys Andrea Baricor<strong>di</strong> e Andrea<br />

Pietroni, “a nostro avviso non è sempre stato ottenuto<br />

il massimo che si poteva sperare. Nei giocatori<br />

più esperti e smaliziati, questo genere <strong>di</strong><br />

prodotti non suscita quasi mai un entusiasmo tale<br />

da far gridare al miracolo: in questi casi, infatti, i<br />

produttori basano il progetto quasi esclusivamente<br />

sulla popolarità dei personaggi, e non sulle innovazioni<br />

o sulla giocabilità. Ma avviene lo stesso<br />

quando il cinema si ispira a fumetti e videogiochi<br />

(e viceversa), quin<strong>di</strong> non c’è <strong>di</strong> che stupirsi. Pochissime<br />

volte le trasposizioni da un me<strong>di</strong>um<br />

all’altro sono davvero degne <strong>di</strong> nota. Nonostante<br />

questo, per i fan dei personaggi originali il prodotto<br />

resta sicuramente go<strong>di</strong>bile, e anche nelle produzioni<br />

minori resta comunque il <strong>di</strong>vertimento <strong>di</strong> agire<br />

in prima persona nei panni dei propri eroi”.<br />

Le eccezioni per fortuna non mancano, come<br />

Buck Rogers: Planet of Zoom, uno sparatutto<br />

prodotto da Sega nel 1982 che anticipava <strong>di</strong> tre<br />

anni il concept alla base <strong>di</strong> Space Harrier. Certo,<br />

dopo qualche partita veniva spontaneo chiedersi<br />

dove fosse il personaggio creato da Philip Francis<br />

Il Fumetto è una forma <strong>di</strong> comunicazione che ha origine nelle<br />

grotte del 18000 AC e che, passando per l’antico Egitto e soffermandosi<br />

sugli arazzi me<strong>di</strong>evali, giunge ai giorni nostri nelle<br />

sembianze <strong>di</strong> un linguaggio che unisce prosa e pittura, facendo<br />

proprie le tecniche cinematografiche <strong>di</strong> inquadratura e montaggio.<br />

Per convenzione, il Fumetto moderno nasce il 16 febbraio<br />

del 1896, il giorno in cui un balloon comparve per la prima<br />

volta sopra la testa <strong>di</strong> Yellow Kid. Un secolo <strong>di</strong> storia che il<br />

Videogioco non solo non poteva ignorare, ma che con il passare<br />

degli anni ha fatto proprio, acquisendone parte dell’estetica e<br />

del linguaggio.<br />

Nowlan che dava il titolo all’opera. Dentro<br />

all’astronave, probabilmente. Luogo ove rimarrà<br />

per tutto il gioco.<br />

Nello stesso anno, Braccio <strong>di</strong> Ferro si rivelava<br />

meno riservato. Dopo un primo tentativo abortito<br />

con il videogame in seguito noto come Donkey<br />

Kong, Popeye giunse nelle sale giochi sempre a<br />

cura <strong>di</strong> Nintendo. I due titoli avevano molto in comune:<br />

gli stage costituiti da piattaforme collegate<br />

da scale, le protagoniste femminili collocate sulla<br />

sommità dello schermo e gli spinaci e il martello a<br />

fare le veci delle pillole energetiche. Tuttavia<br />

l’obiettivo del gioco, recuperare cuoricini e note<br />

musicali lasciate cadere dalla <strong>di</strong>noccolata Olivia,<br />

non aveva molto a che vedere con il fumetto <strong>di</strong><br />

Elzie Crisler Segar, quin<strong>di</strong> poco sarebbe cambiato<br />

se i protagonisti fossero stati, ancora una volta, un<br />

falegname ed un gorilla.<br />

Buck Rogers<br />

Popeye<br />

Esistono tuttavia esempi in cui il Fumetto, oltre ad<br />

occuparsi del reparto visivo, suggerisce anche<br />

meccaniche innovative. È il caso del folgorante<br />

Spy vs Spy, tratto dall’omonima striscia pubblicata<br />

da Mad Magazine. Uscito nel 1983 su Commodore<br />

64, Spy vs Spy adoperava lo split-screen per<br />

permettere alle due spie protagoniste <strong>di</strong> vagare<br />


liberamente per gli ambienti, recuperando oggetti<br />

<strong>di</strong> scena attraverso i quali allestire trappole mortali,<br />

in una sublimazione del multiplayer che anticipava<br />

<strong>di</strong> molti anni i frag tournament.<br />

In Spy VS Spy due agenti <strong>di</strong> fazioni opposte si esibiscono<br />

in reciproche crudeltà degne <strong>di</strong> un Grattachecca e Fichetto.<br />

Non è una coincidenza che una striscia del genere risalga<br />

al 1960, in piena guerra fredda, ad opera dell’esule<br />

cubano Antonio Prohias.<br />

Del resto lo slugfest, il festival del cazzotto, è il<br />

sottogenere narrativo più sfruttato dai fumetti <strong>di</strong><br />

largo consumo. Per il Videogioco, un invito a nozze.<br />

In Teenage Mutant Ninja Turtles (1989),<br />

Konami approfittava dei quattro fratelli ‘pittori’ per<br />

proporre un picchiaduro multigiocatore frenetico e<br />

<strong>di</strong>vertente. Anche Asterix (1992) si lasciava apprezzare<br />

sia per un tratto fedelissimo alle atmosfere<br />

<strong>di</strong> Goscinny e Uderzo che per un gameplay evoluto,<br />

che contemplava la possibilità <strong>di</strong> raccogliere i<br />

nemici da terra per poi scaraventarli contro legioni<br />

(in tutti i sensi) <strong>di</strong> Romani.<br />

Capcom invece si servì delle licenze fumettistiche<br />

per proporre sotto una nuova veste i suoi maggiori<br />

hit. In The Punisher (1993) il giustiziere ideato<br />

da Jerry Conway, affiancato da un improbabile Nick<br />

Fury, era protagonista <strong>di</strong> un picchiaduro a scorrimento<br />

erede poco <strong>di</strong>versificato <strong>di</strong> Final Fight.<br />

Marvel Super Heroes (1995) si presentava invece<br />

come l’ennesima variante <strong>di</strong> Street Fighter,<br />

anche se l’introduzione delle gemme dell’infinito –<br />

un ciclo narrativo delle serie “cosmiche” della Marvel<br />

– riusciva a dar luogo ad un gameplay sufficientemente<br />

originale.<br />

The Punisher<br />

Marvel Super Heroes<br />

E in Italia? Nel Bel Paese l’industria dei videogiochi<br />

ha sempre incontrato enormi <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> inserimento.<br />

È quin<strong>di</strong> comprensibile la scelta <strong>di</strong> pionieristiche<br />

software house come Simulmondo <strong>di</strong> appoggiarsi<br />

a passioni ben ra<strong>di</strong>cate negli italiani,<br />

pubblicando titoli <strong>di</strong> sicuro richiamo come F1<br />

Manager e I Play 3D Soccer. Tuttavia i successi<br />

maggiori per la casa bolognese arrivarono con<br />

l’acquisto delle licenze dei fumetti Bonelli: operazione<br />

culminata con una linea <strong>di</strong> videogiochi serializzati<br />

e proposti mensilmente nelle e<strong>di</strong>cole.<br />

“L'idea mi venne incrociando due passioni mie e<br />

degli italiani: quella dei games e quella dei fumetti”<br />

ci racconta l’allora <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> Simulmondo Francesco<br />

Carlà. “Conoscevo già Bonelli, Canzio e<br />

Sclavi e gli parlai della mia idea. All'inizio coinvolgeva<br />

solo Dylan Dog, poi fu il turno <strong>di</strong> Tex, Diabolik,<br />

Spiderman, gli X-Men e Martin Mystere”.<br />

Secondo quali criteri commerciali e artistici<br />

sceglieste il genere <strong>di</strong> videogiochi da produrre?<br />

“L'idea era quella <strong>di</strong> essere seriali come erano i<br />

fumetti, e <strong>di</strong> usare le stesse tecniche <strong>di</strong>stributive e<br />

gli stessi stili narrativi, naturalmente aggiungendo<br />

animazione e interattività. Il genere fu scelto in<br />

base alla mia passione e ai risultati delle ven<strong>di</strong>te in<br />

e<strong>di</strong>cola. Non ci furono gran<strong>di</strong> problemi: prendevamo<br />

il soggetto e la copertina e adattavamo tutto il<br />

resto. Ogni game era corredato da un piccolo fumetto<br />

ine<strong>di</strong>to realizzato dagli autori. Quei fumetti<br />

oggi sono introvabili cult per collezionisti. Me li<br />

chiedono <strong>di</strong> continuo. Io ne ho ancora un po' nella<br />

mia collezione privata”.<br />

La Bonelli impose particolari vincoli al progetto?<br />

“No assolutamente. Abbiamo sempre avuto un<br />

rapporto personale e collaborativo con loro. Bonelli,<br />

Canzio e Sclavi si <strong>di</strong>mostrarono molto partecipi e<br />

tutta l'operazione fu un bel mix <strong>di</strong> creatività e business.<br />

Non a caso realizzammo quasi 20 games <strong>di</strong><br />

Dylan Dog, 14 <strong>di</strong> Tex, 13 <strong>di</strong> Diabolik e 3 de L’Uomo<br />

Ragno”.<br />

Quale fu il responso del pubblico?<br />

“Il responso fu eccezionale. Abbiamo stabilito record<br />

<strong>di</strong> ven<strong>di</strong>te irrepetibili in e<strong>di</strong>cola, sia con Dylan<br />

Dog che con Diabolik, Tex e Spiderman. Le serie<br />

nostre poi, Simulman e soprattutto Time Runners,<br />

hanno fatto il giro del mondo. Time Runners<br />

fu realizzato in 8 lingue e venduto insieme<br />

con la Rizzoli in moltissimi paesi. In Italia il numero<br />

1 vendette, anche grazie al traino TV, oltre<br />

200.000 copie. Potenza dei fumetti”.<br />

Il primo adattamento lu<strong>di</strong>co <strong>di</strong><br />

Dylan Dog fu acclamato in<br />

Francia per le animazioni dell’<br />

indagatore dell’incubo, paragonabili<br />

a quelle <strong>di</strong> un classico<br />

come Prince of Persia. Purtroppo<br />

gli accostamenti con il<br />

capolavoro <strong>di</strong> Jordan Mechzer<br />

finivano lì.<br />

Francesco Carlà<br />


Il linguaggio<br />

La commistione tra videogiochi e fumetti, con il<br />

Cinema a fare spesso da intercape<strong>di</strong>ne, va oltre il<br />

semplice tie-in ed è al giorno d’oggi ra<strong>di</strong>cata al<br />

punto che non è semplice stabilire con certezza chi<br />

influenza chi. Tomb Raider ad esempio, prima<br />

ancora <strong>di</strong> esor<strong>di</strong>re al cinema, era <strong>di</strong>ventato una<br />

serie a fumetti sotto il marchio Top Cow, ma Lara<br />

Croft è a sua volta un character ispirato a In<strong>di</strong>ana<br />

Jones: palese omaggio <strong>di</strong> George Lucas al mondo<br />

dei comics <strong>di</strong> avventura.<br />

Il Videogioco, del resto, vanta numerose collaborazioni<br />

con alcuni dei più celebri autori del Fumetto,<br />

come Akira Toriyama, legato a Dragon<br />

Quest, Chrono Trigger e Tobal, oppure Takehiko<br />

Inoue (Slam Dunk), che ha <strong>di</strong>segnato i personaggi<br />

del gioco <strong>di</strong> basket One or Two. E presto li<br />

rivedremo entrambi fare coppia con Hironobu Sakaguchi<br />

su XBox 360.<br />

Negli Stati Uniti l’approccio dei cartoonist verso i<br />

videogiochi è stato inizialmente timido. La causa è<br />

da ricercarsi probabilmente nella natura sempre<br />

sull’orlo del baratro dell’industria dei comics, che<br />

ha quin<strong>di</strong> avuto paura <strong>di</strong> essere soppiantata dal<br />

nuovo me<strong>di</strong>um. La tendenza è recentemente cambiata:<br />

Todd McFarlane, oltre a curare il monster<br />

design <strong>di</strong> un’espansione <strong>di</strong> Ultima Online, ha concesso<br />

il suo Spawn all’utenza Xbox <strong>di</strong> Soul Calibur<br />

2, creando inoltre il personaggio <strong>di</strong> Necrid. Larry<br />

Hama, autore <strong>di</strong> lunga data <strong>di</strong> Wolverine, ha scritto<br />

la sceneggiatura <strong>di</strong> Wolverine’s Revenge, mentre<br />

l’ideatore <strong>di</strong> Darkminds Pat Lee non manca <strong>di</strong><br />

rivelare ad ogni intervista la sua volontà <strong>di</strong> trarre<br />

un comic da Metal Gear Solid.<br />

Wolverine’s Revenge, pur sfruttando il traino pubblicitario<br />

dei film sugli X-Men <strong>di</strong>retti da Bryan Singer, non riproduce<br />

le fattezze <strong>di</strong> Hugh Jackman, ispirandosi invece al<br />

tratto <strong>di</strong> Joe Matsuda.<br />

A livello visivo, sono molti i videogiochi che hanno<br />

cercato nei fumetti stili grafici che si allontanino da<br />

una vincolante ricerca del fotorealismo. Bastano<br />

poche sessioni <strong>di</strong> gioco a Viewtiful Joe per notare<br />

la quantità <strong>di</strong> omaggi ai comics americani presenti<br />

nel titolo Capcom, ed esistono casi limite, come F-<br />

Zero GX, in cui i richiami sono talmente spinti da<br />

risultare in<strong>di</strong>gesti ai più.<br />

Oltre al semplice citazionismo, i fumetti si rivelano<br />

utili ai videogiochi anche per migliorare in settori<br />

poco evoluti, come l’espressività facciale. Costretti<br />

a rappresentare intere scene per mezzo <strong>di</strong><br />

pochi “fotogrammi”, i fumetti hanno alle loro spalle<br />

un attentissimo stu<strong>di</strong>o delle espressioni dei volti.<br />

Questo vale a maggior ragione per le strisce umoristiche,<br />

che riescono a trasmettere gag anche solo<br />

con una variazione minima delle <strong>di</strong>mensioni degli<br />

occhi.<br />

VIDEOGIOCHI A FUMETTi/1<br />

Metal Gear<br />

Se progettare uno stealth<br />

game non è mai<br />

semplice, progettarne<br />

uno nel 1987 può<br />

sembrare ad<strong>di</strong>rittura<br />

improponibile. Tra i<br />

tanti problemi che Hideo<br />

Kojima dovette affrontare,<br />

uno dei più<br />

ostici riguardava come rappresentare, in una<br />

manciata <strong>di</strong> pixel, i <strong>di</strong>versi stati <strong>di</strong> allerta dei nemici.<br />

La soluzione fu quella <strong>di</strong> prendere in prestito<br />

dai fumetti i balloon con all’interno punti interrogativi<br />

ed esclamativi, nonché le classiche ‘Z’ per<br />

le guar<strong>di</strong>e addormentate. Si tratta <strong>di</strong> un’idea vincente<br />

non solo per lo scarso ingombro computazionale,<br />

ma anche per l’universalità del co<strong>di</strong>ce<br />

comunicativo adottato.<br />

Mario e Luigi: Superstar Saga<br />

Nei titoli che, per ragioni economiche o per limiti<br />

<strong>di</strong> hardware, scelgono <strong>di</strong> non includere il doppiaggio,<br />

i <strong>di</strong>aloghi avvengono me<strong>di</strong>ante caselle <strong>di</strong><br />

testo. Questi riquadri tendono però a staccare<br />

molto con l’immagine a video, risultando fasti<strong>di</strong>osi.<br />

Molti giochi, come il recente RPG <strong>di</strong> Alpha<br />

Dream, hanno quin<strong>di</strong> dato a tali caselle il layout<br />

dei balloon, che si integrano maggiormente con<br />

la scena e permettono svariate soluzioni grafiche<br />

ere<strong>di</strong>tate dai fumetti: ad esempio la nuvoletta a<br />

linea spezzata e con caratteri gran<strong>di</strong> ad in<strong>di</strong>care<br />

grida isteriche.<br />

Max Payne<br />

Molti videogiochi<br />

fanno uso <strong>di</strong> tecniche<br />

dei fumetti per<br />

le cut scene, ma<br />

spesso la scelta è<br />

stata quella <strong>di</strong> visualizzare<br />

una vignetta<br />

per schermata,<br />

omettendo<br />

quin<strong>di</strong> la closure: la visione dell’intera tavola<br />

che ritma il passaggio <strong>di</strong> vignetta in vignetta,<br />

generando l'evocazione narrativa. Max Payne<br />

garantisce questo passaggio costruendo a video<br />

l’intera tavola. Non sarà Frank Miller,<br />

mal’atmosfera hard boiled è assicurata.<br />


“Senza certe espressioni anche la battuta non ha la<br />

stessa forza” confida a <strong>Ring</strong> l’autore <strong>di</strong> Ratman<br />

Leo Ortolani. “[Le espressioni dei volti] sottolineano<br />

in maniera anche esasperata ciò che sta succedendo.<br />

Quando siamo arrabbiati non abbiamo lo<br />

sguardo alterato e la fronte corrugata? Nel fumetto<br />

comico, dove la faccia è <strong>di</strong> gomma, queste caratteristiche<br />

vengono accentuate in una smorfia chiaramente<br />

impossibile per un essere umano e già<br />

comica per questo motivo”.<br />

Fino a poco tempo fa la ridotta potenza <strong>di</strong> calcolo<br />

aveva impe<strong>di</strong>to ai videogiochi <strong>di</strong> entrare così nel<br />

dettaglio dei personaggi, e ancora oggi si incontrano<br />

<strong>di</strong>fficoltà per la scarsa applicabilità del motion<br />

capture sui volti degli attori. Capita quin<strong>di</strong> frequentemente<br />

<strong>di</strong> vedere, ad<strong>di</strong>rittura in kolossal come<br />

Halo, protagonisti che muovono la bocca come<br />

marionette. Non è pertanto casuale che uno dei<br />

titoli che meglio è riuscito a narrare per mezzo della<br />

mimica facciale sia The Wind Waker, il cui stu<strong>di</strong>o<br />

delle espressioni dei volti deriva prepotentemente<br />

dal Fumetto.<br />

E la narrazione è sicuramente il reparto in cui il<br />

Videogioco rivela i suoi legami più espliciti con i<br />

fumetti popolari, innanzitutto nella continua ricerca<br />

del sense of wonder.<br />

“Il sense of wonder si ha quando ci troviamo <strong>di</strong><br />

fronte a qualcosa che non accade tutti i giorni e ci<br />

lascia, appunto, pieni <strong>di</strong> meraviglia” spiega Ortolani.<br />

“È importante nella narrazione <strong>di</strong> una storia a<br />

fumetti, perché la normalità non interessa a nessuno.<br />

La viviamo ogni giorno e chi comprerebbe<br />

fumetti che parlano della normalità?”. Lo stesso<br />

accade nei videogiochi: ambientati in mon<strong>di</strong> fantastici<br />

ed in cui la cre<strong>di</strong>bilità dell’intreccio è spesso<br />

secondaria, cedendo il passo a stravolgimenti della<br />

trama ideati appositamente per stupire il giocatore.<br />

Entrambi i me<strong>di</strong>a tendono inoltre ad adottare<br />

una narrazione <strong>di</strong> tipo character driven. Con una<br />

simile tecnica, la trama non viene scritta avendo<br />

come base un’idea narrativa originale: si inizia invece<br />

dalla caratterizzazione dei personaggi. Una<br />

volta formato il cast, gli attori vengono “lasciati<br />

liberi” <strong>di</strong> muoversi nel contesto scelto. Lo sceneggiatore<br />

sviluppa quin<strong>di</strong> la storia pensando ogni volta<br />

a quale possa essere il comportamento più coerente<br />

<strong>di</strong> ogni personaggio <strong>di</strong> fronte a semplici<br />

stimoli narrativi, come lo scontro con un nemico, il<br />

tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> un alleato etc.<br />

Se ben impiegata, la narrazione character driven<br />

può dare luogo a ottimi prodotti come la serie televisiva<br />

E.R., e si rivela ideale per il Videogioco,<br />

VIDEOGIOCHI A FUMETTi/2<br />

Accolade Comics<br />

Uscito su Commodore<br />

64 nel 1987,<br />

Accolade Comics<br />

è un vero e proprio<br />

videogioco a fumetti.<br />

Compito dell’ utente<br />

è <strong>di</strong> premere<br />

il tasto “fire” per<br />

visualizzare, vignetta dopo vignetta, una spy<br />

story umoristica. Occasionalmente è possibile interagire<br />

con la trama per mezzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>aloghi a risposta<br />

multipla oppure risolvere elementari enigmi.<br />

Purtroppo l’interazione era giusto <strong>di</strong><br />

facciata: i bivi finivano tutti in un binario morto<br />

eccetto uno e i puzzle consistevano in una semplice<br />

permutazione oggettistica.<br />

Comics Zone<br />

Molto più interessante è l’esperimento effettuato<br />

in Comics Zone (Megadrive, 1995). Sketch Turner<br />

è un cartoonist che si ritrova proiettato<br />

all’interno del proprio fumetto. Saltando <strong>di</strong> vignetta<br />

in vignetta e, letteralmente, calandosi nei<br />

riquadri sottostanti, Sketch dovrà combattere i<br />

nemici e risolvere puzzle niente affatto banali fino<br />

alla fine <strong>di</strong> ogni livello, vale a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> ogni tavola.<br />

Una serie <strong>di</strong> tecniche come le onomatopee e i<br />

<strong>di</strong>aloghi nello stile dei fumetti americani (“What<br />

the *@#?!”) danno a Comics Zone un appeal<br />

accattivante ancora oggi. Purtroppo la recente<br />

conversione su Game Boy Advance non regge il<br />

confronto con l’originale.<br />

XIII<br />

Se i due titoli precedenti si limitano a rappresentare<br />

la tavola <strong>di</strong> un fumetto, XIII conduce il giocatore<br />

fin dentro la stessa, grazie a scenari celshaded<br />

e vignette inserite nell’immagine a video.<br />

Le onomatopee danno il tocco finale<br />

all’emulazione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>um in atto e riportano alla<br />

mente le scene <strong>di</strong> lotta dei vecchi telefilm <strong>di</strong> Batman.<br />

Non sembra quin<strong>di</strong> casuale che il protagonista<br />

<strong>di</strong> tale serie, Adam West, sia uno dei doppiatori<br />

del gioco.<br />


che necessita soprattutto <strong>di</strong> protagonisti carismatici<br />

con i quali far interagire l’utente. Tuttavia quello<br />

che spesso accade è che i personaggi vengano caratterizzati<br />

facendo un pesante uso <strong>di</strong> cliché:<br />

l’eroe, la spalla, l’eterna fidanzata, l’acerrimo rivale,<br />

l’animale parlante. Senza una solida base narrativa,<br />

personaggi del genere non possono che originare<br />

intrecci molto simili tra loro. Le storie nei<br />

videogiochi tendono infatti a seguire più o meno le<br />

solite linee evolutive, spesso riconducibili a quelle<br />

dei manga <strong>di</strong> combattimento.<br />

“Solitamente ogni protagonista <strong>di</strong> questo genere<br />

<strong>di</strong> manga inizia le sue avventure da inesperto”<br />

spiega Andrea Baricor<strong>di</strong>, “una vera e propria lavagna<br />

vuota su cui saranno gli eventi stessi a scrivere<br />

la storia del personaggio. Pochissimi sono i<br />

manga in cui il protagonista conosce già ciò che sta<br />

per accadergli, o in cui, se non altro, ha già a <strong>di</strong>sposizione<br />

certe abilità o certi poteri che lo aiuteranno<br />

a superare le avversità. E, anche in questi<br />

casi, ciò che viene raccontato è comunque un percorso<br />

<strong>di</strong> crescita, <strong>di</strong> accumulo <strong>di</strong> esperienza, <strong>di</strong> capacità,<br />

<strong>di</strong> amici e/o compagni <strong>di</strong> viaggio, <strong>di</strong> presa<br />

<strong>di</strong> coscienza e <strong>di</strong> responsabilità. In maniera molto<br />

velata, ad<strong>di</strong>rittura quasi involontaria, ogni autore<br />

giapponese tende a far compiere ai propri personaggi<br />

questo genere <strong>di</strong> percorso, anche grazie al<br />

fatto che fin dal primo episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un manga si sa<br />

perfettamente che prima o poi ci sarà una conclusione,<br />

a <strong>di</strong>fferenza dei fumetti seriali europei o statunitensi.<br />

Tutto deve avere un inizio e una fine,<br />

insomma. E, in qualche modo, al termine <strong>di</strong> una<br />

storia un personaggio sarà comunque cambiato, in<br />

bene o in male, a seconda <strong>di</strong> ciò che ha vissuto.<br />

Alla fine dei conti, anche nei manga dove più si<br />

combatte o in quelli più intrisi <strong>di</strong> avventura allo<br />

stato puro, l’elemento più importante e <strong>di</strong>stintivo è<br />

proprio questo, la crescita”.<br />

Un percorso <strong>di</strong> crescita presente praticamente in<br />

tutti i videogiochi <strong>di</strong> avventura, da Zelda a Final<br />

Fantasy, e non sono certo gli unici aspetti in comune:<br />

“Solitamente viene usata la formula del<br />

viaggio per permettere ai personaggi <strong>di</strong> affrontare<br />

nuove sfide, <strong>di</strong> uscire dai propri confini geografici e<br />

mentali. Il viaggio permette il confronto con culture<br />

<strong>di</strong>verse dalla propria, abitu<strong>di</strong>ni, mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare e <strong>di</strong><br />

vivere. C’è una sorta <strong>di</strong> epica moderna, nei manga,<br />

dove il corrispettivo del Santo Graal occidentale<br />

non è la cerca <strong>di</strong> un oggetto simbolico (o a volte, lo<br />

è, come in Dragon Ball), ma <strong>di</strong> qualcosa legato al<br />

protagonista stesso, alla propria con<strong>di</strong>zione, alla<br />

salvezza <strong>di</strong> una o più persone a esso legate (ve<strong>di</strong><br />

Le Bizzarre Avventure <strong>di</strong> JoJo, o anche One<br />

Piece)”.<br />

I videogiochi tratti da Capitan Tsubasa hanno cercato <strong>di</strong><br />

riprodurre la complessità <strong>di</strong> una partita <strong>di</strong> calcio <strong>di</strong> Holly e<br />

Benji introducendo menù a ten<strong>di</strong>na come nei JRPG. Il risultato<br />

è un’azione frammentata e poco <strong>di</strong>vertente. La<br />

medesima sorte è toccata ai tie-in <strong>di</strong> Slam Dunk.<br />

COSA PUO’ ANCORA<br />

OFFRIRE IL FUMETTO<br />

L’onomatopea<br />

Si tratta <strong>di</strong> un artificio che restituisce la percezione<br />

del suono in un me<strong>di</strong>um, il Fumetto, che non<br />

ne <strong>di</strong>spone. È una comunicazione aggiuntiva fondamentale<br />

per lo story-telling: una vignetta completamente<br />

nera, eccetto due “snikt”, racconta<br />

perfettamente ciò che sta accadendo.<br />

In XIII l’onomatopea serve anche per assicurare<br />

al giocatore la percezione tri<strong>di</strong>mensionale del<br />

suono. È una tecnica che attenua quel senso <strong>di</strong><br />

smarrimento tipico degli FPS e può essere usata,<br />

con opportune variazioni grafiche, anche in giochi<br />

non riconducibili ai fumetti.<br />

Il team-up<br />

Il team-up è l’incontri <strong>di</strong> due o più personaggi <strong>di</strong><br />

serie <strong>di</strong>verse, che si coalizzano contro la minaccia<br />

<strong>di</strong> turno. Il team up è un espe<strong>di</strong>ente classico del<br />

fumetto dei supereroi e serve a far conoscere<br />

nuovi personaggi ai lettori. Applicato ai videogiochi,<br />

il team up avrebbe un potenziale enorme.<br />

Basti pensare ad un platform con protagonisti<br />

Sonic e Mario, oppure uno stealth game in cui<br />

Solid Snake e Sam Fisher indagano sui fatti <strong>di</strong><br />

Black Mesa.<br />

Il cliffhanger<br />

L’interruzione della vicenda sul più bello, in seguito<br />

ad una rivelazione o alla vigilia <strong>di</strong> una scena<br />

madre. Secondo Leo Ortolani: “[Il cliffhanger] ha<br />

la doppia funzione <strong>di</strong> incuriosire il lettore a comprare<br />

l'albo successivo e <strong>di</strong> finire comunque in<br />

bellezza, con un colpo <strong>di</strong> scena, la storia che non<br />

si riesce a narrare su un unico albo, per questioni<br />

semplici come il fatto che più <strong>di</strong> tante pagine al<br />

mese un autore non può fare. Ha i suoi pregi, è<br />

ovvio, perché uno poi si aspetta <strong>di</strong> vedere come<br />

la situazione si sblocca, e l'attesa fa crescere le<br />

aspettative. L'unico <strong>di</strong>fetto è quando le aspettative<br />

dell'albo seguente non sono sod<strong>di</strong>sfatte da<br />

una risoluzione almeno pari, in genialità, con il<br />

colpo <strong>di</strong> scena”.<br />

Nonostante la natura seriale <strong>di</strong> molti titoli, il<br />

Videogioco conta pochissimi cliffhanger veri e<br />

propri. La scelta ricade nella maggior parte dei<br />

casi nei finali aperti, nei quali la vicenda a tutti gli<br />

effetti si conclude, ma ciononostante viene lasciato<br />

un margine <strong>di</strong> incertezza necessario per un sequel.<br />

Uno dei migliori finali aperti mai apparsi un<br />

videogioco è senz’altro il volo verso l’ignoto del<br />

protagonista <strong>di</strong> Another World. Tra i pochi cliffhanger<br />

segnaliamo invece i finali <strong>di</strong> XIII e <strong>di</strong><br />

Shenmue 2, proprio a ridosso <strong>di</strong> sequenze fondamentali.<br />

In altri casi, ad esempio Soul Reaver,<br />

più che precisa scelta narrativa si può parlare<br />

<strong>di</strong> finale volutamente troncato per non<br />

ritardare ulteriormente il rilascio dell’opera.<br />


Tuttavia la narrazione fumettistica applicata ai videogiochi<br />

deve tenere conto <strong>di</strong> alcuni vincoli fondamentali.<br />

“Finché si tratta <strong>di</strong> azione, un videogioco<br />

può sicuramente trarre spunti da un fumetto”<br />

precisa infatti Baricor<strong>di</strong>, “ma sarebbe piuttosto <strong>di</strong>fficile<br />

rendere lu<strong>di</strong>ca una storia d’introspezione, un<br />

dramma, una comme<strong>di</strong>a. Basti pensare a un<br />

manga come Rocky Joe, <strong>di</strong> cui pur sono state realizzate<br />

<strong>di</strong>verse trasposizioni videolu<strong>di</strong>che: il gioco si<br />

basa per ovvie ragioni sugli incontri <strong>di</strong> pugilato, ma<br />

non può tenere in considerazione tutto ciò che Joe<br />

vive fuori dal ring, i suoi <strong>di</strong>fficili rapporti con gli altri<br />

personaggi, la sua drammatica crescita, i suoi<br />

sbalzi <strong>di</strong> umore, la sua psicologia da ragazzo dei<br />

bassifon<strong>di</strong> scagliato sotto i riflettori, i suoi momenti<br />

<strong>di</strong> depressione, le sue paure, e così via. Se vogliamo<br />

guardare nel dettaglio un manga d’azione, poi,<br />

ci renderemo conto che il combattimento vero e<br />

proprio non è altro che la punta dell’iceberg dello<br />

scontro fra due personaggi: spesso non si tratta <strong>di</strong><br />

semplici confronti <strong>di</strong> forza, bensì <strong>di</strong> tattica, strategia,<br />

astuzia”.<br />

L’RPG <strong>di</strong> scuola nipponica sembra pertanto un genere<br />

stu<strong>di</strong>ato appositamente per ovviare a questi<br />

limiti, assicurando un’approfon<strong>di</strong>ta introspezione<br />

nei personaggi, con i buoni dalla personalità contrad<strong>di</strong>ttoria<br />

e i cattivi che non sono mai troppo cattivi,<br />

il tutto con<strong>di</strong>to da combattimenti fondati sulla<br />

strategia e sulla pianificazione delle mosse. Un<br />

tentativo <strong>di</strong> avvicinamento all’epica dei manga che<br />

però costituisce un allontanamento dalla concezione<br />

classica <strong>di</strong> Videogioco, sacrificando parte dell’interazione<br />

concessa da questo me<strong>di</strong>um. Infatti, come<br />

conclude Andrea Baricor<strong>di</strong>: “Alla fine dei conti,<br />

a mio avviso, fumetto e videogioco combaciano fra<br />

<strong>di</strong> loro solo per un lieve tratto <strong>di</strong> confine, e benché<br />

possano fornire ottimi spunti l’uno all’altro, è probabilmente<br />

un errore (almeno basandoci su ciò che<br />

è stato realizzato finora) ritenere che siano due<br />

generi strettamente legati”.<br />

Maus, <strong>di</strong> Art Spiegelman, è considerato uno dei capolavori<br />

degli ultimi anni, ed è una testimonianza storica talmente<br />

dettagliata da essere anche un ottimo strumento <strong>di</strong>dattico.<br />

Un traguardo ancora lontano per un videogame.<br />


NATHAN GARRELTS //<br />

riuscirà mai master chief a fraggare moby <strong>di</strong>ck?<br />

Ogni mese un membro della DiGRA<br />

(Digital Games Research Association),<br />

una associazione che riunisce<br />

stu<strong>di</strong>osi e critici del videogioco, esprimerà<br />

in questo spazio i suoi pensieri,<br />

le sue riflessioni, le sue scoperte.<br />

Gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> queste persone,<br />

coinvolte in modo <strong>di</strong>verso nel mondo dei game stu<strong>di</strong>es o nell'industria del videogioco propriamente detta, saranno<br />

uno spunto per arricchire i nostri <strong>di</strong>battiti e per crearne <strong>di</strong> nuovi.<br />

La IGDA (www.igda.org) (International Game Developers Association), da sempre impegnata nello stu<strong>di</strong>o<br />

del videogame e proprietaria degli scritti degli uomini della DiGRA, ha acconsentito alla pubblicazione in<br />

lingua italiana su <strong>Ring</strong> <strong>di</strong> questi articoli. <strong>Ring</strong>raziandoli ancora una volta, ci auguriamo che le nostre pagine<br />

siano degne della passione che la IGDA nutre per il proprio lavoro.<br />

Al fine <strong>di</strong> stimolare la curiosità <strong>di</strong> chi volesse approfon<strong>di</strong>re l’argomento, abbiamo deciso <strong>di</strong> conservare i riferimenti<br />

e i link presenti nei testi originali.<br />

a cura <strong>di</strong> Paolo Ruffino<br />

Questo numero vede come ospite Nathan Garrelts,<br />

Assistant Professor of English presso la Saginaw Valley<br />

State University. È fondatore e <strong>di</strong>rettore dell’area<br />

<strong>di</strong> Video Game Stu<strong>di</strong>es alla Popolar Culture Association<br />

National Conference, e recentemente si è occupato<br />

come e<strong>di</strong>tor <strong>di</strong> una raccolta <strong>di</strong> saggi per la McFarland<br />

Press riguardante i videogiochi, i videogiocatori,<br />

e i rapporti tra questi due, il cui titolo sarà annunciato<br />

a breve. L’argomento <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>scute è uno <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong><br />

cui si sente parlare poco: cosa accade quando gli stu<strong>di</strong><br />

sui videogiochi entrano davvero nelle accademie?<br />

Come vengono visti dalla maggioranza dei professori<br />

che non si occupano <strong>di</strong> questi argomenti, e li hanno<br />

sempre tenuti in scarsissima considerazione? Basta<br />

entrare in un’accademia per essere rispettati nella<br />

Torre d’Avorio?<br />

RIUSCIRÀ MAI MASTER CHIEF A FRAGGARE MOBY DICK?<br />

<strong>di</strong> Nathan Garrelts<br />

O<br />

gni volta che parlo coi miei colleghi dei<br />

miei interessi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o mi sento come se<br />

stessi confessando qualche perversa devianza<br />

ad un gruppo <strong>di</strong> recupero. Anche se molto è<br />

stato scritto riguardo al rapporto tra gli stu<strong>di</strong>osi e i<br />

programmatori <strong>di</strong> videogiochi, un aspetto che non<br />

viene mai <strong>di</strong>scusso è il rapporto tra i ricercatori <strong>di</strong><br />

questa materia e i loro colleghi estranei a questi<br />

argomenti. Tra i realizzatori <strong>di</strong> giochi le proprie<br />

opere sono sempre prese in seria considerazione,<br />

ma tra i membri della Torre d’Avorio vivono molti<br />

che ancora non sanno bene <strong>di</strong> cosa si tratti e non<br />

si preoccupano del valore culturale del mezzo.<br />

L’ignoranza <strong>di</strong>ffusa su questo argomento, unito al<br />

fatto che spesso i computer games sono stu<strong>di</strong>ati ai<br />

margini <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline, crea una situazione<br />

che obbliga gli stu<strong>di</strong>osi a dovere spiegare la loro<br />

scelta e quasi giustificarsi ogni volta.<br />

Io, personalmente parlando, in quanto dottore in<br />

American Stu<strong>di</strong>es presso la Michigan State University,<br />

non ho avuto <strong>di</strong>fficoltà ad includere i vide-<br />

ogiochi nelle mie ricerche. Vengo da un campo <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong> dove c’è chi stu<strong>di</strong>a la cultura del circo o le<br />

politche riguardanti l’obesità, per cui, anche se del<br />

tutto nuovo, il mio non era un interesse così stravagante.<br />

Mi sono reso conto <strong>di</strong> quante domande e<br />

perplessità potesse sollevare questo stu<strong>di</strong>o solo<br />

quando ho iniziato a fare colloqui <strong>di</strong> lavoro in alcuni<br />

<strong>di</strong>partimenti d’Inglese. Era inevitabile la domanda:<br />

“Come pensi che i videogiochi possano entrare<br />

qui dentro?”<br />

Tre anni e due cattedre dopo, mi sono reso conto<br />

che non è <strong>di</strong>fficile giustificare i videogiochi come<br />

forma <strong>di</strong> letteratura contemporanea degna <strong>di</strong> essere<br />

stu<strong>di</strong>ata in un <strong>di</strong>partimento d’Inglese. Anche se<br />

<strong>di</strong> solito si chiama letteratura qualcosa <strong>di</strong> artistico<br />

realizzato su stampa, il termine ha un significato<br />

molto più ampio. Lasciando stare la percezione<br />

delle masse, e le lamentele <strong>di</strong> alcuni accademici, la<br />

letteratura non è neccessariamente stampata, ed<br />

infatti non lo è sempre stata.<br />


L’unico requisito è che si tratti <strong>di</strong> un oggetto che<br />

faccia uso <strong>di</strong> un sistema simbolico, intenzionale,<br />

creativo o artistico per comunicare un’esperienza.<br />

Quin<strong>di</strong> i videogiochi non solo rientrano nella definizione,<br />

ma racchiudono al loro interno alcune<br />

forme classiche della letteratura: <strong>di</strong>aloghi scritti,<br />

narrazioni che si svolgono, personaggi ed ambientazioni<br />

complesse. Inoltre i <strong>di</strong>gital games hanno<br />

ripreso e sviluppato il complesso rapporto col pubblico<br />

nato con la poesia ed il dramma. Come nella<br />

poesia i giochi sottolineano la costruzione <strong>di</strong> significato<br />

basata sulla duplice azione dell’autore e del<br />

lettore, e, come nel dramma, l’esperienza non è<br />

solo coinvolgente a livello intellettuale ma spesso<br />

richiede anche l’azione del giocatore (anche più <strong>di</strong><br />

quanto Barthes sosteneva che accadesse nel testo<br />

scritto).<br />

A <strong>di</strong>re il vero, proprio in quanto mezzi che spingono<br />

ai limiti le convenzioni letterarie, i videogiochi<br />

possono essere considerati esempi perfetti <strong>di</strong> letteratura<br />

postmoderna. Una delle caratteristiche più<br />

ricorrenti della letteratura postmoderna è infatti la<br />

narrazione frammentata e giocosa, il prendere la<br />

cultura popolare sul serio, presentare la prospettiva<br />

<strong>di</strong>menticata del soggetto che vive al limite, incoraggiare<br />

domande ontologiche, e premiare<br />

l’ambiguità (Waugh 1 ). La conseguenza è che i lettori<br />

devono faticare parecchio per giungere ai significati<br />

più interni dei testi postmoderni. Chiunque<br />

abbia giocato Silent Hill, Metal Gear Solid 2 o<br />

Final Fantasy VII può confermare che è esattamente<br />

quello che accade anche in molti videogiochi.<br />

Ovviamente molti accademici storcono il naso,<br />

notando che i videogiochi non sono stampati. Io<br />

credo che la forma espositiva <strong>di</strong> un testo, il modo<br />

in cui viene trasmesso, non sia un fattore cruciale<br />

al fine <strong>di</strong> stabilire se si tratti o meno <strong>di</strong> letteratura.<br />

Per esempio, considerando i tre generi letterari più<br />

tra<strong>di</strong>zionali – la poesia, il dramma e la prosa – si<br />

nota come già i primi due non fossero inizialmente<br />

vincolati alla stampa. La poesia ed il dramma sono<br />

indubbiamente letteratura, ma non sono nati come<br />

testi stampati, anzi, lo sono <strong>di</strong>ventati solo accidentalmente.<br />

La poesia nasce come forma <strong>di</strong> trasmissione orale:<br />

il poema stampato è un modo per preservare, o<br />

veicolare con un altro mezzo, il testo originale trasmesso<br />

a voce. Anche se molta poesia oggi viene<br />

trascritta nello stesso momento in cui è composta,<br />

l’attenzione alla sonorità la <strong>di</strong>stingue e ne testimonia<br />

le origini orali. La forma <strong>di</strong> poesia più popolare<br />

oggi, la canzone, può essere registrata oppure trascritta.<br />

Non a caso Bob Dylan è stato in<strong>di</strong>cato per il<br />

Premio Nobel per la letteratura in più <strong>di</strong> una occasione.<br />

Spesso questi <strong>di</strong>scorsi confondono i puristi,<br />

e ci si perde nell’elitarismo quando si parla <strong>di</strong> accettare<br />

i testi dei moderni songwriter come letteratura.<br />

Come per la poesia stampata, anche il dramma<br />

iniziò ad essere trascritto in modo da preservarlo,<br />

trasmetterlo e dunque recitarlo nuovamente; qualcosa<br />

<strong>di</strong> molto simile a quanto accade con la musica<br />

riportata sul pentagramma. In realtà trattare il<br />

dramma come un testo scritto è una perversione<br />

dei <strong>di</strong>partimenti d’Inglese. Invece i rapporti tra il<br />

testo, la visione e il momento irripetibile della performance<br />

sono essenziali per la comprensione del<br />

messaggio da parte del pubblico, anche se poi il<br />

rapporto tra testo e rappresentazione è ignorato o<br />

relegato al <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> teatro.<br />

Sfortunatamente nella Torre d’Avorio tutto deve<br />

superare i giochi <strong>di</strong> potere, e lo stu<strong>di</strong>o dei <strong>di</strong>gital<br />

games non fa esclusione. Anche se <strong>di</strong>versi accademici<br />

sono riusciti ad ampliare l’ambito degli stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> letteratura per includere opere a voce o basate<br />

su performance, come i testi <strong>di</strong> musica hip-hop o i<br />

film <strong>di</strong> Hollywood, queste forme alternative sono<br />

viste come bastarde o ai margini, e la letteratura<br />

tra<strong>di</strong>zionale resta oggetto <strong>di</strong> ricerca e stu<strong>di</strong> generali<br />

oltre che <strong>di</strong> corsi appositi. Certo, questo atteggiamento<br />

viene <strong>di</strong>feso sostenendo che gli studenti<br />

non possono che beneficiare dalla lettura dei testi<br />

canonici, che probabilmente non leggerebbero mai<br />

per conto loro. Ma, pur non essendoci prove che gli<br />

studenti traggano davvero aiuto da questa pratica,<br />

resta certo che chi si specializza su questi testi poi<br />

guadagni più facilmente un impiego nelle accademie.<br />

Ed inoltre risulta chiaro che questo non permette<br />

agli studenti <strong>di</strong> ricevere aiuti per pensare su<br />

quella letteratura con cui davvero hanno a che fare<br />

tutti i giorni. Anche se spero che i game stu<strong>di</strong>es<br />

trovino un loro posto nelle accademie, mi sembra<br />

molto <strong>di</strong>fficile che si possa fare meglio dei cugini<br />

bastar<strong>di</strong> già emarginati nei <strong>di</strong>partimenti d’Inglese.<br />

Note<br />

1. Waugh, Patricia. Metafiction: The Theory and<br />

Practice of Self-Conscious Fiction. New York,<br />

Routledge, 1988<br />

LOCALIZE THIS!<br />

Preparati per l’appuntamento con ‘MTV at:<br />

Xbox Los Angeles Party’. Terremo il piito<br />

party del mondo per festeggiare la presentazione<br />

<strong>di</strong> uno dei videogame piti mai creati, ti<br />

farimpazzire! A presentare la serata ci sar<br />

‘attore Hollywoo<strong>di</strong>ano Elijah Wood, star de ‘Il<br />

Signore degli Anelli’ e ‘Sin City’, oltre che insaziabile<br />

maniaco dell’Xbox.<br />

Il pindaloso party del mondo ha bisogno della<br />

musica piita. Per questo saranno presente<br />

due delle pin<strong>di</strong> band del momento per dare<br />

un sound speciale alla serata. I rocker celtici,<br />

Snow Patrol, e le leggende <strong>di</strong> Las Vegas, The<br />

Killers, si uniranno ai festeggiamenti e faranno<br />

muovere gli invitati per tutto il party.<br />

Non perderti l’appuntamento con la rivoluzione<br />

dei giochi per console.<br />

Dal sito unificato Xbox-Southpark<br />


LE 100 COSE DEI VIDEOGAMES CHE AMEREMO SEMPRE<br />

<strong>di</strong> Cryu<br />

1. Sparare ai barili infiammabili.<br />

2. Tagliare il traguardo in testacoda.<br />

3. Tentare <strong>di</strong> uccidere PNG alleati.<br />

4. Infilare bombe a miccia negli orifizi <strong>di</strong> creature<br />

<strong>di</strong> grossa taglia.<br />

5. Provare a tagliare i tornanti <strong>di</strong> un tracciato<br />

rally.<br />

6. Occultare cadaveri anche se nel raggio <strong>di</strong> un<br />

miglio non c’è nessuno che li possa rinvenire.<br />

7. Trovare lo shotgun in un survival horror.<br />

8. Schiantarci a 300 all’ora contro un muro per<br />

ridurre la vettura in briciole.<br />

9. Provare la nuova ‘summon’.<br />

10. Recidere con un’arma da taglio corde a cui è<br />

agganciato qualcosa <strong>di</strong> molto pesante.<br />

11. Sparare da una postazione fissa. Meglio se<br />

con un fucile a canne rotanti.<br />

12. Verificare tutto quello che si può rompere con<br />

l’arma in dotazione e lamentarsi per quel muricciolo<br />

<strong>di</strong> legno, che resiste imperterrito ai caramelloni<br />

del nostro bazooka.<br />

13. Sperare che il tasto start metta in pausa una<br />

cut-scene, quando no, regolarmente la skippa.<br />

14. Imbucarci nel tunnel della Morte Nera.<br />

15. Lanciare un hadoken a un avversario in parata<br />

al quale rimane solo un pixel d’energia.<br />

16. Salvare prima del boss <strong>di</strong> fine livello.<br />

17. Contare <strong>di</strong> superare un giro della morte anche<br />

se lo si imbocca a 34Km/h.<br />

18. Nei giochi con light gun, perdere una vita perché<br />

invece che ai nemici ci si è messi a sparare<br />

a frutta, bottiglie e finestrini delle automobili.<br />

19. Il selettore 50/60Hz.<br />

20. Falciare l’attaccante avversario in fuga.<br />

21. Controllare la mappa ogni 20 secon<strong>di</strong>.<br />

22. Salvare ogni 15.<br />

23. Passare alla visuale in soggettiva per guardare<br />

com’è fatta la cupola sopra <strong>di</strong> noi.<br />

24. Puntare il fucile da cecchino agli uccelli.<br />

25. Lanciarsi da un auto in corsa un metro prima<br />

che rovini in mare.<br />

26. Scrivere con il mitragliatore il proprio nome su<br />

una parete.<br />

27. Cambiare memory card senza spegnere la<br />

console.<br />

28. Acquistare inutili suppellettili in giochi dove<br />

non si <strong>di</strong>sporrà mai <strong>di</strong> una casa in cui posizionarli.<br />

29. Tuffarsi in acqua da altezza vertiginose.<br />

30. Anche senz’acqua, a patto <strong>di</strong> avere appena<br />

salvato.<br />

31. Inclinare il pad verso destra o sinistra quando<br />

la macchina non ne vuole sapere <strong>di</strong> sterzare<br />

abbastanza.<br />

32. Rifare il livello perché abbiamo sprecato troppe<br />

munizioni.<br />

33. Tentare un improbabile pallonetto quando con<br />

il piattone si andrebbe a botta sicura.<br />

34. Saltellare su ponti fatti <strong>di</strong> legno e funi compiacendoci<br />

del moto oscillatorio così prodotto.<br />

35. Cavalcare rinoceronti e struzzi.<br />

36. Passare sotto i ponti nei simulatori <strong>di</strong> volo.<br />


37. Scaraventare i nemici in acqua, fuoco, burroni<br />

e pozzi irti <strong>di</strong> lame.<br />

38. Invertire i coman<strong>di</strong> lungo l’asse Y, a prescindere<br />

dalla configurazione originale.<br />

39. Infilare la barra verticale nella fessura ad hoc<br />

formata dai pezzi già posizionati. Altolà Freud!<br />

40. Eseguire il defrag dell’hard <strong>di</strong>sk nella pia illusione<br />

che poi DOOMIII girerà più fluido.<br />

41. Incolpare frame rate, pad, lag o incursioni parentali<br />

per una sconfitta.<br />

42. Comprare il massimo numero <strong>di</strong> pozioni trasportabili<br />

presso quell’aguzzino del ven<strong>di</strong>tore<br />

ambulante.<br />

43. Visionare il replay <strong>di</strong> ogni gol da tutte le possibili<br />

angolazioni, specie se l’avversario è umano<br />

e preme forsennatamente i tasti nel pad<br />

nell’inutile tentativo <strong>di</strong> skippare.<br />

44. Andare ai box per scoprire se si vedono i meccanici.<br />

45. Scegliere il fondale quando si gioca a un picchiaduro<br />

in multiplayer.<br />

46. Lanciare nei genitali del battitore in prima base.<br />

47. Conservare il salvataggio prima <strong>di</strong> un bel FMV.<br />

48. Spendere <strong>di</strong> più per acquistare la versione italiana<br />

e poi impostare la lingua originale per<br />

fuggire l’immorale doppiaggio nostrano.<br />

49. Firmarci ‘AAA’ dopo aver totalizzato un punteggio<br />

patetico.<br />

50. Sbellicarci per gag che nella realtà o in TV non<br />

ci strapperebbero neanche un sorriso.<br />

51. Con visuale impe<strong>di</strong>ta, muovere fisicamente la<br />

testa verso i margini del televisore, nella convinzione<br />

che si riesca a scorgere oltre gli ostacoli<br />

rappresentati a video.<br />

52. Sentirci intelligenti dopo aver risolto un enigma<br />

<strong>di</strong> Resident Evil, cinque minuti dopo aver<br />

abbandonato per evidente inadeguatezza il<br />

cruciverba in copertina della Settimana Enigmistica.<br />

53. Premere nuovamente il pulsante per parlare <strong>di</strong><br />

fronte a un personaggio <strong>di</strong> un RPG, nella vana<br />

speranza che pronunci una frase <strong>di</strong>versa da<br />

quella che è stato condannato a ripetere<br />

all’infinito.<br />

54. Prendercela con le galline <strong>di</strong> Zelda, con i topi<br />

<strong>di</strong> Ninja Gaiden, con le vacche <strong>di</strong> Resident<br />

Evil 4 e con tutti gli animali innocui che popolano<br />

incautamente i pascoli <strong>di</strong>gitali. NB: Nessun<br />

animale è stato realmente maltrattato<br />

nella redazione <strong>di</strong> questo articolo.<br />

55. Percorrere una <strong>di</strong>scesa rotolando.<br />

56. Appropriarci <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> e averi recuperati in casa<br />

<strong>di</strong> gente per bene <strong>di</strong> cui si è violato indebitamente<br />

l’accesso.<br />

57. Ricorrere al freno a mano non appena possibile.<br />

58. Controllare il corretto funzionamento dei bagni:<br />

sciacquone azionabile, specchi effettivamente<br />

riflettenti, carta igienica consumabile,<br />

ecc.<br />

59. Sperperare sol<strong>di</strong> virtuali in mini-game, scommesse<br />

e souvenir. Quin<strong>di</strong> riprendere<br />

dall’ultima partita salvata.<br />

60. Il fischio degli pneumatici che perdono aderenza.<br />

61. Guardare il sole per vedere se il lens-flare è<br />

fatto come si deve.<br />

62. Zoomare sulle zone erogene dei personaggi<br />

femminili.<br />


63. Provocare tamponamenti a catena.<br />

64. Sentirci realmente eroi dopo aver salvato un<br />

mondo fittizio.<br />

65. Tagliare erba e alberi a colpi <strong>di</strong> spada. I videogiocatori<br />

sono tutti giar<strong>di</strong>nieri mancati.<br />

66. Suonare il clacson e/o attivare la sirena.<br />

67. Quando all’avversario rimane un solo pixel<br />

d’energia, tentare <strong>di</strong> sconfiggerlo con una<br />

mossa stylish, operazione che conduce spesso<br />

al recupero e alla vittoria dell’avversario.<br />

68. Muoversi come deficienti per la mappa <strong>di</strong> un<br />

RPG, con gli altri personaggi del party che si<br />

muovo a serpente <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> noi.<br />

69. Saltare. Sempre e comunque. Specie per coprire<br />

lunghe <strong>di</strong>stanze, nella curiosa convinzione<br />

che saltando si vada più veloci che correndo.<br />

70. Adottare un approccio stealth. Muoversi nell'ombra<br />

e, lentamente, osservare con il binocolo<br />

il campo d'azione. Calcolare i tempi delle<br />

ronde, poi entrare in azione e morire con una<br />

pallottola in fronte. Ricaricare il salvataggio e<br />

rifare il tutto con approccio John Rambo.<br />

71. Calcio volante, spazzata.<br />

72. Inserire il god mode in un FPS e giocare per<br />

dei quarti d’ora senza alcuno scopo.<br />

73. Brasile All Stars VS Cina.<br />

74. 'Crash-test-dummie’ perché si sta <strong>di</strong>scutendo<br />

del dettaglio <strong>di</strong> un fondale.<br />

75. Invulnerabilità. Specie se corredata da gradevoli<br />

effetti <strong>di</strong> illuminazione e un frenetico<br />

jingle ad hoc.<br />

76. Trasformarsi in morfosfera, soprattutto quando<br />

non serve, per vedere se<br />

il level design è degno <strong>di</strong> Super Monkey<br />

Ball.<br />

77. Posizionarsi <strong>di</strong> fronte a un getto <strong>di</strong> vapore solo<br />

per far appannare il visore.<br />

78. Montanti che scagliano l’avversario per aria<br />

condannandolo a una combo infinita.<br />

79. Sorpasso all’interno portiera contro portiera.<br />

80. Premere due volte X per vedere se c’è il doppio<br />

salto.<br />

81. Sgasare prima della partenza.<br />

82. 60fps.<br />

83. Infierire sull’avversario nell’intervallo <strong>di</strong> tempo<br />

che separa il KO dal replay.<br />

84. Proiettili infiniti.<br />

85. Esplosioni. Tante, grosse, luminose, roboanti.<br />

86. Verificare se dalla visuale in soggettiva si vedono<br />

i pie<strong>di</strong>.<br />

87. Tentare <strong>di</strong> respingere al volo proiettili che potremmo<br />

comodamente schivare.<br />

88. Costumi extra sexy.<br />

89. Effetti domino che esaltino la fisica Havock.<br />

90. Il tasto per riportare la telecamera alle spalle<br />

dell’avatar.<br />

91. Trasformarci. Animali, demoni, automobili. In<br />

qualsiasi cosa, basta <strong>di</strong> trasformarci. Possibilmente<br />

dopo aver riempito un’apposita barra.<br />

92. Il replay <strong>di</strong> una gara vinta all’ultima curva.<br />

93. Skippare l’animazione d’ingresso a un negozio.<br />

94. Zittire la colonna sonora, che fa SCHI-FO.<br />

95. Vite extra. Sarà un retaggio dei classici arcade,<br />

ma quando si vince una vita extra ci si<br />

sente sempre dei fenomeni.<br />

96. Instant kill per strangolamento alle spalle o<br />

botta in testa.<br />

97. Il ‘click’ del tasto R3.<br />

98. Demenziali bonus game in cui non si può morire.<br />

99. Personaggi comprimari del tutto ininfluenti sul<br />

gameplay ma ottimamente doppiati nelle cutscene.<br />

100. Giochi in 2D.<br />


POLYGONS KILLED THE BITMAP STARS<br />

<br />

<strong>di</strong> Marco Benoît Carbone<br />

http://marcobenoit.blogs.com<br />

L’<br />

abbandono della rappresentazione bi<strong>di</strong>mensionale<br />

in favore dell’utilizzo dei poligoni è<br />

una verità storica nelle vicende espressive<br />

del gioco elettronico. Per questo, le recriminazioni<br />

dei nostalgici ra<strong>di</strong>cali su quello che il 2D avrebbe<br />

ancora potuto esprimere non andrebbero rigettate<br />

in toto come vacui sentimentalismi. In parte, è vero<br />

che il 2D avrebbe potuto dare molto <strong>di</strong> più. La<br />

violenta frattura tecnica determinatasi a metà dei<br />

novanta, con l’adozione progressiva del 3D, ha<br />

provocato un lento ma inesorabile tramonto delle<br />

tecniche <strong>di</strong> rappresentazione bitmap, con il conseguente<br />

abbandono <strong>di</strong> interi generi che proprio su<br />

queste formule espressive si erano costituiti. Molti<br />

<strong>di</strong> questi non sono riusciti a re-innestarsi in formule<br />

basate su rappresentazioni poligonali. In questo<br />

momento alcuni generi “classici” dell’era bi<strong>di</strong>mensionale<br />

sono praticamente scomparsi dal mercato,<br />

come i brawlers a scorrimento orizzontale. Oppure,<br />

se si sono mantenuti fedeli alle proprie tra<strong>di</strong>zioni e<br />

meccaniche 2D pur componendosi <strong>di</strong> poligoni<br />

(Contra: Shattered Sol<strong>di</strong>ers, Gra<strong>di</strong>us V…), sono<br />

<strong>di</strong>ventati fenomeni da baraccone underground per<br />

pochi freaks del pollice fumante, ignorati dai cosiddetti<br />

casual gamers e così inattuali rispetto allo<br />

zeitgeist videolu<strong>di</strong>co da risultare inadatti persino<br />

ad avvicinarsi ai posti alti delle classifiche.<br />

Beninteso, il 2D in senso lato esiste ancora. Tanto<br />

per cominciare lo schermo è piatto. Per quanto<br />

triviale possa suonare questa osservazione, andrebbe<br />

ricordato che gli ambienti 3D capaci <strong>di</strong> far<br />

spostare la testa insieme al controller nell’illusione<br />

del varco della soglia sono ancora molto rari. C’è<br />

poi da osservare che tantissime meccaniche lu<strong>di</strong>che<br />

e svariati generi sfruttano ancora un modello<br />

<strong>di</strong> interazione del tutto bi<strong>di</strong>mensionale nella concezione<br />

della fisica, salvo poi non produrlo esteticamente<br />

per matrici <strong>di</strong> punti. Infine c’è la questione<br />

del texture mapping, che è e rimane bitmap. Insomma,<br />

le tecniche grafiche a mappa <strong>di</strong> punti hanno<br />

perso la centralità nella costruzione dell’ambiente<br />

come coor<strong>di</strong>nate X e Y, e con questa concezione<br />

si sono inari<strong>di</strong>ti interi approcci lu<strong>di</strong>ci; eppure,<br />

nell’ingresso nella <strong>di</strong>mensione Z, le stesse tecniche<br />

sono tornate utili per nuovi usi e consumi. In fondo,<br />

però, anche l’estetica 2D continua a esercitare<br />

un fascino evidente in remake ed esperimenti <strong>di</strong><br />

varia natura. Per non parlare, poi, del “ritorno al<br />

2D” dell’abusatissimo Cel Sha<strong>di</strong>ng: la <strong>di</strong>mostrazione<br />

contemporanea e insieme in<strong>di</strong>scutibilmente atemporale<br />

del fascino della linea non fotorealistica,<br />

dell’impressione <strong>di</strong> volumi essenziali.<br />

Su tutto questo si potrebbe <strong>di</strong>re moltissimo. Qui<br />

si riporterà solo il modo in cui Nintendo abbia “riflettuto”<br />

su questa transizione, portando 2D e 3D<br />

allo scontro pur nel rispetto <strong>di</strong> una transizione storicamente<br />

inarrestabile. Non c’è soltanto il fatto<br />

che il GBA abbia favorito un ritorno, in versione<br />

portatile, al 2D in cui Nintendo eccelleva. Su questa<br />

console il bi<strong>di</strong>mensionale non ha espresso altro<br />

che remake, compilation, pastiche e risciacqui <strong>di</strong><br />

meccaniche <strong>di</strong> gioco classiche o poco ispirate, viziate<br />

generalmente dall’atteggiamento in stile “fi-<br />

niamolo presto e facile” o “mettici su due extra e<br />

riutilizziamolo” della gran parte <strong>di</strong> questa generazione<br />

<strong>di</strong> produttori (e consumatori). Su un <strong>di</strong>verso<br />

piano produttivo, al contrario, fatto <strong>di</strong> una lunga<br />

storia <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> estetici, Nintendo ha prodotto teoria<br />

giocabile dello scontro tra i due para<strong>di</strong>gmi. Per<br />

carità, senza arrivare a uno statuto riflessivo dalla<br />

portata veramente artistica: eppure, avvicinandosi<br />

quantomeno a un <strong>di</strong>scorso artistoide. Il percorso<br />

inizia in era 16bit. Il 3D <strong>di</strong> Nintendo era ancora da<br />

venire: i poligoni erano sperimentazione laterale in<br />

StarFox o presenza aleggiante e minacciosa <strong>di</strong><br />

altre compagnie. Il punto <strong>di</strong> arrivo <strong>di</strong> questo processo,<br />

invece, una decina <strong>di</strong> anni dopo, è in Paper<br />

Mario 2 per GameCube. Nel corso <strong>di</strong> questi anni si<br />

può tracciare una piccola storia della grafica ninten<strong>di</strong>ana,<br />

dall’epoca del suo impero al tracollo sotto<br />

la tirannia poligonale.<br />

Ora, su questo piccolo contributo per <strong>Ring</strong>: il<br />

pensiero statistico e quantitativo non solo non mi<br />

si ad<strong>di</strong>ce, ma non appartiene alla critica degli stili.<br />

Nella sua forma impoverita, poi, rischia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare<br />

citazionismo superficiale, una costellazione impressionistica<br />

<strong>di</strong> dati ammassati senza un significato<br />

comune, sparati <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente come sfoggio<br />

<strong>di</strong> conoscenza. Quin<strong>di</strong>, nessuno me ne voglia se a<br />

questo approccio – barocco, forse, nei contenuti -<br />

sostituisco una breve e asistematica rassegna su<br />

episo<strong>di</strong>-chiave privi <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà universale, eppure<br />

legati da elementi <strong>di</strong> continuità del tutto evidenti<br />

nel percorso ninten<strong>di</strong>ano (e, ovviamente, non solo<br />

ninten<strong>di</strong>ano). Un’ultima avvertenza. Un’analisi più<br />

sistematica su questo tema dovrebbe andare alla<br />

ricerca, nei cre<strong>di</strong>ti e con le interviste, delle persone<br />

reali che hanno determinato queste scelte espressive:<br />

cosa, questa, che non ho la minima intenzione<br />

<strong>di</strong> affrontare senza le risorse e gli strumenti adeguati.<br />

Nell’attesa che la storia dei videogiochi si<br />

possa leggere in facili, trasparenti, esaustive, pubbliche<br />

risorse <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>ts su chi i videogiochi li crea e<br />

negozia, ci riferiremo per pigrizia “alla Nintendo”.<br />

La lista <strong>di</strong> esempi che segue, d’altronde, è solo uno<br />

spunto, un dubbio se alla Nintendo ci sia davvero<br />

chi l’incontro/scontro tra 2D e 3D lo ha pensato<br />

organicamente, per poi farcelo giocare. Una cosa è<br />

probabile: alla Nintendo, qualcuno ha letto Flatlan<strong>di</strong>a.<br />


Il naïve come progetto<br />

Yoshi’s Island (Super NES - 1995)<br />

Yoshi’s Island è forse il primo esempio <strong>di</strong> rappresentazione<br />

grafica dallo stile ispirato esplicitamente<br />

al <strong>di</strong>segno infantile e ai libri-album <strong>di</strong> figure<br />

pop-up. Nintendo aveva appena schiacciato il<br />

Megadrive con il fenomeno commerciale Donkey<br />

Kong Country, che cavalcava i sogni del popolo<br />

lu<strong>di</strong>co con la famosa tecnica pre-renderizzata ACM,<br />

un inno estetico alle future e progressive sorti<br />

dell’animazione del gioco elettronico. Yoshi’s Island<br />

era il secondo colpo letale ai danni <strong>di</strong> Sega.<br />

Esteticamente, però, questo primo platform del<br />

<strong>di</strong>nosauro più amato dal merchan<strong>di</strong>sing cambia<br />

stile: e si presenta con fiorellini che spuntano piatti<br />

in primo piano, <strong>di</strong>segni in stile naïve, stelline e soli<br />

colorati fatti <strong>di</strong> tratti <strong>di</strong> matitoni imprecisi, altri espe<strong>di</strong>enti<br />

grafici <strong>di</strong> questo tipo. Di per sé, questo<br />

stile non è un ragionamento autoriflessivo rispetto<br />

alla rappresentazione in due <strong>di</strong>mensioni: questo<br />

<strong>di</strong>scorso arriverà a compimento più tar<strong>di</strong>, ma è già<br />

in nuce in Yoshi’s Island.<br />

Un voto? A<br />

Pre-rendering e isometria contro il 2D cattivo<br />

Super Mario RPG (Super NES -1996)<br />

Nintendo e Square insieme, a detta <strong>di</strong> molti, hanno<br />

consegnato un risultato dalla classe notevole. Super<br />

Mario RPG non era solo un ottimo gioco <strong>di</strong><br />

ruolo, ma aveva una gran bella grafica. Narrativamente,<br />

così al grado zero e autoironico, era sicuramente<br />

meno stantio <strong>di</strong> molti RPG dell’epoca.<br />

Figuriamoci il suo valore rispetto alla new wave of<br />

japan RPGs contemporanea, popolata <strong>di</strong> bambocci<br />

dalle estetiche stra-abusate e derivative, impegnati<br />

in imbarazzanti salvataggi del mondo o dell’uni-<br />

Polygons killed the bitmap stars<br />

Super Mario 64 (Nintendo 64 - 1996)<br />

Cosa c’entra un gioco interamente in 3D – e anzi<br />

famoso per il salto <strong>di</strong> Mario nel poligonale - con un<br />

percorso <strong>di</strong> riflessioni sul rapporto tra 3D e 2D?<br />

Semplicemente, e proprio rimanendo sul tema,<br />

Mario 64 è una frattura epocale per la rappresentazione<br />

videolu<strong>di</strong>ca. E lo è anche e soprattutto per<br />

Nintendo. Tutti gli sforzi <strong>di</strong> Miyamoto e collabora-<br />

verso (se siamo fortunati, del pluriverso). Sia come<br />

sia, sul piano estetico Mario RPG era ancora<br />

un altro, grande salto sul carrozzone del nuovo<br />

stile renderizzato, coerente con la svolta estetica<br />

minacciata che ha svecchiato la grafica a 16bit degli<br />

ultimi anni sotto la minaccia dei nuovi modelli<br />

poligonali. I poligoni, si era visto con Starfox e<br />

altri esperimenti, sui 16bit funzionavano poco e<br />

male. Meglio l’ACM della RARE, quin<strong>di</strong>, o qualunque<br />

espe<strong>di</strong>ente per dare volume e campiture più<br />

ricche al 2D. Il lavoro <strong>di</strong> pre-rendering per Super<br />

Mario RPG, poi, si accompagnava all’isometria,<br />

che già da sola era stata il primo proce<strong>di</strong>mento del<br />

gioco elettronico per suggerire la tri<strong>di</strong>mensionalità<br />

dell’ambiente <strong>di</strong> gioco (come ai bei tempi <strong>di</strong> Crafton<br />

e Xunk). In Super Mario RPG non c’è solo la<br />

tensione e il lavorio verso questo varco espressivo,<br />

ma pure un riferimento esplicito al rapporto tra 2D<br />

e 3D. In un livello, abbastanza avanti nello svolgimento<br />

del gioco, c’è un’occasione in cui lo sprite<br />

renderizzato <strong>di</strong> Mario regre<strong>di</strong>sce temporaneamente<br />

all’estetica <strong>di</strong> Super Mario Bros, stridendo notevolmente<br />

con l’isometria e l’illusione <strong>di</strong> tri<strong>di</strong>mensionalità<br />

dell’ambiente circostante. Ancora poco,<br />

ma un bel pugno nell’occhio.<br />

Un voto? B (e un tuffo al cuore)<br />

tori si concentrano nel trasportare nella terza <strong>di</strong>mensione<br />

la sensazione <strong>di</strong> sovrastante superiorità<br />

<strong>di</strong> design tipica dei Mario bi<strong>di</strong>mensionali. Missione<br />

riuscita, e da allora Mario non è ancora tornato in<br />

2D con un platform ine<strong>di</strong>to del calibro dei classici<br />

del passato. Caso o necessità?<br />

Un voto? S<br />


Textures, cuciture e libri pop-up<br />

Yoshi’s Story (Nintendo 64 - 1998)<br />

Il seguito <strong>di</strong> Yoshi’s Island era un platform penoso.<br />

In parte, per il target. Yoshi ormai faceva già<br />

guadagnare più sol<strong>di</strong> come pupazzo che da avatar<br />

videolu<strong>di</strong>co. In parte, però, scelte <strong>di</strong> design vergognose<br />

sono al lavoro nel gioco e capaci <strong>di</strong> fare inorri<strong>di</strong>re<br />

bambini e adulti <strong>di</strong> ogni età. Yoshi’s<br />

Story ha quantomeno il pregio <strong>di</strong> segnare in maniera<br />

netta il momento in cui qualcuno alla Nintendo<br />

ha deciso <strong>di</strong> esplicitare la vocazione <strong>di</strong> rime<strong>di</strong>are<br />

elettronicamente lo stile estetico e l’illu-<br />

A clash between 2D and 3D<br />

Paper Mario (Nintendo 64 - 2001)<br />

Paper Mario è una svolta espressiva nelle intenzioni,<br />

il punto cruciale della riflessione sul rapporto<br />

tra stile 2D e 3D elaborata da Nintendo. Fondali in<br />

3D e personaggi piatti che si voltano come fogli <strong>di</strong><br />

carta esplicitano la riflessione <strong>di</strong> Nintendo sulla stilistica<br />

<strong>di</strong>mensionale. Paper Mario è però una riflessione<br />

incompiuta, più che altro uno spunto. La<br />

lavorazione è una delle più travagliate che si ricor<strong>di</strong>.<br />

Nella transizione da Super Mario RPG a questo<br />

semi-sequel si era anche consumato il <strong>di</strong>vorzio<br />

commercialmente <strong>di</strong>sastroso con Squaresoft. Il<br />

nome definitivo del gioco, dal canto suo, e <strong>di</strong> conseguenza<br />

la sanzione ufficiale <strong>di</strong> questa riflessione<br />

sul libro pop-up, arriva dopo quattro anni <strong>di</strong> ritar<strong>di</strong>.<br />

Quando finalmente si mostra, tuttavia, Paper Mario<br />

non delude. Invece <strong>di</strong> costruire illusione <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà<br />

e tri<strong>di</strong>mensionalità, Nintendo cambia <strong>di</strong>rezione:<br />

scar<strong>di</strong>na questa concezione e la mette in<br />

The Golden Age of LCDs<br />

Super Smash Bros Meleé (GameCube - 2001)<br />

Già in Super Smash Bros per Nintendo 64 iniziava<br />

la stagione dell’autocitazionismo selvaggio <strong>di</strong><br />

Nintendo. Mentre iniziavano i remake, le compilation,<br />

i recuperi storici, nel primo brawler multiplayer<br />

della casa <strong>di</strong> Kyoto era possibile sbloccare un<br />

livello speciale, ispirato alla grafica bi<strong>di</strong>mensionale<br />

<strong>di</strong> Super Mario Bros: l’opposizione stilistica rispetto<br />

agli ambienti poligonali falso-realistici del<br />

gioco era netta. Sotto questa forma, l’extra sembrava<br />

avere sprazzi <strong>di</strong> autoironia: Smash Bros<br />

era tutto fuorché 3D nell’interazione, e una simile<br />

aggiunta funzionava come clausola <strong>di</strong> onestà per<br />

l’osservatore più attento. Nel seguito per GameCube<br />

- che è poi un gioco nettamente più raffinato e<br />

riuscito del primo - la citazione <strong>di</strong>venta sistemati-<br />

sione <strong>di</strong> “profon<strong>di</strong>tà piatta” dei libri pop-up per<br />

bambini. Pieno <strong>di</strong> figure <strong>di</strong> cartoncino che si alzano<br />

all’apertura della pagina, stoffe (textures, appunto)<br />

nei fondali e altre amenità, Yoshi’s Story è -<br />

in maniera finalmente <strong>di</strong>chiarata - una storia giocabile<br />

all’interno <strong>di</strong> un libro per bambini. Peccato<br />

che questo si rifletta sul solo piano estetico, senza<br />

alcuna ripercussione degna <strong>di</strong> nota sulla blanda<br />

interazione.<br />

Un voto? D<br />

<strong>di</strong>scussione facendo scontrare una rappresentazione<br />

dotata <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà - quella dei fondali - con<br />

una irrime<strong>di</strong>abilmente piatta e ad essa apparentemente<br />

inconciliabile, quella degli sprite 2D dei personaggi.<br />

Le case si aprono allora come costruzioni<br />

in cartoncino, Mario entra nelle coperte per riposare<br />

scivolandovi dentro come un foglio, i personaggi<br />

si voltano e scompaiono momentaneamente in<br />

profon<strong>di</strong>tà nel cambiare <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> marcia. Operazione,<br />

questa, certamente più artistica o eversiva<br />

<strong>di</strong> qualunque sfoggio grafico da team cinematografico-industriale<br />

del solito fainal fantasi, anche<br />

se a ben vedere le ripercussioni <strong>di</strong> questa estetica<br />

sul piano interattivo sono inesistenti e il livello narrativo<br />

è ancora a un grado troppo semplice perché<br />

in Paper Mario si possa trovare un manifesto dello<br />

scontro <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gmi.<br />

Un voto? B<br />

ca, e il ricorso alla riflessione sul rapporto 2D/3D<br />

esplicito. I fondali ispirati allo stile bi<strong>di</strong>mensionale<br />

si moltiplicano, ma l’elemento cruciale nell’autoanalisi<br />

estetica è rappresentato da Mr. Game &<br />

Watch. A patto <strong>di</strong> avere Smash Bros, con l’omino<br />

degli storici handheld a LCD <strong>di</strong> Nintendo da oggi<br />

potrete pestare anche Mario o Link: tuttavia, a <strong>di</strong>fferenza<br />

degli altri eroi Nintendo, il protagonista dei<br />

Game & Watch non ha guadagnato la <strong>di</strong>mensione<br />

Z. Inserito nella rosa dei combattenti sbloccabili,<br />

Mr Game & Watch rimane piatto com’era sugli<br />

schermi dei piccoli scacciapensieri anni ottanta.<br />

Inoltre, continua a muoversi a scatti, senza un’animazione<br />

continua tra una posizione prefissata e<br />

l’altra. In sostanza, non è mai uscito dal Game &<br />

Watch originale, pur attraversando la storia tecnologica<br />

con un balzo immane e improvviso. Il suo<br />

livello è poi ambientato proprio all’interno <strong>di</strong> un<br />

Game & Watch Nintendo, con un geniale warp<br />

temporale: l’intero hand-held è ri-me<strong>di</strong>ato e rappresentato<br />

all’interno dello schermo. Di Super<br />

Smash Bros, andando off topic, si potrebbe anche<br />

ricordare la grande metafora delle statuine che<br />

prendono vita, trapassando idealmente lo schermo<br />

per ricordarci della connessione tra videogioco,<br />

collezionismo e vecchi giocattoli. Cosa che alcuni<br />

potrebbero ritenere eccessivamente infantile, salvo<br />

poi ritrovarsela in Resident Evil 4 puntuale come<br />

uno schiaffo.<br />

Un voto? A<br />


Per sguar<strong>di</strong> adulti<br />

Legend of Zelda: The Wind Waker (GameCube<br />

- 2003)<br />

La svolta narrativa<br />

Mario & Luigi Superstar Saga (GameBoy Advance<br />

- 2003)<br />

Seguito non ufficiale <strong>di</strong> Paper Mario, Mario &<br />

Luigi Superstar Saga prende in prestito dall’RPG<br />

per Nintendo 64 la sola meccanica <strong>di</strong> gioco, con<br />

l’obbiettivo <strong>di</strong> arricchirla e perfezionarla. Il bizzarro<br />

RPG <strong>di</strong> Nintendo e AlphaDream (tipi <strong>di</strong>etro un leggendario<br />

Tomato Adventure) si avvale <strong>di</strong> una<br />

grafica bi<strong>di</strong>mensionale piacevolmente ricca <strong>di</strong> occhi<br />

stilizzati alla Disney primissima maniera, lontana<br />

dal fumettismo dozzinale <strong>di</strong> certi approcci ninten<strong>di</strong>ani<br />

precedenti. Mario & Luigi è praticamente<br />

privo <strong>di</strong> spunti riflessivi sulla profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> campo,<br />

anche se involontariamente <strong>di</strong>sorientante a causa<br />

del <strong>di</strong>fficile colpo d’occhio del giocatore sul fondale.<br />

Leggero e ironico, autoriflessivo e umoristico, Mario<br />

& Luigi è lontano anni luce dalla pesantezza e<br />

scontatezza della maggior parte dei JRPG fantasy.<br />

Lo stile estetico non riflette su se stesso come in<br />

Paper Mario. Tuttavia, come in Paper Mario era<br />

l’estetica a riflettere su se stessa, in Mario & Luigi<br />

questo aspetto autoriflessivo agisce al livello della<br />

narrazione. In questo senso si può sostenere che<br />

Mario & Luigi Superstar Saga non sia affatto<br />

Poligoni e fogli, secondo round<br />

Paper Mario 2 (GameCube - 2004)<br />

Paper Mario 2 è la tappa finale <strong>di</strong> un percorso<br />

sulla rappresentazione estetica tra 2D e 3D fatto a<br />

tentoni e durato una decina d’anni, per il quale il<br />

primo Paper Mario per Nintendo 64 aveva impresso<br />

una <strong>di</strong>rezione fondamentale senza riuscire a<br />

portare pienamente a compimento l’obbiettivo. Ma<br />

è anche la rilettura <strong>di</strong> un’idea estetica originale,<br />

quella <strong>di</strong> Paper Mario, sotto la specie <strong>di</strong> una nuova<br />

visione narrativa: quella <strong>di</strong> Mario e Luigi Superstar<br />

Saga. Paper Mario 2 ritorna allo scontro tra<br />

fondali dotati <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà e figure piatte con una<br />

nuova potenza <strong>di</strong> calcolo a <strong>di</strong>sposizione, ma soprattutto<br />

con un progetto più ambizioso che affonda<br />

oltre la superficie, arrivando fino all’interazione<br />

Asciugato degli eccessi modaioli e riportato a uno<br />

stato <strong>di</strong> stilizzata bellezza, il Cel Sha<strong>di</strong>ng torna ad<br />

essere tecnica per la creazione <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> estetici<br />

sobri, netti ed eleganti e conferisce al nuovo episo<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> Zelda una connotazione unica, che fa tuttuno<br />

con il progetto interattivo della creatura <strong>di</strong><br />

Miyamoto, Iwata e Tezuka. In quanto mondo possibile<br />

costruito su un’estetica <strong>di</strong>rompente e “altra”<br />

rispetto all’ere<strong>di</strong>tà fantasy/naturalistica <strong>di</strong> Ocarina<br />

of Time, Wind Waker è un manifesto <strong>di</strong> volontà<br />

poetica: Nintendo vuol fare la Disney del gioco interattivo,<br />

costruire mon<strong>di</strong> d’animazione giocabili,<br />

offrire immersioni fantastiche. E vuol farlo evocando<br />

un mondo mosso da poligoni ma che si mostra<br />

“piatto” come un film d’animazione. Il progetto è<br />

certo più maturo della sensibilità estetica <strong>di</strong> quanti<br />

pensano che il nuovo filmato <strong>di</strong> Zelda: The Twilight<br />

Princess sia “dark”.<br />

Un voto? A<br />

una tappa estranea al percorso seguito in questo<br />

articolo: la nuova “stagione filosofica” nelle narrazioni<br />

ed interazioni <strong>di</strong> ruolo <strong>di</strong> Nintendo, battezzata<br />

in questo gioco per GBA, troverà pieno compimento<br />

confluendo in Paper Mario 2, insieme all’approccio<br />

estetico <strong>di</strong> Paper Mario.<br />

Un voto? B<br />

lu<strong>di</strong>ca. Uno spirito autoironico e paro<strong>di</strong>stico, nel<br />

processo, lo porta a un grado meta-narrativo, <strong>di</strong><br />

riflessione <strong>di</strong>vertita sulla sua stessa natura e su<br />

quella dal genere. In primo luogo, visto che Mario<br />

e il suo party sono piatti, è adesso giustamente<br />

possibile farli ruotare <strong>di</strong> profilo per passare in spazi<br />

angusti o tra le sbarre; oppure, trasformare i personaggi<br />

in aeroplanini <strong>di</strong> carta, o infine arrotolarli<br />

come tubi per oltrepassare ostacoli <strong>di</strong> varia natura.<br />

Le ripercussioni sull’interazione non sono certo rivoluzionarie,<br />

ma evidenti. Quel che più conta è che<br />

questi proce<strong>di</strong>menti sfondano la generale arbitrarietà<br />

tra interazione ed estetica in azione fino a<br />

questo momento negli esperimenti <strong>di</strong> Nintendo sul<br />

tema, fondendole in un progetto finalmente coerente.<br />

Infatti, a livello narrativo Paper Mario 2 si<br />


ivela altrettanto evoluto. Sotto le spoglie <strong>di</strong> una<br />

trama bambinesca si celano <strong>di</strong>aloghi a doppio strato<br />

verso il giocatore, infarciti <strong>di</strong> riflessioni satiriche<br />

sulle narrazioni tipiche degli RPG, <strong>di</strong>vertita autocritica<br />

sulla trama, la grafica e i risibili eventi del<br />

gioco, momenti <strong>di</strong> genuina inquietu<strong>di</strong>ne (come<br />

quando il dragone-cattivone <strong>di</strong>vora inaspettatamente<br />

decine <strong>di</strong> funghetti senzienti), citazioni per<br />

frequentatori ninten<strong>di</strong>ani <strong>di</strong> vecchissima data, persino<br />

caute allusioni sessuali con doppi sensi che<br />

E il futuro?<br />

Considerare Paper Mario 2 come un approdo ultimo<br />

della riflessione ninten<strong>di</strong>ana sulle <strong>di</strong>mensioni<br />

estetiche videolu<strong>di</strong>che equivarrebbe a fare una riflessione<br />

decisamente finalistica: <strong>di</strong> certo, qualcosa<br />

<strong>di</strong> altro arriverà. Cosa aspettarsi, allora? Personalmente,<br />

chi scrive è fiducioso sull’evoluzione del<br />

livello estetico e autoriflessivo delle proposte della<br />

vecchia N. A questo proposito, è rincuorante pensare<br />

a quanto possa accadere sul Nintendo DS. È<br />

economico: quin<strong>di</strong> andrà benissimo per il target<br />

universale, ma con baricentro sui più giovani, tipico<br />

<strong>di</strong> Nintendo. Allo stesso tempo, però, il double/touch-screen<br />

è un ammennicolo per veri geeks,<br />

che consentirà sperimentazioni altre rispetto<br />

al semplice (e fantastico) sfoggio au<strong>di</strong>ovisivo e <strong>di</strong><br />

convergenza me<strong>di</strong>atica del portatile Sony. Nintendo,<br />

dal canto suo, ha il vantaggio <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione<br />

da recuperare e su cui eventualmente ironizzare.<br />

Non è solo l’unica compagnia con un forte senso<br />

del recupero storico, dell’autoriflessione sulle tecniche<br />

e sugli stili, sul valore <strong>di</strong> gioco come innovazione<br />

non per forza soggetta alla crescita <strong>di</strong> calcolo:<br />

accanto a schifezze come i <strong>di</strong>aloghi <strong>di</strong> Mario<br />

Party (per le quali Nintendo dovrebbe flagellare il<br />

team della Hudson), si può anche trovare un livello<br />

narrativo <strong>di</strong>scretamente <strong>di</strong>ssacrante e adulto come<br />

quello del “bambinesco” Paper Mario 2. Pertanto,<br />

si può solo sperare che ad andare avanti nella<br />

compagnia siano i migliori. Il lavoro della critica<br />

dovrebbe essere quello <strong>di</strong> imparare a sciogliere il<br />

paradosso per il quale i giochi da bambini hanno la<br />

faccia da adulti e viceversa, ma nessuno smaschera<br />

questi travestimenti. A volte, il fatto <strong>di</strong> riflettere<br />

sul mezzo che si utilizza passa non passa attraverso<br />

il solo gioco estetico o narrativo, ma li intreccia<br />

a favore <strong>di</strong> vari livelli <strong>di</strong> apprezzamento. Premiare i<br />

lavori capaci <strong>di</strong> riflettere su questo piano enunciativo<br />

non significa soltanto favorire il <strong>di</strong>scorso del<br />

gioco su se stesso, ma anche premiare i singoli al<br />

lavoro: chiunque essi siano.<br />

mantengono sempre un livello <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a sul target<br />

<strong>di</strong> base dei più piccini. Un doppio livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo<br />

col fruitore, questo, che sembra recentemente adottato<br />

anche in molti altri casi (qualcuno se ne<br />

sarà accorto in Resident Evil 4, dove si contrappongono<br />

– sic! – Kennedy e Salazar), come espe<strong>di</strong>ente<br />

dei designers contemporanei per ironizzare<br />

lateralmente su trame scontate quanto necessarie.<br />

Tutto Paper Mario 2 è pervaso da un senso <strong>di</strong><br />

post-modernismo autocompiacente, che si incarna<br />

ad<strong>di</strong>rittura in un attante (auto)<strong>di</strong>ssacratore: Luigi.<br />

Per ottenere dei bonus da parte sua occorre sorbirsi<br />

le sue lunghe, insostenibili narrazioni delle<br />

avventure intraprese nei mon<strong>di</strong> improbabili del<br />

Waffle Kingdom nonché le seriali e ri<strong>di</strong>cole narrazioni-tipo<br />

videolu<strong>di</strong>che che produce ai nostri danni,<br />

durante le quali Mario e i suoi compagni non possono<br />

fare altro (come chi ha in mano il controller)<br />

che addormentarsi russando rumorosamente. Insomma,<br />

Paper Mario 2 è un gioco con una trama<br />

da adulti, lontano anni luce dai giochini per bambini<br />

che si beccano il rating ‘Mature’ per via dei mostracci<br />

e <strong>di</strong> sangue e budella a catinelle.<br />

Un voto? B<br />


HARRY MC BEER gyakuten saiban<br />

<strong>di</strong> Amano76<br />

Spiegare il fascino <strong>di</strong> Gyakuten Saiban (“Processo<br />

a Colpi <strong>di</strong> scena”) è un'impresa sfiancante.<br />

Un titolo <strong>di</strong> questo tipo, con un sistema tanto insolito,<br />

fatto <strong>di</strong> umorismo spiccatamente giapponese<br />

e appartenente ad un genere del tutto inconsueto<br />

per il pubblico occidentale, rappresenta l'incubo<br />

<strong>di</strong> ogni recensore che aspira ad avere del<br />

tempo libero per la propria vita privata.<br />

Ma io vi amo. Vi amo, lettori <strong>di</strong> <strong>Ring</strong>. Quin<strong>di</strong> ci<br />

proverò.<br />

Per voi.<br />

Ryu Naruhodo, nella sua posa più rappresentativa..<br />

Gyakuten Saiban nasce nel 2001 per mano <strong>di</strong><br />

Shu Takumi, regista <strong>di</strong> tutti i capitoli sinora pubblicati.<br />

Tanto l'umorismo atipico quanto il genere <strong>di</strong><br />

appartenenza (l'avventura testuale) lo rendono<br />

forse un prodotto destinato a non vedere mai l'occidente.<br />

Ma se la serie è passata, dal primo al terzo<br />

capitolo, da meno <strong>di</strong> centomila a oltre duecentomila<br />

copie vendute, un motivo ci sarà.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista risolutivo Gyakuten non<br />

offre sfide ardue, ma si deve anche tenere conto<br />

della sua uscita su console portatile: una <strong>di</strong>fficoltà<br />

troppo alta avrebbe finito col decapitare un titolo<br />

<strong>di</strong> questa categoria, poco avvezzo a prestarsi alle<br />

rapide sessioni per cui l'Advance è stato progettato.<br />

L'intuizione <strong>di</strong> Takumi è stata quin<strong>di</strong> quella <strong>di</strong><br />

spettacolarizzare la narrazione facendo il verso ai<br />

blockbuster americani, un po' come in passato aveva<br />

fatto Mikami in Resident Evil, condendo il<br />

tutto con spiccata (e riuscita) comicità giapponese.<br />

La particolarità del gioco è ovviamente la singolare<br />

ambientazione processuale, ma per quanto<br />

anomalo sembri il concept, bastano pochi minuti<br />

ad accorgersi che le soluzioni scelte non si <strong>di</strong>scostano<br />

<strong>di</strong> molto da quelle delle altre avventure testuali.<br />

La prima parte <strong>di</strong> ogni capitolo richiede la raccolta<br />

degli in<strong>di</strong>zi sulle scene del delitto o in casa dei<br />

sospetti, attraverso un or<strong>di</strong>nario sistema <strong>di</strong> puntamento<br />

che facilita non poco il giocatore, segnalando<br />

con una breve animazione del cursore gli e-<br />

lementi interagibili. Come se non bastasse durante<br />

i processi si ricevono innumerevoli suggerimenti,<br />

alcuni riconoscibili dal colore blu del testo che in<strong>di</strong>ca<br />

in modo più o meno vago cosa fare, altri annunciati<br />

dal suono <strong>di</strong> un campanello che sottolinea<br />

le <strong>di</strong>chiarazioni più importanti. Oltre ad essere<br />

quasi perennemente sostenuto da questi riferimenti,<br />

il giocatore non va incontro a grosse <strong>di</strong>fficoltà<br />

neanche quando si tratta <strong>di</strong> compiere scelte fati<strong>di</strong>che,<br />

dato che <strong>di</strong> bivi a tutti gli effetti non vi è traccia.<br />

Nonostante siano presenti <strong>di</strong>verse scelte multiple,<br />

infatti, qualunque decisione si prenda si<br />

otterranno sempre le medesime conseguenze: ad<br />

essere mo<strong>di</strong>ficato sarà esclusivamente il <strong>di</strong>alogo<br />

successivo e non la trama stessa.<br />

Gli in<strong>di</strong>zi vengono poi catalogati in due liste che<br />

possono essere richiamate sullo schermo in qualsiasi<br />

momento, premendo il tasto R: una riporta i<br />

nomi, le professioni e le caratteristiche salienti dei<br />

personaggi partecipanti, l'altra elenca la totalità<br />

delle prove raccolte, alcune inerenti al caso altre<br />

svianti.<br />

A questo punto si arriva al cuore del gioco, la<br />

sessione giuri<strong>di</strong>ca.<br />

Il giocatore nei panni del protagonista Ryu Naruhodo<br />

deve assistere alle deposizione dei testimoni,<br />

premendo il tasto L ogni qualvolta ritiene sia<br />

stato <strong>di</strong>chiarato il falso. In tal caso Ryu grida ad<br />

alta voce "Obiezione!" e se questa viene riconosciuta<br />

come legittima, Naruhodo deve fornire la<br />

prova che ritiene corroborante. Qualora sia fornita<br />

la prova sbagliata il giocatore farà perdere progressivamente<br />

la pazienza al Giu<strong>di</strong>ce, segnalata da<br />

una barra verde che una volta esaurita comporterà<br />

il game-over.<br />

Attraverso questo iter la trama prosegue scoccando<br />

un Colpo <strong>di</strong> Scena dopo l'altro, attenendosi<br />

ad un registro tematico paradossale dove le logiche<br />

risolutive sono totalmente assurde. Non ci sono<br />

le trovate geniali <strong>di</strong> certe avventure Lucasarts<br />

ma quanto a tensione umoristica siamo decisamente<br />

da quelle parti.<br />

Grazie all’intuitivo sistema <strong>di</strong> puntamento, ispezionare gli<br />

ambienti <strong>di</strong> gioco si rivelerà una mera formalità. Chi ha<br />

spillato sangue sulle avventure grafiche <strong>di</strong> Sierra lo troverà<br />

un insulto.<br />


Tempo fa, durante i mon<strong>di</strong>ali <strong>di</strong> calcio del 2002,<br />

assistevo ad una partita del Giappone contro non<br />

ricordo chi. Forse il Brasile. Comunque, guardavo<br />

la partita assieme degli amici mentre la squadra<br />

del Sol Levante si faceva centrare la porta da missili<br />

<strong>di</strong> ogni tipo: a lunga gittata, a breve gittata, rasoterra,<br />

terra-aria. Sennonché uno dei miei compari<br />

fa: "ma che cazzo c'hanno da ridere?", alludendo<br />

alle facce apparentemente spensierate degli<br />

atleti nipponici nonostante il punteggio da partita<br />

<strong>di</strong> tennis.<br />

Ci sono due grossi frainten<strong>di</strong>menti che si commettono<br />

riguardo l'umorismo dei giapponesi: 1)<br />

non si <strong>di</strong>vertono affatto nel vedere gente che soffre<br />

2) il 99% delle volte che ridono non lo fanno<br />

perché sono contenti.<br />

Numero 1. Ciò che fa sbellicare i giapponesi è sì<br />

la messinscena del dolore ma solo quando questa<br />

ha a che fare con la resistenza al dolore: vedere<br />

qualcuno che reagisce in modo esagerato ad una<br />

ferita microscopica o assistere ai tentativi <strong>di</strong> chi<br />

cerca <strong>di</strong> non mostrare la sofferenza fisica costituisce<br />

per loro uno spettacolo esilarante, soprattutto<br />

se si tratta <strong>di</strong> un maschio. Ecco il perché nei film <strong>di</strong><br />

Jackie Chan (inutile che citi sconosciuti epigoni<br />

giapponesi) ricorrono le scene in cui l'attore becca<br />

una botta, lì per lì sembra non sentire nulla, poi<br />

tutto d'un tratto smette <strong>di</strong> fare quel che stava facendo<br />

per massaggiarsi le parti contuse.<br />

Numero 2. Per i giapponesi esprimere troppo <strong>di</strong>rettamente<br />

le emozioni è un male. Non perché sia<br />

sbagliato da un punto <strong>di</strong> vista morale, ma perché<br />

una persona che rivela apertamente il suo stato<br />

d'animo lo impone al gruppo <strong>di</strong> cui fa parte, sia<br />

che si tratti del personale <strong>di</strong> un ufficio o degli elementi<br />

<strong>di</strong> una squadra. È visto come un atteggiamento<br />

infantile, un modo come un altro <strong>di</strong> chiedere<br />

le tacite attenzioni <strong>di</strong> chi sta intorno e che<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>stoglie il gruppo dalla ragione per cui è<br />

costituito, si tratti <strong>di</strong> amministrare pratiche o <strong>di</strong><br />

vincere una partita. O si ride tutti o non ride nessuno,<br />

o si piange tutti o non piange nessuno. Per<br />

la mentalità nipponica un adulto non deve imparare<br />

a sopportare soltanto il dolore fisico ma anche<br />

quello spirituale, ed ecco perché in genere viene<br />

usato un sorriso, possibilmente accompagnato da<br />

un centinaio <strong>di</strong> inchini, per camuffare l'effettivo<br />

stato d'animo.<br />

Cos'è allora che li fa <strong>di</strong>vertire veramente?<br />

Principalmente il mancato rispetto delle più basilari<br />

regole dell'etichetta, ma in particolare le figure<br />

<strong>di</strong> merda e la superbia. Quello che fa sbellicare i<br />

giapponesi, insomma, sono i cafoni.<br />

In una società dove mantenere una facciata <strong>di</strong><br />

rispettabilità e attenersi alle buone maniere riscuote<br />

tanta importanza, vedere una persona che viene<br />

spogliata della sua apparente austerità o della sua<br />

impassibilità (al dolore o alla rabbia) è naturale<br />

che faccia <strong>di</strong>vertire. Perciò tanto più è "alto" il prestigio<br />

<strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo, tanto più vederlo finire in<br />

situazioni inequivocabilmente volgari, come avere<br />

attacchi <strong>di</strong> <strong>di</strong>arrea o torcere il viso in espressioni<br />

ri<strong>di</strong>cole, contribuisce a far spanciare i nipponici.<br />

Nello stessa categoria ricade la sfrontatezza: se<br />

la figura <strong>di</strong> merda è <strong>di</strong>vertente perché una persona<br />

viene spogliata del suo contegno (o della sua <strong>di</strong>gnità,<br />

in questo sì che i giapponesi sono crudeli) lo<br />

è altrettanto l'atteggiamento altezzoso <strong>di</strong> chi proclama<br />

spudoratamente <strong>di</strong> essere più forte, più intelligente<br />

o più bello degli altri.<br />

In Gyakuten è un elemento umoristico il fatto<br />

che il Giu<strong>di</strong>ce, la carica più in vista all'interno <strong>di</strong><br />

un'aula <strong>di</strong> tribunale, sia la figura del cast meno ri-<br />

A GRAN VOCE<br />

Il bionico Godo in azione. La sua passione per il<br />

caffè è palese anche dalle sue battute a tema,<br />

come “Naruhodo, le tue capacità sono come il<br />

caffè freddo: rivoltanti”.<br />

In quanto prodotto su cartuccia Gyakuten<br />

non vanta alcun doppiaggio, fatta eccezione<br />

per tre esclamazioni ricorrenti: Igi ari!,<br />

Matta! e Kurae!. La prima si legge ighi ari<br />

e significa semplicemente "obiezione!". La<br />

seconda invece è un termine più particolare:<br />

il significato letterale della parola è "ti<br />

aspettavo!", o, tradotto più liberamente,<br />

una sorta <strong>di</strong> "fermo lì!". Questa seconda<br />

esclamazione è originaria del Kabuki, il teatro<br />

popolare giapponese che pone l'accento<br />

sulla spettacolarizzazione della messa<br />

in scena. Matta! ("ti aspettavamo"!) è<br />

l'incitamento pronunciato dagli spettatori<br />

quando un interprete fa il suo ingresso sul<br />

palcoscenico, come ad annunciare l'arrivo<br />

del colpo <strong>di</strong> scena. Anche nella scelta <strong>di</strong><br />

questo termine Shu Takumi ha <strong>di</strong>mostrato<br />

non poca sensibilità creativa. La terza esclamazione<br />

infine significa "Beccati questo!"<br />

e viene pronunciata ogni qualvolta<br />

Naruhodo sottopone una prova al Giu<strong>di</strong>ce.<br />

Tirandogliela, naturalmente.<br />

Questi campionamenti sono stati realizzati<br />

dagli autori stessi: Takumi per Naruhodo,<br />

il capo-programmatore per Mitsurugi e, in<br />

veste <strong>di</strong> guest star d'eccezione per Gyakuten<br />

3, il noto Hideki Kamiya (regista <strong>di</strong><br />

Devil may cry e Viewtiful Joe) come<br />

"voce" del bionico Godo.<br />

spettata <strong>di</strong> qualsiasi altra: viene preso in giro perché<br />

è pelato, viene preso a frustate, messo a tacere<br />

perentoriamente dai testimoni, si fa manipolare<br />

dalle smancerie <strong>di</strong> ragazzine adolescenti. Allo stesso<br />

modo è risibile il comportamento sprezzante <strong>di</strong><br />

Reiji Mitsurugi che considera chiunque un i<strong>di</strong>ota,<br />

tacciando con sorrisi beffar<strong>di</strong> e mettendo alla berlina<br />

gli "stolti" che lo contrad<strong>di</strong>cono. Un personaggio<br />

da amare.<br />

Gyakuten Saiban è stato uno dei pochi, pochissimi,<br />

titoli per Game Boy Advance a sperimentare<br />

nuove soluzioni, senza alcuna necessità <strong>di</strong><br />

fesserie come doppio schermo o penna elettronica.<br />

L'intuizione <strong>di</strong> Takumi non solo ha donato freschezza<br />

al genere delle avventure dal punto <strong>di</strong> vista<br />

lu<strong>di</strong>co, ma ha anche <strong>di</strong>mostrato come questa<br />

tipologia <strong>di</strong> titoli sia in grado <strong>di</strong> abbracciare un'ambientazione<br />

umoristica in alternativa a quelle hard<br />


oiled.<br />

Il primo capitolo è arrivato come un fulmine a<br />

ciel sereno, e nonostante le ven<strong>di</strong>te piuttosto contenute<br />

rispetto alle serie <strong>di</strong> maggiore richiamo<br />

(Pokemon, Rockman Exe, Famicom-mini), sin<br />

dall'inizio è stato apertamente coccolato dalla redazione<br />

<strong>di</strong> Famitsu.<br />

Ogni uscita contiene quattro episo<strong>di</strong>: un primo<br />

introduttivo e molto breve, due <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a lunghezza<br />

e per finire un quarto particolarmente esteso. Nel<br />

complesso si arriva ad una decina <strong>di</strong> ore <strong>di</strong> gioco.<br />

Poche? Già, ma con un mercato che tende a contrarre<br />

sempre più la longevità dei titoli, Gyakuten<br />

Saiban non ha l'obbligo <strong>di</strong> fare eccezione.<br />

I protagonisti principali sono tre: Ryu Naruhodo,<br />

l'avvocato al centro delle vicende; Mayoi, una maldestra<br />

evocatrice <strong>di</strong> spiriti che fa da spalla a Ryu;<br />

Itonokogiri, un imbranatissimo ispettore <strong>di</strong> polizia<br />

il cui nome (tradotto letteralmente "sega-fili") lo<br />

mette sempre al centro delle beffe <strong>di</strong> tutti i personaggi<br />

in scena. Ad essi si affiancano la supercarrozzata<br />

avvocatessa Chihiro, che muore nel secondo<br />

episo<strong>di</strong>o per poi ritornare come spettro in tutti i<br />

successivi, e il supponente, saccente, gustosamente<br />

stylish Reiji Mitsurugi.<br />

Il cast <strong>di</strong> Gyakuten è la spina dorsale della serie.<br />

In questo senso è lampante l’esempio <strong>di</strong> Ryu<br />

Naruhodo, un fighetto che si presenta in aula con i<br />

capelli "a gallina", acconciatura molto in voga tra i<br />

giovani giapponesi in cui i capelli sono tirati completamente<br />

in su in stile “Super Sayan”: nella realtà<br />

sarebbe automaticamente considerato un insulto<br />

alla Corte. Per non parlare del suo vizio <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>care col <strong>di</strong>to i testimoni, altro atteggiamento<br />

screanzato (i giapponesi considerano volgare chi<br />

gesticola eccessivamente) a cui Ryu ricorre con la<br />

massima naturalezza, come a sbeffeggiare la teatralità<br />

dei tribunali americani e della cinematografia<br />

ad essi ispirata. Ma a ritagliarsi i ruoli e le battute<br />

migliori sono soprattutto i comprimari che <strong>di</strong><br />

volta in volta si alternano nei vari capitoli, rispettando<br />

fedelmente i canoni umoristici della comme<strong>di</strong>a<br />

popolare nipponica descritti nei paragrafi precedenti.<br />

Colpevoli che quando vengono scoperti si<br />

tolgono il tupé e lo tirano in faccia al Giu<strong>di</strong>ce, avvocatesse<br />

che prendono a frustate i testimoni per<br />

farli parlare, procuratori cyborg che si alimentano<br />

col caffè, me<strong>di</strong>ci che confessano apertamente <strong>di</strong><br />

palpeggiare le pazienti svenute, fantasmi che testimoniano<br />

in aula: l'improbabilità della situazioni<br />

è talmente estrema che non può non suscitare<br />

spasso.<br />

In alto nella foto i quattro coman<strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibili durante le<br />

investigazioni preliminari: Esamina, Vai a, Parla, Mostra<br />

MA NZAI! DAVVERO?!<br />

La comicità giapponese è sud<strong>di</strong>visa in <strong>di</strong>verse<br />

categorie <strong>di</strong> solito denominate in<br />

modo tale da confondere chi non conosce<br />

la lingua. Eppure non si tratta <strong>di</strong> generi<br />

tanto anomali. Due tra i più popolari, ad<br />

esempio, sono il manzai, cioè duetti alla<br />

Stanlio e Ollio, e il rakugo, un monologo <strong>di</strong><br />

stampo ironico o satirico.<br />

Per quanto simili ai canoni da noi conosciuti,<br />

tuttavia, tanto il manzai quanto il<br />

rakugo sono due generi ra<strong>di</strong>calmente nipponici.<br />

Il manzai è infatti basato su quel legame<br />

tutto giapponese che si instaura tra i senpai<br />

e i kohai, una <strong>di</strong>stinzione che <strong>di</strong> solito è<br />

legata all’anzianità cronologica o professionale.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> gerarchia è uno dei<br />

valori morali più assoluti su cui è fondata<br />

la loro società, in quanto è dato per scontato<br />

che l’in<strong>di</strong>viduo con maggiore esperienza<br />

sulla spalle (il senpai) sia tenuto a<br />

ricevere favori, servizi e soprattutto rispetto<br />

da parte <strong>di</strong> chi è più giovane o ha meno<br />

esperienza lavorativa (il kohai). Lo scopo<br />

del manzai è appunto quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertire il<br />

pubblico mettendo in scena le angherie<br />

che i kohai devono sopportare dai loro<br />

senpai, come una sorta <strong>di</strong> umorismo nero<br />

sulle crudeli regole sociali che quoti<strong>di</strong>anamente<br />

i giapponesi si trovano ad osservare.<br />

A <strong>di</strong>fferenza del manzai, che è considerato<br />

umorismo popolare, il rakugo è invece un<br />

genere molto più elitario. Fondamentalmente<br />

si tratta <strong>di</strong> una lunga barzelletta,<br />

strutturata su tre elementi: una morale,<br />

una battuta conclusiva che solleva il pubblico<br />

dalla necessità <strong>di</strong> ridere, e una calcolatissima<br />

mimica dell’interprete. Per chi<br />

fosse interessato a questa comicità tanto<br />

contorta, in rete sono presenti <strong>di</strong>versi siti<br />

che riportano i monologhi più conosciuti.<br />

Naturalmente in inglese.<br />

Di tutti i capitoli pubblicati sino ad oggi il secondo<br />

si <strong>di</strong>mostra il più riuscito. È da questa e<strong>di</strong>zione che<br />

si inaugura lo psycho-lock, una feature che implementa<br />

il sistema <strong>di</strong> risoluzione usato durante i processi<br />

applicandolo alle interviste preliminari: quando<br />

un testimone oculare risulta eccessivamente<br />

reticente è possibile metterlo alle strette mostrandogli<br />

prove inoppugnabili e costringerlo a rivelare<br />

quanto sa. In questo modo le due parti <strong>di</strong> ogni episo<strong>di</strong>o<br />

sono meno "staccate" una dall'altra, e il giocatore<br />

è notevolmente aiutato nel capire quale sarà<br />

il passo successivo da compiere per completare<br />

la raccolta degli in<strong>di</strong>zi.<br />

La vera gemma <strong>di</strong> Gyakuten 2 è tuttavia l'episo<strong>di</strong>o<br />

de<strong>di</strong>cato al circo Tachimi, retto da una sceneggiatura<br />

in cui l'autore si è sbizzarrito più che<br />

poteva. C'è il clown esperto <strong>di</strong> giochi <strong>di</strong> parole e<br />

doppi sensi, la tanto avvenente quanto i<strong>di</strong>ota Mirika,<br />

il ventriloquo Ben che soffre <strong>di</strong> sdoppiamento<br />

<strong>di</strong> personalità, e un pellerossa <strong>di</strong> nome Acro, ammaestratore<br />

<strong>di</strong> leoni talmente pacifico che è sempre<br />

coperto <strong>di</strong> canarini. Attraverso questo impro-<br />


abile cast Takumi da prova <strong>di</strong> un’innegabile conoscenza<br />

dei meccanismi umoristici, passando dalla<br />

comicità aulica <strong>di</strong> Tommy il clown, condannato a<br />

non trovare un pubblico sufficientemente colto da<br />

apprezzare le sue battute, allo slapstick <strong>di</strong> Mirika,<br />

che non capisce assolutamente nulla e inciampa<br />

ovunque. Fino ad arrivare agli spassosi duetti<br />

manzai (ve<strong>di</strong> box) tra il timido Ben e il suo pupazzo,<br />

fornito <strong>di</strong> una imbarazzante personalità scurrile.<br />

L’episo<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cato al circo Tachimi è anche uno<br />

dei più tristi, visto che dapprima descrive malinconicamente<br />

il senso <strong>di</strong> famiglia creatosi tra i vari<br />

membri, che all’esterno del circo sarebbero dei<br />

reietti, per poi mandare in pezzi l’armonia del<br />

gruppo nel corso del racconto. L’omici<strong>di</strong>o a origine<br />

<strong>di</strong> tutto è quello ai danni del giovane Bat, provocato<br />

da uno scherzo dell'ingenua Mirika che regala al<br />

ragazzo, suo fidanzato, una sciarpa coperta <strong>di</strong> pepe<br />

allo scopo <strong>di</strong> farlo starnutire come un matto.<br />

Così, quando Bat si reca alle prove nella gabbia dei<br />

leoni con la sciarpa indosso e mette la testa nella<br />

bocca dell'animale...<br />

Questa trama è piuttosto rappresentativa <strong>di</strong> un<br />

qualsiasi episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Gyakuten: l'omici<strong>di</strong>o al centro<br />

del dramma è sempre ri<strong>di</strong>colo o assurdo, inoltre,<br />

nonostante il criminale venga immancabilmente<br />

svelato e messo in carcere, <strong>di</strong>versi elementi<br />

vengono lasciati irrisolti.<br />

L’incoscienza infantile <strong>di</strong> Mirika, che con la sua<br />

stupi<strong>di</strong>tà causa la morte del suo stesso fidanzato, è<br />

un argomento su cui l'autore non lancia alcuna riflessione:<br />

i personaggi parlano attraverso le loro<br />

azioni, dando voce alla propria in<strong>di</strong>vidualità in quel<br />

modo unico che contrad<strong>di</strong>stingue lo story telling<br />

nipponico, dove il ragionamento sui gran<strong>di</strong> temi<br />

passa in secondo piano alle descrizioni psicologiche.<br />

Nel terzo capitolo tutti i no<strong>di</strong> sono venuti al pettine.<br />

Sono stati conclusi tre anni <strong>di</strong> sottotrame lasciate<br />

in sospeso e tirati i fili <strong>di</strong> tutti i personaggi,<br />

strettamente legati uno all'altro come nella più<br />

scontata delle soap opera. L'effetto, naturalmente,<br />

è voluto.<br />

Quest'ultima uscita denota però un palpabile calo<br />

qualitativo. Le trovate sono meno acute, le battute<br />

meno spassose, qualche personaggio è privo<br />

<strong>di</strong> mordente. Nel terzo Gyakuten le vicende si sono<br />

fatte più serie e più intricate, annacquando così<br />

il caratteristico registro della saga, finora spensierato<br />

e grottesco. Gli stessi intrecci inoltre non hanno<br />

più la potenza umoristica dei precedenti.<br />

È quin<strong>di</strong> evidente che un capitolo all'anno si sia<br />

rivelato un ritmo proibitivo per le capacità dell'autore,<br />

che nelle interviste pubblicate su Famitsu ha<br />

<strong>di</strong>chiariato <strong>di</strong> aver subito un fatale crollo nervoso a<br />

causa dell'impegno richiesto per mantenere il ritmo<br />

<strong>di</strong>sumano imposto dai produttori.<br />

Il successo è ormai stabile: la serie sarà tra i<br />

primi titoli a battezzare il varo del Nintendo DS, sia<br />

in versione giapponese che americana, e il gioco è<br />

perennemente idolatrato dalla redazione <strong>di</strong> Famitsu,<br />

ma la solita formula "ogni centomila copie un<br />

franchising" ha puntualmente danneggiato anche<br />

questo titolo come già era successo per Resident<br />

Evil, la serie <strong>di</strong> Onimusha e quella <strong>di</strong> Devil may<br />

Cry.<br />

I produttori <strong>di</strong> Capcom, loro sì che dovrebbero finire<br />

in tribunale…<br />

LA LETTERA DEL MESE<br />

(l’unica, okay)<br />

Volete la verità?<br />

Non mi giunge proprio alcuna motivazione<br />

accettabile per giustificare il fatto che io vi<br />

stia scrivendo.<br />

È stato un istinto, una propensione del tutto<br />

spontanea, una mano (sudata) Smithiana<br />

che mi ha paccato sulla spalla col tipico gesto<br />

che sottolinea: "Embè!?! Fagli un saluto,<br />

no?".<br />

Mi googlizzavo alla ricerca frenetica <strong>di</strong> un Silent<br />

Hill 1 d'occasione, <strong>di</strong> un regazzetto che<br />

nell'intento estremo <strong>di</strong> accontentare la madre<br />

sbraitante svuotasse il proprio playscaffale<br />

dando in pasto a bagarini al contrario<br />

copie <strong>di</strong> giochi d'autore, <strong>di</strong> esemplari <strong>di</strong>menticati<br />

dal mercato ma eternamente impressi<br />

nella mente <strong>di</strong> chi in un videogioco<br />

cerca termini come esperienza, sensazione,<br />

trasmissione, comunicazione in luogo <strong>di</strong> inutilità<br />

tecniche come giocabilità, animazione e<br />

longevità oppure merdate pseudo-anglofone<br />

come gameplay.<br />

E la mia ricerca mi ha così condotto a voi,<br />

alla vostra pagina, al vostro progetto. All'articolo<br />

<strong>di</strong> Cryu su Thief: Deadly Shadows<br />

che conteneva richiami più o meno espliciti<br />

alla collina silenziosa, oggetto del mio googlico<br />

peregrinare.<br />

Non so ancora se a prevalere è la smadonnatio<br />

nel non aver trovato nessun spacciatore<br />

<strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> che cercavo o la sod<strong>di</strong>sfazione<br />

nell'aver scoperto il vostro covo ed aver conosciuto<br />

l'altrettanto vostro, come mi piace<br />

chiamarlo, "mondo <strong>di</strong> pensare".<br />

Un mondo <strong>di</strong>ritto ma parallelo, dove il guardare<br />

vince sul vedere, il vivere sul provare<br />

ed il con<strong>di</strong>videre sull'insegnare.<br />

Mi siete piaciuti praticamente subito.<br />

Solo questo volevo <strong>di</strong>rvi.<br />

Sestacchina<br />

La redazione <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> non ha pianto quando<br />

ha visto il pelato sosia del tipo dei REM annunciare<br />

che Xbox360 punta a raggiungere<br />

un miliardo <strong>di</strong> persone; non ha pianto nemmeno<br />

<strong>di</strong> fronte al boomerang <strong>di</strong> serie per<br />

PS3, e figuriamoci se ha pianto quando Nintendo<br />

ha mostrato l’autora<strong>di</strong>o della cinquecento<br />

<strong>di</strong> Reggie spacciandola per una console.<br />

Ma la redazione <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> piangerà adesso!<br />

Grazie Sestacchina (se questo è il tuo vero<br />

nome) per le buone parole. È con il supporto<br />

<strong>di</strong> persone come te che <strong>Ring</strong> ha raggiunto la<br />

ragguardevole vetta <strong>di</strong> 99 numeri. Adesso<br />

non ci resta che spargere la benzina, dare<br />

fuoco a tutto e chiamare la compagnia assicurativa.<br />

Excelsior!<br />


PIACERI PROIBITI<br />

<strong>di</strong> Julian Kücklich<br />

<br />

«Up, up, down, down, left, right, left, right, B, A, start<br />

just because we use cheats doesn't mean we’re not smart»<br />

The Moldy Peaches: Anyone Else But You<br />

Il cheating come fenomeno estetico<br />

Quello <strong>di</strong> “imbrogliare” è un aspetto dei computer<br />

games che finora ha ricevuto scarsa attenzione nel<br />

campo dei game stu<strong>di</strong>es.<br />

I cheat, d’altra parte, sono una parte importante<br />

della “gaming culture”, come risulta chiaro consultando<br />

tutte quelle riviste e siti web che offrono pagine<br />

e pagine <strong>di</strong> trucchi.<br />

Inoltre, è piuttosto <strong>di</strong>fficile incontrare un gioco<br />

privo <strong>di</strong> qualsivoglia “built-in cheat”. In altre parole:<br />

da quando esistono i videogiochi, i cheat fanno<br />

parte delle opzioni. In<strong>di</strong>pendentemente dall’impiegarli<br />

o meno, l’esperienza <strong>di</strong> gioco è sempre influenzata<br />

dalla possibilità <strong>di</strong> essere manipolata “illegalmente”.<br />

Nei giochi multiplayer, i cheat non cambiano solo<br />

l’esperienza <strong>di</strong> chi li utilizza, ma anche l’esperienza<br />

<strong>di</strong> tutti gli altri giocatori. In un gioco come<br />

Counterstrike, i giocatori equipaggiati con algoritmi<br />

<strong>di</strong> puntamento automatico, o “aimbots”, sono<br />

così immensamente superiori agli altri giocatori<br />

che i loro avatar si rivelano virtualmente invulnerabili.<br />

In molti casi, la vera sfida dei cheater <strong>di</strong><br />

professione si sposta dalla competizione con gli altri<br />

giocatori all’impe<strong>di</strong>re il riconoscimento dei cheat<br />

Cosa sono i cheat?<br />

Definire la pratica del cheating si rivela piuttosto<br />

complesso, visto che le tipologie <strong>di</strong> cheat sono <strong>di</strong>verse<br />

tra loro almeno quanto le varie tipologie <strong>di</strong><br />

gioco. La maggior parte dei cheat dà al giocatore<br />

un vantaggio che generalmente le regole del gioco<br />

non permetterebbero, ma non sempre è così. Alcuni<br />

cheat cambiano semplicemente l’aspetto delle<br />

cose. Per esempio, in Germania, la rappresentazione<br />

grafica della violenza è generalmente rimossa<br />

dai giochi prima della loro pubblicazione in modo<br />

da compiacere la rating board, ma quasi tutto<br />

può essere ripristinato semplicemente cambiando i<br />

settaggi sulla località.<br />

Impiegare questi cosiddetti “blood-cheat” non<br />

costituisce una contravvenzione alle regole del<br />

gioco, ma richiede spesso una manipolazione <strong>di</strong>retta<br />

dei file (tramite patch), una pratica che va<br />

oltre l’uso previsto del gioco. Possiamo quin<strong>di</strong> definire<br />

i cheat come l’usare il gioco in un modo non<br />

previsto dai designer? Non credo. Prima <strong>di</strong> tutto,<br />

dal sistema <strong>di</strong> controllo dei server. Quando si spinge<br />

così lontano, la pratica del cheating <strong>di</strong>venta<br />

un’attività “illegale”, il cui piacere deriva presumibilmente<br />

dal fatto che metterla in atto significa in<br />

qualche modo trasgre<strong>di</strong>re le norme sociali.<br />

non è sempre possibile determinare “l’uso previsto”<br />

<strong>di</strong> un gioco. Un mod come Counterstrike può<br />

essere visto come un modo <strong>di</strong> giocare Half-Life<br />

che non è stato previsto dai designer <strong>di</strong> Valve, ma<br />

non è certo un cheat.<br />

Imbrogliare non richiede sempre la manipolazione<br />

<strong>di</strong>retta del co<strong>di</strong>ce. Le guide sono una pratica<br />

comune <strong>di</strong> cheating in giochi che richiedono forti<br />

dosi <strong>di</strong> puzzle-solving (come Tomb Raider, ad<br />

esempio).<br />

Ovviamente, i designer hanno progettato i puzzle<br />

perché qualcuno li risolvesse, quin<strong>di</strong> il criterio<br />

<strong>di</strong> “uso improprio” non si applica in casi del genere.<br />

I cheat sembrano avere solo una carateristica in<br />

comune per definirli: cambiano il modo in cui il<br />

giocatore vive l’esperienza. Lo fanno sia mo<strong>di</strong>ficando<br />

letteralmente il look e il feeling <strong>di</strong> gioco, sia<br />

rendendo gli ostacoli progettati dai designer imme<strong>di</strong>atamente<br />

sormontabili…<br />


Un approccio teorico ai cheat<br />

Un approccio teorico alla pratica del cheating deve<br />

tener conto del contesto. I giochi dovrebbero essere<br />

considerati non solo come testi nei quali i cheat<br />

possono essere usati per skippare certi passaggi,<br />

ma anche come me<strong>di</strong>a che incoraggiano nuove<br />

forme <strong>di</strong> interazione simbolica fra gli in<strong>di</strong>vidui, e<br />

anche come sistemi cibernetici, nei quali la pratica<br />

del cheating rappresenta una sorta <strong>di</strong> “re-entry”<br />

dell’ambiente nel sistema stesso (ma <strong>di</strong> questo<br />

parleremo in seguito).<br />

Giochi in single-player<br />

I giochi d’avventura sono per molti versi simili a<br />

testi letterari, e a parte alcuni dettagli possono essere<br />

stu<strong>di</strong>ati con gli stessi strumenti dell’analisi<br />

testuale. Il modo in cui i cheat <strong>di</strong>storcono lo spazio<br />

narrativo dei giochi d’avventura può essere dunque<br />

collegato a strategie letterarie simili. Nonostante<br />

il gioco d’avventura generico sia deceduto<br />

nei primi anni novanta, videogame come Ico richiamano<br />

ancora una somiglianza strutturale con<br />

questo genere. I cheat usati più comunemente negli<br />

adventure sono le guide strategiche. In molti<br />

casi, documenti <strong>di</strong> questo genere forniscono al giocatore<br />

istruzioni dettagliate su come procedere attraverso<br />

l’esperienza.<br />

Negli adventure il piacere deriva dall’equilibrio<br />

tra i puzzle che i giocatori si trovano ad affrontare<br />

e le risorse che il gioco gli fornisce per risolvere gli<br />

enigmi. Più in dettaglio, il piacere dei giocatori deriva<br />

dalla sensazione che essi provano quando capiscono<br />

che esiste una soluzione. Se questa soluzione<br />

può essere trovata al primo tentativo, il<br />

piacere <strong>di</strong> cui sopra viene a mancare, ma se non<br />

può essere trovata affatto il tutto <strong>di</strong>venta in breve<br />

tempo frustrante. Ne consegue che “il piacere del<br />

gioco” perso durante un’esperienza frustrante, può<br />

essere riguadagnato solamente imbrogliando in<br />

qualche modo.<br />

Possiamo quin<strong>di</strong> considerare i cheat negli adventure<br />

come un mezzo per superare le “costrizioni<br />

topologiche” (Aarseth 56) del gioco. Dopo tutto, il<br />

piacere derivante da ogni gioco <strong>di</strong>pende dall’equilibrio<br />

fra le sue regole e la libertà che queste regole<br />

lasciano al giocatore nell’interazione. Bloccarsi in<br />

un adventure game può essere considerata una<br />

situazione <strong>di</strong> sovra-co<strong>di</strong>ficazione, visto che sussistono<br />

più con<strong>di</strong>zioni necessarie per la progressione<br />

narrativa <strong>di</strong> quelle che il giocatore è in grado <strong>di</strong><br />

riconoscere. Usare cheat risolve il <strong>di</strong>lemma <strong>di</strong>minuendo<br />

la percentuale <strong>di</strong> costrizioni, e rimettendo<br />

in moto il processo lu<strong>di</strong>co.<br />

Giochi in multi-player<br />

I giochi in multi-player possono essere considerati<br />

come me<strong>di</strong>a che promuovono nuove forme <strong>di</strong> interazione<br />

tra i giocatori. La comunicazione che ha<br />

luogo attraverso il gioco è una forma <strong>di</strong> metacomunicazione<br />

sul processo del giocare. Questa<br />

viene identificata come una caratteristica fondamentale<br />

della qualità del gioco nell’articolo <strong>di</strong> Gregory<br />

Bateson “A Theory Of Play And Fantasy”, nel<br />

quale l’autore espone alcune sue osservazioni riguardanti<br />

le scimmie allo zoo:<br />

«Vi<strong>di</strong> due scimmie giocare, impegnate in una sequenza<br />

interattiva in cui le azioni o i segnali erano<br />

simili, ma non uguali, a quelli <strong>di</strong> un combattimento.<br />

Era evidente ad un osservatore umano che<br />

l’intera sequenza non era un combattimento, e che<br />

neppure le scimmie lo consideravano tale (315).»<br />

Da questo esempio, Bateson conclude che: «il<br />

gioco […] poteva avere luogo solo se gli organismi<br />

che vi partecipavano si <strong>di</strong>mostravano capaci <strong>di</strong> un<br />

certo grado <strong>di</strong> meta-comunicazione, per esempio<br />

scambiarsi segnali che trasportano il messaggio<br />

‘questo è un gioco’.»<br />

Questo significa che le regole del gioco possono<br />

esse stesse <strong>di</strong>ventare oggetto del gioco: «Rompere<br />

le regole sembra essere parte del giocare» (Sales<br />

e Zimmerman 268). Il comune denominatore <strong>di</strong><br />

queste pratiche è la loro natura sociale: un cambio<br />

delle regole deve essere accordato fra tutti i giocatori<br />

coinvolti.<br />

Questo sembra potersi applicare pure ai videogiochi.<br />

«Giocando ad un videogioco, il giocatore<br />

deve decidere qual’è il comportamento appropriato,<br />

esplorando lo spazio <strong>di</strong> violazione delle regole.»<br />

(Salen e Zimmerman 281). Questo <strong>di</strong>viene evidente<br />

in molti giochi multi-player, dove i “power gamers”<br />

sono spesso sospettati <strong>di</strong> aver imbrogliato in<br />

qualche modo.<br />

«I power gamer spesso spingono il sistema ai limiti<br />

cercando quei punti dove l’architettura del gioco è<br />

contrad<strong>di</strong>ttoria o malleabile. In molti casi è questo<br />

genere <strong>di</strong> comportamenti che viene visto dalla comunità<br />

(e spesso dagli amministratori) come troppo<br />

simile alla pratica del cheating.»<br />

(Taylor 304)<br />


È dunque la stessa comunità dei giocatori che determina<br />

le modalità <strong>di</strong> cheating. Se le avventure in<br />

single-player creano uno spazio narrativo da esplorare,<br />

i giochi multi-player creano uno spazio sociale<br />

ad-hoc che è costituito tanto dal consenso del<br />

giocatore quanto dall’architettura <strong>di</strong> gioco. È dunque<br />

il contesto, più che dei criteri oggettivi, a stabilire<br />

se un giocatore sia un “power gamer” o un<br />

cheater.<br />

All’interno delle gaming cultures, wallhacks, aimbots<br />

e altre manipolazioni ‘illegali’ vengono definite<br />

attività che fanno parte della cultura del gioco tanto<br />

quanto lo sono i clan o i mod. Nonostante alcune<br />

<strong>di</strong> queste attività siano accettate dai publisher<br />

per il loro potenziale economico (uno degli esempi<br />

più rilevanti è il fenomenale successo <strong>di</strong> Counterstrike,<br />

mod per Half Life), altre sono fonte <strong>di</strong> <strong>di</strong>sappunto<br />

per l’industria visto il <strong>di</strong>sturbo che arrecano<br />

ai giocatori comuni.<br />

Quest’attitu<strong>di</strong>ne schizofrenica che attraversa la<br />

creatività incontrollabile della comunità, in<strong>di</strong>ca che<br />

lo spazio sociale creato dai giochi è ben lontano<br />

dall’essere un territorio incontestato. Infatti, la veemenza<br />

con cui l’industria propugna misure anticheating<br />

è una manifestazione reale <strong>di</strong> un modello<br />

culturale meno incentrato sull’autore, un modello<br />

che ha ormai iniziato a rimpiazzare quello tra<strong>di</strong>zionale<br />

della produzione, <strong>di</strong>stribuzione e ricezione dei<br />

me<strong>di</strong>a.<br />

MMORPG<br />

L’estetica sociale è probabilmente più pronunciata<br />

nei giochi <strong>di</strong> ruolo online <strong>di</strong> massa (MMORPG), come<br />

Ultima Online. È soprattutto qui che il problema<br />

del cheating è sentito maggiormente, sia dai<br />

giocatori che dai provider. Mentre usare cheat in<br />

un gioco single player può creare un conflitto interno<br />

per il singolo giocatore, e farlo in un gioco<br />

multi player può favorire facilmente la tensione<br />

nelle <strong>di</strong>namiche sociali fra giocatori, le implicazioni<br />

<strong>di</strong> imbrogliare nei MMORPG sono <strong>di</strong> gran lunga più<br />

sentite. La ragione <strong>di</strong> questo immenso potenziale<br />

<strong>di</strong>struttivo è da ricercarsi nel fatto che i giochi <strong>di</strong><br />

ruolo online si sforzano <strong>di</strong> creare mon<strong>di</strong> persistenti<br />

che sono influenzati e plasmati da tutti i loro abitanti.<br />

L’esempio più eclatante dei danni che i cheater<br />

possono fare in un gioco <strong>di</strong> ruolo online riguarda il<br />

famigerato Diablo <strong>di</strong> Blizzard. Rilasciato nel 1997,<br />

è stato un precursore <strong>di</strong> giochi con mon<strong>di</strong> persistenti<br />

come Everquest e Asheron’s Call, e per<br />

questa ragione si è fatto trovare impreparato<br />

all’invasione dei cheater che ha seguito la sua uscita.<br />

In un’intervista a Games Domain, un rappresentante<br />

<strong>di</strong> Blizzard ha ammesso che la compagnia<br />

rimase sorpresa dalla quantità <strong>di</strong> gente che cercava<br />

<strong>di</strong> imbrogliare in Diablo, e <strong>di</strong> essere stata praticamente<br />

“sommersa” dai cheater (Greenhill 1997).<br />

Quello che è successo è descritto da Andy Kuo nel<br />

suo articolo “A (very) brief history of cheating”:<br />

«E arrivarono i cheater. In quanto società organizzata,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto <strong>di</strong> essere virtuale,<br />

il mondo <strong>di</strong> Diablo <strong>di</strong>ventava suscettibile agli<br />

imbroglioni tanto quanto il mondo reale. Fate finta<br />

<strong>di</strong> essere un giocatore che ha speso innumerevoli<br />

ore a sviluppare laboriosamente il proprio personaggio<br />

ad un livello altissimo, e che possiede un<br />

equipaggiamento molto potente. Poi un giorno incontrate<br />

un personaggio <strong>di</strong> livello ri<strong>di</strong>colmente alto,<br />

dotato <strong>di</strong> un equipaggiamento inimmaginabile, che<br />

vi chiede cose del tipo ‘Come faccio ad attaccare<br />

un mostro?’. Improvvisamente i newbie avevano<br />

trovato un modo illegale <strong>di</strong> alterare i loro personaggi.<br />

Usando una tecnica chiamata dumping, potevano<br />

replicare ogni item in loro possesso, oppure<br />

fabbricarli dal nulla.»<br />

In Diablo, l’incubo <strong>di</strong> ogni società capitalistica <strong>di</strong>venne<br />

realtà: i meccanismi <strong>di</strong> produzione erano in<br />

mano alle masse, e le masse potevano usare uesto<br />

potere per destabilizzare l’attentamente bilanciata<br />

economia <strong>di</strong> gioco: “Qualunque sia la ragione, è<br />

innegabile che ogni item creato dal nulla contribuirà<br />

a deprezzarne completamente il valore” (Greenhill).<br />

Altri tipi <strong>di</strong> cheat, in particolare gli infami coman<strong>di</strong><br />

“townkill” e “autokill”, danneggiarono il tessuto<br />

sociale <strong>di</strong> Diablo, più che il suo modello economico.<br />

Nel gioco originale non era possibile<br />

uccidere un altro giocatore all’interno <strong>di</strong> uno spazio<br />

urbano, in modo che i giocatori nuovi e privi <strong>di</strong> esperienza<br />

vi ci si potessero rifugiare. Una volta introdotto<br />

il cheat “townkill”, i novellini venivano<br />

massacrati con tale frequenza che la loro unica alternativa<br />

era imbrogliare a loro volta. Ad ogni modo,<br />

la pratica del player-killing non dovrebbe essere<br />

condannata del tutto.<br />

Come <strong>di</strong>chiara Elizabeth Reid a proposito dei<br />

MUD:<br />

«Su alcuni MUD i personaggi dei giocatori possono<br />

uccidere qualcun altro. Per alcuni utenti, la possibilità<br />

del playerkilling aggiunge profon<strong>di</strong>tà e pepe al<br />

mondo virtuale. L’aggiunta <strong>di</strong> un maggior pericolo<br />

all’universo virtuale rende capaci gli utenti <strong>di</strong> identificarsi<br />

più fortemente con il loro avatar.»<br />

I MMORPG si possono inquadrare meglio come sistemi<br />

cibernetici complessi, nei quali un cambio in<br />

una delle loro parti costituenti va ad influenzare<br />

tutte le altre parti in un qualche modo. Il modello<br />

economico del mondo <strong>di</strong> gioco e tutti i <strong>di</strong>fferenti<br />

sistemi sociali possono essere visti come sottosistemi<br />

del sistema-gioco. Prendendo in prestito un<br />


termine dalla teoria dei sistemi, la pratica del cheating<br />

è una sorta <strong>di</strong> “re-entry”, un modo <strong>di</strong> reintrodurre<br />

nel sistema la <strong>di</strong>stinzione basilare che<br />

permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziare il sistema dal suo ambiente.<br />

Nel caso dei giochi, questa <strong>di</strong>stinzione è<br />

segnata dalla <strong>di</strong>fferenza fra giocare stando alle regole<br />

e <strong>di</strong> giocare con le regole.<br />

Nella vita reale, ci viene continuamente richiesto<br />

<strong>di</strong> aggiustare le regole dell’interazione sociale con<br />

gli altri, a seconda dei vari contesti, il che causa un<br />

livello piuttosto alto <strong>di</strong> contingenza nelle interazioni<br />

non-standard. In maniera <strong>di</strong>versa, i giochi stabiliscono<br />

una struttura per le interazioni basate su<br />

regole che non lasciano molto spazio per la contingenza,<br />

dunque costituiscono uno spazio sociale “sicuro”:<br />

“C’è un tipo speciale <strong>di</strong> luci<strong>di</strong>tà e intelligibilità<br />

nei giochi. La ‘vita reale’ è piena <strong>di</strong> ambiguità e<br />

<strong>di</strong> informazioni conosciute a metà […] Nella vita<br />

or<strong>di</strong>naria è raro trovarsi in un contesto con un tale<br />

grado <strong>di</strong> chiarezza artificiale” (Salen e Zimmerman<br />

123).<br />

Attraverso la reintroduzione della possibilità <strong>di</strong><br />

giocare con le regole del gioco, i cheater reintroducono<br />

simultaneamente la contingenza della vita<br />

reale, il che spiega la rabbia dei non-cheater verso<br />

Conclusione<br />

Nella vita reale, le attività che ci portano a porci<br />

delle domande sulla vali<strong>di</strong>tà delle nostre assunzioni<br />

rispetto al mondo in cui viviamo sono spesso identificate<br />

come opere d’arte. Nei mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> gioco,<br />

questo genere <strong>di</strong> attività sono prevalentemente<br />

considerate come vandalismo, a meno che esse<br />

non siano non-<strong>di</strong>struttive, come Summons To Surrender<br />

<strong>di</strong> Eddo Stern’s, una collezione <strong>di</strong> personaggi<br />

per MMORPG programmati per mettere in<br />

atto la stessa azione all’infinito. Da un punto <strong>di</strong> vista<br />

estetico, è <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>fferenziare queste attività<br />

“sovversive”, dal momento che si <strong>di</strong>fferenziano solo<br />

per la <strong>di</strong>versa portata dei loro effetti. Nonostante<br />

i progetti artistici nel mondo reale <strong>di</strong>fficilmente<br />

possano destabilizzare i sistemi economici o concludersi<br />

con la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> vite o <strong>di</strong> posse<strong>di</strong>menti,<br />

questi pericoli sono piuttosto “reali” nei mon<strong>di</strong> virtuali.<br />

Sebbene la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> item virtuali o personaggi<br />

possa significare una per<strong>di</strong>ta finanziaria reale per<br />

la persona che li possiede, ora che anche questi<br />

item si possono vendere per sol<strong>di</strong> veri, il pericolo<br />

vero risiede nella <strong>di</strong>sillusione dei giocatori.<br />

Imbrogliare in un mondo <strong>di</strong> gioco segnala ai giocatori<br />

che questi mon<strong>di</strong> non sono esentati dalle<br />

regole del mondo reale. O per meglio <strong>di</strong>re, i giochi<br />

chi imbroglia. Alla luce <strong>di</strong> questa concettualizzazione,<br />

sembra piuttosto ironico che nella citazione qui<br />

sopra i cheat siano pubblicizzati come in grado <strong>di</strong><br />

dare ai giocatori poteri “<strong>di</strong>vini”. Dopo tutto, un<br />

mondo governato da <strong>di</strong>vinità testarde è una metafora<br />

piuttosto azzeccata <strong>di</strong> un universo contingente,<br />

un universo nel quale tutto può succedere in<br />

ogni momento.<br />

sono soggetti alle stesse relazioni <strong>di</strong> potere del sistema<br />

sociale a cui siamo stati abituati dalla nostra<br />

vita <strong>di</strong> tutti i giorni. Questo non rende necessariamente<br />

il cheating un’attività nobile, ma serve come<br />

a ricordarci che il campo <strong>di</strong> gioco si estende ben al<br />

<strong>di</strong> fuori dei limiti dei mon<strong>di</strong> virtuali, e ciò che è in<br />

ballo è la nostra percezione dei giochi come oggetti<br />

culturali.<br />

In breve, possiamo <strong>di</strong>re che i cheat meritino<br />

maggiore attenzione critica <strong>di</strong> quella che hanno<br />

ricevuto finora, dal momento che contribuiscono<br />

alla nostra comprensione e percezione dei giochi<br />

<strong>di</strong>gitali. La pratica del cheating fornisce piaceri e<br />

gratificazioni e rimarrà una parte integrante della<br />

cultura del gioco. Inoltre, lo stu<strong>di</strong>o dei cheat evidenzia<br />

come i giochi siano avvolti in un contesto<br />

sociale e culturale più ampio, collegato indubbiamente<br />

al mondo in cui abitiamo. Il fenomeno dei<br />

cheat è <strong>di</strong> particolare interesse nei MMORPG, forme<br />

nuove <strong>di</strong> partecipazione me<strong>di</strong>atica infuse <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci<br />

culturali tratti dal mondo reale, come la presenza<br />

del denaro e dei beni materiali. In questo<br />

modo, dal momento che i personaggi stessi <strong>di</strong>ventano,<br />

nei MMORPG, dei beni, i cheat che in<strong>di</strong>rizzano<br />

questa trasformazione posseggono evidentemente<br />

un potenziale critico. Il fatto che questa<br />

critica sia intenzionale o meno non è rilevante.<br />

Come in tutti i giochi, le intenzioni degli autori<br />

perdono <strong>di</strong> autorità <strong>di</strong> fronte all’uso creativo delle<br />

regole. Se non altro, i cheat meritano una particolare<br />

menzione perché evidenziano questa “estetica<br />

sociale” dei giochi con cui ci <strong>di</strong>lettiamo.<br />


Bibigliografia e riferimenti<br />

Gli ultimi accessi ai siti web citati sono del Febbraio<br />

2004.<br />

Aarseth, Espen. Cybertext. Perspectives on Ergo<strong>di</strong>c<br />

Literature, Baltimore and London: The Johns Hopkins<br />

University Press, 1997.<br />

Atkins, Barry. More Than A Game. The Computer<br />

Game as Fictional Form. Manchester and New<br />

York: Manchester University Press, 2003.<br />

Bateson, Gregory "A Theory of Play and Fantasy".<br />

Play, Games and Sports in Cultural Contexts. Ed.<br />

Janet C. Harris und Roberta J. Park. Champaign,<br />

Illinois: Human Kinetics, 1983.<br />

Ehrmann, Jacques. "Homo Ludens Revisited".<br />

Game, Play, Literature. Yale French Stu<strong>di</strong>es Nr. 41.<br />

Ed. Jacques Ehrmann. New Haven: Eastern Press.,<br />

1968.<br />

Keri Facer: "What's the point of using computers?<br />

The development of young peoplÈs computer expertise<br />

in the home." New Me<strong>di</strong>a & Society 3.2<br />

(2001), 199-219.<br />

Fuller, Mary and Henry Jenkins. "Nintendo® and<br />

New World Travel Writing: A Dialogue". Cybersociety.<br />

Computer Me<strong>di</strong>ated Communication and<br />

Community. Ed. Steven G. Jones. Thousand Oaks:<br />

Sage Publications, 1995.<br />

Greenhill, Richard. "Diablo, and Multiplayer Games'<br />

Future". Originally published in Games Domain,<br />

May 1997. Available online at:<br />

http://www.cs.auc.dk/~njo/Diablo.htm<br />

Grodal, Torben. "Filmfortælling og computerspil".<br />

Multime<strong>di</strong>er, Hyperme<strong>di</strong>er, Interaktive Me<strong>di</strong>er. Ed.<br />

Jens F. Jensen. Aalborg: Aalborg Universitetsforlag,<br />

1998.<br />

Katz, Jon: "Up, Up, Down, Down". Slashdot.org,<br />

November 30, 2000<br />

(http://slashdot.org/features/00/11/27/1648231.s<br />

html).<br />

Kaufman, Jeremiah. "Cheating: For the Love of<br />

God, Don't Do It". Adventure Collective, September<br />

17, 2000<br />

http://www.adventurecollective.com/features/feat<br />

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Klevjer, Rune. "Computer Game Aesthetics and<br />

Me<strong>di</strong>a Stu<strong>di</strong>es." Paper presented at the 15th Nor<strong>di</strong>c<br />

Conference on Me<strong>di</strong>a and Communication Research.<br />

Reykjavik, Iceland, 11-13 August 2001.<br />

http://uib.no/people/smkrk/docs/klevjerpaper_200<br />

1.htm.<br />

Kücklich, Julian. "Literary Theory and Computer<br />

Games". Cosign 2001 Procee<strong>di</strong>ngs. Amsterdam:<br />

CWI 2001, pp. 51-58.<br />

Kuo, Andy. "A very brief history of cheating". How<br />

They Got Game Archive.<br />

http://shl.stanford.edu/Game_archive/StudentPap<br />

ers/BySubject/A-I/C/Cheating/Kuo_Andy.pdf.<br />

Manovich, Lev. The Language of New Me<strong>di</strong>a. Cambridge,<br />

Mass. and London: The MIT Press, 2001.<br />

Morris, Sue: "Co-Creative Me<strong>di</strong>a: Online Multiplayer<br />

Computer Game Culture." Scan, Vol. 1, Nr.<br />

1. www.scan.net.au/<br />

scan/journal/<strong>di</strong>splay_article.php?recordID=16<br />

Pritchard, Matt. "How to Hurt the Hackers: The<br />

Scoop on Internet Cheating and How You Can<br />

Combat It". Gamasutra, July 24, 2000.<br />

http://www.gamasutra.com/features/20000724/pr<br />

itchard_pfv.htm<br />

Reid, Elizabeth: "Hierarchy and Power. Social Control<br />

in Cyberspace." Communities in Cyberspace.<br />

Ed. Marc A. Smith and Peter Kollock. London and<br />

New York: Routledge, 1999: 107-133.<br />

Salen, Katie and Eric Zimmerman: Rules of Play.<br />

Game Design Fundamentals. Cambridge, Mass.<br />

and London: The MIT Press, 2003.<br />

Taylor, T.L.: "Power gamers just want to have<br />

fun?: Instrumental play in a MMOG." Level Up.<br />

Digital Games Research Conference. Ed. Marinka<br />

Copier and Joost Raessens. Utrecht: Faculty of<br />

Arts, Utrecht University, pp. 300 – 311.<br />

Wayner, Peter. "Do Cheaters Ever Prosper? Just<br />

Ask Them". The New York Times, March 27, 2003.<br />

Winnicott, Donald. The Family and In<strong>di</strong>vidual Development,<br />

London: Tavistock Publications, 1965.<br />

Wright, Talmadge, Eric Boria and Paul Breidenbach.<br />

"Creative Player Actions in FPS Online Video<br />

Games. Playing Counter-Strike". Game Stu<strong>di</strong>es,<br />

Vol. 2.2, December 2002.<br />

UNA PAGINA DI BIBLIOGRAFIA?<br />

o_O<br />

Normale che accada, quando si chiedono<br />

pezzi ai parrucconi accademici. Vi <strong>di</strong>straiamo<br />

quin<strong>di</strong> da tutto ciò copincollando un post apparso<br />

in origine su it.comp.console sul quale<br />

siamo sicuri vi rispecchierete…<br />

UN BRANCO DI NERD<br />

Avevo già il sentore <strong>di</strong> essere un nerd e ne<br />

ebbi la prova circa un annetto (e più) fa.<br />

L'altra sera ho avuto conferma che anche<br />

molti dei miei amici sono dei nerd, a livelli<br />

ben superiori il mio. Per caso ci siamo imbattuti<br />

in un video <strong>di</strong> certi rappers americani in<br />

cui donne nude ballano, si toccano e si fanno<br />

trombare. Immagini succulente con queste<br />

strafighe puttanone che lesbicano. Ho capito<br />

che eravamo un branco <strong>di</strong> nerds quando nel<br />

video per pochi secon<strong>di</strong> si vede una tv, un<br />

mio amico, abbandonando lo stato quasi <strong>di</strong>sinteressato,<br />

esclama con vigore crescendo<br />

"Ma cos'è...? Una playstation è una playstation!"<br />

Non faccio in tempo a vederla sta cazzo<br />

<strong>di</strong> playstation quando l'altro amico mio<br />

che stava sulla mia sinistra, si alza <strong>di</strong> scatto<br />

saltellando davanti alla tv, puntando il <strong>di</strong>to<br />

verso lo schermo come un bimbo <strong>di</strong> quattro<br />

anni gridando "Un dreamcast, un dreamcast!<br />

Torna in<strong>di</strong>etro, ferma l' immagine , vai a<br />

rallentatore..."<br />

Vi <strong>di</strong>co solo che in tre abbiamo 97 anni e<br />

che siamo tutti dei single dentro, dopo pochi<br />

istanti eravamo in system link a sportellarci<br />

con PGR2. Ma quanto può durare?<br />

Crude<br />


SISTEMA XBOX VERSIONE PAL SVILUPPATORE INTERNO ETICHETTA UBISOFT MULTIPLAYER 2-4 ONLINE/SYSTEM LINK<br />

LANTERNE VERDI <br />

<strong>di</strong> Gunny<br />

Idue più celebri infiltratori del mondo dei videogiochi<br />

sembrano appena reduci da una vittoriosa<br />

battaglia sindacale per il miglioramento delle loro<br />

con<strong>di</strong>zioni lavorative. Snake (dove con ‘Snake’ si<br />

intende qualunque protagonista della serie <strong>di</strong> Metal<br />

Gear, non necessariamente the solid one) e<br />

Sam si liberano l’uno dell’oppressione imposta dalle<br />

mura che il level design della serie gli e<strong>di</strong>ficava<br />

attorno, l’altro delle soffocanti limitazioni <strong>di</strong> game<br />

design in cui Ubisoft lo imprigionava.<br />

Essendo il caso in esame quello <strong>di</strong> Sam (e essendo<br />

già stato a suo tempo esaminato quello <strong>di</strong><br />

Snake), ricor<strong>di</strong>amo in breve da quali limitazioni<br />

Sam fosse imprigionato:<br />

A- Costante riproporsi <strong>di</strong> situazioni risolvibili attraverso<br />

l’unica e tassativa procedura imposta dal<br />

tema <strong>di</strong> sviluppo;<br />

B- Assoluta ingestibilità delle eventuali situazioni<br />

<strong>di</strong> azione <strong>di</strong>namica/sparatoria;<br />

C- Fisica/animazioni e gestione delle collisioni<br />

opinabile;<br />

D- Trama/colonna sonora/aspetto artistico trascurabili.<br />

Pandora Tomorrow aveva riproposto esattamente<br />

questi <strong>di</strong>fetti, facendosi perdonare con l’aggiunta<br />

<strong>di</strong> una riuscitissima modalità online, ma non<br />

convincendo del tutto. Chaos Theory, fortunatamente,<br />

conferma con il passare delle ore che il suo<br />

predecessore era poco più <strong>di</strong> un add-on, e che il<br />

vero Splinter Cell 2 ce l’abbiamo sotto gli occhi<br />

solo ora.<br />

L’impressione emerge già dopo una manciata <strong>di</strong><br />

secon<strong>di</strong> <strong>di</strong> gioco: il motore grafico tramandato a<br />

Pandora Tomorrow dal primo Sprinter Cell è<br />

stato accantonato a vantaggio <strong>di</strong> un nuovo, spettacolare<br />

motore tri<strong>di</strong>mensionale. I giochi <strong>di</strong> rifrazione<br />

e gli effetti texturali sono fantastici, in particolare<br />

la sensazione <strong>di</strong> ‘bagnato’ <strong>di</strong> determinate<br />

superfici è resa in maniera sbalor<strong>di</strong>tiva. Il passo in<br />

avanti non è altrettanto ra<strong>di</strong>cale per quanto riguarda<br />

i personaggi, alcuni dei quali anzi impressionano<br />

lo spettatore con volti abominevoli (e purtroppo,<br />

mentre si procede nell’interrogatorio <strong>di</strong><br />

occasionali ostaggi, la telecamera è generosa nel<br />

rivelare lo scempio). Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> piccolezze simili,<br />

comunque, deambulare negli ambienti <strong>di</strong> Chaos<br />

Theory significa subire un bombardamento costante<br />

<strong>di</strong> dettagli tecnico/grafici che certo non possono<br />

essere motivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>spiacere. A <strong>Ring</strong> insistere<br />

su questi aspetti non piace, ma anche <strong>Ring</strong> ammette<br />

<strong>di</strong> aver passato il suo buon minutino <strong>di</strong><br />

bambinesca curiosità <strong>di</strong> fronte ad un alluminio ondulato<br />

o ad un pavimento <strong>di</strong> pietra inumi<strong>di</strong>to dalla<br />

pioggia.<br />

Passando ad altre buone nuove, già dal primo livello<br />

<strong>di</strong> gioco (e a maggior ragione nel prosieguo<br />

dell’esperienza), è possibile notare un elemento<br />

quasi blasfemo per la tra<strong>di</strong>zione della serie: i bivi.<br />

Non si tratta <strong>di</strong> nulla <strong>di</strong> rivoluzionario, ma spesso e<br />

volentieri il gioco consente <strong>di</strong> scegliere tra un percorso<br />

breve e maggiormente esposto, o uno più<br />

evasivo ma meno rischioso. In alcuni livelli (come<br />

quello della nave, vagamente parente <strong>di</strong> Cold Fear),<br />

la verosimiglianza architettonica ha palesemente<br />

la priorità sulla prosecuzione lineare, e<br />

quin<strong>di</strong> le locazioni <strong>di</strong>vengono ad<strong>di</strong>rittura sovrabbondanti,<br />

a tutto vantaggio della cre<strong>di</strong>bilità.<br />

Il passo avanti non è affatto trascurabile; dalla<br />

prossima avventura <strong>di</strong> Sam, <strong>Ring</strong> spera <strong>di</strong> ricevere<br />

in dono anche la facoltà <strong>di</strong> esaminare preventivamente<br />

la pianta dell’e<strong>di</strong>ficio e decidere autonomamente<br />

la strategia <strong>di</strong> ingresso: elisbarco, lancio<br />

HALO, fogne, cavo, arrampicata, pacco celere3.<br />

Sarebbe il para<strong>di</strong>so dello spy gaming. Ma forse non<br />

è questo il momento <strong>di</strong> avanzare pretese.<br />

Passiamo ad un altro limite storico della serie che<br />

Chaos Theory getta dal finestrino: la condotta<br />

d’azione. Afferrare il fucile d’assalto e aprire il fuoco,<br />

un tempo, significava vedersi rovesciare addosso<br />

una pioggia <strong>di</strong> nemici. In con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> completa<br />

padronanza motoria, non si sarebbe trattato<br />

<strong>di</strong> un problema irrisolvibile: i nemici in questione<br />

erano stupi<strong>di</strong> come girini. La legnosità terrificante<br />

del sistema <strong>di</strong> fuoco e puntamento, tuttavia, finiva<br />

col dare vita ad una sorta <strong>di</strong> regolamento <strong>di</strong> conti<br />

tra han<strong>di</strong>cappati, che spesso risultava fatale per la<br />

pazienza del giocatore, prima ancora che per la<br />

salute del suo avatar. Uscirne perdente significava<br />

assistere all’orribile schermata <strong>di</strong> game over (pro-<br />


lema ora risolto con soluzioni grafiche più piacenti)<br />

e imprecare pensando a dove si trovasse<br />

l’ultimo checkpoint (problema anch’esso risolto con<br />

il como<strong>di</strong>ssimo quicksave); uscirne vincenti dava la<br />

sensazione <strong>di</strong> aver fatto del male a dei <strong>di</strong>versamente<br />

abili in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ubriachezza. Come se<br />

non bastasse, superati i tre allarmi (non due, non<br />

quattro: tre), Lambert decideva che il lavoro non<br />

faceva per te e la missione finiva. Ma in Chaos<br />

Theory, la sensazione che si sia scelto <strong>di</strong> operare<br />

una svolta si ha già da un <strong>di</strong>alogo che appare in<br />

una delle prime missioni:<br />

«Fisher, non fare troppo rumore.»<br />

«Fammi indovinare, tre allarmi e la missione è<br />

finita.»<br />

«Certo che no, Sam. Non siamo in un videogioco.<br />

Però facendo rumore te li troverai addosso,<br />

quin<strong>di</strong> cerca <strong>di</strong> essere prudente.»<br />

Divertito dal simpatico scambio <strong>di</strong> battute, il giocatore<br />

è spinto a verificare se quanto detto da<br />

Lambert corrisponda a verità. E fortunatamente si,<br />

la corrispondenza è assoluta.<br />

Agire in modo aggressivo in Chaos Theory non<br />

significa rovinarsi la fiancata contro il guard-rail<br />

del sistema <strong>di</strong> gioco: significa semplicemente assumersi<br />

un rischio. Sin dall’inizio della missione è<br />

possibile scegliere tra un equipaggiamento più votato<br />

all’intrusione silente ed uno più adatto al confronto<br />

armato, oltre ad una terza opzione definita<br />

‘Red<strong>di</strong>ng’: essendo Red<strong>di</strong>ng il nome <strong>di</strong> uno dei<br />

consulenti <strong>di</strong> Sam, chi scrive pensa che si tratti del<br />

bilanciamento giu<strong>di</strong>cato ottimale dal brav’uomo<br />

della NSA.<br />

La comparsa <strong>di</strong> un coltello nella dotazione <strong>di</strong><br />

Sam (e anche qui le conquiste sindacali paiono essersi<br />

estese all’intera categoria) consente una certa<br />

capacità d’offesa a corto raggio, mentre le armi<br />

sono lievemente più gestibili e facili da usare in<br />

combattimento: in particolare, l’efficacia terminale<br />

delle munizioni 5,7mm della pistola <strong>di</strong> Sam sembra<br />

aver finalmente superato quella della controparte<br />

softair. La stessa pistola ha una curiosa funzione<br />

secondaria che consente <strong>di</strong> accecare le telecamere<br />

e <strong>di</strong>sabilitare temporaneamente le luci, e in generale<br />

<strong>di</strong> agire su vari <strong>di</strong>spositivi elettronici (brillante<br />

la trovata dei vetri dall’opacità variabile, nella missione<br />

ambientata nella sede <strong>di</strong> Displace).<br />

In un’ottica più generale, si ha l’impressione che<br />

il videogioco si plasmi attorno alla condotta preferenziale<br />

del giocatore, mettendolo alla prova richiedendo<br />

impegno, ma punendolo solo nella eventualità<br />

<strong>di</strong> una gaffe della cui evidenza sarà<br />

probabilmente il primo a rendersi conto. Le situazioni<br />

al limite del paranormale che infestavano i<br />

precedenti episo<strong>di</strong> sono ridotte al minimo. In passato<br />

una guar<strong>di</strong>a, tentando <strong>di</strong> aprire una porta ostruita<br />

da Sam, dopo alcuni angoscianti secon<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

convulsioni da collisione <strong>di</strong>sfunzionante <strong>di</strong>ceva ‘non<br />

era niente’ e se ne andava. Ora la stessa guar<strong>di</strong>a<br />

si insospettisce e sfonda la porta, travolgendo<br />

nell’impatto anche il <strong>di</strong>spettoso agente. Tutto l’impianto<br />

lu<strong>di</strong>co è stu<strong>di</strong>ato con maggiore buon senso,<br />

meglio calibrato, perfezionato, contrito e redento.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista artistico, invece, il DNA della<br />

serie esige il suo tributo <strong>di</strong> banalità: trama debole<br />

(per quanto comunque più chiara e vagamente<br />

più interessante rispetto a quella <strong>di</strong> Pandora<br />

Tomorrow), musiche non in<strong>di</strong>menticabili, Zio Sam<br />

in pericolo, cowboys dal cuore d’oro e musi gialli<br />

dall’infinita perfi<strong>di</strong>a. Ma non ci si aspettava seriamente<br />

un cambio <strong>di</strong> rotta sotto questo aspetto,<br />

quin<strong>di</strong> bando a piagnistei eccessivi. Volendosi spingere<br />

in critiche più concrete, si può ancora rimpro-<br />

verare Ubisoft per la qualità delle animazioni, sicuramente<br />

migliorate ma ancora non del tutto convincenti,<br />

e per alcune incongruenze relative alle<br />

azioni performabili (i gran<strong>di</strong> classici: salti davanti<br />

ad un tubo a due metri dal terreno e ci rimani aggrappato;<br />

salti davanti ad un gra<strong>di</strong>no <strong>di</strong> un metro<br />

e non riesci ad inerpicartici).<br />

Ma sono dettagli che non possono sminuire in alcun<br />

modo quella che è la migliore (per ora) concretizzazione<br />

del potenziale della serie. Forte delle<br />

sue correzioni <strong>di</strong> rotta, della sua appassionante<br />

modalità online e del suo abbagliante motore grafico,<br />

Chaos Theory è il miglior saluto possibile<br />

che Ubisoft poteva dare agli aficionados <strong>di</strong> Sam il<br />

Pescatore. Il saluto è chiaramente un arrivederci, e<br />

con tutta probabilità è riferito alla prossima generazione:<br />

ritorno che a questo punto <strong>Ring</strong> non può<br />

che attendere con ritrovata fiducia e curiosità.<br />

VOTO: S A B C D<br />

SMS REVIEW<br />

MORE SPANDULI!<br />

<br />

La parte LIVE fa cagare. La parte RELOADED<br />

è invecchiata male.<br />

VOTO: S A B C D<br />

LUCY IN THE SKYZZO <br />

Bello soprattutto se si è drogati.<br />

VOTO: S A B C D<br />

BATEMAN’S BATMAN<br />

<br />

È piaciuto ad Amano76.<br />

VOTO: S A B C D<br />


SISTEMA XBOX VERSIONE PAL SVILUPPATORE GEARBOX ETICHETTA UBISOFT MULTIPLAYER 2-4 ONLINE/SYSTEM LINK<br />

AIRBORNE BROTHERHOOD<br />

<strong>di</strong> Gunny<br />

Q<br />

uantificare l’impatto <strong>di</strong> Salvate il Soldato<br />

Ryan sul mondo dei videogiochi bellici è veramente<br />

un lavoro da pirami<strong>di</strong> egizie; a sette<br />

anni dall’uscita della pellicola <strong>di</strong> Spielberg, continua<br />

imperterrito il saccheggio della leggendaria<br />

scena del settore Green Dog <strong>di</strong> Omaha, come se<br />

l’ispirazione degli sviluppatori fosse rimasta impigliata<br />

in quei monumentali venti minuti senza riuscire<br />

più a <strong>di</strong>vincolarsene.<br />

Brothers in Arms, ennesimo FPS ambientato<br />

nei luoghi del D-Day, si presenta senza costringere<br />

all’ennesima rivisitazione <strong>di</strong> quella dannata spiaggia,<br />

che ormai ogni videogiocatore conosce come<br />

nemmeno Von Rustedt o Eisenhower hanno mai<br />

conosciuto. Per contro, prima della conclusione ci<br />

sarà l’occasione <strong>di</strong> proporre un’insolita citazione<br />

dal summenzionato colossal <strong>di</strong> Spielberg, “Oh mia<br />

forza, guida la mia mano…”<br />

La storia è quella <strong>di</strong> una squadra della 101a <strong>di</strong>visione<br />

aviotrasportata, le celebri ‘Screaming Eagles’,<br />

che oggi sono <strong>di</strong>ventati l’unica <strong>di</strong>visone da<br />

assalto elitrasportato al mondo: gli uomini della<br />

suddetta <strong>di</strong>visione furono impiegati nella ‘fortunata’<br />

delle due spiagge americane, quella <strong>di</strong> Utah. La<br />

storia <strong>di</strong> questi uomini, che dura otto giorni, comincia<br />

con quello che in concreto è il suo epilogo:<br />

il resto del gioco sarà un lento ritornare a quel<br />

traumatico evento, avvenuto ad una settimana <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanza dal ‘giorno più lungo’. Carentan, cruciale<br />

‘città cerniera’ che <strong>di</strong>videva i due settori americani<br />

(l’uno costituito dall’entroterra <strong>di</strong> Omaha fino a<br />

Caen e l’altro dalla penisola <strong>di</strong> Cherbourg), è<br />

l’obiettivo finale <strong>di</strong> questa squadra <strong>di</strong> soldati.<br />

Gearbox promette realismo, promette immedesimazione,<br />

promette rispetto verso la realtà dei fatti<br />

storici. La volontà appare sincera: nessuna musica<br />

accompagna le convulse sparatorie, nessuna (o<br />

quasi) concessione cinematografica interrompe<br />

l’esperienza in prima persona; interessante, benché<br />

non certo ine<strong>di</strong>ta, la possibilità <strong>di</strong> visitare documenti<br />

storici nell’apposita sezione ‘extra’. Il contenuto<br />

<strong>di</strong> questa sezione, ampiamente pubblicizzata<br />

dagli sviluppatori, ha tuttavia dei limiti ben<br />

precisi. Le informazioni sono frammentarie, giusto<br />

una collezione <strong>di</strong> ‘pillole’, inadatta a chi si aspettasse<br />

un’analisi dell’operato del Generale Bradley o<br />

una descrizione approfon<strong>di</strong>ta dei veicoli militari<br />

dell’epoca: “Questo è il carro M3 Sherman. Ha un<br />

Cannone da 75mm. Ce n’erano tanti. Fine.”<br />

Il gioco non è un pro<strong>di</strong>gio <strong>di</strong> tecnica, come certi<br />

filmati (quello dell’E3 2004 ad esempio), lasciavano<br />

sperare. La pulizia è notevole, gli effetti delle<br />

esplosioni convincenti, i modelli <strong>di</strong> uomini e mezzi<br />

ben fatti. Detto questo, si assiste al pop-up selvatico<br />

dei ciuffi d’erba a una decina <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

le ambientazioni non sono mai particolarmente<br />

imponenti (Carentan esclusa, che tuttavia è<br />

in massima parte panorama non interattivo) e la<br />

quantità <strong>di</strong> uomini e mezzi su schermo raramente<br />

supera la ventina, tra amici e nemici. Au<strong>di</strong>o buono,<br />

se si esclude il doppiaggio italiano: per quanto sia<br />

fasti<strong>di</strong>oso doverlo ripetere ciclicamente, è inaccettabile<br />

che un videogioco totalmente incentrato sulla<br />

fedele ricostruzione <strong>di</strong> un episo<strong>di</strong>o bellico drammatico<br />

sia motivo <strong>di</strong> convulsioni da ilarità incontrollata<br />

sin dal filmato <strong>di</strong> presentazione. Il protagonista,<br />

Baker, gode <strong>di</strong> una voce tutto sommato<br />

cre<strong>di</strong>bile e piacevole, e le riflessioni che intervallano<br />

le missioni si lasciano ascoltare senza fasti<strong>di</strong>o.<br />

Sfortunatamente, ci sono altri personaggi: sulla<br />

fati<strong>di</strong>ca collina del fattaccio, il ra<strong>di</strong>ofonista Legget<br />

afferra la sua .45 e, <strong>di</strong>sperato, spara nel nulla urlando<br />

“prendeeetemiii, crucchi <strong>di</strong> meeeerda!” (inevitabilmente,<br />

un colpo <strong>di</strong> artiglieria lo riduce a frattaglie<br />

nell’istante imme<strong>di</strong>atamente successivo).<br />

Ora, se con un certo sforzo si può chiudere un<br />

occhio sull’utilizzo del più banale espe<strong>di</strong>ente da<br />

war movie che possa esistere (il soldato ormai <strong>di</strong>sperato<br />

che viene ucciso mentre urla e spara esponendosi<br />

senza alcuna ragione), non è possibile<br />

fare altrettanto quando un doppiaggio tanto ri<strong>di</strong>colo<br />

consegna alla prima missione un giocatore che<br />

sembra reduce da un box DVD contenente 18 puntate<br />

<strong>di</strong> Zelig e quattro bottiglie <strong>di</strong> spumante. Questo<br />

<strong>di</strong>fetto non inciderà sulla valutazione finale:<br />

vista la buona qualità del parlato inglese, non è<br />

giusto che il lavoro <strong>di</strong> Gearbox Software sia penalizzato<br />

per un problema estraneo al lavoro dei creatori<br />

veri e propri. Ma se avete un minimo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mestichezza<br />

con l’inglese, fatevi un favore e procuratevi<br />

la versione britannica.<br />

Tralasciando la personale rappresaglia che <strong>Ring</strong><br />

minaccia <strong>di</strong> scatenare sulle abitazioni <strong>di</strong> certuni<br />

doppiatori dell’italico stivale, vi è ragione <strong>di</strong> chiedersi<br />

che cosa <strong>di</strong>stingua, a livello prettamente lu<strong>di</strong>co,<br />

il titolo in esame dai suoi innumerevoli predecessori.<br />

La risposta è: i dettagli. Questo perché<br />

nulla <strong>di</strong> quello che appare in Brothers in Arms è<br />

realmente innovativo: il gioco consente <strong>di</strong> farsi seguire<br />

dai propri compagni <strong>di</strong> sezione, gestendo nel<br />

frattempo spostamenti e fuoco <strong>di</strong> un’altra unità<br />

tramite la semplice pressione del grilletto sinistro.<br />

Il sapore è un po’ quello <strong>di</strong> un Full Spectrum<br />

Warrior o <strong>di</strong> un Operation Flashpoint in scala<br />

ridotta. Il fuoco <strong>di</strong> soppressione della squadra <strong>di</strong><br />

supporto costringe il nemico a non esporsi, il lavoro<br />

<strong>di</strong> accerchiamento del giocatore e della squadra<br />

d’assalto lo stringono sotto il fuoco incrociato. Saltuariamente,<br />

viene fornito il supporto <strong>di</strong> un carro<br />

armato. Chiarito che il sistema è militarmente verosimile<br />

e lu<strong>di</strong>camente efficace, non è che una a-<br />


deguata riproposizione <strong>di</strong> qualcosa che si era già<br />

visto su scala più vasta <strong>di</strong>versi anni or sono. La<br />

mappa tattica (tasto ‘menu’) è uno strumento puramente<br />

contemplativo, considerando che la coor<strong>di</strong>nazione<br />

delle unità controllabili si effettua sempre<br />

durante l’azione vera e propria.<br />

L’intelligenza artificiale si attesta su <strong>di</strong>screti livelli:<br />

nessuno compie miracoli, ma nessuno fa fesserie. I<br />

compagni cercano riparo ogni volta che è loro possibile,<br />

ma si <strong>di</strong>mostrano abbastanza utili anche<br />

mentre seguono Baker in un assalto all’arma bianca.<br />

Le truppe naziste tendono a conservare la posizione<br />

fino all’annientamento, e anche quando attaccano<br />

non sono certo dei fulmini <strong>di</strong> guerra; lo<br />

stesso vale per i carri armati, che si lasciando comodamente<br />

scalare e imbottire <strong>di</strong> bombe a mano.<br />

Scricchiola un po’, il ‘realismo innanzitutto’, quando<br />

il protagonista compie <strong>di</strong>eci giri trotterellando<br />

attorno ad un Panzer che non riesce a puntargli il<br />

cannone addosso, e continua goffamente a ruotare.<br />

Il <strong>di</strong>scorso sulla limitata scala tattica dell’azione<br />

va applicato anche alla mobilità. Lo scenario è un<br />

puzzle che offre sempre una ridotta gamma <strong>di</strong> ragionevoli<br />

soluzioni. Non è un fronte bellico in continuo<br />

mutamento, è il livello <strong>di</strong> un videogioco che<br />

nel 2005 deve guardare ancora in faccia i suoi limiti,<br />

laddove un noto gioco del 2001 questi limiti li<br />

aveva ampiamente aggirati. Alle volte, le limitazioni<br />

al peregrinare appaiono poco plausibili (un torrente<br />

chiaramente attraversabile per aggirare una<br />

posizione MG42; una staccionata parzialmente<br />

spezzata alta non più <strong>di</strong> 30 centimetri da terra).<br />

GTA non ci ha viziati, e non sentiamo il bisogno<br />

<strong>di</strong> un GTA bellico: non ne abbiamo bisogno non<br />

perché l’idea sia abominevole, ma perché quel noto<br />

gioco del 2001 ha già sod<strong>di</strong>sfatto qualunque assurda<br />

fantasia potessimo nutrire. Sempre sia lodato<br />

Operation Flashpoint, profeta inascoltato. Se<br />

<strong>Ring</strong> ci fosse stata, gli avrebbe forse conferito la<br />

sua ambita ‘S’. Ma torniamo ai nostri parafratelli.<br />

Di fronte ad una miscellanea <strong>di</strong> influenze <strong>di</strong>luite<br />

(un Call of Duty senza la sua azione <strong>di</strong> massa; un<br />

Full Spectrum Warrior senza il suo realismo tattico;<br />

un Operation Flashpoint senza il suo illimitato<br />

problem-solving), il rischio è quello <strong>di</strong> un prodotto<br />

totalmente anonimo. Rischio in parte<br />

scongiurato dai quei dettagli <strong>di</strong>stintivi cui si accennava<br />

poc’anzi. Dettagli in massima parte orientati<br />

ad una rappresentazione realistica della con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> soldato: l’assenza della croce <strong>di</strong> puntamento impone<br />

<strong>di</strong> fermarsi e fare uso degli organi <strong>di</strong> mira<br />

delle armi per mettere a segno i propri colpi. Colpi<br />

che peraltro si riveleranno assai imprecisi se il giocatore<br />

non si trova in posizione inginocchiata.<br />

Il realismo dei danni: un paio <strong>di</strong> colpi ben assestati<br />

sono sufficienti a stendere ogni nemico, così<br />

come tre/quattro proiettili bastano a causare la<br />

morte <strong>di</strong> Baker. La <strong>di</strong>fficoltà del gioco è già considerevole<br />

a livello normale; a livello <strong>di</strong>fficile o reale,<br />

l’accresciuta vulnerabilità e il grande volume <strong>di</strong><br />

fuoco generato dagli avversari trasformano ogni<br />

movimento esposto in una angosciante roulette<br />

russa. Come è giusto che sia, in un gioco che intende<br />

narrare quanto abbiano rischiato e sofferto<br />

quei soldati piovuti dal cielo.<br />

L’esperienza si chiude con una contrad<strong>di</strong>zione:<br />

senza voler entrare nei dettagli narrativi,<br />

l’atmosfera da trage<strong>di</strong>a annunciata che si respirava<br />

fino alla penultima missione mal s’accosta ai toni<br />

retorici e fracassoni del filmato conclusivo. Viene<br />

quin<strong>di</strong> da chiedersi se la consapevolezza con cui<br />

molti (americani?) si vantano <strong>di</strong> trattare il tema<br />

bellico sia effettivamente tale. L’impressione è che<br />

questi ‘molti’ ritengano sufficiente una robusta dose<br />

<strong>di</strong> scene violente (e in Brothers in Arms non<br />

mancano, dall’headshot con schizzo alla pizza<br />

margherita in cui si trasforma uno dei componenti<br />

della squadriglia durante un attacco aereo) e qualche<br />

spruzzatina <strong>di</strong> pessimismo/lieve introspezione<br />

per giu<strong>di</strong>care la propria una trattazione ‘matura’<br />

della guerra. Se qualcuno riferisse al sottoscritto<br />

che nelle menti <strong>di</strong> questi ‘molti’ perlomeno un dubbio<br />

esiste, il sottoscritto ne sarebbe alquanto sollevato.<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> queste considerazioni, Brothers in<br />

Arms è un’esperienza valida, impegnativa e a tratti<br />

emozionante, sorretta da un gameplay piacevole,<br />

da scelte coerenti, da una Norman<strong>di</strong>a molto ben<br />

ricostruita (le colline ondulate, le chiesette gotiche,<br />

le inconfon<strong>di</strong>bili bocages che <strong>di</strong>vidono i campi e le<br />

stra<strong>di</strong>ne) e da un multiplayer ben supportato. Non<br />

vi è una ragione particolare che imponga <strong>di</strong> preferirlo<br />

ai suoi rivali, ma non vi è nemmeno un motivo<br />

che suggerisca ai wargamers <strong>di</strong> lasciarlo sullo scaffale.<br />

VOTO: S A B C D<br />


SISTEMA PS2 VERSIONE USA SVILUPPATORE INTERNO ETICHETTA NAMCO MULTIPLAYER NO<br />

EVERYTHING’S SO BLURRY<br />

<strong>di</strong> Sator Maverick<br />

Sin dall’antichità, l’Uomo ha sempre cercato <strong>di</strong><br />

liberarsi da quei limiti fisiologici che lo volevano<br />

animale <strong>di</strong> terra, ottenendo così la capacità<br />

<strong>di</strong> volare. Questo naturalmente per poi esibirsi in<br />

mortali duelli aerei.<br />

Il 21 novembre del 1783, a Parigi, il professore<br />

<strong>di</strong> chimica Jean Francois de Rozier e il marchese<br />

Francois d'Arlandes furono i primi esseri umani a<br />

sollevarsi in cielo senza l’ausilio <strong>di</strong> una catapulta.<br />

La geniale intuizione che rese possibile la rivalsa<br />

dell’uomo sul pennuto fu opera dei fratelli Montgolfiere,<br />

e consisteva nel riempire d’aria calda un pallone<br />

del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 15 metri. Come spesso accade,<br />

i due fratelli ebbero l’idea quasi per caso,<br />

durante un festino a Lione conclusosi con un<br />

contest in cui bisognava scoreggiare all’interno <strong>di</strong><br />

un preservativo.<br />

Certo, la mongolfiera non era esattamente un<br />

mezzo <strong>di</strong>namico nei movimenti, ma ciò bastò al<br />

lungimirante Luigi XVI per organizzare i primi<br />

combattimenti aerei della storia. Tali scontri, tenuti<br />

ogni domenica dopo le funzioni religiose, consistevano<br />

per lo più in lanci <strong>di</strong> pietre con la fionda da<br />

parte dei piloti dei lentissimi palloni, nonché offese<br />

all’altrui albero genealogico quando le munizioni<br />

andavano esaurendosi. Vista la noia generale <strong>di</strong><br />

simili manifestazioni, il popolo francese si <strong>di</strong>saffezionò<br />

ben presto alla cosa, e sviluppò un crescente<br />

malcontento che culminerà con la Rivoluzione del<br />

1789.<br />

La paura <strong>di</strong> un’analoga insurrezione popolare<br />

spinse gli inglesi fratelli Wright a ideare un mezzo<br />

volante dai movimenti un attimo meno sonnolenti.<br />

Stavano nascendo gli aeroplani. Stava nascendo il<br />

mito del dogfight.<br />

Due guerre mon<strong>di</strong>ali e svariati attacchi preventivi<br />

dopo, l’antica arte del dogfight si è perfezionata<br />

a tal punto da perdere completamente il suo fascino<br />

originale a base <strong>di</strong> complicate evoluzioni e procedure<br />

balistiche ai limiti dell’umana (tr)aspirazione.<br />

Gli o<strong>di</strong>erni combattimenti aerei, infatti, sono<br />

quasi esclusivamente <strong>di</strong> natura BVR (Beyond Visual<br />

Range), in cui il massimo del coinvolgimento<br />

consiste nel premere un pulsante quando un reticolo<br />

<strong>di</strong> mira ci <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> farlo. Anche il cannone <strong>di</strong><br />

bordo, arma un tempo gloriosa che decretò l’insuperabilità<br />

<strong>di</strong> personaggi come il barone e il porco<br />

rossi, sono oggi optional che non vengono adoperati<br />

da anni, come il casco per i motociclisti napoletani.<br />

Con il ritorno della noia per simili duelli aerei,<br />

è tornato anche il rischio <strong>di</strong> una nuova<br />

insurrezione popolare, e i <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni del G8 sono lì a<br />

<strong>di</strong>mostrarlo.<br />

L’obiettivo che Namco sta portando avanti con la<br />

serie Ace Combat, è quin<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> traghettare<br />

questa <strong>di</strong>sciplina nel ventunesimo secolo mantenendo<br />

una parvenza <strong>di</strong> interesse. Ciò è stato possibile<br />

battendo la pista tracciata da due dei migliori<br />

film <strong>di</strong> sempre: Star Wars e Top Gun.<br />

L’opera lucasiana non de<strong>di</strong>ca molto metraggio <strong>di</strong><br />

pellicola al dogfight – preferendogli le più zen ed<br />

economiche scene <strong>di</strong> cappa e spada – ma quello<br />

che c’è, ha influito pesantemente su tutto ciò che è<br />

venuto dopo. Ci riferiamo ovviamente alla scena<br />

della <strong>di</strong>struzione della Morte Nera.<br />

Se ad una certa altitu<strong>di</strong>ne i paesaggi <strong>di</strong> Ace Combat 5<br />

danno l’illusione del fotorealismo, anche perdendo quota<br />

non si ha una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> dettaglio degna <strong>di</strong> nota. I paesaggi<br />

montani sono anzi graziati da un’accurata modellazione<br />

delle catene montuose. Tuttavia i mezzi corazzati a<br />

terra, sia nemici che alleati, sanno ancora <strong>di</strong> micromachines<br />

poste su un presepe.<br />

Grazie ad una realizzazione tecnica eccellente – ci<br />

troviamo forse <strong>di</strong> fronte al Gran Turismo dei giochi<br />

d’aerei – Ace Combat 5 può permettersi un<br />

largo utilizzo <strong>di</strong> missioni a bassa altitu<strong>di</strong>ne senza<br />

che venga meno la sospensione d’incredulità a<br />

causa <strong>di</strong> texture belle solo sopra i tremila pie<strong>di</strong>. Ed<br />

è proprio a pochi metri dal suolo che il paesaggio<br />

perde la sua mera funzione <strong>di</strong> skin e <strong>di</strong>venta un<br />

elemento attivo del gameplay, proprio come la<br />

Morte Nera per Luke. Liberarsi del nemico eseguendo<br />

uno slalom tra i pilastri <strong>di</strong> un ponte, duellare<br />

tra le pareti <strong>di</strong> uno stretto canyon, inseguire il<br />

capo squadriglia all’interno <strong>di</strong> alcune grotte ed effettuare<br />

una scorribanda in una lunga galleria sono<br />

sicuramente le situazioni più adrenaliniche che Ace<br />

Combat 5 ha da offrire. E un aggiornamento<br />

dell’immagine che non <strong>di</strong>mentica nemmeno uno<br />

dei sessanta fotogrammi al secondo rende l’esperienza<br />

estremamente precisa, oltre che elettrizzante.<br />

Per quanto riguarda Top Gun, il capolavoro <strong>di</strong><br />

Tony Scott, oltre a decretare l’immortalità artistica<br />

<strong>di</strong> Tom Cruise e aver educato generazioni <strong>di</strong> elettori<br />

della famiglia Bush, ha anche l’enorme merito <strong>di</strong><br />

aver impresso nel cinefilo il fascino dell’uomo<br />

all’interno della carlinga, il mito dell’accademia aeronautica,<br />

l’amicizia e le invi<strong>di</strong>e tra compagni <strong>di</strong><br />

squadriglia. Si tratta <strong>di</strong> persone super addestrate<br />

che sfrecciano nel cielo a svariati G proteggendo la<br />

Democrazia, ma si tratta anche <strong>di</strong> semplici esseri<br />

umani. Tutti vorremmo poter essere come loro.<br />

Casi <strong>di</strong> omosessualità in caserma a parte.<br />

Ace Combat 5 raccoglie il testimone <strong>di</strong> Top Gun<br />

raccontandoci le vicissitu<strong>di</strong>ni della squadriglia <strong>di</strong><br />

Sand Island, un avamposto militare <strong>di</strong> Osea in perenne<br />

vigilanza dei movimenti del nemico <strong>di</strong> sempre:<br />

quella Yuctobania che 15 anni prima aveva<br />

fatto esplodere una guerra sanguinosa.<br />

Con l’eccezione del complesso personaggio <strong>di</strong><br />

Nagase – un’orientale, naturalmente – i comprimari<br />

e il protagonista stesso risultano caratterizzati<br />

facendo un pesante utilizzo <strong>di</strong> cliché recuperati<br />


Il filmati sono talmente belli che in alcuni frangenti raggiungono<br />

lo statuto <strong>di</strong> ‘artwork’. La storia non ci abbandona<br />

nemmeno nelle sequenze in-game, dove i vari personaggi<br />

non fanno che tempestarci <strong>di</strong> domande a cui<br />

dobbiamo rispondere ‘sì’ o ‘no’ con il d-pad. Considerato<br />

che l’inglese dei <strong>di</strong>aloghi è sporcato dalle interferenze ra<strong>di</strong>o,<br />

e che i sottotitoli sono <strong>di</strong>fficili da leggere nello stesso<br />

momento in cui eseguiamo qualche complessa manovra,<br />

accade spesso <strong>di</strong> rispondere ‘sì’ alla cieca, sperando poi <strong>di</strong><br />

non aver ammesso niente <strong>di</strong> compromettente sulla propria<br />

vita sessuale.<br />

dalla libreria standard dei racconti a sfondo militare:<br />

il giovane “puro”, la testa calda, il buffone, il<br />

generale ottuso, il meccanico che la sa lunga,<br />

l’eroico caposquadra, il patriottico Presidente etc.<br />

Questa narrazione <strong>di</strong> tipo object oriented è tuttavia<br />

lungi dal rappresentare un danno. In Ace Combat<br />

5 c’è un entusiasmo talmente can<strong>di</strong>do nel suo raccontare,<br />

che pur non aggiungendo niente <strong>di</strong> particolarmente<br />

originale al genere, riesce comunque<br />

ad appagare il giocatore. Questo anche grazie a<br />

filmati in computer grafica <strong>di</strong> qualità esageratamente<br />

Namco e ad una delle colonne sonore più<br />

belle e azzeccate degli ultimi anni.<br />

Nonostante alcuni eccessi retorici del pre-finale<br />

– con una detestabile melo<strong>di</strong>a patriottica cantata<br />

da tutta la squadriglia in volo – la sensazione che<br />

dà la trama <strong>di</strong> questo quinto capitolo della serie è<br />

quella <strong>di</strong> infilarsi un paio <strong>di</strong> comode scarpe vecchie.<br />

E la narrazione è fondamentale, in Ace Combat<br />

5. Senza <strong>di</strong> essa, infatti, non ci sarebbe tutta questa<br />

necessità <strong>di</strong> aggiornamento del già ottimo<br />

quarto episo<strong>di</strong>o, anche per via della mancanza del<br />

multiplayer online.<br />

La novità strutturale più importante – se non<br />

l’unica – introdotta nella serie è la gestione degli<br />

or<strong>di</strong>ni da assegnare alla squadriglia. Tramite dpad,<br />

è possibile chiedere ai propri compagni <strong>di</strong> volo<br />

<strong>di</strong> stare in copertura, rompere la formazione, adoperare<br />

l’arma secondaria e attaccare un certo bersaglio.<br />

La prima opzione è utile soprattutto se vogliamo<br />

scrollarci dalla coda un nemico cocciuto, oppure<br />

impe<strong>di</strong>re tout court che ci arrivi, <strong>di</strong>etro alla nostra<br />

coda. C’è da segnalare però che a livello normal i<br />

missili lanciati contro <strong>di</strong> noi possono essere evitati<br />

con estrema facilità eseguendo una semplice manovra<br />

evasiva all’ultimo momento (spesso basta<br />

girare sul proprio asse), e anche ad hard si è colpiti<br />

solo se ci comportiamo negligentemente. Non si<br />

rivela pertanto granché necessario ‘sprecare’ i<br />

compagni a guardarci le spalle.<br />

La possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre la formazione e fare in<br />

modo che ogni aereo pensi per sé è al tempo stesso<br />

la strategia più fruttuosa, ma anche la più invisibile.<br />

I compagni <strong>di</strong> squadriglia, forti anche della<br />

loro invulnerabilità, ci faciliteranno il compito (non<br />

<strong>di</strong> troppo) prendendo <strong>di</strong> mira alcuni bersagli, ma ci<br />

daranno anche l’illusione <strong>di</strong> essere nuovamente<br />

soli, lassù.<br />

L’autorizzazione ad usare l’arma secondaria avrebbe<br />

anche qualche effetto a livello strategico se<br />

i compagni <strong>di</strong> stormo la adoperassero veramente.<br />

Dopo aver finito il gioco due volte, non ricor<strong>di</strong>amo<br />

<strong>di</strong> aver visto un solo pilota gestito dalla cpu lanciare<br />

ad esempio una bomba a caduta libera contro<br />

un avversario a terra; ma forse è una questione <strong>di</strong><br />

timidezza.<br />

L’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> attaccare un determinato bersaglio è<br />

l’abilità che useremo più spesso, e quella che ci<br />

in<strong>di</strong>sporrà maggiormente. Questo perché i nostri<br />

sottoposti non sono ometti autosufficienti che, se<br />

gli dai un bersaglio, lo martelleranno fino a <strong>di</strong>struggerlo.<br />

Sarà infatti sufficiente de<strong>di</strong>carsi ad altro<br />

dopo aver assegnato l’or<strong>di</strong>ne, perché loro facciano<br />

altrettanto. L’opzione pertanto non consente<br />

<strong>di</strong> sud<strong>di</strong>vidersi i bersagli ed effettuare così un più<br />

rapido repulisti, ma solo <strong>di</strong> avere un supporto –<br />

lento ed impreciso – sull’attuale oggetto del nostro<br />

dogfighting. A conti fatti, la gestione strategica<br />

dello stormo pare una buona idea sulla carta, in<br />

attesa <strong>di</strong> vederla sfruttata a dovere si spera già nel<br />

prossimo capitolo.<br />

La visuale dal cockpit è naturalmente la più evocativa, e la<br />

possibilità <strong>di</strong> guardarsi intorno intervenendo sullo stick<br />

destro aumenta sensibilmente l’illusione <strong>di</strong> ‘esserci’. Purtroppo<br />

alcuni modelli <strong>di</strong> aereo – come l’F117 – hanno una<br />

strumentazione così invasiva da lasciare solo una minima<br />

porzione <strong>di</strong> esterno visibile. A quel punto, conviene <strong>di</strong>rottare<br />

la propria scelta sulla visuale ‘paraurti’ (oppure in<br />

quella ‘after burner’, se siete dei lamer)…<br />

La serie Ace Combat risulta ancora una volta l’unico<br />

e il miglior compromesso possibile tra la noia<br />

<strong>di</strong> una fedele simulazione in ambito PC e la troppa<br />

spensieratezza arcade dei vari sparatutto in stile<br />

After Burner. Questo quinto episo<strong>di</strong>o saprà entusiasmarvi<br />

con un impianto tecnico prossimo alla<br />

perfezione ed una storia avvolgente. E al pensiero<br />

<strong>di</strong> come potrà essere Ace Combat 6 su PS3 viene<br />

voglia <strong>di</strong> fracassarsi la testa contro il muro inneggiando<br />

a satana per avere anche solo un misero<br />

screenshot.<br />

VOTO: S A B C D<br />


SISTEMA GAMECUBE VERSIONE PAL SVILUPPATORE PRODUCTION STUDIO 4 ETICHETTA CAPCOM MULTIPLAYER NO<br />

SURVIVAL SHOOTER <br />

<strong>di</strong> Federico Res<br />

La genesi <strong>di</strong> Resident Evil 4 è stata <strong>di</strong>fficile.<br />

Quattro anni <strong>di</strong> sviluppo, quattro versioni <strong>di</strong>stinte,<br />

un’esclusiva GameCube inizialmente inattaccabile<br />

poi sgretolatasi in favore <strong>di</strong> Sony. E<br />

una testa – quella <strong>di</strong> Shinji Mikami – virtualmente<br />

mozzata e rotolata nel cestino dei rifiuti (“the day<br />

it goes to the PS2, I’ll cut my head off”). Una gestazione<br />

sofferta che si è riflessa, inevitabilmente,<br />

sul prodotto finale. RE4 si fregia <strong>di</strong> un motore grafico<br />

eccellente – sul quale sarebbe inutile tessere<br />

nuovi elogi – ma fa i conti con cadute <strong>di</strong> stile e<br />

cambi <strong>di</strong> ritmo, localizzati tanto nel level design<br />

quanto nel gameplay. A momenti <strong>di</strong> grande ispirazione<br />

e pathos, l’opera Capcom frappone fasi inutili<br />

e prolisse; alla messa in scena <strong>di</strong> ambientazioni<br />

splen<strong>di</strong>de e cre<strong>di</strong>bili fa seguire vedute incoerenti,<br />

frutto <strong>di</strong> cenni artistici e architettonici confusi.<br />

Non c’è costanza, nell’ultimo gioco <strong>di</strong> Mikami.<br />

Eppure giocarlo è un’esperienza unica, irresistibile...<br />

La meccanica <strong>di</strong> gioco innescata dal ritrovamento <strong>di</strong> Ashley<br />

prevede che Leon si prenda cura della ragazza, proteggendola<br />

dagli attacchi dei ganados e dalle trappole <strong>di</strong>sseminate<br />

lungo gli ambienti. Quando il level design separa<br />

i due protagonisti, proteggere Ashley richiede l’uso del<br />

fucile <strong>di</strong> precisione: RE4 introduce così fasi <strong>di</strong> cecchinaggio<br />

particolarmente appaganti, seppure semplici nelle<br />

meccaniche.<br />

Via le camere fisse, ora l’obiettivo inquadra ogni<br />

cosa dalle spalle del protagonista. Via il puntamento<br />

automatico, ora Leon è libero <strong>di</strong> mirare ad ogni<br />

parte anatomica dei nemici. Via gli zombie, ora il<br />

bestiario si <strong>di</strong>stingue per agilità e ostinazione. Restano,<br />

invece, due leggi inflessibili: si spara solo da<br />

fermi, e i proiettili non sono mai abbastanza. Da<br />

qui in poi Resident Evil 4 esplode viscerale potenza.<br />

Gli ambienti <strong>di</strong> gioco sono territori <strong>di</strong> caccia<br />

entro cui i ganados (gli abitanti del pueblo) incalzano<br />

Leon allo scopo <strong>di</strong> massacrarlo. A nulla serve<br />

fuggire, nascondersi in qualche cascina, volare dalle<br />

finestre o guadagnare i piani alti degli e<strong>di</strong>fici. I<br />

ganados sfondano porte, adoperano scale a pioli, si<br />

inerpicano sui tetti. Escono dalle fottute pareti. La<br />

lotta è l’unica via. Ma non si tratta <strong>di</strong> svuotare caricatori<br />

fino a che ogni nemico è stramazzato al<br />

suolo. Prendersi cura <strong>di</strong> un ganados infuriato – data<br />

la forzata immobilità che ciò implica – significa<br />

esporsi agli attacchi <strong>di</strong> svariati suoi simili. La prima<br />

legge vibra. Un paio <strong>di</strong> colpi all’in<strong>di</strong>rizzo del villano<br />

più prossimo, poi è tempo <strong>di</strong> ricaricare, allontanar-<br />

si ed elaborare fulmineamente il prossimo schema<br />

d’attacco. Ogni punto sensibile del nemico, quando<br />

colpito, produce un effetto <strong>di</strong>verso: un colpo alla<br />

spalla <strong>di</strong>sarma, uno alla testa stor<strong>di</strong>sce, uno alle<br />

gambe fa perdere l’equilibrio. In mezzo a un branco<br />

<strong>di</strong> paesani armati <strong>di</strong> forche e asce, usare queste<br />

informazioni costruttivamente è il solo modo per<br />

sopravvivere. A maggior ragione considerate le<br />

esigue scorte <strong>di</strong> proiettili a <strong>di</strong>sposizione (cfr <strong>di</strong>dascalia).<br />

La seconda legge ruggisce. Due colpi <strong>di</strong><br />

pistola devono piantarsi nell’addome del ganados<br />

che impugna una forca, un colpo <strong>di</strong> fucile deve allontanare<br />

quello che imbraccia la motosega, una<br />

granata accecante deve ammansire un gruppo più<br />

compatto <strong>di</strong> ostili, cosicché Leon possa occuparsene<br />

con calma. Ogni proiettile deve avere la sua destinazione,<br />

ogni attacco il suo ruolo preciso, in<br />

un’azione sistematica <strong>di</strong> offesa e <strong>di</strong>fesa. Ma non c’è<br />

nulla <strong>di</strong> predefinito, nulla <strong>di</strong> scriptato. Leon può<br />

gestire la battaglia come meglio crede, ogni volta<br />

in modo <strong>di</strong>verso...<br />

Il misterioso ven<strong>di</strong>tore fornisce a Leon qualsiasi tipo <strong>di</strong><br />

fucile o pistola. I suoi prezzi spesso alti non scoraggiano,<br />

per la facilità con cui è possibile accumulare denaro (mietendo<br />

nemici o raccogliendo i “tesori” sparsi per le location)<br />

e per la possibilità <strong>di</strong> rivendere l’artiglieria inutile<br />

riottenendo parte del denaro speso per acquistarla. Non<br />

sono in ven<strong>di</strong>ta, invece, le munizioni: al giocatore è lasciato<br />

il compito <strong>di</strong> procurarsele da sé, scandagliando gli ambienti<br />

<strong>di</strong> gioco e frugando nelle tasche dei ganados abbattuti.<br />

Con il progre<strong>di</strong>re del gioco, la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> nuove<br />

armi (acquistabili e potenziabili in un particolare<br />

negozio, cfr <strong>di</strong>dascalia) moltiplica le variabili tattiche<br />

della battaglia. Il fucile <strong>di</strong> precisione consente<br />

l’azione dalla <strong>di</strong>stanza; il lanciamine permette <strong>di</strong><br />

conficcare or<strong>di</strong>gni a tempo nelle carni o nelle vicinanze<br />

dei nemici; il potente lanciarazzi apre la via<br />

ad una <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> livello superiore. A ciò fa eco<br />

un progressivo ispessimento del grado d’acre<strong>di</strong>ne<br />

dei nemici, i quali all’uso <strong>di</strong> falci e bastoni affiancano<br />

balestre (a dar<strong>di</strong> infuocati e non), mazze ferrate,<br />

candelotti <strong>di</strong> <strong>di</strong>namite e perfino mitragliatrici. Il<br />

meglio viene durante gli asse<strong>di</strong>, con decine <strong>di</strong> ostili<br />

che circondano Leon, o nelle battaglie contro avversari<br />

dotati <strong>di</strong> <strong>di</strong>fese particolari, quali corazze<br />

protettive o sistemi <strong>di</strong> mimetizzazione ottica.<br />

I combattimenti contro i boss, frequenti e scenicamente<br />

splen<strong>di</strong><strong>di</strong>, sono un ottimo complemento<br />

all’azione or<strong>di</strong>naria. Sebbene ogni scontro si riduca<br />


all’assimilazione e alla ripetizione <strong>di</strong> pattern poco<br />

complessi, è degna <strong>di</strong> lode la volontà <strong>di</strong> affrancare<br />

il giocatore da una condotta troppo basata sull’uso<br />

delle armi, per spingerlo a sfruttare la conformazione<br />

della mappa al fine <strong>di</strong> scovare i punti deboli<br />

del nemico.<br />

Che ci si trovi alle prese con un semplice ganados<br />

o con un boss colossale, la limitatezza dell’inventario<br />

scoraggia condotte troppo sfrontate (il<br />

lanciarazzi garantisce potenza, ma la sua mole toglie<br />

spazio alle altre armi e ai curativi), e costringe<br />

a selezionare con pignoleria il proprio bagaglio.<br />

Pad alla mano, RE4 <strong>di</strong>mostra un bilanciamento al<br />

limite della perfezione. Ed è questo il suo pregio<br />

più grande: offrire una sfida mai banale né eccessiva,<br />

che punisce e gratifica senza mostrarsi mai<br />

ingiusta.<br />

Altri due fattori contribuiscono ad esaltare l’esperienza<br />

e ad aumentare la piacevolezza del titolo.<br />

Il primo è rappresentato dai “Quick Timer Event”,<br />

mutuati da Shen Mue, ottimi nel tramutare<br />

le scene <strong>di</strong> intermezzo in frenetiche schegge <strong>di</strong> “laser<br />

game” e nel pompare nuova adrenalina nelle<br />

vene; il secondo consiste nel formidabile character<br />

design <strong>di</strong> Yamanaka Masaki. Dai ganados a El Gigante,<br />

da Salazar a Lord Saddler, RE4 pullula <strong>di</strong><br />

creature umane e <strong>di</strong> loro degenerazioni genetiche,<br />

mirabolanti tanto nell’aspetto quanto nelle movenze,<br />

imponenti e superbamente caratterizzate. Tra<br />

le creature più fantasiose, i fan <strong>di</strong> Ridley Scott riconosceranno<br />

l’omaggio ad Alien più riuscito <strong>di</strong><br />

sempre...<br />

Gli extra <strong>di</strong>sponibili una volta terminato il gioco sono <strong>di</strong><br />

tutto rispetto. Oltre ad un costume alternativo e alcune<br />

nuove armi (come la pistola automatica “Matilda”), si<br />

sbloccano le modalità Mercenaries e Assignment Ada. La<br />

prima, come già accadeva in RE3: Nemesis, mette al<br />

comando <strong>di</strong> mercenari armati fino ai denti alle prese con<br />

orde infinite <strong>di</strong> nemici, da massacrare incon<strong>di</strong>zionatamente.<br />

La seconda, ambientata sull’isola, vede Ada Wong infiltrarsi<br />

nelle installazioni degli Illuminados allo scopo <strong>di</strong> raccogliere<br />

alcuni campioni <strong>di</strong> plagas, da consegnare al<br />

proprio misterioso datore <strong>di</strong> lavoro. Un nuovo livello <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fficoltà, “Esperto”, <strong>di</strong>venta inoltre selezionabile.<br />

Si è già accennato in apertura all’incostanza creativa<br />

cui Resident Evil 4 paga dazio. I problemi<br />

partono dal level design e giungono sino al gameplay:<br />

l’ariosità e la libertà <strong>di</strong> movimento respirate<br />

nelle prime fasi si rivelano, purtroppo, esclusiva<br />

del pueblo e dei suoi <strong>di</strong>ntorni. I primi momenti <strong>di</strong><br />

RE4 sono anche gli unici dove sia davvero possibile<br />

coreografare battaglie frenetiche ed impreve<strong>di</strong>bili,<br />

in ragione <strong>di</strong> locazioni via via più anguste e<br />

lineari. Non a caso, quando l’avventura si sposta<br />

all’interno del castello e successivamente sull’isola,<br />

il versatile concetto <strong>di</strong> “azione rapida” – riguardante<br />

tutte le azioni eseguibili con la sola pressione<br />

del tasto A, come saltare dalle finestre o abbattere<br />

scale – perde progressivamente <strong>di</strong> senso, non potendo<br />

più essere applicato a location composte da<br />

stretti corridoi e piccole stanze.<br />

Accanto al problema della “blindatezza” degli<br />

ambienti successivi al pueblo, va aggiunto quello<br />

della loro verosimiglianza. Se il pueblo era realistico,<br />

cre<strong>di</strong>bile e visivamente splen<strong>di</strong>do, il castello e<br />

l’isola appaiono architettonicamente incoerenti ed<br />

esteticamente traballanti. Qui non si <strong>di</strong>scute il livello<br />

<strong>di</strong> dettaglio o la definizione delle texture, ma<br />

l’adesione – quasi certamente dettata da limiti <strong>di</strong><br />

tempo – a un concetto <strong>di</strong> level design che ammette<br />

setting inverosimili, non sostenuti da alcun principio<br />

architettonico o iconografico. Pensate al maniero<br />

<strong>di</strong> un qualunque Castlevania e avrete un’idea<br />

<strong>di</strong> ciò che si vuole intendere. Un simile approccio,<br />

in un gioco dal taglio così ricercatamente cinematografico,<br />

è per forza <strong>di</strong> cose deleterio. RE4 pullula<br />

<strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici dalla morfologia astrusa e ambientazioni<br />

fuori luogo (come la stanza dei draghi <strong>di</strong> fuoco nel<br />

castello) a totale detrimento <strong>di</strong> quella sospensione<br />

dell’incredulità così ben convogliata nella prima<br />

parte del gioco. Quel che è peggio, è che il gameplay<br />

non trae alcun vantaggio da simili location,<br />

ma ne è invece limitato, sfociando talvolta nella<br />

pretestuosità. Nel castello ciò si ravvisa durante le<br />

sezioni basate sui precetti del vecchio Resident<br />

Evil, che tentano <strong>di</strong> riabbracciare le suggestioni<br />

del passato ma finiscono per smarrire i presupposti<br />

del presente; sull’isola la sensazione è <strong>di</strong> un action<br />

game che, pur conservando i tratti da “shooter <strong>di</strong><br />

sopravvivenza” sopra esposti, non si esprime al<br />

meglio a causa <strong>di</strong> una sensibile carenza <strong>di</strong> varietà.<br />

In ultimo, la trama non sembra fare alcuno sforzo<br />

per mascherare la propria piattezza e mancanza<br />

d’ispirazione: un intreccio pessimo, a tratti ri<strong>di</strong>colo,<br />

raccontato attraverso <strong>di</strong>aloghi serrati ma inverosimili,<br />

in cut scene palesemente ispirate ai bullet<br />

time <strong>di</strong> Matrix. Nonostante queste ultime siano visivamente<br />

appaganti, l’impressione generale è <strong>di</strong><br />

un lavoro <strong>di</strong> contorno, svolto a tempo perso, nella<br />

convinzione che la natura action del titolo non abbisogni<br />

<strong>di</strong> grossi sussi<strong>di</strong> a tema narrativo. Il che è<br />

vero in buona parte, giacché l’inutilità della trama<br />

è il <strong>di</strong>fetto a cui meno si fa caso. Tuttavia, chi conosce<br />

il fertile background narrativo della saga si<br />

rammaricherà all’idea <strong>di</strong> tanti spunti interessanti<br />

sistematicamente ignorati, in favore <strong>di</strong> un nuova<br />

sceneggiatura decisamente squallida.<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> pregi e <strong>di</strong>fetti, è scritto che Resident<br />

Evil 4 deluda chi deve essere deluso. Il fan irriducibile,<br />

rimasto all’asciutto <strong>di</strong> paura e tensione, sarà<br />

deluso. Il critico, inappagato da un quid lu<strong>di</strong>co utile<br />

al sod<strong>di</strong>sfacimento <strong>di</strong> pulsioni violente e poco altro,<br />

sarà deluso. E forse l’esteta, ammaliato dal fenomenale<br />

carattere del pueblo ma insod<strong>di</strong>sfatto dal<br />

raffazzonato design del castello e dell’isola, resterà<br />

pure lui scontento. Chi deve essere deluso, alla<br />

fine dei giochi, tale rimarrà. Ma resta il fatto che<br />

l’opera Capcom sia un gioco nuovo, violentemente<br />

votato a sensazioni action <strong>di</strong>fficilmente sperimentate<br />

in altri prodotti. Un gioco orfano della connotazione<br />

da horror psicologico prevista in precedenza,<br />

mutato in carneficina, dove per sopravvivere<br />

non si fugge l’orrore ma lo si fronteggia in duelli<br />

all’ultimo sangue: welcome to the world of Survival<br />

Shooter...<br />

VOTO: S A B C D<br />


SISTEMA PS2 VERSIONE PAL SVILUPPATORE PRODUCTION STUDIO 1 ETICHETTA CAPCOM MULTIPLAYER NO<br />

PARADISO PERDUTO <br />

<strong>di</strong> Cryu<br />

Dante sceglie la sua preda nel mucchio, si avventa<br />

sul malcapitato e infila una successione<br />

<strong>di</strong> tre fendenti fulminei, l’ultimo dei quali<br />

proietta l’avversario nel vuoto; allora lo imbocca<br />

con un’ostia <strong>di</strong> fucile a pompa, spicca un balzo<br />

pro<strong>di</strong>gioso e una volta a mezz’aria lo battezza con<br />

il ferro della spada. Fin qui nulla <strong>di</strong> nuovo.<br />

Quin<strong>di</strong> inizia Devil May Cry 3: Dante incorona<br />

ripetutamente il nemico a suon <strong>di</strong> fendenti, dopo<strong>di</strong>ché<br />

rimpiazza al volo lo spadone con una coppia<br />

<strong>di</strong> lame elementali, e con queste lo bene<strong>di</strong>ce tre,<br />

quattro volte, per poi cambiare cannoni e re<strong>di</strong>merlo<br />

col fuoco purificatore <strong>di</strong> Ivory & Ebony. E ricomincia<br />

il giro: spada, lame, pistole. Anzi, fucile.<br />

Anzi, pistole. Colpo <strong>di</strong> grazia: un miracoloso fendente<br />

rotante in picchiata. Esatto, tutto in volo.<br />

Roba da perdere il conto dei secon<strong>di</strong> trascorsi da<br />

quando è iniziata la combo aerea.<br />

La verità è che questo è davvero nulla, perché<br />

quando <strong>di</strong> mezzo ci saranno altri cinque stili <strong>di</strong><br />

combattimento (l’uno ispirato a ZOE2, l’altro a<br />

Ninja Gaiden, l’altro a…), lanciarazzi, nunchaku e<br />

chitarre elettriche (don’t ask), il campionario <strong>di</strong><br />

combinazioni d’attacco eseguibili fuggirà qualsiasi<br />

velleità <strong>di</strong> descrizione.<br />

Ma per non confondere nessuno, è bene precisarlo<br />

fin da subito: Devil May Cry 3 è un titolo<br />

attaccabilissimo un po’ in tutti i reparti, salvo nel<br />

più importante: il sistema <strong>di</strong> combattimento. Semplicemente<br />

senza rivali. Se questo da solo riesca o<br />

meno a tenere in pie<strong>di</strong> la baracca è un interrogativo<br />

a cui chi scrive ha dato una risposta personale<br />

coronata da tre punti esclamativi, ma che non vuole<br />

esprimere nel corso <strong>di</strong> questa recensione, preferendo<br />

fornire al lettore tutti gli in<strong>di</strong>zi necessari a<br />

capire se DMC3 sia o meno il gioco che fa per lui.<br />

Cut-scene all’insegna dello humour grottesco e dell’azione<br />

impossibile compensano egregiamente una trama che,<br />

eufemisticamente, definiremmo “<strong>di</strong> genere”. Veri e propri<br />

siparietti comici introducono personaggi caricaturali orchestrati<br />

da un Dante scanzonato e “simpa” come non<br />

mai. Menzione d’onore anche per i gustosi intermezzi celebrativi<br />

dell’eccesso trash: sarebbe interessante assistere<br />

a una gara <strong>di</strong> velocità tra Dante e Sonic sulle pareti <strong>di</strong> un<br />

grattacielo…<br />

Prefiggendosi l’obiettivo <strong>di</strong> ambire alla palma <strong>di</strong><br />

miglior action game per PS2, DMC3 tenta la strada<br />

dell’ispessimento <strong>di</strong> stampo ruolistico. Sei stili <strong>di</strong><br />

combattimento e relativi sta<strong>di</strong> evolutivi, una dozzina<br />

<strong>di</strong> armi da potenziare (e rifornire nelle funziona-<br />

STYLISH!<br />

Si è fatto un gran parlare dei famigerati sei<br />

stili <strong>di</strong> combattimento <strong>di</strong> DMC3. Ma <strong>di</strong> che<br />

cosa si tratta esattamente? Semplice, a seconda<br />

dello stile selezionato, al tasto cerchio<br />

viene assegnato un particolare ventaglio <strong>di</strong><br />

azioni. Qualche esempio? Schivate multiple,<br />

wall run e sprint aerei con Trickster, spettacolari<br />

fendenti aerei con Swordmaster, pistole<br />

puntate su due avversari contemporaneamente<br />

con Gunslinger, stop del tempo con<br />

Quicksilver. La ragionata progettazione delle<br />

sfide contenute in ciascuna missione attribuisce<br />

una valenza strategica alla scelta<br />

dell’uno o dell’altro stile, concessa solo a inizio<br />

stage o presso le statue-negozio a cui ci<br />

ha abituato la serie. Oltre agli stili e alla possibilità<br />

<strong>di</strong> equipaggiare due armi per tipo alla<br />

volta, un’ulteriore evoluzione del sistema originale<br />

è data dalla potenziabilità delle armi<br />

da fuoco, che garantisce l’efficacia delle<br />

amate pistole anche nell’ultima frazione <strong>di</strong><br />

avventura. Azzeccata anche l’idea <strong>di</strong> assegnar<br />

loro una funzione <strong>di</strong> collante tra le<br />

combo inanellate con le armi da mischia.<br />

lità) costituiscono terreno fertile alla coltivazione<br />

del Dante che più da vicino interpreta la propria<br />

concezione <strong>di</strong> stylish fighting. Ma se già come<br />

action DMC3 paga la ripetitività <strong>di</strong> situazioni,<br />

location e avversari continuamente riciclati, le abilità<br />

in palio raramente sono sufficienti a garantire<br />

la ripetibilità cui aspira dando l’opportunità <strong>di</strong> rigiocare<br />

le missioni superate. La prospettiva <strong>di</strong> costruirsi<br />

un Super Dante rodato in tutti gli stili e<br />

munito d’ogni genere <strong>di</strong> attacco è allettante, ma il<br />

“meno male” con cui si saluta la conclusione <strong>di</strong><br />

tanti capitoli la <strong>di</strong>ce lunga sulle probabilità che vogliate<br />

cimentarvi nella ripetizione <strong>di</strong> missioni che<br />

già non brillano per varietà, ispirazione e ricercatezza<br />

scenografica. A chi serba nel cuore furibonde<br />

battaglie contro marionette demoniache, rettili<br />


FIGLI DI UN DIAVOLO MINORE<br />

Colonne portanti dell’originale DMC, i boss <strong>di</strong><br />

questa e<strong>di</strong>zione esaltano, impegnano sino<br />

allo sfinimento ma non rivaleggiano con i<br />

campioni del sommo predecessore. Penalizzati<br />

da una modellazione mai troppo accattivante<br />

e da un combattuto rapporto con la<br />

regia virtuale, risentono soprattutto nell’imperfetto<br />

“incastro” con le abilità <strong>di</strong> Dante. Il<br />

segreto è quasi sempre colpirli alle spalle o<br />

quando abbassano la guar<strong>di</strong>a, ma anche<br />

quando la loro risoluzione richiede un’interazione<br />

fisica più complessa, lasciano sempre<br />

una sensazione <strong>di</strong> incompiutezza e casualità.<br />

Gli equilibrismi sul dorso del Gigapede sono<br />

vertiginosi, ma il rodeo sullo scorpione lavico<br />

del primo capitolo rimane storia a sé. Fin<br />

troppo evidenti, infine, certe fonti <strong>di</strong> ispirazione:<br />

Beowolf, il bestiale guar<strong>di</strong>ano bipede,<br />

non è altri che lo Zodd del manga Berserk.<br />

gla<strong>di</strong>atori e impalpabili felini in agguato negli spazi<br />

raffinati della bio-cattedrale <strong>di</strong> Mallet Island, spiace<br />

comunicare che questa volta si combatte contro<br />

dei… dei… boh, all’interno <strong>di</strong> un… <strong>di</strong> una… boh. Solo<br />

l’ultimissima frazione <strong>di</strong> gioco regalerà vedute<br />

più visionarie ispirate agli scherzi prospettici <strong>di</strong><br />

Maurits Cornelis Escher. Inoltre, benché graziato<br />

dal selettore dei 60hz e da un frame rate generalmente<br />

ancorato ai 60fps, DMC3 sconta una personalità<br />

artistica <strong>di</strong>scutibile e un motore grafico con<br />

prestazioni da prima generazione (c’è tutto: aliasing,<br />

blur, rallentamenti, pessimo texturing, cromatismi<br />

sgradevoli). In altre parole, il terzo DMC è<br />

estraneo alla pulizia video del secondo, e <strong>di</strong>sta anni<br />

luce dalla riuscite sperimentazioni neogotiche<br />

del capostipite. Discorso analogo per la colonna<br />

sonora, una nenia <strong>di</strong> estenuanti ritornelli rauchi<br />

che neanche POP: Spirito Guerriero, solo alla<br />

fine ringalluzzita dalle necessarie cavalcate epicheggianti.<br />

L’opinione <strong>di</strong> chi scrive è che lo stylish gaming<br />

non abbia a che fare soltanto con azioni <strong>di</strong> gioco<br />

che sbeffeggiano la legge <strong>di</strong> gravità, ma che costituisca<br />

un sottogenere del videogiocare in cui ciascuna<br />

componente, interattiva e non, concorra a<br />

inscenare uno spettacolo au<strong>di</strong>ovisivo esteticamente<br />

importante. Senza una cornice immaginifica all’altezza,<br />

senza una colonna sonora che esalti l’azione<br />

contenuta, senza animazioni che ricreino l’eleganza<br />

del bel gesto atletico, non si può parlare <strong>di</strong> stylish<br />

a tutto tondo. Piuttosto che l’eccentrico lord sbruffone<br />

dell’esor<strong>di</strong>o, il giovanissimo Dante <strong>di</strong> questo<br />

prequel è uno starnuto della MTV generation: bat-<br />

tuta facile e sorriso da spot, ma sotto sotto carente<br />

nei fondamentali, ve<strong>di</strong> la sgraziata posa rannicchiata<br />

che assume durante il fuoco aereo o l’approssimativa<br />

posizione <strong>di</strong> parata dello stile Royal<br />

Guard. Fortunatamente, il parco animazioni del<br />

protagonista è talmente vasto e perlopiù riuscito<br />

da autorizzarci a chiudere un occhio su certe cadute<br />

<strong>di</strong>… stile.<br />

Se la certezza <strong>di</strong> un gameplay granitico può comunque<br />

rassicurare il partito dei “me ne sbatto<br />

della grafica”, tre elementi critici si intromettono a<br />

ri<strong>di</strong>mensionare sensibilmente il piacere della lotta<br />

pura: regia virtuale, sistema <strong>di</strong> lock-on e bilanciamento<br />

della <strong>di</strong>fficoltà.<br />

La telecamera non funziona, c’è poco da fare.<br />

Nemici costantemente esclusi dalla scena sono liberi<br />

<strong>di</strong> attentare in<strong>di</strong>sturbati all’incolumità <strong>di</strong> Dante,<br />

peccato veniale nelle situazioni <strong>di</strong> massa, ma<br />

reato capitale nel momento in cui gli avversari sono<br />

solo un paio. Il sistema deputa al giocatore<br />

l’onere <strong>di</strong> supplire alle deficienze della regia automatica,<br />

assegnando allo stick destro la rotazione<br />

della visuale (laddove concessa); tuttavia, questa<br />

possibilità è parzialmente vanificata dalla lentezza<br />

della camera manuale e dal sovraccarico <strong>di</strong> azioni<br />

che gravano sulla mano destra, già alle prese con<br />

sei pulsanti.<br />

L’agganciamento del bersaglio viene ancora una<br />

volta attivato dal tasto R1, demandando a L3 il<br />

trasferimento del mirino da un avversario all’altro.<br />

Il problema è che ciò avviene senza obbe<strong>di</strong>re a criteri<br />

<strong>di</strong> prossimità o criticità. In un gioco dai ritmi<br />

telecinetici come DMC3 non è ammissibile che per<br />

incrociare un attacco in arrivo sia necessario passare<br />

in rassegna tutti i soggetti nei paraggi. In<br />

ZOE2 il sistema è analogo: R1 per il lock-on <strong>di</strong><br />

primo livello, L2 perché l’intelligenza artificiale inquadri<br />

puntualissima l’obiettivo secondario più impellente.<br />

In ZOE2 funziona, in DMC3 no. Risultato:<br />

nelle situazioni <strong>di</strong> mischia si rinuncia spesso al<br />

lock-on ripiegando sull’in<strong>di</strong>rizzo manuale dei colpi.<br />

La <strong>di</strong>fficoltà è argomento spinosissimo. Confidando<br />

nell’abilità del giocatore occidentale me<strong>di</strong>o<br />

(?), Per le e<strong>di</strong>zioni occidentali Capcom ha deciso <strong>di</strong><br />

imbastar<strong>di</strong>re il livello ‘normal’ della versione giapponese,<br />

eliminando altresì i checkpoint da cui ripartire<br />

infinite volte in caso <strong>di</strong> decesso. Morale? Un<br />

livello facile giustamente soft, e un livello normale<br />

impietoso, anche per chi ha completato l’originale<br />

DMC ai livelli più elevati. Questo inizialmente. Da<br />

metà gioco in poi la curva <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà si affloscia<br />

inspiegabilmente tornando su livelli accettabilissimi.<br />

Ma signori, che Via Crucis muovere i primi passi<br />

nell’avventura ripetendo la stessa missione cinque-sei<br />

volte prima <strong>di</strong> avere la meglio sul boss <strong>di</strong><br />

turno! A complicare il tutto pesa l’avarizia con cui<br />

vengono elargiti i ‘continue’ e gli oggetti curativi<br />

(anche acquistabili, ma a prezzi esorbitanti). Certo,<br />

ripetere ogni missione un paio <strong>di</strong> volte dopo<br />

averla risolta garantirà i potenziamenti necessari a<br />

destreggiarsi nella successiva con relativa <strong>di</strong>sinvoltura;<br />

ma come già sottolineato, la ripetitività delle<br />

situazioni scoraggia questo approccio, che tanto<br />

puzza <strong>di</strong> backtracking travestito da componente<br />

RPG. Per contro, il gioco si gode assai <strong>di</strong> più a una<br />

seconda tornata lampo, confortata dai poteri già<br />

acquisiti nel corso del primo giro e con il pepe aggiunto<br />

dal livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà superiore. Tuttavia, il<br />

nostro messaggio è questo: DMC3 è roba hardcore,<br />

entrate a vostro rischio e pericolo.<br />

Per i fanatici della <strong>di</strong>etrologia, ci sentiamo <strong>di</strong> non<br />

in<strong>di</strong>care in Shinji Mikami il grande assente <strong>di</strong> cui<br />

questa serie denuncia l’assenza da quando la cari-<br />


ca <strong>di</strong> producer è passata a Tsuyoshi Tanaka, bensì<br />

nel <strong>di</strong>rector Hideki Kamiya, che pur avendo <strong>di</strong>chiarato<br />

a chiare lettere <strong>di</strong> aver “creato il sistema <strong>di</strong><br />

gioco, l’aspetto generale, la storia”, nonché “supervisionato<br />

e <strong>di</strong>retto un po’ tutto, dallo sviluppo al<br />

doppiaggio” del primo DMC, manca sempre<br />

all’appello quando la stampa si arrabatta per attribuire<br />

una teorica paternità al capostipite della serie.<br />

E poco sorprende che in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione<br />

artistica il Viewtiful Joe <strong>di</strong> Kamiya si sia <strong>di</strong>mostrato<br />

molto più coerente del <strong>di</strong>scontinuo Resident<br />

Evil 4 <strong>di</strong> Mikami.<br />

Acquisito circa a metà avventura, il ‘Devil Trigger’ non<br />

ricopre il medesimo peso che nei precedenti capitoli, e<br />

capita anzi spesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticarne l’esistenza. Si segnala<br />

il curioso aspetto retrò del Dante in forma demoniaca, che<br />

tanto ricorda i telefilm giapponesi anni ’80 a base <strong>di</strong> maschere<br />

<strong>di</strong> gomma e tutine aderenti.<br />

I giocatori delusi dall'inqualificabile DMC2 hanno<br />

tuttavia motivo <strong>di</strong> rallegrarsi, Dante’s Awakening<br />

incarna davvero il risveglio del franchise dall'incubo<br />

in cui era sprofondato. E quasi a voler tendere<br />

ai fan una mano <strong>di</strong> pace fatta, questo nuovo seguito<br />

pullula <strong>di</strong> citazioni e richiami al capitolo originale.<br />

Le sequenze <strong>di</strong> apertura e chiusura, in particolare,<br />

rendono un doveroso tributo al Dante che<br />

quattro anni fa sconvolse tutti i canoni vigenti in<br />

materia <strong>di</strong> character design.<br />

D’altro canto, la storia voleva che Dante giungesse<br />

in Para<strong>di</strong>so passando prima dall’Inferno e<br />

poi dal Purgatorio. Centrando il Para<strong>di</strong>so al primo<br />

colpo, per i due seguiti a venire Capcom si è ritrovata<br />

sul groppone Inferno e Purgatorio. Ma dopotutto,<br />

i <strong>di</strong>avoli sono angeli caduti. E il figlio <strong>di</strong><br />

Sparda almeno ci sta provando a riguadagnare il<br />

cielo.<br />

VOTO: S A B C D<br />

PHILOSOPHER NEMESIS<br />

Dire che gli atei vivono una vita priva <strong>di</strong> speranza<br />

è un tormentone che mi sono sentito<br />

ripetere più volte e lo trovo davvero sintomo<br />

<strong>di</strong> una visione limitata della vita stessa.<br />

È così <strong>di</strong>fficile capire che <strong>di</strong>o è la risposta<br />

<strong>di</strong>retta della paura dell'uomo della morte?<br />

Che poi è pure la risposta <strong>di</strong> gran lunga più<br />

semplice: dovremmo ammirare chi si sforza<br />

<strong>di</strong> ricercare soluzioni più complesse, o chi,<br />

con filosofia zen e robe simili, accetta che la<br />

vita si compia e basta.<br />

Azz, forse siamo più osservanti noi atei,<br />

che ci pieghiamo al vero verbo <strong>di</strong>vino della<br />

natura, del destino e del caso, che è nonscritto<br />

e mai-detto.<br />

Tra l'altro ho sempre trovato <strong>di</strong>vertente<br />

l'escamotage teologico per evitare il suici<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> massa e arginare così l'estinzione del genere<br />

umano, alla rincorsa <strong>di</strong> un'eternità <strong>di</strong><br />

gioia e luce.<br />

Ma poi, mi son sempre chiesto, a cosa serve<br />

per i cristiani la vita sulla terra?<br />

Dio dà la vita a Pierfer<strong>di</strong>nando Casini, che<br />

vivrà in maniera retta e si guadagnerà il para<strong>di</strong>so.<br />

Dio dà la vita a 'Mbutu, che nasce in<br />

africa e muore a tre anni. Ma se Pierfer<strong>di</strong>nando<br />

Casini vive centoventi anni, avrà probabilisticamente<br />

più opportunità <strong>di</strong> cedere<br />

alla tentazione e peccare, mentre 'Mbutu si<br />

guadagna l'al<strong>di</strong>là senza sforzo.<br />

Questo pensiero mi ha portato a formulare<br />

la tesi BOT, ossia che tutte le persone che<br />

soffrono al mondo siano solo delle comparse,<br />

il cui scopo è unicamente quello <strong>di</strong> tentare e<br />

mettere alla prova le vere anime che dovranno<br />

poi guadagnarsi l'eternità.<br />

Sapendolo, ovviamente, non c'è più ragione<br />

<strong>di</strong> compatire gli sfortunati, dato che non<br />

sono veri esseri viventi.<br />

Nemesis Divina<br />


SISTEMA PS2 VERSIONE USA SVILUPPATORE SANTA MONICA STUDIOS ETICHETTA SCEA MULTIPLAYER NO<br />

OLIMPIC SLAM <br />

<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />

La volontà <strong>di</strong> riuscire è talvolta la scintilla capace<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>vampare in glorioso incen<strong>di</strong>o.<br />

Quando la <strong>di</strong>visione americana <strong>di</strong> SCEI raccolse<br />

uno dei suoi team, allora reduce da Kinetica<br />

(trascurabile clone <strong>di</strong> Wipeout), si era già deciso<br />

che God of War dovesse percorrere il sentiero dei<br />

blockbuster, un titolo pesante da sostenere e spingere,<br />

così come sostenuto e spinto è stato Killzone.<br />

La volontà <strong>di</strong> riuscire, talvolta, è sufficiente per<br />

farcela. D’altra parte, lo sforzo produttivo non è<br />

ininfluente, ed è anzi determinante nella misura in<br />

cui si occupano strutture e uomini per tre anni,<br />

all’inseguimento <strong>di</strong> un risultato d’eccellenza.<br />

Inusuale, a <strong>di</strong>re il vero, il terreno scelto come<br />

campo <strong>di</strong> gioco per questo nuovo titolo: GoW prosegue<br />

infatti il <strong>di</strong>scorso action attualizzato da Devil<br />

May Cry, solo con una maggiore propensione narrativa<br />

ed enigmistica. La sfida è grande, specie per<br />

i team occidentali, in genere poco avvezzi al genere,<br />

ma GoW si presenta subito con buone carte da<br />

giocare ed uno stile sufficientemente <strong>di</strong>stintivo,<br />

nonostante i forti richiami alla serie Capcom. La<br />

struttura <strong>di</strong> gioco è più fluida e progressiva rispetto<br />

al percorso a missioni <strong>di</strong> Dante, ma permane la<br />

necessità <strong>di</strong> un’applicazione stilosa delle numerose<br />

mosse, concatenabili in più mo<strong>di</strong>, l’uso coreografico<br />

<strong>di</strong> certe inquadrature, l’imponenza della architettura<br />

e le immancabili missioni in cui l’eliminazione<br />

<strong>di</strong> tutti i nemici in un’area sblocca l’accesso alle<br />

stanze successive.<br />

Il cammino <strong>di</strong> Kratos verso la redenzione della propria<br />

anima prava, stupisce per la sua flui<strong>di</strong>tà. Di rado un titolo<br />

PS2 ha avuto un frame rate tanto sod<strong>di</strong>sfacente, supportato<br />

da masse poligonali imponenti e contorni levigatissimi.<br />

Solo qualche <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> tearing e alcuni modelli poco<br />

convincenti ledono un quadro visivo comunque maestoso.<br />

Il protagonista Kratos si rivela presto un abile portatore<br />

delle nostre aspirazioni brutali: fatta un po’<br />

<strong>di</strong> pratica, e potenziate le armi tramite l’investimento<br />

<strong>di</strong> poco originali globi rossi, è possibile<br />

inanellare combo che si estendono da un nemico<br />

all’altro, toccando senza problemi conteggi a tre<br />

cifre. Pur senza raggiungere l’appeal stylish del<br />

buon Dante, Kratos mette in scena movimenti<br />

colmi <strong>di</strong> vigore e gusto macabro, infilzando gli avversari<br />

con le sue lame e roteandoli grazie alle catene<br />

che tengono le due spade ancorate agli a-<br />

vambracci, percuotendo a terra gli avversari,<br />

decapitando o <strong>di</strong>sarticolando i nemici, fino a malmenarli<br />

con le loro stesse membra. È un riversamento<br />

<strong>di</strong> plasma continuo ed eccitante, volutamente<br />

forzato, utile a <strong>di</strong>segnare i contorni della<br />

perversa etica violenta da cui trae origine Kratos,<br />

figlio <strong>di</strong> quella Sparta amante e cultrice della guerra.<br />

A rendere ancora più appagante il mulinar<br />

d’arma e il mutilar d’arto, viene in aiuto una regia<br />

virtuale sempre attenta e che solo in rarissime occasioni<br />

nasconde l’eroe allo sguardo del giocatore.<br />

La regia è completamente gestita dalla CPU, una<br />

scelta saggia dal momento che quasi sempre punta<br />

l’obiettivo nella <strong>di</strong>rezione migliore sottolineando<br />

certi passaggi con suggestivi movimenti <strong>di</strong> macchina:<br />

l’attraversamento <strong>di</strong> un ponte, la <strong>di</strong>scesa per<br />

una scala a chiocciola o la corsa lungo un costone<br />

<strong>di</strong> roccia, guadagnano rilievo grazie a una semplice<br />

ma sapiente variazione prospettica. Inoltre, la regia<br />

automatica solleva lo stick destro dalla sua<br />

funzione tra<strong>di</strong>zionale, autorizzandola a gestire<br />

l’evasione laterale durante i combattimenti. Inclinando<br />

lo stick in avanti, in<strong>di</strong>etro o <strong>di</strong> lato, si avvia<br />

una capriola o un balzo che può fare la <strong>di</strong>fferenza<br />

fra una mazzata raccolta in fronte e il ritrovarsi<br />

incolumi sul lato sguarnito dell’avversario.<br />

Le opzioni d’attacco sono numerose e facilmente<br />

attuabili, senza contorsionismi delle <strong>di</strong>ta bensì<br />

tramite lo stu<strong>di</strong>o intuitivo della tempistica e una<br />

buona dose <strong>di</strong> creatività: attacchi aerei, parate,<br />

prese e soprattutto i ‘mini-eventi’, che portano ad<br />

un’uccisione spettacolare, dettati da <strong>di</strong>verse tipologie<br />

<strong>di</strong> movimenti (una serie <strong>di</strong> pulsanti da premere<br />

in successione, il martellamento <strong>di</strong> un tasto o<br />

una sequenza <strong>di</strong> movimenti dello stick).<br />

Ma per quanto nutrito, il parco mosse, rimpinguato<br />

da quattro magie <strong>di</strong> supporto e una barra<br />

‘berserker’, non può valere da solo il gusto del giocare.<br />

A stimolare il gusto per l’ecatombe perpetrata<br />

da Kratos è la variegata fauna ostile, che raccoglie<br />

e rivisita la mitologie greca, scenario principe<br />

del gioco. Ciclopi, gorgoni e centauri, satiri e cerberi,<br />

arpie, minotauri e persino un’Idra: il bestiario<br />

ellenico è ricco <strong>di</strong> sfumature e <strong>di</strong>fferenti pattern<br />

d’attacco al punto che, davanti a una schiera <strong>di</strong><br />

nemici misti, la <strong>di</strong>fficoltà registra una degna impennata<br />

imponendo una precisa strategia, almeno<br />

ai livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà superiori.<br />

Ma è proprio nel livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà che GoW tra<strong>di</strong>sce<br />

uno degli aspetti peggio interpretati dell’industria<br />

attuale: il livello <strong>di</strong> base, quello NORMAL, è<br />

accon<strong>di</strong>scendente in maniera irritante, tanto da<br />

rovinare quasi del tutto il gusto guerresco degli<br />

scontri, che si piegano alle mani <strong>di</strong> Kratos senza<br />

lasciare cicatrici a testimonianza del suo valore.<br />

Persino il combattimento finale può essere completato<br />

premendo a caso i tasti, affidandosi alla fortu-<br />


na e ad una pressoché inesauribile barra energetica.<br />

Decisamente <strong>di</strong>verso l’andazzo in HARD, dove gli<br />

scontri assumono un tenore più maschio e fisico,<br />

con l’occhio che fugge spesso in alto a sinistra, dove<br />

la barra verde si consuma con equa rapi<strong>di</strong>tà rispetto<br />

ai colpi ricevuti. Non possiamo esitare a<br />

consigliare (imporre) l’Hard Mode sin dall’inizio. Si<br />

segnala però un errore o<strong>di</strong>oso, assurdamente endemico<br />

del genere: come in DMC, la ripetuta morte<br />

in una stessa sezione porta il gioco a suggerire<br />

l’idea <strong>di</strong> abbassare il livello <strong>di</strong> sfida. In Hard, esistono<br />

in effetti una manciata <strong>di</strong> frangenti che richiedono<br />

un attento stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> strategie nonché una<br />

copiosa dose <strong>di</strong> testardaggine e reiterazione della<br />

missione. La <strong>di</strong>stribuzione frequente e saggia dei<br />

checkpoint allevia l’irritazione da replay, ma in alcune<br />

occasioni la tentazione <strong>di</strong> passare a livello<br />

inferiore è grande. Purtroppo, e qui sta l’infamia,<br />

una volta ridotto il livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, non è possibile<br />

ripristinare quello <strong>di</strong> partenza compromettendo<br />

così la restante porzione <strong>di</strong> gioco, ormai molle come<br />

un bu<strong>di</strong>no.<br />

Le inusuali armi <strong>di</strong> Kratos, due lame assicurate alle braccia<br />

tramite grosse catene, garantiscono coreografie visive<br />

che sod<strong>di</strong>sfano anche il gusto del bello, oltre a quello del<br />

macabro. Molto interessanti i prototipi <strong>di</strong> Kratos scartati,<br />

visionabili a gioco ultimato.<br />

Il cammino che conduce verso lo scontro con il <strong>di</strong>o<br />

della Guerra è poi <strong>di</strong>sseminato <strong>di</strong> un’enigmistica<br />

sufficientemente elaborata, mai cervellotica, da<br />

appagare il giocatore e rilassarlo fra una sessione<br />

<strong>di</strong> scontri e l’altra. Esistono poi battaglie <strong>di</strong> massa,<br />

in cui si falci<strong>di</strong>ano i nemici come in una messe estiva,<br />

o duelli con pochi avversari coriacei, o ancora,<br />

combattimenti gravati dal contesto ambientale<br />

(trappole e precipizi) o situazioni specifiche (schiere<br />

<strong>di</strong> arcieri o palle infuocate da schivare). In generale<br />

è la varietà la caratteristica vincente <strong>di</strong><br />

GoW, che si <strong>di</strong>mena fra porzioni subaquee e scalate<br />

verticali, combattimenti appesi ad una fune sospesa<br />

nel vuoto e duelli a <strong>di</strong>stanza, estenuanti<br />

combinazioni <strong>di</strong> colpi e ricorso alla magia.<br />

Anche lo scenario muta in maniera significativa e<br />

apprezzabile snodandosi fra le mura della gloriosa<br />

Atene, fino alle viscere dell’Ade, passando per gli<br />

abissi dominati da Nettuno e poi su fino al Monte<br />

Olimpo. È un viaggio, una cerca appassionante che<br />

porta il giocatore a svelare il passato tormentato<br />

del protagonista e ad intravedere, nel contempo, il<br />

destino degli dèi.<br />

A coronare un’esperienza che in modalità Hard si<br />

protrae per una pregna decina d’ore, giunge una<br />

lista <strong>di</strong> extra mai così grassa. La Sfida degli Dei<br />

consiste in una quest ulteriore composta da <strong>di</strong>eci<br />

prove <strong>di</strong> varia natura, ci sono poi making of, un<br />

notevole book artistico, una <strong>di</strong>vertente galleria interattiva<br />

sui modelli scartati nella versione finale<br />

del gioco e quattro vestiti sbloccabili da riutilizzare<br />

nei replay (ognuno dei quali conferisce <strong>di</strong>fferenti<br />

abilità).<br />

Durante i combattimenti la strategia è d’obbligo. Schivare,<br />

parare, prolungare combinazioni, eseguire magie o industriarsi<br />

per recuperare energia dai relativi scrigni: è una<br />

violenta partita scacchi con esiti mai scontati. A livello<br />

Hard, Kratos ha il suo bel da fare per sopravvivere e ogni<br />

assalto nemico può nascondere insi<strong>di</strong>e impreviste.<br />

GoW è un lavoro egregio ed energico, fortemente<br />

voluto dai suoi creatori e sapientemente pianificato<br />

a tavolino, prima ancora che in formato binario, lo<br />

testimonia l’accurato lavoro artistico, superbo<br />

nell’estetica dei livelli e nei bozzetti preparatori per<br />

il bestiario. L’accompagnamento sonoro è sontuoso<br />

e sprizza kolossal da ogni nota, così come l’impianto<br />

visivo non fa che riba<strong>di</strong>re la fortissima intenzione<br />

<strong>di</strong> sfondare. E infine, GoW riesce nell’intento<br />

appagando il giocatore che lo affronta in maniera<br />

adeguata (hard) e che accetta <strong>di</strong> sviscerarne<br />

il sistema <strong>di</strong> combattimento, complesso ma versatile<br />

e mai astruso. GoW getta basi solide per il futuro<br />

<strong>di</strong> un brand che tornerà a far parlare <strong>di</strong> sé e<br />

che sussurra promesse <strong>di</strong> sequel già durante i titoli<br />

<strong>di</strong> coda.<br />

Tuttavia, se pure GoW trasuda <strong>di</strong> elmenti ben<br />

riusciti, situazioni intriganti e passaggi epici, tuttavia<br />

il risultato finale manca dell’eccellenza che contrad<strong>di</strong>stingue<br />

le sue parti costitutive. Su tutto si<br />

percepisce l’aura <strong>di</strong> artificiosità, il sentore <strong>di</strong> un<br />

progetto della testa, del calcolo, prima ancora che<br />

della mente e del cuore, <strong>di</strong> un autore che vuole<br />

creare. GoW riesce in maniera eccellente nel suo<br />

intrattenere ma non riesce a fare altro: la storia,<br />

per quanto ben redatta, non ci tocca mai da vicino,<br />

le peregrinazioni <strong>di</strong> Kratos non evadono mai dalla<br />

loro ineluttabile contesto lu<strong>di</strong>co e in generale tutto<br />

il mondo percorso appare fin troppo evidentemente<br />

come una scenografia su cui recitano degli attori<br />

in maniera poco spontanea.<br />

Ma per gli amanti dell’action, il Dio della Guerra è<br />

qui, massiccio e incazzoso, a reclamare il trono che<br />

sino ad oggi è stato del suo ispiratore. La parola a<br />

Dante…<br />

VOTO: S A B C D<br />


SISTEMA PS2 VERSIONE USA SVILUPPATORE PRODUCTION STUDIO 2 ETICHETTA CAPCOM MULTIPLAYER NO<br />

IO SO’ ROMEO, ER MEJO DER COLOSSEO<br />

<br />

<strong>di</strong> Amano76<br />

Shadow of Rome è l’ennesima avventura Capcom,<br />

genere <strong>di</strong> cui la softco <strong>di</strong> Osaka ha abusato<br />

più <strong>di</strong> qualunque altra e con minore fantasia.<br />

Mentre Irem, Sony e Sega sono riuscite a<br />

tirare fuori il meglio dalla simbiosi tra sequenze<br />

cinematografiche e attività lu<strong>di</strong>ca, Capcom ha più<br />

spesso puntato a rivendere la stessa minestra (le<br />

serie <strong>di</strong> Onimusha e Resident Evil su tutte) o<br />

ancora peggio ad annacquarla (Chaos Legion).<br />

Complessivamente, Shadow of Rome è un lavoro<br />

malriuscito. L’intreccio narrativo ha un suo<br />

fascino ma non decolla mai a causa <strong>di</strong> colpi <strong>di</strong> scena<br />

telefonati e della mancanza <strong>di</strong> un tema <strong>di</strong> fondo.<br />

Le locazioni, benché ricostruite con la dovizia<br />

utile a catturare l’attenzione degli appassionati del<br />

contesto storico romano precristiano, sono <strong>di</strong> numero<br />

sparuto. Le texture sfoggiano spudoratamente<br />

pixel, i poligoni non fanno economia <strong>di</strong> aliasing,<br />

e un fasti<strong>di</strong>oso effetto <strong>di</strong> blur delle immagini in<br />

movimento rende nauseante guardarsi intorno dalla<br />

soggettiva per ammirare le architetture. Le stesse<br />

fasi <strong>di</strong> stealth alla Metal Gear Solid, che riprendono<br />

senza vergogna oggettistica e procedure<br />

risolutive dal titolo Konami, non fanno altro che<br />

frammentare criminosamente il cuore dell’esperienza<br />

<strong>di</strong> questo Shadow of Rome: i combattimenti<br />

tra gla<strong>di</strong>atori.<br />

Le fasi stealth ai coman<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ottaviano non brillano per<br />

ispirazione. Gli obiettivi consistono nella raccolta <strong>di</strong> informazioni<br />

e <strong>di</strong> monete d’argento con cui acquistare gadget,<br />

decorazioni e mobili per l’appartamento <strong>di</strong> Ottaviano. Collezionare<br />

questi oggetti non incide sul prosieguo del gioco<br />

se non me<strong>di</strong>ante l’acquisizione <strong>di</strong> nuovi camuffamenti,<br />

comunque accessori e ininfluenti sul successo delle infiltrazioni.<br />

Ottaviano può inoltre tramortire gli avversari per<br />

poi rapinarli delle loro vesti, ma queste non potranno essere<br />

conservate nella missione successiva.<br />

Di fatto, vestire i panni <strong>di</strong> Ottaviano celandosi alla<br />

vista <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e e senatori alla ricerca <strong>di</strong> prove che<br />

<strong>di</strong>mostrino il complotto <strong>di</strong>etro la morte <strong>di</strong> Cesare è<br />

poco più che un <strong>di</strong>versivo. Sono le sessioni<br />

all’arma bianca che hanno luogo nelle arene il meglio<br />

che la nuova avventura <strong>di</strong> Capcom ha da proporre,<br />

e l’offerta è <strong>di</strong> quelle che meritano <strong>di</strong> essere<br />

rese note.<br />

Il sistema <strong>di</strong> combattimento in sé non presenta<br />

alcuna caratteristica che non sia già stata vista altrove:<br />

si può parare, schivare e colpire a propria<br />

volta, mettere a segno delle combo e caricare i<br />

colpi tenendo premuti i pulsanti del pad: un po’ <strong>di</strong><br />

tutto quello che si è abituati a vedere in questo<br />

genere <strong>di</strong> produzioni.<br />

Ciò che <strong>di</strong>stingue Shadow of Rome è il suo peculiare<br />

sistema <strong>di</strong> acquisizione del punteggio, che<br />

introduce nelle meccaniche <strong>di</strong> lotta un soggetto<br />

ine<strong>di</strong>to: il pubblico. I punti chiamati Salvo! (il significato<br />

è quello letterale in italiano) vengono assegnati<br />

dagli spettatori assiepati sugli spalti, che<br />

accompagnano le gesta in atto con grida <strong>di</strong> gioia,<br />

incitamento, imprecazioni e coriandoli. Il pubblico<br />

vuole vedere dolore, violenza gratuita sugli animali<br />

(tigri ed elefanti, naturalmente), ossa rotte, cadaveri<br />

<strong>di</strong>ssacrati e corpi pressati sotto gigantesche<br />

trappole fino ad esplodere come buste <strong>di</strong> sangue.<br />

Al giocatore spetta il compito <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfarlo.<br />

Questo concept tanto pulp risulterebbe riprovevole<br />

se non fosse per lo spirito umoristico celato<br />

nei <strong>di</strong>aloghi che lo incorniciano, davvero esilaranti,<br />

e per le eufemistiche nomenclature associate ai<br />

Salvo!. Esistono circa duecento azioni eseguibili<br />

per compiacere il pubblico romano, da quelle più<br />

automatiche come Guard and Counter (colpire subito<br />

dopo aver parato un colpo avversario) a quelle<br />

più anomale come The End of Pompei (abbattere<br />

tutte le colonne presenti in un’arena) o perverse<br />

come Sa<strong>di</strong>st’s Kick (giocare a calcio con la testa <strong>di</strong><br />

un avversario appena decapitato).<br />

Ne citiamo qualche altra:<br />

My Fellow Romans: gettare una rosa al pubblico.<br />

Può capitare che qualche fan lanci una rosa sul terreno,<br />

in quel caso si può scegliere se lanciarla a<br />

propria volta contro un avversario (Thorns of the<br />

Rose), lanciarla in mezzo agli spalti o gridare selvaggiamente<br />

con il fiore in mano per moltiplicare il<br />

numero <strong>di</strong> Salvo! ottenuti (Rose Call).<br />

Master Thief: rubare le armi ad un avversario<br />

per più <strong>di</strong> cinque volte. L’equipaggiamento può essere<br />

selezionato prima <strong>di</strong> fare ingresso nell’arena,<br />

può essere raccolto da terra durante i combattimenti<br />

o rubato dalle mani stesse degli avversari.<br />

Big Roman Balls: entrare nell’arena a mani nude.<br />

Stand and Deliver: raccogliere da terra un nemico<br />

in fin <strong>di</strong> vita, posizionarlo in pie<strong>di</strong> e poi impalarlo/decapitarlo/sgozzarlo.<br />

Esistono più <strong>di</strong> venti armi<br />

e ad ognuna <strong>di</strong> esse è assegnata una “fatality”<br />

specifica.<br />

Fire Fighter: colpire un avversario mentre è avvolto<br />

dalle fiamme. Alcune arene, come quelle a<strong>di</strong>bite<br />

alla Battle Royal, sono fornite <strong>di</strong> trappole incen<strong>di</strong>are,<br />

a pressione, lame rotanti e altro ancora,<br />

in cui è possibile spingere avversari ignari mandandoli<br />

incontro a dolorose e spettacolari morti.<br />

Human Catapult: afferrare un avversario alle<br />

spalle e gettarlo in aria. Questo “lancio del peso<br />

umano” rende possibile fracassare la testa <strong>di</strong> un<br />

nemico contro un muro (Walled-in), contro un altro<br />

nemico (Domino Effect) o proiettarlo in qualche<br />

trappola.<br />


E infine Red Volcano (tagliare un avversario a<br />

metà) Juicy Tomato (far esplodere la testa <strong>di</strong> qualche<br />

malcapitato con una mazza ferrata) Meat Collector<br />

(tranciare in un solo colpo tre parti del corpo<br />

<strong>di</strong> un nemico) Take one for Team (farsi scudo <strong>di</strong> un<br />

avversario bloccandolo alle spalle con una presa) e<br />

tante altre tutte da scoprire in una festa sa<strong>di</strong>ca <strong>di</strong><br />

rigenerante, catartica ultraviolenza.<br />

La fantasia con cui sono stati realizzati i volti, gli abbigliamenti<br />

e le posture dei vari villain meriterebbero un<br />

articolo a sé. Notevole anche la coerenza delle architetture,<br />

sorprendente se si pensa a quanto <strong>di</strong>stino dall’estetica<br />

nipponica e alla <strong>di</strong>sgraziata incapacità degli autori occidentali<br />

quando si tratta <strong>di</strong> riprodurre locazioni e iconografie<br />

giapponesi.<br />

A nobilitare una simile filosofia <strong>di</strong> combattimento,<br />

altrimenti fine a sé stessa e inutilmente volgare, ci<br />

pensa anzitutto la profon<strong>di</strong>tà strategica offerta dalla<br />

selezione delle armi, ognuna con proprietà peculiari.<br />

Come il gla<strong>di</strong>o, mirato a inanellare sequenze<br />

<strong>di</strong> combo assieme al pugnale qualora si privilegi<br />

l’approccio <strong>di</strong>retto, o ad essere usato in coppia con<br />

lo scudo per affidarsi a tattiche più caute. Abbiamo<br />

poi la scimitarra, fragile e inefficace contro le armature,<br />

ma che può recidere qualsiasi arto; la<br />

mazza, a<strong>di</strong>bita a smantellare le pesanti corazze<br />

degli atleti più alti e nerboruti; le versioni con impugnatura<br />

a due mani delle tre armi appena citate<br />

(nell’or<strong>di</strong>ne Master Sword, Alabarda, Maglio); la<br />

lancia, che permette sensazionali impalamenti<br />

nonché <strong>di</strong> avere la meglio nelle mischie più gremite;<br />

più <strong>di</strong>verse altre ancora dall’uso sempre più<br />

complesso.<br />

Come se non bastasse l’enorme mole <strong>di</strong> ore <strong>di</strong> gioco offerta<br />

dalla sperimentazione <strong>di</strong> approcci alla battaglia sempre<br />

<strong>di</strong>versi, ottenendo tutte le coppe in modalità normal, hard<br />

ed expert si sbloccano dei riuscitissimi mini-game che<br />

danno fondo alle molteplici sfumature del sistema <strong>di</strong> combattimento.<br />

Ennesima sfaccettatura <strong>di</strong> Shadow of Rome è che<br />

il gioco premia sì la furia omicida, ma ancora <strong>di</strong> più<br />

la varietà <strong>di</strong> utilizzo delle molteplici tattiche offensive,<br />

<strong>di</strong>fensive e assassine. Ogni arena non deve<br />

soltanto essere conquistata in ragione della semplice<br />

vittoria sugli avversari, il giocatore deve anche<br />

accumulare un determinato numero <strong>di</strong> Salvo!<br />

che <strong>di</strong>fficilmente potrà totalizzare se si de<strong>di</strong>cherà<br />

esclusivamente a un’arma.<br />

Una volta superata la sfida ci si potrà inoltre cimentare<br />

nel tentativo <strong>di</strong> ottenere le coppe d’oro,<br />

garantite solo a chi sfrutterà appieno l’estrema libertà<br />

risolutiva concessa. La <strong>di</strong>fficoltà sta nel fatto<br />

che oltre all’esperienza e alla fantasia in fatto <strong>di</strong><br />

coreografie omicide sarà richiesto <strong>di</strong> invocare più<br />

volte il tifo dagli spalti, quando cioè il gla<strong>di</strong>atore<br />

grida ferocemente verso il pubblico subito dopo<br />

aver ottenuto dei Salvo!, raddoppiandone così la<br />

cifra appena acquisita ma esponendosi al rischio <strong>di</strong><br />

linciaggio da parte <strong>di</strong> una folla <strong>di</strong> avversari.<br />

Difficoltà, si <strong>di</strong>ceva. Un’ultima saporita leccornia<br />

offerta da Shadow of Rome è il suo bilanciamento<br />

pressoché millimetrico: già a livello normal (il<br />

più basso), si finisce in più <strong>di</strong> un frangente con la<br />

barra vitale ridotta all’osso, ma mai il giocatore<br />

viene penalizzato dalla scarsa reattività dei controlli,<br />

dalla telecamera o da qualsiasi altra cosa che<br />

non sia la propria inesperienza o avventatezza. Se<br />

anche il titolo Capcom ha delle colpe imperdonabili,<br />

<strong>di</strong> fronte alla cura, alla fantasia e allo spessore<br />

strategico delle battaglie gla<strong>di</strong>atorie (che occupano<br />

la maggior parte del gioco), non si può non regalare<br />

una menzione d’onore agli autori <strong>di</strong> questa ode<br />

alla sete <strong>di</strong> sangue.<br />

VOTO: S A B C D<br />

INTERVALLO<br />

Gunny (al centro) con viso in caucciù e scimmiame<br />

assortito.<br />

Panorama: gli unici 4 giapponesi che toccheranno<br />

una Xbox360<br />


RUSH HOUR <br />

<strong>di</strong> Amano76<br />

SISTEMA PS2 VERSIONE JAP SVILUPPATORE YUKES ETICHETTA BANDAI MULTIPLAYER NO<br />

Questa nuova produzione vanta circa 70 minuti <strong>di</strong> filmati<br />

che rievocano le vicende del manga, dall'incontro con il<br />

rinato Grifis fino alla sfida con uno dei suoi Angeli. Le sequenze<br />

sono gestite attraverso il motore poligonale, fatta<br />

eccezione per il sacrificio della Squadra dei Falchi (realizzato<br />

con dettagliata computer grafica). Degne <strong>di</strong> nota le<br />

inquadrature, rispettosamente fedeli al fumetto.<br />

Yukes è un team che mi ha sempre affascinato.<br />

Provo un certo <strong>di</strong>sprezzo per chi si occupa <strong>di</strong><br />

giochi de<strong>di</strong>cati al wrestling (la serie <strong>di</strong> Toukon<br />

Retsuden, in questo caso) ma non ho potuto fare<br />

a meno <strong>di</strong> prendere a cuore le loro produzioni, dopo<br />

aver provato Ertzvaju (PSX) e Berserk - La<br />

Mandragola dell'Amnesia (DC). Il primo mi affascinò<br />

per la folle spettacolarizzazione dei combattimenti,<br />

il secondo per l'opportunità allora unica <strong>di</strong><br />

interpretare il Cavaliere Nero (guai a chi lo chiama<br />

"spadaccino") e <strong>di</strong> vedersela con il coriaceo Zod in<br />

un faccia a faccia memorabile. Ora che Yukes stessa<br />

ha messo in campo un nuovo concorrente al<br />

titolo <strong>di</strong> "tie-in definitivo del manga <strong>di</strong> Miura", le<br />

considerazioni da fare fioccano come la forfora.<br />

L'impatto iniziale ci mette poco a spazzare via lo<br />

spessore lu<strong>di</strong>co e au<strong>di</strong>ovisivo del predecessore.<br />

Dopo una maestosa introduzione, accompagnata<br />

da un formidabile brano <strong>di</strong> Susumu Hirata – già<br />

autore della colonna sonora del capitolo per Dreamcast<br />

– si ha l'opportunità <strong>di</strong> cimentarsi imme<strong>di</strong>atamente<br />

con un esauriente tutorial. Un faccione<br />

<strong>di</strong> neve gigante (che fa quasi simpatia) permette <strong>di</strong><br />

sperimentare su <strong>di</strong> sé il sistema <strong>di</strong> controllo, che<br />

rivela subito la meccanica <strong>di</strong> gioco ine<strong>di</strong>ta del prodotto.<br />

Mentre ne La Mandragola dell’Amnesia<br />

l’efficacia degli attacchi era proporzionale al numero<br />

<strong>di</strong> combo andate a segno, nel titolo per PS2 gli<br />

autori hanno impostato il sistema <strong>di</strong> combattimento<br />

in modo da enfatizzare la pesantezza dell'Ammazzadraghi<br />

e la versatilità dell'equipaggiamento.<br />

Il gioco ne ha considerevolmente guadagnato in<br />

coerenza, rispetto alle <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> lotta viste nel<br />

manga: stavolta Gatsu, piuttosto che vedersi costretto<br />

ad interrompere i movimenti terminata una<br />

sequenza <strong>di</strong> combo, può continuare a scagliare<br />

fendenti in ogni <strong>di</strong>rezione finché un qualche avversario<br />

non lo colpisce.<br />

Per quanto riguarda l'armamentario, ogni arma<br />

assume una spiccata e nuova <strong>di</strong>mensione tattica:<br />

bombe a mano per farsi largo quando si è chiusi<br />

agli angoli, pugnali per bloccare gli attacchi a testa<br />

bassa degli avversari, balestra/mitra per accumu-<br />

lare più facilmente combo. Infine, il mitico cannone<br />

"portatile" per avere la meglio sui coriacei boss del<br />

gioco.<br />

Le munizioni <strong>di</strong> ciascuna arma si ripristinano dopo<br />

un certo lasso <strong>di</strong> tempo (specifico per ogni pezzo<br />

dell’armamentario), consentendone un uso frequente<br />

e garantendo maggiore varietà in fase<br />

d'attacco. Naturalmente la combinazione cannonata/spadata-su-rinculo<br />

è presente in tutto il suo<br />

splendore, così come i colpi caricati, stavolta decisamente<br />

più efficaci (nonché vitali nell'ultima parte<br />

del gioco). Enfatizzato da una cre<strong>di</strong>bile lentezza nei<br />

movimenti del Cavaliere Nero e dalle vibrazioni del<br />

Dual Shock, il sistema <strong>di</strong> combattimento si rivela<br />

una sa<strong>di</strong>ca goduria, tanto visiva quanto tattile.<br />

Premendo i tasti R2 e L2 si attivano rispettivamente Equipaggiamento<br />

e Azioni <strong>di</strong> Supporto. I personaggi e gli avversari<br />

sono catalogati nell'enciclope<strong>di</strong>a in-game, dove è<br />

possibile ammirare da vicino i modelli poligonali (utilizzando<br />

effetti <strong>di</strong> zoom) e selezionarne versioni alternative,<br />

se <strong>di</strong>sponibili. È anche presente un catalogo comprensivo<br />

<strong>di</strong> tutte le sequenze cinematografiche.<br />

Alcuni passi falsi dei programmatori hanno però<br />

finito con lo stemperare tanta catartica viulenza.<br />

I primi avversari che ci si trova contro sono dei<br />

pupazzi <strong>di</strong> neve! Non solo campioni del ri<strong>di</strong>colo ma<br />

anche vittime ben poco appaganti da macellare. Se<br />

durante il terzo capitolo i massacri ai danni dei troll<br />

coprono schermo, alberi, case e Gatsu stesso con<br />

dosi macroscopiche <strong>di</strong> sangue e fette <strong>di</strong> carne pelosa<br />

che volano ovunque, nelle prime ore (non minuti,<br />

ore!) <strong>di</strong> gioco si va incontro ad avversari decisamente<br />

poco sod<strong>di</strong>sfacenti in termini <strong>di</strong> sfida e<br />

monster design.<br />

Per fortuna i vari gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà selezionabili e<br />

la ghiotta antologia <strong>di</strong> boss compensano egregiamente<br />

le sbavature dei combattimenti <strong>di</strong> massa. A<br />

livello hard ed expert Berserk è un vero incubo.<br />

Le mischie contro gli avversari comuni, prive <strong>di</strong><br />

qualunque rischio in modalità normal, <strong>di</strong>ventano<br />

un pericolo da non sottovalutare: ad aumentare<br />

non è solo la quantità <strong>di</strong> danno causata da un singolo<br />

colpo, ma anche il numero <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui che attaccano<br />

contemporaneamente. Basta una <strong>di</strong>strazione<br />

e non appena si finisce chiusi in un angolo ci<br />

si ritrova con l'energia vitale <strong>di</strong>mezzata e l'acqua<br />

alla gola.<br />

Per non parlare degli scontri con i boss. Dal punto<br />

vista coreografico e tattico i combattimenti contro<br />

gli avversari <strong>di</strong> fine livello sono davvero avvincenti:<br />

giocando prima a <strong>di</strong>fficoltà normal e poi<br />

aumentandola gradualmente, si può gustare la<br />


fedeltà "cinematografica" con cui sono stati riprodotti<br />

i duelli più celebri, per esplorare in seguito<br />

ogni sfaccettatura delle strategie <strong>di</strong> attacco elaborate<br />

da Yukes.<br />

La funzione delle combo (in basso a destra dello schermo)<br />

è quella <strong>di</strong> moltiplicare il numero <strong>di</strong> punti esperienza acquisiti.<br />

Ogni nemico è associato ad un numero fisso <strong>di</strong><br />

punti esperienza che cresce esponenzialmente in base alla<br />

quantità <strong>di</strong> combo andate a segno, cioè <strong>di</strong> colpi inferti<br />

senza subire attacchi. Una volta ottenuti, i punti esperienza<br />

possono essere impiegati per aumentare le caratteristiche<br />

fisiche <strong>di</strong> Gatsu, la rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> ricarica dell'armamentario<br />

e l'efficacia delle azioni <strong>di</strong> supporto dei compagni.<br />

Lo spessore offerto dalle battaglie con i boss è garantito<br />

da due novità assenti nel capitolo precedente:<br />

le contromosse e gli attacchi imparabili.<br />

Per attivare le contromosse occorre premere il<br />

tasto deputato alla guar<strong>di</strong>a (la croce) un attimo<br />

prima <strong>di</strong> incassare un colpo. Nel caso se ne effettui<br />

una con successo, si attiverà una brevissima animazione<br />

non-interattiva (un po' come avveniva in<br />

Erztvaju), ripresa da una <strong>di</strong>versa angolazione <strong>di</strong>pendente<br />

dalla posizione dei personaggi sul terreno<br />

<strong>di</strong> gioco. Ai livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà più alti la contromossa<br />

è uno strumento <strong>di</strong> sopravvivenza imprescin<strong>di</strong>bile:<br />

con essa non solo si possono respingere<br />

gli attacchi or<strong>di</strong>nari, ma anche le imparabili, che se<br />

andate a segno comportano una consistente per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> energia vitale. Padroneggiare la risorsa strategica<br />

delle contromosse rende possibile concludere<br />

un combattimento senza versare una sola<br />

goccia del proprio sangue.<br />

Le imparabili possono essere effettuate colpendo<br />

un avversario in procinto <strong>di</strong> attaccare: sullo<br />

schermo apparirà il glifo del Sacrificio, e premendo<br />

il tasto triangolo Gatsu eseguirà un colpo che il suo<br />

bersaglio non potrà evitare (sottolineato anch’esso<br />

da un’animazione particolare, <strong>di</strong>versa, questa volta,<br />

per ogni nuovo avversario affrontato).<br />

Tanto la contromossa quanto le imparabili non<br />

sono ad esclusivo uso del giocatore: i boss possono<br />

compierne a piacimento ed è fondamentale sapere<br />

come prevenirle entrambe, a livello hard ed<br />

expert, poiché quando la <strong>di</strong>fficoltà viene incrementata<br />

gli avversari utilizzano i colpi a loro <strong>di</strong>sposizione<br />

variando più spesso angolazione e velocità,<br />

nonché attaccando del tutto inaspettatamente.<br />

Queste due risorse, unite ad ingegnose strategie<br />

risolutive, rendono i duelli con i boss una vera<br />

gioia, soprattutto nel caso in cui vengano selezionati<br />

i due gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà più elevati.<br />

Prive della confusione che in genere intacca le<br />

produzioni tri<strong>di</strong>mensionali, dove un inaspettato<br />

cambio <strong>di</strong> inquadratura provoca immeritati errori o<br />

occulta porzioni del terreno <strong>di</strong> gioco (non faccio<br />

nomi, <strong>di</strong>co solo "Capcom"), le battaglie <strong>di</strong> Berserk<br />

si <strong>di</strong>stinguono per l'impostazione impeccabile della<br />

I SEGRETI DI BERSERK<br />

Meritevoli <strong>di</strong> menzione le opzioni che saranno<br />

sbloccate una volta concluso il gioco.<br />

Una è il 100 Beast Murder, composta<br />

da <strong>di</strong>eci missioni che richiedono con<strong>di</strong>zioni<br />

particolari da sod<strong>di</strong>sfare per vincere; l'altra<br />

è il "solito" Boss Mode, particolarmente<br />

benvenuto considerato lo spessore coreografico<br />

e lu<strong>di</strong>co offerto da questa produzione.<br />

Completando con successo il 100<br />

Beast Murder si possono sbloccare <strong>di</strong>eci<br />

armi da taglio <strong>di</strong>fferenti, utilizzate dai personaggi<br />

più conosciuti del manga: il pugnale<br />

infuocato <strong>di</strong> Isidoro, il fioretto <strong>di</strong> Grifis,<br />

la bastarda <strong>di</strong> Gatsu ai tempi della sua<br />

militanza nella Squadra dei Falchi, l'ascia<br />

dentata <strong>di</strong> Zod e persino una chitarra elettrica.<br />

Ognuna <strong>di</strong> esse ha delle proprietà<br />

specifiche (raggio d'azione, rapi<strong>di</strong>tà, efficacia)<br />

che però non sono rese specificamente<br />

note ma devono essere intuite dall’uso.<br />

Ogni lama ottenuta potrà in seguito essere<br />

selezionata sia nel Boss mode che nello<br />

Story mode, ma non nell'ostico 100 Beast<br />

Murder, dove tra le altre cose sarà possibile<br />

affrontare una versione <strong>di</strong> Zod che richiederà<br />

sforzi e riflessi sovrumani per essere<br />

sconfitta.<br />

Queste modalità, assieme alle <strong>di</strong>fficoltà<br />

hard ed expert, stirano considerevolmente<br />

la durata effettiva del gioco, rendendo il<br />

prodotto valido anche dal punto <strong>di</strong> vista<br />

della longevità. Tentare <strong>di</strong> risolvere lo<br />

Story Mode senza passare prima per la <strong>di</strong>fficoltà<br />

normal andrà a tutto danno del vostro<br />

buonumore, vi avverto.<br />

telecamera e per lo spiccato bilanciamento tra le<br />

capacità <strong>di</strong> Gatsu e quelle degli avversari <strong>di</strong> fine<br />

livello. La sensazione <strong>di</strong> combattere praticamente<br />

ad armi pari è forse la caratteristica più marcata<br />

del titolo prodotto da Yukes, e non mancherà <strong>di</strong><br />

affascinare la maggior parte dei fan del manga.<br />

Infine, ma questo non tutti lo riterranno un <strong>di</strong>fetto,<br />

la cooperazione con i compagni <strong>di</strong> gruppo non è<br />

resa nel migliore dei mo<strong>di</strong>. Ad esempio, viene<br />

spontaneo domandarsi perché gli autori non abbiamo<br />

preso a modello Ico per riprodurre le con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> viaggio <strong>di</strong> Gatsu, costretto, nel fumetto, a<br />

badare contemporaneamente a se stesso e a Caska.<br />

Ancora. È accettabile che Puck appaia dal nulla,<br />

quando lo si richiama coi coman<strong>di</strong> (anche se mi<br />

domando cosa costasse rappresentarlo tramite una<br />

pallina verde luminosa, fluttuante per lo schermo).<br />

Stonano palesemente con lo spirito del gioco, invece,<br />

le entrate in scena <strong>di</strong> Isidoro, <strong>di</strong> Silke e <strong>di</strong> Ser-<br />


pico. Da una parte ci sono sequenze cinematografiche<br />

che ricalcano l'opera originale, dall'altra i<br />

compagni <strong>di</strong> Gatsu si eclissano magicamente non<br />

appena si passa da un full motion video al gioco<br />

vero e proprio.<br />

Quest'interpretazione macchietistica si fa sentire<br />

anche nella narrazione. Nonostante la durata consistente<br />

i filmati fanno economia <strong>di</strong> pathos, trascurando<br />

molti <strong>di</strong>aloghi – sia <strong>di</strong> gruppo che introspettivi<br />

– che nel manga erano serviti a definire i<br />

personaggi. Ad esempio, Farnese ha due battute in<br />

IL BESTIARIO DAVIDIANO<br />

Benritrovati al bestiario. Ci scusiamo<br />

per l’interruzione del <strong>di</strong>battito<br />

portato avanti negli ultimi mesi riguardante<br />

l’argomento: “ma quanto<br />

è scemo Teokrazia?”. Essendo questo<br />

l’ultimo numero <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> (as we<br />

know it), abbiamo deciso <strong>di</strong> sfruttare<br />

questo spazio per fare una breve<br />

cronologia della rivista che ha spaccato<br />

svariati culi in questo settore<br />

pieno <strong>di</strong> effeminati incompetenti.<br />

<strong>Ring</strong> nasce dall’unione <strong>di</strong> un gruppo<br />

<strong>di</strong> intellettuali <strong>di</strong> sinistra ritrovatisi<br />

sul newsgroup it.comp.console a<br />

parlare <strong>di</strong> lotta proletaria e invi<strong>di</strong>a<br />

del pene. Dopo un anno <strong>di</strong> acceso<br />

<strong>di</strong>battito in mailing list, il progetto<br />

iniziale – scrivere una versione ‘Ultimate’<br />

della Bibbia – muta in quello<br />

<strong>di</strong> una rivista terroristica sul sopravvalutato<br />

me<strong>di</strong>um dei videogames.<br />

Il primo numero <strong>di</strong> <strong>Ring</strong>, ‘Neonascimento<br />

Digitale’, conteneva un<br />

tasso <strong>di</strong> seghe mentali tale che Enrico<br />

Ghezzi fu ricoverato d’urgenza<br />

per un repentino calo <strong>di</strong> zuccheri.<br />

Già dal secondo numero, ‘Alfieri<br />

dell’Irreale’, <strong>Ring</strong> si assicurava uno<br />

scoop epocale intervistando Dio, il<br />

quale confidava a microfono spento<br />

che non solo un embrione è una<br />

persona, ma che anche un barattolo<br />

<strong>di</strong> maionese lo è.<br />

Con il terzo numero, Avantgarde,<br />

Amano76 approdava in redazione e<br />

contemporaneamente il concetto <strong>di</strong><br />

deadline <strong>di</strong>ventava un qualcosa <strong>di</strong><br />

astratto. Anche Gunny giungeva in<br />

quei giorni sulle sponde ringhiche<br />

insieme al suo amico immaginario<br />

John Wayne.<br />

Il quarto numero, oltre ad avere<br />

un e<strong>di</strong>toriale completamente privo<br />

<strong>di</strong> virgole (in stile Nextgame), com-<br />

prendeva lo scoop ‘Philips Cucina’,<br />

un articolo incomprensibilmente amato<br />

dai lettori. Nel frattempo degli<br />

agenti dormienti <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> approdavano<br />

in Super Console con l’intento <strong>di</strong><br />

demolirla dall’interno. L’obiettivo fu<br />

raggiunto in un solo mese. Ricor<strong>di</strong>amo<br />

che i redattori <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> sono<br />

responsabili della chiusura <strong>di</strong> un<br />

numero <strong>di</strong> riviste tale che la Microsoft<br />

è recentemente venuta a trovarci<br />

in redazione per stu<strong>di</strong>are la<br />

nostra tecnica <strong>di</strong> lavoro.<br />

<strong>Ring</strong> 5 aveva come titolo 101101<br />

000, ossia la versione binaria del<br />

numero ‘360’. L’intento era chiaramente<br />

quello <strong>di</strong> anticipare il nome<br />

della nuova console Microsoft. Cristiano<br />

Bonora entrava nel Soviet<br />

<strong>Ring</strong>hico dopo un arduo test iniziale<br />

che consisteva nell’operare il paziente<br />

de ‘L’allegro chirurgo’ senza<br />

far scattare il naso-allarme.<br />

<strong>Ring</strong> 6 vedeva l’introduzione della<br />

rubrica Versus, una delle tante innovazioni<br />

prodotte da <strong>Ring</strong> per il<br />

suo popolo <strong>di</strong> mentecatti. Un trend<br />

continuato nel numero successivo<br />

con il mastodontico VS de<strong>di</strong>cato a<br />

Wind Waker e l’esor<strong>di</strong>o della rubrica<br />

!Spoiler!.<br />

<strong>Ring</strong> 8 è il numero dell’anniversario.<br />

Oltre ad articoli ricolmi d’o<strong>di</strong>o,<br />

come da costume per i numeri <strong>di</strong><br />

anniversario, si segnala per i bellissimi<br />

<strong>Ring</strong> Awards. Il gruppo è ormai<br />

affiatato, nella ML regnano litigi tra<br />

componenti, i quali poi si ritrovano<br />

uniti nel lanciare offese alle spalle <strong>di</strong><br />

tutte le altre riviste. Un ambiente<br />

sano e produttivo, quin<strong>di</strong>.<br />

<strong>Ring</strong> 9 cadeva a Natale con una<br />

overdose <strong>di</strong> recensioni, tra cui quella<br />

de<strong>di</strong>cata al gioco più bello <strong>di</strong> que-<br />

tutta la vicenda, mentre non c'è che una debole<br />

traccia degli spassosi punzecchiamenti tra Isidoro<br />

e Puck.<br />

Viene da chiedersi perché non si sia optato per<br />

sfruttare in modo migliore la compagnia <strong>di</strong> Caska e<br />

la collaborazione con gli altri protagonisti, che il<br />

motore grafico non avrebbe avuto <strong>di</strong>fficoltà a visualizzare<br />

considerata la cornucopia <strong>di</strong> animazioni<br />

e modelli poligonali che manda a video. Ciò avrebbe<br />

anche permesso <strong>di</strong> scongiurare gli accenni <strong>di</strong><br />

monotonia che <strong>di</strong> tanto in tanto colpiscono gli<br />

scontri <strong>di</strong> massa, unica ragione del gameplay (ma<br />

dei quali comunque non ci si stanca, viste le setteotto<br />

ore <strong>di</strong> durata del gioco).<br />

Berserk per PS2 è un gioco a modo suo degno<br />

dell'opera originale, più consistente del predecessore<br />

su DC e riuscito negli obiettivi che i suoi autori<br />

si sono preposti. Peccato per la traduzione lu<strong>di</strong>ca,<br />

letterale per certi aspetti ma assolutamente<br />

libera per altri. Boss memorabili.<br />

VOTO: S A B C D<br />

sta generazione: Beyond Good &<br />

Evil.<br />

<strong>Ring</strong> 10 vedeva un ineguagliabile<br />

special sui racing games a cura <strong>di</strong><br />

un Pupazzo Gnawd prossimo alle<br />

nozze e una serie tale <strong>di</strong> articoli da<br />

meritarsi l’appellativo <strong>di</strong> best issue<br />

ever. <strong>Ring</strong> 11 era parimenti gran<strong>di</strong>osa,<br />

con uno specialone sui giochi<br />

<strong>di</strong> guerra a cura del pacifista Gunny<br />

e l’introduzione delle rubriche Ivory<br />

Tower e Arena. C’era nell’aria la<br />

consapevolezza che tutte le altre<br />

riviste, in confronto, facessero cagare.<br />

<strong>Ring</strong> 12 offriva al suo pubblico il<br />

suo primo <strong>Ring</strong> Gift: il libro ‘Le affinità<br />

elettive’ del compianto Bruno<br />

Fraschini. Inoltre vedeva il primo<br />

e<strong>di</strong>toriale sottratto ad un Nemesis<br />

ancora scalciante (non come quello<br />

<strong>di</strong> adesso: grasso, pelato e berlusconiano),<br />

e si segnala per l’esor<strong>di</strong>o<br />

della rubrica Game Making Era, poi<br />

copiata a stretto giro <strong>di</strong> posta da<br />

TFP.<br />

<strong>Ring</strong> 13 e 14 si attestavano su livelli<br />

<strong>di</strong> insana qualità, ma i tempi <strong>di</strong><br />

sviluppo si allungavano oltremodo.<br />

<strong>Ring</strong> 15 sotto questo punto <strong>di</strong> vista,<br />

fu un parto come si suol <strong>di</strong>re anale.<br />

Da lì al numero 99, con la decisione<br />

<strong>di</strong> bruciare baracca e burattini e trasferirsi<br />

in uno stato che consenta il<br />

matrimonio tra gay, il passo è stato<br />

breve.<br />

E adesso? Come farete voi senza<br />

nemmeno uno straccio <strong>di</strong> rivista<br />

veramente ganza da leggere? Come<br />

faremo noi senza un mezzo attraverso<br />

il quale vomitare <strong>di</strong>arrea sul<br />

lavoro altrui, in un mondo sempre<br />

più votato all’auto<strong>di</strong>struzione?<br />

La risposta verrà dal cielo sotto<br />

forma <strong>di</strong> piaga.<br />


SISTEMA PS2 VERSIONE PAL SVILUPPATORE CAVIA ETICHETTA BANDAI/PRODUCTION IG MULTIPLAYER 1-2<br />

GIÚ NEL CYBER-MANGA<br />

<strong>di</strong> Federico Res<br />

Motoko Kusanagi è in pie<strong>di</strong>, le spalle contro il<br />

muro, un fucile automatico AR-27 stretto<br />

tra le mani. Al <strong>di</strong> là della parete uno scorcio<br />

<strong>di</strong> cielo al tramonto e il ronzare meccanico <strong>di</strong> un<br />

elicottero d’assalto. Un segnale au<strong>di</strong>o annuncia<br />

l’arrivo <strong>di</strong> una chiamata sul canale criptato.<br />

– Maggiore, qui Ishikawa. Pare che l’unico punto<br />

d’accesso ai registri <strong>di</strong> Key Yazuka si trovi sull’Oniyanma.<br />

L’unica chance che abbiamo per scoprire le<br />

attività segrete della regione autonoma <strong>di</strong> Tohoku<br />

è salire a bordo del mezzo.<br />

Il maggiore resta in silenzio per qualche secondo.<br />

– Roger – <strong>di</strong>ce infine. Il suo sguardo si posa in<br />

un punto indefinito per un lungo istante. Poi la<br />

donna si stacca dalla parete, esce allo scoperto e<br />

scarica una raffica contro i mitragliatori anteriori<br />

dell’Oniyanma. Un lampo bianco, un missile a ricerca<br />

si proietta verso il Maggiore. Motoko esegue<br />

una capriola, schiva il missile e atterra in perfetto<br />

equilibrio. Getta via l’AR-27, imbraccia un M23-GL<br />

e mira al portellone spalancato dell’Oniyanma, dal<br />

quale tre guar<strong>di</strong>e puntano le loro armi. L’esplosione<br />

spazza via i nemici. Mentre la nube <strong>di</strong> fumo si<br />

<strong>di</strong>rada, il Maggiore corre verso il bordo del grattacielo<br />

su cui si trova, spicca un balzo e si aggrappa<br />

con le <strong>di</strong>ta rinforzate in titanio al pianale d’acciaio<br />

dell’Oniyanma. Un guizzo, e in un attimo è a bordo...<br />

Il multiplayer <strong>di</strong> Stand Alone Complex prevede un’unica<br />

modalità: deathmatch tutti contro tutti o a squadre <strong>di</strong> 2.<br />

Le arene a <strong>di</strong>sposizione dei giocatori sono gli stessi livelli<br />

<strong>di</strong> gioco, che si sbloccano dopo il completamento nella<br />

modalità in singolo.<br />

Non si può <strong>di</strong>re che Ghost in the Shell: Stand<br />

Alone Complex non <strong>di</strong>a modo al fan dell’universo<br />

<strong>di</strong> Masamune Shirow <strong>di</strong> calarsi al meglio nei panni<br />

dei suoi intriganti personaggi. Cavia, coa<strong>di</strong>uvata da<br />

Bandai e dallo stesso Production IG, cattura ottimamente<br />

lo spirito della serie animata: l’azione<br />

scorre fluida, mai interrotta da sequenze precalcolate,<br />

costantemente integrata da una fitta rete <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>aloghi via codec in tempo reale. La natura fortemente<br />

arcade del gameplay permette <strong>di</strong> giocare e<br />

al tempo stesso prestare attenzione alle informazioni<br />

ricevute via codec, che svelano i retroscena<br />

della trama; ma è la possibilità <strong>di</strong> dettare noi stessi<br />

il ritmo dell’azione – decidendo <strong>di</strong> ascoltare un <strong>di</strong>alogo<br />

piuttosto che buttarci subito nella lotta – a<br />

fare <strong>di</strong> Stand Alone Complex un buon tie-in.<br />

La trama si <strong>di</strong>pana secondo lo stile <strong>di</strong> Production<br />

IG, attraverso indagini minuziose e rivelazioni costanti.<br />

Il ritmo serrato e la complessità dei <strong>di</strong>aloghi<br />

possono talvolta nuocere alla comprensione delle<br />

vicende narrate, ma un comodo e completo logbook<br />

– che permette <strong>di</strong> riascoltare i <strong>di</strong>aloghi e rivedere<br />

i filmati – sopperisce all’occasionale mancanza<br />

<strong>di</strong> chiarezza della sceneggiatura.<br />

Come era logico aspettarsi, la storia <strong>di</strong> Stand<br />

Alone Complex è uno degli aspetti su cui maggiormente<br />

si è puntato per la riuscita generale<br />

dell’opera: <strong>di</strong>spiace pertanto rilevarne l’ispirazione<br />

non eccelsa e l’incapacità <strong>di</strong> coinvolgere fino in<br />

fondo, anche per la mancanza del sostrato filosofico<br />

comune a manga e film. Si rivela dannoso per il<br />

coinvolgimento, inoltre, il presentare personaggi<br />

già formati e non soggetti a crescita interiore. Tale<br />

aspetto della trama, seppur non lo si possa declamare<br />

come <strong>di</strong>fetto, fa si che il prodotto Cavia si<br />

<strong>di</strong>mostri più appetibile per chi conosce la serie animata<br />

– <strong>di</strong> cui questo gioco sembra a tutti gli effetti<br />

un episo<strong>di</strong>o ine<strong>di</strong>to, collocabile tra la prima e<br />

la seconda stagione televisiva – piuttosto che per i<br />

giocatori non in confidenza con l’universo cyberpunk<br />

<strong>di</strong> Shirow.<br />

Ad ogni buon conto è doveroso citare tra i meriti<br />

<strong>di</strong> Stand Alone Complex i FMV che aprono e<br />

chiudono ogni missione, <strong>di</strong>screti sotto il lato tecnico<br />

e forti <strong>di</strong> un’ottima regia, e alcuni momenti <strong>di</strong><br />

gioco particolarmente riusciti: tra questi lo stage<br />

finale, dove riecheggiano le suggestioni visive sperimentate<br />

nel primo lungometraggio <strong>di</strong> Oshii e si<br />

avverte con maggior efficacia lo spirito della saga.<br />

Infine il particolare aspetto grafico, sobrio ed essenziale,<br />

si rivela azzeccato per le linee estetiche<br />

sensibilmente vicine alle tinte <strong>di</strong> film e serie animata.<br />

Niente che un buon cel sha<strong>di</strong>ng non avrebbe<br />

fatto meglio, ma vista la soli<strong>di</strong>tà del frame rate –<br />

fisso a 30 fps – e la natura tie-in del gioco, il lavoro<br />

<strong>di</strong> Cavia non può certo essere biasimato.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista lu<strong>di</strong>co, purtroppo, Stand Alone<br />

Complex si rivela un action game basico e superficiale.<br />

Non c’è meccanica che non si sia già vista<br />

in uno qualsiasi degli action-shooter in terza<br />

persona; non c’è momento <strong>di</strong> gioco che non riman<strong>di</strong><br />

a titoli analoghi, nella maggior parte dei casi<br />

qualitativamente superiori. In Stand Alone Complex<br />

si spara per la maggior parte del tempo, ma<br />

il <strong>di</strong>vertimento non va <strong>di</strong> pari passo al volume <strong>di</strong><br />

fuoco liberato. Kusanagi e Bato si passano costantemente<br />

il testimone lungo livelli me<strong>di</strong>amente estesi,<br />

quasi sempre lineari, popolati da BOT che<br />

atterriscono per la congenita stupi<strong>di</strong>tà. Sor<strong>di</strong> e ciechi<br />

a un palmo dal naso, i nemici non si scompongono<br />

per una raffica <strong>di</strong> mitra esplosa a pochi metri<br />

dalla loro testa e non mo<strong>di</strong>ficano i pattern <strong>di</strong> vigilanza<br />

alla vista dei cadaveri dei propri compagni.<br />

L’evidente artificiosità delle loro comunicazioni ra<strong>di</strong>o<br />

non confonde mai il giocatore – come invece<br />

accadeva in Half Life – che resta sempre ben consapevole<br />

della loro totale mancanza d’iniziativa.<br />


Stand Alone Complex permette <strong>di</strong> recuperare le armi dei<br />

nemici dopo averli uccisi, garantendo così una <strong>di</strong>sponibilità<br />

praticamente infinita <strong>di</strong> munizioni. Ciò compensa la <strong>di</strong>ffusa<br />

– e voluta – carenza <strong>di</strong> upgrade.<br />

In un contesto simile, a poco serve l’ottimo sistema<br />

<strong>di</strong> controllo allestito da Cavia: coman<strong>di</strong> in stile<br />

FPS – con l’uso <strong>di</strong> entrambe le leve per spostarsi e<br />

mirare e dei dorsali per fare fuoco – e lock-on limitato<br />

all’uso <strong>di</strong> alcune armi particolari ma generalmente<br />

trascurabile, vista l’agilità della mira manuale.<br />

Un sistema <strong>di</strong> controllo quasi perfetto, in sé<br />

appagante ma insufficiente a sollevare l’esperienza<br />

dalla soglia della semplice piacevolezza. Da rilevare<br />

come la particolare agilità <strong>di</strong> Motoko (provvista<br />

tra l’altro <strong>di</strong> una mossa evasiva fortemente coreografica)<br />

determini spesso pattern <strong>di</strong> gioco <strong>di</strong>rettamente<br />

riconducibili a quanto visto nei primi Tomb<br />

Raider. Il salto da parete a parete è spesso incentivato,<br />

mentre la comprensione e la dominazione<br />

degli ambienti gioca spesso un ruolo fondamentale.<br />

Vista la bontà del sistema <strong>di</strong> controllo tale feature<br />

non può che risultare gra<strong>di</strong>ta, anche in considerazione<br />

delle labili meccaniche action.<br />

In ultimo, l’hacking si rivela un extra pressoché<br />

inutile e malamente implementato. Necessario in<br />

una sola occasione (durante la prima missione), il<br />

processo che permette <strong>di</strong> prendere il controllo degli<br />

avversari è macchinoso e poco gratificante,<br />

nonché già ampiamente sperimentato in Metal<br />

Arms <strong>di</strong> Swingin’ Ape Stu<strong>di</strong>os, uscito oltre un anno<br />

fa.<br />

Ghost in the Shell: SAC è un tie-in migliore del<br />

titolo sfornato da Bandai nel 1997, ma incapace <strong>di</strong><br />

avere senso al <strong>di</strong> là del franchise del quale rappresenta<br />

la licenza videolu<strong>di</strong>ca, e proprio per questo<br />

degno <strong>di</strong> considerazione unicamente da parte dei<br />

fan della saga. Tuttavia, anche se si appartiene a<br />

quest’ultima categoria, un sano testing precedente<br />

all’acquisto è cosa buona e giusta.<br />

VOTO: S A B C D<br />

PHILOSOPHER GUNNY<br />

Credo che non ci sia UN evento della mia vita<br />

includente un me<strong>di</strong>o/alto bisogno <strong>di</strong> locomozione<br />

che non sia coinciso con uno sciopero<br />

dei treni. I ferroviari sono ancora fermi al<br />

secondo gra<strong>di</strong>no del mio concetto <strong>di</strong> adesione<br />

sociale, che a questo punto espongo…<br />

Primo Grado: irrilevanza<br />

Il grado delle persone terribilmente stupide e<br />

dei bambini. La sovrastruttura esiste, ma loro<br />

non la colgono, in quanto passano il tempo<br />

a truccare il motorino/riempire le <strong>di</strong>scoteche<br />

(gli stupi<strong>di</strong>), e a meravigliarsi <strong>di</strong> quanto<br />

sia marrone la cacca che fanno (i bambini,<br />

ma talvolta anche gli stupi<strong>di</strong>). Non rendendosi<br />

conto della sovrastruttura, ad ogni modo<br />

ne sono ricompresi e non costituiscono un<br />

elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità<br />

Secondo Grado: ribellione inconsapevole<br />

Appena scorti i tratti della sovrastruttura,<br />

questa categoria tende a combatterla, per<br />

paura dell'ignoto o necessità <strong>di</strong> farsi bello<br />

con l'amica/l'amico intellettuale. Sintomi:<br />

acquisto <strong>di</strong> scarpe già rovinate, autogestione<br />

scolastica, o<strong>di</strong>o verso le forze dell'or<strong>di</strong>ne. La<br />

categoria comprende spesso anche persone<br />

molto intelligenti, ma mai e in nessun caso<br />

comprende persone rilassate.<br />

Terzo Grado: aquiescienza amorale<br />

Il singolo si rende conto che la seconda fase<br />

è improduttiva e cessa <strong>di</strong> lottare, riconoscendo<br />

che la sovrastruttura/il sistema esiste<br />

e che bene o male c'è sempre stato e che<br />

insomma io che cazzo posso farci c'ho l'erba<br />

in giar<strong>di</strong>no da tagliare e da qualche anno ho<br />

anche <strong>di</strong>fficoltà ad avere erezioni.<br />

Quarto Grado: pimpante consapevolezza<br />

Il singolo realizza che tutto è Bene, evince<br />

l'universale dal particolare e si compiace nel<br />

constatare che la macchina stritolatrice del<br />

sistema (qualunque sistema esso sia) trionfa<br />

in modo sistematico sulle pulsioni innovatrici.<br />

Forte <strong>di</strong> questo egli ringrazia, e svolge il suo<br />

ruolo <strong>di</strong> misero, anonimo e insignificante (ma<br />

felice!) ingranaggio confidando che un giorno<br />

il sistema stesso non lo <strong>di</strong>vori (ma si sbaglia!<br />

infatti i più illuminati prevedono questo e<br />

passano al…)<br />

Quinto Grado: Martire della Grande Ruota<br />

La mia fase! In pratica è come quando un<br />

buddhista riesce a spezzare il cerchio delle<br />

rinascite. Il singolo, totalmente accecato dalla<br />

luce emanata dal sistema e dai suoi infiniti<br />

mezzi <strong>di</strong> livellamento (fisico, mentale, morale<br />

e in futuro chissà anche sessuale), arriva infine<br />

alla Verità. In sostanza, <strong>di</strong>viene vittima<br />

consenziente del sistema da lui stesso teorizzato<br />

come il migliore possibile. Con sistema<br />

non s'intende niente <strong>di</strong> che, eh, un qualsiasi<br />

McDonald va benissimo. Tutto questo per<br />

<strong>di</strong>re che se i ferroviari arrivassero infine alla<br />

quarta fase, viaggiare con i treni in italia sarebbe<br />

bello. Soprattutto magari passare su<br />

un tratto rovinato da uno smottamento pochi<br />

secon<strong>di</strong> prima, e dove gli operai hanno creato<br />

coi loro corpi un binario <strong>di</strong> carne provvisorio<br />

per evitarti a tutti i costi un ritardo. Ecco,<br />

io un pò mi commuoverei.<br />

Gunny<br />


SISTEMA PS2-XBOX VERSIONE PAL SVILUPPATORE INXILE ETICHETTA UBISOFT MULTIPLAYER NO<br />

YE BARD’S SONG <br />

<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />

Le <strong>di</strong>squisizioni sulla necessità <strong>di</strong> creare contenuti originali<br />

si sprecano o, comunque, si sono sprecate. Tuttavia<br />

– qualcuno se ne è pur reso conto – non sempre<br />

originalità corrisponde ad eccellenza e non sempre la<br />

via del ‘mai-fatto-prima’ significa un totale stravolgimento<br />

delle regole del gioco. Anzi, spesso lo ‘sbalor<strong>di</strong>mento’ riesce<br />

meglio se si mantiene un contesto anonimo, conosciuto,<br />

nel quale si introduce un elemento anarchico e impazzito.<br />

Lo ha capito bene certo cinema horror, quello meno<br />

fracassone e gore, dove una normalità squassata da eventi<br />

insondabili non fa che amplificare l’effetto sullo spettatore.<br />

Allo stesso modo, con genio, InXile fa proprio uno dei<br />

generi più stereotipati e immutabili e lo stravolge, sottilmente<br />

ma irrevocabilmente.<br />

Bard’s Tale è un clone <strong>di</strong> Diablo e nulla più, parrebbe.<br />

Anzi, per rendere meglio l’immagine, Bard’s Tale è un<br />

clone <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> quel Champions of Norrath da cui ere<strong>di</strong>ta<br />

anche il motore grafico. La solfa è sempre quella: un<br />

eroe solitario contro il mondo, un mondo tri<strong>di</strong>mensional/isometrico<br />

nel quale aggirarsi alla cerca <strong>di</strong> tesori, acquisendo<br />

magie e acquistando armamentari via via più<br />

potenti, sino a salire sulla vetta del mondo e sconfiggere<br />

un qualche demone assetato <strong>di</strong> potere, o <strong>di</strong> sangue, o <strong>di</strong><br />

potere e sangue.<br />

Nulla <strong>di</strong> nuovo sotto il sole: quest e sub-quest <strong>di</strong> varia<br />

natura che si aprono <strong>di</strong>alogando con i numerosi NPC, nemici<br />

che attaccano in folti gruppi, boss da sconfiggere,<br />

persone rapite/scappate da ricercare, bande <strong>di</strong> briganti da<br />

liquidare, dungeon da ripulire, tesori da scovare e… principesse<br />

da salvare, ovvio. Proprio un monumento al cliché…<br />

Stacco.<br />

L’umorismo, specie quello demenziale, tende a trarre ispirazione<br />

dal costume e dalle consuetu<strong>di</strong>ni. Ora, esiste<br />

occupazione più reiterativa del Videogioco? Forse sì, ma<br />

ciò non toglie che il me<strong>di</strong>um Videogioco, negli ultimi (e<br />

anche primi) decenni <strong>di</strong> vita sia un coacervo <strong>di</strong> stereotipi,<br />

<strong>di</strong> situazioni viste e riviste e, in gran parte, <strong>di</strong> situazioni<br />

intrinsecamente stupide.<br />

Il fatto che l’umorismo, specie quello autoreferenziale,<br />

non si sia molto <strong>di</strong>ffuso nel Videogioco stupisce, dacché<br />

una delle cose che i giocatori pre<strong>di</strong>ligono è <strong>di</strong>vertirsi, e<br />

dunque perché non farlo ridendo del nostro passatempo<br />

preferito? Forse che l’umorismo non è una scienza esatta,<br />

replicabile a piacere, ma deriva da menti creative e pre<strong>di</strong>sposte<br />

e che queste non siano così <strong>di</strong>ffuse, in un’industria<br />

che prima <strong>di</strong> tutto insegue il venduto.<br />

Evidentemente, InXile deve essere riuscita a trovare un<br />

paio <strong>di</strong> teste burlone e ispirate che riescono a ridere <strong>di</strong> se<br />

stesse: requisito in<strong>di</strong>spensabile per far ridere gli altri.<br />

Bard’s Tale nasce da questo presupposto.<br />

Su un contesto come detto noto e a tratti scontato,<br />

l’avventura prende vita attorno alla carismatica e insolita<br />

figura del Bardo, un ‘eroe’ mosso non dai propositi <strong>di</strong> Gloria<br />

e Giustizia, quanto piuttosto da quelli <strong>di</strong> Denaro e<br />

Ghiandola Mammaria. Alle richieste dei bisognosi, il Bardo<br />

risponde per le rime chiedendo/chiedendosi cosa può guadagnarci.<br />

E anche una notte fra le coperte <strong>di</strong> qualche ragazza<br />

è moneta bene accetta…<br />

Se i <strong>di</strong>aloghi ben <strong>di</strong>spongono il giocatore per la loro goliar<strong>di</strong>a<br />

e le risposte pepate del bardo (e <strong>di</strong> certi suoi arguti<br />

interlocutori), e il parlato <strong>di</strong>verte con un doppiaggio teatrale<br />

a <strong>di</strong>r poco sontuoso nella sua interpretazione, quello<br />

che maggiormente colpisce è il dono raro dell’autoironia.<br />

Sono <strong>di</strong>versi e preziosi gli esempi che meriterebbero<br />

menzione, ma è inopportuno rovinare la sorpresa. Basta<br />

però dare un’occhiata all’incipit narrativo, con l’Eroe impegnato<br />

a <strong>di</strong>sinfestare dai topi la cantina (dungeon) <strong>di</strong> una<br />

locanda. Diamine! Tre stereotipi del fantasy videolu<strong>di</strong>co<br />

riuniti in un istante (senza parlare dell’ilare conclusione<br />

della vicenda).<br />

Ma ancora, il primo lupo ucciso rilascia una quantità obesa<br />

<strong>di</strong> tesori, monete, armi e armature. La voce narrante<br />

inizia a descrivere le meraviglie ritrovate, quando ad un<br />

tratto si ferma e s’interroga sulla giustezza <strong>di</strong> quanto va<br />

<strong>di</strong>cendo. Ed è proprio il Bardo ad intervenire, rendendo<br />

noto che “in questi lupi si trova sempre un sacco <strong>di</strong> roba”.<br />

E via così, con <strong>di</strong>aloghi surreali fra il Bardo e il Narratore,<br />

<strong>di</strong>visi fra i bassi istinti della carne, il primo, e la ricerca <strong>di</strong><br />

un bene superiore, il secondo.<br />

Bard’s Tale prende letteralmente per il culo – e con stile<br />

– quello che il Videogioco <strong>di</strong> genere ci ha insegnato fino<br />

ad oggi: il Bardo si secca <strong>di</strong> fare avanti in<strong>di</strong>etro per le terre,<br />

con l’unica ragione <strong>di</strong> <strong>di</strong>luire le ore <strong>di</strong> gioco, così come<br />

si lagna dei negozi che espongono armi con prezzi assurdamente<br />

alti, il cui acquisto è impensabile nelle prime fasi<br />

<strong>di</strong> gioco. È un continuo vorticare <strong>di</strong> situazioni che il giocatore<br />

conosce e riconosce, spesso con largo anticipo, e a<br />

cui il gioco dona una luce nuova e impreve<strong>di</strong>bile in quanto<br />

sa che noi sappiamo come vanno le cose, o meglio, come<br />

dovrebbero andare.<br />

Bard’s Tale è gradevole alla vista e non soffre grossi inciampi,<br />

sebbene caricamente più snelli (su PS2) avrebbero<br />

reso più fluida la pratica <strong>di</strong> gioco. Il Bardo affronta in solitario<br />

le sue avventure, ma grazie alle sue melo<strong>di</strong>e magiche<br />

è possibile richiamare creature amiche, il cui numero<br />

è determinato dallo strumento usato per le evocazioni.<br />

Seppur con meriti innegabili, Bard’s Tale cede sotto una<br />

struttura <strong>di</strong> gioco trita e, soprattutto, sulla mancata localizzazione.<br />

Il doppiaggio, certo, è <strong>di</strong> livello tale che non<br />

avrebbe potuto avere un adeguato impatto in italiano, e<br />

pure lo scritto rimanda alla parlata arcaica e fa ampio uso<br />

<strong>di</strong> giochi <strong>di</strong> parole legati alla tra<strong>di</strong>zione o ai mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re.<br />

Non stupisce quin<strong>di</strong> che UbiSoft abbia evitato la traduzione<br />

(impresa improba), ma ciò non toglie che la conoscenza<br />

linguistica necessaria debba essere alta per godere delle<br />

battute, spesso accennate e sottili, ed in genere anche<br />

per la comprensione del gioco, resa ostica da un ampio<br />

uso <strong>di</strong> arcaismi e parole <strong>di</strong> uso poco comune.<br />

Se avete un inglese <strong>di</strong> livello non buono e siete francamente<br />

stufi <strong>di</strong> pigiare ripetutamente un tasto all’in<strong>di</strong>rizzo<br />

dei nemici, allora l’ironia <strong>di</strong> Bard’s Tale non vi solleverà<br />

dal peso <strong>di</strong> una struttura <strong>di</strong> gioco che ha nelle fondamenta<br />

i propri <strong>di</strong>fetti. Per tutti gli altri, il viaggio in compagnia<br />

del Bardo sarà invece occasione <strong>di</strong> ridere con lui e <strong>di</strong> noi,<br />

trasformando i limiti del genere in uno spunto per una<br />

battuta sagace o una stoccata velenosa all’in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> chi<br />

gioca.<br />

VOTO: S A B C D<br />


SISTEMA PC SVILUPPATORE CYBERLORE ETICHETTA ARUSH INTERACTIVE MULTIPLAYER NO<br />

IL GIOCO COL PORNO DENTRO <br />

<strong>di</strong> Paolo Ruffino<br />

Playboy The Mansion è, potenzialmente, la<br />

migliore idea che un produttore <strong>di</strong> videogiochi<br />

potesse avere. Essenzialmente, l’idea è quella<br />

<strong>di</strong> unire due delle industrie dell’intrattenimento più<br />

solide, attraenti e red<strong>di</strong>tizie, quella dei videogiochi<br />

e quella della pornografia, attraverso i due brand<br />

più simbolici dei rispettivi mercati, The Sims e<br />

Playboy. Per essere più corretti, il gioco <strong>di</strong> Maxis<br />

non è riprodotto in modo ufficiale, ma il tentativo<br />

<strong>di</strong> emularlo in molti dei suoi aspetti è talmente palese<br />

da rischiare la denuncia.<br />

Dicevamo che si tratta del concept più geniale<br />

che si possa immaginare. Allora cos’è che rende<br />

questo titolo una schifezza immane? Innanzitutto,<br />

due punti evidenti: il primo è che l’unione <strong>di</strong> questi<br />

due brand può facilmente avere successo in termini<br />

<strong>di</strong> ven<strong>di</strong>te, ma che l’alchimia abbia successo in<br />

termini <strong>di</strong> gameplay è cosa assai più <strong>di</strong>fficile. Il secondo,<br />

è che una miscela così esplosiva non può<br />

funzionare semplicemente come un’ad<strong>di</strong>zione, aggiungendo<br />

nient’altro che le tette a un titolo <strong>di</strong><br />

successo. Sarebbe stato più corretto cercare un<br />

buon bilanciamento. Approccio che Playboy The<br />

Mansion per certi aspetti prova ad abbracciare,<br />

ma con risultati modesti.<br />

Notate il colore della pelle del maggiordomo e dello scribacchino.<br />

Ed ora quello del ricco playboy per antonomasia<br />

e della rockstar...no, lasciate perdere, non è per questi<br />

motivi che questo gioco fa <strong>di</strong>sperare...<br />

Perché non è The Sims<br />

Vestiamo i panni, o meglio la vestaglia, <strong>di</strong> Hugh<br />

Hefner, celebre fondatore della rivista che rivoluzionò<br />

il mondo della pornografia negli anni ’60 e<br />

che non ha mai smesso <strong>di</strong> vantarsene. Le modalità<br />

<strong>di</strong> gioco sono due. Una è ricalcata sul The Sims<br />

originale, cioè data una certa quantità <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> iniziale<br />

dobbiamo far nascere e proliferare la nostra<br />

villa e la rivista guadagnando e trombando sempre<br />

più. Modalità che chiameremo, per restare nel<br />

campo semantico continuamente evocato dal testo,<br />

‘palle all’aria’. La seconda modalità riprende la<br />

versione console <strong>di</strong> The Sims (piccolo il mondo,<br />

vero?) ed è strutturata su missioni che ricostruiscono<br />

la scalata al successo <strong>di</strong> Mr. Hefner. Uno<br />

story mode che, compensando con oggetti, locazioni<br />

e fighe sempre nuove, ci spinge a completare<br />

i vari numeri del magazine rispettando certi criteri.<br />

Chiariamo subito che, comunque si voglia giocare,<br />

la sfida è inesistente. Non esiste, innanzitutto, che<br />

una playmate neghi il fiore della sua giovinezza al<br />

sessantenne in vestaglia, né che si trovi a <strong>di</strong>sagio<br />

nel posare per una copertina. Ogni personaggio ha<br />

delle caratteristiche, dei gusti e degli stati d’umore,<br />

ma sono dettagli in un mondo decisamente<br />

masturbatorio, dove tutti e tutte sono sempre ben<br />

lieti <strong>di</strong> assecondare i nostri piaceri. Manca dunque<br />

la profon<strong>di</strong>tà, o supposta tale, delle relazioni sociali<br />

dei Sim. Manca in generale una cura per il dettaglio<br />

nella caratterizzazione fisica e morale dei personaggi.<br />

Le donne sono descritte in termini binari:<br />

selezionabili per le copertine/non selezionabili, tettone/piatte,<br />

playmate/non playmate. Lo stesso vale<br />

per gli uomini: i loro peni sono eretti/a riposo,<br />

sono in boxer/vestiti, amici/non amici (‘nemici’ sarebbe<br />

troppo complesso, porterebbe eccessive<br />

preoccupazioni). È <strong>di</strong>fficile anche solo <strong>di</strong>stinguere<br />

sullo schermo un personaggio da un altro perché<br />

appaiono, e questo è interessante, tutti uguali. E<br />

così l’interfaccia macchinosa viene ulteriormente<br />

appesantita e resa meno intuitiva.<br />

Di The Sims tralascia alcuni degli aspetti che ne<br />

hanno decretato il successo. Non esiste la possibilità<br />

<strong>di</strong> scambiare modelli prodotti dagli utenti attraverso<br />

Internet, mentre invece sarebbe stato bello,<br />

ad esempio, creare il personaggio <strong>di</strong> sé stessi ed<br />

inserirsi nel gioco travestiti da coniglietta/o. O dare<br />

sfogo ad altre idee possibilmente più felici.<br />

Sono presenti vari elementi d’arredo ma non sono<br />

abbastanza <strong>di</strong>versificati da incentivare il desiderio<br />

<strong>di</strong> abbellire la Mansion. Oltetutto lo stile generale<br />

della villa è sempre lo stesso, e l’unico sfizio<br />

con un minimo d consistenza che ci si può togliere<br />

è appendere ai muri quadri famosi dell’arte contemporanea.<br />

Non si capisce bene perché, per quel<br />

che riguarda i quadri, ci si sia sforzati <strong>di</strong> riprodurre<br />

opere famose <strong>di</strong> Van Gogh o Toulouse Lautrec,<br />

considerato che non danno particolari sod<strong>di</strong>sfazioni<br />

e non vengono <strong>di</strong> certo preferiti alle bocce virtuali<br />

<strong>di</strong> qualsivoglia mademoiselle.<br />

Abbandonati questi aspetti, non resta che accettare<br />

il gioco solo per il suo lato pornografico. Peccato<br />

anche questo manchi all’appello.<br />

Scegliete con quali <strong>di</strong> queste concludere la vostra festa,<br />

basta cliccarci sopra. Bello vero? Ed invece riesce ad essere<br />

noioso.<br />


Arredare la Mansion non porta a nulla, ma in fondo tutti<br />

moriremo e scompariremo nel nulla, per cui nessuna azione<br />

ha senso. Forse che Playboy voglia farci riflettere sul<br />

sesso, scusate, senso ultimo delle cose?<br />

Perché non è Playboy<br />

Ispiratosi ad una rivista che, storicamente, ha<br />

sempre promosso la libertà sessuale, Playboy The<br />

Mansion è un triste manifesto <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> eccesso<br />

razionalizzato e controllato. Anche l’ubriacatura<br />

della rockstar invitata al party esclusivo è regolata,<br />

preve<strong>di</strong>bile. Chiaccherare cinque volte con<br />

una playmate <strong>di</strong> amore/affari/argomenti vari porta<br />

ad un sua risposta positiva alla richiesta <strong>di</strong> farlo sul<br />

<strong>di</strong>vano/letto/sdraio. Non è tanto un problema la<br />

mancanza del nudo integrale, che certo lascia perplessi,<br />

ma la totale assenza <strong>di</strong> motivi <strong>di</strong> eccitazione.<br />

I quattro poligoni che formano le tette extra<br />

large sono raggiungibili con un rapido calcolo ed<br />

un’ottimizzazione dei tempi. Spendere una certa<br />

quantità <strong>di</strong> denaro per un party esclusivo comporta<br />

un proporzionale aumento <strong>di</strong> fama. Più alto il numero<br />

delle stelline, cioè maggiore la bravura, <strong>di</strong> un<br />

giornalista, un fotografo o una playmate, più alto il<br />

valore complessivo del numero che stiamo per<br />

pubblicare. Il quale, state tranquilli, a detta dei<br />

nostri aiutanti sarà sempre il ‘migliore mai prodotto’.<br />

Ci si annoia ben presto <strong>di</strong> accumulare punti in<br />

questo modo. A poco vale la possibilità <strong>di</strong> accedere,<br />

come bonus, ad un archivio <strong>di</strong> copertine ed interviste<br />

che sono rimaste alla storia, come quelle a<br />

Michael Jordan e Bill Gates, e <strong>di</strong>fficilmente si può<br />

credere che chi si avvicini a questo titololo lo faccia<br />

per un interesse filologico. Se è possibile invitare<br />

una playmate nella piscina, decidere come vestirla<br />

(o svestirla), e farle delle foto per la paginona centrale,<br />

sconforta poi scoprire che anche se si sceglie<br />

lo scatto fatto al suo mignolo la qualità del lavoro<br />

avrà lo stesso valore. È, insomma, la totale per<strong>di</strong>ta<br />

del pensiero critico a favore <strong>di</strong> una poetica del puro<br />

effetto. Non importa come, importa cosa tu stia<br />

facendo: una foto, una scopata, valgono tutte lo<br />

stesso.<br />

È il ‘primitivismo percettivo’ <strong>di</strong> cui parla Gianfranco<br />

Pecchinenda, citando Provenzo, al suo massimo<br />

splendore, una “situazione in cui ogni <strong>di</strong>stinguo<br />

viene eliminato e si tende a ricondurre tutto<br />

ad un unico comune denominatore”. 1 Se questo<br />

può essere vero per ogni videogioco, e per la stessa<br />

pornogafia, qui si alza la posta in gioco perché<br />

ad essere ridotto a numero è qualcosa <strong>di</strong> complesso,<br />

sottile, delicato e prezioso come il rapporto tra<br />

un uomo ed una donna. Rispetto alla rivista, poi, il<br />

gioco perde tutta quella <strong>di</strong>mensione provocatoria,<br />

coraggiosa ed impreve<strong>di</strong>bile che aveva l’iniziativa<br />

e<strong>di</strong>toriale.<br />

Unica via <strong>di</strong> fuga è la lettura in chiave ironica.<br />

Ironia verso The Sims ed il mondo della pornografia<br />

al tempo stesso, mostrati nel loro lato più riprovevole.<br />

Ma, e non mi si accusi <strong>di</strong> malafede, mi<br />

riservo un ampio margine <strong>di</strong> dubbio sulla possibilità<br />

<strong>di</strong> una simile sottigliezza, che certo però trasformerebbe<br />

il gioco <strong>di</strong> Cyberlore in una delle più<br />

interessanti opere degli ultimi tempi.<br />

Playboy è sempre stato un trampolino <strong>di</strong> lancio per la carriera<br />

politica nel nostro Paese, come <strong>di</strong>mostra il numero<br />

del Novembre 1983 dell’e<strong>di</strong>zione tedesca.<br />

Che si <strong>di</strong>venta ciechi<br />

Non eccita, non <strong>di</strong>verte. Playboy The Mansion è<br />

la viva <strong>di</strong>mostrazione della <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> unire due<br />

industrie apparentemente così vicine. Se è masturbazione<br />

arredare casa, come ci ricordava il<br />

protagonista <strong>di</strong> Fight Club 2 che aveva sostituito i<br />

cataloghi Ikea a Playboy, arredarne una virtuale è<br />

un’azione ancora più spinta. Peccato non valga lo<br />

stesso per ogni ambito della sfera sessuale: scopare<br />

una playmate non è mai stato così noioso.<br />

Segnaliamo in chiusura la buona colonna sonora,<br />

con un Felix da Housecat (cioè la sua versione virtuale)<br />

che può essere add<strong>di</strong>rittura invitato ai propri<br />

party privati.<br />

Il giu<strong>di</strong>zio su Playboy The Mansion è insomma<br />

fortemente negativo, ma resta vivo un ultimo sospetto.<br />

A capo del progetto c’è una donna, tale<br />

Brenda Brathwaite. Che il movimento femminista<br />

sia finalmente riuscito a colpire il suo nemico <strong>di</strong><br />

sempre con un’inviata segreta?<br />

Riferimenti<br />

1) Gianfranco Pecchinenda, <strong>Videogiochi</strong> e cultura<br />

della simulazione: la nascita dell’homo game, E<strong>di</strong>tori<br />

Laterza 2003<br />

2) David Fincher, Fight Club, 1999. Tratto dall’omonima<br />

novella <strong>di</strong> Chuck Palahniuk.<br />

VOTO: S A B C D<br />


SISTEMA XBOX VERSIONE PAL SVILUPPATORE DARKWORKS ETICHETTA UBISOFT MULTIPLAYER NO<br />

ONDE <br />

<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />

Copiare è importante.<br />

Chiunque si sia avvicinato ad un’arte, privo<br />

<strong>di</strong> un talento superiore, sa bene che il modo<br />

più rapido e proficuo per migliorarsi è copiare dai<br />

maestri, da chi ha già percorso la strada del mestiere.<br />

E copiare, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto sia comune<br />

pensare, non è pratica semplice. Il Cold Fear<br />

<strong>di</strong> Darkworks, già artefici del controverso Alone in<br />

the Dark 4, aiuta a delineare i contorni <strong>di</strong> questo<br />

pensiero.<br />

Il progetto prende il via come malcelato epigono<br />

<strong>di</strong> quel Resident Evil 4 che ha suscitato ampio<br />

clamore sulla scena mon<strong>di</strong>ale. Fino al recente e<br />

inaspettato annuncio <strong>di</strong> conversione per il sistema<br />

Sony, infatti, RE4 prometteva <strong>di</strong> terrorizzare la<br />

sola utenza GameCube. Insopprimibile, per Ubisoft,<br />

la tentazione <strong>di</strong> coprire (almeno commercialmente)<br />

il posto lasciato vacante su PS2 e, perché<br />

no, Xbox.<br />

Con invi<strong>di</strong>abile opportunismo, Cold Fear si palleggia<br />

fra il plagio e la citazione oscena in luogo<br />

pubblico. Il sistema <strong>di</strong> mira è infatti mutuato da<br />

quello mostrato nei primi filmati <strong>di</strong> RE4 <strong>di</strong>ffusi da<br />

Capcom, con il protagonista spostato sulla sinistra<br />

in una semi-soggettiva <strong>di</strong> sicuro effetto. Un simile<br />

angolo <strong>di</strong> ripresa, attivabile a piacere, aumenta<br />

l’immedesimazione e permette <strong>di</strong> portare a segno<br />

precisi headshot, in<strong>di</strong>spensabili per eliminare definitivamente<br />

le nutrite mostruosità ambulanti. Se<br />

normalmente la deambulazione è ripresa in terza<br />

persona con inquadrature fisse, negli scontri a fuoco<br />

<strong>di</strong>venta in<strong>di</strong>spensabile l’uso della semisoggettiva.<br />

Diversamente da RE4, Cold Fear<br />

permette però <strong>di</strong> muoversi anche in questa modalità.<br />

Il risultato è un ritmo circospetto, con arma<br />

spianata e pronta al fuoco, che esalta la tensione<br />

<strong>di</strong> un contesto cupo e ansiogeno già <strong>di</strong> suo. Una<br />

trovata <strong>di</strong> design brillante, che si impone come<br />

chiave lu<strong>di</strong>ca preferenziale, al punto che in terza<br />

persona andranno percorsi solo i passi <strong>di</strong> fuga dai<br />

pericoli più urgenti.<br />

La gestione della mira risulta precisa e puntuale,<br />

almeno sulla me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>stanza, nel breve, invece, si<br />

impasta lasciando spesso il giocatore spaesato,<br />

con il nemico a gettargli le braccia al collo con fare<br />

tutt’altro che amichevole. Al <strong>di</strong> là dell’ovvia irritazione<br />

che segue ogni colpo subito, questo <strong>di</strong>fetto<br />

impone un approccio saldo e freddo ai corpo a corpo.<br />

L’eliminazione dei nemici va condotta con criterio<br />

e rapi<strong>di</strong>tà, in modo da evitare scontri ravvicinati.<br />

Purtroppo, Cold Fear non contempla i danni<br />

localizzati, con l’esclusione della testa, che in caso<br />

<strong>di</strong> headshot sboccerà in un fiore <strong>di</strong> materia cerebrale<br />

e ossa craniche. Coreograficamente appagante<br />

e strategicamente vantaggioso, l’head-shot<br />

si rivela ben presto la soluzione preferibile a tutte<br />

le situazioni <strong>di</strong> combattimento. Tuttavia, presa <strong>di</strong>mestichezza<br />

con la sensibilità dello stick a<strong>di</strong>bito<br />

alla mira, le teste esploderanno una via l’altra in<br />

uno show splatter alla lunga stanchevole e privo <strong>di</strong><br />

strategia. Le variabili aggiunte delle <strong>di</strong>verse armi<br />

non incidono in modo significativo, sebbene siano<br />

<strong>di</strong>sponibili un robusto lanciafiamme e uno sparaarpioni<br />

con fiale proteiche, che <strong>di</strong>straggono gli avversari<br />

per alcuni preziosi momenti.<br />

La verità è che Cold Fear risulta presto lu<strong>di</strong>camente<br />

insapore, in quanto privo <strong>di</strong> acuti dettati da<br />

un’idea innovativa <strong>di</strong> fondo o da un’intuizione portante.<br />

Una trama banale e sgraziatamente <strong>di</strong>retta<br />

non è che la scusa per una sequela <strong>di</strong> sparatorie<br />

mai troppo impegnative e un’esplorazione rada <strong>di</strong><br />

eventi. Quin<strong>di</strong>? Quin<strong>di</strong> Cold Fear è un gioco onesto,<br />

un buon gioco che per molti versi anticipa un<br />

futuro possibile dei survival horror: la riduzione<br />

delle scampagnate nei menu, il richiamo rapido<br />

dell'arsenale <strong>di</strong>sponibile, la scomparsa <strong>di</strong> enigmi<br />

pretestuosi e alcuni dettagli <strong>di</strong> design conferiscono<br />

al gioco <strong>di</strong> Darkworks un cre<strong>di</strong>to che queste produzioni<br />

minori generalmente non meritano.<br />

Da tenere d’occhio, i ragazzi <strong>di</strong> Darkworks: encomiabile la<br />

loro attenzione all’atmosfera, troppo spesso lontana dai<br />

tavoli degli sviluppatori. Molti i frangenti <strong>di</strong> gioco emotivamente<br />

carichi e numerose le ‘stanze’ che favoriscono il<br />

torcicollo. Un’ambientazione, quella <strong>di</strong> Cold Fear, che ti<br />

entra nelle osse, come l’acqua che si rovescia dal suo cielo<br />

<strong>di</strong>gitale.<br />

Su tutto cala imprescin<strong>di</strong>bile l’ambientazione.<br />

Un Renderware mai così bello fuori dalle piste <strong>di</strong><br />

Burnout, traduce uno scenario <strong>di</strong> impatto devastante.<br />

La baleniera che ospita la prima sezione <strong>di</strong><br />

gioco è un’imbarcazione lugubre, silenziosa e ostile,<br />

attorno alla quale ruggisce una tempesta che<br />

scuote il mare impennando cavalloni. Gli strattoni<br />

cui è sottoposta la nave sono convincenti e soli<strong>di</strong>,<br />

mentre il vento e le gocce sferzano graziosamente<br />

lo schermo.<br />

Ma non è solo questione <strong>di</strong> poligoni o effetti.<br />

Cold Fear propone un valore aggiunto all’estetica<br />

del gioco: il movimento. Il continuo caracollare<br />

della baleniera rende sottilmente viva la nave.<br />

L’orizzonte visivo è vittima <strong>di</strong> oscillazioni e spostamenti<br />

degli oggetti mobili, mentre sul ponte<br />

danzano le ombre <strong>di</strong> numerose strutture svettanti,<br />

ombre gettate dai fari e dalle fiamme <strong>di</strong> uno scenario<br />

catastrofico che sta cannibalizzando se stesso.<br />

Un movimento estetico che si ripercuote anche<br />

negli interni, con stanze che ondeggiano ora placide<br />

ora funeste. In tal senso, è grande il rammarico<br />

per una pressoché nulla interazione ambientale,<br />

che avrebbe incrementato <strong>di</strong> molto la sensazione<br />

<strong>di</strong> precarietà.<br />

Per chi scrive, in fatto <strong>di</strong> resa estetica dello scenario<br />

viene qui fotografata una delle migliori cartoline<br />

ricordo <strong>di</strong> questa generazione, da affiancare<br />


all’estro architettonico <strong>di</strong> Devil May Cry ed i giochi<br />

<strong>di</strong> luci/ombre in ICO.<br />

Ma Darworks paga dazio per la necessità <strong>di</strong> rincorrere<br />

la data d’uscita <strong>di</strong> RE4 e perde per strada<br />

quello sporgente bernoccolo <strong>di</strong> game design che, a<br />

conti fatti, affiora soltanto qua e là. Al <strong>di</strong> fuori della<br />

scarsa componente narrativa e <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong>sgraziati<br />

interventi in FMV (nella convinzione, tutta occidentale,<br />

che essi rafforzino la tensione, quando è vero<br />

il contrario…), Cold Fear mette in campo sensibili<br />

ingenuità a livello <strong>di</strong> struttura. La mappa, saggiamente<br />

rimossa dal novero delle opzioni consultabili,<br />

è assente gra<strong>di</strong>ta per gran parte della lineare<br />

avventura, salvo suscitare nostalgia in due frangenti,<br />

che richiedono un po’ <strong>di</strong> insano backtracking.<br />

Ma è soprattutto in quella che si profilava<br />

come la novità più concreta, che Cold Fear delude.<br />

Frustata dalle onde e dal vento, la nave è perenne<br />

vittima <strong>di</strong> scossoni e sobbalzi che si ripercuotono<br />

sulla stabilità del protagonista. Proprio in prospettiva<br />

<strong>di</strong> queste eventualità è possibile aggrapparsi<br />

a ricorrenti balaustre, corrimani e parapetti,<br />

con l’ulteriore opzione <strong>di</strong> mirare e far fuoco con<br />

una sola mano, mentre l’altra è occupata a garantire<br />

una salda presa. Purtroppo, però, il pericolo <strong>di</strong><br />

finire in mare o scaraventati a terra è remoto, e in<br />

più aggrapparsi comporta una <strong>di</strong>sorientante rotazione<br />

<strong>di</strong> novanta gra<strong>di</strong> della precedente posizione<br />

<strong>di</strong> mira. Se si aggiunge che così facendo la mira<br />

NON <strong>di</strong>venta più stabile, è inevitabile <strong>di</strong>menticarsi<br />

alla svelta del tasto incaricato <strong>di</strong> quest’azione dal<br />

potenziale notevole ma dallo sviluppo increscioso.<br />

Non solo RE4, perché Cold Fear scimmiotta anche il<br />

claustrofobico e buio DOOMIII, passando per la rugginosa<br />

e traballante prigione <strong>di</strong> Butcher Bay, <strong>di</strong>rettamente<br />

dall’ottimo Rid<strong>di</strong>ck. Un riuscito mix <strong>di</strong> elementi scenografici<br />

che, in <strong>di</strong>verse situazioni, affianca per qualità i suoi<br />

blasonati ispiratori.<br />

Cold Fear non mira alle alte vette della classifica e<br />

nemmeno a quel posticino nel cuore de<strong>di</strong>cato ai<br />

VG. È un lavoro onesto, che si gioca e si gode in<br />

scioltezza, ideale per un noleggio o un acquisto<br />

d’occasione. Perché, sul serio, l’estetica del movimento<br />

vale da sola il prezzo del biglietto.<br />

VOTO: S A B C D<br />

TROVA L’INTRUSO<br />

Uno dei controller qui sotto esposti non va<br />

d’accordo con gli altri. Quale?<br />

1 2<br />

3<br />

5<br />

7<br />

8<br />

6<br />

4<br />

La risposta corretta è ovviamente la 6. Il<br />

bunny-controller <strong>di</strong> Philips Cucina infatti è<br />

l’unico che, oltre ad esistere veramente, non<br />

fa del tutto schifo.<br />


4 GNOM3REGAN! <br />

<strong>di</strong> Andrea23<br />

SILICON & SYNAPSE<br />

Blizzard, da che è nata, è sinonimo <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento<br />

elettronico. Una software house atipica,<br />

che ha perseguito fin dai suoi albori una filosofia<br />

ben precisa nel creare le proprie PI e riassumibile<br />

nel celebre “adagio videolu<strong>di</strong>co” easy-toplay/hard-to-master.<br />

Così sono nati Warcraft,<br />

Diablo e Starcraft ciascuno dei quali, a modo<br />

proprio, ha segnato in maniera indelebile la concezione<br />

alla base dell’on-line gaming.<br />

Alla luce <strong>di</strong> questo passato glorioso e forte delle<br />

esperienze maturate in questi anni grazie a Battle.net,<br />

network per la gestione online nato con<br />

Diablo e sopravvissuto fino al recente Warcraft<br />

III: The Frozen Throne, l’annuncio <strong>di</strong> un MMO-<br />

RPG targato Blizzard solo questione <strong>di</strong> tempo. Il<br />

brand <strong>di</strong> Warcraft, ormai rinomatissimo, non solo<br />

sarebbe capace <strong>di</strong> trascinare anche l’ultima porcata<br />

low budget al successo planetario, ma si sposa<br />

talmente bene all’intuizione <strong>di</strong> quel geniaccio <strong>di</strong><br />

Lord British (aka Richard Garriott, creatore <strong>di</strong> Ultima<br />

Online) che viene spontaneo chiedersi se Bill<br />

Roper (ex VP <strong>di</strong> Blizzar North) e soci non avessero<br />

in mente, già un<strong>di</strong>ci anni fa, il concept alla base<br />

della loro ennesima gallina d’oro. Confinati dalla<br />

potenza computazionale dell’epoca, si limitarono<br />

alla grottesca rappresentazione <strong>di</strong> una scaramuccia<br />

tra due fazioni, abbozzate a suon <strong>di</strong> bitmap e campionamenti<br />

mi<strong>di</strong>: Warcraft: Orcs and Humans.<br />

Negli anni successivi il tema della guerra rimarrà<br />

una costante e a cambiare progressivamente sarà<br />

invece la tipologia <strong>di</strong> gioco, con una Blizzard prima<br />

impegnata ad offrire una valida alternativa al pionieristico<br />

Command & Conquer Red Alert<br />

(Warcraft II: Tides of Darkness) e poi a creare<br />

il perfetto punto <strong>di</strong> incontro tra strategico in tempo<br />

reale ed il gioco <strong>di</strong> ruolo: Warcraft III: Reign of<br />

Chaos. L’ultimo step <strong>di</strong> questo processo segna il<br />

completo <strong>di</strong>staccamento dalla componente strategica,<br />

dando la massima precedenza a quella RPG,<br />

anche se rigorosamente in… “chiave Blizzard”. Una<br />

ipotesi romantica, ma forse non così lontana dalla<br />

realtà.<br />

In ogni caso Blizzard ci riprova, portando quella<br />

che nel ’94 era un’Azeroth isometrica ad una tri<strong>di</strong>mensionalità<br />

su scala umana, in un’epica guerra<br />

finalmente combattuta in prima (terza) persona<br />

con e contro centinaia <strong>di</strong> altri giocatori.<br />

PIVIE<br />

Cronologicamente, World of Warcraft si colloca<br />

in un periodo imme<strong>di</strong>atamente postumo agli eventi<br />

narrati in Warcraft III e relativa espansione: con<br />

la Legione Infuocata sconfitta nella memorabile<br />

battaglia del Monte Hyjal, la tregua siglata tra Umani,<br />

Orchi ed Elfi sembra destinata a durare,<br />

mentre in realtà fratture interne alle stesse tre<br />

razze accelerano un destino ineluttabile. Il conflitto<br />

non tarda a riaccendersi e ciascuna etnia, in un<br />

complesso intreccio <strong>di</strong> interessi, compromessi e<br />

incomprensioni, ha un proprio motivo per mettere<br />

nuovamente mano alle armi.<br />

SISTEMA PC SVILUPPATORE BLIZZARD ETICHETTA BLIZZARD GIOCATORI TROPPI<br />

Un druido e due troll si coalizzano contro un nemico comune,<br />

pazzia? No, se l’obiettivo è esplorare la Caverns of<br />

Time, una delle tante locazioni al momento precluse ai<br />

giocatori e su cui Blizzard mantiene il massimo riserbo.<br />

Inizialmente, WoW non si <strong>di</strong>scosta dai suoi concorrenti<br />

e propone la classica e in<strong>di</strong>spensabile selezione<br />

<strong>di</strong> razza e classe del proprio avatar, più altre<br />

opzioni secondarie atte a personalizzare il<br />

proprio alter ego <strong>di</strong>gitale. I primi passi nel mondo<br />

<strong>di</strong> Azeroth sono tanto in<strong>di</strong>menticabili quanto problematici,<br />

specie per i meno avvezzi alle esperienze<br />

online. Per ovviare ad un’impatto troppo brusco,<br />

Blizzard ha oculatamente pre<strong>di</strong>sposto delle aree<br />

d’ingresso ben protette dalle minacce esterne, dove<br />

impratichirsi con una serie <strong>di</strong> quest a <strong>di</strong>fficoltà<br />

crescente. Grazie a questo espe<strong>di</strong>ente, il giocatore<br />

è portato non solo ad una progressiva conoscenza<br />

del sistema <strong>di</strong> gioco, ma soprattutto è invitato a<br />

‘migrare’ gradualmente verso territori esterni e più<br />

inospitali. Un percorso preferenziale e ben strutturato,<br />

dal quale sarà possibile deviare in ogni momento,<br />

personalizzando dunque il corso della propria<br />

avventura.<br />

Pur venendo incentivata, grazie a quest abbordabili<br />

ed appaganti, l’esperienza in solitario a lungo<br />

termine cessa d’aver mordente rendendo l’ingresso<br />

in una gilda non solo consigliabile, ma ad<strong>di</strong>rittura<br />

imprescin<strong>di</strong>bile se il proprio scopo è <strong>di</strong> avere<br />

accesso ai contenuti <strong>di</strong> più alto livello. Una gilda<br />

ben organizzata sotto il profilo socio-econo-mico<br />

sarà in grado <strong>di</strong> collezionare/produrre celermente<br />

item epici, <strong>di</strong> cui beneficiano tutti i membri, e <strong>di</strong><br />

mettersi quin<strong>di</strong> nelle con<strong>di</strong>zioni ideali per affrontare<br />

dungeon altrimenti proibitivi e boss <strong>di</strong> forza inarrestabile,<br />

con caratteristiche mitologiche. Specializzarsi<br />

in una o più professioni permette inoltre<br />

<strong>di</strong> arricchirsi rivendendo le materie prime raccolte<br />

(pelli, erbe, minerali, etc…) o elaborarle in prodotti<br />

finiti (tra cui armi, armature, pozioni) sia per uso<br />

personale che, ancora una volta, in ottica commerciale.<br />

Fin qui nulla <strong>di</strong> rivoluzionario, dove WoW prende<br />

però le <strong>di</strong>stanze dalla concorrenza è in quest peculiari<br />

che porteranno più giocatori, organizzati in<br />

party, ad esplorare i meandri <strong>di</strong> dungeon che, per<br />

dovizia <strong>di</strong> particolari e level-design, non hanno nulla<br />

da invi<strong>di</strong>are alle controparti single-player. Queste<br />

aree, denominate Instance, hanno la particolarità<br />

<strong>di</strong> essere, a conti fatti, dei piccoli ‘universi<br />


paralleli’: sullo stesso server risiedono più copie<br />

della stessa Instance, tante quanti sono i gruppi <strong>di</strong><br />

giocatori che vi prendono parte. Il vantaggio è duplice:<br />

permettere ai partecipanti <strong>di</strong> completare le<br />

proprie missioni in tranquillità e senza interferenze<br />

indesiderate, nonché <strong>di</strong> prevenire (sulla carta, ve<strong>di</strong><br />

BOX1) seccature derivate da eventuali lag e<br />

crash.<br />

Ecco che fine ha fatto Grisù, abbandonati i sogni <strong>di</strong> gloria<br />

nel corpo dei pompieri, ha ripiegato sul ruolo <strong>di</strong> cameo in<br />

World of Warcraft. Nome d’arte Azuregos, massima attenzione<br />

perché è davvero incazzato!<br />

PIVIPI<br />

Fino ad ora è stata trattata solo una faccia della<br />

medaglia, quella che in gergo viene identificata<br />

come PvE (Player Vs Environment), l’altra è il PvP<br />

(Player Vs Player) ed è forse la caratteristica più<br />

importante, specie dopo i cambiamenti apportati<br />

dalla patch 1.4 che ha rigirato come una frittata i<br />

server de<strong>di</strong>cati. Un aspetto, quello del PvP, che al<br />

lancio del gioco era già enfatizzato a livello <strong>di</strong> gameplay,<br />

tenendo in considerazione che l’unica interazione<br />

permessa tra orda e alleanza è quella<br />

violenta, che ogni tentativo <strong>di</strong> comunicazione verbale<br />

è impe<strong>di</strong>to dalla barriera linguistica creata ad<br />

hoc dagli sviluppatori e che la stessa organizzazione<br />

territoriale incentiva a tenere una condotta <strong>di</strong>fensiva<br />

o offensiva a seconda che ci si trovi all’interno<br />

<strong>di</strong> confini amici, nemici o in contesa fra due<br />

fazioni. Già questi espe<strong>di</strong>enti sono bastati in passato<br />

ad acuire la lotta intestita tra i due schieramenti,<br />

ma è solo con l’introduzione recentissima<br />

dell’Honor System (un sistema molto sofisticato,<br />

attraverso cui viene stilata una classifica settimanale<br />

a seconda delle uccisioni che sono state conseguite)<br />

che il conflitto si è esplicitato in tutta la<br />

sua violenza, rendendo praticamente impossibile<br />

la vita dei giocatori alle prime armi.<br />

Attualmente questo sbilanciamento dei server<br />

PvP è un problema serio e si pensa verrà mitigato<br />

dall’introduzione dei Battlegrounds, grazie ai quali<br />

convogliare la maggior parte dell’attività PVP in<br />

aree de<strong>di</strong>cate. Del tutto simili come impostazione<br />

tecnica alle Instance, ma dal gameplay totalmente<br />

agli antipo<strong>di</strong>, laddove queste ultime sono il perfetto<br />

connubio tra single-player e MMORPG, i BG saranno<br />

quanto <strong>di</strong> più vicino ci possa essere ad una<br />

partita online <strong>di</strong> Warcraft III, con la piccola variante<br />

<strong>di</strong> essere giocata non dal punto <strong>di</strong> vista del<br />

comandante onnisciente, ma da quella della singola,<br />

microscopica, unità <strong>di</strong> fanteria. Non è ancora<br />

chiaro il loro funzionamento preciso, non essendo<br />

CRASH(RIDGE), LAG &<br />

POSTEPAY<br />

La realtà dei fatti, fino a qualche settimana<br />

fa, era esattamente all’opposto <strong>di</strong> quanto<br />

descritto nel corpo della recensione. Nonostante<br />

le innumerevoli fasi <strong>di</strong> betatesting,<br />

la <strong>di</strong>stribuzione scaglionata e le code (infinite)<br />

per accedere ai server, latenze altissime<br />

e crash erano all’or<strong>di</strong>ne del giorno e,<br />

si ba<strong>di</strong>, non è certo un modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re né un<br />

fenomeno isolato. Una situazione insostenibile,<br />

alla quale è stato posto rime<strong>di</strong>o solo<br />

da poco grazie alla migrazione <strong>di</strong> innumerevoli<br />

account su altri server meno popolati.<br />

Ma questo è ancora il meno… sempre più<br />

utenti riscontrano ingenti <strong>di</strong>fficoltà utilizzando<br />

la carta prepagata Postepay per aggiornare<br />

il proprio abbonamento. Una soluzione<br />

provvisoria sarebbe quella <strong>di</strong><br />

selezionare nell’account billing page il circuito<br />

“VISA” e non “VISA electron”, peccato<br />

che molti, una volta fatto ciò, siano stati<br />

costretti a ripetere la procedura ogni 24<br />

ore, pena l’impossibilità a giocare. May<br />

God bless Blizzard!<br />

ancora stati implementati, ma si parla già <strong>di</strong> battaglie<br />

campali tra raid <strong>di</strong> decine <strong>di</strong> giocatori, ai<br />

quali sarà richiesto <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>narsi e stu<strong>di</strong>are strategie<br />

<strong>di</strong> attacco, grazie anche a mezzi da asse<strong>di</strong>o<br />

coi quali devastare <strong>di</strong>fese, e<strong>di</strong>fici, risorse rivali e,<br />

nel caso, prenderne <strong>di</strong>rettamente il controllo.<br />

Chi è quel cane che ha il coraggio <strong>di</strong> contare i poligoni?<br />

Questa è Theramore Isle, suggestivo avamposto alleato<br />

nelle terre <strong>di</strong> Kalimdor comandato dall’incantatrice Jaina<br />

Proudmoore.<br />

LEROYYYYY!<br />

Le foto a corredo della recensione lasceranno trasparire<br />

una certa carenza <strong>di</strong> dettaglio: poligoni in<br />

<strong>di</strong>fetto e qualche texture slavata <strong>di</strong> troppo, ma mai<br />

come in questo caso WoW va visto dal vivo per<br />

essere giu<strong>di</strong>cato. Non che su video i poligoni si<br />

moltiplichino e le texture aumentino risoluzione,<br />

ma come rimanere impassibili alla prima trasvolata<br />

sopra le infernali Burning Steppes? O <strong>di</strong>nanzi la<br />

ciclopica Ironforge, millenaria città nanica scavata<br />


COMING SOON<br />

Come da abitu<strong>di</strong>ne la softco. Californiana,<br />

una volta raggiunto puntualmente lo scorso<br />

novembre il rendez-vous con lo scaffale,<br />

non si è seduta sugli allori ed a cadenza<br />

tanto lenta quanto inesorabile ha aggiornato<br />

il proprio pargolo <strong>di</strong>gitale: ora limando<br />

qualche imperfezione, ora aggiungendo<br />

ine<strong>di</strong>te feature o ancora cercando <strong>di</strong> bilanciare<br />

al meglio la delicata alchimia sulla<br />

quale si fonda un gameplay talmente complesso.<br />

Nel breve periodo, come già detto,<br />

verranno introdotti i Battlegrounds e nel<br />

me<strong>di</strong>o e lungo termine la situazione è altrettanto<br />

prosperosa tra nuovi raid-dungeon,<br />

l’implementazione delle classi ‘Hero’,<br />

più innumerevoli contenuti riservati ai giocatori<br />

hi-level.<br />

La lista della spesa:<br />

http://www.worldofwarcraft.com/info/unde<br />

rdev/<br />

nel cuore <strong>di</strong> una montagna? Per non parlare della<br />

mozzafiato capitale umana, Stormwind.<br />

La forza visiva <strong>di</strong> WoW sta nel suo riuscire a<br />

rendere alla perfezione maestosi skyline e nel poter<br />

contare su un senso del monumentale con pochi<br />

eguali, mentre le scelte cromatiche ed il tratto<br />

fumettistico gli donano uno stile inconfon<strong>di</strong>bile,<br />

permettendo al contempo <strong>di</strong> sfuggire agli scomo<strong>di</strong><br />

raffronti che un design più realistico avrebbe<br />

comportato. A coronare questo quadro già<br />

d’eccellenza ci sono l’assenza dei caricamenti, che<br />

aumenta non <strong>di</strong> poco l’immersione nell’universo <strong>di</strong><br />

gioco, e l’accompagnamento sonoro orchestrato,<br />

virato su toni solenni ed epici con forti richiami<br />

alla trilogia cinematografica tolkeniana.<br />

Le caratteristiche a video, sono poi largamente<br />

scalabili a pieno vantaggio delle configurazioni<br />

meno prestanti, tanto che PC non più vecchi <strong>di</strong><br />

due riusciranno comunque a gestire WoW senza<br />

problemi. L’unica nota dolente riguarda le prestazioni<br />

in situazioni <strong>di</strong> sovraffollamento, sarebbe<br />

dunque opportuno, anche se non in<strong>di</strong>spensabile<br />

visto che si sta parlando <strong>di</strong> circostanze straor<strong>di</strong>narie,<br />

dotare il personal computer <strong>di</strong> almeno un<br />

gigabyte <strong>di</strong> ram.<br />

È INTELLIGENTE MA NON SI IMPEGNA!<br />

Sebbene qualche problema <strong>di</strong> troppo a livello <strong>di</strong>stributivo<br />

e tecnico abbia fatto sorgere dubbi sul<br />

futuro europeo delle battaglie tra Orchi & Umani,<br />

Blizzard non pare darsi per vinta e, per quanto<br />

molti grattacapi siano ancora lungi dall’essere risolti,<br />

il suo supporto alla comunità rimane tangibile<br />

e costante (ve<strong>di</strong> BOX2). Tolti i problemi più<br />

tecnici (pur sempre rilevanti, visto quel che si<br />

fanno pagare) rimane un gran bel pezzo <strong>di</strong><br />

MMORPG, al quale va riconosciuto il merito <strong>di</strong> aver<br />

limato i <strong>di</strong>fetti congeniti che affliggevano la<br />

categoria, non richiedendo maratone davanti al<br />

computer per poter giocare con profitto, né tanto<br />

meno obbligando ad avere un party anche solo<br />

per completare il più inutile degli incarichi. Ultimo,<br />

ma non meno importante, offre uno dei<br />

background fantasy più suggestivi che si siano<br />

mai visti e che gli altri sviluppatori possono solo<br />

invi<strong>di</strong>are. Per farla breve World of Warcraft è<br />

riuscito dove tutti hanno fallito: rendere accessibile<br />

un un genere elitario per definizione come il<br />

MMORPG.<br />

L’aquila è uno dei numerosi “mezzi <strong>di</strong> trasporto” grazie ai<br />

quali coprire notevoli <strong>di</strong>stanze, altrimenti improponibili<br />

da percorrere a pie<strong>di</strong>. Ed è proprio in questi frangenti<br />

che WoW da il meglio <strong>di</strong> sé esteticamente parlando: orizzonti<br />

sterminati, effetti <strong>di</strong> luce abbacinanti e scenografie<br />

da favola la fanno da padrone.<br />

Dopo Ultima Online ecco la nuova pietra miliare.<br />

Blizzard, esattamente come il Re dei Lich al termine<br />

<strong>di</strong> Frozen Trone, Arthas, osserva altezzosa<br />

gli avversari sconfitti e prostrati. Avanti il prossimo!<br />

VOTO: S A B C D<br />


SISTEMA XBOX VERSIONE PAL SVILUPPATORE BIOWARE ETICHETTA MICROSOFT MULTIPLAYER NO<br />

ORIENT EXPRESS <br />

<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />

Bioware persegue una strada strana, avviata<br />

con Star Wars: KOTOR e rafforzata con<br />

questo Jade Empire. Una strada che porta<br />

all’action RPG in chiave occidentale e con un forte<br />

risvolto ‘etico’ delle azioni e delle scelte fatte durante<br />

l’avventura. Un modo <strong>di</strong> intendere il gioco<br />

che, dati alla mano, ha pagato e paga, sod<strong>di</strong>sfacendo<br />

sia i produttori sia i consumatori, tanto avvezzi<br />

all’illusione <strong>di</strong> ‘libertà totale’ da inseguire<br />

ogni chimera si fregi <strong>di</strong> questo motto.<br />

Più concretamente, proprio come in KOTOR,<br />

Bioware innalza una struttura con una certa <strong>di</strong>screzionalità<br />

concessa al giocatore e una sontuosa<br />

mole <strong>di</strong> sottomissioni che, però, non riescono<br />

mai a guizzare verso l’eccellenza e non offrono<br />

scampoli <strong>di</strong> storia videolu<strong>di</strong>ca come invece faceva,<br />

seppur con i suoi <strong>di</strong>fetti, Shen Mue.<br />

La via che attraversa Jade Empire appare tutto<br />

sommato stereotipata, senza acuti, così come<br />

convenzionale è la propensione verso il bene o<br />

verso il male, <strong>di</strong>visi in una dualità in genere tanto<br />

netta da rendere limitata l’interpretazione del<br />

ruolo da parte del giocatore: cercare <strong>di</strong> dar vita<br />

ad un personaggio originale attraverso azioni e<br />

<strong>di</strong>aloghi, nel tentativo <strong>di</strong> uscire dal clichè Buono<br />

o Cattivo, si traduce spesso in comportamenti<br />

contrad<strong>di</strong>ttori o sconclusionati. Succede dunque<br />

che non si riesca a creare un contesto cre<strong>di</strong>bile<br />

sino in fondo, supportati da un personaggio che<br />

sa essere solo piamente devoto al Bene oppure<br />

mosso da una malsana pre<strong>di</strong>sposizione al Male.<br />

Durante l’avventura incontreremo, come <strong>di</strong> consueto,<br />

personaggi pronti ad offrirci i loro servigi per simpatia,<br />

comunità d’intenti o necessità. Durante le battaglie, un<br />

solo compagno può seguire il protagonista, fornendo le<br />

proprie abilità <strong>di</strong>stintive e influendo su vari aspetti del<br />

protagonista (aumento <strong>di</strong> Ki, ripristino della Resistenza,<br />

ecc…).<br />

Essendo la <strong>di</strong>screzionalità etica il fulcro presunto<br />

del gioco, stupisce che fin troppo limitate siano le<br />

conseguenze effettive delle nostre azioni. Certo,<br />

<strong>di</strong>fferenze esistono, ma incidono talmente poco a<br />

livello lu<strong>di</strong>co da far mancare l’appunta-mento con<br />

il cuore del giocatore che, infine, procede un po’<br />

come meglio crede, senza attenersi a intenzioni<br />

morali o a ragionamenti che gli si potrebbero<br />

suggerire con una pianificazione più attenta.<br />

E anche nel finale, dove finalmente si rintraccia<br />

la prima (e unica) scelta rilevante dalle sensi-<br />

bili conseguenze, il risultato viene vanificato dalla<br />

imperizia dei designer, che fraintendono completamente<br />

il potenziale <strong>di</strong> tale decisione (ve<strong>di</strong> Box<br />

SPOILER).<br />

Davvero fasti<strong>di</strong>oso, dopo le <strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong> interazione<br />

gioco/giocatore portate in mostra da<br />

MGS2, vedere come temi <strong>di</strong> un certo rilievo siano<br />

trattati in modo superficiale e come si continui ad<br />

attribuire al concetto <strong>di</strong> ‘libertà lu<strong>di</strong>ca’ il significato<br />

<strong>di</strong> ‘quantità <strong>di</strong> percorsi <strong>di</strong>sponibili’. Sul sentiero<br />

<strong>di</strong> Jade Empire <strong>di</strong> rado si ritrovano bivi etici su<br />

cui il giocatore è indotto a riflettere e, quando<br />

questo sembra accadere, le trame si <strong>di</strong>stendono<br />

in modo tale che una decisione, magari sofferta,<br />

culmina con uno sterile happy end il quale sminuisce<br />

la condotta <strong>di</strong> gioco con la semplice attribuzione<br />

<strong>di</strong> un ‘premio alla bontà’, semplicistico e<br />

fuori luogo.<br />

Se, come in KOTOR, l’impianto etico lascia<br />

ancora a desiderare, il resto, come in KOTOR,<br />

brilla <strong>di</strong>scretamente. Jade Empire si struttura<br />

come un RPG <strong>di</strong>chiaratamente action dove il peregrinare<br />

attraverso i villaggi <strong>di</strong> una Cina mitologica<br />

si interrompe <strong>di</strong> frequente per dare spazio a<br />

scontri che, <strong>di</strong>versamente dal precedente gioco,<br />

sfruttano un approccio completamente in real<br />

time. Abbandonato l’ibrido ‘tempo reale/strategico<br />

a turni’ <strong>di</strong> KOTOR, ci si trova ora davanti alla<br />

richiesta <strong>di</strong> riflessi, rapida capacità decisionale ed<br />

il ricorso ad una strategia <strong>di</strong> stampo picchiaduristico<br />

più che da scacchista. Le opzioni bellicose<br />

sono elevate, rilevanti e personalizzabili grazie ai<br />

punti esperienza accumulati. Ci sono mosse d’attacco<br />

e magie <strong>di</strong> supporto, come tecniche speciali<br />

o l’uso <strong>di</strong> armi da taglio e da fuoco. La <strong>di</strong>sponibilità<br />

del Ki influenza sia magie che recupero fisico,<br />

mentre la barra della Concentrazione regola l’uso<br />

delle armi e, alternativamente, attiva uno slow<br />

BUG CONCETTUALI<br />

Jade Empire tra<strong>di</strong>sce la matrice occidentale<br />

grazie ad un numero <strong>di</strong> sviste e trascuratezze<br />

sin troppo elevato: dall’incapacità<br />

<strong>di</strong> rendere vivi i personaggi, sino alla<br />

presenza <strong>di</strong> animazioni rigide e banali<br />

(come quelle in prossimità degli scrigni che<br />

vedono il/la protagonista muoversi meccanicamente<br />

davanti al forziere, dacché <strong>di</strong><br />

lato è impossibile avviare l’animazione <strong>di</strong><br />

apertura). Più tragica ancora è l’incombenza<br />

<strong>di</strong> cut scene registicamente pessime<br />

e talvolta anche inverosimili, con il protagonista<br />

che combutta ad alta voce, mentre<br />

il nemico è chiaramente visibile a pochi<br />

passi. O ancora, infiltrato in una setta <strong>di</strong><br />

assassini, non solo si permette al protagonista<br />

<strong>di</strong> mantenere le vesti abituali, ma gli<br />

è persino consentito avere appresso uno<br />

dei compagni, quando l’accesso al covo era<br />

a titolo personale. Molto più semplice prevedere<br />

una solo mission, invece <strong>di</strong> frantumare<br />

la cre<strong>di</strong>bilità dei nemici e, con essi,<br />

buona parte della storia.<br />


motion in stile Matrix. È inoltre possibile infondere<br />

il Ki nelle magie <strong>di</strong> supporto, che in genere apportano<br />

solo status negativi, in modo da provocare<br />

un danno fisico aggiuntivo.<br />

A fronte dei vantaggi offerti dall’approccio<br />

action, il nuovo sistema <strong>di</strong> combattimento mostra<br />

anche il fianco ai <strong>di</strong>fetti critici del genere: i frequenti<br />

scontri ad alto numero <strong>di</strong> partecipanti non<br />

facilitano il compito della regia virtuale e d’altra<br />

parte, le collisioni non impeccabili e alcuni bug<br />

dell’Intelligenza Artificiale generano tecniche <strong>di</strong><br />

lotta ‘scorrette’.<br />

Fuori dai campi <strong>di</strong> battaglia si gode <strong>di</strong> un ampio<br />

grado <strong>di</strong> personalizzazione, fondato su una<br />

serie <strong>di</strong> gemme – da selezionare fra quelle in possesso<br />

– che influiscono su svariati parametri, relativi<br />

sia al combattimento che alla personalità dei<br />

PG. La personalità si manifesta durante i <strong>di</strong>aloghi:<br />

avere un alto punteggio <strong>di</strong> Carisma acuisce la forza<br />

delle nostre parole, mentre un importante livello<br />

<strong>di</strong> Intuizione può svelare nuove scelte fra<br />

quelle a <strong>di</strong>sposizione<br />

Così come in KOTOR, le conversazioni rivestono<br />

un’aspetto ponderante dell’avventura e si rendono<br />

in<strong>di</strong>spensabili per accumulare informazioni,<br />

sbloccare sotto-missioni e conoscere meglio l’ambientazione.<br />

Nulla <strong>di</strong> nuovo, dunque, anche se va<br />

segnalato il lodevole tentativo <strong>di</strong> offrire un’infarinata<br />

<strong>di</strong> filosofia orientale, <strong>di</strong>ffusa attraverso la<br />

bocca <strong>di</strong> numerosi saggi e fra le pagine dei libri<br />

consultabili. Triste, invece, lo stuolo <strong>di</strong> comprimari<br />

che non riescono ad incidersi nella memoria del<br />

giocatore, risultando infine come una componente<br />

scenografica e un supporto in battaglia (nemmeno<br />

il sacrificio <strong>di</strong> uno dei compagni riesce a sollevare<br />

l’andazzo emotivo del gioco).<br />

Se in generale le ambientazioni soffrono dell’effetto ‘palcoscenico<br />

teatrale’ (con un’urbanistica e un’arredamento<br />

banali), alcuni scenari appaiono sinceramente ispirati. E’<br />

il caso del regno celeste e degli strani esseri che la popolano.<br />

Dove Jade Empire eccelle è nella scelta dell’ambientazione,<br />

inusuale e ispirata. La mitologia cinese,<br />

anche se rielaborata e forse un po’ spicciola,<br />

è fonte <strong>di</strong> grande suggestione ed è un piacevole<br />

stacco rispetto al classico fantasy occidentale<br />

<strong>di</strong> stampo tolkieniano. Meno convincente la componente<br />

estetica che, seppur dotata <strong>di</strong> cromatismi<br />

accesi e ben dosati, non <strong>di</strong>mostra, salvo alcune<br />

eccezioni, un design degno della portata del titolo.<br />

Troppo spesso ci si trova poi in un vacuo an<strong>di</strong>rivieni<br />

per missioni <strong>di</strong> scarso interesse, se non il<br />

vantaggio in termini <strong>di</strong> punti esperienza e sol<strong>di</strong>.<br />

Qualche <strong>di</strong>fetto in sede d’animazione e la virulenza<br />

<strong>di</strong> frequenti caricamenti e <strong>di</strong> savepoint <strong>di</strong>sposti<br />

in maniera pessima, non possono comunque affondare<br />

un block buster che si configura tale nella<br />

SPOILER<br />

Nella porzione finale del gioco è offerta la possibilità<br />

<strong>di</strong> accogliere nel party un guerriero straor<strong>di</strong>nariamente<br />

forte, che per tutta l’avventura è<br />

risultato un temibile nemico. Questa scelta, però,<br />

impone la prigionia dell’anima irrequieta del<br />

guerriero e dunque si configura come azione<br />

malvagia. Asservire la sua anima provoca la minaccia<br />

<strong>di</strong> ammutinamento <strong>di</strong> buona parte dei<br />

compagni. Accettando <strong>di</strong> perdere compagni in<br />

luogo <strong>di</strong> un soldato ben più forte, si scopre via<br />

FMV che il protagonista non accetta le defezioni<br />

dei propri vassalli e decide <strong>di</strong> imprigionare anche<br />

le loro anime, in un azione che assolutamente<br />

non corrisponde alle intenzioni del giocatore ma<br />

che tiene conto solo delle banali etiche dei<br />

designer.<br />

Molto meglio sarebbe stato accettare l’abbandono<br />

dei compagni e, in una situazione successiva,<br />

rendere sensibile questa mancanza (e <strong>di</strong>fatti<br />

questa situazione esiste nel gioco, in una battaglia<br />

onirica combattuta nella propria mente, solo<br />

che i compagni prestano aiuto spirituale incuranti<br />

della nostra azione <strong>di</strong> poco prima, che ci aveva<br />

<strong>di</strong>pinto ai loro occhi come futuro despota e non<br />

come un salvatore).<br />

Con poca sorpresa, le azioni offensive si basano sugli<br />

archetipi elementali e sull’imposizione <strong>di</strong> status negativi<br />

che ben conosciamo (paralisi, pietrificazione, cecità…).<br />

Più interessante il <strong>di</strong>scorso legato alle numerose arti<br />

marziali, che si presentano sotto forma <strong>di</strong> mosse basiche<br />

da concatenare con gli altri stili.<br />

qualità elevata del doppiaggio, con migliaia <strong>di</strong> linee<br />

<strong>di</strong> testo e una traduzione italiana esemplare.<br />

Le circa venti ore <strong>di</strong> gioco scorrono fra situazioni<br />

convincenti e inciampi fasti<strong>di</strong>osi ma mai tragici,<br />

sullo sfondo evocativo della tra<strong>di</strong>zione cinese.<br />

Il finale offre tre conclusioni <strong>di</strong>verse e un<br />

gustoso colpo <strong>di</strong> scena, che rischia <strong>di</strong> cambiare le<br />

carte in tavola (salvo non riuscirci troppo).<br />

Un’avventura a tratti stanca, ma nel complesso<br />

appagante, che riesce a trasmettere il senso epico<br />

del crescendo, della ricerca e dello scontro.<br />

Jade Empire paga dazio per una filosofia lu<strong>di</strong>ca<br />

intrinsecamente errata e lo sterile ricorso al ‘sistema<br />

etico’ che continua a venir ridotto ad un<br />

bilanciamento fra ‘numeri, azioni e scelte’, quando<br />

dovrebbe invece mostrarsi solo nelle ‘conseguenze’.<br />

VOTO: S A B C D<br />


I PERSONAGGI…<br />

CAPITOLO 2<br />

<strong>di</strong> Gianluca “Sator” Belvisi<br />

2.1 SAN D’ORIA<br />

«…e con questo, cara Alessandra, credo <strong>di</strong> aver esposto con il più puntiglioso dei<br />

dettagli i motivi per cui voi donne non <strong>di</strong>venterete mai delle brave scrittrici, poetesse,<br />

pittrici, filmaker, game designer, eccetera eccetera. Ho seri dubbi anche sulla<br />

vostra effettiva abilità ai fornelli, ma tant’è…» concluse Nemesis Divina. Stava passeggiando<br />

insieme ad Alessandra C lungo un vicolo poligonale <strong>di</strong> San D’Oria. Le<br />

mani giunte <strong>di</strong>etro la schiena.<br />

«Che <strong>di</strong>re. Le tue parole mi sconvolgono nel profondo» commentò Alessandra C<br />

dopo alcuni istanti <strong>di</strong> silente sgomento. «Penso che quando questa storia sarà finita<br />

dovrò sedermi e ripensare completamente la mia vita. Grazie Nemesis!»<br />

«Non c’è <strong>di</strong> che mia giovane padawan. Siamo una squadra, dopo tutto.»<br />

Svoltarono in una delle vie principali della città. A parte loro, sembrava non vi<br />

fosse nessun altro.<br />

«Già, una squadra. Che ne pensi degli altri membri del party?»<br />

«Be’, Gunny è come un fratello, ma che <strong>di</strong>co fratello?, un cugino. Soprattutto da<br />

quando mi ha dato una parte nel suo film. Sto progressivamente mutando la caratterizzazione<br />

del mio personaggio da un agente infiltrato della C.I.A. al Kakihara <strong>di</strong><br />

Ichi the Killer. Su Jason Rubin invece non mi sono fatto un’idea precisa. I suoi giochi<br />

mi piacciono perché sono usciti su piattaforme Sony, ma se guardo all’essere<br />

umano <strong>di</strong>etro al game designer, allora mi sorgono dubbi sulle sue reali qualità. Forse<br />

si tratta <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> quei personaggi destinati a morire subito: un po’ come Vicks e<br />

Wedge <strong>di</strong> Final Fantasy.»<br />

«Speriamo <strong>di</strong> no. Gli ho abbastanza messo gli occhi addosso, se capisci cosa intendo.»<br />

«Miyamoto invece è una piacevole conferma. Nei forum l’ho sempre definito un<br />

rincoglionito sopravvalutato che si è completamente bevuto il cervello, ma dentro <strong>di</strong><br />

me non potevo non cercare <strong>di</strong> essere obbiettivo, ed ero giunto alla conclusione che<br />

si tratta in realtà <strong>di</strong> un genio: uno che ha rivoluzionato il mondo dei videogiochi in<br />

ogni reparto. Adesso che lo conosco <strong>di</strong> persona scopro invece che è un rincoglionito<br />

sopravvalutato che si è completamente bevuto il cervello. L’insegnamento che ne<br />

posso trarre è che bisogna sempre fidarsi dei pregiu<strong>di</strong>zi.»<br />

«Amen. Ehi, cre<strong>di</strong> sia stata una buona idea quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>viderci per cercare l’ingresso<br />

delle Miniere?» <strong>di</strong>sse Alessandra guardandosi intorno. «Non ve<strong>di</strong>amo gli altri già<br />

da un pezzo, inoltre queste strade deserte mi stanno mettendo i brivi<strong>di</strong>.»<br />

«Strade deserte?» Nemesis smise <strong>di</strong> camminare e fece segno ad Alessandra C <strong>di</strong><br />

fare altrettanto. Pochi istanti dopo, decine <strong>di</strong> figure più o meno umanoi<strong>di</strong> iniziarono<br />

a comparire dal nulla. La strada si fece ben presto brulicante <strong>di</strong> vita <strong>di</strong>gitale. «Visto?<br />

Non siamo mai stati soli. È colpa del lag se non vedevamo nessuno. Deve es-<br />


sere una feature che hanno importato da Shenmue. Personalmente preferisco se<br />

continuiamo a camminare: o<strong>di</strong>o le patetiche forme <strong>di</strong> vita che giocano online, anzi,<br />

a <strong>di</strong>r la verità sto incominciando a detestarlo tutto questo ambiente… questo per<br />

così <strong>di</strong>re me<strong>di</strong>um…»<br />

«Sul serio? Non me lo sarei mai aspettato. Dopo tutto scrivi su una delle migliori<br />

riviste del pianeta… e non sto parlando <strong>di</strong> Gameplus.»<br />

«Guarda, <strong>Ring</strong> è praticamente l’unico collante che mi è rimasto con il mondo dei<br />

videogiochi. Per questo voglio tenermela ben stretta. Allora, ripren<strong>di</strong>amo la passeggiata?»<br />

«No, aspetta» lo interruppe Alessandra, «credo <strong>di</strong> aver visto Jason!»<br />

Aveva ragione. Jason Rubin si trovava a poche decine <strong>di</strong> metri da loro, seduto sul<br />

bordo <strong>di</strong> una fontana nella piazza principale della città. Stava <strong>di</strong>alogando con una<br />

cassetta della posta. Quando Nemesis e Alessandra furono più vicini, notarono che<br />

la cassetta della posta era in realtà Gunny in mimetica urbana.<br />

«Eccovi finalmente!» <strong>di</strong>sse Alessandra C. «Ma che sono quelle facce sconsolate?»<br />

«Brutte notizie, purtroppo. Gunny ha appena avuto un’estenuante conversazione<br />

al codec con Nick Fury. Pare che il Davide Videolu<strong>di</strong>co abbia colpito ancora.»<br />

«Oh no, qualche vittima?»<br />

«Nessuna, se si esclude la lingua italiana» rispose Gunny. «A pagina 7 <strong>di</strong> <strong>Videogiochi</strong><br />

numero 13 è stata rinvenuta la parola “localazzioone”. Nonostante ore <strong>di</strong><br />

brainstorming, gli esperti dello S.H.I.E.L.D. non sono riusciti a risalire al significato<br />

originale del termine, pertanto ritengono che non sia un semplice refuso. Il sospetto<br />

è che si tratti <strong>di</strong> un messaggio in co<strong>di</strong>ce inserito dal Davide. Un messaggio che<br />

preannuncia un imminente attentato. In questo momento stanno compiendo su <strong>di</strong><br />

esso una serie <strong>di</strong> analisi filologico/settimana-enigmistiche nel tentativo <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>ficarlo…»<br />

«Santa merda» fece Nemesis stringendo il pugno. «Diabolicamente geniale!»<br />

«Purtroppo» continuò Rubin, «nell’incertezza sul da farsi, lo S.H.I.E.L.D. ha ricevuto<br />

or<strong>di</strong>ne dal Governo <strong>di</strong> eseguire un attacco preventivo contro tutte le riviste videolu<strong>di</strong>che<br />

che abbiano legami col Davide, e che quin<strong>di</strong> potrebbero essere ricettacolo<br />

<strong>di</strong> ulteriori parole in co<strong>di</strong>ce…»<br />

«Questo significa che…»<br />

«Che <strong>Ring</strong> è la prima nella lista <strong>di</strong> queste riviste canaglia. Proprio adesso una<br />

squadra SWAT sta assaltando la sede della redazione <strong>di</strong> <strong>Ring</strong>…»<br />

Nemesis Divina crollò in ginocchio con lacrime <strong>di</strong> rabbia: «stanno invadendo casa<br />

<strong>di</strong> Emalord?!»<br />

«Già» confermò Gunny. «Ema sarà probabilmente condotto al lager <strong>di</strong> Guantanamo,<br />

dove degli aguzzini governativi getteranno nel cesso in sua presenza delle<br />

confezioni <strong>di</strong> Ra<strong>di</strong>ant Silvergun. Con tanto <strong>di</strong> fascetta.»<br />

Preso dallo sconforto, Gunny si interruppe e, rivolto verso terra, vomitò alcune<br />

raccomandate.<br />

Nemesis fece il gesto come <strong>di</strong> togliersi un invisibile casco: «dobbiamo uscire da<br />

qui e salvare la rivista e la salute mentale <strong>di</strong> Emalord!»<br />

«Fermati! Fury ha detto che se ti togli il casco virtuale farai partire un’istanza potenziata<br />

del programma Cura Ludovico, con l’obiettivo <strong>di</strong> invertire per sempre la tua<br />

sessualità!»<br />

«Dov’è Miyamoto? Lui è l’unico che può cavarsi dalla Matrice e trovarne perfino<br />

giovamento!» gridò un isterico Nemesis.<br />

«Shigeru è andato a comprare lo zucchero filato» lo informò Gunny. «Ma è inutile:<br />

Fury si è detto <strong>di</strong>spiaciuto per come sono andate le cose, e che lui non ne ha<br />

colpa. Io gli credo: la colpa è del Governo, anche se c’è la possibilità che sia il Davide<br />

a cercare <strong>di</strong> metterci l’uno contro l’altro.»<br />

Alessandra C fece sì con la testa: «siamo costretti a rimanere qui fino al termine<br />

della missione, quin<strong>di</strong> l’unica cosa che possiamo fare è finirla al più presto.»<br />

«Hai ragione» <strong>di</strong>sse Nemesis rialzandosi e assumendo determinatezza. «Ma non<br />

completeremo questo incarico così come ci è stato assegnato. Troveremo Donkey,<br />

sì, ma invece <strong>di</strong> pe<strong>di</strong>narlo fino al nascon<strong>di</strong>glio del Davide, ci faremo <strong>di</strong>re dove si nasconde<br />

a suon <strong>di</strong> sganassoni. Faremo il lavoro sporco, poi, una volta usciti da qui,<br />

sarà il turno del Governo. Diventeremo Liverpool ai loro occhi!»<br />

Nemesis Divina protese in avanti il braccio destro. Gunny appoggiò la propria<br />

mano sul dorso <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Nemesis. Jason Rubin e Alessandra C fecero altrettanto.<br />

«Tutti per uno e uno per t…»<br />

«Ah, voglio partecipare anch’io a questa stucchevole rappresentazione <strong>di</strong> spirito<br />

<strong>di</strong> squadra!» esclamò un accorrente Miyamoto gettando via lo steccolo dello zucchero<br />

filato. E così fece. Una volta liberatisi dalle mani appiccicose del nipponico, i<br />

Cinque erano pronti a riprendere la missione.<br />

«Bene, che facciamo adesso?» <strong>di</strong>sse Alessandra C controllando per l’ennesima<br />

volta se il suo fucile da cecchino era carico.<br />

«Dobbiamo uscire da San D’Oria» replicò Gunny.<br />

«Ma fuori da qui ci sarà senz’altro una prateria-hub ricolma <strong>di</strong> mostri: dovremo<br />

sorbirci combattimenti più frequenti delle figure <strong>di</strong> merda del Presidente del Consiglio…»<br />

si lamentò la ragazza.<br />


«L’ingresso delle Miniere non si trova in città. Dobbiamo varcare la porta ad ovest<br />

e <strong>di</strong>rigerci verso il vicino lago Hylia» <strong>di</strong>sse Gunny, che aveva smesso l’uniforme citta<strong>di</strong>na<br />

per indossare l’outfit ufficiale <strong>di</strong> Solid Snake.<br />

«Come fate a saperlo?» domandò Nemesis.<br />

«Abbiamo messo insieme alcuni fondamentali in<strong>di</strong>zi» rispose Rubin. «La porta a<br />

sud della città è ostruita da invalicabili coni <strong>di</strong> plastica arancione, la porta ad est ha<br />

un cane da guar<strong>di</strong>a che non lascia passare nessuno, la porta a nord per essere attraversata<br />

necessita <strong>di</strong> un pollo <strong>di</strong> gomma, che non abbiamo. Inoltre tutti gli NPC<br />

che abbiamo interrogato ci hanno detto <strong>di</strong> prendere la porta ad ovest e andare al<br />

lago Hylia. Sono stati molto chiari: le parole “ovest” e “Hylia” erano celesti grassettate.»<br />

«Dio bene<strong>di</strong>ca i videogiochi lineari» rifletté Nemesis Divina mentre controllava<br />

l’affilatura della sua ammazzadraghi.<br />

«Okay, allora possiamo partire» <strong>di</strong>sse Alessandra C incrociando lo sguardo dei<br />

compagni. «Ehi Shigeru, hai un martello in tasca o sei solo contento <strong>di</strong> vedermi?»<br />

«Ho un martello in tasca!» rispose, ed estrattolo, assunse una posa a metà strada<br />

tra il potente Thor e un maniscalco che si è appena fracassato il pollice. «Conosco<br />

perfettamente questo territorio: sono pronto ad assumermi le mie responsabilità<br />

verso il party e condurvi incolumi a destinazione!»<br />

Gli altri membri del gruppo applau<strong>di</strong>rono galvanizzati, mentre i passanti facevano<br />

largo spreco <strong>di</strong> emoticon entusiastici.<br />

Tre<strong>di</strong>ci ore dopo, i Cinque giunsero al lago Hylia stanchi morti e con la barra <strong>di</strong><br />

energia rossa lampeggiante.<br />

2.2 HYLIA<br />

«Be’, ragazzi l’importante è che vi abbia condotto a destinazione, no?» <strong>di</strong>sse Miyamoto.<br />

«Per quanto riguarda le peripezie che abbiamo dovuto affrontare durante il<br />

tragitto, sono convinto che abbiamo tutti il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticarcene…»<br />

«Vaffanculo muso giallo!» squarciagolò Alessandra. «Tre<strong>di</strong>ci ore per fare un paio<br />

<strong>di</strong> chilometri?! Ci avremmo messo molto meno se tu non ti fossi fermato a pisciare<br />

su ogni masso alla ricerca <strong>di</strong> monete blu. E che bisogno c’era <strong>di</strong> offendere la madre<br />

della Ultimate Weapon? Eh, Nemesis Divina?»<br />

«Guarda che non ho parlato per sentito <strong>di</strong>re. E poi ragioni tu, che hai cercato per<br />

tutto il tempo <strong>di</strong> riprodurre il jingle dello spot della Barilla con l’ocarina, per poi fartela<br />

rubare dal primo thief <strong>di</strong> passaggio. Adesso come facciamo a chiamare Epona e<br />

mangiarcelo per cena?»<br />

«È chiaro che non funzioniamo come squadra» <strong>di</strong>sse Gunny.<br />

«No, è chiaro che TU non funzioni come squadra!» replicò Jason Rubin. I due iniziarono<br />

ad azzuffarsi per terra.<br />

«Compagni!» esclamò Alessandra C con tono materno. «Abbiamo forse già <strong>di</strong>menticato<br />

l’appiccicosa promessa fatta poche ore fa?» Gunny e Rubin smisero <strong>di</strong><br />

prendersi a morsi. «Siamo una squadra <strong>di</strong> reietti in un mondo che ci o<strong>di</strong>a. Per questo<br />

dobbiamo rimanere uniti, senza concederci il lusso <strong>di</strong> <strong>di</strong>strarci nemmeno per sei<br />

minuti. Perché non si sa quanti gol possiamo prendere, anche in soli sei minuti…<br />

«Ehi, guardate là! Sulla sponda occidentale del lago c’è una parete <strong>di</strong> roccia con<br />

alla base una freccia lampeggiante. Non sono brava come voi nella detection, ma<br />

credo che dovremmo andare a controllare…»<br />

Nemesis Divina aiutò Gunny e Rubin a rialzarsi. I due si concessero un abbraccio<br />

<strong>di</strong> scuse. Poi il gruppo si <strong>di</strong>resse, più unito che mai, verso il punto in<strong>di</strong>cato dalla<br />

freccia. Una volta arrivati a destinazione, la freccia scomparve, rivelando al suo posto<br />

un gigantesco portone, sprangato per mezzo <strong>di</strong> una spessa catena e con la seguente<br />

scritta incisa sul legno…<br />

QUESTA È LA OUTER DOOR CHE CONDUCE<br />

ALLE SACRE MINIERE DI SAN D’ORIA<br />

DITE IL GIOCO ORIGINALE ED ENTRATE<br />

«È un enigma» concluse Jason Rubin. «Fortuna che sono bravissimo con gli enigmi<br />

nei videogiochi!» Si guardò intorno. «Uhm, ve<strong>di</strong>amo…» <strong>di</strong>sse toccandosi il<br />

mento con in<strong>di</strong>ce e pollice. Socchiuse gli occhi e continuò ad esplorare la zona per<br />

alcuni secon<strong>di</strong>. «Non capisco. Non mi pare <strong>di</strong> vedere nessun cubo da spostare…»<br />

Prese a grattarsi la nuca. «Okay, ho finito il mio repertorio» ammise sconsolato.<br />

Nemesis Divina volse lo sguardo al cielo con rassegnazione: «è chiaramente un<br />

puzzle ad attivazione vocale. Credo che dobbiamo semplicemente pronunciare il<br />

nome del videogame originale per eccellenza e la porta si aprirà.»<br />

«Quale gioco può essere più originale del primo mai fatto?» <strong>di</strong>sse Gunny tra gli<br />

assensi generali. Poi, dopo essersi schiarito la voce: «<strong>di</strong>co Tennis for two!»<br />

Non accadde niente.<br />


«Certo, Tennis for two è stato il primo» si intromise Nemesis, «ma non si può<br />

parlare <strong>di</strong> originalità, visto che è l’adattamento del gioco del tennis. Dico Spacewar!»<br />

Niente.<br />

Miyamoto si sistemò il cappello <strong>di</strong> Mario sulle ventitré e calò l’asso <strong>di</strong> briscola<br />

Donkey Kong.<br />

Nulla.<br />

Allora rilanciò con Mario Bros, Devil World, Excite Bike, Duck Hunt, Hole’s Gun Alley,<br />

Super Mario Brothers, Legend of Zelda, Doki Doki Panic, Super Mario Kart,<br />

Starfox, F-Zero, Doctor Mario…<br />

Ma la porta non si scompose.<br />

«…Mario 64, Ocarina of Time, Super Smash Bros, Waverace, 1080°, Animal<br />

Crossing, Advance Wars, Pikmin, Metroid Prime, Four Swords, Wario Ware e la mia<br />

arma finale: NINTENDOGGUSUUUUUU!»<br />

La porta non fece peh.<br />

«N1NT3ND0 1S D00M3D!!!» esultò Nemesis Divina.<br />

«Brutta figlia <strong>di</strong> puttana <strong>di</strong> una outer door!» abbaiò il nipponico prendendo a calci<br />

lo stipite. «Tu non sai chi sono io! Guarda che se mi girano ti faccio trasferire nel<br />

mondo <strong>di</strong> Resident Evil 1 a fare le animazioni <strong>di</strong> loa<strong>di</strong>ng! Ti mando a Silent Hill a<br />

fare una <strong>di</strong> quelle porte arrugginite che non si aprono mai!» Quin<strong>di</strong> si accasciò a<br />

terra e pianse moltissimo.<br />

«Scusatemi» <strong>di</strong>sse poi asciugandosi il naso con la cravatta. «Credo <strong>di</strong> essere un<br />

tantinello uscito dal personaggio!»<br />

Alessandra C, seduta su una roccia vulcanica e per nulla turbata dal poco e<strong>di</strong>ficante<br />

spettacolo, cercava <strong>di</strong> pensare lateralmente: «un momento, la scritta è in italiano,<br />

ma non esistono giochi nativi in italiano – o almeno, non giochi decenti –<br />

quin<strong>di</strong> mi sa che c’è stato a monte un lavoro <strong>di</strong> localizzazione…»<br />

«Già, e allora?» commentò Rubin.<br />

«Niente, pensavo a voce alta… uhm… gioco originale… original game…»<br />

«Vabbe’, sentite» fece Jason Rubin, «io ci provo, hai visto mai che… Jak & Daxter!»<br />

Il legno della outer door iniziò a scricchiolare. Per un attimo parve che la porta<br />

stesse per aprirsi, ma si trattava soltanto dell’onda d’urto prodotta dalla stronzata<br />

appena detta.<br />

«Eureka, ci sono!» <strong>di</strong>sse Alessandra C scattando in pie<strong>di</strong>. «Bolla, salto, bolla, salto,<br />

bolla, salto, destra, player 1!»<br />

Si udì il jingle da enigma risolto <strong>di</strong> Zelda e la porta magicamente si spalancò.<br />

«Ma certo, l’original game, la gabola da inserire nella schermata dei titoli <strong>di</strong> Bubble<br />

Bobble!» esclamò Nemesis Divina battendo il pugno destro sul palmo sinistro.<br />

«Ehi c’era pure il power up, te lo ricor<strong>di</strong>?»<br />

«Nessuno ricorda mai il power up. Per questo ogni cabinato <strong>di</strong> Bubble Bobble lo<br />

aveva inciso da qualche parte con il temperino» spiegò la ragazza.<br />

«Be’, non mi stupisce che sia stata Alessandra C a risolvere l’enigma. Quel videogame<br />

era uno dei pochi ad essere appositamente progettato per le femmine» commentò<br />

Jason Rubin, forse un po’ invi<strong>di</strong>oso.<br />

«Per tua informazione» chiarì Alessandra, «Bubble Bobble lo giocava il mio fidanzatino.<br />

Io a quei tempi finivo già Ikari Warriors con un cre<strong>di</strong>to…»<br />

Gunny raccolse il suo backpack e fece per incamminarsi all'interno delle Miniere,<br />

quando si accorse che pochi metri oltre l'apertura appena formatasi vi era un’altra<br />

porta chiusa.<br />

«Chi l’avrebbe mai detto che <strong>di</strong>etro all'outer door ci sarebbe stata una inner door?»<br />

<strong>di</strong>sse Rubin. «Vai Alessandra: risolvici anche questo puzzle, ché noi siamo<br />

uomini d’azione. Ahr ahr!»<br />

«È un enigma semplice» si intromise Miyamoto. «Vedete quella stella <strong>di</strong>segnata<br />

sulla porta e il numero cinque al centro? Significa che prima <strong>di</strong> entrare dobbiamo<br />

raccogliere cinque stelle. Suggerisco <strong>di</strong> <strong>di</strong>viderci. Io faccio la quest delle monete<br />

rosse. Mi raccomando se ne trovate una <strong>di</strong> avvert…»<br />

«Basta, non ho tempo per queste cazzate» sbuffò Nemesis Divina. Quin<strong>di</strong> abbatté<br />

con un calcio la inner door e passò oltre.<br />

«ERESIA! ERESIA! Ha appena varcato una soglia senza il richiesto numero <strong>di</strong><br />

stelle! BESTEMMIA!» gridò Miyamoto, poi incominciò a rotolarsi per terra tirandosi<br />

ripetuti cazzotti sulla testa.<br />

Gunny e Rubin immobilizzarono il giapponese, impedendogli <strong>di</strong> infliggersi altro<br />

danno, mentre Alessandra C gli fece ingoiare un’amanita muscaria, che sortì subito<br />

i suoi effetti rilassanti proibiti dalla legge. Dopo aver cantato tutta la <strong>di</strong>scografia <strong>di</strong><br />

Janis Joplin, Miyamoto fu pronto a riunirsi al gruppo e varcò insieme ai compagni la<br />

soglia per le Miniere <strong>di</strong> San D’Oria.<br />

Nemesis Divina li aspettava poco oltre, seduto su un’antica scalinata a tagliarsi le<br />

unghie dei pie<strong>di</strong>.<br />


2.3 IL DUNGEON<br />

«Dove siamo?» domandò Alessandra C mentre cercava <strong>di</strong> abituarsi all’oscurità.<br />

«A occhio e croce mi pare una via <strong>di</strong> mezzo tra le miniere <strong>di</strong> Pitfall e uno stage<br />

sotterraneo <strong>di</strong> Super Mario» rispose Nemesis Divina.<br />

«Ottimo!» saltellò Miyamoto ancora leggermente in preda agli effetti del fungo allucinogeno.<br />

«Conosco queste gallerie come le mie tasche. In verità conosco un sacco<br />

<strong>di</strong> caverne, dungeon e sottopassaggi pedonali…»<br />

«Ah sì, devo averlo letto su un People de<strong>di</strong>cato a te» <strong>di</strong>sse Alessandra C. «Fin da<br />

piccolo ti piaceva andare in questi luoghi per il puro gusto dell’esplorazione: lo stesso<br />

che hai messo praticamente in ogni tuo gioco!»<br />

«Er, veramente ci andavo per mastur…»<br />

Jason Rubin era rimasto vicino all'entrata, allarmato come da qualcosa: «compagni,<br />

non vorrei spaventarvi, ma credo che là fuori un Calamarcio sia appena sorto<br />

dalle acque del lago e stia venendo tipo ad ucciderci.»<br />

«Perfetto, avevo giusto voglia <strong>di</strong> mangiare qualcosa <strong>di</strong> vivo» commentò Nemesis<br />

impugnando l’ammazzadraghi.<br />

Gunny gli pose una mano sulla spalla. «Non andare. Anche se ucci<strong>di</strong> questo Calamarcio,<br />

ne verrà subito un altro, poi un altro e un altro ancora, nel più <strong>di</strong>sgustoso<br />

dei boss recycle…»<br />

«Capisco. Allora rinuncio al mio spuntino <strong>di</strong> mezzanotte. Suggerirei <strong>di</strong> spostarci a<br />

destra dello schermo fino a quando non succede qualcosa.»<br />

Guidato da Shigeru Miyamoto, il party si incamminò per i cunicoli bui del dungeon.<br />

Trascorsero minuti <strong>di</strong> pathfin<strong>di</strong>ng alternato a backtracking.<br />

«Ehi, che ve ne pare <strong>di</strong> tutta questa storia?» chiese ad un certo punto Nemesis<br />

Divina per interrompere una conversazione che stava prendendo una piega fin troppo<br />

calcistica. «Voglio <strong>di</strong>re: il Davide che in realtà è un terrorista ricercato... l'upload<br />

del suo cervello nella Matrice... cioè, tra l’altro ‘sta cosa mi suona anche un po’ familiare.<br />

Avete per caso letto Vox Mun<strong>di</strong>?»<br />

«No.»<br />

«No.»<br />

«No.»<br />

«No.»<br />

«No.»<br />

«Okay, vaffanculo. Comunque dovremmo stare attenti a non farci manipolare da<br />

nessuno. Credo sia importante scoprire come stanno le veramente cose, perché la<br />

verità ha tante facce eccetera eccetera. Quello che per il Governo è un terrorista,<br />

potrebbe in realtà essere un ribelle anarchico tipo V for Vendetta, e sinceramente<br />

non credo che sarei in grado <strong>di</strong> uccidere un anarchico…»<br />

«Non preoccuparti Nemesis» lo tranquillizzò Gunny. «Anche se adesso è tutto un<br />

po’ nebuloso, penso che sia normale, visto che siamo solo agli inizi. Mano a mano<br />

che andremo avanti nella missione, le cose dovrebbero <strong>di</strong>ventare sempre più chiare,<br />

quin<strong>di</strong> potremo fare le nostre scelte, valutando da quale parte schierarci con<br />

maggior cognizione <strong>di</strong> causa. Certo, questo a meno che la storia col procedere non<br />

<strong>di</strong>venti un segone mentale tipo Evangelion. In tal caso potremmo sempre mandare<br />

a fare in culo tutto e andarcene allegramente a troie.»<br />

La galleria che stavano percorrendo si aprì in una vasta area sotterranea. Un largo<br />

e profondo crepaccio tagliava trasversalmente il luogo. L’uscita era posta al <strong>di</strong> là<br />

del burrone, alla stessa altezza dell’ingresso. Una scalinata <strong>di</strong> roccia, scolpita lungo<br />

la parete del lato sul quale era giunto il gruppo, scendeva ripida e tortuosa. I tratti<br />

finali della scalinata, così come il fondo del crepaccio, erano avvolti nell'oscurità.<br />

Il party si fermò sull’orlo del precipizio a contemplare lo scenario.<br />

«Sentite anche voi un rumore in fondo a questo budello, come <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> esseri<br />

che danno lo straccio per terra?» domandò Alessandra C.<br />

«Lo sento, sì. Dite che siamo in pericolo?» fece Jason Rubin.<br />

«Non saprei» commentò Nemesis Divina. «Il mio senso <strong>di</strong> ragno ha smesso <strong>di</strong><br />

pizzicare da quando ho ripreso a farmi il bidet.»<br />

Gunny estrasse il binocolo per la visione notturna e dette un'occhiata in basso:<br />

«ma quelli sono mudokon. Centinaia, migliaia <strong>di</strong> mudokon che stanno lucidando il<br />

pavimento!»<br />

«Allora non c’è niente da temere. Lo sanno tutti che i mudokon sono imbelli» <strong>di</strong>sse<br />

un rassicurato Nemesis Divina.<br />

Gunny fece per annuire, ma: «aspettate, mi sta vibrando il codec. Chi sarà? Ah,<br />

è Nick Fury. Che vuole a quest’ora? Oh, io non rispondo…»<br />

«No, dài, e se poi è importante?»<br />

«Vabbe’, vabbe’, un attimo… Ciaaao Nick! Dove sei? Sì, sì, no, certo… Maddai…<br />

Uh-uh… Ah-ah. Occhei, senti, ti mando un messaggino quando abbiamo fatto. Ciao,<br />

sì ciao, ciao. Era Nick Fury.»<br />

«Buone nuove?» chiese Alessandra C.<br />

«Certo che no. Mi ha rivelato che dopo il ritiro <strong>di</strong> Oddworld Inhabitants dal mondo<br />

dei videogiochi, un incazzato Lorne Lanning ha attivato una personalità nascosta in<br />

tutti i mudokon rimasti a Videogamia. In pratica adesso sono malvagi.»<br />

«Non ci credo. Quei docili schiavi affetti da meteorismo?»<br />


«Quei docili schiavi hanno sbranato la redazione <strong>di</strong> Nintendo Rivista Ufficiale in<br />

un bordello <strong>di</strong> Delfinia.»<br />

«Oh no! E adesso?»<br />

«Non vi preoccupate. Anche se perfi<strong>di</strong>, i mudokon sono pur sempre anime semplici.<br />

Se qualcuno gli si avvicina con cautela, li saluta e <strong>di</strong>ce loro una semplice azione<br />

da compiere, loro la eseguiranno. Adesso scenderò da solo queste scale e gli or<strong>di</strong>nerò<br />

<strong>di</strong> addormentarsi profondamente. A quel punto potremo passare.»<br />

Detto ciò, Gunny iniziò la <strong>di</strong>scesa armato <strong>di</strong> determinazione.<br />

«Ehi Shigeru» sussurrò Rubin mentre attendeva lo svolgersi degli eventi, «guarda<br />

la mia PSP: è l’unico modello al mondo senza nemmeno un pixel bruciato.»<br />

Shigeru Miyamoto prese in mano la PSP <strong>di</strong> Rubin, si sedette su una bassa roccia<br />

dalla forma cilindrica – probabilmente la base <strong>di</strong> una colonna poi crollata – e si incantò<br />

ad osservare quello schermo perfetto con l’espressione <strong>di</strong> un siciliano <strong>di</strong> fronte<br />

ad un piatto <strong>di</strong> pasta con le sarde.<br />

Dal fondo del crepaccio si udì Gunny <strong>di</strong>re: «Ciao!»<br />

Vi fu come risposta un corale: «CIAAAAAAOOOOOO!»<br />

«Amici mudokon, c'è una cosa che vorrei che faceste...»<br />

«Allora, ti piace la PSP?» continuò Rubin rivolto al giapponese.<br />

«AMMAZZA!»<br />

Dal fondo del crepaccio si levarono rumori agghiaccianti, come se migliaia <strong>di</strong> ghepar<strong>di</strong><br />

fossero scattati all’unisono su un’unica preda. Le grida <strong>di</strong> Gunny, intervallate<br />

da orribili suoni <strong>di</strong> carni lacerate, raggelarono gli altri membri del team, che inforcarono<br />

le proprie armi, ma non ebbero il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scendere le scale.<br />

Dopo alcuni drammatici minuti, una figura strisciò dolorosamente fino alla cima<br />

del crepaccio. Era Gunny.<br />

«Okay, voglio solo sapere chi è stato.»<br />

Il party si <strong>di</strong>mostrò compatto nell’in<strong>di</strong>care istantaneamente Shigeru Miyamoto.<br />

Con le ultime tacche <strong>di</strong> stamina, Gunny rilasciò ad un lacrimante Miyamoto un<br />

cazzotto dall’alto verso il basso che si infranse sulla nipponica testa. La base cilindrica<br />

su cui era seduto il game designer si rivelò essere non il rimasuglio <strong>di</strong> una colonna,<br />

bensì un pulsante, che in seguito alla sollecitazione si abbassò. Il terreno<br />

prese a tremare. La scalinata crollò su se stessa come un castello <strong>di</strong> carte, mentre<br />

un meccanismo nascosto fece spuntare da una sponda del precipizio uno stretto<br />

ponte <strong>di</strong> roccia che si congiunse con l’altro lato del crepaccio, a poche decine <strong>di</strong> metri<br />

dall’uscita.<br />

«La fortuna finalmente ci sorride» <strong>di</strong>sse Nemesis Divina evitando alcuni massi<br />

che continuavano a cadere dal soffitto. «Coraggio, attraversiamo lesti il crepaccio<br />

prima che venga giù tutta la baracca!» Poi si caricò Gunny sulle spalle e iniziò a<br />

correre sul lungo ponte <strong>di</strong> roccia, seguito da Alessandra C.<br />

Jason Rubin tese la mano a Miyamoto, che si rialzò dolorante. Insieme intrapresero<br />

una lenta traversata.<br />

«Volevo chiederti scusa, Shigeru, per come ci siamo comportati con te fino ad<br />

ora. Non so, forse ci aspettavamo che il creatore <strong>di</strong> Mario, Zelda e così via fosse<br />

una figura tipo semi<strong>di</strong>vina, e ci siamo <strong>di</strong>menticati che sei pur sempre un essere<br />

umano – per <strong>di</strong> più giapponese – con le tue debolezze, infantilismi e perversioni che<br />

ti caratterizzano come in<strong>di</strong>viduo e che sono specchio del tuo genio.»<br />

«Jason, queste tue parole mi colpiscono. Sai, forse è la mia commozione cerebrale<br />

a parlare, ma credo che ci sia posto in Nintendo per un game designer che ha<br />

appena abbandonato la compagnia che ha contribuito a fondare… »<br />

«Parli <strong>di</strong> me? Vuoi davvero che entri in Nintendo? Cavoli, sto sognando!»<br />

«No, non stai sognando. Che ne <strong>di</strong>ci? Insieme tu e io daremo alla luce una nuova<br />

età dell’oro!»<br />

TUM.<br />

«Che è questo rumore?»<br />

TUM.<br />

«Dobbiamo sbrigarci!» gridò Miyamoto. «Lui non deve raggiungerci mentre siamo<br />

ancora sul ponte!»<br />

«Lui chi?!»<br />

Con un balzo, una gigantesca creatura verdognola atterrò sul fragile ponte, vicino<br />

ai due game designer. Vi furono severi scricchiolii che non lasciavano presagire<br />

niente <strong>di</strong> buono. La creatura ruttò lingue <strong>di</strong> fuoco.<br />

«Un Bowser! Non possiamo batterlo! Presto, scappiamo, raggiungiamo l’uscita!»<br />

Jason Rubin, ubriaco <strong>di</strong> paura, iniziò a correre come un <strong>di</strong>sperato, lasciandosi in<strong>di</strong>etro<br />

un ancora indolenzito Miyamoto. Giunto alla fine del ponte, vide una leva:<br />

«Gunny! Non è questo il momento <strong>di</strong> travestirsi da meccanismo che fa scomparire il<br />

ponte. Vieni, dobbiamo fuggire!» e così <strong>di</strong>cendo allungò il braccio per strattonare<br />

l’amico, ma l’emulo <strong>di</strong> Solid Snake si trovava già al sicuro con Nemesis e Alessandra<br />

vicino all’uscita, e ciò che Rubin aveva tirato era veramente la leva connessa al<br />

meccanismo che fa scomparire il ponte, il quale non poté far altro che ubbi<strong>di</strong>re<br />

all’input.<br />

Sia il Bowser che Shigeru Miyamoto videro svanire la roccia da sotto i loro pie<strong>di</strong>:<br />

si scambiarono un’occhiata <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione e caddero nel baratro.<br />


«Complimenti Vicks, hai appena ammazzato Wedge» <strong>di</strong>sse Nemesis Divina avvicinandosi.<br />

«Oh no. Miyamoto è morto. Questo è il peggior giorno della mia vita dopo quella<br />

volta in cui subii un “otorinolaringoiatra” durante la finale del campionato <strong>di</strong> Scarabeo»<br />

pianse Alessandra C.<br />

«Non facciamo a tempo a finire il tutorial, e già per<strong>di</strong>amo un membro del gruppo.<br />

Perché non mi stupisce il fatto che si tratti <strong>di</strong> Shigeru?» fece sarcastico Gunny.<br />

Ma Jason Rubin era in lacrime. «Voi non capite, questa è una trage<strong>di</strong>a per tutti,<br />

ma soprattutto per me! La morte <strong>di</strong> Miyamoto in questo mondo significa che subirà<br />

la Cura Ludovico nell’altro, quin<strong>di</strong> perderà la sua passione più grande: non potrà più<br />

realizzare videogiochi! OMFG SONO ROVINATOOUUOO! A CHI MI ISPIRERÒ DA ORA<br />

IN POI? E MI AVEVA PURE PROMESSO CHE… BUAAAAAAAH!»<br />

«Coraggio Jason, cerca <strong>di</strong> farti forza» <strong>di</strong>sse Nemesis Divina tenendolo saldo per<br />

impe<strong>di</strong>rgli il suici<strong>di</strong>o. «Io non so che cosa cancellerà la Cura Ludovico. Non so quale<br />

sia la più grande passione <strong>di</strong> Shigeru Miyamoto, ma <strong>di</strong> una cosa sono sicuro: non<br />

erano i videogiochi.»<br />

«E comunque puoi sempre prendere come modello Peter Molyneux» <strong>di</strong>sse Gunny.<br />

Fu troppo. Jason Rubin svenne.<br />

2.4 DONKEY<br />

«Ohi, la mia testa! Dove mi trovo?»<br />

«Perché tutte le persone che rinvengono devono sempre chiedere dove sono?» si<br />

interrogò Alessandra C.<br />

Si trovavano in una vasta cavità sotterranea <strong>di</strong> forma semisferica. L’ambiente,<br />

stranamente illuminato a giorno, era quasi del tutto spoglio, se si escludevano alcuni<br />

alberi, rocce e una bassa vegetazione.<br />

«Che è successo?»<br />

«E figurati se non chiedeva pure questo… Dopo che sei svenuto per lo shock <strong>di</strong><br />

aver ammazzato il tuo idolo Shigeru Miyamoto – ops, scusa per avertelo ricordato!<br />

– ti abbiamo messo su una lettiga costruita con alcuni poligoni e portato con noi. Il<br />

percorso ci ha condotti in questo geofront, da cui non sembra che vi siano uscite.<br />

Adesso dobbiamo capire che fare…»<br />

Nemesis Divina, che fino a quel momento aveva osservato in silenzio la location,<br />

sollevò <strong>di</strong> scatto l’ammazzadraghi.<br />

«Ho capito dove siamo! Dài ragazzi, pensateci: un luogo così vasto e vuoto non<br />

può essere che un boss stage. Abbiamo trovato la tana <strong>di</strong> Donkey!»<br />

«Finalmente affronteremo quel grasso gorilla peloso!» ringhiò Gunny impugnando<br />

la combo socom-coltello.<br />

«Grasso gorilla peloso?» domandò Alessandra C.<br />

«Grasso gorilla peloso, certo!»<br />

«Stai parlando <strong>di</strong> Donkey? Tu conosci Donkey?»<br />

«Ovviamente no, ma mi sono fatto un’idea su chi possa essere.»<br />

«Fammi capire» cercò <strong>di</strong> far chiarezza la ragazza, «tu ritieni che Donkey, l’unico<br />

e migliore amico del Davide Videolurido, sia in realtà…»<br />

«Peter Jackson, sì!»<br />

«AH AH AH AH AH! Poveri stolti!»<br />

«Chi ha parlato?» gridò Alessandra C terrorizzata.<br />

Gunny si girò in tutte le <strong>di</strong>rezioni: «deve essere lui!» <strong>di</strong>sse. «Oppure è Fran<br />

Walsh, non saprei.»<br />

«Avete fatto male i vostri conti, eroi! Non sono un regista neozelandese, non sono<br />

un gorilla scaricabarili e non sono nemmeno Giobbi. Sono semplicemente Donkey!»<br />

Con grande impiego <strong>di</strong> effetti particellari, una figura umanoide alta tre metri<br />

e con una tuta in lattice rossa si materializzò davanti a loro. Aveva la testa <strong>di</strong> un<br />

asino e una coda con un ciuffo <strong>di</strong> peli all’estremità. L’essere ragliò sod<strong>di</strong>sfatto per la<br />

qualità del suo ingresso: «tuttavia, visto che siamo all’interno della Matrice, potete<br />

chiamarmi con il mio nome <strong>di</strong>gitale… eDonkey!»<br />

«Argh! Il re <strong>di</strong> tutti i sistemi peer to peer!» esclamò Nemesis Divina, trattenendosi<br />

a stento dall’inginocchiarsi.<br />

«Vabbe’, ho sbagliato pronostico, ma come hai fatto a sapere che stavamo arrivando?<br />

Abbiamo tenuto un approccio stealth per tutto il tempo!» <strong>di</strong>sse Gunny togliendosi<br />

i ramoscelli d’ulivo che aveva tra i capelli. Ormai non servivano più.<br />

«Aprire la inner door senza l’ammontare richiesto <strong>di</strong> stelle ha fatto scattare<br />

l’allarme silenzioso. Sono andato a controllare indossando una mimetica da Calamarcio<br />

e ho trovato voi. Quin<strong>di</strong> vi ho seguito. Vi sono stato a stretto contatto per<br />

tutto il tragitto nelle Miniere.»<br />

Jason Rubin osservò Nemesis Divina con lacrime <strong>di</strong> rabbia. «La tua bestemmia ci<br />

costerà la vita!»<br />

«Un momento. Hai detto che ci sei stato a stretto contatto? Ecco perché quando<br />

Nemesis ha chiesto <strong>di</strong> Vox Mun<strong>di</strong> ha ricevuto come risposta cinque “no”, invece <strong>di</strong><br />

quattro» <strong>di</strong>sse la puzzle-solver Alessandra C.<br />

eDonkey gongolò come un Galliani alla fine del primo tempo.<br />


«Ma come mai non ci siamo accorti della tua presenza?»<br />

«Mi sono reso invisibile grazie alla mia perfetta conoscenza della programmazione<br />

<strong>di</strong> questi luoghi.»<br />

«Stai <strong>di</strong>cendo che hai sfruttato il lag?»<br />

«Preferisco <strong>di</strong> più come l’ho spiegato io.»<br />

«Senti» <strong>di</strong>sse Nemesis Divina, «è chiaro che muori dalla voglia <strong>di</strong> esibirti in un<br />

monologo…»<br />

«Non ho bisogno <strong>di</strong> monologhi, caro il mio capellone, io sono eDonkey! Sono<br />

l’alfa e l’omega, l’entità a cui tutti quoti<strong>di</strong>anamente si collegano e rendono grazie.<br />

Sono il reattore della con<strong>di</strong>visione, il flagello dei <strong>di</strong>ritti d’autore, il re del dvdrip,<br />

l’imperatore dello screener, il mullah dello scan, colui che ha preso la trasformata <strong>di</strong><br />

Fourier e l’ha fatta <strong>di</strong>ventare Contenuto. Sono il supremo manipolatore <strong>di</strong> menti, la<br />

nemesi dei patriot, l’alfiere dell’irreale, l’anti-etico per eccellenza, il maestro del relativismo.<br />

Io sono il cugino <strong>di</strong> chiunque: il magnanimo parente che tutto ha e tutto<br />

concede.<br />

«Pazzi siete voi che decidete <strong>di</strong> sfidarmi, giacché le mie armi sono i vostri stessi<br />

segreti. Affrontare me significa affrontare il vostro lato oscuro!»<br />

«Signor “non ho bisogno <strong>di</strong> monologhi” permettimi una domanda» <strong>di</strong>sse Gunny:<br />

«e se uno non avesse segreti? Potrebbe, come <strong>di</strong>re, infliggere una curetta me<strong>di</strong>oevale<br />

al tuo culo?» E così minacciando lanciò contro eDonkey una stun grenade.<br />

Ma la granata non sortì alcun effetto. Incre<strong>di</strong>bilmente, eDonkey aveva previsto la<br />

tipologia d’attacco <strong>di</strong> Gunny e si era coperto gli occhi in tempo.<br />

«Ooh, chi abbiamo qui… nientepopo<strong>di</strong>meno che Gunny: il nuovo Kojima, il nuovo<br />

Lucas, il nuovo Mollica! Tu sostieni <strong>di</strong> non avere segreti, Gunny, ma adesso ti <strong>di</strong>co<br />

che male facesti a scagliare la prima pietra. Io, che tutto posseggo e tutto con<strong>di</strong>vido,<br />

ti domando: che ne sarà della tua carriera <strong>di</strong> regista quando la gente vedrà il<br />

tuo primo “lungometraggio”?»<br />

«Nessuno lo vedrà mai. Era una tale stronzata! Figuriamoci se mi sogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuirlo!<br />

Ah ah! Non c’è niente da temere!»<br />

«Ne sei sicuro?»<br />

«Certo!»<br />

«Sicuro sicuro?»<br />

«Er… non dovrei?»<br />

«Non dovresti. Ho dato incarico a dei topi d’appartamento albanesi <strong>di</strong> procurarmene<br />

una copia. Proprio in questo momento lo sto mettendo in power-share. Presto<br />

tutto il mondo potrà ammirare Blood Brothers, un film <strong>di</strong> Giacomo Talamini!»<br />

«NUOOOOOO!»<br />

Gunny crollò in ginocchio. Le sue statistiche ebbero un tracollo alle voci Carisma<br />

e Sex Appeal.<br />

Alessandra C, pur provando per lui una minore ammirazione e attrazione fisica,<br />

cercò <strong>di</strong> consolarlo: «coraggio Gunny, non ti devi vergognare per un film sbagliato<br />

girato quando eri giovane. Lo abbiamo fatto tutti! Pure io una volta che avevo bisogno<br />

<strong>di</strong> sol<strong>di</strong> ho partecip…»<br />

«Alessandra» la interruppe eDonkey, «forse ti interesserà sapere che sto con<strong>di</strong>videndo<br />

il filmato della finale <strong>di</strong> Unreal Tournament: torneo che hai miseramente<br />

perduto perché nella mappa “Via Montenapoleone” ti fermavi sempre a guardare le<br />

vetrine!»<br />

La scrittrice si vide <strong>di</strong>mezzata la Concentrazione e l’Autostima, mentre la voce<br />

Fashion aumentò <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi punti.<br />

«E Nemesis, caro Nemesis, che pena mi fai tu che scarichi filmati <strong>di</strong> finti stupri ai<br />

danni <strong>di</strong> ragazze giapponesi.»<br />

«Finti?!»<br />

Nemesis Divina, adombratosi, andò in blind.<br />

«Sir… Per me niente?» domandò Jason Rubin, che forse si sentiva emarginato.<br />

«A te <strong>di</strong>rò una sola cosa: BUKKAKE.»<br />

Jason Rubin iniziò a tossire violentemente e a sputare per terra, come se tutto ad<br />

un tratto ricordasse un’esperienza rimossa.<br />

Pur nella momentanea cecità, Nemesis Divina fece due passi in avanti roteando<br />

l’enorme ammazzadraghi.<br />

«Bene eDonkey, nonostante l’enorme rispetto che nutro per te e per il tuo lavoro,<br />

le nostre priorità nei confronti <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> e del povero Emalord ci impongono <strong>di</strong> riempirti<br />

<strong>di</strong> botte fino a quando non cagherai il nascon<strong>di</strong>glio del Davide Videolu<strong>di</strong>co.<br />

Quin<strong>di</strong> se non ti spiace, considerata la nostra premura, salterei tutta la parte dei<br />

<strong>di</strong>scorsi e passerei subito alle mazzate!»<br />

«Non vi darò mai l’informazione che cercate, luri<strong>di</strong> fascisti governativi! Presto il<br />

Davide Videolu<strong>di</strong>co farà la sua prima e più importante mossa per la conquista <strong>di</strong><br />

Videogamia. A quel punto…»<br />

«Ma che è questa cazzata <strong>di</strong> conquistare Videogamia?» protestò Nemesis Divina.<br />

«Ma siete veramente così nerd da non rendervi conto che state cercando <strong>di</strong> occupare<br />

una terra inutile? I videogiochi sono il me<strong>di</strong>um più sopravvalutato che esista!<br />

Tutto ciò che c’è dentro un videogame… i mon<strong>di</strong>, le storie, i personaggi… tutte queste<br />

cose che tanto appassionano le ignoranti anime videogiocatrici non appartengono<br />

al me<strong>di</strong>um, ma sono state prese <strong>di</strong> peso dai film, dai libri, dai fumetti. Il Video-<br />


gioco non è altro che un plagio, una carta carbone <strong>di</strong> altri me<strong>di</strong>a con in più l’illusione<br />

dell’interattività. Per la puttana: abbiamo appena fatto una sequenza ricalcata<br />

pari pari dal Signore degli Anelli, e adesso ci troviamo in un geofront. Ti ren<strong>di</strong> conto?<br />

Un geofront!»<br />

«Non ho la più pallida idea <strong>di</strong> ciò che stai <strong>di</strong>cendo.»<br />

«Cerca <strong>di</strong> fare uno sforzo. Ficcatelo in quella testa <strong>di</strong> ciuco: non c’è NIENTE <strong>di</strong><br />

bello nel videogiocare. È solo un modo come un altro per sprecare la propria esistenza!»<br />

Alessandra C rimase esterrefatta da queste parole: «Nemesis, non avrei mai pensato<br />

che tu…»<br />

«Lasciami in pace!»<br />

Gunny era all’apice dell’ira: «eDonkey, hai appena fatto piangere Nemesis Divina.<br />

Pagherai anche per questo. Formazione d’attacco!»<br />

Il party si posizionò a delta con le armi un pugno.<br />

«Bene! Se questo è ciò che volete…» eDonkey assunse la posa dell’uomo vitruviano:<br />

«SLOT AMICI, VENITE A ME!» La sua muscolatura iniziò a gonfiarsi in maniera<br />

preoccupante, mentre le orecchie asinine emettevano i Carmina Burana a 320<br />

kilobyte al secondo.<br />

«Siamo. Nella. Merda» fece Alessandra C.<br />

«Forse no» <strong>di</strong>sse Gunny. «Chiederò aiuto via codec al mio consulente militare<br />

Motosada Mori. Lui saprà <strong>di</strong>rci quale tecnica adottare per sconfiggere eDonkey!» Il<br />

sosia <strong>di</strong> Snake poggiò un ginocchio a terra, si infilò due <strong>di</strong>ta nell’orecchio e <strong>di</strong>sse:<br />

«pronto, casa Mori?»<br />

La situazione si faceva drammatica: eDonkey aveva quasi finito il suo trattamento<br />

ormonale e un forte vento aveva incominciato a soffiare all’interno del geofront.<br />

Gunny si rialzò in pie<strong>di</strong> togliendosi le <strong>di</strong>ta dall’orecchio.<br />

«Allora? Ti ha dato qualche hint?» domandò Nemesis Divina.<br />

«A <strong>di</strong>re il vero Motosada si è un po’ incazzato» rispose Gunny mentre si puliva le<br />

<strong>di</strong>ta sulla giacca <strong>di</strong> Rubin. «Ha detto che non mi conosce, che sono le tre <strong>di</strong> notte e<br />

che se non la smetto <strong>di</strong> telefonargli mi farà avere notizie dal suo avvocato.»<br />

«Allora non abbiamo speranza? Vi mostrerò dunque il significato della C in Alessandra<br />

C!» e così <strong>di</strong>cendo la scrittrice voltò le spalle al gruppo e prese a correre in<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> alcune insenature rocciose, poste vicino al limite esterno del geofront.<br />

Jason Rubin la osservò fuggire: «credo che la C stia per ‘Codarda’.»<br />

Gunny cercò <strong>di</strong> lasciarsi Blood Brothers alle spalle: capì che il gruppo aveva bisogno<br />

<strong>di</strong> un leader.<br />

«Lasciatela andare. Siamo noi tre adesso e dobbiamo comportarci da party affiatato.<br />

Rubin, voglio che ti scagli addosso a eDonkey picchiandolo a tambur battente.<br />

Io e Nemesis ti lanceremo da <strong>di</strong>etro le pozioni <strong>di</strong> cura.»<br />

«Occhei!» Jason Rubin partì a testa bassa come un torello: «ti faccio il culoooo!»<br />

«Ma tu hai pozioni <strong>di</strong> cura?» chiese Nemesis Divina a Gunny. «No perché io non<br />

le ho prese: il dottore si è scordato <strong>di</strong> farmi la ricetta…»<br />

«Be’, ho una vigorsol.»<br />

Con un uppercut, eDonkey lanciò Jason Rubin in aria e iniziò un’interminabile<br />

juggle, poi azionò lo zero shift, raggiunse Rubin in volo e si esibì in una presa a 69<br />

con successivo schienamento a terra.<br />

Jason Rubin vomitò la milza.<br />

Equipaggiato con il lanciarazzi, Gunny cercava il momento giusto per sparare.<br />

Nemesis Divina, la vista ancora un po’ annebbiata, corse a liberare Rubin dalla<br />

presa mortale: sollevò l’ammazzadraghi sopra la testa e rilasciò un fendente verticale.<br />

Il boss ragliante rotolò via all’ultimo momento e la lama tranciò l’avambraccio<br />

destro del game designer, il quale lanciò una bestemmia talmente lunga e variegata<br />

che eDonkey ne fece un mp3 e la mise istantaneamente in con<strong>di</strong>visione. Gunny<br />

inquadrò il boss mentre stava per rialzarsi e fece fuoco con il lanciarazzi. Il missile<br />

<strong>di</strong>segnò una parabola <strong>di</strong> fumo e si <strong>di</strong>resse contro eDonkey, ma questi compì un balzo<br />

e camminò sopra il razzo deviandone la traiettoria contro un albero.<br />

«RAZORBACK 2!» gridò poi. Dalla schiena gli uscirono due lame rotanti che si <strong>di</strong>ressero<br />

contro i membri del party ancora in pie<strong>di</strong>. Nemesis Divina parò il colpo con<br />

l’ammazzadraghi, ma fu orrendamente scagliato all’in<strong>di</strong>etro contro una roccia.<br />

Gunny fu colpito <strong>di</strong> striscio all’addome e si accasciò a terra in preda al dolore.<br />

«Avete perso» <strong>di</strong>sse pacatamente eDonkey osservando i suoi antagonisti agonizzanti.<br />

«Del resto non avevate alcuna possibilità. Ho la velocità <strong>di</strong> una dorsale in fibra<br />

ottica, ho un sistema <strong>di</strong> recupero da errori e una funzione <strong>di</strong> anteprima che mi<br />

permette <strong>di</strong> conoscere ogni vostro attacco nel momento stesso in cui lo pensate.<br />

Ammettete la sconfitta?»<br />

«La ammettiamo» <strong>di</strong>sse Gunny con una smorfia. «Ti chiedo solo una cosa: finiscimi<br />

con un colpo netto. Non mutilarmi, ti prego: non voglio fare la fine del protagonista<br />

<strong>di</strong> E Johnny prese il fucile…»<br />

«Perché, che fine ha fatto?»<br />

«Be’, lui ha avuto <strong>di</strong>ciamo un…» iniziò a spiegare Gunny. «Aspetta un attimo: tu<br />

non conosci E Johnny prese il fucile?»<br />

«A-al momento non…»<br />


«È un bellissimo film <strong>di</strong> guerra, anzi, sulle conseguenze della guerra. Certo, è un<br />

film vecchio, e non è famosissimo presso i non appassionati del genere, ma non<br />

capisco come fai a non conoscerlo, visto che l’ho scaricato proprio dal tuo network.»<br />

«Sì, sto con<strong>di</strong>videndo un film con quel nome, ma…»<br />

Gunny si illuminò: «ma non l’hai mai visto, vero?»<br />

«…»<br />

«Ma certo, ho capito! Tu impieghi tutta la giornata a mettere roba in con<strong>di</strong>visione,<br />

quin<strong>di</strong> non hai il tempo <strong>di</strong> vedere i film, provare i giochi, ascoltare la musica che<br />

tu stesso fai scaricare agli altri. Sarai anche la cosa più vicina che ci sia all’Aleph <strong>di</strong><br />

Borges, ma sei l’unico a non giovarsi dei tuoi stessi benefici!»<br />

«N-non…»<br />

Nemesis Divina intuì dove stava andando a parare il compagno <strong>di</strong> squadra: «lascia<br />

che ti faccia qualche domanda caro eDonkey. Un trivia semplice semplice: con<br />

quale frase finisce Via col vento?»<br />

«Mumble… e tutti vissero felici e cont…»<br />

«PROT! Risposta sbagliata. Come fa il ritornello <strong>di</strong> Nel blu <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> blu?»<br />

«Qualcosa come tarizùm larillallero?»<br />

«PROT! Risposta sbagliata. Guarda, te ne faccio una facile: chi era il padre <strong>di</strong> Luke<br />

Skywalker?»<br />

«La so, la so!» lo prendeva in giro Gunny alzando la mano.<br />

«Zitto che mi deconcentri! Questa ce l’ho sulla punta della lingua…» Stava sudando<br />

freddo. «…Saruman!»<br />

«ROOOTFL!»<br />

Gunny e Nemesis Divina iniziarono a contorcersi dalle risate.<br />

«Cazzo ridete? Guardate che se mi girano chiudo i rubinetti, così non potrete scaricare<br />

più niente!»<br />

«Ri<strong>di</strong>amo perché abbiamo appena scoperto come fotterti!» <strong>di</strong>sse Nemesis.<br />

«Impossibile, posso prevedere ogni vostro attacco nel momento stesso in cui vi si<br />

forma il pensiero in testa!»<br />

«L’hai già detto, ma se invece <strong>di</strong> pensare a quale azione eseguire, ci limitassimo<br />

ad esempio a citare il nome <strong>di</strong> un film? Ti faccio vedere: Alessandra? Il nemico alle<br />

porte!»<br />

«Il nemico alle porte, ricevuto Gunny!»<br />

eDonkey fu colpito da un proiettile sparato dalla <strong>di</strong>stanza. L’urto lo fece in<strong>di</strong>etreggiare<br />

<strong>di</strong> qualche passo e perdere un’incre<strong>di</strong>bile quantità <strong>di</strong> energia.<br />

«Chi è stato, com’è possibile?»<br />

«Quando Alessandra C se n’è andata, ho capito subito che la C del suo cognome<br />

stava per ‘Cecchina’, pertanto sapevo che si sarebbe appostata da qualche parte<br />

tenendoti nel suo mirino. Le ho solamente dato il segnale <strong>di</strong> sparare in un modo<br />

che ero sicuro non avresti predetto, perché chiaramente non hai visto il bel film <strong>di</strong><br />

Annaud.»<br />

«Ah, la C sta per ‘Cecchina’? Io avrei detto ‘Campeggiatrice’» commentò Nemesis.<br />

«Adesso, caro eDonkey, sono sicuro che Jason Rubin, alle tue spalle, sarebbe lieto<br />

<strong>di</strong> riservarti il trattamento che Mario de<strong>di</strong>cò a Bowser in Super Mario 64…»<br />

«Ottima scelta, Gunny!» Con il braccio sano, Jason Rubin afferrò eDonkey per la<br />

coda, lo fece roteare sempre più velocemente per poi scagliarlo contro un masso.<br />

«P-pietà!» ragliò eDonkey. Il volto tumefatto.<br />

«Nessuna pietà» <strong>di</strong>sse sprezzante Jason Rubin. «Non hai giocato a Super Mario<br />

64. Questo significa che sei un asino…»<br />

«E adesso Nemesis» continuò Gunny. «Che ne <strong>di</strong>ci <strong>di</strong> torturare un po’ il nostro<br />

amico con lo stile <strong>di</strong> Hannibal Lecter?»<br />

«No, no! Chie<strong>di</strong>mi Miike! Chie<strong>di</strong>mi Miike!»<br />

«Che Miike sia! Direi <strong>di</strong> iniziare con Ichi the Killer…»<br />

Snikt. Una lama comparve sul tallone <strong>di</strong> Nemesis Divina, che con un colpo <strong>di</strong> tacco<br />

amputò le gambe <strong>di</strong> eDonkey.<br />

«…poi potremmo continuare con Au<strong>di</strong>tion…»<br />

Un Nemesis sempre più eccitato si munì <strong>di</strong> due aghi da sarta, che conficcò pazientemente<br />

negli occhi dell’agonizzante boss.<br />

«…e terminiamo con… Gozu!»<br />

«Ehi che cosa vuoi fare con quel mestolo?» gridò eDonkey. «NO! NO! AAAA-<br />

ARGH!!!»<br />

«Avete visto? Uniti ce l’abbiamo fatta!» <strong>di</strong>sse Alessandra C arrivando <strong>di</strong> corsa<br />

come un portiere dopo che la sua squadra ha segnato.<br />

«Siamo stati gran<strong>di</strong>!» esultò Jason Rubin, niente affatto preoccupato per la mutilazione<br />

subita.<br />

Gunny si avvicinò ai resti ancora in vita <strong>di</strong> eDonkey: «e adesso, ammetti la tua<br />

sconfitta e <strong>di</strong>cci dove si trova il Davide.»<br />

«Giammai! Te l’ho detto: sono provvisto <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> recupero da errori!»<br />

Due gambe spuntarono dai moncherini. eDonkey scattò in pie<strong>di</strong> a pochi centimetri<br />

da Gunny: «ti mangerò vivo!» <strong>di</strong>sse aprendo la bocca.<br />


Ma l’essere asinino non riuscì a completare l’attacco. Alessandra C era rimasta<br />

attenta ad eventuali colpi <strong>di</strong> reni da parte <strong>di</strong> eDonkey e, da quella <strong>di</strong>stanza, non poté<br />

che centrarlo con un headshot da instant kill. eDonkey ricadde a terra. Il suo<br />

corpo si liquefece in pochi istanti.<br />

Alessandra C fu avvolta da un’aura viola. Sulla sua testa comparve la scritta:<br />

“LEVEL UP!”<br />

«Oh no! Siccome il colpo <strong>di</strong> grazia glielo ha dato lei. Adesso si beccherà anche i<br />

nostri punti esperienza. Che stronza!» protestò Rubin.<br />

La scrittrice parlò con voce evangelica: «l’Alessandra C che conoscevate non esiste<br />

più. D’ora in poi, il mio nome sarà Alessandra B!»<br />

Vicino ai resti <strong>di</strong> eDonkey si formò una colonna <strong>di</strong> luce che raggiungeva il soffitto<br />

del geofront. I membri del party vi entrarono e furono trasportati in superficie. Si<br />

trovavano <strong>di</strong> nuovo a San D’Oria.<br />

«Che bellissima avventura!» esclamò giocondo Nemesis Divina. «Mi spiace Jason<br />

per il tuo braccio…»<br />

«Oh, fa niente: mi ci farò montare sopra un mitra come quello <strong>di</strong> Barret.»<br />

«Se solo Shigeru fosse qui con noi ad impiastricciarci col suo zucchero filato…»<br />

<strong>di</strong>sse Alessandra B.<br />

«Già… Ehi Gunny, perché sei così serio? Qualcosa non va?» domandò Nemesis.<br />

«Sei ammattito? Certo che qualcosa non va. Non abbiamo trovato il nascon<strong>di</strong>glio<br />

del Davide!»<br />

«Oh, non preoccuparti. Avevo pensato ad un’eventualità simile. Inizieremo un’indagine:<br />

interrogheremo i personaggi più famosi dei videogiochi. Se il Davide è veramente<br />

venuto a Videogamia, sarà senz’altro andato a conoscere qualcuno dei<br />

suoi eroi. Vedrete che prima o poi salterà fuori qualcosa. Suggerisco <strong>di</strong> iniziare recandoci<br />

allo SCUMM BAR: mi è venuta voglia <strong>di</strong> grog.»<br />

«Ottima idea Nemesis!» si complimentò Rubin.<br />

«Grazie! D’un tratto mi è ritornato l’amore per questo me<strong>di</strong>um che temevo <strong>di</strong> aver<br />

perduto per sempre. Vi <strong>di</strong>co che non solo riusciremo nel nostro compito, ma<br />

faremo anche risorgere <strong>Ring</strong> dalle sue ceneri!»<br />

Vi fu un commosso applauso da parte <strong>di</strong> tutti i passanti.<br />

«Allora sarà meglio farlo in fretta» <strong>di</strong>sse Gunny, «perché ho appena decifrato il<br />

messaggio segreto contenuto nel refuso <strong>di</strong> <strong>Videogiochi</strong> 13.»<br />

«Inten<strong>di</strong> “localazzioone”?»<br />

«Esatto. È l’anagramma <strong>di</strong>: “EA CAZZONI, LOOL!”»<br />

Nemesis Divina fece la faccia così: o_O.<br />

«OMFG… Lo aveva detto eDonkey che il primo bersaglio sarebbe stato anche il<br />

più importante: Electronic Arts sta per essere attaccata dal Davide Videolu<strong>di</strong>co. E a<br />

quanto pare ci sarà da ridere.»<br />

SECRET STAGE<br />

Nella sala briefing dello S.H.I.E.L.D., Nick Fury e l’uomo celato nell’oscurità spensero<br />

i monitor che inquadravano il party vittorioso a San D’Oria.<br />

«Così ci sono riusciti. Donkey è morto» commentò Nick Fury appoggiandosi allo<br />

schienale.<br />

«È andato tutto secondo i piani» <strong>di</strong>sse l’uomo celato nell’oscurità. «Anzi, meglio,<br />

se si considera che i Cinque non ci ritengono responsabili della chiusura <strong>di</strong> <strong>Ring</strong>.»<br />

«Che intende farne?»<br />

«Lasciamoli alla loro inutile detection. Chissà, in seguito potrebbero ritornarci utili.»<br />

«Come desidera» <strong>di</strong>sse Fury. «Adesso che Donkey è stato tolto <strong>di</strong> mezzo, abbiamo<br />

libero accesso alla sua enorme rete <strong>di</strong> PC. Finalmente <strong>di</strong>sponiamo della potenza<br />

computazionale necessaria a realizzare il nostro progetto: il computer ad embrioni<br />

sarà presto una realtà.»<br />

«Emani subito gli or<strong>di</strong>ni necessari all’avvio del progetto, Generale Fury.»<br />

«Sarà fatto… signor Videolu<strong>di</strong>co.»<br />

PROSSIMAMENTE…<br />

20th CENTURY DAVIDE<br />

<br />

forse<br />

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