31.05.2013 Views

Ring 010 - Parliamo di Videogiochi

Ring 010 - Parliamo di Videogiochi

Ring 010 - Parliamo di Videogiochi

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

pROJECTrING __________________________________ n10<br />

3MOTION 3NGINES fEBBRAIO2004<br />

::sOMMARIO::<br />

sPECIALE<br />

Brum Brum .03<br />

rUBRICHE<br />

pEOPLE 0<br />

Sid Meier .41<br />

mE nINTENDO<br />

Censura .42<br />

iVORY tOWER<br />

Linguaggio Comune<br />

iL nEGOZIATORE<br />

Carne da Marcello<br />

aRENA<br />

Handheld Gaming<br />

cHAIN mAIL<br />

#2 Return .59<br />

vOX mUNDI<br />

Column 02: Lavorare .62<br />

Plague 01: Binari .63<br />

iL dAVIDE<br />

Davide Reborn (1 <strong>di</strong> 2) .64<br />

fRAMES .00<br />

Due cuori e una console .03<br />

I giochi usati .06<br />

Mitrovich .07<br />

iNDEPTH .00<br />

Manhunt .09<br />

Civilization<br />

rECENSIONI .00<br />

Drag-on Dragoon .13<br />

Mario & Luigi: SS .15<br />

Call of Duty .17<br />

In Memoriam .20<br />

Wario Ware .23<br />

Ludologica: The Sims .25<br />

Amplitude .27<br />

Best issue ever?<br />

Molto probabilmente<br />

sì. Ed il bello è<br />

che <strong>Ring</strong> non ha<br />

bisogno <strong>di</strong> mostrare<br />

donnine nude<br />

per guadagnarsi<br />

l’eccellenza. Non è<br />

mica Panorama,<br />

<strong>Ring</strong>. Questo mese nuove rubriche<br />

e nuove collaborazioni fioccano. Se<br />

poi volete leggere il miglior speciale<br />

sui racing games mai scritto, voltate<br />

pagina. Ma prima vi consigliamo <strong>di</strong><br />

salvare.<br />

<strong>Ring</strong> è...<br />

Copertina:<br />

Valentina Romagnoli<br />

Redazione:<br />

Marco "Il Pupazzo Gnawd" Barbero,<br />

Gianluca "Sator Arepo" Belvisi,<br />

Cristiano "Cryu" Bonora,<br />

Emanuele "Emalord" Bresciani,<br />

Tommaso "Gatsu" De Benetti,<br />

Nemesis Divina,<br />

Cristiano "Amano76" Ghigi,<br />

Paolo “Jumpman” Ruffino<br />

Federico Res,<br />

Giacomo "Gunny" Talamini.<br />

Hanno collaborato:<br />

Matteo Bittanti<br />

Davide "DarknessHeir" Bolzoni<br />

Stefano “Teokrazia” Brocchieri<br />

Marcello Cangialosi<br />

Contatti:<br />

posta@project-ring.com<br />

3MOTION 3NGINES____________________________<br />

[Cover Story]<br />

“Ognuno per la sua strada” o, per i pessimisti, “si salvi chi può”.<br />

Sembrano questi i leit motiv <strong>di</strong> un ambiente impazzito, impazzito<br />

sia nelle alte sfere (<strong>di</strong> quelli che contano) sia nei bassifon<strong>di</strong>, fra gli<br />

utenti finali (quelli che contano per davvero). E qui è tutto un<br />

trambusto, gente che spinge e si accalca, sbraita e urla agitando i<br />

pugni serrati nell’aria, gridando invettive e <strong>di</strong>grignando i denti.<br />

Se è <strong>di</strong>fficile, oltre che impopolare, pronosticare un prossimo<br />

crash del mercato, è altrettanto complesso in<strong>di</strong>viduare una <strong>di</strong>rezione<br />

limpida del contesto videolu<strong>di</strong>co, verso la quale il mercato possa<br />

muoversi per trovare nuovi spazi <strong>di</strong> manovra.<br />

Sono tre le strade preferenziali che il VG può imboccare e che, assurdamente,<br />

sta imboccando all’unisono. Il primo è un movimento<br />

frammentatore, che punta ad un’offerta multipla, specializzata e<br />

settoriale. Poi c’è la convergenza totale, che mira al costituirsi <strong>di</strong> un<br />

amalgama onnicomprensivo. Infine la via del Caos, attraverso la<br />

quale il mercato non prende decisioni, non sottoscrive certezze ma<br />

neppure si assume responsabilità personali.<br />

Il mercato è giunto ad un’apparente stabilità commerciale che<br />

sembra essere, per ora, capace <strong>di</strong> reggere tre piattaforme casalinghe<br />

deputando ad una <strong>di</strong> esse il ruolo <strong>di</strong> guida madre e alle altre<br />

due quello <strong>di</strong> R-Typici vettori laterali, con funzione <strong>di</strong> supporto a<br />

placare eventuali pruriti lu<strong>di</strong>ci inusuali.<br />

Ma l’utente borbotta e si agita su una poltrona abbondante, rivestita<br />

<strong>di</strong> pelle che stride ad ogni nostro movimento, una seduta ampia<br />

e con un poggiapie<strong>di</strong> incorporato che, però, ci fa sentire a <strong>di</strong>sagio<br />

prima ancora che rilassati. Quasi fuori luogo. Quasi deficienti, se<br />

ci fosse qualcuno ad osservarci, sdraiati con i pie<strong>di</strong> per aria.<br />

In salotto abbiamo tre console e nei cassetti o sotto la TV, una<br />

raccolta <strong>di</strong> titoli che in buona parte sono multipiattaforma. E noi<br />

guar<strong>di</strong>amo con palpebre dubbiose a quei tre marchingegni, più frutto<br />

del marketing <strong>di</strong> quanto non lo siano della tecnologia. E mentre<br />

noi proviamo a me<strong>di</strong>tare un futuro monoconsole, che elimini il surplus<br />

<strong>di</strong> conversioni, che abbatta i prezzi e faciliti la <strong>di</strong>ffusione del<br />

VG, il mercato annuncia da ogni lato un nuovo arrivo.<br />

Ed ecco allora il parto plurigemellare <strong>di</strong> fratellini bastar<strong>di</strong>: la console<br />

che legge i giochi PC, quella open sourcem, quella fa girare i<br />

retrogames, il DVD player con i giochini dentro. E anche nel settore<br />

portatile, dove l’egemonia ninten<strong>di</strong>ana aveva assicurato oltre un decennio<br />

<strong>di</strong> stabilità economico/qualitativa, pullulano le proposte che<br />

promettono <strong>di</strong> rivoluzionare il futuro quando noi, in questo presente,<br />

ce ne stavamo grassamente bene. Nuove macchine <strong>di</strong> cui non<br />

solo si mette in dubbio la necessità, ma <strong>di</strong> cui proprio si fatica a<br />

comprenderne la ragione d’essere.<br />

E mentre noi stiamo per avanzare l’ipotesi che “meno è meglio”,<br />

l’industria annuncia che a breve avremo nuove macchine, più potenti,<br />

che creeranno mon<strong>di</strong> più verosimili ed esperienze più appaganti..<br />

e noi chiu<strong>di</strong>amo la bocca, incurviamo le spalle e mettiamo<br />

mano al portafoglio, pronti ad appagare loro molto prima che i loro<br />

giochi lo facciano con noi.<br />

Il risultato <strong>di</strong> una eccessiva frammentazione del mercato è evidente:<br />

l’indebolimento <strong>di</strong> TUTTE le strutture interne al sistema. Ma<br />

d’altra parte noi o<strong>di</strong>amo il monopolio che offre un troppo grande potere<br />

al singolo e noi sappiamo che questo porta alla <strong>di</strong>ttatura e che<br />

la <strong>di</strong>ttatura è male e che non sta bene che uno solo si goda i frutti<br />

del mercato che poi senza concorrenza si cala <strong>di</strong> qualità e c’è ristagno<br />

tecnologico.<br />

Andatelo a <strong>di</strong>re alla Nintendo dell’era 16 bit…<br />

Nemesis Divina


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

I simulatori <strong>di</strong> ieri, gli arcade <strong>di</strong> domani<br />

brum brum<br />

dagli albori della videoguida al mondo console<br />

de Il Pupazzo Gnawd<br />

Occupano circa il 20% della produzione mon<strong>di</strong>ale per console (fonte Gamefaqs,<br />

www.gamefaqs.com). Praticamente un titolo ogni cinque prodotti. Sono i giochi <strong>di</strong><br />

guida, una delle fette più sostanziose del mercato dei videogiochi. Da dove arrivano,<br />

quali sono i più importanti, quanto sono fedeli alla realtà? Gentlemen, start<br />

your engines.<br />

Ancora numeri: una me<strong>di</strong>a voto, prendendo<br />

in considerazione gli ultimi due<br />

anni (<strong>di</strong>cembre 2001 - <strong>di</strong>cembre 2003,<br />

fonte Game Rankings, www.gamerankings.<br />

com), lievemente sotto la sufficienza. Un<br />

dato che si presta a considerazioni <strong>di</strong>verse.<br />

Innanzitutto l'affossamento della<br />

qualità me<strong>di</strong>a dovuta all'appetibilità <strong>di</strong><br />

tale maxi nicchia <strong>di</strong> mercato. Se la gente<br />

vuole i motori, i motori avrà. La domanda<br />

stimola l'offerta in una corsa all'oro<br />

tachimetrica che miete vittime tra i videogiochi<br />

inadeguati a reggere l'urto <strong>di</strong><br />

una concorrenza spietata. Prodotti e<br />

produttori me<strong>di</strong>ocri livellano i picchi <strong>di</strong><br />

eccellenza <strong>di</strong> un genere che non richiede<br />

ingenti investimenti <strong>di</strong> idee ed energie<br />

mentali. Il canovaccio per la costruzione<br />

<strong>di</strong> un titolo motoristico, d'altra parte, è<br />

noto a tutti e il passaggio alle tre <strong>di</strong>mensioni<br />

non ha scoraggiato la ricerca <strong>di</strong><br />

fortune videolu<strong>di</strong>che, semmai ha generato<br />

nuovi stimoli grazie alla tanto agognata<br />

immersività che il bitmap precludeva.<br />

I driving game hanno sempre ambito<br />

alla tri<strong>di</strong>mensionalità, l'hanno nel loro<br />

DNA binario. La libertà <strong>di</strong> poterne interpretare<br />

più realisticamente il genoma<br />

era occasione da sol<strong>di</strong> facili. E si sa, i<br />

sol<strong>di</strong> facili non si rifiutano mai.<br />

Sempre nel DNA, questa volta dell'utente,<br />

sono i motori. Una conoscenza <strong>di</strong>ffusa,<br />

che va dal superficiale al viscerale<br />

ma che in ogni caso porta ad una severità<br />

in fase <strong>di</strong> critica a volte selvaggia.<br />

Basti constatare quanto, negli ultimi anni,<br />

la ricerca della perfezione simulativa<br />

abbia limitato riconoscimenti qualitativi a<br />

videogiochi <strong>di</strong> F1 spesso meritevoli.<br />

Tra queste due forze (la massa <strong>di</strong> giochi<br />

me<strong>di</strong>ocri e l'esigenza della critica)<br />

altre concorrono nel delineare quella<br />

sufficienza stentata che sancisce la qualità<br />

me<strong>di</strong>a della categoria: la stasi <strong>di</strong> un<br />

genere lu<strong>di</strong>co apparentemente <strong>di</strong>fficile<br />

da innovare, l'ardua ricerca del realismo<br />

e un consumatore dal profilo <strong>di</strong>fferente<br />

rispetto a quello pre-32 bit. Se il fattore<br />

originalità può lasciare il tempo che trova<br />

quando riferito alla fascia più "sportiva"<br />

della guida simulata (parzialmente<br />

limitata dall'obbligo <strong>di</strong> attenersi a regole<br />

e canoni non mo<strong>di</strong>ficabili se non a scapito<br />

del realismo), sono gli ultimi due fattori<br />

ad essere i più interessanti. Senza <strong>di</strong><br />

essi sarebbe più complicato comprendere<br />

il giro <strong>di</strong> vite dato al gra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

prodotti troppo semplicistici e soprattutto<br />

risulterebbe <strong>di</strong>fficile tracciare la strada<br />

percorsa dai giochi <strong>di</strong> guida e inquadrare<br />

il perché del loro elevato peso nell'offerta<br />

o<strong>di</strong>erna. Simulazione della realtà e<br />

demografia dell'utenza, unitamente all'incremento<br />

delle capacità grafiche e<br />

computazionali dell'hardware, hanno<br />

incanalato l'evoluzione verso una spiccata<br />

tendenza ad aderire al reale. Un videogiocatore<br />

oggi più adulto rispetto al<br />

passato (Sony e Microsoft inquadrano il<br />

loro target primario in una fascia che va<br />

dai 18 ai 24 anni, laddove l'era 16 bit<br />

focalizzava principalmente i teen-ager)<br />

implica scelte a lui in<strong>di</strong>rizzate. L'osservanza<br />

delle basilari leggi fisiche è un<br />

prerequisito. Le simulazioni <strong>di</strong> ieri saranno<br />

gli arcade <strong>di</strong> domani, provando anche<br />

i più "leggeri" tra i titoli o<strong>di</strong>erni non si<br />

può non prenderne coscienza. Prodotti<br />

smaccatamente arcade come Burnout<br />

2, Wreckless e ad<strong>di</strong>rittura giochi il cui<br />

focus è lontano dalle gare <strong>di</strong> velocità,<br />

come lo sparatutto Halo, affondano le<br />

mani nel mare magno delle leggi fisiche<br />

uscendone felicemente infra<strong>di</strong>ciati. Certo,<br />

la loro è pur sempre una rielaborazione<br />

della realtà in chiave spettacolarizzata,<br />

ma sperimentando sospensioni<br />

in<strong>di</strong>pendenti, sovra o sottosterzi e trasferimenti<br />

<strong>di</strong> carico non si può che non<br />

pensare ai decenni scorsi e a quanto <strong>di</strong><br />

tutto ciò fosse esclusivo appannaggio <strong>di</strong><br />

titoli ben più seriosi. È lampante constatare<br />

come, senza le nuove tecnologie,<br />

Prima del videogioco: gli albori della civiltà<br />

L'emulazione dell'ebbrezza del volante<br />

nasce prima del videogame. Notizie <strong>di</strong><br />

giochi <strong>di</strong> guida meccanici giungono dai<br />

lontani anni '40. Tra guerra e ricostruzione<br />

i bimbi belli si gingillavano con<br />

Drive Mobile <strong>di</strong> International Mutoscope<br />

Company: un rullo sul quale scorreva<br />

il paesaggio, un'auto giocattolo posizionatavi<br />

sopra e via sterzare. Simulazione<br />

della fisica? Zero. Ulteriori evoluzioni del<br />

concetto si potevano trovare un decennio<br />

più tar<strong>di</strong> in Auto Test, nel quale<br />

Capital Projector, con un'intuizione che<br />

sarebbe stata ripresa decenni più tar<strong>di</strong><br />

dai laser game GP World <strong>di</strong> Sega e La-<br />

ser Grand Prix <strong>di</strong> Taito (entrambi del<br />

1984), sostituì il succitato rullo meccanico<br />

con un filmato in 8mm <strong>di</strong> una strada<br />

sulla quale la solita macchinina veniva<br />

sterzata dall'utente (che in questo caso<br />

doveva anche accelerare e frenare).<br />

Gli sforzi proseguirono sulla rotta del<br />

coinvolgimento sensoriale piuttosto che<br />

su quella della simulazione fisica. Negli<br />

anni '60 Speed King <strong>di</strong> Chicago Coin<br />

trasportava l'utente nel mondo delle corse<br />

grazie una leva del cambio, al rombo<br />

del motore (che variava in base alla<br />

pressione sull'acceleratore e alla velocità),<br />

al suono del clacson e ad altri ele-<br />

3<br />

niente <strong>di</strong> tutto ciò sarebbe stato possibile.<br />

È stata anzi l'esplosione delle capacità<br />

grafiche (e la testardaggine <strong>di</strong> chi ha<br />

voluto smentire l'equivalenza videogiochi<br />

= roba per ragazzini) a contagiare una<br />

massa <strong>di</strong> ventenni e trentenni. Sono state<br />

le visioni <strong>di</strong> un videogioco formalmente<br />

adulto e meno astratto a rimpolpare<br />

le fila dei videogiocatori. Ed è stata<br />

sempre la spinta tecnologica a portare,<br />

poco alla volta, la simulazione dai PC alle<br />

console, facendola <strong>di</strong>ventare mainstream.<br />

Non si potrebbe tuttavia comprendere<br />

appieno il peso dei driving game nell'o<strong>di</strong>erna<br />

produzione senza prendere in<br />

considerazione la maschilità del me<strong>di</strong>um<br />

videolu<strong>di</strong>co. La logica del ragionamento<br />

è tanto scontata quanto veritiera. Le<br />

piccole verginelle si trastullano con le<br />

bambole, gli imberbi futuri pipparoli con<br />

le macchinine. Il videogioco, per la sua<br />

pre<strong>di</strong>sposizione all'azione pura, è saldamente<br />

maschile e maschilista, e il mondo<br />

dei motori è indubbiamente il sottoinsieme<br />

più testosteronico dopo le pagine<br />

<strong>di</strong> Playboy. Il "sillogismo" è completo: il<br />

videogioco è maschile; il maschio ama e<br />

dà importanza ai motori; il videogioco<br />

tiene in gran considerazione i driving<br />

game.<br />

Ma da dove giunge la lingua <strong>di</strong> asfalto<br />

<strong>di</strong>gitalizzato? E soprattutto, da dove arriva<br />

la sua corsia più simulativa?<br />

menti accessori quali un cruscotto comprensivo<br />

<strong>di</strong> tachimetro e contagiri funzionanti.<br />

Tra gli ultimi esemplari elettromeccanici<br />

una citazione d'onore va a<br />

Road Runner. Commercializzato da<br />

Bally agli inizi degli anni '70, incorporava<br />

un primor<strong>di</strong>ale effetto tri<strong>di</strong>mensionale<br />

grazie al quale la sede stradale poteva<br />

mutare in larghezza, mentre le auto, in<br />

caso <strong>di</strong> incidente, volavano in aria variando<br />

in <strong>di</strong>mensione mano a mano che<br />

si avvicinavano allo schermo. I tempi<br />

erano maturi per il videogioco, e così…


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

Quattroruote binarie e ricerca del reale: una storia<br />

E così nel 1974 le danze venivano aperte<br />

da Grand Track 10, con ogni probabilità<br />

il primo coin-op ad ospitare una riproduzione<br />

<strong>di</strong>gitale del binomio "donne e<br />

motori", ma senza le donne. Visuale dall'alto<br />

e allegria arcade, il prodotto Atari<br />

viene qui citato più per dovere <strong>di</strong> cronaca<br />

(e per aver dato il via all'illustre saga<br />

<strong>di</strong> Sprint) che per reali doti simulative.<br />

La serie Sprint detiene la palma<br />

d’oro per la numerazione più astrusa<br />

della storia dei videogiochi.<br />

Dopo Gran Track 10 e Gran<br />

Track 20 (versione a due giocatori<br />

<strong>di</strong> Gran Track 10), la corsa al<br />

numero continuò con Indy 800<br />

(multiplayer per otto persone e<br />

<strong>di</strong>splay a colori, annata 1975),<br />

proseguì nel 1976 con Indy 4<br />

(dove ‘4’ in<strong>di</strong>cava il <strong>di</strong>mezzamento<br />

dei possibili partecipanti umani)<br />

per approdare al delirio della serie<br />

Sprint. In Sprint 8 (uscito nel<br />

1976) i quattro tracciati potevano<br />

essere solcati da otto utenti. Nel<br />

successivo Sprint 2, dello stesso<br />

anno, si passava a due giocatori<br />

(più l’inserimento <strong>di</strong> un cambio a<br />

quattro velocità e la retrocessione<br />

della grafica a un sobrio bianco e<br />

nero). La follia arrivò a compimento<br />

tra il 1977 e il 1978, rispettivamente<br />

gli anni <strong>di</strong> uscita <strong>di</strong> Sprint<br />

4 (quattro giocatori) e Sprint 1<br />

(un solo giocatore e do<strong>di</strong>ci circuiti<br />

che si mo<strong>di</strong>ficavano ogni paio <strong>di</strong><br />

giri). Per le successive uscite del<br />

1986, Super Sprint e Championship<br />

Sprint, Atari lasciò fortunatamente<br />

la strada numerica,<br />

concludendo la saga con il futuristico<br />

Badlands.<br />

Il realismo è veicolato anche e soprattutto<br />

dal coinvolgimento visivo. Ligio a<br />

tale concetto Rob Fulop, designer della<br />

solita Atari, decise che era tempo <strong>di</strong> passare<br />

a una visione tri<strong>di</strong>mensionale della<br />

strada. La tecnologia del tempo, tuttavia,<br />

non permetteva prestazioni grafiche<br />

<strong>di</strong> rilievo, così l'ingegnoso Fulop decise <strong>di</strong><br />

ambientare Night Driver 1 quando il sole<br />

era oramai tramontato da un pezzo, più<br />

o meno all'ora della ronda del piacere.<br />

Rettangoli bianchi per delineare la sede<br />

stradale e sfondo nero come la pece,<br />

Night Driver riusciva a restituire una<br />

convincente sensazione <strong>di</strong> velocità. Era<br />

un test <strong>di</strong> riflessi camuffato, eppure la<br />

sua importanza storica è fuori <strong>di</strong>scussione.<br />

La visualizzazione pseudo tri<strong>di</strong>mensionale<br />

che prima era solo appannaggio<br />

dei prodotti elettro-meccanici veniva<br />

trasportata anche nel mondo dei videogiochi.<br />

E nell'oscurità ognuno voleva go-<br />

dere, col vento virtuale tra i capelli (virtuali).<br />

Speed Freak (Vectorbeam, 1979) fu<br />

l'ulteriore scommessa <strong>di</strong> designer in evidente<br />

lotta contro una tecnologia limitata<br />

e limitativa. Con vettori bianchi e<br />

schermo nero, il racing game si vestiva<br />

<strong>di</strong> vera tri<strong>di</strong>mensionalità. La ricerca della<br />

simulazione passava attraverso gli aspetti<br />

formali e lo avrebbe fatto ancora<br />

per molto tempo. Le leggi fisiche erano<br />

farlocche, l'intelligenza artificiale inesistente.<br />

Ma il terreno era vergine e deflorabile,<br />

bastava un petting nemmeno<br />

troppo spinto per raggiungere l'orgasmo<br />

videolu<strong>di</strong>co. Pole Position (Namco,<br />

1982) faceva ancora affidamento su estetismi<br />

<strong>di</strong> gran classe per attirare il maschio<br />

sbavante nonché masturbante.<br />

Una grafica <strong>di</strong> qualità inusitata contornava<br />

un'esperienza <strong>di</strong> F1 dove la vera novità<br />

era anticipata nel titolo: le prove <strong>di</strong><br />

qualifica. Per il resto il realismo si concretizzava<br />

nel solcare la riproduzione<br />

<strong>di</strong>gitale <strong>di</strong> un vero autodromo e in veicoli<br />

non proni a sopportare collisioni, esplodendo,<br />

com'era d'uopo in quegli anni, al<br />

minimo contatto con i concorrenti. Concorrenti<br />

che per altro continuavano a<br />

rappresentare mine vaganti in ogni gioco<br />

<strong>di</strong> guida. Privi <strong>di</strong> personalità e spirito<br />

agonistico, non facevano altro che girare<br />

su ritmi turistici o <strong>di</strong>rigersi verso il giocatore<br />

come api sul miele. Erano fasti<strong>di</strong>osi<br />

traghettatori verso la facile esplosione,<br />

quella che altrettanto facilmente permetteva<br />

<strong>di</strong> snocciolare una quantità <strong>di</strong> santi<br />

fino a quel momento sconosciuta alla<br />

maggior parte degli avventori della sala<br />

giochi, fruitore incluso.<br />

Il mondo <strong>di</strong>gitale era molto basilare, delimitato<br />

da netti confini. Negli anni '80<br />

mal sopportavamo una guidabilità priva<br />

<strong>di</strong> attriti oppure, molto più frequentemente,<br />

ci traslavamo come punti <strong>di</strong> una<br />

proiezione ortogonale. Schiavi della forza<br />

centrifuga, l'imperativo era appiccicarsi<br />

all'interno della curva il prima possibile.<br />

Non esisteva una traiettoria ideale,<br />

quel che contava era un inserimento<br />

tempestivo e subitaneo, in modo che la<br />

porzione <strong>di</strong> carreggiata da sfruttare fosse<br />

sufficiente per contenere il movimento<br />

verso l'esterno dell'auto. Con gomme<br />

fumanti degne del più esoso dei burnout<br />

e allegria <strong>di</strong>ffusa dei ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> pneumatici,<br />

la fisica si vestiva <strong>di</strong> semplificazione,<br />

contrastata dai designer puntando<br />

sull'impreve<strong>di</strong>bilità. I cambi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione<br />

a tra<strong>di</strong>mento non si contavano e i veicoli<br />

in pista continuavano a reiterare la filosofia<br />

<strong>di</strong> Pole Position. Il tanto applau<strong>di</strong>to<br />

Out Run (Sega, 1986), un vero capolavoro<br />

<strong>di</strong> classe au<strong>di</strong>ovisiva, è l'esempio<br />

più fulgido dell'arca<strong>di</strong>zzazione del concetto<br />

<strong>di</strong> guida. Cullati da note rilassanti<br />

si veniva illusi, grazie alle prime ampie<br />

curve, <strong>di</strong> essersi lasciati alle spalle il giogo<br />

<strong>di</strong> certi espe<strong>di</strong>enti lu<strong>di</strong>ci. Successivamente,<br />

tuttavia, i secchi tornanti, muniti<br />

<strong>di</strong> sali scen<strong>di</strong> che non permettevano <strong>di</strong><br />

scorgere né il traffico in arrivo né i cambi<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione, riportavano con i pie<strong>di</strong><br />

per terra e con l'auto fuoristrada: nonostante<br />

le forti vibrazioni trasmesse dal<br />

volante, la ra<strong>di</strong>o da sintonizzare su uno<br />

dei tre brani e la possibilità <strong>di</strong> scegliere il<br />

tragitto per giungere alle cinque destinazioni<br />

finali, la giocabilità era ridotta a un<br />

4<br />

test <strong>di</strong> riflessi e memoria dove la forza<br />

centrifuga era regina. Dopotutto Out<br />

Run era un capolavoro anche così, il<br />

celebre reparto interno <strong>di</strong> Sega, AM2,<br />

era arrivato laddove Atari non si era<br />

spinta: completare il connubio donne e<br />

motori in virtù <strong>di</strong> una bion<strong>di</strong>na precariamente<br />

avvinghiata al se<strong>di</strong>le passeggeri<br />

della Ferrari Testarossa in dotazione.<br />

Insomma, vento dei capelli e tanta poesia.<br />

Nello stesso anno WEC Le Mans 24 <strong>di</strong><br />

Konami dava il suo umile contributo alla<br />

causa: gli avversari in pista si producevano<br />

in errori e incidenti in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dall'interazione con l'utente. Nulla<br />

<strong>di</strong> trascendentale per i giorni nostri, eppure<br />

scorgere in lontananza un prototipo<br />

in testa coda instillava la fuggevole sensazione<br />

che le auto controllate dalla CPU<br />

non fossero degli automi e basta. Erano<br />

degli automi stupi<strong>di</strong>. Tutto a un tratto ci<br />

si sentiva meno soli nella propria incapacità,<br />

e non era poco.<br />

Il calendario segnava 1987 quando i tre<br />

marmittoni Moran<strong>di</strong>/Ruggeri/Tozzi trionfavano<br />

a San Remo con Si può dare <strong>di</strong><br />

più. È improbabile che in Namco lavorassero<br />

fan della kermesse bau<strong>di</strong>ana,<br />

nonostante ciò il monito era internazionale<br />

e Final Lap ne interpretava lo spirito<br />

in senso quantitativo e qualitativo.<br />

Quattro cabinati messi in link per sfide<br />

fino a otto giocatori non rappresentavano<br />

sicuramente un evento or<strong>di</strong>nario. Non<br />

contento, Final Lap buttava nella mischia<br />

un modello fisico contemplante<br />

testacoda laddove si fosse chiusa eccessivamente<br />

la curva. In questo modo le<br />

traiettorie <strong>di</strong>ventavano più importanti e<br />

tutto l'approccio alla guida si mo<strong>di</strong>ficava<br />

2 .<br />

"E non puoi <strong>di</strong>re lascia che sia perché<br />

ne avresti un po' colpa anche tu", Namco<br />

non lasciò che fosse, contribuì all'evoluzione<br />

dei racing game <strong>di</strong>scolpandosi <strong>di</strong><br />

fronte al giu<strong>di</strong>zio della storia. E dei tre<br />

marmittoni.<br />

Intanto la battaglia per il realismo si<br />

protraeva cruenta anche al <strong>di</strong> fuori del<br />

tabagismo da sala giochi. Nelle case <strong>di</strong><br />

tutto il mondo, infatti…<br />

[1] Night Driver fece scuola. Pochi mesi dopo<br />

la sua uscita Midway commercializzò 280<br />

ZZZAP: stessa impostazione, stesse scelte grafiche.<br />

Plagio o coincidenza d’ispirazione?<br />

[2] Con ogni probabilità Final Lap passerà alla<br />

storia per l’infausta “annusata del deretano”. Il<br />

gioco Namco rappresentava uno dei rari casi in<br />

cui essere primi all’ultima curva con un avversario<br />

alle calcagna equivaleva alla sconfitta. Era<br />

sufficiente, infatti, che l’inseguitore si avvicinasse<br />

al posteriore della macchina che lo precedeva<br />

per mandarla in testacoda. Le sale giochi<br />

ancora riecheggiano <strong>di</strong> “Ma prego, passi<br />

prima lei” e “ Si figuri, non ho fretta”.


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

Racer casalinghi: Accolade, Papyrus e Crammond, alfieri del reale<br />

Nelle case <strong>di</strong> tutto il mondo, infatti, si<br />

vivevano approcci più riflessivi. Se i<br />

coin-op erano, e sarebbero stati ancora<br />

per molto, portatori della sperimentazione<br />

sensoriale, il focolare domestico era il<br />

luogo dove il realismo faceva proseliti.<br />

Le due correnti si sarebbero incontrate<br />

anni più tar<strong>di</strong> e quella casalinga avrebbe<br />

avuto i tratti somatici <strong>di</strong> due uomini de<strong>di</strong>ti<br />

al lato serio dei prodotti corsaioli:<br />

David Kaemmer e Geoff Crammond. Fu<br />

proprio quest'ultimo a mostrare come<br />

un'altra via fosse effettivamente percorribile.<br />

Nel suo primo parto, Revs per<br />

BBC Micro e C64 (Firebird, 1984), affrontare<br />

una curva non implicava semplicemente<br />

sterzare bruscamente il prima<br />

possibile. Revs imponeva <strong>di</strong> moderare<br />

la velocità, scegliere la giusta<br />

traiettoria e condurre l'auto, magari pregando<br />

un po', che non si sa mai.<br />

Il pedale dell'acceleratore non era incassato<br />

costantemente a fondo corsa nella<br />

frenetica caccia all'ennesimo checkpoint.<br />

La guida era ragionata, verosimile. La<br />

voglia <strong>di</strong> lasciarsi alle spalle la scheletricità<br />

degli arcade era evidente fin nei piccoli<br />

particolari. Per ovviare ai limiti tecnici<br />

degli input binari, Crammond decise<br />

<strong>di</strong> includere un geniale sistema <strong>di</strong> controllo<br />

"semianalogico": muovendo un<br />

puntino lungo la circonferenza del volante<br />

rappresentato su schermo, si aveva la<br />

possibilità <strong>di</strong> gestire l'intensità della<br />

sterzata. In un approccio non comune<br />

per i tempi, si avvalse ad<strong>di</strong>rittura della<br />

consulenza tecnica <strong>di</strong> tale David Hunt,<br />

pilota <strong>di</strong> Formula 3 (tipologia <strong>di</strong> auto su<br />

cui Revs era basato) che lo aiutò nel riprodurre<br />

fedelmente le fattezze del circuito<br />

<strong>di</strong> Silverstone 1 . La visuale dall'abitacolo,<br />

le sessioni <strong>di</strong> prova e quelle <strong>di</strong><br />

qualifica, le regolazioni all'alettone anteriore<br />

e posteriore e un motore grafico<br />

prestante rendevano giustizia a un titolo<br />

che ha tutt'oggi qualcosa da <strong>di</strong>re. Revs<br />

non è solo una pietra miliare nei giochi<br />

<strong>di</strong> guida, è la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> intenti <strong>di</strong><br />

un uomo proteso verso la realizzazione<br />

della simulazione definitiva; è l'esemplificazione<br />

della tenacia e della non rassegnazione<br />

al cospetto dei limiti tecnici.<br />

Con Revs era nata l'interpretazione seria<br />

delle quattroruote.<br />

La simulazione aveva impiegato tempo<br />

per giungere in posizione eretta, ora non<br />

aveva tempo per camminare, voleva<br />

correre. E correre veloce era l'imperativo<br />

nel primo lavoro <strong>di</strong> Papyrus e del suo cofondatore<br />

David Kaemmer. In In<strong>di</strong>anapolis<br />

500: The Simulation (Indy 500<br />

per gli amici) la monotonia del circuito<br />

ovale nascondeva un motore fisico <strong>di</strong><br />

sorprendente complessità. Il comportamento<br />

dell'auto era influenzato da molteplici<br />

fattori tra i quali la pressione dei<br />

pneumatici e la quantità <strong>di</strong> carburante<br />

nel serbatoio. Le sensazioni al volante<br />

erano verosimili e il tempo speso per<br />

impostare al meglio la propria monoposto<br />

era quasi pari a quello impegnato<br />

nelle gare vere e proprie. La sfida più<br />

che con i 32 avversari era con il tempo e<br />

con se stessi. La sod<strong>di</strong>sfazione consisteva<br />

nel limare quel decimo <strong>di</strong> secondo al<br />

record sul giro. Il mondo circostante<br />

spariva, si era soli con il tracciato in uno<br />

stato <strong>di</strong> trance agonistica raramente<br />

sperimentato. Erano le caratteristiche <strong>di</strong><br />

un racing game <strong>di</strong> razza. E se il dettaglio<br />

maniacale nelle sensazioni <strong>di</strong> guida non<br />

era sufficiente, a stupire ci pensava un<br />

motore grafico che mandava a schermo<br />

impressionanti macchine modellate con<br />

poligoni nu<strong>di</strong>. Una festa visiva che si<br />

completava con il sistema <strong>di</strong> replay multi<br />

angolo <strong>di</strong> stampo televisivo, un vero nirvana<br />

per il 1989.<br />

Crammond, dal canto<br />

suo, non stette con le<br />

mani in mano, il suo<br />

tributo ai motori <strong>di</strong>gitali<br />

era appena iniziato.<br />

Il vero sconvolgimento<br />

giunse nel<br />

1991, dopo il <strong>di</strong>vertissementrappresentato<br />

da Stunt Car<br />

Racer (Micro Style, 1989) decise che<br />

era giunto il momento <strong>di</strong> tornare a simulare<br />

gare reali. F1 Grand Prix World<br />

Circuit (e relativo seguito) si rivelò come<br />

la più fedele riproduzione della <strong>di</strong>sciplina<br />

mai concepita. A colpire era indubbiamente<br />

il superbo impatto grafico, ma<br />

le caratteristiche che fecero breccia nei<br />

cuori degli appassionati furono le attenzioni<br />

de<strong>di</strong>cate al modello fisico.<br />

Tra prove <strong>di</strong> qualifica rigorose, con<strong>di</strong>zioni<br />

meteorologiche variabili, telemetria<br />

Stunt Car Racer era un prodotto<br />

atipico. Alla guida <strong>di</strong> un bolide simile<br />

a un dragster, l’utente doveva<br />

lottare contro un’auto controllata<br />

dalla CPU (o un avversano<br />

umano tramite link) addomesticando<br />

i salti e i vertiginosi saliscen<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> circuiti simili a montagne<br />

russe. Anche in questa occasione,<br />

l’integralista Geoff non tralasciò il<br />

realismo imponendo al giocatore<br />

andature ragionate, consone a<br />

non uscire <strong>di</strong> pista e a non sfasciare<br />

l’auto durante uno degli innumerevoli<br />

salti. Stunt Car Racer è<br />

un caso isolato nella ludoteca <strong>di</strong><br />

qualsiasi sistema, un capolavoro<br />

che avrebbe meritato un seguito<br />

ma sul quale Crammond non tornò<br />

“a causa” del successo della<br />

saga F1GP. Recentemente, tuttavia,<br />

il progetto ha ripreso a vivere<br />

e il 2004 potrebbe, fallimenti <strong>di</strong><br />

software house permettendo, veder<br />

rinascere dalle ceneri la fenice<br />

Stunt Car Racer.<br />

5<br />

e profonde possibilità <strong>di</strong> intervenire sulla<br />

meccanica della proprio monoposto, il<br />

pilota in erba aveva trovato il para<strong>di</strong>so e<br />

Crammond la consacrazione. Le monoposto<br />

<strong>di</strong>ventavano il tramite per un'esperienza<br />

completa, fatta <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong><br />

guida avanzate, <strong>di</strong> staccate al limite ed<br />

effetti scia, <strong>di</strong> carichi aero<strong>di</strong>namici da<br />

regolare e gran premi la cui durata poteva<br />

raggiungere quella delle gare vere<br />

(opzione maniacale già inclusa in Indy<br />

500).<br />

Oltre a quello sistemi casalinghi/simulazione,<br />

l'epopea <strong>di</strong> Crammond e Kaemmer<br />

evidenzia un altro importante binomio,<br />

quello che lega la strada verso il realismo<br />

e le macchine a ruote scoperte. Solo<br />

la serie NASCAR (della stessa Papyrus)<br />

ed esemplari più recenti su console<br />

(come la serie TOCA e Gran Turismo)<br />

hanno allargato il campo <strong>di</strong> ricerca<br />

della simulazione. Nonostante ciò il<br />

mondo <strong>di</strong>gitale delle ruote scoperte continua<br />

a essere per i videogiochi ciò che<br />

la sua controparte reale (F1 in particolare)<br />

è per l'evoluzione dell'auto: un laboratorio<br />

<strong>di</strong> ricerca dove osare e sperimentare,<br />

magari non sempre in nome della<br />

giocabilità, ma con una ostinazione che<br />

dà tutt'oggi i suoi frutti.<br />

Al <strong>di</strong> fuori del reame delle ruote scoperte<br />

c'era vita. Decisa a dare gloria alle auto<br />

sportive <strong>di</strong> serie, Accolade si ingegnò per<br />

apporre il primo tassello a un sogno che<br />

Yamauchi e Polyphony Digital avrebbero<br />

tradotto in realtà un paio <strong>di</strong> lustri più<br />

tar<strong>di</strong>. Test Drive ricreava una gara a<br />

tappe in mezzo al traffico stradale. Un<br />

po' Out Run e un po' Cannonball, l'orma<br />

<strong>di</strong> Accolade nella storia portava a un intrigante<br />

connubio tra imme<strong>di</strong>atezza e<br />

simulazione. L'auto rispondeva a un modello<br />

fisico più profondo rispetto ai soliti<br />

racer arcade, l'inclusione del medesimo<br />

sistema <strong>di</strong> controllo sfruttato in Revs<br />

era <strong>di</strong> per sé una chiara <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong><br />

intenti. La giocabilità si scontrava a tratti<br />

contro l'elefantiaca risposta dell'auto nei<br />

cambi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione, ma Test Drive, munito<br />

<strong>di</strong> una struttura <strong>di</strong>vertente e forte <strong>di</strong><br />

riproduzioni in lamiera e pixel <strong>di</strong> Porsche,<br />

Lamborghini, Lotus, Ferrari e Corvette,<br />

sapeva farsi amare. La sua ere<strong>di</strong>tà<br />

batte tutt'oggi non solo nel cuore <strong>di</strong> GT,<br />

ma si specchia integralmente nella saga<br />

The Need for Speed, <strong>di</strong> cui il prodotto<br />

Accolade rappresenta ben più che un<br />

progenitore spirituale 2 . Altri apporti sarebbero<br />

da citare (uno su tutti, Pit Stop<br />

e le soste ai box interattive), ma il gestore<br />

ci ha già cambiato il deca in…<br />

[1] In seguito, tramite add on e versioni deluxe,<br />

il novero dei tracciati si ampliò arrivando a<br />

comprendere Oulton Park, Brands Hatch, Donington<br />

Park e Snetterton.<br />

[2] Negli anni successivi la saga EA avrebbe<br />

perseguito con più convinzione ‘la necessità <strong>di</strong><br />

velocità’ puntando su ritmi più in<strong>di</strong>avolati e<br />

meccaniche più imme<strong>di</strong>ate (pur non scordando<br />

il lato simulazione, come <strong>di</strong>mostra il terzo capitolo<br />

della serie). Il primo The Need for Speed<br />

per 3DO (Electronic Arts 1994) è tuttavia la<br />

prosecuzione della saga Accolade in tutto e per<br />

tutto: stessa impostazione <strong>di</strong> guida, medesima<br />

struttura <strong>di</strong> gioco e reazioni al volante simili.


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

Gettoni tintinnanti: il ritorno dei coin-op<br />

Tra le mura domestiche la simulazione<br />

alzava gradatamente la voce. Nelle sale<br />

giochi, invece, il fumo provocava rauce<strong>di</strong>ne<br />

minando la potenza vocale. Di giochi<br />

seriosi nemmeno l'ombra, <strong>di</strong> idee<br />

molte: sparatutto a motore (Road Blasters,<br />

Spy Hunter), inseguimenti polizieschi<br />

(Chase HQ), arcade estremi<br />

(Power Drift, Bump n' Jump), Pacman<br />

al volante (Rally X) e un'altra miriade<br />

<strong>di</strong> prodotti più vicini alla categoria<br />

azione che al puro gioco <strong>di</strong> guida. Le<br />

ferree corde vocali <strong>di</strong> Atari, evidentemente,<br />

non soffrivano dell'aria appestata<br />

dai drogati <strong>di</strong> nicotina. Fu così che nel<br />

1989 l'urlo <strong>di</strong> Hard Drivin' terrorizzò<br />

l'occidente. La frizione faceva il suo ingresso<br />

in scena (per poi sparire all'incirca<br />

fino all'avvento <strong>di</strong> Ferrari F355<br />

Challenge) e con essa i poligoni, la<br />

chiavetta d'accensione, il pilota fantasma<br />

replicante la migliore prestazione, la<br />

dura realtà simulata e le mucche da<br />

tamponare. All'apparenza era un gioco<br />

per molti, all'atto pratico si adattava solo<br />

a una ristretta nicchia <strong>di</strong> saggi capaci <strong>di</strong><br />

tenere a bada il testosterone. Avere il<br />

piede pesante non portava lontano, più<br />

precisamente non permetteva nemmeno<br />

<strong>di</strong> condurre la curva e la <strong>di</strong>scesina iniziale.<br />

Per aiutare la massa <strong>di</strong> ignoranti del<br />

volante, venuta su a forza <strong>di</strong> irrispettosi<br />

oltraggi alla fisica, Hard Drivin' sfoggiava<br />

a ogni variazione del tracciato cartelli<br />

recanti la velocità consigliata. Non<br />

era sufficiente: i dritti non si contavano,<br />

i testacoda neppure. Quelli che svoltavano<br />

a destra avventurandosi nel circuito<br />

acrobatico, poi, li perdevi per sempre:<br />

umiliati nell'animo e nello spirito continuavano<br />

a ripetere "Velocità e <strong>di</strong>rezione<br />

erano quelle giuste: perché sono caduto<br />

dal giro della morte? Sono caduto dal<br />

giro della morte… dal giro della morte…<br />

giro della morte… morte…". Ogni metro<br />

andava condotto in maniera giu<strong>di</strong>ziosa,<br />

fors'anche da scuola guida. Se il mondo<br />

delle corse è un generatore <strong>di</strong> adrenalina,<br />

Hard Drivin' è il ritrovo annuale dei<br />

bocciofili <strong>di</strong> paese: compassato, poco<br />

prestante da vedere e con mille cose da<br />

raccontare. Lentamente.<br />

Hard Drivin’ (e il seguito Race Drivin’)<br />

rappresenta la guida vista da un<br />

geometra coa<strong>di</strong>uvato da un ragioniere,<br />

entrambi supervisionati da un ingegnere:<br />

calcoli, razionalità e poca poesia. In<br />

quel cabinato c'era il fascino dell'azione<br />

ragionata. E c’erano pure i CoBas del<br />

latte. Ben nascosti. Dietro le mucche.<br />

Quelle che volendo puoi tamponare. Assieme<br />

ai CoBas del latte.<br />

Erano tempi duri e Namco voleva partecipare<br />

alla mattanza. Winning Run era<br />

in ritardo per reclamare la corona <strong>di</strong><br />

primo coin-op <strong>di</strong> guida poligonale della<br />

storia, ma in tempo per <strong>di</strong>re la sua su F1<br />

e realismo. La giocabilità era meno punitiva<br />

rispetto a quella <strong>di</strong> Hard Drivin',<br />

fattore a cui Namco avrebbe posto rime<strong>di</strong>o<br />

l'anno successivo incattivendo Winning<br />

Run (tramutatosi in Driver's Eyes)<br />

e aggiungendo due schermi per<br />

simulare la visione periferica (espe<strong>di</strong>ente<br />

già usato nel 1983 da TX-1 <strong>di</strong> Tatsumi).<br />

Grazie al Polygoniser (una scheda deputata<br />

alla gestione della geometria solida),<br />

grafica e incedere del frame rate<br />

(nonché dell'auto) erano più vivaci rispetto<br />

all'ingessato coin-op Atari, per-<br />

mettendo <strong>di</strong> affidarsi alla sensazione <strong>di</strong><br />

velocità per valutare i punti <strong>di</strong> staccata.<br />

La Formula 1 si <strong>di</strong>mostrava regina anche<br />

nel roster Sega. Il 1989 fu l'anno <strong>di</strong> Super<br />

Monaco GP, uno dei pochi esemplari<br />

arcade a irridere l'utente affezionato<br />

al cambio manuale. Non che non fosse<br />

possibile far gestire le marce alla<br />

CPU, il vero motivo era un altro: appoggiarsi<br />

all'automatico era da perdenti. Le<br />

motivazioni da addurre sarebbero innumerevoli,<br />

tra queste l'impossibilità <strong>di</strong><br />

spingere al massimo l'auto o <strong>di</strong> gareggiare<br />

nei livelli più <strong>di</strong>fficili (e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

perdersi il round 2 con la pioggia). La<br />

verità, tuttavia, era ben più futile: non<br />

gingillarsi con cambio a farfalla posizionato<br />

<strong>di</strong>etro al volante era un crimine da<br />

scontare a suon <strong>di</strong> sberleffi e scappellotti,<br />

perché è ciò che meritano i perdenti,<br />

altro che i "Keep it up!" urlati dai box. In<br />

tutta sincerità SMGP poco aggiungeva al<br />

mondo della simulazione, il suo è un<br />

contributo estetico (solo con Rad Mobile<br />

e il System 32 della stessa Sega si<br />

sarebbe visto un bitmap più evoluto) e<br />

<strong>di</strong> rigore visivo (il fascino del circuito<br />

monegasco era riproposto in maniera<br />

maniacale). D'altra parte si è scritto che<br />

la strada per la simulazione si lastrica<br />

anche assecondando l'occhio…<br />

Tenendo presente che l'ingresso della<br />

grafica poligonale era ormai avvenuto e<br />

che dal punto <strong>di</strong> vista simulativo Virtua<br />

Racing (Sega AM2, 1992) non aggiungeva<br />

molto a quanto già sperimentato<br />

negli anni precedenti, verrebbe da interrogarsi<br />

sul perché il suo nome sia sempre<br />

presente allorquando si debba snocciolare<br />

la lista dei titoli <strong>di</strong> guida più influenti.<br />

Il motivo non risiede in qualche<br />

primato specifico, bensì nella realizzazione.<br />

VR mostrava al mondo che il 3D<br />

era veloce, che il 3D era <strong>di</strong>vertente, che<br />

per il 3D non si doveva sacrificare nulla<br />

(texture a parte), né dal punto <strong>di</strong> vista<br />

grafico né da quello della giocabilità.<br />

Trenta fps <strong>di</strong> adrenalina pura e un bottone<br />

per mutare in tempo reale la visuale<br />

erano sufficienti se il game design era<br />

affidato a Sega. Dentro quegli abitacoli<br />

potevi passarci giorni interi: a battagliare<br />

con altri umani, a fare zapping fantozziano<br />

tra le visuali, a cercare la linea<br />

perfetta, a colmare il pappagallo onde<br />

evitare <strong>di</strong> andare in bagno e cedere il<br />

posto... Nonostante la positiva accoglienza<br />

riservata alla scheda Model 1,<br />

Sega abbandonò il progetto dopo quattro<br />

titoli (a <strong>di</strong>fferenza dei circa 30 usciti<br />

su Model 2). Una congenita instabilità (la<br />

coesione tra i soli<strong>di</strong> non era sempre perfetta)<br />

e un costo <strong>di</strong> produzione eccessivo<br />

sono i motivi addotti dai più. E' comunque<br />

probabile che la rapida evoluzione<br />

della tecnologia sia stato uno dei chio<strong>di</strong><br />

più sal<strong>di</strong> sulla bara della Model 1. Poco<br />

più <strong>di</strong> 12 mesi dopo, infatti, Namco slogò<br />

man<strong>di</strong>bole a go-go con il monumentale<br />

Ridge Racer: glassa texturale a ricoprire<br />

le geometrie, 60 fps costanti e rigogliosi<br />

elementi <strong>di</strong> contorno non passavano<br />

inosservati. Ridge Racer apriva una<br />

nuova era nell'impostazione <strong>di</strong> guida:<br />

l'esagerazione della tecnica rallistica portata<br />

al limite della tamaraggine. Ogni<br />

curva andava affrontata col retrotreno<br />

sco<strong>di</strong>nzolante, ogni inserimento doveva<br />

essere gestito <strong>di</strong> traverso. Tali strampa-<br />

6<br />

Pietre miliari<br />

Night Driver – Atari – Arcade –<br />

1976<br />

Speed Freak – Vectorbeam –<br />

Arcade - 1979<br />

Pole Position – Namco – Arcade<br />

- 1982<br />

Revs – Firebird – BBC Micro -<br />

1984<br />

Excitebike – Nintendo – NES -<br />

1984<br />

Hang-On – Sega – Arcade - 1985<br />

Enduro Racer – Sega – Arcade -<br />

1986<br />

Final Lap – Namco – Arcade -<br />

1987<br />

Test Drive – Accolade –<br />

C64/Amiga – 1987<br />

Honda RVF – Micro Style –<br />

Amiga - 1989<br />

Hard Drivin’ – Atari – Arcade -<br />

1989<br />

In<strong>di</strong>anapolis 500: The Simulation<br />

– Papyrus – PC - 1989<br />

Ironman Ivan Stewart’s Super<br />

Off Road – Leland – Arcade -<br />

1989<br />

F1 Grand Prix World Circuit –<br />

MicroProse - Amiga - 1991<br />

Virtua Racing – Sega – Arcade -<br />

1992<br />

World Rally Championship –<br />

Gaelco – Arcade - 1993<br />

Ridge Racer – Namco – Arcade -<br />

1993<br />

NASCAR Racing – Papyrus – PC<br />

- 1994<br />

Sega Rally Championship –<br />

Sega – Arcade - 1995<br />

Manx TT – Sega – Arcade – 1995<br />

Network Q Rally Championship<br />

– Magnetic Fields – PC - 1996<br />

TOCA – Codemasters – PSOne -<br />

1997<br />

Gran Turismo – Polyphony –<br />

PSOne - 1997<br />

Colin McRae Rally – Codemasters<br />

– PSOne - 1998<br />

GP Legends – Papyrus – PC -<br />

1998<br />

Superbike World Championship<br />

– Milestone – PC - 1998<br />

GP 500 – MicroProse – PC - 1999<br />

Ferrari F355 Challenge – Sega<br />

– Arcade - 1999<br />

Excitebike 64 – Left Field – N64<br />

- 2000<br />

Moto GP – Namco – PS2 -2000<br />

Ri<strong>di</strong>ng Spirits – Spike – PS2 –<br />

2002


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

lati insegnamenti avrebbero<br />

confuso le idee a parecchi<br />

su cosa era davvero necessario<br />

in una guida veloce. Il<br />

racer Namco non contribuì<br />

alla causa della simulazione,<br />

la sua importanza fu<br />

quella <strong>di</strong> influenzare un genere.<br />

Allevando schiere <strong>di</strong><br />

soggetti controsterzanti, incanalò<br />

le successive produzioni automo-<br />

Motori su console: ritorno a casa<br />

La storia recente è per noi, consolari<br />

nell'anima, un territorio de<strong>di</strong>cato alle<br />

macchine da gioco. I 16 bit videro poche<br />

innovazioni <strong>di</strong> rilievo, la sfida si giocava<br />

su altri territori. Il bitmap non era comunque<br />

morto e tecnologie quali il ninten<strong>di</strong>ano<br />

Mode 7 rinvigorirono un genere<br />

che pareva vedersi negata la profon<strong>di</strong>tà.<br />

Grazie alla possibilità <strong>di</strong> ruotare e zoomare<br />

il piano <strong>di</strong> gioco via hardware, il<br />

controllo sul mezzo si impreziosiva <strong>di</strong>ventando<br />

più appagante. Difficile citare<br />

un titolo specifico <strong>di</strong> elevata qualità simulativa,<br />

basti però pensare che l'impatto<br />

della tecnologia fu così rivoluzionario<br />

da iniettare profon<strong>di</strong>tà in prodotti 100%<br />

arcade. F-Zero (Nintendo, 1990) ne è<br />

un chiaro esempio: l'impostazione della<br />

giusta traiettoria in curva era essenziale<br />

per domare i circuiti.<br />

Non erano però tutte rose e fiori. La<br />

prima metà degli anni '90 fu un periodo<br />

infausto per l'intelligenza artificiale.<br />

Mentre i piloti <strong>di</strong> F1GP2 si esibivano in<br />

cre<strong>di</strong>bili tattiche <strong>di</strong> gara, le console a 16<br />

bit mostravano orgogliose le loro routine<br />

ad elastico, dove gli avversari baravano<br />

tallonando l'utente anche quando questi<br />

si produceva in prestazioni da campione<br />

del mondo. L'alternativa erano automi<br />

con percorrenze robotiche e tempi sul<br />

giro definiti a tavolino. Se la seconda<br />

scelta <strong>di</strong> design è una specie in via d'estinzione,<br />

l'elastico continua a proliferare<br />

(prevalentemente in prodotti <strong>di</strong> natura<br />

arcade), ancora alla ricerca della sua<br />

stabilità.<br />

Il raddoppiamento dei bit decretò la fine<br />

dell'età dell'innocenza nelle console. A<br />

rompere gli indugi fu nuovamente la F1.<br />

Bizzarre Creations spalancava nel 1996<br />

le porte <strong>di</strong> un mondo alieno, così poco<br />

conosciuto che Formula 1 per PlayStation<br />

si ritrovò a essere elogiato come<br />

estremamente realistico pur sorvolando<br />

su molti aspetti del mondo dei motori. I<br />

settaggi della monoposto, per esempio,<br />

erano abbastanza semplicistici, stesso<br />

<strong>di</strong>scorso per gli inserimenti in curva, dove<br />

le frenate ritardatarie venivano assecondate<br />

dagli algoritmi sottesi alla fisica<br />

<strong>di</strong> gioco. Non era comunque un titolo per<br />

signorine: la guida pulita era premiata e<br />

le accelerazioni <strong>di</strong> potenza punite quando<br />

eccessive. F1GP2 era ancora lontano,<br />

ma per noi consolari, che arrivavamo<br />

da Ayrton Senna's Super Monaco GP<br />

2 e Mario Kart, le auto co<strong>di</strong>ficate da<br />

Bizzarre Creations erano sufficientemente<br />

cattive. L'utenza cresceva, Formula 1<br />

vendeva ed altre case si rendevano conto<br />

che c'era un mercato da colonizzare là<br />

fuori. Nel 1997 il territorio motoristico<br />

subì due terremoti. Il primo <strong>di</strong>ssestò, il<br />

secondo cambiò per sempre la morfologia<br />

delle lande del videogioco. TOCA <strong>di</strong><br />

Codemasters ridefiniva il termine "simu-<br />

bilistiche sui poco nobili<br />

(seppur dannatamente <strong>di</strong>vertenti)<br />

binari del truzzo<br />

patentato. Anni dopo Out<br />

Run i ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> pneumatici<br />

avevano trovato il loro<br />

nuovo feticcio da adorare.<br />

L'era d'oro del coin-op "su<br />

asfalto" si chiude idealmente<br />

con Daytona USA<br />

(Sega AM2, 1994): comportamento delle<br />

<strong>Ring</strong> è… guida sicura<br />

7<br />

auto più realistico rispetto a Ridge Racer,<br />

force feedback usato in maniera<br />

sublime e il track design più ispirato degli<br />

ultimi secoli. Probabilmente il miglior<br />

racer arcade <strong>di</strong> sempre. Il colpo <strong>di</strong> coda<br />

si avrà nel 1999 con l'anomalo Ferrari<br />

F355 Challenge, un vero e proprio simulatore<br />

in tutto e per tutto, capace <strong>di</strong><br />

tenere testa a qualsiasi prodotto casalingo<br />

grazie a un modello fisico estremamente<br />

accurato.<br />

Conosci la tua auto per migliorare te stesso. <strong>Ring</strong> illustra alcune tecniche <strong>di</strong> guida<br />

e comportamenti anomali da saper riconoscere e contrastare. Perché anche Gordon<br />

De Adamich possa essere fiero <strong>di</strong> voi…<br />

Sovrasterzo e sottosterzo: sono provocati essenzialmente da due fattori:<br />

a) trasferimenti <strong>di</strong>namici <strong>di</strong> carico dovuti a manovre eseguite con lo sterzo e i freni<br />

che possono portare alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza <strong>di</strong> un assale; b) per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza<br />

<strong>di</strong> un assale dovuta ad eccesso <strong>di</strong> coppia motrice (elevate potenze e/o bassa<br />

aderenza). In questo secondo caso il sottosterzo o il sovrasterzo (definiti in gergo<br />

'<strong>di</strong> potenza') sono evidentemente legati al tipo <strong>di</strong> trazione (anteriore nel primo<br />

caso, posteriore nel secondo). La trazione integrale non ha nessuna influenza sul<br />

caso (a). Nel caso (b) molto <strong>di</strong>pende dal tipo <strong>di</strong> trazione integrale, dalla presenza<br />

o meno <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> bloccaggio <strong>di</strong> uno o più <strong>di</strong>fferenziali, dal tipo <strong>di</strong> ripartizione<br />

della coppia.<br />

Sottosterzo evidente (per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza con muso <strong>di</strong>retto sulla tangente):<br />

può essere provocato essenzialmente da due fattori: a) eccesso <strong>di</strong> coppia motrice<br />

in fase <strong>di</strong> accelerazione con una trazione anteriore; b) eccessiva velocità d'ingresso<br />

in curva. Nel primo caso è sufficiente rilasciare il pedale dell'acceleratore per<br />

far rientrare in traiettoria la vettura. Nel secondo, presumendo <strong>di</strong> essere già in<br />

fase <strong>di</strong> rilascio, ci si può aiutare con un po' <strong>di</strong> freno, per fare <strong>di</strong>minuire la velocità<br />

e portare ulteriore carico sulle ruote anteriori. Ultima possibilità, ma è una manovra<br />

tutt'altro che istintiva, riaprire leggermente il volante in modo da far riprendere<br />

<strong>di</strong>rezionalità alle ruote anteriori.<br />

Sovrasterzo <strong>di</strong> potenza: perché sia efficace è in<strong>di</strong>spensabile che sia estremamente<br />

contenuto, quasi a ruote dritte, senza eccessivi pattinamenti delle ruote<br />

motrici che andrebbero soltanto a scapito della prestazione.<br />

Testacoda: per riprenderlo si deve innanzitutto controsterzare rapidamente e<br />

con precisione cercando <strong>di</strong> prevenire le reazioni della vettura (attenzione al riallineamento<br />

che è sempre la manovra più critica). Bisogna poi <strong>di</strong>stinguere a seconda<br />

del tipo <strong>di</strong> trazione. Trazione anteriore: il sovrasterzo può essersi innescato<br />

soltanto per eccesso <strong>di</strong> velocità in curva abbinato a manovre con i freni e lo sterzo<br />

che hanno portato alla per<strong>di</strong>ta d'aderenza del retrotreno. La correzione va fatta<br />

essenzialmente con lo sterzo. Ultima possibilità riaccelerare con molta attenzione<br />

per favorire il riallineamento del muso. Trazione posteriore: in questo caso il sovrasterzo<br />

può essere innescato anche da un eccesso <strong>di</strong> coppia motrice sulle ruote<br />

posteriori. Lo si controlla ancora con lo sterzo. Se si insiste con l'acceleratore si<br />

può finire in testacoda mentre un brusco rilascio dell'acceleratore può sbilanciare<br />

ulteriormente la vettura. Morale: modulare con molta attenzione la potenza alle<br />

ruote in modo da riequilibrare la vettura.<br />

Piede sinistro (o semplicemente sinistro): consiste nella frenata con il<br />

piede sinistro e la contemporanea pressione a fondo del gas con il destro. Veniva<br />

sfruttata principalmente su percorsi a bassa aderenza, ora è usato un po' dappertutto.<br />

Permette <strong>di</strong> controllare la velocità pur mantenendo una 'buona' guidabilità.<br />

Consente <strong>di</strong> spostare il peso dal posteriore all'anteriore o <strong>di</strong> provocare, accentuare<br />

o correggere una sbandata. Quin<strong>di</strong> si può iniziare una sbandata usando il piede<br />

sinistro. E' una tecnica che richiede moltissimo allenamento. I benefici li traggono<br />

solo i professionisti. Viene usata principalmente nelle curve veloci, dove la percorrenza<br />

con il pedale del gas spalancato e sinistro in leggera pressione sul freno,<br />

tengono la vettura in assetto costante. Si usa anche nell'affrontare i dossi: un<br />

'colpo <strong>di</strong> sinistro' permette <strong>di</strong> tenere bassa la parte anteriore dell'auto permettendo<br />

<strong>di</strong> ridurre la lunghezza del volo.<br />

Pendolo: è una tecnica che si ammirava specialmente nei primi anni 80, l'età<br />

d'oro del rally, quella della trazione posteriore. Serve a facilitare l'ingresso in una<br />

curva generalmente molto stretta. Ad esempio, nell'affrontare 2 curve in sequenza<br />

(su fondo con scarsa aderenza), il pendolo permette <strong>di</strong> entrare nella seconda<br />

con la macchina già <strong>di</strong>rezionata nel senso della curva da affrontare. Allungando la<br />

derapata della prima curva, nel momento della congiunzione con la seconda è<br />

sufficiente togliere gas e dare un piccolo accenno <strong>di</strong> sterzo in <strong>di</strong>rezione della successiva,<br />

la macchina per effetto del trasferimento <strong>di</strong> carico, si posiziona in derapata<br />

dalla parte opposta. Richiede un tempismo perfetto.


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

lazione" frustando l'impenitente che reci<strong>di</strong>vo<br />

non si adattava alle regole della<br />

strada. Ancora oggi, gli episo<strong>di</strong> usciti sui<br />

32 bit (e PC) rappresentano uno dei<br />

massimi picchi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà nell'addomesticamento<br />

<strong>di</strong> una vettura. A mandare in<br />

crisi il giocatore imberbe è in particolar<br />

modo una rappresentazione verosimile<br />

degli urti. Le carezze con gli avversari<br />

sono maneggiate con cinismo da un motore<br />

fisico che non si fa scrupoli a decretare<br />

la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> controllo qualora sia<br />

necessario. Insistite spinte in curva provocano<br />

dritti clamorosi o testacoda irrecuperabili.<br />

A tutto questo si va a sommare<br />

un sistema <strong>di</strong> danni che, pur mitigando<br />

gli effetti degli incidenti più<br />

catastrofici, è un serio monito a non esagerare<br />

con le staccate fuori tempo<br />

massimo, biglietti <strong>di</strong> sola andata verso le<br />

protezioni a bordo pista.<br />

Di nuovo al 1997. Giungeva il terremoto<br />

Gran Turismo, un ibrido dal realismo<br />

narcotizzato col proposito <strong>di</strong> non frustrare<br />

il giocatore. Il plus consisteva nell'inondazione<br />

<strong>di</strong> auto, elaborazioni e smanettamenti<br />

da meccanico. La corsa al<br />

generico upgrade <strong>di</strong> titoli come Super<br />

Sprint subiva qui un ampliamento spaventoso.<br />

Già Shutokou Battle: Drift<br />

King (Bullet Proof Software 1996) aveva<br />

fatto leva sulle manie da tamarro del<br />

videogiocatore, permettendogli <strong>di</strong> elaborare<br />

i veicoli in modo esasperato, ma<br />

con GT si saliva <strong>di</strong> livello. Le gare ruotavano<br />

intorno a un modello <strong>di</strong> guida che<br />

<strong>di</strong>mostra ancora oggi, con il terzo capitolo<br />

della serie e il prologo al quarto, la<br />

sua vali<strong>di</strong>tà. Grazie ad esso, poter sperimentare<br />

l'aumento delle prestazioni<br />

dovute a una più prestante barra antirollio<br />

piuttosto che a un volano <strong>di</strong> tipo alleggerito<br />

era possibile.<br />

Il segreto della serie è insito nell'imme<strong>di</strong>atezza<br />

con cui si apprezza la crescita<br />

della vettura. Distanziandosi dalla<br />

realtà per entrare nel più semplicistico<br />

terreno dei vg, GT stempera le reazioni<br />

ramificate. Gli effetti sono amplificati e<br />

nel contempo lineari. Amplificati perché<br />

nel mondo virtuale, spogliati come siamo<br />

<strong>di</strong> molte percezioni, l'unica via per restituire,<br />

ad esempio, il ritardo nella risposta<br />

del motore dovuto all'installazione <strong>di</strong><br />

un intercooler maggiorato 1 , è quella <strong>di</strong><br />

esplicitare una reazione che nella realtà<br />

solo piloti dotati <strong>di</strong> una certa sensibilità<br />

riuscirebbero a <strong>di</strong>stinguere. La linearità è<br />

invece votata a non far perdere la bussola<br />

a chi è poco avvezzo con le elaborazioni.<br />

Nella saga <strong>di</strong> GT si tende, in linea<br />

generale, a sostituire le relazioni "uno a<br />

molti" con più abbordabili "uno a uno".<br />

Se il fine <strong>di</strong> una mo<strong>di</strong>fica è quello <strong>di</strong> aumentare<br />

la fascia <strong>di</strong> erogazione della<br />

coppia, l'effetto sarà quello, tenendo<br />

magari in considerazione un altro paio <strong>di</strong><br />

variabili ma escludendo le centinaia <strong>di</strong><br />

altre implicazioni che possono derivare<br />

dalla singola variazione alla "fisionomia"<br />

dell'auto. La volontà <strong>di</strong> venire incontro<br />

all'utente è ben visibile allorquando si<br />

nota che il primo in<strong>di</strong>catore (e unico, se<br />

non si scende in pista) utilizzato per mostrare<br />

la conseguenza <strong>di</strong> una mo<strong>di</strong>fica è<br />

l'aumento dei cavalli motore. Ad ogni<br />

modo GT3 A-Spec (e la saga in generale)<br />

è capace anche <strong>di</strong> accorgimenti che<br />

mostrano una conoscenza e una passione<br />

per i motori <strong>di</strong> alto livello. Esempio:<br />

la sostituzione dello scarico e del filtro<br />

dell'aria, che teoricamente (seguendo le<br />

spiegazioni fornite a video) dovrebbe<br />

aumentare il numero <strong>di</strong> cavalli e le prestazioni<br />

generali senza controin<strong>di</strong>cazioni,<br />

può invece sedere completamente veicoli<br />

con poca coppia a bassi regimi come il<br />

New Beetle. Eccellente è anche la cura<br />

prestata alle <strong>di</strong>namiche dell'auto. Il trasferimento<br />

<strong>di</strong> carico è riprodotto con estrema<br />

fedeltà. In GT3 A-Spec affrontare<br />

un cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione dopo un dosso<br />

o dopo un tratto pianeggiante varia notevolmente<br />

il comportamento della vettura.<br />

Visivamente le sospensioni sbuffano<br />

sotto la pressione dell'auto e su sterrato<br />

sobbalzano realisticamente, irridendo,<br />

almeno sotto questo aspetto, i prodotti<br />

rallistici. Dove invece GT si prende<br />

ben più <strong>di</strong> una licenza è nella destabilizzazione<br />

dell'auto. Tutti conoscono gli<br />

effetti benefici che la strisciata sul muro<br />

comporta nel prodotto Polyphony. A<br />

questo si aggiungono sponde violente (e<br />

mai punite) contro gli avversari: in frenata<br />

e in fase d'inserimento in curva,<br />

quando la vettura è già fortemente sollecitata<br />

(il più delle volte al limite d'aderenza),<br />

un minimo contrasto dovrebbe<br />

essere fatale; in GT ci si limita a essere<br />

scansati lievemente dalla traiettoria ideale.<br />

Anche i salti <strong>di</strong> cordolo sono piuttosto<br />

allegri: al <strong>di</strong> là dell'impossibilità <strong>di</strong><br />

ribaltarsi, non innervosiscono la vettura.<br />

Tagliare il primo curvone della pista romana<br />

<strong>di</strong> GT3 A-Spec dovrebbe, alla luce<br />

dello scossone subito, imbastar<strong>di</strong>re la<br />

gestibilità della traiettoria, elemento solo<br />

accennato nel gioco. In altre occasioni,<br />

poi, esagerati sovrasterzi <strong>di</strong> potenza portano<br />

benefici irreali.<br />

Più rigoroso appare Ferrari F355<br />

Challenge dove, <strong>di</strong>sattivando gli aiuti, è<br />

necessario "guidare sulle uova" onde<br />

evitare spiacevoli uscite <strong>di</strong> strada. In<br />

particolare è la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza in<br />

curva a sembrare più rigorosa. In GT3,<br />

quando l'auto sta partendo per la tangente<br />

a causa <strong>di</strong> un ingresso a velocità<br />

sostenuta, un colpo <strong>di</strong> freno può aiutare<br />

enormemente. Nel titolo Sega, invece, la<br />

manovra funziona solo se si agisce prontamente.<br />

La <strong>di</strong>fferenza tra i due prodotti<br />

pare essere proprio nel margine <strong>di</strong> errore,<br />

laddove F355 richiede l'applicazione<br />

<strong>di</strong> contromisure al millesimo <strong>di</strong> secondo,<br />

GT3 concede il lusso <strong>di</strong> quell’attimo in<br />

più <strong>di</strong> zona franca. Allo stesso modo intransigenti<br />

risultano essere i due titoli <strong>di</strong><br />

punta della F1 da console (Formula<br />

One 2002 <strong>di</strong> Sony e F1 2003 <strong>di</strong> EA),<br />

ma in questo caso la rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> reazione<br />

è implicita nell'esasperata velocità dei<br />

boli<strong>di</strong> a ruote scoperte e nella parzializzazione<br />

dell'acceleratore, tutt'altro che<br />

agevole viste le potenze in gioco.<br />

L'implementazione dell'aderenza e l'intelligenza<br />

artificiale sono due aree universalmente<br />

critiche e criticate nei racing<br />

game (titoli motociclistici inclusi).<br />

Quando si parla <strong>di</strong> errata implementa-<br />

8<br />

zione dell'aderenza il riferimento è all'uscita<br />

dalle traiettorie ideali. La gommatura<br />

funge unicamente da in<strong>di</strong>catore per<br />

seguire la linea perfetta, uscirne non<br />

comporta variazioni <strong>di</strong> grip. "La pista<br />

gommata si sente molto quando inizia a<br />

piovere. In questo caso la si deve evitare<br />

accuratamente, perché <strong>di</strong>venta scivolosissima.<br />

Le traiettorie che si fanno sul<br />

bagnato sono totalmente <strong>di</strong>verse" ci ricorda<br />

Piero Plini, collaboratore della rivista<br />

Elaborare, "Inoltre, sull'asciutto,<br />

mettendo le ruote dove gli altri non passano,<br />

non solo non si trova la gommatura,<br />

ma si passa sullo sporco: inteso come<br />

polvere, detriti <strong>di</strong> gomma e sassolini",<br />

elementi mai presi in<br />

considerazione, se non a livello grafico<br />

(ad esempio i pneumatici imbrattati <strong>di</strong><br />

erba e sabbia dopo un fuori pista in F1<br />

2003). Discorso analogo riguarda anche<br />

le turbolenze, limitate allo sfruttamento<br />

dell'effetto scia.<br />

Il comportamento degli avversari virtuali<br />

è, se possibile, <strong>di</strong>scorso ancora più spinoso.<br />

Che il progresso in campo au<strong>di</strong>o/video<br />

abbia beneficiato <strong>di</strong> maggiori<br />

attenzioni rispetto all'intelligenza artificiale<br />

è lapalissiano. Il dubbio che quest'ultima<br />

non sia evoluta per nulla è però<br />

pressante, specialmente assistendo a<br />

certe condotte <strong>di</strong> gara. Siamo passati<br />

dalle mine vaganti agli avversari con<br />

traiettorie invariabili, abbiamo gareggiato<br />

ad<strong>di</strong>rittura con IA ad elastico ma i<br />

piloti coscienti ed aggressivi non sono<br />

ancora tra noi. Quasi tutti i giochi presentano<br />

avversari cre<strong>di</strong>bili, questo finché<br />

l'utente non arriva a scombinare i loro<br />

piani <strong>di</strong> perfetta logicità. Anche i capolavori<br />

citati (la saga GT in particolare) non<br />

risultano sod<strong>di</strong>sfacenti nel veicolare il<br />

senso <strong>di</strong> sfida. Non si parla qui <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà,<br />

ma dell'improvvisazione che faccia<br />

ritardare una staccata per non subire un<br />

sorpasso, o dell'astuzia che permetta<br />

alla CPU <strong>di</strong> mandare a vuoto, magari con<br />

una brusca frenata, il giocatore che tende<br />

a spazzare via la concorrenza a suon<br />

<strong>di</strong> sportellate. Tutto questo, probabilmente,<br />

porterebbe molta più cre<strong>di</strong>bilità<br />

<strong>di</strong> quanto non saprebbero fare l'implementazione<br />

dei danni o l'inasprimento<br />

della tolleranza verso le frenate fuori<br />

tempo massimo.<br />

[1] Sulle vetture turbocompresse, l’aria immessa<br />

nei cilindri necessita <strong>di</strong> essere raffreddata<br />

(in quanto i gas si espandono con calore e<br />

quin<strong>di</strong> a parità <strong>di</strong> volume, l’aria riscaldata contiene<br />

meno ossigeno) per migliorare il ren<strong>di</strong>mento<br />

del motore e, dunque, la potenza che<br />

esso eroga. L’intercooler può essere maggiorato<br />

(con un “ra<strong>di</strong>atore” aria/aria più grande) ma<br />

la lunghezza del percorso che l’aria dovrà compiere,<br />

provocherà un leggero ritardo nella risposta<br />

del motore.


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

Rally e <strong>di</strong>ntorni: lotta nel fango<br />

Mario e Luigi insegnano: a ogni fratello<br />

famoso ne corrisponde uno, un po' sfigatino,<br />

che vive <strong>di</strong> pallida luce riflessa. Lo<br />

sporco del fuoristrada non pareva confacersi<br />

alle luci della ribalta e così, a <strong>di</strong>spetto<br />

<strong>di</strong> numerose uscite sia in ambito<br />

coin-op che casalingo, il genere non viveva<br />

fino in fondo le sue caratteristiche.<br />

La guida fuori dall'asfalto era spesso terreno<br />

per strampalati arcade (come<br />

Buggy Boy <strong>di</strong> Tatsumi), e quando cercava<br />

<strong>di</strong> guadagnare in serietà <strong>di</strong>fficilmente<br />

si appropriava delle sue peculiarità.<br />

La già accennata insistenza su gomme<br />

fumanti e traslazioni rettilinee non<br />

era, d'altra parte, mo<strong>di</strong>ficabile massicciamente<br />

in <strong>di</strong>rezione dell'off road. Gli<br />

espe<strong>di</strong>enti per <strong>di</strong>versificare le due tipologie<br />

<strong>di</strong> giochi, quin<strong>di</strong>, facevano leva sullo<br />

sparpagliamento <strong>di</strong> detriti in pista, sul<br />

posizionamento <strong>di</strong> rampe atte a prodursi<br />

in decolli generosi e sull'abbassamento<br />

del coefficiente <strong>di</strong> grip. Quest'ultima pratica<br />

finiva per far assomigliare un generico<br />

gioco <strong>di</strong> rally alla copia scivolosa <strong>di</strong><br />

un racer qualsiasi. La tra<strong>di</strong>zionale visuale<br />

'da <strong>di</strong>etro', adottata da Pole Position<br />

e Out Run, non aiutava. Il realismo era<br />

più semplice da ottenere sfruttando punti<br />

<strong>di</strong> vista a volo d'uccello o isometrici: il<br />

controllo sulla sbandata dell'auto <strong>di</strong>veniva<br />

più completo e i saliscen<strong>di</strong> potevano<br />

essere accentuati.<br />

Il <strong>di</strong>vertente Ironman Ivan Stewart's<br />

Super Off Road (Leland, 1989) imponeva<br />

<strong>di</strong> tracciare, tra avvallamenti e<br />

dossi, traiettorie il più possibile pulite<br />

per mantenere alta la velocità. Pur essendo<br />

uno spin-off <strong>di</strong> Super Sprint, riusciva<br />

a ritagliarsi uno spazio proprio, una<br />

<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> fango e sudore dove le peculiarità<br />

dei fon<strong>di</strong> sconnessi trovavano <strong>di</strong>mora.<br />

Negli anni successivi, con prodotti<br />

quali Drift Out (Visco Games, 1991) e<br />

World Rally Championship (Gaelco,<br />

1993), il perno faceva il suo ingresso in<br />

scena. Tale aberrazione rappresentava la<br />

maniera più semplice per riprodurre il<br />

comportamento sculettante della vettura<br />

da rally. Il lettore pensi a un palo piantato<br />

in verticale nel baricentro dell'auto;<br />

ora immagini che, ad ogni cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione,<br />

essa gli ruoti intorno derapando.<br />

L'escamotage, se ben camuffato,<br />

scimmiotta in maniera convincente l'andatura<br />

su terreni latori <strong>di</strong> scarsa aderenza,<br />

ma non è reale. Se si pensa che la<br />

storia recente si sia <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> tali artifici<br />

è bene ricredersi: WRC II Extreme, ad<br />

esempio, sfoggia in più <strong>di</strong> un frangente<br />

la sua faccia da perno.<br />

L'evoluzione del rally trovò nel 1995 il<br />

suo sacro Graal, ancora una volta da<br />

parte della prolifica Sega (il lettore scusi<br />

l'ossimoro). Sega Rally Championship<br />

tracciava la rotta che tutti avrebbero<br />

seguito. Come un road book articolato<br />

ma poco approfon<strong>di</strong>to, poneva le basi su<br />

cui il <strong>di</strong>scorso dell'off road si sarebbe<br />

ampliato. Far sbandare l'auto era un piacere<br />

grazie alla ben <strong>di</strong>versificata aderenza<br />

sulle <strong>di</strong>fferenti tipologie <strong>di</strong> fondo stradale.<br />

La filosofia era quella del "ogni<br />

curva <strong>di</strong> traverso" perché era ciò che i<br />

piloti in erba volevano (non si <strong>di</strong>mentichi<br />

della moda portata in auge da Ridge Racer).<br />

Nell'immaginario collettivo il rally è<br />

l'arte del controsterzo, il resto viene dopo.<br />

Come <strong>di</strong> rigore per i drving game<br />

della casa <strong>di</strong> Sonic, anche SRC richiedeva<br />

un abbozzato realismo nelle tecniche<br />

<strong>di</strong> guida. In questo caso le parole d'or<strong>di</strong>ne<br />

erano ritmo e anticipo. Giungere sparati<br />

a metà <strong>di</strong> un tornante e sperare <strong>di</strong><br />

poter cambiare <strong>di</strong>rezione mantenendo la<br />

velocità era utopico, altrettanto inverosimile<br />

era pensare <strong>di</strong> uscire illesi da una<br />

serie <strong>di</strong> S senza una strategia su come e<br />

quando <strong>di</strong>rezionare l'avantreno del proprio<br />

bolide.<br />

La seconda metà degli anni '90 portava<br />

un inizio <strong>di</strong> realismo sugli schermi dei PC<br />

grazie a Magnetic Fields e ai suoi Network<br />

Q Rally Championship (1996) e<br />

International Rally Championship<br />

(1997). Le console, dal canto loro, si apprestavano<br />

a vivere un'altra storia Sonycentrica.<br />

Annunciato in pompa magna,<br />

V-Rally (1997, Eden Stu<strong>di</strong>os) si agghindava<br />

con una mise poligonale <strong>di</strong> tutto<br />

rispetto. Stupefacenti gli effetti <strong>di</strong> illuminazione<br />

nelle prove notturne: nei replay,<br />

con il motore che giungeva da lontano e<br />

il cono <strong>di</strong> luce che investiva cielo/guardrail/asfalto,<br />

la rappresentazione si vestiva<br />

<strong>di</strong> fotorealismo. Gli avversari <strong>di</strong>gitali,<br />

invece, erano temerari, loro viaggiavano<br />

nella più impenetrabile delle<br />

oscurità, male<strong>di</strong>cendo l'allora primitiva<br />

conoscenza dell'hardware Sony. V-Rally<br />

era la <strong>di</strong>sciplina sviluppata con la socialità<br />

in mente, non si correva contro il<br />

tempo ma sportellandosi con altri tre<br />

simpaticoni. Poco reale, certo, ma molto<br />

<strong>di</strong>vertente. Cercando <strong>di</strong> ovviare all'intraversamento<br />

prematuro alla Sega Rally,<br />

in Eden Stu<strong>di</strong>os approntarono un metodo<br />

<strong>di</strong> controllo che permetteva all'auto <strong>di</strong><br />

curvare normalmente fino a un certo<br />

punto, passata quella manciata <strong>di</strong> decimi<br />

<strong>di</strong> secondo la pressione sulla croce <strong>di</strong>rezionale<br />

si trasformava in una sbandata<br />

da controllare e/o da accentuare con<br />

colpetti sul freno. Il metodo si <strong>di</strong>mostrava<br />

efficace, tuttavia il feeling <strong>di</strong> realismo<br />

era sfuggente. Le curve ad ampio raggio,<br />

ad esempio, erano spesso da condurre<br />

da ubriachi, picchiettando sul pad<br />

e ammirando la macchina ondeggiare.<br />

La guida era notevolmente <strong>di</strong>versa da<br />

quanto sperimentato sino ad allora, non<br />

si conduceva né un auto vera né una dei<br />

videogiochi, bensì un'auto <strong>di</strong> V-Rally:<br />

un agglomerato <strong>di</strong> tecnologia e metallo<br />

dal realismo a singhiozzo. La ricerca dell'alternativa,<br />

comunque, avrebbe portato<br />

in tempi più recenti a includere il terzo<br />

capitolo della saga tra i rally più "veri"<br />

commercializzati su PS2, nonché uno dei<br />

più avulsi dal perno videolu<strong>di</strong>co.<br />

L'anno successivo fu il turno <strong>di</strong> Codemasters<br />

e del suo Colin McRae Rally. Applicando<br />

la filosofia veicolata da Gran<br />

Turismo, i Co<strong>di</strong>es decisero che il punto<br />

<strong>di</strong> arrivo non era la programmazione del<br />

9<br />

motore fisico perfetto, bensì il miglior<br />

connubio possibile tra <strong>di</strong>vertimento e<br />

verosimiglianza. CMR era una gioia da<br />

giocare. Era un finto intelligente, dove le<br />

facilonerie sottese alla fisica dell'auto<br />

erano ben mascherate: una curva affrontata<br />

senza sbavature riempiva <strong>di</strong><br />

orgoglio proprio perché non si percepiva<br />

l'edulcorazione del mondo fisico, ci si<br />

sentiva provetti piloti. Ricreare la vera<br />

struttura della <strong>di</strong>sciplina (il connubio<br />

uomo-macchina in lotta contro il tempo)<br />

si rivelò fondamentale per il coinvolgimento.<br />

La scelta fu coraggiosa e la fortuna premiò<br />

gli audaci: CMR <strong>di</strong>ventò, de facto, il<br />

para<strong>di</strong>gma del genere, tanto da incanalare<br />

l'intero movimento rallistico <strong>di</strong>gitale<br />

sulle sue tracce. Anche la saga che<br />

commercialmente si oppone allo scozzese<br />

volante, WRC <strong>di</strong> Evolution Stu<strong>di</strong>os,<br />

ne ricalca le orme, pur compiendo le<br />

proprie scelte in più <strong>di</strong> un'occasione (cadenza<br />

delle note e sensazione <strong>di</strong> velocità<br />

in primis). Sono proprio le note uno dei<br />

punti dolenti delle simulazioni uscite sino<br />

ad oggi. Ernesto Manfrin, collaboratore<br />

del sito Rally Tribe (www.rallytribe.com)<br />

ed ex pilota, ci spiega il perché: "Le in<strong>di</strong>cazioni<br />

sono irreali più o meno in tutti i<br />

giochi. Molte curve 'easy' se fossero dettate<br />

in gara lascerebbero pochi superstiti.<br />

Inoltre lo sviluppo del tracciato viene<br />

comunicato troppo in ritardo". Ad<strong>di</strong>rittura<br />

in WRC II Extreme, che a un primo<br />

impatto pare inondare <strong>di</strong> informazioni in<br />

largo anticipo, non è raro superare in<br />

velocità il navigatore, trovandosi nella<br />

situazione <strong>di</strong> affrontare le insi<strong>di</strong>e nel<br />

momento stesso in cui le casse sputano<br />

fuori il relativo file vocale. Pur presupponendo<br />

futuri miglioramenti è improbabile<br />

che seguendo il trend attuale le 'pace<br />

note' possano risultare fedeli alla 'cosa<br />

vera'. "Non esiste un solo stile <strong>di</strong> guida,<br />

così come non esiste un solo tipo <strong>di</strong> auto.<br />

Passare da un veicolo all'altro, per<br />

esempio, richiede impostazioni <strong>di</strong>verse in<br />

fase <strong>di</strong> curva, frenata, etc. I videogiochi<br />

tendono a sottovalutare questi aspetti<br />

preconfezionando note generiche, adatte<br />

a tutti, mentre invece sono tra gli elementi<br />

più personali del rally" continua<br />

Manfrin. Non è unicamente la singola<br />

curva a poter essere affrontata in vari<br />

mo<strong>di</strong>, ma ad<strong>di</strong>rittura lo stile <strong>di</strong> comunicazione<br />

richiesto può mo<strong>di</strong>ficarsi da pilota<br />

a pilota. Un hard <strong>di</strong>sk associato a un<br />

e<strong>di</strong>tor potrebbe rappresentare la via per<br />

personalizzare gli appunti. Per il momento<br />

la fonte <strong>di</strong> adattabilità sgorga dai settaggi<br />

della vettura, e anche in questo<br />

caso il rigore simulativo si affaccia solamente<br />

alla porta, senza varcarne la soglia.<br />

Le mo<strong>di</strong>fiche apportabili sono le<br />

solite (gomme, sospensioni, etc.), poco<br />

articolate (spesso si tratta <strong>di</strong> 3 o 4 modulazioni<br />

<strong>di</strong>verse) e non si avventurano


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

mai, al contrario <strong>di</strong> GT, in tecnicismi esasperati.<br />

Il motivo risiede nella mancanza<br />

<strong>di</strong> input. La guida rallistica simulata<br />

non ha permesso, e quin<strong>di</strong> non ha<br />

richiesto, fino ad oggi <strong>di</strong> dover agire su<br />

aspetti 'liminari' quali, ad esempio, la<br />

regolazione delle barre stabilizzatrici 1 .<br />

Non si hanno le percezioni attraverso le<br />

quali si sviluppa il '<strong>di</strong>alogo' tra l'uomo e<br />

il veicolo. Come permettere <strong>di</strong> 'sentire' le<br />

continue variazioni nel fondo stradale o<br />

come rendere tangibile la prossima per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> aderenza? Nella mancanza <strong>di</strong> risposte<br />

i videogiochi si trovano ad esagerare<br />

o a semplificare (basti pensare che,<br />

a causa della frenesia <strong>di</strong> gioco, raramente<br />

il cambio è gestibile manualmente).<br />

Le stesse tecniche <strong>di</strong> conduzione, che<br />

nella realtà richiedono grande esperienza,<br />

vengono acquisite e maneggiate in<br />

pochi minuti. Non si parla del solo controsterzo<br />

(manovra, comunque, tutt'altro<br />

che semplice) ma <strong>di</strong> finezze quali il<br />

'pendolo' attuabili con una facilità sorprendente.<br />

Che sia un mondo fisico sui<br />

generis lo si intuisce da molti particolari.<br />

In WRC II Extreme (preso come riferimento,<br />

a <strong>di</strong>spetto del più recente seguito,<br />

in virtù <strong>di</strong> un più ferreo rigore simulativo),<br />

ad esempio, una frenata secca<br />

nel bel mezzo <strong>di</strong> una cambio <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>rezione non scompone l'auto (si provi<br />

la stessa manovra in GT3 con la Subaru<br />

Impreza e si ammiri il risultato), mentre<br />

per mandarla in sbandata basta semplicemente<br />

sterzare (anche su asfalto). In<br />

pratica una conduzione della curva priva<br />

<strong>di</strong> funambolismi è raramente riscontrabile.<br />

Ironicamente, come ci ricorda Manfrin<br />

"La guida più red<strong>di</strong>tizia è quella pulita".<br />

Altre malizie quali il 'sinistro' sono accessibili<br />

a tutti. Usare tale tecnica in<br />

WRC II Extreme, previo possesso <strong>di</strong><br />

volante e pedaliera, non è complicato,<br />

anche se sembra che più che il trasferimento<br />

<strong>di</strong> carico influisca la migliore gestione<br />

della velocità. Senza un volante,<br />

invece, il 'sinistro' è ostico, il che riporta<br />

Motociclismo: meno ruote, meno clamore<br />

Le due ruote rappresentano, in campo<br />

lu<strong>di</strong>co come nella realtà, un mondo marginale<br />

rispetto all'automobilismo. Se il<br />

rally è il fratello in ombra, il motociclismo<br />

è il cugino incidentato. Sostenuta<br />

tra l'85 e l'87 dall'esercito Sega (Hangon,<br />

Enduro Racer e Super Hang-on),<br />

la produzione <strong>di</strong> videogiochi votati all'impennata<br />

languì per quasi un decennio<br />

in cerca <strong>di</strong> soluzioni che la traessero fuori<br />

dal pantano del folklore. Ai titoli citati,<br />

infatti, faceva da contraltare una schiera<br />

<strong>di</strong> esemplari che delle due ruote avevano<br />

giusto gli sprite. Zippy Race (Irem,<br />

1983) e l'anti<strong>di</strong>luviano Stunt Cycle (Atari,<br />

1976) erano solo alcuni dei coin-op<br />

dove, rimpiazzando le moto con qualsiasi<br />

altro oggetto/animale/vegetale, non si<br />

sarebbe attentato per nulla alla cre<strong>di</strong>bilità<br />

dell'esperienza (chi scrive si riserva<br />

qualche dubbio unicamente sull'implementazione<br />

<strong>di</strong> una quercia secolare dotata<br />

<strong>di</strong> turbo). Solo Excitebike (Nintendo,<br />

1984) abbozzava una gestione dei<br />

ritmi nel controllo dei salti, ma si trattava<br />

pur sempre <strong>di</strong> un'esperienza assolutamente<br />

irreale.<br />

Il regno della forza centrifuga imperava<br />

anche sulle due ruote. Sebbene<br />

all'annoso problema delle interfacce. Le<br />

periferiche dotate <strong>di</strong> force feedback sono<br />

sottoutilizzate, non riescono a convogliare<br />

nelle mani tutti gli input necessari. Se<br />

si pensa che alcuni volanti funzionano in<br />

taluni prodotti e non in altri la situazione<br />

si fa sconfortante. Da non <strong>di</strong>menticare,<br />

inoltre, che il videogioco deve essere<br />

costruito intorno al pad, con tutte le limitazioni<br />

che ciò comporta. Scontrandosi<br />

contro muri <strong>di</strong> ogni sorta i designer scelgono<br />

<strong>di</strong> soprassedere a qualche regola e<br />

<strong>di</strong> rendere più mass market il prodotto,<br />

con evidenti incongruenze: "Le attuali<br />

auto WRC grazie alla gestione elettronica<br />

dei <strong>di</strong>fferenziali 2 , non sono più molto<br />

spettacolari. Si intraversano poco", spiega<br />

Manfrin. La sbandata continua tanto<br />

cara alla <strong>di</strong>mensione lu<strong>di</strong>ca non è, dunque,<br />

il marchio <strong>di</strong> fabbrica del rally o<strong>di</strong>erno,<br />

ma viene mantenuta, in barba<br />

agli anacronismi, perché, come asserisce<br />

Stephane Baudet, CEO <strong>di</strong> Eden Stu<strong>di</strong>os,<br />

in un'intervista su Super Console "Realismo<br />

e giocabilità talvolta sono incompatibili".<br />

Convinzioni che trovano conferma<br />

quando si apprende che con le caratteristiche<br />

delle sospensioni fornite dalle case<br />

automobilistiche, le vetture <strong>di</strong> V-<br />

Rally 3 <strong>di</strong>ventavano impossibili da gestire.<br />

Una rigida interpretazione delle leggi<br />

fisiche manderebbe in crisi anche il più<br />

navigato dei piloti, figuriamoci l'utente<br />

me<strong>di</strong>o con la sua idea <strong>di</strong>storta sul rally.<br />

Evolution Stu<strong>di</strong>os aveva realizzato per<br />

Prodrive, scuderia vincitrice <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

Campionati del Mondo, un software per<br />

la messa a punto che teneva in considerazione<br />

tutte le <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> un'auto da<br />

rally. La decisione <strong>di</strong> basare WRC su tale<br />

progetto fu una naturale conseguenza.<br />

Tuttavia "il modello <strong>di</strong> guida era talmente<br />

realistico che nessuno sarebbe riuscito<br />

a guidare" spiega Martin Kenwright,<br />

co-fondatore <strong>di</strong> Evolution Stu<strong>di</strong>os, "Avevamo<br />

una simulazione accurata ma continuavamo<br />

a sentirci ripetere da persone<br />

che lavorano nell'industria dei vg che le<br />

auto da rally non si comportano così". E'<br />

paradossale: per sviluppare un prodotto<br />

Hang-On incoraggiasse la modulazione<br />

dell'angolo <strong>di</strong> piega, la maggioranza della<br />

curve sfoggiava impenitente la gomma<br />

fumante, istigando allo spreco <strong>di</strong><br />

pneumatici anche progetti idealmente<br />

più seriosi orientati al mercato home<br />

quale Super Cycle per C64 (Epyx,<br />

1986)<br />

Il modello dualistico sala/casa, sottostante<br />

alla crescita dei titoli automobilistici,<br />

è riscontrabile con significative varianti<br />

nel mondo delle moto. Mancando i<br />

corrispettivi <strong>di</strong> Crammond e Kaemmer,<br />

l'evoluzione si appoggiava sui vagiti <strong>di</strong><br />

singole software house, delineando una<br />

10<br />

cre<strong>di</strong>bile non bisogna puntare alla realtà<br />

ma avvicinarsi all'idea che la gente ha <strong>di</strong><br />

essa. Ennesima conferma? Il rombo del<br />

motore è stato variato da WRC a WRC<br />

II Extreme perché i consumatori l'avevano<br />

giu<strong>di</strong>cato acuto e inverosimile. L'effetto<br />

corretto, però, è quello del primo<br />

episo<strong>di</strong>o. L'ignoranza del pubblico, dunque,<br />

si riflette nella verosimiglianza dei<br />

prodotti rallistici che, vessati anche dalla<br />

già citata cronica mancanza <strong>di</strong> sensazioni<br />

e da un'evoluzione letargica se confrontata<br />

con i racer classici, si rivelano<br />

essere estremamente lontani dalla simulazione.<br />

[1] “Le barre stabilizzatrici” illustra Piero Plini<br />

“collegano meccanicamente due ruote dello<br />

stesso asse, in modo da limitare il rollio dell’automobile<br />

in curva (coricamento da un lato).<br />

Sulle vetture da gara esse sono regolabili e<br />

contribuiscono ad irrigi<strong>di</strong>re la risposta delle<br />

sospensioni sui due assi separatamente. Una<br />

barra antirollio più rigida limita il coricamento<br />

laterale dell’automobile in curva e nei cambi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>rezione”.<br />

[2] Nel caso <strong>di</strong> un’auto a quattro ruote motrici,<br />

un <strong>di</strong>fferenziale gestito elettronicamente permette<br />

<strong>di</strong> ottimizzare in ogni istante la ripartizione<br />

della coppia motrice tra le ruote e tra<br />

l’assale anteriore e posteriore. Distribuisce in<br />

modo <strong>di</strong>fferenziato la coppia tra i due semiassi<br />

in uscita dal <strong>di</strong>fferenziale. In pratica due frizioni<br />

a comando elettroidraulico e a gestione elettronica<br />

variano la <strong>di</strong>stribuzione della coppia in<br />

funzione stabilizzante.<br />

crescita a singhiozzo. A limitare l'espansione<br />

del genere contribuivano in maniera<br />

determinante le <strong>di</strong>fficoltà incontrate<br />

nel restituire il feeling con il veicolo.<br />

"Nella guida <strong>di</strong> una moto la gestione dell'apporto<br />

fisico è molto più importante e<br />

complessa" <strong>di</strong>ce Igor Berzi, caporedattore<br />

<strong>di</strong> SuperBike Italia. "Le auto in curva<br />

sterzano e basta, le moto piegano mentre<br />

il pilota si sposta sulla sella. Ci sono<br />

quin<strong>di</strong> da considerare molti più parametri.<br />

Il programmatore <strong>di</strong> un gioco <strong>di</strong> auto<br />

queste cose non le deve tenere in considerazione".<br />

Nell'impossibilità <strong>di</strong> replicare<br />

tale tipo <strong>di</strong> interazione, gli sviluppatori<br />

sceglievano spesso <strong>di</strong> modellare i propri<br />

prodotti sui comportamenti propri delle<br />

auto. Honda RVF per Amiga (Micro<br />

Style, 1989) fu uno dei pochi a restituire<br />

<strong>di</strong>gnità alla moto grazie a routine fisiche<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>screto spessore, ineguagliate dalle<br />

progenie poligonali (Red Zone, No Second<br />

Prize, Team Suzuki) che nei<br />

primissimi anni '90 invase l'home computer<br />

Commodore. Non fu quin<strong>di</strong> il mero<br />

dato numerico a frenare l'avanzata del<br />

genere (i videogiochi non potevano che<br />

rispecchiare il rapporto <strong>di</strong> venduto tra<br />

auto e moto). L'artificiosità con cui il


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

feeling del manubrio era veicolato pareva<br />

un muro insormontabile. Così, mentre<br />

le console vivevano tempi bui, rischiarati<br />

da qualche spora<strong>di</strong>ca uscita estremamente<br />

arcade (in Road Rash <strong>di</strong> EA per<br />

Megadrive le moto imparavano finalmente<br />

a sdraiarsi sull'asfalto e a <strong>di</strong>sarcionare<br />

il conducente in caso <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza),<br />

la sala giochi confermò che, in<br />

mancanza <strong>di</strong> una cre<strong>di</strong>bile influenza delle<br />

leggi fisiche sul mondo <strong>di</strong>gitale, la strada<br />

da percorrere era quella del coinvolgimento<br />

corporale. Manx TT <strong>di</strong> Sega si<br />

lasciava alle spalle il cabinato <strong>di</strong> Hang-<br />

On implementando un sistema idraulico<br />

capace <strong>di</strong> simulare le sensazioni della<br />

piega motociclistica. I 32 bit casalinghi,<br />

intanto, si limitavano a riprodurre la giocabilità<br />

arcade (è del 1997 Moto Racer<br />

<strong>di</strong> Delphine per PlayStation e PC) rimanendo<br />

legati al concetto <strong>di</strong> 'auto a due<br />

ruote'. Se la passava decisamente meglio<br />

il motocross, che si poteva avvalere<br />

del concetto <strong>di</strong> gestione del peso e ritmo<br />

nei salti per crearsi una precisa identità.<br />

Su PC spopolava Motocross Madness,<br />

mentre su PlayStation nasceva la serie<br />

'de<strong>di</strong>cata' a Ricky Carmichael che troverà<br />

sulle console a 128 bit la consacrazione.<br />

Anche il Nintendo 64, ai margini per<br />

ciò che concerne i driving game, beneficiò<br />

del suo momento <strong>di</strong> gloria grazie al<br />

restyling poligonale <strong>di</strong> Excitebike, il<br />

miglior gioco crossistico esistente assieme<br />

a MX2002 feat. Ricky Carmichael.<br />

Le due ruote stradali, nel frattempo, soffrivano<br />

<strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> inferiorità ai quali<br />

Namco avrebbe posto fine grazie alla<br />

Moto GP 3, Ri<strong>di</strong>ng Spirits e MX 2002: prova su strada<br />

Un aspetto sul quale i videogiochi hanno<br />

sempre glissato è il quid su cui invece si<br />

dovrebbe basare l'esperienza simulativa:<br />

la sfocata linea <strong>di</strong> confine che separa<br />

una frenata riuscita da una caduta rovinosa,<br />

una curva pennellata da una scivolata<br />

irrecuperabile. Prendendo in considerazione<br />

i due esemplari più significativi<br />

attualmente in commercio, vale a <strong>di</strong>re<br />

Moto GP 3 <strong>di</strong> Namco e Ri<strong>di</strong>ng Spirits<br />

<strong>di</strong> Spike entrambi per PS2, si nota come<br />

l'influenza dell'aderenza sia stata presa<br />

in buona considerazione. E' Moto GP 3,<br />

in particolare, a restituire le sensazioni<br />

più realistiche. Aprendo il gas in curva la<br />

moto prende a slittare fino a quando la<br />

presa non è più possibile e il pilota finisce<br />

a far compagnia alle margherite. I<br />

tempi <strong>di</strong> reazione, in virtù della scontata<br />

mancanza <strong>di</strong> percezioni extra visive sull'inizio<br />

<strong>di</strong> sbandata del mezzo, sono<br />

comprensibilmente <strong>di</strong>latati rispetto al<br />

mondo reale. “È solo un gioco” <strong>di</strong>ce il<br />

campione Marco Melandri interrogato da<br />

Super Console sull’argomento, “nella<br />

realtà ci sono un sacco <strong>di</strong> fattori che comunicano<br />

la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza. In Moto<br />

GP praticamente te ne accorgi solo<br />

quando ve<strong>di</strong> apparire la riga nera<br />

sull’asfalto. Ci sono cose che un videogioco<br />

non può riprodurre”. Ciò che risulta<br />

meno cre<strong>di</strong>bile è la gestione vera e<br />

propria della sbandata. "Nella realtà",<br />

come illustra Alberto Raver<strong>di</strong>no, Redattore<br />

e Tester <strong>di</strong> SuperBike Italia, "più si<br />

dà gas senza ritegno in curva e maggiore<br />

è il rischio che il posteriore perda aderenza.<br />

In tal caso, per recuperare occorre<br />

parzializzare il gas e non chiuderlo<br />

completamente, in modo che il freno<br />

motore non scomponga ulteriormente la<br />

moto". Ciò che accade in Moto GP 3 è<br />

invece leggermente <strong>di</strong>verso. La parzializzazione<br />

dell'acceleratore funziona a<br />

meraviglia, ma prescinderne non innesca<br />

comportamenti pericolosi. Se si accelera<br />

a singhiozzo, aprendo e rilasciando la<br />

manopola del gas, la moto si limita a<br />

perdere e guadagnare aderenza alla cadenza<br />

con cui l'utente porta avanti la<br />

sua bizzarra manovra. In pista un comportamento<br />

simile sarebbe <strong>di</strong>sastroso.<br />

L'imputato numero uno è, ancora una<br />

volta, il sistema <strong>di</strong> controllo. Tasti a<br />

pressione e stick analogici non risultano<br />

sempre agevoli per regolare la velocità,<br />

un possibile elemento <strong>di</strong> frustrazione che<br />

Namco ha voluto eliminare alla ra<strong>di</strong>ce,<br />

prendendosi qualche licenza. Ma non è <strong>di</strong><br />

certo l'unica. "Il grosso problema della<br />

saga Moto GP è l'assurda velocità con<br />

cui la moto controllata dal giocatore sale<br />

e scende in piega: del tutto irreale".<br />

Quello in<strong>di</strong>cato da Berzi è certamente<br />

uno dei fattori più fasti<strong>di</strong>osi che riporta il<br />

titolo Namco alle sue origini arcade. E'<br />

sufficiente tamburellare un po' con le<br />

levette analogiche per rendersi conto<br />

quanto rapidamente i centauri virtuali<br />

spostino il loro baricentro. Ironicamente<br />

Ri<strong>di</strong>ng Spirits, racer in cui la progressione<br />

della piega è assolutamente verosimile,<br />

è stato tacciato <strong>di</strong> estrema legnosità.<br />

"Anche il fatto che in uscita <strong>di</strong> curva<br />

la moto a volte si impenni quando è ancora<br />

del tutto inclinata, è parecchio fantasioso"<br />

sottolinea Berzi. D'altra parte in<br />

un gioco dove si può fare da 0 a 260<br />

km/h costantemente con la ruota anteriore<br />

alzata c'è poco da stupirsi. La saga<br />

Moto GP è così, è l'interpretazione della<br />

simulazione secondo l'oriente. Punisce<br />

senza perdere d'occhio la giocabilità.<br />

Non raggiunge la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> GP500 o<br />

della serie Superbike su PC, eppure è<br />

capace <strong>di</strong> farsi apprezzare per accorgimenti<br />

ine<strong>di</strong>ti per il mondo console. E' un<br />

bilanciamento continuo tra ciò che l'utente<br />

può controllare e ciò che è meglio<br />

relegare al mondo reale.<br />

Un campo su cui la riproduzione virtuale<br />

può giocarsi le proprie carte quasi<br />

alla pari con la realtà è la verosimiglianza<br />

dell’ambiente. Ancora Melandri “c’è<br />

una cosa da <strong>di</strong>re su Moto GP: i tracciati<br />

sono molto realistici e devi davvero seguire<br />

le traiettorie giuste per prendere<br />

bene le curve, frenando col dovuto anticipo<br />

e così via. Una cosa però non mi<br />

convince, ed è la chiusura delle curve.<br />

Nella realtà è più facile stringerle, mentre<br />

nel gioco le moto tendono a restare<br />

sull’esterno costringendoti a frenare<br />

troppo per rientrare”. Il realismo nella<br />

riproduzione delle piste fa parte <strong>di</strong> quel<br />

contorno au<strong>di</strong>ovisivo sul quale i titoli del<br />

passato facevano perno per illudere una<br />

progressione simulativa in verità inconsistente.<br />

Tutt’oggi ha peso più sul coinvolgimento<br />

emozionale che sul reale valore<br />

della simulazione <strong>di</strong> per sé. E’ comunque<br />

un tributo dovuto a Namco<br />

l’aver saputo ricreare in maniera maniacale<br />

ogni singolo saliscen<strong>di</strong> e <strong>di</strong>slivello,<br />

elemento apparentemente <strong>di</strong> semplice<br />

realizzazione che però ad altri concorrenti,<br />

l’omonimo Moto GP <strong>di</strong> Climax<br />

(Xbox) e in parte il pluriosannato Superbike<br />

World Championship (PC)<br />

11<br />

serie Moto GP e che il PC avrebbe portato<br />

in trionfo grazie a moto GP 500 e<br />

alla saga <strong>di</strong> Superbike. Ma è ancora un<br />

esame consolecentrico quello che <strong>Ring</strong><br />

vuole affrontare…<br />

dell’italiana Milestone, non è riuscita altrettanto<br />

fedelmente.<br />

Le frenate sono un altro punto critico. In<br />

Moto GP 3 i punti <strong>di</strong> staccata sono assolutamente<br />

verosimili, tuttavia le frenate<br />

vigorose quando si è già in piega vengono<br />

punite solo protraendo oltremodo<br />

la pressione. Come ricorda Raver<strong>di</strong>no "È<br />

possibile frenare a moto inclinata, ma<br />

occorre essere dolci e progressivi col<br />

freno anteriore, aiutandosi con il freno<br />

posteriore per stabilizzare la moto. In<br />

caso contrario è facile perdere aderenza<br />

e finire a terra" che non è esattamente il<br />

comportamento visto nel mondo virtuale<br />

(ancora peggio Ri<strong>di</strong>ng Spirits, dove la<br />

totale assenza <strong>di</strong> grip non è contemplata<br />

né in accelerazione né tantomeno in decelerazione).<br />

La spiegazione <strong>di</strong> Raver<strong>di</strong>no<br />

va a toccare un altro tasto dolente:<br />

l'assenza del freno posteriore pregiu<strong>di</strong>ca<br />

la completa gestione del mezzo. Fortunatamente<br />

Moto GP 3 pone rime<strong>di</strong>o in<br />

questo senso, anche se gli effetti appaiono<br />

spesso esagerati.<br />

I due titoli presi in considerazione si configurano<br />

quin<strong>di</strong> come ibri<strong>di</strong> molto più<br />

orientati all'arcade rispetto alle loro controparti<br />

su quattro ruote. Dalla quantità<br />

<strong>di</strong> settaggi (più elevati in RS rispetto a<br />

Moto GP 3, tuttavia non sempre realistici<br />

nei loro effetti, come ad esempio<br />

l’influenza delle migliorie nell’impianto<br />

frenante, che variano dall’irrisorio all’ininfluente)<br />

al comportamento in pista,<br />

restituiscono un'esperienza più 'leggera'.<br />

Senza dubbio uno dei motivi è legato<br />

alle <strong>di</strong>fferenti implicazioni che un'uscita<br />

<strong>di</strong> pista può avere nel caso <strong>di</strong> un auto e<br />

<strong>di</strong> una moto (sulle due ruote si cade<br />

quasi certamente, con pesanti ripercussioni<br />

sulla gara). La <strong>di</strong>fficoltà nel replicare<br />

l'influenza <strong>di</strong>retta sul pilota è, tuttavia,<br />

una problematica <strong>di</strong> rilievo, in quanto<br />

pregiu<strong>di</strong>ca l'approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> alcuni


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

aspetti. Nel caso <strong>di</strong> un inizio <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

aderenza della ruota anteriore, ad esempio,<br />

gli spostamenti del corpo sarebbero<br />

essenziali per non finire gambe all'aria.<br />

Ri<strong>di</strong>ng Spirits ha tentato la via<br />

del controllo completo sul centauro, fallendo<br />

però nell'obiettivo. I motivi sono<br />

essenzialmente due: a) il numero <strong>di</strong> tasti<br />

da utilizzare <strong>di</strong>venta proibitivo b) gestire<br />

manualmente gli spostamenti del corpo<br />

non porta ai benefici sperati. Meglio <strong>di</strong><br />

lui ha fatto Moto GP <strong>di</strong> Climax, ma una<br />

vera influenza cre<strong>di</strong>bile e ficcante sulla<br />

conduzione del mezzo è ancora oltre<br />

all’orizzonte. E non c'è purtroppo periferica<br />

che tenga, almeno fino a quando i<br />

sistemi idraulici <strong>di</strong> Manx TT non saranno<br />

a portata <strong>di</strong> portafoglio.<br />

Le problematiche che un gioco <strong>di</strong> motocross<br />

porta con sé sono all'incirca le medesime<br />

dei racer stradali, accentuate<br />

però dalla mancanza <strong>di</strong> sensazioni che<br />

vessa anche il rally. Pur nel suo modello<br />

fisico <strong>di</strong>scretamente apprezzabile, MX<br />

2002 si rivela poco più che un elaborato<br />

Lacrime, sudore e sangue: i simulatori su personal computer<br />

<strong>di</strong> Massimo Rovatti<br />

Pochi fronzoli. Possiamo bearci quanto<br />

vogliamo rimirando il nostro bel monolito,<br />

fieri dell’esclusiva sul real driving<br />

simulator. Ma la verità è che i real driving<br />

simulator si trovano da un’altra parte.<br />

Su PC, per precisione. La <strong>di</strong>fferenza è<br />

nei termini. Da una parte i giochi.<br />

Dall’altra i simulatori. Da un lato il <strong>di</strong>vertimento,<br />

che più si fonde con il realismo,<br />

più acquista spessore, ma che <strong>di</strong>vertimento<br />

deve restare. Dall’altra il puro<br />

realismo, che spesso sconfina nella frustrazione,<br />

ma che ad utenti devoti può<br />

regalare un appagamento senza pari.<br />

Analizzando i titoli <strong>di</strong> guida per personal<br />

computer, è inevitabile cambiare il proprio<br />

punto <strong>di</strong> vista: qui è la ricerca del<br />

realismo senza con<strong>di</strong>zioni, la de<strong>di</strong>zione e<br />

la sofferenza a <strong>di</strong>stinguere un “simulatore”<br />

dalla massa <strong>di</strong> “giochini” che lo circondano.<br />

Senza la pretesa <strong>di</strong> rievocare<br />

tutta la storia dei simulatori a due e<br />

quattro ruote per personal computer, ci<br />

occuperemo dei titoli ancora oggi più<br />

significativi. Nel caso <strong>di</strong> serie, ci <strong>di</strong>lungheremo<br />

maggiormente sugli esponenti<br />

più recenti.<br />

La saga <strong>di</strong> Grand Prix: c’è spazio per<br />

un Crammond solitario?<br />

Nel 1996, fece la sua comparsa nei negozi<br />

Gran Prix 2. E il verbo simulare<br />

assunse un significato nuovo. Parto della<br />

mente e del lavoro <strong>di</strong> una sola persona,<br />

il co<strong>di</strong>ce assembler <strong>di</strong> GP2 racchiudeva<br />

tutto quello che un appassionato <strong>di</strong> Formula<br />

1 aveva sempre sognato e molto <strong>di</strong><br />

più. Non poche, infatti, sono le persone<br />

che hanno iniziato ad appassionarsi a<br />

questo sport proprio dopo aver provato<br />

in prima persona l’emozione <strong>di</strong> “scendere<br />

in pista” grazie a questo titolo. E la<br />

leggenda vuole che un Jacques Villeneuve,<br />

ancora inesperto facesse pratica<br />

proprio con questo videogioco per prendere<br />

confidenza con i tracciati su cui non<br />

si era mai ritrovato a correre. Un’estrema<br />

attenzione al dettaglio nella riproduzione<br />

<strong>di</strong> vetture e circuiti, unita ad un<br />

sistema <strong>di</strong> controllo votato al realismo e<br />

ad un’ottima intelligenza artificiale degli<br />

avversari, non lasciarono alcun dubbio<br />

sulla genialità <strong>di</strong> Crammond, che già a-<br />

veva in<strong>di</strong>cato la strada con il primo GP<br />

(oltre ad aver realizzato un classico <strong>di</strong><br />

guida “delirante” <strong>di</strong> tutti i tempi, tal<br />

Stunt Car Racer, che su Amiga rasentava<br />

il concetto <strong>di</strong> perfezione). Quattro<br />

anni dopo, schiacciato da un’hype soverchiante,<br />

fece il suo debutto Grand Prix<br />

3. Apriti cielo. Il capolavoro annunciato<br />

non si <strong>di</strong>mostrò tale e fu subito polemica,<br />

con accesi scontri sui forum <strong>di</strong> mezzo<br />

mondo tra denigratori e “partigiani”. Con<br />

il senno <strong>di</strong> poi, è impossibile non archiviare<br />

GP3 come un mero add-on del<br />

predecessore. A parte le con<strong>di</strong>zioni meteo<br />

(riprodotte in maniera impeccabile)<br />

ed un aggiornamento della fisica delle<br />

macchine, più in linea con il comportamento<br />

delle vetture del ’98 (cui il gioco<br />

si riferiva), poco o nulla era cambiato<br />

rispetto al predecessore. Lo stesso aggiornamento<br />

grafico era in linea con le<br />

varie patch non ufficiali che circolavano<br />

tra gli appassionati, non offrendo nulla <strong>di</strong><br />

stupefacente dal punto <strong>di</strong> vista cosmetico,<br />

a parte il già citato effetto “bagnato”.<br />

Dopo tante critiche, l’avvento dell’attuale<br />

Grand Prix 4 è stato accolto con un<br />

misto <strong>di</strong> speranze e scetticismo. Innanzi<br />

tutto, in quest’ultima incarnazione, l’intervento<br />

del padre/padrone Geoff Crammond<br />

è stato per forza <strong>di</strong> cose ri<strong>di</strong>mensionato.<br />

Impensabile nel 2002 sviluppare<br />

in solitario un gioco capace <strong>di</strong> competere,<br />

quantomeno sul piano estetico, con<br />

la concorrenza, ad oggi più agguerrita<br />

che mai. Ed infatti, dal punto <strong>di</strong> vista<br />

della grafica, finalmente GP4 rende giustizia<br />

al suo blasonato nome: sebbene<br />

non privi <strong>di</strong> alcune pecche, i tracciati e i<br />

modelli delle vetture sono riprodotti con<br />

grande attenzione al dettaglio. Sebbene<br />

le tonalità un po’ pastello delle texture<br />

tolgano qualcosa in termini <strong>di</strong> fotorealismo,<br />

ciò che colpisce maggiormente è la<br />

gestione in tempo reale <strong>di</strong> luci ed ombre,<br />

davvero mozzafiato, in particolare nelle<br />

situazioni <strong>di</strong> pioggia, in cui ogni goccia<br />

riflette le fonti luminose circostanti. Infine,<br />

presenza accessoria ma apprezzata è<br />

l’intervento <strong>di</strong> meccanici finalmente tri<strong>di</strong>mensionali,<br />

che si agitano in maniera<br />

decisamente realistica e spettacolare<br />

durante le fermate ai box. L’intelligenza<br />

artificiale si conferma ancora una spanna<br />

sopra la me<strong>di</strong>a: i piloti si comportano in<br />

maniera decisamente fedele alla realtà<br />

e, come da tra<strong>di</strong>zione della serie, visualizzare<br />

un gran premio senza parteciparvi<br />

è comunque molto spettacolare, data<br />

la verosimiglianza delle situazioni proposte.<br />

Il tasto dolente, però, si tocca andando<br />

ad analizzare la giocabilità. Che, a<br />

scanso <strong>di</strong> equivoci, è alta: proprio questo,<br />

per assurdo, è il <strong>di</strong>fetto principale<br />

riscontrato da tutti gli amanti dei simula-<br />

12<br />

arcade. L'accento simulativo è posto più<br />

che altro sulla 'verticalità' dell'esperienza,<br />

cioè la gestione dei salti e la ritmica<br />

con cui affrontarli. Curve, frenate e aderenza<br />

precaria non sono mai prese in<br />

considerazione, propendendo più all'imme<strong>di</strong>atezza<br />

e alla facile spettacolarità<br />

che alla dura realtà. Interessante è vedere<br />

come almeno l’influenza della frizione<br />

venga presa in considerazione, ma<br />

anche qui gli effetti finali sono spesso<br />

<strong>di</strong>scutibili, anabolizzati come sono dalle<br />

loro influenze arcade.<br />

tori. GP4 è un titolo quasi perfetto per<br />

chi voglia avvicinarsi al genere, ma ha<br />

sacrificato il realismo che all’epoca lo<br />

aveva reso celebre in favore <strong>di</strong> un modello<br />

<strong>di</strong> guida semplificato. E questo è un<br />

“tra<strong>di</strong>mento” che anche i più strenui <strong>di</strong>fensori<br />

<strong>di</strong> Crammond faticano a <strong>di</strong>gerire…<br />

Grand Prix Legends: IL Simulatore<br />

Correva l’Anno del Signore 1967 e boli<strong>di</strong><br />

da 400 cavalli, privi <strong>di</strong> qualsivoglia appen<strong>di</strong>ce<br />

aero<strong>di</strong>namica, si sfidavano in<br />

gare (letteralmente) mortali per i circuiti<br />

della Formula 1. Niente centraline elettroniche<br />

o cambio semiautomatico, poche<br />

protezioni ai lati (balle <strong>di</strong> fieno) e<br />

grossi marciapie<strong>di</strong> al posto delle vie <strong>di</strong><br />

fuga: ai tempi, la sicurezza era per i pavi<strong>di</strong>,<br />

ciò che contava era la sfida. Anno<br />

del Signore 1998: in casa Papyrus (già<br />

famosa grazie ai primi episo<strong>di</strong> della serie<br />

Nascar e Indy) si decide <strong>di</strong> produrre un<br />

titolo <strong>di</strong> F1. L’intento è chiaro: si vuole<br />

simulare in tutto e per tutto il leggendario<br />

Campionato del Mondo <strong>di</strong> cui sopra.<br />

Uscito nei negozi, Grand Prix Legends<br />

si rivelò un <strong>di</strong>screto insuccesso, vendendo<br />

poco più <strong>di</strong> 50.000 copie in un anno.<br />

Ma il contemporaneo affermarsi <strong>di</strong> Internet,<br />

ha fatto sì che la ristretta comunità<br />

virtuale <strong>di</strong> amanti del gioco accogliesse<br />

sempre nuovi adepti (tra i quali si vocifera<br />

figuri anche un tal Montoya…) ingrandendosi<br />

tanto da raggiungere le <strong>di</strong>mensioni<br />

attuali. In questi quasi 6 anni<br />

<strong>di</strong> vita, infatti, le ven<strong>di</strong>te delle rie<strong>di</strong>zioni<br />

del titolo hanno continuato a crescere,<br />

seguendo una parabola che, sebbene<br />

partita quasi piatta, ancora tende sempre<br />

più ad impennarsi. E la medesima<br />

curva potrebbe descrivere il grado <strong>di</strong><br />

padronanza del titolo, riportando in or<strong>di</strong>nate<br />

l’abilità <strong>di</strong> guida e in ascisse le ore<br />

<strong>di</strong> applicazione. In soldoni: se dopo<br />

mezz’ora <strong>di</strong> pratica con GP Legends<br />

riusciste a fare un intero giro del Nurburgring<br />

(quello vecchio, tortuoso e lunghissimo)<br />

a velocità me<strong>di</strong>amente sostenuta,<br />

potreste iniziare a pensare <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carvi<br />

seriamente alla vita da pilota.<br />

All’inizio, infatti, prodursi in tempi decenti<br />

con GP Legends non è ostico: è


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

quasi impossibile. Innanzitutto, data la<br />

sensibilità del modello <strong>di</strong> guida, è in<strong>di</strong>spensabile<br />

munirsi <strong>di</strong> volante e pedaliera,<br />

possibilmente <strong>di</strong> ottimo livello. Niente<br />

controllo della trazione, niente freni al<br />

carbonio: tenere in pista le “bare a motore”<br />

<strong>di</strong> GP Legends è un vero incubo.<br />

Ma dopo qualche settimana <strong>di</strong> pratica, è<br />

finalmente chiaro che la <strong>di</strong>fficoltà del<br />

titolo Papyrus è determinata unicamente<br />

dalla sua totale adesione alla realtà e si<br />

scopre che la vettura risponde sempre e<br />

comunque in maniera perfetta ai nostri<br />

più esili coman<strong>di</strong>, alle caratteristiche del<br />

tracciato ed al tipo <strong>di</strong> assetto messo a<br />

punto. Il modello <strong>di</strong> guida, infatti, risente,<br />

in ogni momento, dell’inerzia e della<br />

massa delle vetture, con il peso che si<br />

scarica dal retrotreno all’avantreno in<br />

occasione delle staccate più violente.<br />

Ogni spostamento del baricentro ha effettive<br />

ripercussioni sulle sospensioni<br />

(con tanto <strong>di</strong> rollio e beccheggio del bolide),<br />

così come sulla pressione e tenuta<br />

delle gomme. Superata la vertiginosa<br />

curva <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, è impossibile<br />

non farsi prendere da veri e propri deliri<br />

<strong>di</strong> onnipotenza producendosi in derapate<br />

ai 200 all’ora. Ciliegina sulla torta, GP<br />

Legends si rivela un’esperienza imper<strong>di</strong>bile<br />

giocato online, caratterizzato da<br />

minimi problemi <strong>di</strong> latenza anche in gare<br />

contro venti avversari e dotati <strong>di</strong> semplice<br />

modem a 56K. Per motivi <strong>di</strong> spazio è<br />

impossibile <strong>di</strong>lungarsi oltre su questo<br />

titolo. Ma chiunque abbia interesse a<br />

fare “sul serio” dopo una rapida ricerca<br />

verrà letteralmente inondato dal mare <strong>di</strong><br />

fansite, gruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione e veri e<br />

propri fanatici che nel 2004 ancorano<br />

sviscerano in ogni suo aspetto un titolo<br />

del ’98, ancora insuperato. Probabilmente<br />

GP Legends rimarrà sempre e comunque<br />

un titolo riservato ai maniaci del<br />

genere o a chi aspiri <strong>di</strong>ventarlo, ma non<br />

c’è alcun dubbio che rappresenti “IL Simulatore”<br />

per eccellenza. Chi cerca<br />

semplicemente/giustamente un “gioco”<br />

<strong>di</strong> guida, guar<strong>di</strong> da un’altra parte.<br />

F1 2001: la svolta Electronic Arts<br />

Dopo anni e anni <strong>di</strong> presentazioni patinate,<br />

musica alla moda, <strong>di</strong>ritti pagati e<br />

poca sostanza, la serie <strong>di</strong> FIFA pare aver<br />

intrapreso la strada verso la realizzazione<br />

<strong>di</strong> un titolo calcistico finalmente<br />

competente. Questo progressivo abbandono<br />

della superficialità in favore <strong>di</strong> un<br />

impianto <strong>di</strong> gioco solido, in casa EA era<br />

già cominciato con F1 2001, che invece<br />

<strong>di</strong> rappresentare l’annuale aggiornamento<br />

<strong>di</strong> un titolo fondamentalmente arcade,<br />

si era inaspettatamente rivelato un simulatore<br />

caratterizzato da grande realismo.<br />

Gli immancabili seguiti, sebbene<br />

non incarnino ancora “il simulatore perfetto”<br />

<strong>di</strong> Formula 1 o<strong>di</strong>erna cui gli appassionati<br />

anelano, restano comunque tra i<br />

migliori prodotti <strong>di</strong>sponibili sul mercato,<br />

capaci <strong>di</strong> restituire al meglio il feeling <strong>di</strong><br />

guida <strong>di</strong> una monoposto. Sebbene i piloti<br />

in erba possano avvicinarcisi grazie<br />

all’abbondanza <strong>di</strong> aiuti alla guida, è proprio<br />

<strong>di</strong>sabilitando questi ultimi che saltano<br />

all’occhio le enormi potenzialità <strong>di</strong><br />

una fisica fedele e <strong>di</strong> una sensazione <strong>di</strong><br />

controllo delle vetture assolutamente<br />

verosimile. A meno <strong>di</strong> una guida estremamente<br />

pulita, infatti, i boli<strong>di</strong> sbandano,<br />

scodano e rollano così come le controparti<br />

reali e finalmente un simulatore<br />

<strong>di</strong> F1 restituisce la sensazione <strong>di</strong> velocità<br />

che un pilota prova all’interno <strong>di</strong> un cockpit,<br />

sensazione che, per i giocatori<br />

meno esperti, avrà presto fine contro i<br />

muretti a lato pista. Dal punto <strong>di</strong> vista<br />

del sonoro, la saga EA è ineccepibile,<br />

fissando nuovi standard qualitativi per<br />

ciò che concerne la riproduzione del<br />

rombo dei motori e del rotolio dei pneumatici,<br />

mentre sul fronte grafico il risultato<br />

è ottimo ma non esaltante, a causa<br />

<strong>di</strong> alcune imprecisioni nella modellazione<br />

<strong>di</strong> circuiti e vetture (le cui proporzioni<br />

sono rispettate fedelmente). A questo,<br />

comunque, pone egregiamente rime<strong>di</strong>o<br />

l’estrema e<strong>di</strong>tabilità del titolo: una rapi<strong>di</strong>ssima<br />

ricerca in rete riverserà nell’HD<br />

dell’appassionato una mole <strong>di</strong> tracciati,<br />

carshape, cockpit e quant’altro si possa<br />

sperare, per <strong>di</strong> più realizzati, più che da<br />

appassionati, da veri e propri artisti.<br />

Un bel salto, dunque, per un prodotto<br />

che da semplice “giochino” per tutti, è<br />

riuscito ad affermarsi anche tra i ben più<br />

esigenti amanti della simulazione.<br />

Nascar: giorni <strong>di</strong> tuono?<br />

Fino al terzo episo<strong>di</strong>o,<br />

la serie Nascar <strong>di</strong> Papyrus<br />

aveva puntato<br />

più sulla spettacolarità<br />

insita in una gara <strong>di</strong><br />

stock car che su un<br />

effettivo realismo. Ma<br />

poi è arrivato Nascar<br />

Racing 4 ed è stato<br />

presto chiaro che<br />

qualcosa era cambiato. Il modello <strong>di</strong><br />

guida, fino ad allora piuttosto permissivo,<br />

ha subito una grossa evoluzione, a<br />

partire dagli effetti <strong>di</strong> sovrasterzo e sottosterzo.<br />

Inoltre, la fisica delle vetture<br />

ha iniziato a tener conto della ripartizione<br />

del carico: chiunque possieda un volante<br />

fornito <strong>di</strong> feedback, può “sentire”<br />

sulle sue braccia gli effetti <strong>di</strong> una sbandata,<br />

così come gli alleggerimenti in accelerazione<br />

e il maggiore carico sull’avantreno<br />

in caso <strong>di</strong> frenata. Nascar 4<br />

offre il meglio <strong>di</strong> sé giocato in multiplayer<br />

(questo a causa anche <strong>di</strong> un AI degli<br />

avversari piuttosto altalenante, “ritoccabile”,<br />

comunque, con numerose patch),<br />

poiché permette <strong>di</strong> partecipare ad epiche<br />

sfide fino ad<strong>di</strong>rittura a 43 partecipanti.<br />

Titolo realistico e curato in ogni suo aspetto,<br />

ma nel contempo spettacolare e<br />

<strong>di</strong>vertente, Nascar 4 (e relativi add on e<br />

seguiti) rapprenta una vera istituzione.<br />

Un capolavoro da provare, a meno <strong>di</strong><br />

non o<strong>di</strong>are svisceratamente gli ovali e<br />

questo tipo <strong>di</strong> competizioni in genere.<br />

Superbike: correre in moto the italian<br />

way…<br />

Dopo la saga <strong>di</strong> Screamer, la softco<br />

italiana Milestone aveva <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong><br />

avere tutte le qualità necessarie per imporsi<br />

a livello mon<strong>di</strong>ale. La vera e propria<br />

consacrazione, infatti, non ha tardato<br />

a venire quando il team capeggiato da<br />

Antonio Farina ha abbandonato le quattro<br />

ruote per de<strong>di</strong>carsi alle moto con<br />

Superbike. Dopo il primo, fortunato<br />

episo<strong>di</strong>o, la serie ha fatto un’enorme<br />

salto <strong>di</strong> qualità con Superbike 2000.<br />

Scartata definitivamente la modalità arcade,<br />

che con la sua imme<strong>di</strong>atezza da<br />

coin-op stonava decisamente con la ben<br />

più impegnativa simulazione, Milestone<br />

si è potuta de<strong>di</strong>care interamente alla<br />

ricerca del realismo. Disabilitando tutti<br />

13<br />

gli aiuti, infatti, rimanere in sella alla<br />

moto è <strong>di</strong>ventata un’esperienza ardua<br />

ma decisamente appagante. Particolarmente<br />

apprezzata la gestione dei pneumatici,<br />

la cui progressiva per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza<br />

(amplificata in caso <strong>di</strong> errori) costringe<br />

il giocatore a mantenere una<br />

guida il più possibile pulita, in modo da<br />

poter competere in maniera performante<br />

anche nelle decisive tornate finali. La<br />

gran<strong>di</strong>ssima cura spesa per la realizzazione<br />

<strong>di</strong> una fisica fedele, permette, dopo<br />

un po’ <strong>di</strong> pratica, <strong>di</strong> far sì che il mezzo<br />

risponda sempre esattamente ai nostri<br />

coman<strong>di</strong>, risultando in un compromesso<br />

tra sfida e puro <strong>di</strong>vertimento che<br />

<strong>di</strong>fficilmente ha raggiunto tale livello nel<br />

mondo dei simulatori. La medesima attenzione<br />

al dettaglio è stata riversata<br />

anche in Superbike 2001 a tutt’oggi,<br />

secondo molti appassionati, il miglior<br />

simulatore <strong>di</strong> moto esistente. Ad ulteriori<br />

limature alla fisica ed all’intelligenza artificiale<br />

degli avversari, si è accompagnata<br />

una realizzazione grafica che, dal punto<br />

<strong>di</strong> vista del mero realismo, <strong>di</strong>fficilmente<br />

può vantare rivali anche tra i titoli o<strong>di</strong>erni.<br />

I circuiti sono riprodotti con una fedeltà<br />

impressionante: chiunque abbia<br />

avuto la fortuna <strong>di</strong> correre a Monza, potrà<br />

testimoniare, dopo una partita a SBK<br />

2001, che il tracciato è assolutamente<br />

identico. Tale magnificenza grafica è stata<br />

ottenuta grazie ad un solido motore<br />

tri<strong>di</strong>mensionale, capace <strong>di</strong> vomitare innumerevoli<br />

poligoni senza accusare rallentamenti,<br />

ma soprattutto me<strong>di</strong>ante<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> texture fotorealistiche, accompagnate<br />

ad una saggia scelta della<br />

palette <strong>di</strong> colori. Riuscendo a fondere in<br />

un unico titolo un’accurata e <strong>di</strong>vertente<br />

simulazione (sebbene i piloti smaliziati<br />

lamentino la presenza <strong>di</strong> una fisica sì<br />

coerente, ma non del tutto pari al vero)<br />

ad una realizzazione tecnica eccellente,<br />

Superbike 2001 rimane ancora oggi un<br />

capolavoro in<strong>di</strong>scusso.<br />

GP500: l’alternativa Microprose<br />

Superbike 2001 e<br />

GP500 sono i due<br />

punti <strong>di</strong> riferimento<br />

per gli appassionati <strong>di</strong><br />

giochi <strong>di</strong> moto su PC.<br />

Nonostante le competizioni<br />

tra boli<strong>di</strong> da<br />

mezzo litro abbiano<br />

cambiato nome in<br />

MotoGP, ancora adesso<br />

è estremamente <strong>di</strong>vertente inforcare<br />

una due tempi e lanciarsi nei circuiti <strong>di</strong><br />

GP500. Innanzitutto, il titolo Microprose<br />

propone una maggiore manovrabilità del<br />

pilota in sella: non solo è possibile innalzarsi<br />

per agevolare le staccate, ma anche<br />

accucciarsi sotto al cupolino nei rettilinei,<br />

così come accompagnare con il<br />

movimento del corpo la moto in curva.<br />

Altra particolarità del gioco è data dalla<br />

possibilità <strong>di</strong> agire in<strong>di</strong>pendentemente<br />

sul freno anteriore e posteriore, avvantaggiandosi<br />

maggiormente del pri-mo<br />

nelle brusche staccate e del secondo per<br />

eseguire leggere derapate controllate, in<br />

modo da impostare al meglio la traiettoria<br />

(sebbene nella realtà le cose avvengano<br />

un po’ <strong>di</strong>versamente). Per quanto<br />

riguarda la risposta ai coman<strong>di</strong>, le leggere<br />

500 cc. si <strong>di</strong>mostrano ben più nervose<br />

<strong>di</strong> quanto cavalcato (almeno virtualmente)<br />

in Superbike, con una maggiore<br />

pre<strong>di</strong>sposizione a scodate in frenata e


:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />

sbacchettate in accelerazione. La fisica<br />

<strong>di</strong> gioco, comunque, si <strong>di</strong>mostra piuttosto<br />

clemente nei confronti del pilota,<br />

permettendo correzioni in curva piuttosto<br />

azzardate, che se da un lato premiano<br />

un approccio grintoso e spettacolare,<br />

dall’altro fanno storcere il naso ai puristi<br />

della simulazione. La minore tensione al<br />

realismo è sottolineata anche dalla realizzazione<br />

grafica, decisamente spettacolare<br />

e attenta al dettaglio, ma caratterizzata<br />

da tonalità particolarmente brillanti,<br />

vivaci ma meno votate al fotorealismo<br />

rispetto a SBK. GP500 è caratterizzato<br />

Simulazione domani: dove andremo a finire?<br />

La sempre più ampia fetta <strong>di</strong> mercato<br />

conquistata dalle console potrebbe far<br />

temere ai puristi della simulazione un<br />

deflusso <strong>di</strong> capitali del mondo PC e un<br />

definitivo imbastar<strong>di</strong>mento del genere.<br />

Sorvolare però sulle forze che hanno<br />

spinto alla crescita del gioco <strong>di</strong> guida<br />

sarebbe miope. Il profilo del nuovo consumatore,<br />

più adulto ed esigente, nonché<br />

una transumanza definitiva <strong>di</strong> molti<br />

utenti PC verso le macchine da gioco<br />

potrebbe iniettare nuova linfa alla corsa<br />

verso il realismo, facendo progre<strong>di</strong>re<br />

ulteriormente gli esemplari corsaioli su<br />

console. Il patto è che alcune deformazioni<br />

non traggano in inganno. Non ci si<br />

riferisce solamente all'accon<strong>di</strong>scendenza<br />

verso ciò che il pubblico ritiene essere<br />

realistico, ma anche al suo esatto opposto:<br />

una simulazione così spinta da travisare<br />

completamente il concetto <strong>di</strong> gioco.<br />

Per portare al mondo le gioie del reale<br />

i produttori <strong>di</strong> hardware dovranno<br />

puntare, in futuro, al massimo coinvolgimento<br />

sensoriale. Come arrivare a ciò<br />

e come renderlo viabile per il mercato<br />

consumer, però, è una domanda che<br />

esula dagli intenti <strong>di</strong> questo speciale.<br />

14<br />

da una fisica plausibile e coerente, sebbene<br />

non esente da alcune concessioni<br />

in favore <strong>di</strong> una guida il più possibile<br />

spettacolare anche a <strong>di</strong>scapito del realismo,<br />

da molti perseguito come fine ultimo<br />

quando si tratta <strong>di</strong> titoli su PC.<br />

Si <strong>Ring</strong>raziano in or<strong>di</strong>ne rigorosamente sparso, Ivan Fulco (redattore della fu Super Console e deputy e<strong>di</strong>tor <strong>di</strong> <strong>Videogiochi</strong>),<br />

Marco Perucca (redattore e tester per Quattroruote), Roberto Raver<strong>di</strong>no (redattore e tester per SuperBike Italia), Igor Berzi (caporedattore<br />

<strong>di</strong> SuperBike Italia nonché ex collaboratore della a sua volta ex Super Console), Piero Plini (redattore per Elaborare), Ernesto Manfrin<br />

(collaboratore del sito Rally Tribe), Marco Calcaterra (collaboratore del sito PlayOnLine) e Andrea Muja (un poveraccio qualsiasi raccattato<br />

per le strade <strong>di</strong> Torino) senza i quali questo speciale non avrebbe potuto essere quello che è. Grazie a tutti, siete bellissimi. Saluto<br />

tutti quelli che mi conoscono. Mi sono commosso. Vado a piangere un po’.<br />

Metropolis Street Racing (l’ultima frontiera dei tappabuchi: il tappo in-topic)<br />

<strong>di</strong> Sator Derapator, tratto da it.comp.console<br />

Fondamentalmente non ho niente contro i racing games.<br />

Certo è che non sono uno che succhia il midollo <strong>di</strong> un titolo corsistico, infatti:<br />

- Non ho mai fatto una endurance in GT<br />

- Non ho mai mo<strong>di</strong>ficato un parametro della mia vettura che non fosse puramente estetico. Cioè, se c’è da comprare una<br />

marmitta la compro pure, ma figuriamoci se perdo tempo a decidere l’altezza dal suolo in funzione della rigi<strong>di</strong>tà degli ammortizzatori<br />

per tre e quattor<strong>di</strong>ci fratto la cotangente della campanatura. Queste sono stronzate, roba da ingegneri.<br />

Il tipo e il colore dei cerchioni, ecco una mo<strong>di</strong>fica che mi piace. Proprio per questo non ho preconcetti gheimpleici. Real or<br />

unreal driving simulators per me pari sono: modelli <strong>di</strong> guida da cui poter estrapolare <strong>di</strong>vertimento. Le premesse per godere<br />

un sacco con Metropolis Street Racer c’erano tutte:<br />

1) È per DC (che ha quel ben<strong>di</strong>d<strong>di</strong>o <strong>di</strong> joypad nato per macinare km).<br />

2) Benché piuttosto famoso non si può certo <strong>di</strong>re che sia un titolo massificato (ottimo quin<strong>di</strong> per sod<strong>di</strong>sfare la mia ndole<br />

snob).<br />

3) L’ho trovato nuovo a 15 punti interrogativi.<br />

4) Non piace a Nemesis.<br />

Le fondamenta del gioco mi colpiscono: l’esauriente manuale ben tradotto, il settaggio dell’ora, l’autosave anti-imbroglioni,<br />

l’idea dei Kudos. Quest’ultima è veramente eccellente, in pratica è un continuo scommettere contro se stessi: “Vai Sator che<br />

ce la puoi fare ad abbassare il tempo <strong>di</strong> 3 secon<strong>di</strong>, basta che pren<strong>di</strong> meglio quella curva e ti fai il succesivo rettilineo a 20<br />

km/h in più!”. Eppoi i numerosi bug contribuiscono a rendere più aleatoria l’esperienza <strong>di</strong> gioco; perché quei bug sono voluti,<br />

vero? Voglio <strong>di</strong>re, mi rifiuto <strong>di</strong> credere che esistano dei coders così incompetenti al giorno d’oggi, su console intendo.<br />

Passiamo alla realizzazione tecnica: mezza delusione. Le macchine sono insipide, l’aura artificiosa non le abbandona mai. Il<br />

bambolotto gonfiabile facente le veci del pilota non migliora certo le cose; per fortuna si può scegliere il tettino rigido.<br />

Il mondo esterno: boh, a me del fatto che tutti i circuiti siano tracciati su sezioni <strong>di</strong> città perfettamente riprodotte non importa<br />

un tubo. Cosa ci sarà <strong>di</strong> elettrizzante in quartieri reality perfect quando con la fantasia si possono creare città come<br />

quelle <strong>di</strong> Crazy Taxi? Comunque la grafica è OK.<br />

Arriviamo alla giocabilità, mygosh, la giocabilità. Emme Esse Erre è l’esperienza più frustrante dopo Tomb Raider 3.<br />

Le cose non partono per il meglio. A me piace la visuale ‘occhi del pilota’, in mancanza <strong>di</strong> essa opto senza troppi problemi<br />

alla visuale ‘moscerino spiaccicato sulla targa’. MSR, data la sua natura se_strusci_contro_un_auto_ti_penalizzo_coglione,<br />

<strong>di</strong> fatto obbliga l’utonto a passare all’immonda visuale ‘Roscoe P. Coltrane’, che sminuisce <strong>di</strong> 50 cc l’esperienza <strong>di</strong> guida.<br />

A me inoltre piacciono i circuiti lunghi. I miei preferiti sono la Seaside Street Galaxy <strong>di</strong> Daytona e lo Special Stage R13 <strong>di</strong><br />

chevvelo<strong>di</strong>coaffare. In MSR invece bisogna sorbirci una serie interminabile <strong>di</strong> circuitini che finiscono ancor prima <strong>di</strong> cominciare,<br />

tutti anonimi, potrebbero essercene 10 o 100 e non si noterebbe il gap.<br />

I capitoli non superati per pochi Kudos, le macchine che rompono le palle facendoti prendere penalità immeritate, l’intraversamento<br />

dell’auto che ti fa perdere più secon<strong>di</strong> che in un qualsiasi altro racing game (eccetto F355 ma lì, pare assurdo,<br />

la macchina è più <strong>di</strong>fficile che mi vada testacoda). Giocare a MSR mi ha provocato un eccesso <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> bile, una<br />

rabbia montante e non tanto facilmente <strong>di</strong>scendente. Giocavo e giocavo ma non sintetizzavo <strong>di</strong>vertimento, mi sembrava invece<br />

<strong>di</strong> essere al lavoro, alle prese con una deadline impossibile da sod<strong>di</strong>sfare. Il solo scriverne mi fa ritornare a mente tutte<br />

le incazzature nel giocarci, e mi fa venire voglia <strong>di</strong> andare alla finestra e gridare FIGLI DI PUTTANAAAAAAAAAA! rivolto verso<br />

il Regno Unito. Poi <strong>di</strong> solito piango. Per fortuna è tutto finito, mi sono ricordato che non sono obbligato a giocarci.


:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />

dUE cUORI e uNA cONSOLE____________________________<br />

[Quando entra in gioco l’amore]<br />

<strong>di</strong> Cryu e DarknessHeir<br />

«Amor ch’a nullo amato amar game over»<br />

Alighieri/Ruffino<br />

Rassegna lampo per<br />

indagare sulle incursioni videolu<strong>di</strong>che della<br />

materia amorosa. Perché se <strong>di</strong> me<strong>di</strong>um si tratta, il<br />

VG può parlare <strong>di</strong> tutto, e perché no, anche <strong>di</strong> amore.<br />

Quattro titoli per scoprire come il sentimento affiori nel<br />

videogioco non solo tingendone la trama <strong>di</strong> rosa, ma ora<br />

con<strong>di</strong>zionando le scelte del giocatore, ora costruendo<br />

attorno a sé un intero gameplay. <strong>Ring</strong> scopre come<br />

il videogioco possa parlare d'amore esulando<br />

dai classici siparietti sdolcinati à la Final<br />

Fantasy: quattro titoli che non aspirano<br />

ad incarnare un surrogato <strong>di</strong>gitale<br />

<strong>di</strong> una fidanzata, ma che de-<br />

scrivono a modo loro un<br />

sentimento pren-<br />

dendosi più o<br />

meno sul<br />

serio.<br />

Una paura chiamata amore [I] (Shenmue, Sega, 1999, Dreamcast)<br />

Le scelte <strong>di</strong> carattere morale imbarazzano<br />

il videogiocatore, lo sospendono in un<br />

limbo decisionale in cui non è chiara<br />

l’opzione utile ai fini della vittoria. Deus<br />

Ex: il mio superiore mi or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> sparare<br />

a un ostaggio in<strong>di</strong>feso. Il <strong>di</strong>to indugia sul<br />

grilletto… non oso decidermi.<br />

Se le scelte <strong>di</strong> carattere morale confondono<br />

il giocatore, quelle <strong>di</strong> carattere<br />

affettivo lo pietrificano. I PNG dei videogiochi<br />

sono sagome da annientare, qualche<br />

volta da salvare, tutt'al più da impegnare<br />

in una conversazione utile alla<br />

risoluzione <strong>di</strong> un pretestuoso puzzle. Ma<br />

quando i PNG mostrano <strong>di</strong> provare dei<br />

sentimenti, il giocatore non sa più che<br />

tasti premere. Shenmue: Yokosuka,<br />

zona portuale. Passeggio svogliato a pochi<br />

metri dal mare. Compare Nozomi,<br />

una ragazza incantevole con un solo <strong>di</strong>fetto:<br />

è innamorata del più fesso dei<br />

personaggi della storia del videogioco.<br />

Me.<br />

Nozomi sta per lasciare il Giappone (perché<br />

io, fesso, la sto lasciando partire),<br />

ma prima mi chiede <strong>di</strong> farci scattare una<br />

foto insieme, anzi, due. La prima stretti<br />

l'uno accanto all'altra, la seconda più<br />

<strong>di</strong>stanti. Vigliacca <strong>di</strong> una Polaroid, pochi<br />

15<br />

attimi e Nozomi mi porge le due stampe,<br />

domandandomi quale voglio tenere per<br />

me.<br />

…Panico…<br />

Io sono uno stoccafisso, e lei è innamorata<br />

<strong>di</strong> me. Lei non mi interessa, ma<br />

non voglio ferirla. Se prendo la foto in<br />

cui siamo lontani potrebbe dedurre che<br />

non tengo a lei. Però sono anche convinto<br />

che lei per sé preferirebbe quella in<br />

cui siamo vicini. Mi concentro, ma niente<br />

da fare. Tiro una moneta. Testa una foto,<br />

croce l'altra. Ma non c'è tempo, e<br />

mentre sfoglio la margherita la CPU effettua<br />

automaticamente la scelta al posto<br />

mio.<br />

Sono un videogiocatore, posso <strong>di</strong>struggere<br />

cento robot in un secondo, ma<br />

sono troppo lento per provare dei sentimenti.<br />

Una paura chiamata amore [II] (Silent Hill 2, Konami KCET, 2001, PlayStation 2)<br />

Silent Hill 2 è un gioco dell'orrore, un<br />

survival horror, ma non sarebbe così<br />

toccante se in fondo non raccontasse<br />

altro che una storia d'amore. Una storia<br />

d'amore conclusasi nel peggiore dei mo<strong>di</strong><br />

e vissuta dal giocatore proprio a partire<br />

dalla sua fine.<br />

James Sunderland riceve una lettera<br />

della moglie Mary, che lo invita a raggiungerlo<br />

nella citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Silent Hill. Fin<br />

qui tutto normale, se non fosse che Mary<br />

è deceduta da tre anni. Per James inizia<br />

un viaggio nelle più rugginose cantine<br />

della propria coscienza, tra realtà e incubo,<br />

alla ricerca della verità, in un luogo<br />

che fugge le regole della logica, e che<br />

pare più il prodotto delle sue perversioni<br />

che non uno scenario reale. Ma a Silent<br />

Hill si cammina, si ama, si vive e si muore<br />

davvero.<br />

Il matrimonio <strong>di</strong> James era stato avvelenato<br />

dalla grave malattia che aveva<br />

colpito Mary ancora giovanissima, inibendo<br />

ai due <strong>di</strong> condurre la vita felice<br />

che si erano costruiti. Ma a Silent Hill<br />

James incontra una donna, Maria, incre<strong>di</strong>bilmente<br />

somigliante alla defunta moglie.<br />

Maria è la (re?)incarnazione della<br />

donna con cui James avrebbe voluto vivere<br />

felicemente. È affascinante, provocante,<br />

risoluta, traboccante <strong>di</strong> vita e<br />

personalità. Ma chi è Maria? Che cosa<br />

l'ha condotta a Silent Hill?<br />

I due volti <strong>di</strong> un amore schizofrenico: a<br />

sinistra la bellezza conturbante <strong>di</strong> Maria,<br />

a destra la bellezza sofferta <strong>di</strong> Mary.


:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />

Silent Hill 2 si vieta a una lettura razionale<br />

che sappia darsi delle spiegazioni.<br />

Le vicende che il giocatore vive riflettono<br />

la corruzione della psiche <strong>di</strong> James,<br />

esasperata da un matrimonio doloroso,<br />

tramortita dalla morte della moglie e<br />

compromessa dall'arrivo <strong>di</strong> una lettera<br />

che non può esistere. Fatto sta che James<br />

è sulle tracce <strong>di</strong> Mary, la sua Mary,<br />

ma nella sua ricerca è accompagnato da<br />

un'altra donna, Maria, che incarna la<br />

risposta a tutti i suoi desideri. Così simile<br />

a Mary, così <strong>di</strong>versa, sbucata da chissà<br />

dove.<br />

Nel corso dell'avventura, il giocatore<br />

nei panni <strong>di</strong> James si troverà a compiere<br />

delle scelte che lo interrogheranno quasi<br />

mai esplicitamente. A seconda <strong>di</strong> quanto<br />

tempo si tratterrà con Maria, a seconda<br />

<strong>di</strong> quanto si preoccuperà della sua salute,<br />

a seconda <strong>di</strong> quanto si curerà <strong>di</strong> proteggerla<br />

dalle creature che infestano<br />

Silent Hill, a seconda della facilità con<br />

cui si rassegnerà alla sua per<strong>di</strong>ta ritornando<br />

o meno nel luogo in cui la vede<br />

per l'ultima volta: a seconda <strong>di</strong> tutti<br />

questi comportamenti (spesso inconsapevoli),<br />

il finale della storia cambierà.<br />

Una paura chiamata amore [III] (Ico, SCEI, 2001, PlayStation 2)<br />

Non ci è concesso sapere quali sentimenti<br />

reciproci palpitino nei cuori <strong>di</strong> Ico<br />

e Yorda mentre vagano per i meandri<br />

della loro immensa prigione. È amore?<br />

In tutta l'avventura si scambiano poche<br />

parole, per <strong>di</strong> più in lingue <strong>di</strong>verse, e<br />

affidano a un'esperienza <strong>di</strong> mutua <strong>di</strong>pendenza<br />

il compito <strong>di</strong> cementare la relazione<br />

che si viene a instaurare tra i<br />

due. Anche nello schivare i cliché della<br />

materia amorosa Ico certifica la propria<br />

singolarità. In tutto il gioco non si assisterà<br />

a un solo bacio o abbraccio tra i<br />

due protagonisti. Neppure alla fine. Eppure<br />

le cure che i due si rivolgono sono<br />

l'emblema <strong>di</strong> un sentimento umano che<br />

viene spontaneo identificare nell'amore.<br />

Fumito Ueda e il suo team hanno costruito<br />

un gameplay che per molti aspetti<br />

non brilla per originalità, ma che nel<br />

concetto su cui si basa rompe la logica <strong>di</strong><br />

base <strong>di</strong> qualsiasi action adventure. Il<br />

giocatore è costretto (ma dopo pochi<br />

minuti <strong>di</strong> gioco gli verrà naturale) a procedere<br />

preoccupandosi non tanto del<br />

proprio alter ego, quanto <strong>di</strong> un altro personaggio,<br />

in<strong>di</strong>feso, che trapela tenerezza<br />

anche solo per la sua totale vulnerabilità.<br />

Ico è sostanzialmente questo: il<br />

mettersi al servizio della propria compagna,<br />

cercando una via <strong>di</strong> fuga per lei,<br />

oltre che per se stessi. È il brivido <strong>di</strong> una<br />

corsa scomposta stringendole la mano,<br />

piuttosto che una sicura ritirata in solitaria<br />

e si salvi chi può; è la tachicar<strong>di</strong>a<br />

innescata da un grido sommesso proprio<br />

quando ci si è allontanati da lei per qualche<br />

secondo. Quando il giocatore si scoprirà<br />

del tutto <strong>di</strong>sinteressato alle sorti <strong>di</strong><br />

Ico, pur <strong>di</strong> assicurare la salvezza <strong>di</strong> Yorda<br />

- ora braccata dalle creature ombra,<br />

ora aggrappata a una roccia sospesa nel<br />

vuoto - coglierà il merito sommo dell'opera<br />

<strong>di</strong> Ueda, quello <strong>di</strong> aver architettato<br />

un sistema <strong>di</strong> gioco così emotivamente<br />

avvolgente da accendere nel giocatore<br />

l’urgenza <strong>di</strong> non agire per se stesso, ma<br />

per qualcun altro. L'immagine <strong>di</strong> Ico che<br />

cammina tenendo Yorda per mano è solo<br />

un'istantanea <strong>di</strong> un'esperienza che, attraverso<br />

il linguaggio del videogioco, si è<br />

resa espressiva <strong>di</strong> sentimenti profondamente<br />

umani.<br />

Dating Simulation RPG (Thousands Arms, Atlus, 1998, PSOne)<br />

La natura spiccatamente otaku <strong>di</strong> Thousands<br />

Arms emerge tanto da un intreccio<br />

narrativo frivolo e spensierato quanto<br />

dalle improbabili meccaniche lu<strong>di</strong>che che<br />

ne derivano. Protagonista della vicenda<br />

è il giovane Meis, uno spirit blacksmith,<br />

ovvero un fabbro in grado <strong>di</strong> instillare il<br />

potere degli spiriti elementali nelle armi<br />

che forgia. E come si ricava questo dannato<br />

“potere degli spiriti elementali”?<br />

Me<strong>di</strong>tando in tenuta adamitica sotto una<br />

fontana ghiacciata? Attraversando il deserto<br />

a pie<strong>di</strong> spogliati <strong>di</strong> tutti gli oggetti<br />

metallici? Ma per piacere, siamo in uno<br />

scanzonato mondo jappo/fantasy, per<br />

cui l’unica maniera <strong>di</strong> investire le proprie<br />

armi <strong>di</strong> poteri magici è… ehm, avere<br />

successo in un appuntamento galante.<br />

Thousand Arms è un gioco nel gioco.<br />

Un lungo JRPG ed una simulazione <strong>di</strong><br />

appuntamenti <strong>di</strong>scretamente articolata.<br />

Duro fuori, tenero dentro. Esattamente<br />

come il suo utente ideale: quei goliardoni<br />

<strong>di</strong> Atlus, infatti, hanno conferito<br />

un’importanza fondamentale al simulated<br />

dating. Abbiamo parlato del legame<br />

tra armi, spiriti elementali e ragazze:<br />

saltate un appuntamento e potrete scordarvi<br />

magie, attacchi speciali ed incrementi<br />

<strong>di</strong> status per i vostri strumenti <strong>di</strong><br />

morte. Affinate l’arte della seduzione e<br />

nessuno, sul campo <strong>di</strong> battaglia, potrà<br />

opporsi a voi.<br />

Il carattere delle ragazze da conquistare<br />

è molto più complesso <strong>di</strong> quanto sia lecito<br />

supporre, e ognuna si definisce per<br />

<strong>di</strong>fferenti margini <strong>di</strong> sopportazione. Alcune<br />

sono <strong>di</strong>sposte a soprassedere su un<br />

paio <strong>di</strong> gaffes, altre non esitano a congedarsi<br />

dall’appuntamento al primo passo<br />

falso del loro pretendente.<br />

Tutto si svolge così: in ogni città sono<br />

presenti i cosiddetti dating spot, ovvero<br />

luoghi in cui condurre colei che, tra le<br />

quattro figliole presenti nel party, avete<br />

scelto <strong>di</strong> corteggiare. Una volta giunti nel<br />

luogo designato per l’appuntamento dovrete<br />

cercare <strong>di</strong> accaparrarvela facendole<br />

regali, affrontando svariati mini giochi,<br />

oppure, nel corso <strong>di</strong> stucchevoli <strong>di</strong>aloghi,<br />

fingendo spudoratamente <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre<br />

le sue stupi<strong>di</strong>ssime passioni. Realistico.<br />

Durante le cut-scene e i <strong>di</strong>aloghi, farete<br />

bene a prestare attenzione: la perfetta<br />

conoscenza del carattere della preda è<br />

basilare per rispondere adeguatamente<br />

alle sue domande, per donarle un omag-<br />

16<br />

Perché Maria non è Mary, la defunta (?)<br />

moglie <strong>di</strong> James. E cedendo alla tentazione<br />

<strong>di</strong> legarsi a questa donna, la vicenda<br />

<strong>di</strong> James si piegherà ad un nuovo<br />

destino <strong>di</strong> redenzione mista a dannazione.<br />

Una storia d'amore, senza dubbio, e<br />

per ammissione dello stesso team <strong>di</strong> sviluppo<br />

Konami KCET, Silent Hill 2 è una<br />

storia angosciosa e destabilizzante proprio<br />

perché scava nella sfera dell'intimità<br />

dei personaggi che tiene in bilico tra salvezza<br />

e <strong>di</strong>ssoluzione.<br />

È sorprendente come, a seconda delle<br />

situazioni, una fanciulla in una gabbia<br />

possa suscitare sentimenti così <strong>di</strong>stanti…<br />

gio che non ne scateni le ire o per scegliere<br />

il migliore dating spot tra i <strong>di</strong>versi<br />

contemplati dalle varie ambientazioni.<br />

Strategia, dannazione, strategia: affrontate<br />

una donna facendone a meno e la<br />

pagherete cara. Dimostratevi abili strateghi<br />

e sarà lei a ripagarvi: in Master<br />

Points da spendere per migliorare le caratteristiche<br />

delle vostre armi. La politica<br />

<strong>di</strong> marpionaggio in<strong>di</strong>scriminato è incentivata<br />

dal legame che ogni ragazza detiene<br />

con un determinato elemento: se desiderate<br />

magie basate sul vento dovrete<br />

martellare Kyleen, per quelle dell’acqua<br />

scar<strong>di</strong>nare Wyna, e via <strong>di</strong>cendo.<br />

Thousand Arms, insomma, è il gioco<br />

per l’uomo che non deve chiedere mai.<br />

Meglio, per l’uomo che non vuole mai<br />

chiedersi niente. Per colui che adora pianificare,<br />

che si tratti <strong>di</strong> combattere un<br />

cazzuto boss o corteggiare una sgualdrinella.<br />

Per chi adora accumulare sol<strong>di</strong> e<br />

comprare item rari, siano essi armi introvabili<br />

od omaggi esotici per la propria<br />

<strong>di</strong>letta. Un’esperienza da provare, per<br />

potersi togliere la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />

“ho giocato ad un simulatore <strong>di</strong> appuntamenti”<br />

senza per questo sprecare danaro<br />

in un incomprensibile groviglio <strong>di</strong><br />

ideogrammi e ragazzine in stile manga.<br />

E soprattutto, per rispondere “i<strong>di</strong>ota,<br />

faceva parte <strong>di</strong> un gustoso JRPG” a coloro<br />

che, udendo la precedente frase, cercheranno<br />

<strong>di</strong> coprirvi <strong>di</strong> insulti…


:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />

qUANDO sI uSAVA gIOCARE____________________________<br />

[…i giochi usati]<br />

<strong>di</strong> Amano76<br />

Ho trent'anni.<br />

Ci sono tante cose che a quest'età è <strong>di</strong>fficile mandare giù.<br />

La peggiore è la consapevolezza che ormai qualunque ragazza io possa adocchiare qualcun altro l'avrà già usata prima.<br />

Sì perché <strong>di</strong>versamente da come accade con le macchine, i cd, o i videogiochi, con le donne non si può scegliere tra la versione <strong>di</strong><br />

"seconda mano" e quella "nuova <strong>di</strong> zecca" ma ci si deve categoricamente accontentare <strong>di</strong> quello che capita.<br />

De<strong>di</strong>co quest'articolo a coloro che non spendono più <strong>di</strong> 30 euro per comprarsi una copia <strong>di</strong> Metroid Prime, ma lo de<strong>di</strong>co anche a chi<br />

almeno una volta nella vita si è sentito <strong>di</strong>re: "con te è <strong>di</strong>verso".<br />

Clash of titans<br />

È il 1998. CESA (Computer Entertainment Software Association)<br />

tiene una conferenza stampa in cui <strong>di</strong>chiara<br />

l'avvio della campagna contro la riven<strong>di</strong>ta dell' usato.<br />

A questo annuncio segue la comparsa del marchio No<br />

Resale su tutte le confezioni <strong>di</strong> videogiochi, sottoscritto<br />

dalla <strong>di</strong>citura: “la copia, il noleggio, e la riven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

questo prodotto sono da considerarsi illegali”. Gli acquirenti<br />

abituali del mercato dell'usato affrontano quest'iniziativa<br />

scrollando le spalle; ma per i giapponesi,<br />

si sa, tutto è una questione <strong>di</strong> onore.<br />

O, data la situazione, <strong>di</strong> etichetta.<br />

E così le catene dei riven<strong>di</strong>tori prendono<br />

la faccenda tutt’altro che alla leggera. CESA<br />

aveva deliberatamente tacciato <strong>di</strong> illegalità<br />

un’attività commerciale che sino ad allora<br />

aveva prosperato nella correttezza: questo<br />

tipo <strong>di</strong> esercizi è regolamentato dal possesso<br />

<strong>di</strong> una licenza per la compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

materiale usato (software in questo caso)<br />

ed essere scavalcati così vigliaccamente,<br />

senza un imparziale confronto legale, per i<br />

negozianti era l'equivalente <strong>di</strong> uno schiaffo<br />

morale in piena regola.<br />

Fortunatamente esisteva già una coalizione delle<br />

principali catene <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, il JAG, fondata nel 1997 in<br />

occasione <strong>di</strong> una denuncia <strong>di</strong> Konami mossa ad una catena<br />

<strong>di</strong> negozi coinvolta in attività <strong>di</strong> noleggio. Annusata<br />

la puzza <strong>di</strong> bruciato i piccoli riven<strong>di</strong>tori si allearono a<br />

A few good Pac-men<br />

1984. Pac-man, l'arcade che sta facendo guadagnare<br />

miliar<strong>di</strong> a Namco, è ovunque.<br />

Tuttavia la casa madre non è sufficientemente entusiasta<br />

della situazione: molti kissaten 1 sfoggiano il cabinato<br />

senza consegnare un adeguato compenso alla<br />

software house, che vuole stabilire i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> sfruttamento<br />

secondo le proprie con<strong>di</strong>zioni e non si accontenta<br />

degli introiti ricevuti per l'acquisto dell'arcade da<br />

parte dei locali.<br />

Ingorda come una sanguisuga, Namco cita in tribunale<br />

un intera catena <strong>di</strong> gestori che nei propri esercizi<br />

ospitano il cabinato del gioco. La posizione ufficiale della<br />

softco è che "Pac-man è un opera cinematografica e<br />

come tale è soggetta al Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione".<br />

Un piccolo passo in<strong>di</strong>etro. A riguardo dei film giapponesi<br />

esiste una legge che concede la facoltà per le<br />

case <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> selezionare le sale in cui proiettare<br />

le proprie opere e <strong>di</strong> gestire il costo dei biglietti.<br />

Questo ha fatto sì che venisse a crearsi una situazione<br />

<strong>di</strong> palese ostruzionismo verso le società più modeste,<br />

poiché le gran<strong>di</strong> case produttive saturavano i cinema<br />

con le loro pellicole e imponevano alle sale l'esclusione<br />

<strong>di</strong> prodotti concorrenti. Tale "<strong>di</strong>ritto", clamorosamente<br />

iniquo, è appunto il Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione.<br />

17<br />

JAG, terrorizzati all'idea <strong>di</strong> essere colpiti in<strong>di</strong>vidualmente<br />

da pachidermi corporativi come le software house, e<br />

così nacque l'attuale ARTS.<br />

Nei mesi successivi alla <strong>di</strong>sputa con Konami, i casi<br />

<strong>di</strong>battuti in tribunale restarono circoscritti a singoli negozi<br />

de<strong>di</strong>ti al commercio <strong>di</strong> materiale copiato, e nessun<br />

ulteriore <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o nacque tra riven<strong>di</strong>tori e i produttori.<br />

Tuttavia con la campagna del 1998 la CESA fece il passo<br />

più lungo della gamba e ARTS non restò<br />

con le mani in mano. È da allora che i tribunali<br />

<strong>di</strong> Osaka e <strong>di</strong> Tokyo accolgono e respingono<br />

le denunce <strong>di</strong> una e dell'altra parte,<br />

lungo le tappe <strong>di</strong> una agguerrita staffetta<br />

giuri<strong>di</strong>ca che si è conclusa solo nel 25<br />

aprile del 2002 con l'intervento della Corte<br />

Suprema e la vittoria dei negozi <strong>di</strong> software<br />

usato.<br />

A questo punto ogni persona nel pieno<br />

delle proprie facoltà mentali sarà colta dallo<br />

stupore: come è possibile che un argomento<br />

simile sia stato anche solo <strong>di</strong>battuto? vietare<br />

la riven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> materiale usato, sia anch'esso<br />

videolu<strong>di</strong>co, è un atto che va contro<br />

i più elementari principi <strong>di</strong> libertà personale. Come si<br />

può essere giunti a questa situazione?<br />

Tutta colpa <strong>di</strong> quello stronzo <strong>di</strong> Pac-man.<br />

Aspettate: vado a casa <strong>di</strong> Michael J. Fox, mi faccio<br />

prestare la De Lorean e vi spiego perché.<br />

Reclamando l'identità "cinematografica" dell'arcade,<br />

gli avvocati <strong>di</strong> Namco dovevano però <strong>di</strong>mostrare uno o<br />

più criteri <strong>di</strong> associazione. Ora si ride. Secondo la definizione<br />

accolta dal tribunale come termine <strong>di</strong> paragone,<br />

"un’opera cinematografica è una racconto costituito<br />

dalla riproduzione <strong>di</strong> effetti visivi e u<strong>di</strong>tivi". L'accusa<br />

<strong>di</strong>mostrò allora che Pac-man attraverso i calcoli della<br />

scheda madre era in grado <strong>di</strong> proiettare immagini sullo<br />

schermo (televisivo) e riprodurre suoni campionati, coniugando<br />

entrambi in un pretesto narrativo. Il giu<strong>di</strong>ce<br />

riconobbe questa tesi come valida e costrinse la catena<br />

<strong>di</strong> kissaten a fornire un rimborso per danni.<br />

Nonostante il successo dell'iniziativa legale, nessun'altra<br />

società si lanciò in un impresa simile, ma questo<br />

precedente ha costituito per anni la pietra angolare del<br />

contenzioso tra ARTS e CESA, <strong>di</strong>venendo il primo passo<br />

verso la giustificazione del Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione anche<br />

per i videogiochi.<br />

Gente, un caloroso applauso a Namco!<br />

[1] pub dove viene servito esclusivamente tè. Dispongono<br />

<strong>di</strong> vari intrattenimenti, in genere la lettura <strong>di</strong> riviste<br />

o <strong>di</strong> manga.


:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />

Guida all'usato<br />

Ma perché <strong>di</strong> colpo le software house hanno deciso <strong>di</strong><br />

infilare tutte e <strong>di</strong>eci le <strong>di</strong>ta nella torta del materiale usato?<br />

Molto semplicemente, hanno fiutato l'affare: si sono<br />

accorte che per un titolo che riusciva a mettere a segno,<br />

chessò, centocinquantamila copie, venivano vendute<br />

in me<strong>di</strong>a più <strong>di</strong> quattrocentocinquantamila volumi<br />

delle guide strategiche. Una proporzione <strong>di</strong> uno a tre,<br />

per i meno matematici fra voi.<br />

Ora: quale imbecille si comprerebbe una guida se<br />

non <strong>di</strong>sponesse del prodotto che la rende necessaria? È<br />

parso quin<strong>di</strong> inequivocabile che una fetta enorme <strong>di</strong><br />

guadagni venisse eclissata alla faccia delle software<br />

house e, <strong>di</strong> conseguenza, CESA si è sentita in "dovere"<br />

<strong>di</strong> assumere i provve<strong>di</strong>menti descritti all'inizio dell'articolo.<br />

La questione ovviamente fu posta in termini ufficiosi:<br />

il problema che nasceva dalla ven<strong>di</strong>ta dell'usato<br />

era che un simile mercato non garantiva gli introiti necessari<br />

a investire su prodotti nuovi e competitivi. E in<br />

effetti viene da chiedersi se non sia proprio così, data la<br />

palese standar<strong>di</strong>zzazione in cui versa la produzione o<strong>di</strong>erna,<br />

priva della vivacità che aveva contrad<strong>di</strong>stinto<br />

quella a 32-bit.<br />

Quando il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>venta illegale<br />

La migliore strategia legale che tanto ARTS quanto<br />

CESA potevano concedersi era sfidare il fronte opposto<br />

denunciando singole catene <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>tori, e i negozianti<br />

denunciando una softco alla volta. La prima a prendere<br />

iniziativa fu la Chamaleon Club, un franchising che accusò<br />

Enix <strong>di</strong> costringere gli esercizi della catena a firmare<br />

un contratto dove si rinunciava al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> vendere<br />

materiale usato, pena la mancata <strong>di</strong>stribuzione dei<br />

giochi prodotti dall'etichetta. Chamaleon Club vinse la<br />

causa, e anche il ricorso in appello <strong>di</strong> Enix alla Corte<br />

Suprema <strong>di</strong> Tokyo risultò in un verdetto favorevole per<br />

il franchising. E per l'ennesima volta la storia si chiude.<br />

Nel 1998 Sega, Sony, Square, Capcom, Konami e<br />

Namco (ancora lei) decidono <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarare battaglia alle<br />

catene Act e Rise. La vicenda giu<strong>di</strong>ziaria, <strong>di</strong>panatasi nel<br />

tribunale <strong>di</strong> Osaka, vede in un primo momento la vittoria<br />

dei sei colossi, cui viene riconosciuta la legittimità<br />

ad avvalersi del Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione; ma al ricorso in<br />

appello presso la Corte Suprema <strong>di</strong> Osaka il verdetto è<br />

rovesciato, a favore <strong>di</strong> Act e Rise (nel marzo del 2001).<br />

Sempre nel 1998 altre cinque software house denunciano<br />

la catena Do!: in questo caso è la stessa Do! a<br />

desistere dal processo e a ritirarsi senza attendere il<br />

verdetto, accettando <strong>di</strong> esau<strong>di</strong>re le richieste delle case<br />

<strong>di</strong> produzione.<br />

Nel 1999 CESA, sulla scia <strong>di</strong> Koei ed Enix, tiene una<br />

nuova conferenza stampa annunciando stavolta che le<br />

software house convalideranno la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> materiale<br />

usato se i negozianti accetteranno le con<strong>di</strong>zioni da loro<br />

avanzate, incentrate sull'entità della percentuale <strong>di</strong><br />

guadagni che le etichette vogliono vedersi devolute. A<br />

Bucate quella vescica<br />

Il Giappone, risorto da un dopoguerra che gli era costato<br />

un numero esorbitante <strong>di</strong> vittime e che gli aveva assicurato<br />

l'o<strong>di</strong>o da parte della popolazione americana per<br />

un paio <strong>di</strong> secoli almeno, raggiunse un periodo <strong>di</strong> massimo<br />

prodotto interno lordo negli anni '80: il cosiddetto<br />

periodo della "Bolla". Un periodo <strong>di</strong> cui oggi si <strong>di</strong>ce che<br />

durante <strong>di</strong> esso “solo gli occidentali e gli stupi<strong>di</strong> non si<br />

sono arricchiti”.<br />

1987. Esce Dragon Quest 2. File enormi si formano<br />

fuori dei negozi <strong>di</strong> elettronica e <strong>di</strong> giocattoli: allora i soli<br />

18<br />

Ma a che titolo CESA può mettere parola su un commercio<br />

talmente assodato come quello dell'usato? È<br />

possibile che la stagnante qualità del videogioco sia veramente<br />

appesa a questo? Un genio resta sempre un<br />

genio al<strong>di</strong>là dei sol<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone per il suo progetto,<br />

e una pippa farà comunque un lavoro scadente qualunque<br />

fondo spese gli si riservi. Non sono pochi i casi in<br />

cui, dovendo barcamenarsi con fon<strong>di</strong> esigui, autori oggi<br />

<strong>di</strong> grido hanno creato i capolavori del passato. Le idee<br />

bastano e avanzano.<br />

Da parte sua ARTS si <strong>di</strong>chiara convinta che attraverso<br />

i costi contenuti dell'usato molte più persone possano<br />

avvicinarsi ai videogiochi. Cazzate anche queste,<br />

naturalmente. Sanno benissimo <strong>di</strong> riscuotere sol<strong>di</strong> a<br />

palate solo perché i titoli nuovi <strong>di</strong> zecca costano troppo:<br />

quasi tutti i prodotti per console fuori mercato (a 16bit,<br />

a 32-bit, i portatili surclassati dal Gameboy) vengono<br />

offerti a prezzi dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> pochi euro, mentre i<br />

veri guadagni si tirano su con lo smercio <strong>di</strong> titoli più recenti<br />

che hanno prezzi intorno ai venti, trenta euro. È<br />

ovviamente su questi ultimi che vertono le rimostranze<br />

<strong>di</strong> CESA ed è ovviamente a loro che ARTS non vuole<br />

rinunciare.<br />

questa <strong>di</strong>chiarazione segue un periodo <strong>di</strong> stasi, durante<br />

il quale l'opinione pubblica ha tutto il tempo <strong>di</strong> prendere<br />

iniziativa. È il marzo 2001 quando nasce l'"Associazione<br />

degli utenti fedeli ai giochi usati", formata da quarantasette<br />

partecipanti che si schierano a favore <strong>di</strong> Arts e<br />

che si impegnano a manifestare <strong>di</strong> fronte i tribunali. Un<br />

evento significativo per due motivi: per le sue ridotte<br />

proporzioni (su un fronte <strong>di</strong> chissà quante migliaia <strong>di</strong><br />

acquirenti abituali <strong>di</strong> software usato) e per lo scopo <strong>di</strong><br />

una simile associazione, che con la portata delle sue<br />

ambizioni fa sembrare dei semplici piagnistei le migliaia<br />

<strong>di</strong> petizioni occidentali per la traduzione <strong>di</strong> giochi come<br />

Policenauts o Sakura Taisen: il massimo <strong>di</strong> quanto<br />

"politicamente" la comunità videolu<strong>di</strong>ca americana ed<br />

europea siano riuscite a fare. Un paragone piuttosto<br />

scoraggiante se si pensa a quanto fa moda la "ribellione"<br />

nei paesi atlantici e a quanto in Giappone il <strong>di</strong>ssenso<br />

sia una pratica sociale non solo evitata ma anche<br />

moralmente condannata.<br />

Di sicuro non si deve al loro impegno, ma il trionfo <strong>di</strong><br />

ARTS riscosso nel 25 aprile 2002 alla Corte Suprema –<br />

che ha negato definitivamente il ricorso delle software<br />

house ad avvalersi del Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione – è anche<br />

un po' una vittoria <strong>di</strong> questi ragazzi.<br />

Ma insomma, i produttori <strong>di</strong> videogiochi sono veramente<br />

"il Nemico"? sono davvero Nemesis Videolu<strong>di</strong>ca?<br />

Certo che sì.<br />

Aspettate. Vado a rubare un'altro paio <strong>di</strong> barre <strong>di</strong><br />

plutonio ai libici, mi rimetto al volante della De Lorean<br />

e vi spiego perché.<br />

esercizi de<strong>di</strong>ti alla ven<strong>di</strong>ta al dettaglio del software. Il<br />

numero <strong>di</strong> venduto cresce vertiginosamente: decine <strong>di</strong><br />

persone si vedono negare la possibilità <strong>di</strong> acquistare la<br />

propria copia del gioco a causa dell'improvvisa domanda<br />

e sono costrette a fare ritorno a casa a mani vuote.<br />

Nintendo si becca male<strong>di</strong>zioni e malocchi, ma <strong>di</strong>versi<br />

impren<strong>di</strong>tori fiutano l'affare e in breve tempo i negozi<br />

specializzati nella ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> videogiochi aprono i battenti<br />

uno dopo l'altro, sospinti da un’ondata <strong>di</strong> vigore


:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />

economico che non sembra raggiungere una cresta o<br />

conoscere arresto.<br />

È un periodo <strong>di</strong> assestamento: tanto la ven<strong>di</strong>ta dell'usato<br />

quanto il noleggio vengono in breve sfruttati dai<br />

gestori più intraprendenti, e il business dei riven<strong>di</strong>tori si<br />

gonfia fino a dare alla luce vere e proprie catene <strong>di</strong><br />

franchising. Nel frattempo la "Bolla" insisteva ad espandersi,<br />

al punto che l'economia nazionale era ormai<br />

<strong>di</strong>ventata praticamente inarrestabile. Pertanto, onde<br />

evitare che l'enorme quantità <strong>di</strong> capitali in moneta corrente<br />

venissero <strong>di</strong>spersi, ogni fascia del mercato si adeguò<br />

ad assorbire il denaro in surplus. In ambito videolu<strong>di</strong>co<br />

questa prosperità si palesò da un lato attraverso<br />

valanghe <strong>di</strong> titoli sfornati per le tre console allora in<br />

voga (Pc-engine, Megadrive, Super Nintendo) dall'altro<br />

con un numero crescente <strong>di</strong> prodotti che toccavano co-<br />

Sony, messia <strong>di</strong> fine-secolo<br />

La bulimia dei prezzi non è una colpa <strong>di</strong>rettamente imputabile<br />

a Sega e Nintendo, dato che queste hanno<br />

semplicemente fatto da cassa <strong>di</strong> risonanza all'aumento<br />

dei prezzi voluto dalle software house. Un demerito che<br />

invece le vede colpevoli in flagrante è stato tenere in<br />

scarsa considerazione tutta quella fascia d'utenza, che<br />

pur avendo il tempo <strong>di</strong> giocare più <strong>di</strong> un titolo al mese,<br />

non poteva permetterselo in ragione dei costi <strong>di</strong> mercato.<br />

Oggi i nintendari e i segaioli piangono lacrime amare<br />

nel vedere i due giganti <strong>di</strong> un tempo arrancare <strong>di</strong>etro<br />

Sony, ansimanti come due ciccione <strong>di</strong> cinquant'anni<br />

<strong>di</strong>etro alla loro istruttrice <strong>di</strong> aerobica <strong>di</strong> ventuno. Ma<br />

non bisogna <strong>di</strong>menticare che fino al Gamecube e al<br />

Dreamcast nessuna <strong>di</strong> esse ha MAI preso in considerazione<br />

l'ipotesi <strong>di</strong> una linea budget. MAI. Neanche quando<br />

il tubercolitico Saturn sputava sangue; neanche<br />

quando il paralitico Nintendo 64 si reggeva su un paio<br />

<strong>di</strong> killer application all'anno. L'unica mossa <strong>di</strong> Nintendo<br />

in questo senso è stata l'istituzione nel 1997 (!!!) dei<br />

cabinati Nintendo Power: piattaforme sparse in vari riven<strong>di</strong>tori<br />

autorizzati che permettevano <strong>di</strong> riscrivere cartucce<br />

apposite in cambio <strong>di</strong> una piccola somma <strong>di</strong> denaro.<br />

Questa soluzione fu tuttavia escogitata per il solo<br />

materiale Famicom e Super Famicom, circoscritta ad un<br />

centinaio <strong>di</strong> titoli (nessuno dei quali Square, chissà perché)<br />

e solo una volta che la console a 64 bit aveva dato<br />

i suoi frutti.<br />

Agli occhi dell'utenza occidentale e in particolare <strong>di</strong><br />

quella più tenacemente appassionata, la Sony ha sempre<br />

interpretato la parte del mostro cattivo, ma è un<br />

La qualità costa... Giusto?<br />

Il margine <strong>di</strong> guadagno <strong>di</strong> queste linee è tale che la<br />

mole <strong>di</strong> titoli budget rilasciati è <strong>di</strong>ventata enorme. La<br />

stessa Sony ha creato un ulteriore serie economica (la<br />

Book) e tante altre etichette si sono gettate a testa<br />

bassa nell'affare. Ne è risultato che non <strong>di</strong> rado i titoli<br />

<strong>di</strong> suddette collane siano apparsi tra i venti titoli più<br />

venduti della settimana, e non è altrettanto raro che<br />

abbiano superato le ven<strong>di</strong>te <strong>di</strong> prodotti con spese <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong>eci volte superiori.<br />

Gli esempi da menzionare non scarseggiano: Bandai ha<br />

pubblicato nella serie Simple Character una coppia <strong>di</strong><br />

picchiaduro de<strong>di</strong>cati a Gundam (tirati su con un motore<br />

grafico 2d riciclato dalla testa ai pie<strong>di</strong>!) che singolarmente<br />

hanno venduto più <strong>di</strong> qualsiasi altro recente picchiaduro<br />

bi<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> Capcom, e che insieme<br />

hanno raggiunto cifre superiori a quelle <strong>di</strong> Soul Calibur<br />

2; Pandora Max series, una serie <strong>di</strong> RPG a costo contenuto,<br />

è stata incensata dalla critica e ha riscosso un<br />

<strong>di</strong>gnitoso numero <strong>di</strong> acquisti; il recente Truppa <strong>di</strong> Di-<br />

19<br />

sti a <strong>di</strong>r poco proibitivi compresi tra gli 11'000 e i<br />

12'000 yen (l'equivalente o<strong>di</strong>erno <strong>di</strong> 10'000 yen, tanto<br />

per capirci). Un dato che mostra quanto pesasse la percentuale<br />

riscossa da Nintendo e Sega e perché con l'arrivo<br />

<strong>di</strong> Sony praticamente ogni etichetta migrò verso la<br />

neonata PlayStation.<br />

Nel 1989 la "Bolla" era ormai esplosa, ma nonostante<br />

questo i prezzi si erano comunque stirati e ci volle un<br />

lungo periodo <strong>di</strong> recessione perché rientrassero nella<br />

norma. Per tutta la prima parte degli anni '90 il mercato<br />

venne subissato <strong>di</strong> console ad alto costo (Jaguar,<br />

3d0, Pc-Engine Duo, Mega-cd, Neo-geo) e titoli dai<br />

prezzi inau<strong>di</strong>ti.<br />

Fu allora che il mercato dell'usato conobbe la sua epoca<br />

d'oro.<br />

fatto che la prima a pubblicare una linea <strong>di</strong> giochi budget<br />

sia stata lei. Attraverso la serie The Best (ribattezzata<br />

Platinum in occidente, anche se è giunta con estremo<br />

ritardo e coprendo un numero <strong>di</strong> titoli infinitamente<br />

più contenuto) la mamma <strong>di</strong> PlayStation e Ps2<br />

ha ri<strong>di</strong>stribuito i 3/4 del suo catalogo in versione economica.<br />

Nel tempo il <strong>di</strong>vario <strong>di</strong> pubblicazione tra originale<br />

e ristampa si è inoltre accorciato, al punto che ormai<br />

tra l'uscita <strong>di</strong> un prodotto per Ps2 e la sua rie<strong>di</strong>zione<br />

budget trascorrono anche meno <strong>di</strong> due mesi,<br />

rendendo <strong>di</strong> fatto l'acquisto <strong>di</strong> una copia usata una spesa<br />

meno conveniente e quin<strong>di</strong> meno allettante. Capita<br />

pertanto <strong>di</strong> assistere a fenomeni senza precedenti come<br />

il successo della versione The Best <strong>di</strong> Final Fantasy X,<br />

che dopo un anno dall'uscita dell'originale ha riscosso<br />

120'000 copie pur essendo un gioco già ampiamente<br />

<strong>di</strong>ffuso.<br />

Non è finita qui. Di pari passo a questa iniziativa la<br />

D3 Publisher ha dato alla luce una collana <strong>di</strong> videogiochi<br />

a costo ridotto chiamata Simple 1'500 (cioè l'equivalente<br />

in yen) affiancata poi dalla 1'800 e dalla 2'000<br />

(in<strong>di</strong>rizzata a Ps2) che nel tempo hanno sortito un'ampia<br />

gamma <strong>di</strong> effetti provvidenziali. Grazie a queste linee<br />

<strong>di</strong> titoli anche la più scafata delle software house<br />

ha oggi l'opportunità <strong>di</strong> pubblicare le sue creazioni, così<br />

come le scuole <strong>di</strong> game-design (che spuntano come<br />

funghi) hanno ora a <strong>di</strong>sposizione dei banchi <strong>di</strong> prova<br />

per i loro alunni più promettenti, liberi <strong>di</strong> cimentarsi nei<br />

processi <strong>di</strong> realizzazione nonché toccare con mano le<br />

procedure e le <strong>di</strong>fficoltà nella ultimazione <strong>di</strong> un titolo<br />

per console.<br />

In Truppa <strong>di</strong> Difesa Terrestre il giocatore deve respingere<br />

l'assalto <strong>di</strong> un nugolo <strong>di</strong> creature che sembrano appena uscite<br />

da un film <strong>di</strong> serie-B. La mappa <strong>di</strong> gioco è sempre la stessa,<br />

nonostante <strong>di</strong>mostri vastità considerevole, in più tutti gli<br />

e<strong>di</strong>fici sono agibili, si possono guidare <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> tipi <strong>di</strong> veicoli<br />

(carri armati, elicotteri, moto futuristiche), ed è possibile recuperare<br />

una enorme quantità <strong>di</strong> oggetti (armi, munizioni,<br />

gadget) sparsi a terra.


:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />

fesa Terrestre, creato da Sandlot coni rimasugli del<br />

motore grafico tratto dal precedente Gigantic Drive,<br />

ha totalizzato quarantamila copie vendute, alla faccia <strong>di</strong><br />

titoli come Bokura no Taiyo, R-type Final, o Megami<br />

Tensei Nine, che hanno superato <strong>di</strong> pochissimo tale<br />

cifra.<br />

Tutto ciò senza contare che Sony ha inaugurato la<br />

serie PRIMA che il problema della riven<strong>di</strong>ta del materiale<br />

usato mettesse in crisi i profitti del mercato attuale.<br />

Le forze dell'Asse<br />

D'altronde i santi stanno solo in para<strong>di</strong>so.<br />

Sony non ha certo le mani meno sporche <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong><br />

Sega, Nintendo o <strong>di</strong> tutte le altre software house.<br />

Abbiamo visto come la prima iniziativa legale inerente<br />

il mercato dell'usato avesse coinvolto Enix, ma a<br />

conti fatti ad esor<strong>di</strong>re con “le maniere forti” fu proprio<br />

la mamma <strong>di</strong> PlayStation. Sony, venne infatti ufficialmente<br />

richiamata nel 20 gennaio del 1998 dalla<br />

Commissione per il Commercio per il tentativo <strong>di</strong><br />

estorsione nei confronti <strong>di</strong> piccoli esercenti: ai quali<br />

negava la <strong>di</strong>stribuzione dei propri prodotti qualora non<br />

venissero fatti oggetto <strong>di</strong> trattamenti <strong>di</strong> favore o nel<br />

caso in cui i negozianti mettessero in ven<strong>di</strong>ta titoli<br />

usati. L'avviso non fece comunque <strong>di</strong>stogliere SCE dal suo<br />

atteggiamento <strong>di</strong> ostracismo, tanto che nel 2 agosto del<br />

2001 fu denunciata, multata, e sanzionata dalla Commissione<br />

per il Commercio con l'accusa <strong>di</strong> monopolio.<br />

Quanti ven<strong>di</strong>tori avrà fatto fallire Sony nel frattempo?<br />

Non deve quin<strong>di</strong> sorprendere se alcuni commercianti<br />

non se la sono sentita <strong>di</strong> aderire alle battaglie <strong>di</strong> ARTS<br />

Culture Club: un panino a noleggio<br />

La stampa e l'ACCS non sono comunque gli unici sostegni<br />

dei produttori <strong>di</strong> videogiochi.<br />

Subito dopo la sentenza della Corte Suprema, la società<br />

Tsutaya, colosso giapponese che annovera tra i<br />

suoi componenti la catena <strong>di</strong> negozi <strong>di</strong> Culture Convenience<br />

Club, annunciò che nonostante la decisione favorevole<br />

del tribunale avrebbe devoluto a CESA il 2%<br />

dei guadagni ottenuti con la ven<strong>di</strong>ta del materiale usato.<br />

Una simile soluzione fu già sperimentata dalla ARTS,<br />

ma all'epoca nessuna compagnia voleva saperne <strong>di</strong> una<br />

percentuale sui guadagni, preferendo proseguire lungo<br />

la linea dura del "o tutto o niente". Oggi, chissà perché,<br />

non gli fa più tanto schifo.<br />

Ma è così <strong>di</strong>sinteressata Tsutaya? Allora come mai<br />

dopo il verdetto del 2002 la CESA ha riconosciuto ufficialmente<br />

la propria <strong>di</strong>sponibilità a concedere il noleggio<br />

dei propri prodotti esclusivamente alla catena Cul-<br />

E col tempo anche la morte può morire<br />

La situazione, insomma, sembra rosea: la Corte Suprema<br />

ha negato il ricorso al Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione e le<br />

softco non possono più avvalersene.<br />

Niente <strong>di</strong> più falso.<br />

Con la stampa, ACCS e Tsutaya dalla propria parte,<br />

senza contare l'immutata situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sparità tra i<br />

capitali degli esercizi <strong>di</strong> commercio e quelli macroscopici<br />

delle software house, CESA continua imperterrita la<br />

propria battaglia contro ARTS e contro quarantasette<br />

Bibliografia<br />

Sol Mutante - Gomarasca e Valtorta, ed. Costa e Nolan<br />

Used Games - volumi 1 e 2 (ristampa), Kill time Communication<br />

Famitsu - nr.700, ed. Enterbrain<br />

Famitsu - nr. 701, ed. Enterbrain<br />

Edward O. Reischer - Storia del Giappone, ed. Bompiani<br />

20<br />

E chi tifa tanto spudoratamente per Sega e Nintendo<br />

farebbe bene a mettere in dubbio le proprie posizioni<br />

da nostalgico. Dare atto a questa etichetta degli sforzi<br />

che ha compiuto, comunque, non significa che la sua<br />

lotta sia legittima, ma perlomeno in questo frangente<br />

Sony ha <strong>di</strong>mostrato un'estrema correttezza (e intuitività)<br />

che le due gran<strong>di</strong> del mercato nipponico non hanno<br />

mai rivelato.<br />

ma hanno invece intrapreso iniziative autonome. Ecco<br />

allora la ACCS, un comitato <strong>di</strong> piccoli esercenti (guarda<br />

caso) che hanno costantemente spalleggiato le software<br />

house. Per paura <strong>di</strong> chiudere? O perché in ogni caso i<br />

guadagni sulla merce usata non erano sufficienti a bilanciare<br />

un confronto giuri<strong>di</strong>co con compagnie che <strong>di</strong>sponevano<br />

(allora come oggi) <strong>di</strong> capitali enormi? Non è<br />

dato saperlo.<br />

Come se non bastasse, sulle colonne <strong>di</strong> opinione <strong>di</strong><br />

Famitsu campeggiano personalità <strong>di</strong> spicco che incitano<br />

alla rinuncia all’acquisto <strong>di</strong> giochi usati: Nobuo Uematsu,<br />

Mitsuru Ijuin (presentatore del programma Gamewave),<br />

Hironobu Sakurai (Kirby, Smash Bros Melee)<br />

e Hirokazu Hamamura (<strong>di</strong>rettore del settimanale) chi<br />

più chi meno esplicitamente si sono tutti schierati contro<br />

la compraven<strong>di</strong>ta della merce <strong>di</strong> seconda mano, e<br />

non ci vuole un genio per intuire quanto possa pesare il<br />

continuo battage a cui sottopongono i propri lettori.<br />

ture Convenience Club, tra l'altro stabilendo che il listino<br />

prezzi fosse a completa <strong>di</strong>screzione <strong>di</strong> ogni singolo<br />

esercizio? Ma il noleggio non era illegale?<br />

È evidente che il prossimo nodo da sciogliere sarà<br />

quello inerente la percentuale da concedere alle softco:<br />

i riven<strong>di</strong>tori potrebbero recuperare col noleggio le per<strong>di</strong>te<br />

<strong>di</strong> un possibile ri<strong>di</strong>mensionamento del mercato dell'usato.<br />

Tuttavia esiste il problema del prezzo a cui ogni<br />

singola copia viene venduta e delle <strong>di</strong>verse percentuali<br />

che ciascun negozio riceve come interme<strong>di</strong>ario, sui<br />

quali influiscono innumerevoli fattori. Dato che né CESA<br />

né ARTS sono in grado <strong>di</strong> stabilire gli introiti con precisione,<br />

qualsiasi genere <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>mento potrebbe risultare<br />

svantaggioso per l'una o l'altra parte. La situazione<br />

o<strong>di</strong>erna è quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> stasi.<br />

La quiete prima della tempesta? La quiete dopo la<br />

tempesta?<br />

tizi <strong>di</strong> cui potrebbe rapidamente occuparsi uno yakuza<br />

provvisto <strong>di</strong> katana. Frattanto il bollino No-Resale campeggia<br />

ancora stolido sul retro delle confezioni, ed è<br />

probabile che sarà il centro <strong>di</strong> nuove <strong>di</strong>spute giuri<strong>di</strong>che.<br />

Quale che sia il destino del mercato nipponico, l'utenza<br />

occidentale farà comunque bene a prepararsi:<br />

oggi tocca a loro, domani a noi. Assurdo <strong>di</strong>te? Già, probabilmente<br />

è la stessa cosa che pensavano i nostri corrispettivi<br />

giapponesi prima <strong>di</strong> tutto questo bordello.


:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />

pACMAN dI pASSAGGIO dIVORA lACOSTE sTANZIALE________<br />

[Disco 1 - Visita guidata]<br />

<strong>di</strong> Gunny<br />

Spiega Piero Gilar<strong>di</strong>, fondatore della associazione<br />

Ars Tecnica 1 : «Il punto qualificante<br />

è l’analisi del rapporto tra soggetto<br />

e oggetto. Non esiste una separatezza,<br />

ma un rapporto <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficazione<br />

reciproca. Molti artisti collocano delle<br />

immagini <strong>di</strong> computer grafica, oppure un<br />

computer nella propria installazione, però<br />

continuano a far riferimento ad un<br />

soggetto umanistico, che rientra in una<br />

visione antropocentrica».<br />

E ancora: «Il nuovo artista tecnologico<br />

vive se stesso come soggetto frattale.<br />

Ha un rapporto che varia col variare<br />

dell’altro e ,quin<strong>di</strong>, nella propria opera si<br />

cala in questa <strong>di</strong>mensione. Non produce<br />

un’opera che è lo specchio della sua<br />

problematica personale, ma offre in sostanza<br />

un mondo da navigare, da esplorare<br />

passando <strong>di</strong> variazione in variazione».<br />

Piero Gilar<strong>di</strong> parlava <strong>di</strong> rapporto artista-fruitore<br />

nella neonata tecnoarte.<br />

Arte interattiva, per intenderci. Non<br />

chiamiamoli videogiochi, via. Siamo in<br />

un luogo <strong>di</strong> cultura, anche se al momento<br />

è deserto.<br />

Già, dov’è che siamo? Alzo lo sguardo<br />

dalla rivista (Perio<strong>di</strong>co Arte N° 273,<br />

maggio 1996), e mi rilasso mettendo le<br />

mani in tasca. Siamo alla mostra<br />

W.Y.S.I.W.Y.G. (What You See Is What<br />

You Get), dell’artista vicentino Enrico<br />

Mitrovich.<br />

Un luogo non interattivo: circostanza<br />

forse limitante per un redattore <strong>di</strong> un<br />

sito riguardante un me<strong>di</strong>um interattivo,<br />

intento a visitare una mostra che riguarda<br />

un me<strong>di</strong>um interattivo.<br />

Una sensazione fredda, <strong>di</strong> schermate<br />

abitualmente pulsanti, accompagnate da<br />

una rumorosità che si tende a ricordare<br />

con affetto. Davanti a me, invece, solo<br />

schermate morte.<br />

Nel mondo <strong>di</strong> WYSIWYG, il Videogioco<br />

si è fermato qualche secondo a riflettere.<br />

O, meglio, si è fermato perché qualcuno<br />

lo ha fermato per mettersi a riflettere.<br />

Nel mezzo <strong>di</strong> un eclettismo tecnico/formale<br />

che ha il pregio <strong>di</strong> non stancare<br />

l’occhio del visitatore (ma il <strong>di</strong>fetto<br />

<strong>di</strong> non lasciare nel suo ricordo una particolare<br />

ammirazione per la padronanza <strong>di</strong><br />

una tecnica particolare o per un tratto<br />

<strong>di</strong>stintivo che risalti la paternità delle<br />

opere: l’impressione è quella <strong>di</strong> una collettiva<br />

a tema), cogliamo una stridente<br />

ridondanza tematica: stiamo ovviamente<br />

parlando <strong>di</strong> Pacman, presente in larga<br />

parte delle opere presentate.<br />

Il giallo fagocitatore che ben conosciamo<br />

è stato evidentemente fagocitato<br />

da Mitrovich, che lo propone travestendolo<br />

quasi da icona pop. Arte fotografica,<br />

incisione, pittura libera con influenze<br />

e citazioni che spaziano da De Chirico<br />

alla Neon Art: Pacman pare essere per<br />

Mitrovich quello che M.Monroe fu per<br />

Andy Warhol.<br />

Pacman come Marylin Monroe, perchè<br />

no? Icone POP.<br />

Verbo ‘to pop’: esplodere nel senso <strong>di</strong><br />

affermarsi, <strong>di</strong> lasciare un marchio, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>latare il proprio presente e caratterizzare<br />

un periodo. Di riconoscersi ed essere<br />

riconosciuti.<br />

Verbo ‘to pop’: esplodere nel senso <strong>di</strong><br />

decadere, <strong>di</strong> appassire dopo una gettata<br />

prematura, <strong>di</strong> consumarsi in una fiamma<br />

accesasi con troppa violenza. Di essere<br />

infine <strong>di</strong>geriti da chi del proprio mito si<br />

era nutrito e <strong>di</strong>ssetato.<br />

Accadde a Marylin Monroe, a Pacman<br />

e accade oggi a tutte le altre icone pop.<br />

Stando alle ven<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Tomb Raider: Angel<br />

of Darkness, accade anche a quella<br />

Lara Croft che sei anni fa giganteggiava<br />

sul megaschermo del tour mon<strong>di</strong>ale<br />

degli U2. Il tour dell’album POP, appunto.<br />

Il Mitrovich che racconta Pacman veste<br />

i panni più dell’archeologo che del<br />

cronista, come sembrano suggerire alcune<br />

opere manifestamente incentrate<br />

sul tema dell’obsolescenza<br />

frutto <strong>di</strong> un mondo, quello dell’informatica,<br />

costantemente proteso verso la<br />

tecnoevoluzione ed il frenetico accantonamento<br />

<strong>di</strong> oggetti, termini e mo<strong>di</strong> la cui<br />

attualità copre l’arco <strong>di</strong> pochi anni (se <strong>di</strong><br />

più anni si tratta). La storia dell’informatica<br />

si scrive sulla sabbia <strong>di</strong> una spiaggia,<br />

sembra <strong>di</strong>re l’artista vicentino.<br />

Compito storico dell’icona pop è fornire<br />

un fotogramma del mondo a cui è<br />

appartenuta, ed è quin<strong>di</strong> forse alla poliedricità<br />

della nostra epoca che dobbiamo<br />

la (grande) quantità <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista e<br />

prospettive dalle quali viene esaminato<br />

Pacman.<br />

Un’epoca lesta a <strong>di</strong>vorare<br />

il concetto <strong>di</strong> privacy, a mescolare<br />

le appartenenze e a<br />

cancellare confini e linee guida.<br />

Lo stesso Pacman che<br />

<strong>di</strong>vora la scritta ‘copyright’<br />

vedrà la sua stessa originalità<br />

(che <strong>di</strong>penda da grafica,<br />

gameplay o altro) fagocitata<br />

da altri che ne rimescoleranno le meccaniche,<br />

ne espanderanno il potenziale e<br />

ne determineranno l’obsolescenza.<br />

Lo stesso Pacman che <strong>di</strong>vora la scritta<br />

‘copyright’ è oggetto <strong>di</strong> una mostra che<br />

presenta tratti <strong>di</strong> pesante citazionismo.<br />

Volendo credere che si tratti <strong>di</strong> una scelta<br />

dovuta a motivi contenutistici e non<br />

meramente formali, si può vedere applicata<br />

la metafora videolu<strong>di</strong>ca all’amore ed<br />

al rapporto tra i sessi. Questione che<br />

parrebbe richiedere un trattamento <strong>di</strong><br />

degna complessità, ma che con un po’ <strong>di</strong><br />

cinismo si sarebbe tentati <strong>di</strong> ridurre ad<br />

una primitiva meccanica <strong>di</strong> accoppiamento<br />

animale, per quanta complessità<br />

la vanità umana tenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>pingervi sopra.<br />

Ecco quin<strong>di</strong> l’irriverente accostamento<br />

tra la Lionello e la Principessa d’Este (opere<br />

<strong>di</strong> Pisanello esposte al Museo Lou-<br />

21<br />

vre) e le due schermate videolu<strong>di</strong>che,<br />

che con gli opposti messaggi <strong>di</strong> completamento/game<br />

over sembrano attestare<br />

la riuscita/il fallimento <strong>di</strong> un’avventura<br />

galante o <strong>di</strong> un matrimonio nobiliare.<br />

L’eclettismo formale concede a Mitrovich<br />

delle incursioni nel campo dell’incisione.<br />

Ad eccezione <strong>di</strong> alcune morsure libere, la<br />

tecnica impiegata tende ad assimilare<br />

queste ‘incursioni’ a dei raid <strong>di</strong> bombardamento,<br />

tanto violento e ra<strong>di</strong>cale è<br />

l’intervento sulla lastra. Queste caratteristiche<br />

impe<strong>di</strong>scono una valutazione<br />

formale, ma lasciano scorgere nella natura<br />

nuda e metallica dell’opera un collegamento<br />

tangibile con la trattazione<br />

che essa contiene. Primitive schermate,<br />

fasi <strong>di</strong> boot <strong>di</strong> vecchi sistemi operativi, il<br />

canonico C:/ <strong>di</strong> DOS, ricor<strong>di</strong> primitivi e<br />

paleolitici per chi vive nell’era dell’user<br />

friendly.<br />

Come primitivo e ‘fisico’ ci parrà il ricordo<br />

<strong>di</strong> ciò che a livello informatico<br />

stiamo vivendo ora, in un futuro nel<br />

quale, secondo Nicholas Negroponte, ‘gli<br />

schermi dei computer verranno venduti<br />

a litri e <strong>di</strong>pinti sulle pareti. I CD-Rom<br />

saranno commestibili e gli elaboratori<br />

paralleli potranno essere applicati come<br />

le lozioni abbronzanti’.<br />

La descrizione <strong>di</strong> questi fotogrammi <strong>di</strong><br />

paleo-informatica si adagia su programmi<br />

e icone del passato prossimo. Agli oggetti<br />

<strong>di</strong> questa mostra è precluso tanto<br />

lo sfavillare dell’innovazione quanto il<br />

rispetto che tipicamente si riserva<br />

al reperto: lungi dallo<br />

apparire storici, antichi o vecchi,<br />

sembrano semplicemente<br />

obsoleti nella loro semplicità.<br />

Semplicità, tuttavia, che<br />

consente un loro flessibile<br />

adattamento a tutte le istanze<br />

che l’artista ritiene <strong>di</strong> voler<br />

descrivere, tramite allegorie a tratti stimolanti,<br />

per quanto certamente non innovative<br />

o particolarmente geniali.<br />

Ma presto si fanno strada altre considerazionisu<br />

questa sensazione <strong>di</strong> obsolescenza.<br />

Mi chiedo se si tratti <strong>di</strong> un mondo<br />

videolu<strong>di</strong>co (quello <strong>di</strong> Pacman e<br />

Missile Command) ormai preistorico, e<br />

assieme al quale, purtroppo, invecchiamo<br />

anche noi giocatori.<br />

…<br />

…<br />

Però non riesco a convincermene del<br />

tutto. Ho il sospetto che, se in quelle<br />

opere venisse raffigurato qualche simbolo<br />

videolu<strong>di</strong>co <strong>di</strong> ultima generazione, la<br />

sensazione <strong>di</strong> obsolescenza non ne risulterebbe<br />

<strong>di</strong>minuita.<br />

Ri<strong>di</strong>colo pensare che derivi dalla mostra<br />

in sé: per quanto sicura dei propri<br />

mezzi e della propria competenza, <strong>Ring</strong>


:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />

non si ritiene ancora all’altezza <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarare<br />

defunte le arti figurative.<br />

Idea improvvisa: la sensazione è dovuta<br />

all’accostamento delle due forme<br />

espressive. O meglio alla carcerazione<br />

che il me<strong>di</strong>um videolu<strong>di</strong>co subisce ad<br />

opera del me<strong>di</strong>um raffigurativo.<br />

Il corpus Videogioco viene privato della<br />

sua componente sonora: viene privato<br />

della sua gioiosa <strong>di</strong>namica; viene privato<br />

del suo fruitore, e viene imprigionato in<br />

una tela.<br />

Questa non è obsolescenza, concludo:<br />

questa è prigionia.<br />

E la colpa, sia chiaro, non è del povero<br />

Mitrovich.<br />

Lungi dall’aggiungere al videogioco<br />

qualcosa <strong>di</strong> altrimenti preclusogli (stati<br />

gli straor<strong>di</strong>nari progressi artistico/grafici<br />

testimoniati da prodotti quali Rez, Anubis:<br />

Zone of the Enders e Mojib Ribbon),<br />

la semplice raffigurazione offre spunti<br />

che, per quanto interessanti, non sono<br />

fuori dalla portata del videogioco.<br />

Non lo sono quando la convergenza è<br />

meno spinta (l’angoscia <strong>di</strong> Silent Hill 2<br />

non invi<strong>di</strong>a nulla a quella delle opere <strong>di</strong><br />

Francis Bacon), a maggior ragione non<br />

lo sono quando la prima è piegata alla<br />

trattazione del secondo.<br />

Sbam!<br />

Mi è caduta per terra la rivista (Perio<strong>di</strong>co<br />

Arte N° 273, maggio 1996). La raccolgo.<br />

Nella stessa pagina che leggevo prima,<br />

leggo alcune parole <strong>di</strong> Franco Tor-<br />

22<br />

rioni : “bisogna ricorrere all’idea <strong>di</strong> interfaccia.<br />

L’interfaccia è il punto, il marchingegno,<br />

l’essere che consente il<br />

<strong>di</strong>alogo con l’opera, permette all’opera <strong>di</strong><br />

completarsi attraverso l’intervento <strong>di</strong><br />

qualcuno previsto dall’artista. E’ il luogo<br />

del rapporto che si manifesta nella connessione<br />

<strong>di</strong> cui l’opera necessita”<br />

Questo sempre a proposito della neonata<br />

tecnoarte.<br />

Arte interattiva, per intenderci.<br />

‘O possiamo anche chiamarli videogiochi?’,<br />

mi chiedo sorridendo mentre imbocco<br />

l’uscita.<br />

dUE uOMINI e uNA mOSTRA (pER tACER dEL pACMAN)______<br />

[Disco 2- Backstage]<br />

«Soldato Palla <strong>di</strong> Lardo! Sei rivoltante! Sembri un capolavoro <strong>di</strong> arte moderna!»<br />

Sergente Maggiore Hartman, Full Metal Racket<br />

Ore 20.05, <strong>di</strong> ritorno dalla mostra sulla<br />

GunnyCar.<br />

Gatsu: buoni questi crostini al peperoncino<br />

Gunny: fanno una sega alle mie<br />

PATASTICK San Carlo<br />

Gatsu: allora, come pensi <strong>di</strong> strutturarlo<br />

questo articolo?<br />

Gunny: mah, qualcosa ci verrà in mente.<br />

Se proprio siamo ridotti male facciamo<br />

una specie <strong>di</strong> chat, dai. Ma se siamo<br />

così pezzenti tanto vale che ci licenziamo<br />

da <strong>Ring</strong>…<br />

Gatsu: allora, che ne pensi <strong>di</strong> questa<br />

mostra <strong>di</strong> Mitrovich?<br />

Gunny: si chiama WYSIWYG. E partiamo<br />

male…<br />

Gatsu: significa What You See Is What<br />

You Get. Forse è per quello che nel sito<br />

c’erano solo due foto...<br />

Gunny: NON COMINCIARE A DIRE CHE<br />

ABBIAMO BUTTATO NEL CESSO UN<br />

POMERIGGIO CHE TANTO LA BENZA LA<br />

PAGO IO, neeeh?<br />

Gatsu: quello che mi lascia un po’ perplesso<br />

è il reale valore artistico delle opere<br />

esposte. <strong>Ring</strong> dovrebbe essere felice<br />

per iniziative del genere, ma…il valore<br />

semantico…cioè, il messaggio veicolato…cioè,<br />

ma che minchia vuole sto Mitrovich?!<br />

Gunny: in pratica?<br />

Gatsu: non ho capito se i videogiochi li<br />

ama o li o<strong>di</strong>a<br />

Gunny: non lo so. Per conoscere certi<br />

vecchi giochetti, qualche ora in sala giochi<br />

deve pur essersela fatta. Se vedesse<br />

nei videogiochi la piaga della modernità,<br />

credo che farebbe prima a buttare dal<br />

tetto qualche programmatore…magari<br />

vede nei videogiochi dei primi anni ’80<br />

qualche meccanica base <strong>di</strong> quello che<br />

viviamo noi tutti i giorni. Sai, a volte gli<br />

artisti si accontentano <strong>di</strong> fotografare.<br />

Gatsu: ma perché ha la fissa <strong>di</strong> Pacman?<br />

Gunny: e perché Nemesis ha la fissa del<br />

papa con sei paia d’ali e la spada fiammeggiante?<br />

Gatsu: vero. Inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re che Pacman è<br />

una rappresentazione della nostra vita<br />

quoti<strong>di</strong>ana? Ci chiu<strong>di</strong>amo in stanze buie,<br />

ingoiando pasticche e ascoltando musica<br />

martellante per scappare dai nostri fantasmi<br />

interiori?<br />

Gunny: Ehi! Guarda quell’asino volante!<br />

Gatsu: È vero! Mi saluta!<br />

Gunny: 1-0 per Mitrovich. Comunque,<br />

magari il Pacman è ogni povero cristo<br />

che deve macinare le sue ore <strong>di</strong> lavoro<br />

per evitare che qualcun altro gli freghi il<br />

posto. Magari è il tizio che ogni giorno<br />

rischia <strong>di</strong> perdere il treno, e non si può<br />

permettere il taxi. Forte questa roba.<br />

Gatsu: solo il meglio per gli amici. Tornando<br />

a Mitrovich, stando alla biografia<br />

è net-artist, uno scenografo e un grafico.<br />

Perché dunque tutto questo minimalismo<br />

nelle sue opere? No, macchè minimalismo,<br />

qui è un po’ tutto una merda!<br />

Gunny: l’asino è esploso! Era pieno<br />

d’oro! Ferma la macchina!<br />

Gatsu: il volante ce l’hai tu, coglione.<br />

Gunny: ah, si, certo. An<strong>di</strong>amo avanti<br />

Gatsu: parliamo un po’ delle singole<br />

opere. Perché Enter-Exit si chiama così?<br />

Gunny: perché anche quell’unico, povero<br />

stronzo che è ENTERato, vista quella,<br />

imbocca l’EXIT?<br />

Gatsu: mi sembra l’ipotesi più verosimile.<br />

E che <strong>di</strong>re dell’improba figura che da<br />

il nome al nostro rutilante articolo? Insomma,<br />

Mitrovich frega un quadro <strong>di</strong> De<br />

Chirico, lo appiccica sotto una schermata<br />

<strong>di</strong> Miss. Pacman, e per giunta incolla un<br />

coccodrillo Lacoste in punto assolutamente<br />

casuale. Ok che nell’altro quadro<br />

ve<strong>di</strong>amo un Pacman assatanato che <strong>di</strong>vora<br />

la scritta ‘Copyright’, ma Mitrovich<br />

non abusa un po’ troppo del copia e incolla?<br />

Gunny: esagerato, dai…la maggior parte<br />

delle opere sono farina del suo sacco.<br />

Gatsu: e ti sembra un bene?<br />

Gunny: …<br />

Gatsu: vabbè. Diamogli un’ultima chanche.<br />

Come si chiama questo <strong>di</strong>segnino<br />

sulla sabbia?<br />

Gunny: non so. Ti piace: Sgorbio su<br />

sabbia, ET sperma?<br />

Gatsu: non male. Ho un film che si<br />

chiama così. L’hai visto anche tu?<br />

Luciano de Crescenzo (attraverso il<br />

corpo <strong>di</strong> Gunny): no, mi riferivo al mito<br />

dell’Evirazione <strong>di</strong> Urano. Narrasi che<br />

la <strong>di</strong> Lui progenie (Zeus), stufa <strong>di</strong> reiterati<br />

cannibalismi, rimosse con un falcetto<br />

il <strong>di</strong> Lui prepuzio. Scaraventato esso che<br />

fu nei flutti limitrofi, ne nacque la <strong>di</strong>vina<br />

Afro<strong>di</strong>te. Gunny, continua tu.<br />

Gunny: che il seme <strong>di</strong> Urano, misto ai<br />

flutti, sia ritornato sulla terra per dare<br />

vita ad un nuovo <strong>di</strong>o <strong>di</strong>gitale? Che la<br />

cancellazione <strong>di</strong> un primitivo schema<br />

videolu<strong>di</strong>co sia, come per l’Araba Fenice,<br />

prelu<strong>di</strong>o ad una trionfante rinascita?<br />

L’egemonia globale? Il dominio della finzione?<br />

Gatsu: gira la macchina: torniamo a<br />

raccogliere l’oro. Ehi…il trasmettitore…non<br />

l’avrai mica lasciato acceso?<br />

Gunny: !<br />

Gatsu: stai scherzando?!!!!<br />

Gunny: ehm…coff coff.<br />

Attimo <strong>di</strong> silenzio<br />

Gatsu: ehehe, Enrico! Sei su Scherzi a<br />

Parte!<br />

Gunny: ci sei caduto, geniaccio che non<br />

sei altro! Bella lì per la mostra, veramente<br />

bella lì!<br />

Gatsu: e complimenti per il custode, un<br />

uomo <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria levatura morale,<br />

che come ve<strong>di</strong> non ci ha lasciato fare<br />

foto…<br />

Gunny: …e che portamento, che fiero<br />

cipiglio e che virìl sguardo…<br />

Gatsu: deh, fico il realismo pittorico mistificato<br />

<strong>di</strong> quell’E-spressionismo citato<br />

da Nicholas Negroponte!<br />

Gunny: deh, più in la nel tempo gli<br />

schermi verranno venduti a litri e <strong>di</strong>pinti<br />

sulle pareti!<br />

Gatsu: deh, potremo pure vivere nei<br />

nostri computer!<br />

Gunny: deh, orari sabato-domenica:<br />

17-19. Nei giorni <strong>di</strong> spettacolo…<br />

Gatsu: è finito il foglio, pirla!!!<br />

Gunny (sfregando una spazzola <strong>di</strong> plastica<br />

sul parabrezza per generare jamming<br />

au<strong>di</strong>o) Mio Dio, le locuste!!! Gatsu,<br />

ci assalgono le locuste!!!<br />

Gatsu: Enricggggzgzg…non<br />

tgzgggzg…ti ritelefono il 30 febbraio!<br />

Bella lì, ancoraghzhzhzhzh<br />

Due ore dopo, a microfono spento<br />

Gatsu: dai, Gunny, chìssefòtte. Man<strong>di</strong>amo<br />

stà roba in Mailing List, giusto per<br />

<strong>di</strong>mostrare che non abbiamo passato il<br />

pomeriggio a cazzeggiare.<br />

Gunny: massì. Tanto chi vuoi la pubblichi?


:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />

fACES oF dEATH_____________________________________<br />

[Manhunt]<br />

<strong>di</strong> Matteo Bittanti<br />

Ora che ho giocato per un bel po' a Manhunt<br />

(nessun riferimento all'omonimo<br />

film <strong>di</strong> Fritz Lang) devo confessare che lo<br />

adoro. Come sapete, è un gioco malato.<br />

Davvero malato. Meglio: ‘marcio’, marcio<br />

come il ‘rotten’ <strong>di</strong> www.rotten.com. È pura<br />

malvagità su schermo. È l'equivalente<br />

videolu<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Texas Chainsaw Massacre<br />

(originale e remake). È letteralmente atroce,<br />

tuttavia non riesco a resistergli.<br />

Non mi è facile ammettere <strong>di</strong> apprezzarlo.<br />

Mi spiego: mi piace l'intrattenimento violento,<br />

anche se, per <strong>di</strong>re, preferisco<br />

Psycho a Henry Pioggia <strong>di</strong> Sangue, o Half<br />

Life a Doom e… no, questo non è del<br />

tutto vero. Half Life e Doom mi piacciono<br />

allo stesso modo. Inoltre, stiamo parlando<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse esperienze <strong>di</strong> gioco: paragonare<br />

Doom a Half Life è come paragonare<br />

le mele alle arance. Ma sto<br />

<strong>di</strong>vagando. O forse no... Ora che ci penso,<br />

perché sento il bisogno <strong>di</strong> giustificare il<br />

fatto che tragga piacere dal giocare a<br />

Manhunt? Sarà perché Manhunt glorifica<br />

apertamente la violenza? Sarà perché<br />

Manhunt non è altro che un esercizio <strong>di</strong><br />

sa<strong>di</strong>smo simulato, puro nichilismo su<br />

schermo? Perché Psycho invece cos'è? È<br />

altrettanto morboso, perverso, impressionante.<br />

Il fatto che lo abbia <strong>di</strong>retto Hitchcock<br />

non fa molta <strong>di</strong>fferenza. Tanto più<br />

che Hitchcock non era riconosciuto come<br />

un autore nei primi anni della sua carriera.<br />

Sono stati i critici francesi a fare <strong>di</strong><br />

Hitchcock un artista e non un semplice<br />

artigiano (succederà anche ai tipi <strong>di</strong> Rockstar?).<br />

Inoltre, mentre Psycho è assurto<br />

allo status <strong>di</strong> cult, l'altrettanto sensazionale<br />

L’occhio che uccide (stesso anno:<br />

1960) è stato universalmente condannato<br />

insieme al suo autore, ostracizzato dal<br />

mondo del cinema. Mi sto ancora chiedendo<br />

il perché. Sì, ho letto il famoso<br />

saggio <strong>di</strong> Laura Mulvey, ma non sono ancora<br />

completamente convinto.<br />

Sarebbe facile liquidare Manhunt come<br />

un mero caso <strong>di</strong> ‘gamexploitation’, ma<br />

questo non ci aiuterebbe a comprendere il<br />

suo fascino oscuro. Né servirebbe liquidarlo<br />

<strong>di</strong>cendo che mette in scena una violenza<br />

‘cattiva’, perché ciò implicherebbe<br />

l'esistenza <strong>di</strong> una certa ‘buona’ violenza. E<br />

voi potreste chiedere che cosa sia, precisamente,<br />

la violenza ‘buona’: la violenza<br />

<strong>di</strong> Medal of Honor è ‘buona’ perché è<br />

storicamente constestualizzata e giustificata<br />

a priori? Mmm… la violenza che trovate<br />

nei film <strong>di</strong> Tarantino è catartica? Divertente?<br />

Terrificante? Putrida? Ok, accantoniamo<br />

per un attimo il <strong>di</strong>scorso. La<br />

“storia”, la “premessa” o comunque vogliate<br />

chiamarla, <strong>di</strong> Manhunt attinge a<br />

molte fonti: L’Uomo in Fuga <strong>di</strong> Bachman<br />

(e il suo pietoso adattamento cinematografico,<br />

L’implacabile), i reality TV show,<br />

gli snuff movie “fittizi” come 8mm (Joel<br />

Schumacher) o Il cameraman e l’assassino<br />

(aka C'est arrivé près de chez vous,<br />

Rémy Belvaux and friends), The Most<br />

Dangerous Game (l'originale <strong>di</strong>retto da<br />

Irving Pichel e Ernest B. Schoedsack, non<br />

il remake del 1945), i filmacci come Final<br />

Round (1993 – quest'ultimo ricorda Manhunt<br />

a più livelli: il protagonista, Tyler<br />

Ver<strong>di</strong>ccio, viene rapito e gettato in un<br />

complesso industriale abbandonato riconvertito<br />

in arena. Ripresi dalle telecamere<br />

<strong>di</strong> una trasmissione televisiva, dei mercenari<br />

gli daranno la caccia nel corso <strong>di</strong> un<br />

duello mortale che è l'evento principale<br />

per un giro <strong>di</strong> scommesse multi-milionario),<br />

la brutalità urbana ritratta in film<br />

come I Guerrieri della Notte (Walter Hill,<br />

1978), gli ‘slasher movies’, Splatterhouse,<br />

Metal Gear Solid (le <strong>di</strong>namiche stealth)<br />

e molti altri.<br />

James Earl Cash 1 non è un eroe nel<br />

senso comune del termine. Per tutto il<br />

gioco viene definito ‘feccia’ dal suo torturatore,<br />

Starkweather. Dalla sicurezza del<br />

mio <strong>di</strong>vano, annuisco e accetto per conto<br />

terzi <strong>di</strong> vivere la (cosiddetta) vita <strong>di</strong> James.<br />

Una vita <strong>di</strong> violenza estrema, brutalità<br />

e tormento fisico. Perché no? Manhunt<br />

è solo un gioco, o no? Le sue immagini,<br />

per quanto rappresentative e intense,<br />

esistono in una <strong>di</strong>mensione separata<br />

dalla realtà (a meno che il postmodernismo<br />

non sia per voi un motivo <strong>di</strong> fanatismo).<br />

Eppure mi rendo conto che qui c'è<br />

qualcosa <strong>di</strong> sbagliato. C'è del marcio in<br />

Scozia.<br />

Da una parte, il joypad si impossessa <strong>di</strong><br />

me: sono il padrone del massacro, il re<br />

della <strong>di</strong>struzione. Mi piace uccidere e ricevo<br />

buone valutazioni se il mio stile e la<br />

mia tecnica sono sufficientemente depravate.<br />

Allo stesso tempo, il joypad mi logora.<br />

Non mi offre nessuna chance <strong>di</strong> negoziare<br />

una fuga da Carcer City. Mi costringe<br />

a massacrare, a meno che non voglia<br />

essere pestato o mi nasconda nell'ombra<br />

sperando che le gang non mi trovino. A<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Vice City (al cui concepimento<br />

ha contribuito James Worrall, uno<br />

degli autori <strong>di</strong> Manhunt), questa antiutopia<br />

urbana non è presentata in un ambiente<br />

rassicurante come le buche <strong>di</strong> sabbia<br />

in cui giocano i bambini. Suppongo<br />

che un ‘carcer' (evidente derivazione dell'italiano<br />

‘carcere’: uno degli autori <strong>di</strong><br />

Manhunt è italiano, Christian Cantamessa)<br />

non conceda molta libertà, quin<strong>di</strong> non<br />

sorprende che la struttura <strong>di</strong> gioco sia<br />

fondamentalmente lineare (leggi: ‘ingabbiata’).<br />

Carcer City è una città industriale<br />

decaduta (non infernale come Milano, ma<br />

quasi), un desolato ambiente urbano trasformato<br />

in immenso set cinematografico.<br />

Manhunt offre gore a quintali, eppure<br />

non lesina in suspense. Il radar, il battito<br />

car<strong>di</strong>aco, gli agguati... La tensione è sempre<br />

elevata e aiuta a bilanciare l'inevitabile<br />

ripetitività e monotonia dell'azione. Ma<br />

a <strong>di</strong>fferenza dei film horror, in cui spesso<br />

verrebbe da coprirsi gli occhi, qui si vuole<br />

23<br />

vedere sempre <strong>di</strong> più, bramando sempre<br />

più sangue. La logica sottostante a Manhunt<br />

è: se giochi “bene”, sarai ripagato<br />

con sequenze visive estreme (Mortal<br />

Kombat anyone?). Ciò che rende il gioco<br />

attanagliante è che un solo errore può<br />

essere fatale: questo lo sanno i game<br />

designer, lo sa il giocatore, e perfino James<br />

pare esserne spaventosamente consapevole.<br />

Manhunt è Darwinismo applicato: una<br />

lotta per la sopravvivenza in un contesto<br />

me<strong>di</strong>atico (TV, TV via cavo) saturo. Sì, in<br />

un certo senso, Manhunt è inquadrabile<br />

come una paro<strong>di</strong>a del voyeurismo me<strong>di</strong>atico.<br />

À la 15 Minuti: follia omicida a New<br />

York o Contenders: serie 7 (o anche La<br />

Decima Vittima, il capolavoro <strong>di</strong> Petri,<br />

1967), ma in maniera ancora più cupa,<br />

feroce e perversa. Il gioco è un interminabile<br />

incubo, una successione <strong>di</strong> sequenze<br />

non interattive (innescate dal giocatore)<br />

cui si assisterebbe normalmente in<br />

uno slasher movie e/o in un ‘video nasty’.<br />

Ogni esecuzione è seguita da un commento<br />

caustico <strong>di</strong> Starkweather, la cui fame <strong>di</strong><br />

morti spettacolari sembra insaziabile.<br />

Starkweather non è <strong>di</strong>ssimile dai commentatori<br />

<strong>di</strong> show grotteschi come Real<br />

TV: è altrettanto morboso, sor<strong>di</strong>do, sinistro<br />

(no, non altrettanto ipocrita, ma nessuno<br />

è perfetto). È il classico animale televisivo<br />

(pensate al giornalista TV interpretato<br />

da Robert Downey Jr. in Natural<br />

Born Killers… hey, anche in Manhunt c'è<br />

una giornalista: cerca <strong>di</strong> realizzare un servizio<br />

televisivo con intervista a Cash, così<br />

da far bella mostra del suo snuff e lanciare<br />

la sua carriera... si sa, è un mondo cinico).<br />

Le telecamere <strong>di</strong> Starkweather sono invadenti<br />

e invasive. Non sono semplici occhi<br />

che osservano. Ricercano attivamente il<br />

sangue. Sanguinano loro stesse... Manhunt<br />

è <strong>di</strong>vertente. Manhunt è brillante.<br />

Manhunt è malvagio perché combina<br />

perfettamente i videogiochi e la TV: si<br />

gioca per guardare le cutscene (e non per<br />

fuggire da Carcer City, cosa che porrebbe<br />

fine alle cutscene...), per ottenere sempre<br />

<strong>di</strong> più, sempre più gore. Giocare a un titolo<br />

come questo mi porta a chiedermi se i<br />

videogiochi siano intrinsecamente e insitamente<br />

violenti (dopotutto William Higinbotham<br />

non era un santo, giusto?). Manhunt<br />

è destabilizzante e pericoloso. Manhunt<br />

è una litania <strong>di</strong> macelleria lu<strong>di</strong>ca.<br />

Infasti<strong>di</strong>sce non perché sia sa<strong>di</strong>co o incoraggi<br />

apertamente comportamenti violenti.<br />

Sono confuso dalla mia persistente fascinazione<br />

per Manhunt: scoprire perché<br />

sono attratto da omici<strong>di</strong> in serie fittizi costituisce<br />

un intrattenimento alla pari del<br />

gioco, forse anche migliore. Mmm... che<br />

sia questo l'effetto più potente dei videogiochi,<br />

e cioè che costringono il giocatore<br />

a riconsiderare, rivalutare e ristabilire i<br />

suoi valori morali ed estetici? Urge un'ulteriore<br />

investigazione. Io credo fermamente<br />

che i videogiochi non istighino alla<br />

violenza. Fanno molto <strong>di</strong> più: istigano a<br />

pensare. E questo è il vero pericolo.


:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />

Aggressively Me<strong>di</strong>ocre / Mentally Challenged / Outrageously Violent<br />

«Si stava trasformando in un nuovo tipo <strong>di</strong> fanatico, che necessitava la fantasia della<br />

violenza assoluta, e si sentiva completamente vivo solo quando riusciva ad immaginarsi<br />

autore <strong>di</strong> spaventosi crimini?»<br />

J.G. Ballard, Millennium People, 2003<br />

Carcer City è perduta, lugubre, tossica. I<br />

suoi ambienti - tetri viottoli, scheletriche<br />

aree industriali e decadenti e<strong>di</strong>fici abbandonati<br />

- sono popolati da criminali, cadaveri,<br />

ratti, e qualche corvo. Pensate alla<br />

New York apocalittica <strong>di</strong> Carpenter, però<br />

peggiore. Pensate alla Milano <strong>di</strong> oggi e ve<br />

ne farete un'idea. Ma la cosa buffa è che,<br />

dopo qualche giorno <strong>di</strong> "soggiorno" a Carcer<br />

City, non la trovavo più terrificante.<br />

Neanche accogliente, però tranquilla. Mi<br />

sono già desensibilizzato? No, è qualcosa<br />

<strong>di</strong> più: è che io sono milanese. Questa<br />

notte, tornando a casa dall'università, mi<br />

sono reso conto ancora una volta che la<br />

vita ‘reale’ è molto più immorale dei videogiochi<br />

più violenti. Per ‘vita reale’ non<br />

intendo gli aeroplani carichi <strong>di</strong> bombe.<br />

Non intendo i serial killer. Sto parlando<br />

dell'orrore quoti<strong>di</strong>ano, quel tipo <strong>di</strong> orrore<br />

che accettiamo con riluttanza e <strong>di</strong>amo per<br />

scontato. Quello che <strong>di</strong>venta invisibile,<br />

trasparente, <strong>di</strong>lagante. L'orrore architettonico<br />

che ci circonda, per esempio - la<br />

bruttezza <strong>di</strong> Milano è insuperabile - la meschinità<br />

della gente <strong>di</strong> tutti i giorni nelle<br />

strade, nei negozi, nei mezzi pubblici...<br />

In altre parole: Manhunt è innocuo,<br />

mentre la ‘vera’ Milano è immorale. Ciò<br />

che mi colpisce è che la gente sembra<br />

ossessionata dall'idea <strong>di</strong> mettere al bando<br />

i videogiochi (e i film, e i fumetti, e la musica...)<br />

mentre nessuno richiede la forma<br />

<strong>di</strong> censura più logica. Quella delle nostre<br />

brutte, meschine, sporche città. Manhunt<br />

è un gioco. La corruzione e la depravazione<br />

<strong>di</strong> Milano, sfortunatamente, sono terribilmente<br />

autentiche. Il suo insopportabile<br />

inquinamento è molto più pericoloso <strong>di</strong><br />

tutti i criminali <strong>di</strong> Carcer City messi insieme.<br />

La maleducazione delle persone che<br />

abitano questo incubo urbano è molto più<br />

spaventosa della passione <strong>di</strong> Lionel per gli<br />

snuff movie. È l'ora <strong>di</strong> punta, e mentre<br />

scrivo sento lo strombazzare impazzito<br />

degli automobilisti bloccati nel traffico.<br />

Pensate all'inizio <strong>di</strong> Un giorno <strong>di</strong> or<strong>di</strong>naria<br />

follia (ma la realtà, come al solito, supera<br />

la fantasia). Mi chiedo: che cos'è più <strong>di</strong>sturbante:<br />

lo ‘strombazzare’ o la rappresentazione<br />

su schermo <strong>di</strong> omici<strong>di</strong> virtuali,<br />

benché espliciti? Che cosa fa più paura,<br />

venire "uccisi" in Manhunt o venire investiti<br />

da qualche i<strong>di</strong>ota a 80km/h che non<br />

si ferma per lasciare che i pedoni attraversino<br />

la strada (tendenzialmente l'80%<br />

degli automobilisti milanesi... la verità è<br />

che se un gioco come Manhunt può tenere<br />

gli i<strong>di</strong>oti alla larga dalle strade della<br />

verminosa Milano, presto andrò in giro a<br />

regalarlo un po’ a tutti)? Milano, proprio<br />

come Carcer City, non ha fascino, figuriamoci<br />

un'anima. Carcer City è ciò che<br />

sta <strong>di</strong>ventando Milano. È Milano dopo il<br />

definitivo, imminente collasso.<br />

Milano, Piazza Fontana, a due passi dal<br />

Duomo.<br />

Fermi tutti, sta squillando il telefono: è<br />

una giornalista <strong>di</strong> uno dei più venduti<br />

giornali italiani. Mi chiede se penso che<br />

Manhunt sia deplorevole. Rispondo<br />

“nient'affatto, ma Milano sì” lei sogghigna,<br />

e passa oltre “No, seriamente” riba<strong>di</strong>sco,<br />

“Sì seriamente”. Farfuglia qualcosa che<br />

non riesco a capire (qualche i<strong>di</strong>ota sta<br />

strombazzando furiosamente) e poi chiude<br />

la conversazione. Amen. Sul minuscolo<br />

marciapiede, rapaci consumatori sono<br />

pronti ad ucciderti se rallenti la loro marcia<br />

verso il negozio più vicino (pensate a<br />

L'alba dei morti viventi <strong>di</strong> Romero). Atmosfera<br />

natalizia, che gioia. Nessuno sorride<br />

in Manhunt. Ma Milano è molto peggio.<br />

Le persone hanno uno sguardo rabbioso.<br />

L’ira trapela dai loro occhi (pensate a 28<br />

giorni dopo <strong>di</strong> Danny Boyle). Stanno<br />

“working hard to order take away food”<br />

(l'ultima campagna pubblicitaria Diesel è<br />

genio puro). In Manhunt, puoi sottoporre<br />

le tue vittime a una serie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cibili tormenti,<br />

noncurante <strong>di</strong> qualsiasi ragione<br />

perché la violenza in sé è irrazionale e la<br />

moralità non è un'opzione. Tuttavia, ritengo<br />

molto più umiliante essere sottoposto<br />

ai più veniali orrori della città. L'ironia<br />

è che molti richiedono la messa al bando<br />

<strong>di</strong> Carmageddon, Doom e Resident<br />

Evil. Produrrebbe un risultato infinitamente<br />

migliore la messa al bando dell'intera<br />

città, dal momento che manifesta a più<br />

livelli un'inclinazione alla violenza molto<br />

più pericolosa. Che cosa è più offensivo?<br />

Uno snuff movie simulato o file su file <strong>di</strong><br />

automobili parcheggiate sul marciapiede?<br />

Che cosa è più dannoso? L'immagine <strong>di</strong> un<br />

avatar che strangola un altro personaggio<br />

virtuale con un pipistrello o l'aria irrespirabile<br />

<strong>di</strong> Milano? Che cosa è più umiliante,<br />

la rappresentazione virtuale <strong>di</strong> abusi fisici<br />

e avatar morti o la vera spazzatura e le<br />

pile <strong>di</strong> immon<strong>di</strong>zia nelle strade? A voi la<br />

scelta.<br />

Manhunt è una metafora. Getta uno<br />

sguardo introspettivo nella cultura contemporanea:<br />

il gioco è molto più complesso<br />

<strong>di</strong> quanto si creda. Carcer City è solo<br />

un altro nome per le prigioni urbane che<br />

abbiamo costruito per noi stessi. Non sto<br />

<strong>di</strong>fendendo la violenza per sé. È che la<br />

24<br />

violenza in Manhunt è contestualizzata.<br />

La violenza reale – leggi: l’ira, l’aggressività<br />

e l’ostilità che pervadono la vita<br />

quoti<strong>di</strong>ana – è pura pazzia, una combinazione<br />

<strong>di</strong> atti insensati che occasionalmente<br />

conducono a esplosioni <strong>di</strong> violenza in<strong>di</strong>cibile.<br />

Manhunt offre uno storyline (molto<br />

esile, statene certi) che paradossalmente<br />

esplica la funzione della violenza (come<br />

accennato in precedenza, il gioco porta<br />

tra le sue mani lorde <strong>di</strong> sangue un messaggio<br />

ultra-Darwiniano, sta a voi accettarlo<br />

o meno). La sfrutta, naturalmente, e<br />

incoraggia fantasie <strong>di</strong> vendetta e ritorsione.<br />

Ma allo stesso tempo, consegna la<br />

chiave per deco<strong>di</strong>ficarla/interpretarla. È<br />

razionalizzata, a modo suo. La violenza<br />

reale, dal canto suo, raramente ha una<br />

logica. Il combattimento esplicito su<br />

schermo non è spaventoso quanto i conflitti<br />

metaforici che hanno luogo per le<br />

strade (inquinamento, traffico, il rumore<br />

assordante, l’anonimato, l’apatia, i crimini,<br />

l’ostilità generale). Il gioco si può spegnere,<br />

ma non si può isolarsi dall’atrocità<br />

della prigione, pardon, della città.<br />

__________________________Nota<br />

[1] James Earl Cash suona un po' come<br />

James Earl Ray, l'assassino <strong>di</strong> Martin Luther<br />

King, mi chiedo se la cosa sia voluta...<br />

Probabilmente sì, considerando che il<br />

nome <strong>di</strong> un altro personaggio, Lionel<br />

Starkeather aka “il regista” richiama il<br />

'vero' criminale Charles Starkweather,<br />

scellerato omicida che insieme alla fidanzata<br />

Caril Fugate terrorizzò gli Stati Uniti<br />

dei tar<strong>di</strong> anni '50. La loro storia ispirò Natural<br />

Born Killers <strong>di</strong> Tarantino, pardon,<br />

Oliver Stone, ma anche Kalifornia <strong>di</strong> Dominic<br />

Sena e La rabbia giovane <strong>di</strong> Terrence<br />

Malick.<br />

:SMS-Rece:<br />

oRCHITE aCUTA___<br />

[Spellcross]<br />

<strong>di</strong> Gunny<br />

Spellcross è<br />

un RTS per PC<br />

dove armate <strong>di</strong><br />

orchi e nani<br />

affrontano plotoni <strong>di</strong> carri<br />

armati in un maldestro<br />

scenario post-atomico.<br />

Trama zero. Grafica <strong>di</strong><br />

merda. Autobotti <strong>di</strong> bugs.<br />

Voto D, più Scatarro <strong>Ring</strong>hico<br />

creato per l'occasione<br />

(bello giallo e pastoso, gocciolante<br />

sopra il voto. Magari<br />

con residuo <strong>di</strong> colazione a<br />

casa Emalord).


:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />

mONETINE e cANNONCINI pER iL cAMERATA gANDHI _________<br />

[Sid Meier’s Civilization]<br />

<strong>di</strong> Paolo Ruffino<br />

Una comme<strong>di</strong>a in tre atti dai toni forti adatta ad un pubblico impegnato<br />

Ouverture<br />

Perché parlare <strong>di</strong> Civilization? Cosa c’è<br />

da approfon<strong>di</strong>re in un’opera del genere,<br />

che non si pone l’obiettivo <strong>di</strong> raccontarci<br />

una storia, non ha dei personaggi, ma<br />

vuole solo farci giocare? Per <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong><br />

qualcosa bisogna che questa veicoli un<br />

messaggio, ma che razza <strong>di</strong> messaggio<br />

lancia Civilization?<br />

L’idea alla base <strong>di</strong> questo indepth è che<br />

ogni opera umana sia ideologicamente<br />

carica, per il semplice fatto che alle sue<br />

spalle c’è un in<strong>di</strong>viduo pensante. E se c’è<br />

un’ideologia c’è qualcosa da stu<strong>di</strong>are, <strong>di</strong><br />

cui <strong>di</strong>scutere. Se è stato fatto da un uomo,<br />

avrà al suo interno il modo <strong>di</strong> pensare<br />

<strong>di</strong> quell’uomo, la sua cultura. Anche se<br />

Sid Meier non avesse voluto trasmettere<br />

nulla il fatto stesso che abbia deciso <strong>di</strong><br />

fare un videogioco e l’abbia fatto esattamente<br />

in quel modo, che abbia fatto<br />

determinate scelte per rappresentare<br />

elementi <strong>di</strong>versi, ci sta parlando <strong>di</strong> lui e<br />

del mondo che gli sta <strong>di</strong>etro.<br />

1- Il giocatore<br />

Il player <strong>di</strong> Civilization è una figura più<br />

complessa <strong>di</strong> quel che può apparire ad<br />

una prima occhiata. Innanzitutto il gioco<br />

si mostra simile, nell’interfaccia e nella<br />

grafica, a Populus <strong>di</strong> Peter Molyneux o<br />

Sim City <strong>di</strong> Will Wright. Ma il giocatore<br />

non è né un <strong>di</strong>o né un sindaco: è il governatore<br />

<strong>di</strong> una civiltà. Inoltre, non si<br />

trova tra le mani un videogioco “infinito”,<br />

persistente: c’è un inizio del gioco ed un<br />

obiettivo da raggiungere, non ci si può<br />

sbizzarrire più <strong>di</strong> tanto con le sue componenti.<br />

Se il player <strong>di</strong> Sim City ha tra le<br />

mani una scatola <strong>di</strong> Lego che può montare<br />

e smontare a piacimento, quello <strong>di</strong><br />

Civilization non si trova in un terreno <strong>di</strong><br />

gioco libero. Will Wright, citato da Bittanti<br />

1 , ha definito i titoli della sua serie<br />

“Sim” dei “software toy”, dei “software<br />

giocattoli”, proprio per sottolinearne<br />

l’aspetto <strong>di</strong>namico e fluido adatto ad<br />

un’interazione creativa. Civilization è<br />

molto più lineare: le <strong>di</strong>verse strade per la<br />

vittoria 2 che vengono offerte sono tutte<br />

riconducibili al concetto <strong>di</strong> “ucci<strong>di</strong> o sarai<br />

ucciso”. Gli obiettivi sono univoci ed inequivocabili<br />

ed il gioco non si adatta a<br />

tutte le idee malsane che possono frullare<br />

nella testa del player: allontanarsi dalla<br />

“retta via” significa semplicemente non<br />

poter fare tutto quello che si vorrebbe.<br />

Se per esempio ci si volesse <strong>di</strong>vertire a<br />

razziare i campi arati degli avversari si<br />

dovrebbe attuare un’attenta politica<br />

economica tale da consentire il sostegno<br />

<strong>di</strong> molte truppe, oltre che “switchare” ad<br />

una forma <strong>di</strong> governo adeguata. Niente<br />

affatto semplice. Distruggere col bulldozer<br />

gli e<strong>di</strong>fici o torturare i propri fedeli/sud<strong>di</strong>ti<br />

non sono azioni possibili in Civilization.<br />

William Stephenson 3 nota come sia<br />

possibile giocare in modo deviante attraverso<br />

i “cheat mode” attivabili dall’appo-<br />

Allora, se accettiamo quanto detto,<br />

dobbiamo considerare Civilization meritevole<br />

<strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o: Sid Meier, nel tentativo<br />

<strong>di</strong> farci giocare con la Storia, ci sta<br />

fornendo una sua interpretazione <strong>di</strong> questa,<br />

che ne sia consapevole o meno. E<br />

poiché una riflessione sul progresso umano<br />

si deve portare appresso anche<br />

delle riflessioni sulla Geografia, sulla Politica,<br />

sull’Economia, sull’Antropologia, e<br />

chi più ne ha più ne metta, allora<br />

un’analisi <strong>di</strong> Civilization dovrà prendere<br />

in considerazione anche il modo in cui<br />

l’autore le ha volute rappresentare, anche<br />

(e forse soprattutto) nel caso in cui<br />

queste siano state del tutto omesse.<br />

A questo punto <strong>di</strong>venta davvero interessante<br />

cercare <strong>di</strong> capire come un semplice<br />

videogioco abbia fatto i conti con<br />

questo fardello: rappresentare la Storia<br />

dell’uomo, e giocare con questa.<br />

Nel caso vi fosse venuto in mente, per<br />

citare Magritte, questa non è una<br />

pip(p)a.<br />

sito menu. In realtà, mi sembrano più<br />

che altro delle aggiunte per far <strong>di</strong>vertire<br />

chi ha già esplorato tutti i segreti del titolo<br />

Microprose, o degli strumenti per<br />

stu<strong>di</strong>are la meccanica del gioco, niente <strong>di</strong><br />

più. Stephenson trova nel cheat “Set<br />

Human Player”, che permette <strong>di</strong> passare<br />

al controllo <strong>di</strong> una civiltà nemica, o nell’<br />

“E<strong>di</strong>t King”, che consente <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare la<br />

politica <strong>di</strong> un sovrano avversario, dei<br />

punti <strong>di</strong> partenza per una riflessione critica<br />

su “come funziona il mondo”. Come<br />

cercherò <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare, il titolo <strong>di</strong> Meier è<br />

abbastanza lontano da una consapevole<br />

funzione critica, che può essere tutt’al<br />

più trovata ad un livello sottocutaneo.<br />

Un altro aspetto che ci sembra fondamentale<br />

sottolineare è la riduzione del<br />

player a puro calcolatore. Non avendo<br />

spazio per soluzioni creative, il giocatore<br />

<strong>di</strong> Civilization non dovrà fare altro che<br />

elaborare i risultati ottenuti e confrontarli<br />

con l’obiettivo che si è prefissato <strong>di</strong> raggiungere,<br />

e <strong>di</strong> conseguenza orientare le<br />

sue azioni in base alla <strong>di</strong>fferenza che si è<br />

venuta a creare tra questi due. Niente <strong>di</strong><br />

più e niente <strong>di</strong> meno dell’automa <strong>di</strong> Wiener<br />

4 . Niente <strong>di</strong> più, perché mai come in<br />

Civilization “pensare troppo fa male”, e<br />

niente <strong>di</strong> meno, se si vuole vincere la<br />

partita. Lo stesso Wiener, parlando <strong>di</strong><br />

“Monopoli” (ma il <strong>di</strong>scorso si adatta benissimo<br />

anche a Civilization) nota come<br />

“esso è rigorosamente soggetto alla teoria<br />

generale dei giochi, sviluppata da von<br />

Neumann e Morgenstern. Questa teoria<br />

si basa sul presupposto che ogni giocatore,<br />

ad ogni sta<strong>di</strong>o del gioco, in base<br />

all’informazione <strong>di</strong> cui in quel momento<br />

<strong>di</strong>spone, gioca secondo una politica del<br />

tutto razionale che gli assicura alla fine la<br />

massima vincita possibile”. L’opera <strong>di</strong><br />

Meier la si padroneggia quando si riesce<br />

a scomporre l’obiettivo finale in tanti go-<br />

25<br />

als uno successivo all’altro, e quando si<br />

riesce ad adattare quest’ultimi ai continui<br />

mutamenti delle forze in campo. Ted<br />

Friedman 5 sottolinea come questo processo<br />

<strong>di</strong>venti sempre più veloce ed imme<strong>di</strong>ato<br />

man mano che il giocatore <strong>di</strong>venta<br />

esperto, fino a farlo entrare in una<br />

sorta <strong>di</strong> simbiosi con l’elaboratore elettronico.<br />

In effetti se nelle prime fasi <strong>di</strong><br />

gioco le variabili da calcolare sono poche,<br />

le fasi finali (generalmente l’ultimo secolo)<br />

vedono talmente tante unità attive,<br />

rapporti <strong>di</strong>plomatici infuocati e <strong>di</strong>sperate<br />

corse ad Alpha Centauri che sarebbe impossibile<br />

tenere sott’occhio ogni input. Si<br />

comincia ad agire quasi d’istinto, ma se<br />

non si è abbastanza esperti si pone anche<br />

meno attenzione ai dettagli e si comincia<br />

a perdere…<br />

Bittanti 1 , notando come la defecazione<br />

abbia grande importanza nell’analisi della<br />

cultura contemporanea, sottolinea la vicinanza<br />

<strong>di</strong> questa con il flusso continuo <strong>di</strong><br />

input-output che caratterizza l’automa <strong>di</strong><br />

Wiener. Baudrillard, citato dallo stesso<br />

Bittanti, spiega che “se l’ipocondria è<br />

l’ossessione puntualizzata sulla circolazione<br />

delle sostanze e sulla funzionalità<br />

degli organi primari, in una certa misura<br />

si potrebbe definire l’uomo moderno, il<br />

cibernetico, un ipocondriaco cerebrale,<br />

ossessionato dall’assolutezza della circolazione<br />

dei messaggi”. Ora, se pensiamo<br />

che in Civilization per far crescere le<br />

proprie città, e dunque la propria civiltà,<br />

bisogna dare ai citta<strong>di</strong>ni prima da mangiare,<br />

e poi un acquedotto e un sistema<br />

fognario, ecco che il (ri)ciclo è completo:<br />

l’automa, il cyborg, così come l’uomo<br />

moderno ed i pupazzi <strong>di</strong> Sid Meier, vivono,<br />

prosperano e sono in pace con se<br />

stessi se mangiano e cagano una volta al<br />

dì…


:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />

2- Tesi: giochiamo con la Storia<br />

Civilization può essere paragonato ad<br />

una partita a scacchi, solo con molte più<br />

variabili in campo. Non è un caso se gli<br />

scacchi sono stati, da sempre, il gioco<br />

preferito degli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> Intelligenza<br />

Artificiale: sono abbastanza complessi da<br />

non risultare banali, ma mantengono la<br />

loro <strong>di</strong>mensione rigorosamente logica.<br />

Una partita a scacchi, come una sessione<br />

<strong>di</strong> Civilization, può essere astratta e<br />

rappresentata con dei numeri. Ma cosa<br />

permette questa astrazione? Il fatto che<br />

sono entrambi dei giochi costruiti in modo<br />

razionale, e non c’è possibilità <strong>di</strong><br />

frainten<strong>di</strong>mento in nessuno dei due. Se è<br />

scacco matto è scacco matto, ogni azione<br />

è possibile o non è possibile.<br />

Ricordo con una certa inquietu<strong>di</strong>ne un<br />

gioco da tavola della mia infanzia. Molti<br />

<strong>di</strong> voi lo avranno bene in mente, si chiamava<br />

“L’Isola <strong>di</strong> Fuoco”. Per un anno<br />

andò davvero a ruba perché offriva qualcosa<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso dagli altri giochi. Quel<br />

qualcosa, adesso che sono cresciuto,<br />

credo <strong>di</strong> poterlo definire. In alcuni momenti<br />

un giocatore poteva far cadere<br />

delle biglie, che rappresentavano delle<br />

palle <strong>di</strong> fuoco, lungo il percorso. I giocatori<br />

colpiti dovevano ripartire da delle<br />

caselle arretrate e saltare un turno (sì, a<br />

ripensarci era soltanto una versione avanzata<br />

del “Gioco dell’Oca”…). Il lancio<br />

della biglia portava in sé qualcosa <strong>di</strong> originale,<br />

aggiungeva infatti in un gioco del<br />

tutto matematico un elemento impossibile<br />

da astrarre: posso <strong>di</strong>re con certezza in<br />

quale casella mi trovo, posso esprimere il<br />

numero del lancio del dado e le conseguenze<br />

<strong>di</strong> una carta, ma cos’è che mi fa<br />

<strong>di</strong>re con assoluta certezza quando la Palla<br />

<strong>di</strong> Fuoco ha colpito il mio omino? “Toccare”<br />

non è un’azione univoca, così come<br />

non è sempre uguale a se stessa la caduta<br />

della biglia. Questo, che non è altro<br />

che un passaggio da una mentalità <strong>di</strong>gitale<br />

ad una analogica, causava non pochi<br />

litigi tra i bambini. La sorte <strong>di</strong> un pupazzino<br />

che era stato sfiorato dalla biglia<br />

non era prevista dal regolamento, e veniva<br />

stabilita da uno scontro <strong>di</strong>alettico<br />

che chiamava in causa la Teoria della<br />

Relatività e la geometria euclidea.<br />

L’esempio ci aiuta (mi auguro) a capire<br />

cosa NON accade in Civilization: non<br />

esiste “sfiorare”, non esistono biglie dal<br />

moto sempre <strong>di</strong>verso a se stesso. Le uni-<br />

3- Antitesi e Sintesi: deus ex(tra) machina<br />

O Sì? Non è che forse siamo soltanto<br />

abituati così, e non riusciamo ad immaginare<br />

nulla <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso?<br />

Gli stu<strong>di</strong> sull’Intelligenza Artificiale si<br />

sono scontrati con una lunga serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />

quando si sono posti il problema<br />

<strong>di</strong> rappresentare i cosiddetti bias cognitivi,<br />

cioè gli errori nel calcolo della probabilità<br />

che tutti gli uomini compiono normalmente.<br />

Si è calcolato ad esempio che<br />

<strong>di</strong> fronte a casi <strong>di</strong> probabilità con<strong>di</strong>zionata<br />

(cioè probabilità che accada un evento<br />

con<strong>di</strong>zionato dal successo <strong>di</strong> un altro evento<br />

precedente) un soggetto non compie<br />

il calcolo necessario a stimare le reali<br />

possibilità <strong>di</strong> successo 6 ma si affida ad<br />

una specie <strong>di</strong> intuito. Come rappresentare<br />

questo intuito in una macchina, che<br />

invece calcolerà automaticamente la<br />

probabilità, anche attraverso un’elabora-<br />

tà sono o in una casella o in un’altra,<br />

morte o vive.<br />

Ma allora, se accettiamo questa considerazione,<br />

come possiamo pretendere <strong>di</strong><br />

parlare della Storia attraverso un sistema<br />

binario così rigido? La Storia è ricca<br />

<strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni, è fatta da uomini che<br />

provano dei sentimenti, e non possiamo<br />

rappresentare la ricchezza <strong>di</strong> un sentimento<br />

attraverso un gioco così strutturato.<br />

Un gioco non può fare a meno<br />

dell’univocità. L’”Isola <strong>di</strong> Fuoco” aveva<br />

quell’eccezione, ma per il resto non si<br />

tirava fuori da questa legge generale. Il<br />

motivo per cui i videogiochi esaltano l’assunto<br />

appena esposto deriva, a mio modesto<br />

parere, dalla necessità del controllo.<br />

Le teorie <strong>di</strong> Wiener non ci permettono<br />

<strong>di</strong> costruire un automa se questo non è<br />

in grado <strong>di</strong> astrarre la realtà. Un movimento<br />

sarà da un punto A ad un punto<br />

B, in cui A e B sono dati e non si possono<br />

confondere tra loro. Allo stesso modo<br />

non è immaginabile un videogioco che<br />

ponga degli obiettivi che non sono chiari:<br />

possono non esserlo al giocatore, ma ci<br />

saranno sempre delle con<strong>di</strong>zioni esatte al<br />

cui raggiungimento la partita sarà vinta<br />

(o persa).<br />

Scontrandosi con questa realtà dei fatti,<br />

il gioco <strong>di</strong> Sid Meier cade nel ri<strong>di</strong>colo.<br />

Nel suo tentativo <strong>di</strong> rappresentare degli<br />

avvenimenti storici, la complessità della<br />

gestione <strong>di</strong> uno stato, il progresso scientifico<br />

e quant’altro, non riesce a fare a<br />

meno <strong>di</strong> ridurre il tutto ai minimi termini,<br />

in modo che sia controllabile. Per esempio,<br />

riduce i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> una nazione a<br />

semplice numero. Il <strong>di</strong>ssenso non è altro<br />

che una certa percentuale <strong>di</strong> unità segnate<br />

in rosso. A tutti gli effetti si può<br />

<strong>di</strong>re che in Civilization vengono rappresentati<br />

degli stati, ma nessuna nazione,<br />

dove ovviamente con nazione si intende<br />

la comunità <strong>di</strong> persone che con<strong>di</strong>vidono<br />

consapevolmente un patrimonio <strong>di</strong> credenze,<br />

costumi, tra<strong>di</strong>zioni storiche e linguistiche,<br />

mentre lo stato è la mera entità<br />

tecnico giuri<strong>di</strong>ca. I nostri sud<strong>di</strong>ti (o<br />

compagni, o citta<strong>di</strong>ni, a seconda del tipo<br />

<strong>di</strong> governo scelto) sono numeri, non uomini.<br />

Già questo preclude la possibilità <strong>di</strong><br />

vederli protagonisti del Gioco della Storia.<br />

Civilization inoltre offende le culture<br />

riducendo le popolazioni a giocatori pressoché<br />

in<strong>di</strong>fferenti. I Cinesi, come i Sioux<br />

zione complessa? Per assurdo, in alcuni<br />

casi, le routine <strong>di</strong> IA non riproducono una<br />

mente umana perché troppo perfette…<br />

Ma è questo il nostro problema? O<br />

siamo forse caduti in un equivoco, cercando<br />

<strong>di</strong> sviscerare questo Civilization,<br />

che ci ha portato sulla cattiva strada?<br />

A pensarci bene (ma neanche troppo<br />

bene) un in<strong>di</strong>zio per uscire da questo<br />

tunnel ce l’abbiamo sotto gli occhi. Questo<br />

testo vi sta facendo riflettere, mi auguro,<br />

e se così non fosse ricordatevi<br />

l’ultimo testo scritto che vi ha fatto pensare.<br />

Non è costruito, anche un testo<br />

scritto, come un videogioco, cioè da unità<br />

<strong>di</strong>stinte? Le singole lettere sono unità<br />

<strong>di</strong>screte, e non esiste possibilità <strong>di</strong> confonderle<br />

tra <strong>di</strong> loro. Eppure, nonostante<br />

questa “rigi<strong>di</strong>tà”, un testo scritto può<br />

essere critico, ammettere una tesi ma<br />

26<br />

e gli In<strong>di</strong>ani, avranno tutti un bell’aspetto<br />

da WASP, e il loro comportamento quando<br />

controllati dalla CPU sarà dettato da<br />

un buffissimo pregiu<strong>di</strong>zio sommario: i<br />

Giapponesi cercheranno <strong>di</strong> perfezionare il<br />

progresso tecnologico, i Mongoli saranno<br />

bellicosi, gli Spagnoli espansionisti…<br />

Altro aspetto curioso è la rappresentazione<br />

del tempo. Gli anni che passano<br />

sono un modo per in<strong>di</strong>care lo scorrere<br />

dei turni <strong>di</strong> gioco. In tutto il mondo si<br />

adotta lo stesso calendario, che parte dal<br />

4.000 a.C e termina nel 2020 d.C (ma,<br />

accidenti, nel gioco non c’è la nascita <strong>di</strong><br />

Cristo!). L’Arte, la Religione e il Colosseo<br />

hanno tutti la stessa funzione: far felice il<br />

popolo.<br />

Una buona gestione della propria civiltà<br />

deve tenere in considerazione le massime<br />

<strong>di</strong> “panem et circenses” e “si vis<br />

pacem, para bellum”, come se si potesse<br />

ridurre la crescita <strong>di</strong> un popolo a degli<br />

assunti, eccessivamente semplificatori<br />

oltre che carichi <strong>di</strong> cinismo.<br />

Si potrebbe obiettare che non poteva<br />

che essere così: come si può realizzare<br />

un gioco che prenda in considerazione<br />

ogni sfumatura del reale, e mantenerlo<br />

<strong>di</strong>vertente? Non sarebbe <strong>di</strong>vertente proprio<br />

perché ci sfuggirebbe <strong>di</strong> mano, come<br />

si può controllare la reazione del mondo<br />

<strong>di</strong> fronte ad un qualunque avvenimento?<br />

La si può prevedere, ma non ne possiamo<br />

essere certi. Il problema è che il videogioco<br />

si basa solo su certezze…<br />

Allora possiamo concludere che il videogioco<br />

è in uno scacco: non può pretendere<br />

<strong>di</strong> far riflettere, perché è <strong>di</strong>gitale, è<br />

costruito su un linguaggio binario, mentre<br />

qualunque forma <strong>di</strong> riflessione è<br />

sfuggevole come tutto quello che è analogico.<br />

La critica può ammettere qualcosa ma<br />

anche il suo contrario. Il videogioco No.<br />

anche il suo contrario. In poche parole,<br />

far riflettere.<br />

Sid Meier è un puzzone, perché si è voluto<br />

impegnare in un progetto immenso<br />

con dei mezzi antiquati, per nulla <strong>di</strong>versi<br />

da quelli <strong>di</strong> chi fa dei videogiochi normalissimi.<br />

Ha voluto farci giocare con la<br />

Storia come se fosse un attacco ad una<br />

base aliena, come una partita <strong>di</strong> tennis,<br />

come fosse un puzzle. Come se si trattasse<br />

<strong>di</strong> un videogioco qualunque. Nel<br />

farlo, pur creando un’opera immensa dal<br />

punto <strong>di</strong> vista prettamente lu<strong>di</strong>co, ha<br />

rafforzato la credenza che abbiamo appena<br />

analizzato secondo la quale un videogioco<br />

non può rappresentare qualcosa<br />

<strong>di</strong> illogico, paradossale, contrad<strong>di</strong>ttorio<br />

o irrazionale. Tecnicamente questo<br />

non è possibile, ma <strong>di</strong>venta possibile se


:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />

spostiamo la riflessione “dentro” il giocatore.<br />

Un testo scritto può far scattare una<br />

scintilla nel lettore, abbiamo detto. Come<br />

può ottenere lo stesso effetto un videogioco?<br />

Il gameplay, che <strong>di</strong>stingue il mezzo<br />

videolu<strong>di</strong>co, può avere una funzione<br />

critica. I controlli del gioco possono catturare<br />

una sensazione, basti pensare,<br />

per fare un esempio, ad Italiani brava<br />

gente 7 in cui la semplicissima meccanica<br />

Conclusioni: e tutti vissero felici e confusi<br />

Alcuni osservatori del gioco <strong>di</strong> Meier vi<br />

hanno voluto vedere una critica al capitalismo,<br />

altri una sua esaltazione, altri<br />

ancora entrambe le cose. Ma appare evidente<br />

come nelle intenzioni <strong>di</strong> Meier non<br />

ci fosse nulla <strong>di</strong> tutto questo: le riflessioni<br />

che ne traiamo sono personali interpretazioni<br />

che, per quanto interessanti,<br />

non trovano riscontro nella concezione<br />

che ha l’autore del mezzo videogioco.<br />

Per esprimere un giu<strong>di</strong>zio su un videogioco,<br />

come per qualunque altra opera<br />

umana, mi sembra sia fondamentale cercare<br />

<strong>di</strong> comprendere l’intenzione dell’autore.<br />

Provare ad estrapolarla tra le righe,<br />

quando questa non fosse evidente. In<br />

Civilization, per quanto mi sono sforzato,<br />

non ho trovato nulla che andasse oltre<br />

il gioco: l’intenzione <strong>di</strong> Sid Meier era<br />

far <strong>di</strong>vertire i giocatori e, <strong>di</strong>amine, c’è<br />

riuscito in pieno! Quin<strong>di</strong> non c’è spazio<br />

per l’accusa: l’imputato è innocente, can<strong>di</strong>do<br />

come una colomba.<br />

Mi permetto però <strong>di</strong> esprimere, alla luce<br />

<strong>di</strong> quanto detto in questo Indepth,<br />

alcune considerazioni. Sid Meier poteva<br />

creare qualcosa <strong>di</strong> nuovo, e invece si è<br />

limitato a dare alla luce un videogioco<br />

eccezionale, ma sostanzialmente uguale<br />

Note<br />

[1] In The Sims: Similitu<strong>di</strong>ni, Simboli e Simulacri, Unicopli e<strong>di</strong>tore<br />

riesce a dare quella sensazione <strong>di</strong> precarietà<br />

con cui gli immigrati approdano sulle<br />

coste italiane. Sulle navi dell’opera <strong>di</strong><br />

Antonio Riello “si sta come d’autunno<br />

sugli alberi le foglie”…<br />

Qui non è il videogioco <strong>di</strong> per sé ad avere<br />

qualcosa <strong>di</strong> speciale, è il player a<br />

leggere il testo e a commuoversi.<br />

Altro caso emblematico analizzato sulle<br />

pagine <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> è quello <strong>di</strong> Ico, che secondo<br />

DarknessHeir è “il primo titolo in<br />

a tutti gli altri videogiochi. Riallacciandoci<br />

all’ouverture, possiamo <strong>di</strong>re che l’omissione<br />

<strong>di</strong> qualunque riflessione sulla Storia<br />

è in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una concezione del videogioco<br />

limitata: essenzialmente Meier sottovaluta<br />

il mezzo che sta usando.<br />

Ci vuole far giocare con il progresso<br />

umano, ma in realtà ci mette davanti ad<br />

un percorso a tappe in cui viene riprodotto<br />

l’evolversi <strong>di</strong> una sola cultura. Per<br />

cui, sia che interpretiamo i Cinesi o gli<br />

Americani, dovremo scoprire il Co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

Leggi, la Scrittura, il Laboratorio <strong>di</strong> Leonardo…<br />

Non ci viene data la possibilità <strong>di</strong><br />

costruire una cultura davvero nostra, in<br />

cui non venga mai realizzato un sistema<br />

<strong>di</strong> scrittura , in cui non domini il pensiero<br />

sequenziale, in cui Newton non sia mai<br />

esistito.<br />

Perché non ci viene data la possibilità<br />

<strong>di</strong> costruire le nostre Wonders of the<br />

World, ma solo <strong>di</strong> ripetere quelle che abbiamo<br />

letto sui libri <strong>di</strong> scuola?<br />

Questi pochi in<strong>di</strong>zi potrebbero riaprire<br />

un processo a Civilizaton, in cui l’accusa<br />

sarebbe appunto <strong>di</strong> omissione e sottovalutazione<br />

del mezzo. Sid Meier non si<br />

rende conto <strong>di</strong> quanto sia razzista la sua<br />

opera: stabilire un unico modello <strong>di</strong> pro-<br />

27<br />

grado <strong>di</strong> comunicare il proprio significato<br />

attraverso il gameplay” (cfr.<strong>Ring</strong>#2). Ma<br />

è chiaro che non sono i coman<strong>di</strong> <strong>di</strong> per<br />

sé a caricare l’opera <strong>di</strong> senso, ma<br />

l’interazione, il modo in cui si fruisce <strong>di</strong><br />

questa.<br />

La soluzione, per concludere, non è<br />

nel gioco ma nel giocatore.<br />

gresso è quanto <strong>di</strong> più aberrante si possa<br />

immaginare.<br />

Un gioco in cui io possa creare da zero<br />

nuovi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vivere e <strong>di</strong> pensare sarebbe<br />

davvero una riflessione sui processi<br />

culturali, e dunque sulla <strong>di</strong>versità. Sarebbe<br />

una riflessione sulla Storia, sugli<br />

infiniti mo<strong>di</strong> in cui questa può svolgersi.<br />

E, come riflessione sulla Storia, si porterebbe<br />

appresso anche una riflessione<br />

sulla Geografia, la Politica, l’Economia, la<br />

Sociologia…<br />

[2] Si può vincere o sopprimendo le civiltà avversarie con le armi, o superandole in tecnologia arrivando per primi a costruire una base<br />

su Alpha Centauri. Ma anche questa seconda soluzione non concepisce il progresso scientifico come buono <strong>di</strong> per se, da chiunque venga.<br />

La Cura per il Cancro rende felice solo il popolo che l’ha scoperta, anche se in teoria ne dovrebbe beneficiare il mondo intero. Da qui<br />

derivano tattiche, più o meno viscide, <strong>di</strong> sopraffazione dell’avversario: posso non avere un grande esercito, ma allora mi dovrò preoccupare<br />

<strong>di</strong> convincere altri a far la guerra contro chi mi sta “antipatico”.<br />

[3] The Microserfs are revolting: Sid Meier’s Civilization2, in Bad Subjects #45, Ottobre 1999 http://eserver.org/bs/45/stephenson.html<br />

[4] Nel suo “La cibernetica: controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina” Il Saggiatore, 1968, Norbert Wiener concentra i<br />

suoi stu<strong>di</strong> sui mo<strong>di</strong> in cui gli esseri viventi controllano la proprie azioni, e teorizza la riproduzione in una macchina <strong>di</strong> questi processi.<br />

Impegnato per conto del Ministero della Difesa degli Stati Uniti nel capire come si potessero creare dei missili capaci <strong>di</strong> orientare il proprio<br />

movimento in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un obiettivo, Wiener giunge alla conclusione che nei processi <strong>di</strong> controllo abbiamo un flusso <strong>di</strong> informazioni<br />

che reinserisce i dati in uscita come dati in ingresso. Detto con parole umane, un automa deve essere dotato <strong>di</strong> sensori per analizzare<br />

la realtà esterna ed effettori per muoversi, agire. Una volta che gli è stato assegnato un obiettivo, i movimenti compiuti per raggiungerlo<br />

(output) vengono inseriti come input in modo che l’automa possa eventualmente mo<strong>di</strong>ficare il suo movimento in base alla<br />

mutata situazione. Secondo Wiener, succede qualcosa <strong>di</strong> simile anche negli animali, negli uomini, in me e in te. Si crea quin<strong>di</strong> un flusso<br />

circolare continuo <strong>di</strong> informazioni che escono e rientrano, vengono rielaborate, riescono, e rientrano…<br />

[5] In Civilization and his <strong>di</strong>scontents: Simulation, Subjectivity and Space, tratto da On a Silver Platter: CD-ROMs and the Promises of a<br />

New Technology, New York University Press http://www.gsu.edu/~jouejf/civ.htm<br />

Si tratta del cosiddetto Teorema <strong>di</strong> Bayes. http://www.giramondo.com/fia/artisti/riello/<br />

Bibliografia<br />

Bittanti Matteo; The Sims: Similitu<strong>di</strong>ni, Simboli e Simulacri, Unicopli, 2003<br />

Pessa Eliano, M. Pietronilla Penna; La rappresentazione della conoscenza. Introduzione alla Psicologia dei Processi Cognitivi, Armando<br />

e<strong>di</strong>tore, 2003<br />

Pessa Eliano, M. Pietronilla Penna; Manuale <strong>di</strong> scienza cognitiva. Intelligenza artificiale classica e psicologia cognitiva, E<strong>di</strong>tori Laterza,<br />

2000<br />

Wiener Norbert, La cibernetica. Controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina, Il Saggiatore <strong>di</strong> Alberto Mondatori E<strong>di</strong>tore,<br />

1968<br />

Alcune delle immagini presenti nell’articolo sono tratte dal Civilization Fanatics Center (http://www.civfanatics.com/).


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

Il sistema <strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> (seconda e ultima apparizione su queste pagine)<br />

Il mondo sta cambiando: Bonolis surclassa quel pianto <strong>di</strong> Striscia la Notizia; un Nuovo Testamento si è aggiunto al<br />

Vecchio, ormai obsoleto; i film de Il Signore degli Anelli rimpiazzano il barboso romanzo.<br />

Anche il sistema <strong>di</strong> valutazione adottato da <strong>Ring</strong> subisce un aggiornamento. Dal numero 9 in poi l’Alphabetic Blessing<br />

Code (ABC) sarà sostituito dal Super Alphabetic Blessing Code Deluxe. Per amici e conoscenti: SABCD.<br />

Lo SABCD consta <strong>di</strong> cinque categorie valutative. Immaginate i verdetti <strong>di</strong> stilosità <strong>di</strong> Devil May Cry; immaginate le<br />

patenti assegnate da Crazy Taxi. Eh, siamo lì.<br />

Vi trovate su una spiaggia. Il Gioco S vi passa davanti.<br />

Sta percorrendo il bagnasciuga a pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong>, i<br />

jeans avvolti sopra i polpacci, fino a giungere in<br />

prossimità <strong>di</strong> un solco tracciato sulla sabbia. Con assoluta<br />

nonchalance, il Gioco S cancella con il piede<br />

tale solco, poi compie qualche passo oltre lo stesso e<br />

traccia un’altra riga. Fuochi d’artificio saturano il cielo<br />

e, <strong>di</strong> riflesso, l’oceano. Le tartarughe ballano allegre<br />

il tip tap sopra le uova appena deposte. I gab-<br />

Semplicemente gran<strong>di</strong>oso. Un Gioco A è un prodotto<br />

<strong>di</strong> primissimo piano. Un progetto vincente che rimane<br />

assai positivamente impresso nei ricor<strong>di</strong> del giocatore,<br />

che ne conserverà la confezione sulla mensola,<br />

oppure non riporterà il DVD al negozio in cui l’ha<br />

noleggiato.<br />

L’errore più grande che si possa fare nel valutare<br />

un gioco è partire dal massimo dei voti per poi sot-<br />

Niente male. Veramente niente male. Il Gioco B si<br />

lascia giocare e compie alla grande il suo porco dovere<br />

<strong>di</strong> intrattenitore, proponendo passaggi esaltanti<br />

e ponendo particolare cura più o meno in tutti i reparti.<br />

C’è però qualcosa che non va. Può trattarsi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti<br />

che incidono un po’ troppo sull’esperienza, ma<br />

Un prodotto assolutamente sufficiente. Un passatempo<br />

in piena regola, senza lode né infamia. Giocare<br />

con un Gioco C non provoca particolari dolori intestinali,<br />

anzi, può ad<strong>di</strong>rittura essere <strong>di</strong>vertente. Sul<br />

serio. Ma in genere, giunti al termine <strong>di</strong> un Gioco C,<br />

proprio durante i titoli <strong>di</strong> coda potreste pensare: “Ma<br />

Banalmente, un gioco brutto. <strong>Ring</strong> vuole troppo bene<br />

a se stessa e ai suoi lettori per recensire con<br />

preme<strong>di</strong>tazione titoli come il se<strong>di</strong>cente Army Men:<br />

Omega Sol<strong>di</strong>er. Ma la storia insegna che, come <strong>di</strong>ce<br />

Tolkien, “le immonde porcate si celano anche in prodotti<br />

<strong>di</strong> alto blasone”, tipo l’ultima avventura della<br />

Il <strong>Ring</strong> Seal<br />

28<br />

biani in formazione a delta cagano fumo come le<br />

frecce tricolore. Takeshi Kitano si suicida con una<br />

ritrovata felicità.<br />

Un Gioco S punta alla rivoluzione e taglia la testa<br />

ai precedenti regnanti. Queso può avvenire grazie ad<br />

un concept innovativo o, più semplicemente, introducendo<br />

nuovi e meravigliosi punti <strong>di</strong> vista in meccaniche<br />

già note.<br />

trarre punti ad ogni <strong>di</strong>fetto riscontrato. Così si giu<strong>di</strong>cano<br />

i compiti <strong>di</strong> latino; non i videogiochi. Un prodotto<br />

A non è quin<strong>di</strong> privo <strong>di</strong> magagne, ma se il redattore<br />

lo ha inserito in questa categoria significa che i<br />

pregi sono tali da porre in secondo piano i <strong>di</strong>fetti, che<br />

a loro volta non influiscono poi molto sulla qualità<br />

dell’opera.<br />

più genericamente un Gioco B è un prodotto che dall'inizio<br />

alla fine non riesce a guizzare fuori dalla qualità,<br />

per respirare una boccata <strong>di</strong> sublime eccellenza.<br />

Oppure dà la sensazione che manchi qualcosa, che<br />

ad un certo punto si accontenti <strong>di</strong> quello che già ha<br />

offerto e non approfon<strong>di</strong>sca quanto potrebbe.<br />

a cosa ho giocato? Come si chiamava il protagonista?<br />

Chi era quel coso a forma <strong>di</strong> coso che mi ha cosato<br />

tutte quelle cose?”.<br />

Non siete improvvisamente <strong>di</strong>ventati il protagonista<br />

<strong>di</strong> Memento: avete semplicemente giocato ad un<br />

Gioco C.<br />

signorina Croft oppure il secondo orrorifico viaggio <strong>di</strong><br />

Dante (no, non stiamo parlando del Purgatorio).<br />

Le recensioni <strong>di</strong> Giochi D sono quin<strong>di</strong> da considerarsi<br />

come gli articoli <strong>di</strong> cronaca nera: un male necessario.<br />

Noi dobbiamo scriverle e voi dovete leggerle per<br />

sondare il ventre marcio <strong>di</strong> questo mercato.<br />

ll <strong>Ring</strong> Seal identifica un gioco con particolari meriti e che, per una ragione o per l’altra, è stato<br />

snobbato dalla critica o dal pubblico. Sono giochi talvolta non eccellenti, ma che propongono un impianto<br />

emotivo o estetico notevole e coraggioso, e che <strong>Ring</strong> vuole consigliare ai propri lettori. Un Sigillo<br />

significa letteralmente: “Fidati, dài un occhio a questo titolo perché merita. Probabilmente sei<br />

troppo stupido per apprezzarlo, ma forse no”.


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

qUELLI_cHE iL cONTRATTO_____________________________<br />

[Drag on Dragoon]<br />

<strong>di</strong> Amano76<br />

.:scHEda:.<br />

gENERE Action<br />

eTICHETTA Square-Enix<br />

sVILUPPATORE Interno<br />

sISTEMA PS2<br />

aNNO 2003<br />

gIOCATORI 1<br />

vERSIONE USA<br />

Come è ormai <strong>di</strong> regola anche Drag on<br />

Dragoon fa sfoggio <strong>di</strong> due filmati introduttivi,<br />

uno completamente in CG e un<br />

altro montato con sequenze narrative<br />

presenti nell'avventura, ricco <strong>di</strong> suggerimenti<br />

inerenti alla strategia da applicare<br />

e ai drammatici eventi che attendono<br />

il giocatore. Molto inquietante la schermata<br />

iniziale in cui la voce <strong>di</strong> Furiae sussurra<br />

parole alla rinfusa, anticipando<br />

temi e colpi <strong>di</strong> scena della storia.<br />

Il finale vero e proprio del gioco si sblocca<br />

solo dopo aver raccolto 100 armi, da<br />

ottenere a seconda <strong>di</strong> determinate con<strong>di</strong>zioni.<br />

Un’impresa titanica, che non deve<br />

portare a pensare ad un semplice<br />

scappatoia per <strong>di</strong>luire la durata del gioco:<br />

entrare in possesso <strong>di</strong> ogni singola<br />

spada richiede la messa a frutto delle<br />

esperienze acquisite e non un semplice<br />

ripercorrere sentieri già battuti. La fatica<br />

sarà comunque ripagata da due mici<strong>di</strong>ali<br />

filmati conclusivi, che valgono ogni singolo<br />

minuto speso a falciare truppe nemiche.<br />

Questa si che è meritocrazia.<br />

A prima vista Drag<br />

on Dragoon sembra<br />

un clone da due sol<strong>di</strong>,<br />

con una trama ruffiana<br />

e un po' <strong>di</strong> filmati<br />

in CG tanto per far scena. Un titolo<br />

tutto fumo e niente arrosto che unisce<br />

il sistema <strong>di</strong> combattimento<br />

terrestre <strong>di</strong> Sangoku Muso (Dynasty<br />

Warriors in Occidente) a<br />

quello aereo <strong>di</strong> Panzer Dragoon.<br />

Il gioco è sud<strong>di</strong>viso in capitoli,<br />

ognuno dei quali associato ad una<br />

sezione picchiaduro o sparatutto<br />

che si intervallano a turno nel <strong>di</strong>panarsi<br />

della vicenda. Peculiarità degli<br />

scontri a terra è il ricorso all'intervento<br />

<strong>di</strong> un drago con il tasto Select<br />

del pad, cui lasciare incen<strong>di</strong>are<br />

a volontà le truppe nemiche, forse<br />

l'unico vero elemento strategico<br />

che il gioco Cavia non ere<strong>di</strong>ta da<br />

nessun altro titolo. Ma Drag on<br />

Dragoon è solo questo? No.<br />

Assolutamente no.<br />

Drag-on Dragoon è ambientato in<br />

un mondo sconosciuto, la cui esistenza<br />

è preservata da quattro sigilli.<br />

Due <strong>di</strong> essi sono custo<strong>di</strong>ti in<br />

appositi templi, un altro nel bosco<br />

in cui vive il popolo degli elfi, e l'ultimo<br />

è Furiae la Dea, una ragazza<br />

che vive in clausura pregando incessantemente<br />

per il bene del creato.<br />

A protezione <strong>di</strong> quest'ultima c'è<br />

Caim (l'alter-ego del giocatore),<br />

irascibile fratello <strong>di</strong> Furiae costantemente<br />

roso dall'o<strong>di</strong>o per i draghi,<br />

responsabili della morte dei genitori.<br />

L'avventura ha inizio quando<br />

l'Impero, una forza militare con<br />

propositi espansionistici, all'improvviso<br />

guadagna terreno grazie<br />

alla leadership della piccola Mana<br />

(una bambina dagli occhi insanguinati)<br />

che a quanto pare ha preso <strong>di</strong><br />

mira la sorella del protagonista:<br />

Caim guida le forze dell'Unione contro<br />

quelle dell'Impero, ormai alle<br />

porte del castello in cui è rinchiusa<br />

la Dea, ma nella mischia si attarda<br />

ad infierire su un cadavere e viene<br />

colpito a morte. Deciso a resistere<br />

fino alla fine si <strong>di</strong>rige verso le stanze<br />

della sorella, ma sulla sua strada<br />

trova un drago apparentemente<br />

ridotto in fin <strong>di</strong> vita da atroci torture.<br />

Trattenuto dall'o<strong>di</strong>o ma spinto<br />

dall'istinto <strong>di</strong> sopravvivenza, Caim<br />

decide <strong>di</strong> legarsi alla creatura tramite<br />

un Contratto: i due uniranno<br />

le loro energie vitali e scamperanno<br />

al loro destino, il ragazzo a costo<br />

29<br />

Una storia <strong>di</strong> Contratti e Stemmi<br />

In Drag on Dragoon esiste una<br />

singolare forma <strong>di</strong> patto esoterico:<br />

il Contratto. Sacrificando una parte<br />

del proprio essere si può entrare<br />

in possesso dei poteri <strong>di</strong> una<br />

determinata creatura, la cui esistenza<br />

<strong>di</strong>venta in<strong>di</strong>ssolubilmente<br />

legata al suo contraente. Una manifestazione<br />

palese <strong>di</strong> questa atipica<br />

convivenza è la barra vitale <strong>di</strong><br />

Caim e del drago rosso, che è la<br />

stessa sia nelle missioni aeree che<br />

in quelle a terra. Altra particolarità<br />

è l'imposizione <strong>di</strong> uno stemma,<br />

che resta per sempre tatuato sulla<br />

parte del corpo che il contraente<br />

ha ceduto nel patto. Parte del fascino<br />

e degli enigmi che si celano<br />

nel prodotto Cavia viene anche<br />

dall'intuire sia il perché un determinato<br />

personaggio abbia sacrificato<br />

una determinata parte <strong>di</strong> sé<br />

sia cosa abbia sacrificato (a volte<br />

viene solo suggerito o lo stemma<br />

non è visibile). Esempio: Verdore<br />

[nella foto], sacerdote del culto<br />

della Dea, porta un sigillo in testa.<br />

Provate a immaginare cosa ha sacrificato<br />

(e perché) allo scopo <strong>di</strong><br />

ottenere gli immensi poteri magici<br />

<strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone. Vi farete due risate<br />

(le uniche in tutto il gioco).<br />

della propria voce e il drago a costo<br />

della propria libertà. Nel frattempo,<br />

però, Furiae viene sequestrata e<br />

Caim sarà costretto a mettersi sulle<br />

sue tracce assieme all'amico Inualt,<br />

un tempo promesso sposo della ragazza.<br />

Comincia così un inseguimento<br />

che presto si trasformerà in<br />

una battaglia per salvare il mondo...<br />

da Dio?<br />

Un po' Guerre Stellari (l'Impero)<br />

un po' Final Fantasy (i quattro sigilli)<br />

un po' Faust (il patto) un po'<br />

Evangelion (gli Angeli, l'Uovo della<br />

Reincarnazione), come nella sua<br />

identità lu<strong>di</strong>ca anche in quella iconografica<br />

Drag on Dragoon non


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#08<br />

parte esattamente da zero. Ma se<br />

l'operato <strong>di</strong> Cavia non è originale<br />

nel suo prologo, gli sviluppi che offre<br />

hanno la peculiarità, il coraggio<br />

tematico e la coerenza narrativa<br />

per <strong>di</strong>stinguersi da tutti quei titoli,<br />

gli adventure Capcom in particolare,<br />

che sinora hanno tentato la via<br />

della fusione tra picchiaduro a scorrimento<br />

e narrazione cinematografica<br />

senza riuscirci. A questo si aggiunge<br />

un protagonista piuttosto<br />

sui generis, un cast <strong>di</strong> personaggi<br />

affascinanti e un’ambientazione<br />

fantasy che <strong>di</strong>storce i ruoli classici<br />

<strong>di</strong> draghi, fate, ed elfi. E non <strong>di</strong>mentichiamoci<br />

dei curiosi Contraenti<br />

che accompagnano Caim nelle<br />

sue imprese.<br />

Il primo Contraente che si unisce al<br />

giocatore è Leonart, un omaccione<br />

tanto nerboruto quanto codardo.<br />

Ha assistito all'omici<strong>di</strong>o dei suoi fratelli<br />

più piccoli per mano delle truppe<br />

imperiali, senza avere il coraggio<br />

<strong>di</strong> accorrere in loro soccorso.<br />

Non resistendo alla vista dei cadaveri<br />

straziati tenta il suici<strong>di</strong>o ma si<br />

procura una ferita che lo lascia morire<br />

lentamente. Così non appena<br />

una fata si offre <strong>di</strong> salvargli la vita,<br />

accetta senza intuire che il motivo<br />

per cui la creatura gli propone il<br />

Contratto è l'opportunità <strong>di</strong> tormentarlo<br />

in eterno per punire la sua vigliaccheria.<br />

Le fate della storia, infatti,<br />

o<strong>di</strong>ano gli esseri umani, che<br />

considerano sporchi e puzzolenti, e<br />

come i draghi traggono enorme <strong>di</strong>vertimento<br />

dalla loro sofferenza e<br />

dalla loro preve<strong>di</strong>bilità.<br />

Il secondo compagno è Arioch,<br />

un’elfa <strong>di</strong>venuta psicotica dopo la<br />

morte del marito e dei figli. Lo stato<br />

mentale in cui versa è talmente<br />

compromesso che non solo la rende<br />

cannibale, ma l'ha anche incapacitata<br />

a cogliere la natura del patto<br />

offertole dai due elementali Un<strong>di</strong>ne<br />

e Salamander, che l'hanno mantenuta<br />

in vita in cambio delle sue ovaie.<br />

Terzo e ultimo, infine, è il piccolo<br />

Seele, l'unico personaggio positivo<br />

del racconto: sensibile, ingenuo,<br />

innocente, offre in Contratto ad un<br />

golem il suo tempo (cioè la possibilità<br />

<strong>di</strong> crescere) senza rendersi conto<br />

che in questo modo resterà per<br />

sempre nel suo corpo <strong>di</strong> bambino.<br />

I destini dei tre vengono risucchiati<br />

da un mondo che improvvisamente<br />

chiede il riscatto per una<br />

pace durata anni, sbeffeggiati da<br />

entità soprannaturali che ridono<br />

delle loro croniche debolezze e che<br />

pongono al giocatore l'interrogativo<br />

sul rapporto tra uomo e sovrumano:<br />

le creature fantastiche devono<br />

essere adorate o devono essere<br />

temute? L'unica convivenza possibile<br />

è quella squilibrata dei Contratti?<br />

Contrad<strong>di</strong>zioni, perversioni, l'identità<br />

del coraggio, la fede come leggenda<br />

e la leggenda come consolazione.<br />

Tanti sono i temi e tanto ancora<br />

potrebbe essere detto sulla<br />

trama del gioco, che incrementa<br />

sfaccettature, in<strong>di</strong>zi e legami ad<br />

ogni nuovo capitolo rinunciando a<br />

concedere tutto e subito allo spettatore.<br />

Nei combattimenti <strong>di</strong> massa Caim<br />

ha a <strong>di</strong>sposizione un set <strong>di</strong> otto armi<br />

intercambiabili in tempo reale.<br />

Ad ognuna sono associati una magia<br />

e un colpo finale, cioè la possibilità<br />

<strong>di</strong> eseguire un attacco ad ampio<br />

raggio (a proiettile o ad onda<br />

d'urto) dopo un determinato numero<br />

<strong>di</strong> combo (dalle tre in su). Rispetto<br />

al progenitore Sangoku<br />

Muso, però, si riscontrano troppi<br />

passi falsi, ingiustificati data la paternità<br />

tanto <strong>di</strong>retta. Il radar fornisce<br />

informazioni troppo approssimative<br />

rispetto al titolo Koei, tanto<br />

che bisogna richiamare continuamente<br />

la mappa con il tasto L3 per<br />

capire in che <strong>di</strong>rezione ci si sta <strong>di</strong>rigendo<br />

e verso quale zona, finendo<br />

con lo spezzettare incessantemente<br />

il ritmo <strong>di</strong> gioco; questo <strong>di</strong>fetto, associato<br />

ad una telecamera bizzarra,<br />

crea spora<strong>di</strong>camente situazioni <strong>di</strong><br />

completa confusione piuttosto estenuanti.<br />

Le manovre evasive sono<br />

poi <strong>di</strong> scarsa convenienza strategica,<br />

in quanto l'unica schivata<br />

possibile è in<strong>di</strong>rizzata lateralmente<br />

e non sempre permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>stricarsi<br />

al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> un accerchiamento.<br />

Imprecisa la guar<strong>di</strong>a, che non <strong>di</strong><br />

rado protegge dai colpi della minaccia<br />

meno imme<strong>di</strong>ata e finisce <strong>di</strong><br />

regola con il risultare controproducente,<br />

a eccezione degli scontri con<br />

la cavalleria pesante durante i quali<br />

si rivela una risorsa inestimabile.<br />

Inammissibili infine l'assenza <strong>di</strong> un<br />

sistema <strong>di</strong> counter e <strong>di</strong> lock-on, che<br />

avrebbero permesso schivate più<br />

valide e concesso <strong>di</strong> aggirare un<br />

avversario per colpirlo dove più<br />

scoperto (alle spalle). La miglior<br />

<strong>di</strong>fesa è l'attacco, sì, ma qui l'unica<br />

<strong>di</strong>fesa è l'attacco.<br />

Fatte salve queste irritanti pecche,<br />

quello che resta è un sistema<br />

<strong>di</strong> combattimento che ha solo bisogno<br />

<strong>di</strong> essere decifrato. Avanzando<br />

lungo i capitoli del gioco la varietà e<br />

la strategia affiorano inequivocabili:<br />

gli avversari più coriacei possono<br />

essere immobilizzati da incantesimi<br />

e resi inermi per qualche secondo,<br />

viene richiesta la padronanza <strong>di</strong><br />

ogni arma specifica, l'impiego a catena<br />

<strong>di</strong> magie e combo non solo è<br />

assimilabile con estrema rapi<strong>di</strong>tà<br />

ma è anche elementare da eseguire,<br />

e nelle missioni avanzate la tipologia<br />

<strong>di</strong> avversari che partecipa<br />

agli accerchiamenti <strong>di</strong>venta sempre<br />

30<br />

Dicono <strong>di</strong> lui - Famitsu<br />

8<br />

Hamamura Tsushin:<br />

Ambientazione dark e<br />

approfon<strong>di</strong>ta. Pur <strong>di</strong> as-<br />

sistere alle immagini <strong>di</strong> alta qualità<br />

si procede a squarciare senza<br />

sosta. Piacevolmente come in<br />

Sangoku Muso. E che bello cavalcare<br />

il drago, avvolgendo le truppe<br />

a terra nel fuoco. Difficile <strong>di</strong>menticare<br />

la gioia nel fare evolvere le<br />

armi sporcandole <strong>di</strong> sangue. Un<br />

piacere quasi febbrile che non si<br />

scambierebbe con nulla.<br />

7<br />

Kisshi Arayama: Fondamentalmente<br />

un picchiaduro<br />

<strong>di</strong> massa, ma<br />

paragonato ad opere dello stesso<br />

tipo si ha l'impressione che le soluzioni<br />

per rendere intrigante l'azione<br />

manchino leggermente <strong>di</strong><br />

profon<strong>di</strong>tà. La sensazione <strong>di</strong> combattere<br />

a terra con l'aiuto del<br />

drago è relativamente originale.<br />

Notevoli la bellissima CG e il respiro<br />

cupo della storia.<br />

7<br />

Okamura Kisuko: Raccogliendo<br />

armi, elevandone<br />

le abilità e prendendo<br />

a calci le fila <strong>di</strong> soldati nemici si<br />

prova un gran piacere.<br />

Oltre a questo si resta molto coinvolti<br />

dalle battaglie col drago sia<br />

ad alta che a bassa quota. Anche<br />

la grafica con cui è rappresentata<br />

l'ambientazione è eccellente. La<br />

musica che accompagna l'azione è<br />

soltanto un loop che si ripete <strong>di</strong><br />

continuo, ma sod<strong>di</strong>sfa il suo ruolo<br />

nel comunicare ansia.<br />

7<br />

Haneda Takeyuki: Dalla<br />

fusione tra Sangoku<br />

Muso e Panzer Drago-<br />

on un risultato che fa saltare dalla<br />

se<strong>di</strong>a. Ciononostante ha origine<br />

qualche interrogativo. Salire in<br />

sella al drago? Sì, ma la visuale<br />

invece <strong>di</strong> aprirsi mostra solo gli<br />

avversari che si hanno <strong>di</strong> fronte e<br />

i terreni spogli si fanno notare ancor<br />

<strong>di</strong> più. Nel bene e nel male,<br />

semplice dall'inizio alla fine.<br />

più eterogenea. Una volta intuito il<br />

funzionamento delle armi ci si ritrova<br />

ad attraversare le folle <strong>di</strong> soldati<br />

imperiali come dei macellai indemoniati,<br />

falciando chiunque sulla<br />

propria strada mentre il numero <strong>di</strong><br />

combo sorpassa il centinaio e gli<br />

incantesimi fanno piovere meteoriti<br />

infuocati, scuotono la terra, o <strong>di</strong>ssanguano<br />

i malcapitati tutt'intorno.<br />

E' anche possibile richiamare il drago<br />

negli spazi aperti in modo da<br />

sfruttarne la notevole potenza <strong>di</strong><br />

fuoco, ma si tratta <strong>di</strong> una scappatoia<br />

<strong>di</strong> cui non approfittare: molte<br />

tipologie <strong>di</strong> avversari sono immuni


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#08<br />

ai suoi attacchi e gli arcieri possono<br />

<strong>di</strong>sarcionare Caim dalla creatura in<br />

un solo colpo. Inoltre ricorrere al<br />

drago troppo frequentemente impe<strong>di</strong>sce<br />

un regolare sviluppo delle<br />

capacità del protagonista e delle<br />

armi a <strong>di</strong>sposizione, la cui potenza<br />

deve essere necessariamente incrementata<br />

al fine <strong>di</strong> avere ragione<br />

sui temibili avversari che popolano<br />

le missioni conclusive.<br />

Ulteriore elemento <strong>di</strong> varietà è la<br />

presenza dei Contraenti, che hanno<br />

il ruolo <strong>di</strong> "smart bomb" e si rivelano<br />

preziosissimi nelle missioni al<br />

chiuso, in cui il drago non può intervenire.<br />

Il loro utilizzo può apparire<br />

troppo favorevole nei confronti<br />

del giocatore, ma la circoscritta<br />

quantità <strong>di</strong> evocazioni possibili (solo<br />

tre) rende preferibile risparmiarne<br />

l'intervento per le situazioni <strong>di</strong>sperate<br />

senza abusare del loro appoggio.<br />

Stessa situazione <strong>di</strong> iniziale insod<strong>di</strong>sfazione<br />

anche negli scontri aerei.<br />

Come in Panzer Dragoon è possibile<br />

compiere lock-on multipli, espellere<br />

colpi singoli <strong>di</strong> maggiore<br />

potenziale <strong>di</strong>struttivo ma più imprecisi,<br />

e attuare una spettacolare<br />

magia "a ricerca" che <strong>di</strong>strugge<br />

qualsiasi cosa trovi per la sua strada.<br />

Mancano invece la possibilità <strong>di</strong><br />

far compiere un qualsiasi intervento<br />

a Caim (niente a che vedere con il<br />

gioco Sega) e un metodo per mutare<br />

le capacità del drago in tempo<br />

reale. A <strong>di</strong>re la verità il drago segue<br />

effettivamente un corso evolutivo<br />

accumulando punti esperienza, ma<br />

non vi è alcuna convenienza nel<br />

farlo regre<strong>di</strong>re. Questa modalità sa<br />

comunque garantire le sue dosi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>vertimento, proponendo una galleria<br />

<strong>di</strong> avversari che <strong>di</strong>spongono<br />

proce<strong>di</strong>menti d'attacco molto eterogenei<br />

fra loro e che quando si radunano<br />

combinano nel modo più<br />

letale possibile i loro interventi. Alcuni<br />

nemici hanno colpi lenti ma<br />

letali, altri hanno colpi deboli ma a<br />

ricerca, altri ancora devono prima<br />

avvicinarsi per poter infliggere<br />

danni, e altri ancora <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong><br />

sorprendenti capacità <strong>di</strong> evasione<br />

che costringono a frenetici inseguimenti.<br />

Gli autori hanno saputo<br />

quin<strong>di</strong> mescolare tutte queste particolarità<br />

in<strong>di</strong>viduali elaborando<br />

missioni dove pianificare i tempi e<br />

le sequenze con cui eseguire le<br />

tecniche d'attacco si rivela l'unica<br />

soluzione per oltrepassare il nemico.<br />

Un design piuttosto elementare<br />

ma con le proprie peculiarità e le<br />

proprie sfaccettature, che guadagna<br />

coinvolgimento tanto dalla sua<br />

varietà strategica quanto dall'estrema<br />

cura poligonale e dall'intenso<br />

gusto iconografico impartito a<br />

mostri e veicoli imperiali.<br />

Particolare nota <strong>di</strong> merito per i<br />

confronti con i boss, tutti enormi e<br />

tutti duri a morire. Se è vero che si<br />

incontra qualche <strong>di</strong>fficoltà nei combattimenti<br />

a terra, in quelli aerei gli<br />

avversari conclusivi non lasciano<br />

tregua e costringono a sfide all'ultimo<br />

sangue, manifestando lu<strong>di</strong>camente<br />

la loro natura sovrumana in<br />

sfide tese e impegnative.<br />

Come è ormai <strong>di</strong> regola anche Drag on<br />

Dragoon fa sfoggio <strong>di</strong> due filmati introduttivi,<br />

uno completamente in CG e un<br />

altro montato con sequenze narrative<br />

presenti nell'avventura, ricco <strong>di</strong> suggerimenti<br />

inerenti alla strategia da applicare<br />

e ai drammatici eventi che attendono<br />

il giocatore. Molto inquietante la schermata<br />

iniziale in cui la voce <strong>di</strong> Furiae sussurra<br />

parole alla rinfusa, anticipando<br />

temi e colpi <strong>di</strong> scena della storia.<br />

Il fascino del titolo non è il massimo<br />

in fatto <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>atezza, questo<br />

è assodato: tanto lo sviluppo<br />

della trama quanto i due <strong>di</strong>versi<br />

sistemi <strong>di</strong> interazione richiedono la<br />

comprensione <strong>di</strong> determinati canoni<br />

per essere apprezzati. Il prodotto<br />

Square-Enix ha significato solo se<br />

lo si considera come somma delle<br />

sue parti e sulla breve <strong>di</strong>stanza non<br />

regala particolari sod<strong>di</strong>sfazioni né al<br />

giocatore né allo spettatore, improntato<br />

com'è su un crescendo<br />

tanto narrativo quanto strategico.<br />

Provarlo in una demo o stu<strong>di</strong>arlo da<br />

un video raffazzonato non gli renderà<br />

alcuna giustizia: quest'opera<br />

non è un picchiaduro, non è uno<br />

sparatutto, non è un racconto. E'<br />

un punto <strong>di</strong> mezzo tra due estremi:<br />

l'aspetto narrativo non è integrato<br />

all'attività lu<strong>di</strong>ca come in Silent<br />

Hill, né l'aspetto strategico offre la<br />

miriade <strong>di</strong> sfaccettature <strong>di</strong> Devil<br />

May Cry; ma possiede il sistema <strong>di</strong><br />

combattimento che a Silent Hill<br />

manca e una consistente trama che<br />

il titolo Capcom si sogna.<br />

Drag on Dragoon è una vera e<br />

propria videoesperienza, incentrata<br />

su quella eterna trage<strong>di</strong>a che è il<br />

sentimento non ricambiato: quello<br />

filiale, quello fraterno, quello romantico,<br />

quello amichevole. E quello<br />

tutto mondano dell'uomo, <strong>di</strong>speratamente<br />

intento a sod<strong>di</strong>sfare un<br />

Dio che non lo ricompensa mai con<br />

l'amore (o i segni) che spera.<br />

In<strong>di</strong>menticabile.<br />

31<br />

[<strong>Ring</strong> è] Corso rapido <strong>di</strong><br />

game design per ottenebrati.<br />

Prima lezione: Survival<br />

Horror<br />

«I survival horror sono tutti<br />

uguali. Basta cambiare un<br />

attimo l'iconografia (da sanguinolento/pagana<br />

a sbudelloso/cristiana<br />

ecc.), sostituire<br />

un po' le armi e fare il solito<br />

protagonista timoroso/<br />

mezzasega con qualche problema<br />

al cervello e qualche<br />

inciucio sessuale col <strong>di</strong>avolo<br />

alle spalle. Te lo faccio io un<br />

survival horror, in 5 minuti.<br />

Poi lo traduco in inglese con<br />

Google per dargli un effetto<br />

un po' psichedelico/<strong>di</strong>sturbante.»<br />

Gunny<br />

~<br />

[<strong>Ring</strong> è] Uovo-gallina<br />

«Parla <strong>di</strong> quello che è avvenuto<br />

prima <strong>di</strong> Gran Turismo<br />

1.»<br />

Paolo Jumpman Ruffino,<br />

descrivendo Gran Turismo<br />

Prologue<br />

~<br />

[<strong>Ring</strong> è] Pessimismo<br />

Co(s)mico<br />

«È uno <strong>di</strong> quei perio<strong>di</strong> in cui<br />

se mi si avvicina un tizio e<br />

mi porge un pulsante <strong>di</strong>cendo<br />

"prego, avvii il format <strong>di</strong><br />

questo Universo" pigio <strong>di</strong><br />

brutto brutto brutto.»<br />

Nemesis Divina<br />

~<br />

[<strong>Ring</strong> è] Chiarezza<br />

«…Dubito seriamente che<br />

PSP cambierà le cose…»<br />

«…Che PSP cambierà molte<br />

cose è quasi sicuro, d'altronde<br />

sono Sony…»<br />

Nemesis Divina, a <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> 24 ore.


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

lA cASTAGNA, sE lA cONOSCI lA eVITI____________________<br />

[Mario & Luigi Superstar Saga]<br />

<strong>di</strong> Gatsu<br />

.:scHEda:.<br />

gENERE Action RPG<br />

eTICHETTA Nintendo<br />

sVILUPPATORE Alpha Dream<br />

sISTEMA GBA<br />

aNNO 2003<br />

gIOCATORI 1<br />

vERSIONE europea<br />

M&LSS si rivela fin dalla prima occhiata<br />

coloratissimo e pupazzoso. Non mancano<br />

sprite enormi come Bowser-Ghignarda<br />

e la corpulenta bionda ritratta nella<br />

foto.<br />

I colpi <strong>di</strong> scena si susseguono copiosi.<br />

Come si evince dalla foto, Luigi svelerà<br />

finalmente le sue vere tendenze.<br />

Il principe Fagiolino, splendente nella<br />

sua malcelata beltà, si congratula con un<br />

paracadutico Luigi.<br />

____Cricetopo corazzato rotante<br />

Mario e Luigi si muovono<br />

all'unisono attraverso<br />

i meandri<br />

cupi del Bosco Ghigno.<br />

Una bacca castagna<br />

sorridente cade a terra, esplodendo<br />

in un tripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> aculei. È<br />

impeto <strong>di</strong> vigliaccheria: la bacca<br />

castagna si scaglia senza pudore<br />

contro i due fratelli più celebri dei<br />

videogiochi. È scontro mortale.<br />

Ah, bastarda <strong>di</strong> una bacca castagna.<br />

Mario tira fuori dalla tasca un<br />

martello gigante, piroetta su se<br />

stesso e la riempie <strong>di</strong> mazzate. La<br />

bacca castagna si fa male ma neanche<br />

tanto. Inizia a roteare vorticosamente<br />

e schizza verso destra,<br />

esce dallo schermo e colpisce Luigi<br />

da <strong>di</strong>etro. Diavolo <strong>di</strong> una bacca castagna,<br />

le punte nel culo le metti a<br />

qualcun'altro.<br />

Luigi s’incazza: vai <strong>di</strong> Attacco<br />

Fratello. Mario salta addosso a Luigi,<br />

il quale gli fornisce una spinta<br />

propellente mici<strong>di</strong>ale: il baffuto ciccione<br />

demolisce con una testata il<br />

guscio della bacca castagna. Ah ah.<br />

Ma non è finita. Uno sbuffo <strong>di</strong> aculei<br />

ci rivela che annidato dentro<br />

la bacca stava un temibile fagiolo<br />

malvagio. Il legume rancoroso<br />

prende la rincorsa verso Mario. Mario<br />

calcola la tempistica e salta.<br />

Gne gne, fagiolo perverso, ti ho evitato,<br />

pensa Mario illudendosi. E<br />

invece no, il fagiolo arriva a tre<br />

quarti della sua corsa, inciampa, si<br />

schianta al suolo, poi, imperterrito,<br />

si rialza e continua la sua corsa<br />

kamikaze verso Mario. E colpisce.<br />

Mario stremato cade al suolo, Luigi<br />

è subito da lui e se lo carica in spalla.<br />

Sa che con la panza che si ritrova<br />

il suo fratello famoso non ha alcuna<br />

possibilità <strong>di</strong> sfuggire alle ire<br />

del temibile e mefistofelico fagiolo.<br />

E' ora <strong>di</strong> darsela a gambe. E allora<br />

corri, Luigi, corri, anche se questo<br />

ti costerà una valanga <strong>di</strong> denaro...<br />

Mario & Luigi Superstar Saga è<br />

questo, e molto altro. Terza parte<br />

dell'ipotetica saga iniziata su SNES<br />

con Super Mario RPG e continuata<br />

con Paper Mario su N64, il nuovo<br />

gioco Nintendo (ma sarebbe più<br />

giusto <strong>di</strong>re Alphadream, promettentissimo<br />

sviluppatore interno) ribalta<br />

e sconvolge in maniera esemplare<br />

due universi da sempre tabù: quello<br />

del pacioccoso mondo mariesco e<br />

quello dei JRPG...<br />

32<br />

_____Goomba orsetto lavatore<br />

a tra<strong>di</strong>mento<br />

Il combattimento descritto precedentemente<br />

è solo una piccola anticipazione<br />

<strong>di</strong> quello che M&LSS vi<br />

riserva: <strong>di</strong>etro una scorza apparentemente<br />

semplice si nasconde un<br />

gioco che in quanto a innovazioni<br />

non ha eguali (nello stesso hanno<br />

<strong>di</strong> produzione, 2003, solo Viewtiful<br />

Joe pare della stessa caratura...), e<br />

si propone anzi come nuova base<br />

su cui le più blasonate serie <strong>di</strong> JRPG<br />

farebbero bene a costruire (Final<br />

Fantasy, per <strong>di</strong>rne una che ha fatto<br />

dell'immobilismo concettuale un<br />

vanto). Prima <strong>di</strong> tutto: Mario e Luigi<br />

si controllano contemporaneamente.<br />

La crocetta <strong>di</strong>rezionale asservita<br />

al movimento, A e B per gestire,<br />

rispettivamente, il personaggio che<br />

sta davanti e quello che sta <strong>di</strong>etro.<br />

Le azioni performabili sono molteplici<br />

e spesso necessitano della collaborazione<br />

fra i due fratelli: dal<br />

semplice salto (contemporaneo con<br />

A+B, oppure alternato) all'utilizzo<br />

dei martelli (per stor<strong>di</strong>re i nemici,<br />

per conficcare Luigi a terra e farlo<br />

agire come una talpa o per rimpicciolire<br />

Mario e permettergli il passaggio<br />

attraverso buchi e pertugi<br />

assortiti); fino alle "abilità <strong>di</strong> spostamento"<br />

(Luigi può salire sulle<br />

spalle del fratello e spiccare un salto<br />

più alto del normale, Mario può<br />

pro<strong>di</strong>garsi in un salto turbinante<br />

che permette al duo <strong>di</strong> spostarsi<br />

sopra burroni o crepacci). La componente<br />

RPG è assimilabile a quella<br />

<strong>di</strong> uno Zelda: Link To The Past,<br />

con personaggi con cui parlare,<br />

puzzle da risolvere e item da recuperare,<br />

ma è inframmezzata spesso<br />

da minigiochi che sfruttano appieno<br />

il controllo doppio su cui il gioco fa<br />

perno. Uno dei più gustosi in cui vi<br />

imbatterete, per esempio, è il "salto<br />

della frontiera" che si dovrà superare<br />

per passare dal Regno dei<br />

Funghi a quello dei Fagioli... Sostanzialmente<br />

due tartarughe <strong>di</strong><br />

guar<strong>di</strong>a tengono in mano una corda,<br />

e sfrecciano a destra e a sinistra<br />

dello schermo costringendo il<br />

giocatore a scegliere con appropriato<br />

tempismo il momento in cui far<br />

saltare Luigi e quello in cui far saltare<br />

Mario. Semplice sulla carta, il<br />

minigioco in questione si rivela invece<br />

tosto proprio in virtù delle<br />

mosse impreviste in cui i due si<br />

produrranno, obbligandovi ad una<br />

coor<strong>di</strong>nazione e ad un tempismo<br />

che finora erano richiesti solo nei


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

rythm game. Tale meccanica basata<br />

sulla coor<strong>di</strong>nazione è riproposta<br />

anche negli scontri, sostanzialmente<br />

a turni, in cui ogni nemico attacca<br />

con <strong>di</strong>verse mosse, ognuna dalla<br />

tempistica <strong>di</strong>fferente, pietrificando<br />

il giocatore in uno sforzo <strong>di</strong> concentrazione<br />

mica da ridere. Non mancano<br />

finte, colpi bassi e sorprese,<br />

anche per quanto riguarda l'arsenale<br />

a <strong>di</strong>sposizione dei due idraulici<br />

baffuti. In mancanza <strong>di</strong> "Summon<br />

Evil Toad" e affini Alphadream ha<br />

ben pensato <strong>di</strong> inserire dei particolari<br />

colpi a due, chiamati Attacchi<br />

Fratelli, che prevedono l'esecuzione<br />

<strong>di</strong> lunghe mosse previa corretta<br />

pressione dei tasti che compaiono a<br />

schermo (si possono settare 3 livelli<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà per gli Attacchi Fratelli:<br />

(1), che oltre alle in<strong>di</strong>cazioni su<br />

schermo facilita il compito attraverso<br />

una sorta <strong>di</strong> rallenty, (2) con le<br />

in<strong>di</strong>cazioni a schermo ma velocità<br />

normale e (3) senza alcun tipo <strong>di</strong><br />

aiuto. Ovviamente a livello 3 i colpi<br />

sono molto più efficaci). Anche gli<br />

attacchi più semplici, Salto e Martello,<br />

vantano una sufficiente profon<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> utilizzo, che spazia dalla<br />

tipologia <strong>di</strong> nemico che si ha <strong>di</strong><br />

fronte alla corretta tempistica <strong>di</strong><br />

pressione dei tasti.<br />

La grafica riprende in parte quella<br />

<strong>di</strong> Yoshi's Island, anche se l'effetto<br />

finale è decisamente più allucinato<br />

e surreale, mentre il sonoro<br />

come sempre si basa sui temi portanti<br />

dell'epopea mariesca, introducendo<br />

anche qualche nuovo motivetto<br />

per nulla malvagio.<br />

____Koopa alato schiantagusci<br />

(da <strong>di</strong>etro)<br />

L'altro campo fondamentale in cui<br />

M&LSS innova è quello della trama,<br />

non tanto per lo sviluppo in sé,<br />

ma per il modo in cui gli eventi<br />

vengono presentati. La volontà <strong>di</strong><br />

inserire tonnellate <strong>di</strong> humour e una<br />

sana voglia <strong>di</strong> prendersi in giro, ha<br />

portato Alphadream ad inserire dei<br />

siparietti ROTFLosi in ogni dove,<br />

che per la prima volta ironizzano<br />

sulla stessa Nintendo e sorprendono<br />

l'appassionato che ormai sa già<br />

cosa aspettarsi dagli intrecci marieschi.<br />

In breve: la voce <strong>di</strong> Peach<br />

viene rubata dalla Strega Ghignarda<br />

e dal suo perfido assistente, decisi<br />

a regnare crudelmente sul confinante<br />

Regno dei Fagioli. Mario,<br />

Luigi e Bowser, non sopportando<br />

più il growling <strong>di</strong> Peach, si decidono<br />

ad andare a recuperare questa benedetta<br />

voce (Bowser ad<strong>di</strong>rittura<br />

<strong>di</strong>ce che se la principessa non recuperasse<br />

la sua voce, lui si rifiuterebbe<br />

<strong>di</strong> rapirla <strong>di</strong> nuovo...) e partono<br />

impavi<strong>di</strong> per il Regno dei Fagioli.<br />

Splen<strong>di</strong>da la scena iniziale in<br />

casa Mario Bros, con Luigi che<br />

stende i panni al vento (che sia<br />

gay?) e Toad che entra in casa trafelato<br />

a cercare Mario. Un fischiettio<br />

proviene dal bagno e Toad ci si<br />

fionda dentro incurante del pericolo,<br />

e ne esce subito dopo con la<br />

faccia rossa e delle evidenti lesioni<br />

anali. Segue Mario in mutande e<br />

tutta un'altra serie <strong>di</strong> chicche, tipo<br />

Luigi che viene <strong>di</strong>pinto come uno<br />

sfigato totale, tanto che nessuno si<br />

ricorda mai come si chiama e viene<br />

<strong>di</strong> volta in volta appellato come "tizio<br />

verde", "fratello <strong>di</strong> Mario", "Luca".<br />

Un piccolo capolavoro portatile.<br />

Fossi in Nintendo, metterei Alphadream<br />

al lavoro sul successore<br />

del cubo...<br />

NINTENDO DS (Deadly Suicide) ANNUNCIATO!!<br />

<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />

E RING non poteva starsene mani in mano.<br />

La vostra redazza preferita è volata a Mariolan<strong>di</strong>a, per avere<br />

numi sul nuovo portatile Nintendo. "Semplicemente non volevamo<br />

restare troppo in<strong>di</strong>etro rispetto a Sony" <strong>di</strong>ce sorridente<br />

Satoru Iwata, presidente <strong>di</strong> Nintendo.<br />

Il nome in co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Nintendo DS è Virtual Boy 2, questo per<br />

ingraziarsi la buona sorte (?), scelta indubbiamente coraggiosa.<br />

Eppure, lanciare un nuovo portatile a così breve <strong>di</strong>stanza da altri<br />

due sistemi (GBA e GBA SP) è suonato strano ai più, tanto che i<br />

commenti della comunità che gioca sono stati grossomodo questi:<br />

“Chisseneincula, meglio quel Penis Enlarger che mi consigliano<br />

sempre via SPAM” riferendosi alla nuova piattaforma e,<br />

parlando <strong>di</strong> Nintendo stessa, “Abbattetela, per carità. Soffre<br />

troppo!”.<br />

Una sfida ostica, per la grande N. "Per essere certi <strong>di</strong> non<br />

sbagliare, abbiamo rinnovato il comitato <strong>di</strong>rettivo che<br />

ci in<strong>di</strong>cherà la sicura via del successo". E così <strong>di</strong>cendo, Iwata introduce:<br />

Calimero, Coccolino (quello Concentrato, ovvio) e Toshihiro<br />

Nagoshi, ex presidente <strong>di</strong> Sega e pessimo colonnista <strong>di</strong><br />

VG. "Sony sbaragliò Nintendo cambiando target, abbandonando<br />

e ripu<strong>di</strong>ando gli hardcore gamer per puntare sui gamer e basta,<br />

e mo' sguazzano nei sol<strong>di</strong> ‘sti zozzoni.." cinguetta Calimero.<br />

"A questo punto l'idea geniale.." esclama giocondo Nagoshi<br />

"non battere Sony sul loro terreno ma creare un nuovo mercato,<br />

accalappiando una frangia <strong>di</strong> potenziali utenti curiosamente da<br />

sempre trasurata: chi non vuole giocare e detesta i videogiochi!!"<br />

(sorride orgolioso). "Per far ciò abbiamo progettato una<br />

macchina che possa <strong>di</strong>sgustare il videogiocatore comune, in<br />

questo modo, vedendo come è andata a Sony con i casual gamer,<br />

credo che riusciamo a infinocchiare chi dei VG se ne sbatte<br />

le palle. E’ una mia idea, lo devo modestamente ammettere.<br />

Merito o non merito tre paia d’ali?." (ride sguaiato).<br />

L’innovazione tecnologica più evidente <strong>di</strong> Nintendo DS sta però<br />

nel doppio schermo, RING indaga vorace: “Ci sembrava<br />

un’i<strong>di</strong>ozia, quin<strong>di</strong> dovrebbe funzionare. Basti pensare ai 4MB <strong>di</strong><br />

VRAM <strong>di</strong> PS2.. d’altra parte quei cinque gorilla super-sapiens<br />

venuti dal futuro e incatenati nel sottoscala, i cui progetti vengono<br />

firmati da Miyamoto-san, dovrebbero essere in grado ti tirar<br />

fuori delle idee decenti da una simile vaccata.<br />

Quando RING esclama poco pacatamente "ma vi siete bevuti<br />

COMPLETAMENTE il cervello?!" Nagoshi sbotta "Oh! Non sapevo<br />

ne voleste anche voi, non vi hanno offerto nulla all'ingresso? Vi<br />

faccio portare subito una gassosa..".<br />

Fa niente, l'importante è che Nintendo ci inviti al banchetto <strong>di</strong><br />

fine anno quando, al lancio <strong>di</strong> Nintendo DS, si mangeranno il fegato.<br />

33


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

pER cHI sUONA lA cAMPANA____________________________<br />

[Call of Duty]<br />

<strong>di</strong> Compagno Sator<br />

«È meglio morire in pie<strong>di</strong> che vincere in ginocchio»<br />

Emiliano Zapata<br />

«Questo lo pensi tu, povero i<strong>di</strong>ota»<br />

Compagno Sator<br />

gENERE<br />

.:scHEda:.<br />

Cinematic-FPS<br />

eTICHETTA Activision<br />

sVILUPPATORE Infinity Ward<br />

sISTEMA PC<br />

aNNO 2003<br />

gIOCATORI 1 - Multi<br />

vERSIONE italiana<br />

La sequenza dell’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Stalingrado<br />

è <strong>di</strong> una bellezza e una drammaticità<br />

sconvolgente. I designer hanno inoltre<br />

preso in prestito molte idee da Il Nemico<br />

alle Porte, ad esempio il pannello con<br />

i messaggi lasciati dai soldati.<br />

È dai piccoli particolari che si capisce se<br />

una ricostruzione è buona. Questi bovini<br />

morti ci ricordano che la guerra non<br />

coinvolge solo gli esseri umani…<br />

1945. L’esercito sovietico giunge a Berlino.<br />

Call of Duty, più che longevo, è intenso.<br />

Se siete tra quelli che il videogioco<br />

lo vogliono lungo, ma non siete tra<br />

quelli che riprendono in mano un videogame<br />

una volta finito, il consiglio è <strong>di</strong><br />

selezionare un livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà elevato<br />

(ve<strong>di</strong> box)…<br />

Lo sanno tutti: Pong è l’archetipo<br />

dei giochi <strong>di</strong> Tennis.<br />

Quello che non tutti<br />

sanno è che anche gli FPS<br />

hanno una loro musa. Questo videogioco<br />

si chiama Fratello Martello.<br />

Pubblicato nel 2000 da Mai Dire Net,<br />

Fratello Martello è un videogame programmato<br />

in Flash nel quale, mouse alla<br />

mano, dobbiamo colpire il volto del culturista<br />

Pietro Taricone nel momento esatto<br />

in cui questi fa capolino da alcuni<br />

buchi scavati nel terreno. Una variante<br />

cibernetico-televisiva del “whack the<br />

mole” <strong>di</strong>ffuso nei luna park americani.<br />

Tutti gli FPS mutuano da Fratello<br />

Martello la primor<strong>di</strong>ale meccanica <strong>di</strong><br />

gioco, qui sotto riportata in basic…<br />

10 inquadra il bersaglio<br />

20 clicca<br />

30 goto 10<br />

Ma percuotere a ciclo infinito l’abbronzata<br />

faccia del vincitore morale della<br />

prima e<strong>di</strong>zione del Grande Fratello, oltre<br />

ad essere lesivo per la <strong>di</strong>gnità del Taricone<br />

stesso, può annoiare. Ecco perché<br />

nel corso degli anni i vari cloni <strong>di</strong> Fratello<br />

Martello hanno implementato <strong>di</strong>verse<br />

varianti del gameplay primigenio, insaporendolo<br />

<strong>di</strong> volta in volta con un ingre<strong>di</strong>ente<br />

extra. Ad esempio, aggiungendo<br />

l’ingre<strong>di</strong>ente “stealth” otteniamo Thief;<br />

aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente “causa-effetto”<br />

otteniamo Halo (e tra breve Half<br />

Life 2); aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente “RPG”<br />

otteniamo Deus Ex; aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente<br />

“Metroid” otteniamo Metroid<br />

Prime; aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente “accuratissima<br />

simulazione per pazzi guerrafondai”<br />

otteniamo America’s Army;<br />

aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente “Nemesis Divina”<br />

otteniamo Quake.<br />

Call of Duty è stato invece insaporito<br />

con una cucchiaiata de Il nemico alle<br />

porte e qualche foglia de Il giorno più<br />

lungo. I meriti <strong>di</strong> CoD, infatti, sono in<br />

gran parte atmosferici. L’impianto grafico,<br />

le ricostruzioni degli ambienti, il<br />

comportamento dei compagni, gli eventi<br />

e soprattutto lo splen<strong>di</strong>do sonoro, tutto è<br />

volto a calare il giocatore nella melma<br />

34<br />

del secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale; con esito<br />

impressionante per potenza evocativa.<br />

Spogliato <strong>di</strong> questi orpelli, CoD tra<strong>di</strong>sce<br />

la sua natura <strong>di</strong> FPS solo leggermente<br />

più evoluto della me<strong>di</strong>a. Insomma, si<br />

tratta più o meno del solito Medal of<br />

Honor da cui gli sviluppatori sono reduci.<br />

Pur con alcune mo<strong>di</strong>fiche.<br />

Innanzitutto è stata tolta la possibilità<br />

<strong>di</strong> aprire le porte. Il gioco lo <strong>di</strong>ce chiaramente<br />

alla prima occasione a tiro: non<br />

dovrete mai preoccuparvi <strong>di</strong> aprire una<br />

porta. Capito? Non è un impoverimento<br />

del gameplay, quanto piuttosto una<br />

semplificazione delle meccaniche con<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> eliminare le azioni superflue.<br />

Pensate a Silent Hill. Pensate a<br />

Shenmue. Quante sono le porte presenti<br />

nei videogiochi che effettivamente<br />

svolgono la funzione per la quale sono<br />

state progettate? Che senso ha quin<strong>di</strong><br />

costringere il giocatore a provare cento<br />

maniglie quando nell’80% dei casi comparirà<br />

una scritta del tipo: “Questa porta<br />

non si può aprire per qualche ragione<br />

che non ti sto a spiegare perché tanto<br />

non la capiresti. Se ti ostini a cercare <strong>di</strong><br />

aprirla, umilierai entrambi”. CoD non ha<br />

bisogno <strong>di</strong> questi mezzucci per prolungare<br />

l’esplorazione o per dare una parvenza<br />

illusoria <strong>di</strong> prosecuzione non lineare.<br />

CoD non si vergogna delle proprie origini<br />

<strong>di</strong> FPS proletario.<br />

Un’altra mo<strong>di</strong>fica importante, ispirata<br />

da Halo, è la possibilità <strong>di</strong> portare con<br />

sé due sole armi, oltre alla pistola e le<br />

granate. Si tratta <strong>di</strong> un’aggiunta che rafforza<br />

la sospensione dell’incredulità nel<br />

giocatore, molto meno propenso ad irrompere<br />

nella battaglia in modalità “arsenale<br />

ambulante” come negli action<br />

movie dell’era reaganiana. Ovviamente è<br />

una scelta che regala qualche buona<br />

briscola anche al gameplay, invogliando<br />

a un’oculata selezione delle armi da portarsi<br />

<strong>di</strong>etro. Sia chiaro: nessun amletico<br />

dubbio. Questo perché, come è logico,<br />

CoD riproduce nel migliore dei mo<strong>di</strong> le<br />

armi in dotazione agli eserciti dell’epoca,<br />

i quali non <strong>di</strong>sponevano <strong>di</strong> tecnologia<br />

aliena.<br />

Fondamentalmente CoD <strong>di</strong>stingue tra<br />

fucili <strong>di</strong> precisione e mitragliatori (con<br />

alcuni toni grigi per quanto riguarda<br />

l’accuratezza del colpo, la capienza del<br />

caricatore e la frequenza <strong>di</strong> sparo); il<br />

giocatore finirà quin<strong>di</strong> per portare con sé<br />

un’arma per categoria. Poi, quando rimarrà<br />

a corto <strong>di</strong> pallottole, scambierà il<br />

suo mitra con quello <strong>di</strong> un tedesco morto.<br />

Poco altro.<br />

________________Diario <strong>di</strong> Guerra<br />

Call of Duty inizia le danze calando il<br />

giocatore nei panni <strong>di</strong> Martin, un soldato<br />

impiegato nelle missioni <strong>di</strong> supporto alla<br />

titanica operazione Overlord: lo sbarco<br />

in Norman<strong>di</strong>a. Il primo livello è stato


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

appositamente stu<strong>di</strong>ato per iniettare<br />

nell’utente un consistente sense of wonder<br />

– o, visti i contenuti, un sense of<br />

horror – che lo accompagnerà fino a<br />

Berlino. Paracadutato nella campagna<br />

francese, Martin vagherà nella notte alla<br />

ricerca del compagno <strong>di</strong> missione, trovandolo<br />

morto. Ok, penserà. Il solito<br />

pretesto da videogame per farmi rimanere<br />

da solo contro tutti. Macché. Pochi<br />

proiettili dopo… It’s raining men, alleluja!<br />

Decine <strong>di</strong> compagni aviotrasportati<br />

spuntano dal cielo. La guerra inizia, furiosa,<br />

fracassona, orribile. Meravigliosa.<br />

E, come <strong>di</strong>ce il capitano Fowley: «Per<br />

quelli che sono alla loro prima azione,<br />

benvenuti nel mondo reale. Per quelli<br />

che ci sono già stati… Credetemi, non<br />

avete visto ancora nulla». Parole rivolte<br />

non solo ai soldati, ma anche al giocatore…<br />

«Ehi ciccio, questo non è il solito<br />

Medal of Honor. Qui si fa sul serio».<br />

Per capirlo è sufficiente il colpo d’occhio<br />

del campo <strong>di</strong> battaglia, con dozzine <strong>di</strong><br />

soldati amici e nemici perfettamente<br />

calati nei loro personaggi.<br />

Il segmento de<strong>di</strong>cato agli americani è<br />

un’escalation <strong>di</strong> operazioni <strong>di</strong> guerra una<br />

più stupefacente dell’altra, salvo ammosciarsi<br />

leggermente nel finale, con due<br />

missioni <strong>di</strong> salvataggio che si allontanano<br />

dal campo <strong>di</strong> battaglia sporco e cattivo,<br />

facendo sentire nel giocatore una<br />

sorta <strong>di</strong> nostalgia al contrario.<br />

La sezione degli inglesi riporta a mille<br />

l’interesse con una splen<strong>di</strong>da missione<br />

doppia ispirata al film Il giorno più lungo.<br />

I buoni (tra cui Evans, l’alter ego<br />

britannico che rischia il deretano per noi)<br />

devono prendere possesso <strong>di</strong> un ponte e<br />

successivamente <strong>di</strong>fenderlo fino all’arrivo<br />

dei rinforzi. Signori, qui si assaggia la<br />

guerra <strong>di</strong> trincea, la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> una posizione<br />

costi quello che costi. Il senso <strong>di</strong><br />

progressivo accerchiamento ad opera <strong>di</strong><br />

un nemico che, con il passare del tempo,<br />

impara ad organizzarsi e a rendere letali<br />

i propri attacchi è reso splen<strong>di</strong>damente<br />

in tutta la sua drammaticità. La sensazione<br />

<strong>di</strong> inarrestabile per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> terreno è<br />

mici<strong>di</strong>ale, un continuo groppo alla gola,<br />

e le grida dei compagni che annunciano<br />

nuovi attacchi riesce ad insinuare panico<br />

come nessuno videogioco era riuscito a<br />

fare.<br />

Dopo un simile inizio, purtroppo il<br />

segmento inglese scema totalmente <strong>di</strong><br />

interesse, sprofondando nella noia <strong>di</strong><br />

missioni in singolo che evidenziano tutti i<br />

limiti dell’impianto <strong>di</strong> gioco. La missione<br />

<strong>di</strong> sabotaggio della <strong>di</strong>ga è lunga e noiosa<br />

e si segnala solo per l’epilogo: una fuga<br />

in camion rocambolesca e <strong>di</strong>vertente. Il<br />

livello successivo, poi, è il punto più <strong>di</strong>mentichevole<br />

del pacchetto bellico. Seriamente,<br />

che cosa c’entra in un prodotto<br />

del genere una missione in cui bisogna<br />

infiltrarsi in una nave e, DA SOLI,<br />

uccidere tutto ciò che respira?<br />

Per fortuna gli inglesi ci lasciano, per<br />

ritornare insieme alle truppe USA in una<br />

missioncina <strong>di</strong> congedo nella foresta innevata.<br />

Adesso tocca ai comunisti.<br />

È qui che Call of Duty rivela tutto il<br />

suo potenziale, spiccando il volo verso<br />

l’olimpo delle videoesperienze.<br />

(nota: per la sensibilità <strong>di</strong> chi scrive, il<br />

paragrafo successivo non contiene<br />

spoiler. Ciononostante, se siete tra quelli<br />

che non vogliono sapere assolutamente<br />

nulla <strong>di</strong> un gioco, il consiglio è <strong>di</strong> passare<br />

oltre.)<br />

________________Missione Pavlov<br />

Abbiamo asse<strong>di</strong>ato un palazzo <strong>di</strong> quattro<br />

piani occupato dai tedeschi. Al prezzo <strong>di</strong><br />

molti compagni caduti, siamo riusciti a<br />

prendere possesso dello stesso e ci go<strong>di</strong>amo<br />

un momento <strong>di</strong> riposo.<br />

Riposo fin troppo breve. I nazisti si<br />

sono riorganizzati e asse<strong>di</strong>ano il palazzo.<br />

Dobbiamo resistere, resistere, resistere.<br />

Tutti i piani dell’e<strong>di</strong>ficio sono piantonati<br />

dai miei compagni, che sparano dalle<br />

finestre e tengono d’occhio ogni entrata,<br />

ogni rampa <strong>di</strong> scale.<br />

Inizia un fuoco d’inferno.<br />

Riusciamo a tenere a <strong>di</strong>stanza i tedeschi,<br />

che muoiono non appena escono<br />

dai ripari. Appostato a una finestra del<br />

quarto piano, intono la preghiera del<br />

cecchino e buco ogni elmetto che fuoriesce<br />

dalla trincea a ovest; ma non dura a<br />

lungo. Il capo mi grida che a nord sta<br />

arrivando un cingolato. Scendo <strong>di</strong> corsa<br />

al terzo piano dove abbiamo posizionato<br />

una postazione anti-carro che dà in quella<br />

<strong>di</strong>rezione. Prendo la mira e sparo. I<br />

primi colpi impattano sul tank facendolo<br />

sussultare, poi, finalmente, esplode. Non<br />

faccio a tempo a esultare che lì vicino<br />

sbucano alcuni soldati. Sparo loro con il<br />

medesimo fucile e vedo i loro corpi<br />

schizzare in aria. Raccapricciante. La<br />

zona è libera, ma un’esplosione da <strong>di</strong>etro<br />

mi fa capire che è lungi dall’essere finita.<br />

Mi arrivano voci a conferma <strong>di</strong> quello che<br />

già ho intuito: un altro tank si sta avvicinando<br />

dal lato opposto del palazzo.<br />

Devo raggiungere la postazione anticarro<br />

che dà su quel lato, e per farlo devo<br />

scendere al secondo piano. Mentre sono<br />

sulle scale mi rendo conto che i tedeschi<br />

hanno già conquistato il piano terra e il<br />

primo piano, e stanno tentando <strong>di</strong> arrivare<br />

al secondo. Alcuni compagni cercano<br />

<strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re l’avanzamento del nemico.<br />

Io invece mi <strong>di</strong>rigo nella stanza con<br />

la postazione anticarro ma, oltrepassato<br />

l’ingresso, vedo l’esterno, la neve, le<br />

nuvole, il tank. La stanza non c’è più,<br />

spazzata via da un colpo ben assestato.<br />

Torno nel corridoio e mi rendo conto<br />

che, dove prima c’erano molti compagni,<br />

adesso ne è rimasto solo uno, e un tedesco<br />

approfitta del momento in cui questi<br />

sta ricaricando per risalire le scale e colpirlo<br />

violentemente con il calcio del fucile.<br />

Il mio compagno cade a terra e il tedesco<br />

continua a picchiarlo con una violenza<br />

che mi fa gelare il sangue. Chiudo<br />

gli occhi e sparo con il mitra. Mi fermo<br />

solo quando finisco il caricatore. Il tedesco<br />

giace a terra, mentre il mio compagno<br />

si rialza. Solo dopo mi rendo conto<br />

che avrei potuto colpire anche lui: in<br />

quel momento agivo solo per salvare me<br />

stesso. Ci guar<strong>di</strong>amo, ma non facciamo<br />

a tempo a <strong>di</strong>rci niente perché un’esplosione<br />

abbatte la parete. Fumo e calcinacci<br />

dappertutto. Mi ritrovo a terra,<br />

sento rumori ovattati e non vedo più il<br />

mio compagno. Mi allontano strisciando<br />

e mi posiziono vicino alle scale per arginare<br />

nuove ondate <strong>di</strong> nemici. Solo allora<br />

mi rendo conto che sto per finire i colpi.<br />

Dovrei scendere <strong>di</strong> un piano e prendere<br />

un mitra a un tedesco morto, ma sento<br />

che la zona è ormai presi<strong>di</strong>ata dal nemico<br />

e non ho il coraggio <strong>di</strong> rischiare.<br />

Quin<strong>di</strong> tiro fuori la pistola e, in<strong>di</strong>etreggiando,<br />

tento <strong>di</strong> raggiungere il quarto<br />

piano, dove tentare un’ultima resistenza<br />

insieme ai pochi compagni rimasti. Voglio<br />

tornare a casa.<br />

35<br />

________Mio padre sanguina Storia<br />

Call of Duty è un capolavoro <strong>di</strong> atmosfera<br />

e un gioco assolutamente buono.<br />

Anche se vi siete stufati <strong>di</strong> giocare sempre<br />

ai soliti cloni <strong>di</strong> Fratello Martello,<br />

prima <strong>di</strong> comperarvi finalmente una console,<br />

concedetevi un’ultima dose <strong>di</strong> motion<br />

sickness con il titolo <strong>di</strong> Infinity<br />

Ward. Ne vale veramente la pena.<br />

Peccato solo per il finale, che si rivela<br />

piuttosto deludente. Certo, sventolare la<br />

ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> Bertinotti sopra il reichstag<br />

comecavolosichiama ha il suo fascino,<br />

ma si poteva <strong>di</strong> più. Pensate a quanto<br />

sarebbe stato figo se, quando tutti esultano<br />

per la fine della guerra… BOM! Con<br />

un’esplosione fragorosa il temibile boss<br />

finale Adolf Hitler fa il suo ingresso a<br />

bordo della most secret weapon of the<br />

Luftwaffe: il Metal Gear Fritz.<br />

Purtroppo la realtà pone a volte tanti<br />

<strong>di</strong> quei vincoli…<br />

I livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />

Recluta<br />

Insultante. Oltre a non concedere<br />

uno straccio <strong>di</strong> sfida, il gioco non<br />

riesce a mostrare tutto il suo potenziale.<br />

Ad esempio le missioni<br />

che vogliono dare al giocatore il<br />

senso <strong>di</strong> accerchiamento falliscono<br />

nel loro intento a causa della<br />

limitatissima cattiveria laterale del<br />

nemico.<br />

Soldato<br />

Una <strong>di</strong>fficoltà bastevole a entrare<br />

nello spirito del gioco, anche se vi<br />

sentirete più John Rambo che il<br />

soldato Ryan. Questo perché i<br />

colpi del nemico non sono tanto<br />

letali da impe<strong>di</strong>re al giocatore una<br />

prestazione del tipo “grande guerriero<br />

bianco contro orde <strong>di</strong> orchetti”.<br />

La sovrabbondante presenza<br />

<strong>di</strong> me<strong>di</strong>kit, poi, vi farà pensare <strong>di</strong><br />

essere Wolverine prima del lavaggio<br />

del cervello...<br />

Esperto<br />

Questo livello permette <strong>di</strong> godere<br />

appieno dello stile <strong>di</strong> gioco previsto<br />

da Infinity Ward, senza per<br />

questo chiedere al giocatore <strong>di</strong><br />

seguire un corso da Je<strong>di</strong>. È fondamentale<br />

ricordarsi <strong>di</strong> seguire il<br />

gruppo, <strong>di</strong> passare velocemente<br />

da un riparo all’altro e <strong>di</strong> adoperare<br />

sempre l’arma più adatta. A<br />

queste con<strong>di</strong>zioni, CoD premierà<br />

il giocatore con una curva <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento<br />

mai troppo ripida né<br />

pianeggiante e regalandogli la<br />

sensazione <strong>di</strong> essere veramente<br />

su un campo <strong>di</strong> battaglia.<br />

Veterano<br />

«Niente è più emozionante nella<br />

vita che vedersi sparare addosso<br />

e non essere colpiti» <strong>di</strong>ce un tipo.<br />

Un lusso che questo livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />

vi concederà raramente. I<br />

nemici <strong>di</strong>ventano Bull’s Eye, i me<strong>di</strong>kit<br />

spariscono e un paio <strong>di</strong> colpi<br />

ben assestati garantiscono una<br />

traversata sull’acheronte. Provateci<br />

solo se vi piacciono le sfide<br />

proibitive, ma ricordate che <strong>di</strong>verrete<br />

i migliori amici del tasto F5.


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

sOL iNVICTUS__________ ____________________________<br />

[In Memoriam]<br />

<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />

.:scHEda:.<br />

gENERE RPG Investigativo<br />

eTICHETTA Ubi Soft<br />

sVILUPPATORE Lexis Numérique<br />

sISTEMA PC<br />

aNNO 2003<br />

gIOCATORI 1<br />

vERSIONE italiana<br />

Quattro anni <strong>di</strong> sviluppo, in larga parte<br />

attribuibili alle necessità “climatiche”<br />

della trama. Distribuiti in <strong>di</strong>versi paesi<br />

europei, i filmati raccontano le prime fasi<br />

delle indagini <strong>di</strong> Jack e Karen, quelle<br />

precedenti la loro scomparsa per mano<br />

<strong>di</strong> Fenice. L’intensità emotiva <strong>di</strong> alcune<br />

scene rende In Memoriam consigliabile<br />

ad un pubblico adulto.<br />

Gli enigmi si compongono <strong>di</strong> schermate<br />

fisse sulle quali è possibile interagire con<br />

vari elementi. Questi possono essere<br />

frammenti <strong>di</strong> foto da ricomporre o mini<br />

giochi <strong>di</strong> abilità/intuizione. Più sovente<br />

ogni enigma ha una sua logica intrinseca<br />

che va colta prima <strong>di</strong> procedere, pena la<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> molto tempo in inutili tentativi<br />

reiterati.<br />

“La preparazione tecnica<br />

e l'abilità grafica con<br />

cui la Fenice ha concepito<br />

il programma potrebbero<br />

far supporre<br />

che abbiamo a che fare con più in<strong>di</strong>vidui.<br />

Eppure, le poche informazioni<br />

inviate da Lorski prima della<br />

sua scomparsa lasciano supporre il<br />

contrario: si tratterebbe infatti <strong>di</strong><br />

un singolo in<strong>di</strong>viduo che, consapevole<br />

del proprio "genio", cerca attraverso<br />

questa “realizzazione” una<br />

forma <strong>di</strong> riconoscimento, costante<br />

che è possibile incontrare in alcuni<br />

casi <strong>di</strong> serial killer. Creando degli<br />

enigmi per fornire gli in<strong>di</strong>zi con il<br />

contagocce e giocando continuamente<br />

a nascondere le informazioni<br />

che poi consente <strong>di</strong> svelare, la Fenice<br />

si rivela manipolatore e dotato<br />

<strong>di</strong> un'acuta intelligenza. Nessuno<br />

può mettere in dubbio la sua intelligenza.<br />

Ne è la personificazione.”<br />

In Memoriam è un ospite scomodo,<br />

esce dallo schermo e pianta i<br />

pie<strong>di</strong> sul pavimento, impuntandosi<br />

e insistendo a non voler andare via.<br />

E’ sottile, una lingua sensuale che<br />

sibila, un sorriso affilato che seduce.<br />

Lontano da qualsiasi altra opera,<br />

In Memoriam si <strong>di</strong>stingue <strong>di</strong><br />

continuo, riportando sì ad un passato<br />

fatto <strong>di</strong> avventure grafiche, ma<br />

accelerando folle verso uno scenario<br />

ine<strong>di</strong>to, In Memoriam è un<br />

gioco <strong>di</strong> ruolo nel vero senso del<br />

termine, dove il giocat(t)ore recita<br />

una parte, pur rimanendo se stesso.<br />

Divergente da subito, In Memoriam<br />

ci sprofonda in un universo<br />

lu<strong>di</strong>co che è il nostro, nel quale<br />

sono strumenti noti ad essere nostri<br />

aiutanti.<br />

Jack Lorski e Karen Gijman sono<br />

scomparsi e l’agenzia SLK Network<br />

(fornitrice <strong>di</strong> contenuti tele/giornalistici)<br />

ha <strong>di</strong>ffuso in numerose copie<br />

un CD, recapitato loro da un uomo<br />

che si fa chiamare Fenice. Il <strong>di</strong>sco è<br />

un criptico ammasso <strong>di</strong> enigmi e<br />

informazioni frammentate che dovrebbero<br />

guidare verso il ritrovamento<br />

del giornalista e della sua<br />

compagna, ma il <strong>di</strong>sco è anche<br />

un’altra cosa:la glorificazione della<br />

Fenice, superbo prodotto <strong>di</strong> una<br />

mente ispirata che sfida il mondo<br />

sul campo in cui egli eccelle,<br />

l’intelligenza. Fenice stesso esorta a<br />

<strong>di</strong>ffondere il <strong>di</strong>sco, in modo che<br />

molti e molti possano confrontarsi<br />

con i suoi enigmi e che collaborino<br />

pure fra <strong>di</strong> loro, unendo gli sforzi,<br />

36<br />

Hardware<br />

In Memoriam non richiede specifiche<br />

tecniche particolarmente<br />

elevate per visualizzare i suoi<br />

contenuti (il lavoro <strong>di</strong> calcolo è<br />

esiguo). I requisiti minimi impongono<br />

un processore a 333Mhz<br />

(Win95 e successivi), 64MB <strong>di</strong><br />

RAM, scheda grafica a 32bit e<br />

700MB <strong>di</strong> spazio libero su <strong>di</strong>sco.<br />

In<strong>di</strong>spensabile la connessione internet<br />

per ricevere e-mail e compiere<br />

ricerche. È sufficiente un<br />

modem 56k.<br />

<strong>di</strong>videndosi informazioni e svelando,<br />

man mano, una storia rivestita<br />

<strong>di</strong> riferimenti alchemici, misteriose<br />

morti, verità universali e passati<br />

sepolti ma non ancora defunti.<br />

Il brano che apre la recensione non<br />

è un ritaglio da una qualche press<br />

release o dal manuale <strong>di</strong> gioco, è<br />

invece una delle principali caratteristiche<br />

<strong>di</strong> In Memoriam: un’e-mail<br />

recapitata presso il mio consueto<br />

in<strong>di</strong>rizzo elettronico. Il complesso<br />

universo fittizio ricreato dal visionario<br />

autore Eric Viennot, ci include<br />

nella simulazione, nel gioco <strong>di</strong> ruolo,<br />

rendendo evanescenti i confini<br />

che <strong>di</strong> solito scindono realtà e fantasia.<br />

Numerosi i compagni d’indagine<br />

che spe<strong>di</strong>ranno missive al<br />

nostro mail-reader, esponendo proprie<br />

teorie sulla risoluzione degli<br />

enigmi, offrendo link utili alla prosecuzione<br />

delle indagini o anche<br />

solo cercando <strong>di</strong> definire un quadro<br />

che appare ora in contorni consunti<br />

e sbia<strong>di</strong>ti.<br />

In Memoriam punta da subito a<br />

calare nella parte lo spettatore che,<br />

mai come oggi, è esortato non a<br />

guardare ma ad agire, quanto più<br />

gli è possibile. Proseguendo nello<br />

svisceramento del CD della Fenice,<br />

si fanno avanti nuove piste, in<strong>di</strong>zi<br />

confusi dapprima e poi sempre più<br />

delineanti un <strong>di</strong>segno inquietante<br />

eppur malignamente lucido. I nostri<br />

strumenti sono ‘nostri’ come non<br />

mai: la nostra intelligenza, la capacità<br />

<strong>di</strong> risoluzione degli enigmi, le<br />

nostre conoscenze enciclope<strong>di</strong>che<br />

ma pure l’enciclope<strong>di</strong>a stessa e soprattutto<br />

il suo corrispettivo dell’era<br />

telematica: internet. Molti enigmi,<br />

infatti, trovano risoluzione solcando<br />

le onde <strong>di</strong>gitali del mare informatico.<br />

In Memoriam, oltre ad un cast<br />

<strong>di</strong> comprimari epistolari, allestisce<br />

una ragnatela <strong>di</strong> siti che si piegano


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

alle esigenze narrative lasciando<br />

trasparire un’enorme mole <strong>di</strong> pianificazione<br />

certosina e impeccabile.<br />

Durante lo sviluppo, durato quattro<br />

intensi anni <strong>di</strong> lavoro, la troupe capeggiata<br />

da Viennot non solo ha<br />

girato svariate ore <strong>di</strong> filmati (realizzati,<br />

nella finzione, da Lorski e offerti<br />

a noi dalla Fenice), ma sono<br />

stati anche realizzati centinaia <strong>di</strong><br />

siti ad hoc, in<strong>di</strong>spensabili per proseguire<br />

le indagini e svelare lentamente,<br />

ai nostri occhi, la possibile<br />

trama che sottende il tutto. E se<br />

inizialmente si può avere un’idea <strong>di</strong><br />

trascuratezza nella realizzazione dei<br />

siti, presto si coglie l’enormità del<br />

lavoro svolto, con decine <strong>di</strong> stili<br />

grafici <strong>di</strong>fferenti, alcuni ricalcanti il<br />

più rozzo degli html (con quelle<br />

fiamme animate che fanno tanto<br />

amatoriale…) fino a più raffinati<br />

flash. I siti offrono generalmente<br />

informazioni sovrabbondanti e, se<br />

pure la ricerca della risoluzione <strong>di</strong><br />

un enigma è breve, soffermarsi su<br />

<strong>di</strong> un sito può offrire nuovi spunti<br />

alle indagini proiettandoci in avanti<br />

rispetto ai nostri compagni <strong>di</strong> investigazione<br />

che, magari, ci spe<strong>di</strong>ranno<br />

via e-mail conclusioni a cui eravamo<br />

già arrivati.<br />

La lettura estesa dei siti, offre inoltre<br />

la possibilità <strong>di</strong> calarsi nella<br />

parte in maniera cre<strong>di</strong>bile, rendendo<br />

più acute le sensazioni e gli umori<br />

che proveremo quando Fenice<br />

ci offrirà nuovi spezzoni <strong>di</strong> quanto è<br />

accaduto a Jack e Karen. Leggere il<br />

<strong>di</strong>ario online <strong>di</strong> una collegiale, spulciare<br />

la biografia nel sito <strong>di</strong> Karen o<br />

ammirarne i lavori <strong>di</strong> pittura, tutto<br />

concorre a rendere concreti i confini<br />

della finzione. A questo si aggiunga<br />

il modo brillante con cui In Memo<br />

riam si appoggia a siti preesitenti,<br />

AENIGMA<br />

Al <strong>di</strong> là della semplice deduzione<br />

logica e dell’interrelazione <strong>di</strong> elementi<br />

frammentari negli enigmi,<br />

spesso le risoluzioni <strong>di</strong> alcuni<br />

passaggi richiedono una piccola<br />

intuizione. Ritrovare il sito <strong>di</strong> Karen<br />

Gijman, non segnalato all’interno<br />

dell’enigma o nei nostri dati,<br />

<strong>di</strong>venta semplice <strong>di</strong>gitando il<br />

nome della stessa in un motore<br />

<strong>di</strong> ricerca ( www.karen-gijman.<br />

com, date una sbirciata…). Spesso<br />

questa è la via più semplice<br />

per ottenere degli in<strong>di</strong>zi. Ma non<br />

esitate a sfruttare tutto il mondo<br />

<strong>di</strong> possibilità là fuori… dovendo<br />

tradurre una parola in greco, recuperate<br />

un’agenzia <strong>di</strong> viaggi con<br />

sede in Grecia e chiedete gentilmente<br />

che sia il webmaster del<br />

sito a tradurla per voi. Certo dovete<br />

trovare un webmaster <strong>di</strong>sponibile<br />

come quello in cui sono<br />

incappato io…<br />

confondendoci ed ingannandoci astutamente<br />

e ponendo in dubbio<br />

tutto quanto, fino al punto in cui<br />

non si è più in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere<br />

quali siano i nostri passi genuini da<br />

quelli specificamente previsti dalla<br />

sceneggiatura.<br />

L’enigmistica <strong>di</strong> In Memoriam costituisce<br />

la parte preponderante<br />

della vicenda, anche se si è provveduto<br />

ad inserire il tutto in un<br />

contesto cre<strong>di</strong>bile. Le schermate del<br />

CD della Fenice si susseguono in un<br />

gioco <strong>di</strong> scatole cinesi, dove ogni<br />

gruppo <strong>di</strong> enigmi risolto apre un<br />

portale verso una nuova serie <strong>di</strong><br />

sfide. Lontani dall’essere i banali<br />

rompicapo <strong>di</strong> capcomiana memoria,<br />

gli ostacoli che Fenice ci pone innanzi<br />

sono generalmente risolvibili<br />

con la semplice indagine o comunque<br />

grazie all’analisi degli elementi<br />

a nostra <strong>di</strong>sposizione. Non si raggiungono<br />

quin<strong>di</strong> i livelli <strong>di</strong> osticità<br />

offerti da un Myst, e più in generale<br />

l’aiuto <strong>di</strong> quanti sono impegnati<br />

nelle indagini dovrebbe rendere<br />

l’avventura affrontabile da chiunque<br />

sia munito <strong>di</strong> un minimo barlume <strong>di</strong><br />

intelligenza. Eppure, dove molti enigmi<br />

sono questione <strong>di</strong> ricostruire<br />

una logica apparentemente inesistente<br />

ed altri necessitano invece <strong>di</strong><br />

una certa manualità (traducendosi<br />

in veri e propri minigiochi), spesso<br />

si richiede anche un approccio laterale.<br />

Ma all’interno <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong><br />

cui facciamo parte, la lateralità si<br />

sviluppa in maniera inconsueta, ben<br />

lontana dalle logiche illogiche <strong>di</strong><br />

Monkey Island. La lateralità <strong>di</strong> In<br />

Memoriam si traduce in “il tuo<br />

mondo fa parte del gioco”, e così<br />

sia. Difficile fare esempi senza rischiare<br />

<strong>di</strong> rovinare la sorpresa e<br />

l’orgoglio <strong>di</strong> giungere a certe conclusioni,<br />

ma tenete a mente che il<br />

web nel suo insieme <strong>di</strong>venta il vostro<br />

primo strumento d’indagine<br />

(ve<strong>di</strong> box AENIGMA).<br />

Se In Memoriam gioca con noi,<br />

riflettendoci nel mondo che giochiamo,<br />

non meno fascinosa risulta<br />

la componente concreta del titolo.<br />

L’estetica del CD della Fenice è elaborata<br />

sulla complessa psicologia<br />

del serial killer, un uomo <strong>di</strong> grande<br />

intelligenza e gusto artistico. Si alternano<br />

così <strong>di</strong>apositive da un inconscio<br />

malato ma comunque coerente,<br />

dotate <strong>di</strong> un gusto macabro<br />

e ingegnoso che sfrutta la composizione<br />

<strong>di</strong>gitale con elementi interagibili<br />

per costruire labirinti enigmistici.<br />

E sul fondo un accompagnamento<br />

sonoro gracchiante, che<br />

stride e ci ferisce il cervello con<br />

punte acuminate, fino a stamparci<br />

sopra un tema musicale, angosciante,<br />

che sottolinea i momenti <strong>di</strong><br />

rivelazione del gioco. Né meno bril-<br />

37<br />

lante la prestazione recitativa degli<br />

attori impegnati nelle riprese <strong>di</strong><br />

Lorski. Tutti ugualmente cre<strong>di</strong>bili e<br />

capaci, perfettamente calati<br />

nell’economia realistica del gioco.<br />

Meno naturale la regia, che spesso<br />

<strong>di</strong>mentica il suo ruolo <strong>di</strong> fredda testimonianza<br />

per indugiare in scelte<br />

registiche indubbiamente meno<br />

cre<strong>di</strong>bili, per quanto più funzionali e<br />

gradevoli.<br />

In Memoriam è dunque un<br />

ammirevole ritratto, dotato <strong>di</strong> autentica<br />

vitalità, ispirazione e volontà<br />

<strong>di</strong> innovare. Assolutamente priva<br />

<strong>di</strong> paragone, l’esperienza interpretativa<br />

<strong>di</strong> questa opera ha il merito<br />

innegabile <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care nuove strade<br />

dell’espressione videointerattiva, un<br />

lavoro ineccepibile sotto tutti gli<br />

aspetti anche se <strong>di</strong> non popolare<br />

fruizione. Ma il sigillo <strong>di</strong> RING<br />

campeggia proprio per questa ragione,<br />

per darvi un motivo in più<br />

per osare, per invitarvi a frantumare<br />

il confine ed attraversare lo<br />

specchio.<br />

“Per Eric Viennot, i videogiochi sono<br />

un nuovo mezzo <strong>di</strong> comunicazione<br />

per raccontare storie in modo innovativo.<br />

La fiction interattiva lo interessa<br />

perché è convinto che, a un<br />

secolo dalla nascita del cinema, i<br />

videogiochi siano destinati a <strong>di</strong>ventare<br />

una nuova forma narrativa,<br />

ricca <strong>di</strong> emozioni e materia <strong>di</strong> sogni...”<br />

da http://www.inmemoriam.it<br />

Eric Vinnot<br />

Eric Viennot (regista/desi-gner)<br />

nasce il 10 Marzo del 1960 a Lione,<br />

in Francia. Si forma nelle arti<br />

visive e, negli anni '80, si de<strong>di</strong>ca<br />

alla fotografia, la pittura e la video-arte.<br />

Insieme al gruppo Equipage<br />

10, partecipa a <strong>di</strong>versi allestimenti<br />

multime<strong>di</strong>ali, esibendosi<br />

in Francia, Germania, Italia e Danimarca.<br />

Vince i concorsi CAPES e<br />

Agrégation in Belle Arti, e quin<strong>di</strong><br />

insegna all'Università <strong>di</strong> Paris 1<br />

(Panthéon Sorbonne) per cinque<br />

anni. Nel 1990, fonda lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

produzione Lexis Numérique insieme<br />

a Marie Viennot e José Sanchis.<br />

Come precursore della computer<br />

grafica, dal 1994 partecipa<br />

a numerosi progetti multime<strong>di</strong>ali<br />

nel ruolo <strong>di</strong> designer e <strong>di</strong>rettore<br />

artistico.


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

wARIO wHORE______________________________________<br />

[Wario Ware]<br />

<strong>di</strong> Emalord<br />

.:scHEda:.<br />

gENERE Party Game<br />

eTICHETTA Nintendo<br />

sVILUPPATORE Interno<br />

sISTEMA GBA<br />

aNNO 2003<br />

gIOCATORI 1-2<br />

vERSIONE Europea<br />

Wario Ware Inc. è<br />

la fine <strong>di</strong> Nintendo. La<br />

morte della fantasia.<br />

La tomba della creatività.<br />

Guardatevi dal<br />

definirlo un prodotto innovativo, ed<br />

esaminatelo per quello che è: una<br />

sequenza <strong>di</strong> immagini semianimate,<br />

pessimamente colorate, scandalosamente<br />

grezze.<br />

Wario Ware Inc. è il ritorno dei<br />

morti viventi, la <strong>di</strong>ssepoltura gli<br />

scacciapensieri, l'esaltazione della<br />

monocromaticità e del mononeuronismo.<br />

Un revival della prima Nintendo,<br />

quella che ora non esiste<br />

più, quella che ora non ha più niente<br />

da <strong>di</strong>re.<br />

E questa è solo la punta dell'Iceberg.<br />

Questo è solo l'inizio <strong>di</strong> una<br />

critica fin troppo facile [sorride<br />

sod<strong>di</strong>sfatto]<br />

Il prodotto <strong>di</strong> Nintendo illude l'utente<br />

con la quantità: gli urla negli<br />

spazi angusti tra timpano, staffa e<br />

martello che con gli oltre 200 minigiochi<br />

all'interno il <strong>di</strong>vertimento<br />

non avrà mai fine. Ore e ore <strong>di</strong> risate<br />

grasse, <strong>di</strong> sfide in multiplayer,<br />

<strong>di</strong> coinvolgenti bagarre tra amici.<br />

Ma sono solo menzogne.<br />

Chi, nel 2004, si potrebbe ancora<br />

<strong>di</strong>vertire con un gioco senza una<br />

trama vera e propria, con una grafica<br />

ridotta a quella dei primor<strong>di</strong><br />

videolu<strong>di</strong>ci, con un pulsante ed una<br />

croce <strong>di</strong>rezionale e governare il tutto?<br />

Suvvia, non scherziamo, l'utente<br />

moderno vuole azione, vuole mon<strong>di</strong><br />

tri<strong>di</strong>mensionali anche su handheld,<br />

e dove non arrivano i poligoni vuole<br />

un bitmap esagerato, fluorescente,<br />

abbacinante. L'utente vuole i colori,<br />

vuole infiniti frame <strong>di</strong> animazione,<br />

<strong>di</strong> strati <strong>di</strong> parallasse, vuole<br />

sparare, saltare, guidare. Vuole il<br />

survival e lo stealth.<br />

Il videogiocatore desidera sentisi<br />

un eroe, vuole conquistare mon<strong>di</strong><br />

sterminati e deserti popolati da enormi<br />

vermi, vuole salvare principesse<br />

intergalattiche plausibilmente<br />

ancora vergini. E non stiamo parlando<br />

<strong>di</strong> zo<strong>di</strong>aco, nossignori.<br />

Ed il prodotto Nintendo riesce anche<br />

in uno solo <strong>di</strong> questi obbiettivi?<br />

No, Signore e Signori, non vi riesce<br />

[simula uno sguardo corrucciato e<br />

sconsolato]<br />

Gli utenti si lamentano della brevità<br />

dei giochi, raccontano nei forum<br />

che Ico non può durare solo 10 ore,<br />

che un Resident Evil che con-<br />

38<br />

sta <strong>di</strong> ben due mini<strong>di</strong>sk non si può<br />

esaurire in 8 ore. E cosa mi fanno i<br />

creativi <strong>di</strong> Nintendo? Gente che dovrebbe<br />

essere stipen<strong>di</strong>ata per produrre<br />

giochi dalla durata richiesta?<br />

Mi creano 200 minigiochi dalla durata<br />

<strong>di</strong> 3 secon<strong>di</strong> cadauno! E non<br />

solo, in quei 3 secon<strong>di</strong> l'utente deve<br />

capire cosa fare e capire come farlo,<br />

solo grazie ad un criptico suggerimento<br />

quale: mangia, taglia, cetriolo,<br />

gonfia, uno.<br />

Ma che imbeccata è: uno?<br />

A volte è sufficiente premere il<br />

pulsante A, a volte basta premere<br />

la croce <strong>di</strong>rezionale, a volte è richiesto<br />

l'uso <strong>di</strong> entrambi. Ma l'utente<br />

me<strong>di</strong>o capirà tutto questo? Capirà<br />

che non ci vuole l'uso contemporaneo<br />

<strong>di</strong> tutti i bottoni, dei tasti<br />

laterali, che non c'è lock-on o inventario<br />

<strong>di</strong> sorta? E le mappe, che<br />

fine hanno fatto le mappe? Ormai si<br />

trovano in qualsiasi prodotto, anche<br />

negli shooter c'è un seppur minimo<br />

straccio <strong>di</strong> mappa, per<strong>di</strong>o. La gente<br />

vuole perdersi, vuole smarrirsi,<br />

vuole localizzare item, vuole un<br />

continuo feedback con un qualsiasi<br />

colonnello dell'esercito. Ci vogliono<br />

pozioni curative, per avere successo.<br />

Ci vogliono negozi, livelli, piattaforme.<br />

Il gioco, Signori, deve essere<br />

inquadrato in un genere, altrimenti<br />

l'utente resterà spiazzato e<br />

non lo comprerà.<br />

Ebbene, Signori, cos'è Wario<br />

Ware Inc.? Un platform, un adventure,<br />

un puzzle game? Una simulazione,<br />

un arcade, uno strategico?<br />

No, non è niente <strong>di</strong> questo. È<br />

un esperimento andato a male, un<br />

abominio, un Pokémon scartato dal<br />

suo stesso creatore che poi si è suicidato<br />

per la vergogna. Come <strong>di</strong>te?<br />

Un Party game? Il massimo <strong>di</strong> giocatori<br />

per gioco, e la cosa non vale<br />

per tutti i giochi, è due. Avete mai<br />

visto dei Party a cui hanno partecipato<br />

solo due persone? Una tristezza.<br />

Signori, guardatemi negli occhi:<br />

l'handheld gaming è un genere limitato<br />

già <strong>di</strong> per se e Wario Ware<br />

Inc. è l'apoteosi del concetto <strong>di</strong><br />

limitatezza. Non esiste Gioco, non<br />

esiste profon<strong>di</strong>tà. Questo prodotto<br />

non piacerà alle masse come non<br />

piacerà a quegli intellettuali del Bit<br />

che continuano a riempirsi la bocca<br />

con la parola Gameplay. Signori,<br />

questo gioco non può piacere.<br />

Venite, seguitemi, intervistiamo<br />

quei ragazzini laggiù e chie<strong>di</strong>amogli<br />

cosa ne pensano.


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

Vedrete che mi darete ragione [si<br />

aggiusta la cravatta e scende in<br />

strada]<br />

«A me piace» <strong>di</strong>ce Federico<br />

«Ci sono 10 personaggi <strong>di</strong>versi<br />

da affrontare a suon <strong>di</strong> minigame,<br />

prima <strong>di</strong> arrivare allo scontro con<br />

Wario»<br />

«È vero, è vero» urla Giacomo<br />

«E ogni personaggio ha il suo tipo<br />

<strong>di</strong> minigame. 9-VOLT per esempio<br />

ha solo minigiochi ispirati al<br />

mondo Nintendo, DRIBBLE invece<br />

punta sulla fantascienza, mentre<br />

ORBULON mette alla prova il tuo<br />

QI»<br />

«A me piace KAT» sorride Mariella.<br />

«Perché è una ragazza ed è una<br />

ninja. Tutti i suoi minigiochi sono<br />

ispirati alla natura e hanno delle<br />

belle schermate piene <strong>di</strong> ideogrammi»<br />

e sorride.<br />

«E le musiche?» irrompe Enrico.<br />

«Io da grande voglio fare il musicista,<br />

e vi assicuro che le musiche<br />

<strong>di</strong> questo gioco sono fenomenali. Ci<br />

sono anche dei pezzi cantati! E poi<br />

spaziano dal jazz alla <strong>di</strong>sco alla techno<br />

con <strong>di</strong>sinvoltura. Se potessi ci<br />

farei un Cd per il mio fratello che <strong>di</strong><br />

videogiochi non capisce niente. E<br />

pensare che è un gioco per Gameboy…»<br />

«A me mi fa impazzire il fatto dei<br />

3 secon<strong>di</strong>», sussurra Paolo.<br />

«Cioè tu ve<strong>di</strong> la frase Rimbalza! e<br />

poi comincia il gioco, e ve<strong>di</strong> un uomo<br />

sdraiato ed un'anguria e devi<br />

capire cosa fare esattamente in soli<br />

3 secon<strong>di</strong>. E poi mi piace quando<br />

<strong>di</strong>venti più bravo, e tutto <strong>di</strong>venta<br />

più veloce, e i secon<strong>di</strong> sembrano<br />

sempre più corti. Ed i giochi <strong>di</strong>ventano<br />

sempre più veloci e <strong>di</strong>fficili<br />

contempo…ranea…me…nte. Ecco»<br />

«Il gioco in sé è abbastanza breve»<br />

conclude Teo,<br />

«Ma ci sono molteplici ragioni per<br />

tornare su ogni singolo minigame,<br />

per migliorare i propri tempi, o per<br />

accorgersi che ad un aumento della<br />

<strong>di</strong>fficoltà corrisponde spesso un<br />

cambio <strong>di</strong> ambientazione o <strong>di</strong> personaggio…»<br />

[rientrati in ufficio] Signor Floyd<br />

[esplode il Comitato <strong>di</strong> Giu<strong>di</strong>zio Videogames],<br />

sembra che nonostante<br />

tutte le motivatissime critiche da lei<br />

messe sul banco, l'utenza là fuori<br />

consideri l'ultimo prodotto Nintendo<br />

come un potenziale blockbuster.<br />

Piace a tutti, nonostante 'tutti' siano<br />

quella massa che dovrebbe evitare<br />

questo prodotto che non si allinea<br />

alle leggi <strong>di</strong> mercato da lei così<br />

<strong>di</strong>ligentemente esposte…<br />

Signor Floyd [sorride il Comitato<br />

<strong>di</strong> Giu<strong>di</strong>zio Videogames], ho sentito<br />

<strong>di</strong>re <strong>di</strong>stintamente da un fanciullo<br />

che: «Wario Ware Inc. è bello,<br />

perché, semplicemente, mi strappa<br />

sonore risate ogni volta che gioco»,<br />

e ho sentito un adulto <strong>di</strong>re: «Wario<br />

Ware Inc. mi piace perché ci gioco<br />

sempre non appena ho 5 minuti<br />

liberi. Ed in cinque minuti, volendo,<br />

posso giocare a moltissimi minigames.<br />

È una sensazione strana, perché<br />

giocando in maniera così rapida<br />

e condensata, l'impressione finale<br />

che se ne ricava», leggo le testuali<br />

parole, «è <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione e sazietà.<br />

Bastano 5 minuti <strong>di</strong> gioco per<br />

sentirmi già più rilassato. E paradossalmente,<br />

non vorrei mai staccarmi<br />

dal Gameboy Avance per poter<br />

fare la classica ultima partita. In<br />

questo senso, il prodotto Nintendo<br />

è unico…»<br />

Stor<strong>di</strong>to dalle altrui parole, al <strong>di</strong>dattico<br />

e colto Signor Floyd non restò<br />

che prendere la rampa <strong>di</strong> scale [in<br />

<strong>di</strong>scesa] che portava alla strada<br />

[pure essa in <strong>di</strong>scesa]. Ma dentro <strong>di</strong><br />

sé cercava ancora un motivo, una<br />

ragione. E nel suo struggimento<br />

interiore pensò che "per avere successo<br />

Wario aveva dovuto prostituirsi,<br />

e sud<strong>di</strong>vidersi prestando il<br />

proprio corpo in decine <strong>di</strong> giochi<br />

<strong>di</strong>versi. Moltiplicare la sua immagine,<br />

che apparendo così tante volte<br />

perdeva quin<strong>di</strong> il suo valore <strong>di</strong> unicità<br />

ed originalità. Ecco perché questo<br />

gioco piace. Perché la massa<br />

adora chi si svende. Wario Whore<br />

Inc., un nome una garanzia". Questa<br />

spiegazione gli sembrò la più<br />

logica. E sorrise. E si sentì istantaneamente<br />

più rilassato. Lui era ancora<br />

il migliore sulla piazza.<br />

fUORI iN tRE sECONDI<br />

<strong>di</strong> Sator Ware<br />

39<br />

Precisazione<br />

Nella recensione <strong>di</strong> SSX 3<br />

pubblicata sullo scorso numero,<br />

<strong>Ring</strong> si era espresso<br />

in termini non proprio entusiastici<br />

a proposito del pur<br />

ottimo titolo EA Big, biasimando<br />

il trend attualmente<br />

abbracciato da molte software<br />

house: non sod<strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong><br />

spremere fino all'osso<br />

qualsiasi franchise accodandogli<br />

seguiti a ripetizione, i<br />

publisher si sono recentemente<br />

inventati la trovata<br />

dei seguiti trasversali,<br />

come nel caso <strong>di</strong> FFX-2 e,<br />

appunto, SSX 3. Solo a numero<br />

ormai pubblicato è stato<br />

scoperto che SSX 3 non<br />

era affatto il terzo seguito<br />

del decimo capitolo <strong>di</strong> una<br />

saga intitolata SS...<br />

:Commento Extra:<br />

Tre secon<strong>di</strong>. La durata del mio primo amplesso. I momenti <strong>di</strong> silenzio tra<br />

una canzone e l’altra. Il tempo massimo che una ragazza può trascorrere<br />

senza parlare.<br />

Se Tafazzi che si massacra i genitali può essere definito lo zero comico, Wario Ware<br />

è decisamente lo zero lu<strong>di</strong>co. Ma sarebbe vero solo in parte. Infatti l’idea alla base<br />

del gioco non è la sommatoria dei tanti microgiochini, <strong>di</strong> tanti ZL: è invece la sua<br />

serrata e casuale proposizione; quin<strong>di</strong> tutt’altro che uno ZL. Il giocatore viene buttato<br />

nella mischia senza che gli sia concesso il tempo <strong>di</strong> ragionare, <strong>di</strong> configurare il<br />

cervelletto per la sessione <strong>di</strong> gioco in via <strong>di</strong> partenza. E il verbo che preannuncia<br />

ogni minigame è la trovata geniale senza la quale Wario Ware non avrebbe <strong>di</strong>gnità<br />

<strong>di</strong> menzione.<br />

La prima volta che incontriamo ogni minigioco, il verbo suggerisce l’azione da<br />

compiere <strong>di</strong> lì a niente. Se c’è scritto JUMP, è chiaro che bisogna saltare, ed è probabile<br />

che per farlo servirà premere il tasto A. Ma quando saltare? Per quale motivo?<br />

Questa è la suspense dei tre secon<strong>di</strong>. Le volte successive, il verbo è come un<br />

link che richiama le informazioni dalla memoria <strong>di</strong> swap nella nostra testa e le ricopia<br />

in cache. Perché Wario Ware è appunto questo: un contino swap <strong>di</strong> configurazioni<br />

mentali. Tutto qui. Presi singolarmente, infatti, i giochi non hanno ragione <strong>di</strong><br />

esser giocati. La modalità grid, in cui lo stesso minigame viene reiterato con <strong>di</strong>fficoltà<br />

crescente, non appassiona e serve ad evidenziare la nu<strong>di</strong>tà del Re. Molto meglio<br />

giocare a Snake sul nokia, allora, che ad una sorta <strong>di</strong> QTE ripetuto ad oltranza.<br />

Wario Ware vive quin<strong>di</strong> solo della sua modalità principale. Un’idea frutto <strong>di</strong> una<br />

mente alcolizzata che si sposa perfettamente con le intenzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento portatile<br />

espresse dal cosino Nintendo. Può stufare presto, ma stuferà nel modo in cui<br />

può stufare un’idea geniale e passeggera. Come una pipì <strong>di</strong> farfalla.<br />

(PS: le mie prestazioni sessuali sono molto migliorate: ho quasi quadruplicato la<br />

durata del rapporto)


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

sIMILITUDINI, sIMBOLI & sIMULACRI____________________<br />

[Ludologica – The Sims]<br />

<strong>di</strong> Paolo Ruffino<br />

.:scHEda:.<br />

gENERE Saggio<br />

eTICHETTA Unicopli<br />

aUTORE Matteo Bittanti<br />

Mary Flanagan<br />

sISTEMA Carta, 195 pag.<br />

aNNO 2003<br />

pREZZO 12 €<br />

vERSIONE Italiana<br />

Note<br />

[1] In “Just what is it that makes computer<br />

games so <strong>di</strong>fferent, so appealing?”<br />

articolo apparso nell’Aprile 2003 sul sito<br />

della IGDA www.igda.org/columns/ivory<br />

tower/ivory_Apr03.php<br />

[2] Per ulteriori informazioni su Mary<br />

Flanagan potete consultare il suo sito<br />

www.maryflanagan.com<br />

[3] Diretto da Hervè du Crecy e da Ludovic<br />

Houplain.<br />

[4] La serie, non trasmessa in Italia, è<br />

prodotta dalla Fox…<br />

www.fox.com/malcolm<br />

Nel videogioco, come nel cinema, c’è<br />

stata una prima fase in cui essenzialmente<br />

ad attrarre era il pro<strong>di</strong>gio tecnologico<br />

fine a se stesso. E, fatto<br />

curioso, ad essere rappresentati erano<br />

per lo più altri prodotti del progresso<br />

scientifico: dal treno dei Lumiere, alle<br />

astronavi <strong>di</strong> Spacewar…<br />

The Sims è uno dei pochi giochi che<br />

non promette nulla <strong>di</strong> sensazionale. Non<br />

c’è una grafica spettacolare, non si controlla<br />

un supereroe o una macchina <strong>di</strong><br />

formula uno. Non si fa nulla che non si<br />

possa fare ogni giorno. Anzi, si fa esattamente<br />

quello che si fa ogni giorno:<br />

è un gioco in cui mangiamo, dormiamo,<br />

arre<strong>di</strong>amo casa, an<strong>di</strong>amo al lavoro. È a<br />

tutti gli effetti un gioco rivoluzionario,<br />

tanto che Jesper Juul ha paragonato il<br />

suo arrivo alla comparsa della novella<br />

realistica del 19esimo secolo ( 1 ).<br />

In realtà la vera rivoluzione sta nel<br />

fatto che The Sims abbia venduto una<br />

sfacelo <strong>di</strong> copie. Anche Little Computer<br />

People proponeva qualcosa <strong>di</strong> simile,<br />

ma l’accoglienza del pubblico fu ben<br />

<strong>di</strong>versa.<br />

È dunque con<strong>di</strong>visibile l’idea <strong>di</strong> considerare<br />

opportuno uno stu<strong>di</strong>o su The<br />

Sims per poter capire il mondo dei videogiochi,<br />

al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni giu<strong>di</strong>zio sulla<br />

sua <strong>di</strong>mensione prettamente lu<strong>di</strong>ca (il<br />

<strong>di</strong>battito “gioco più <strong>di</strong>vertente/più noioso<br />

<strong>di</strong> sempre” non avrà mai fine…). Non<br />

deve sorprendere quin<strong>di</strong> che i tipi della<br />

collana Ludologica abbiano voluto de<strong>di</strong>care<br />

un volume al lavoro <strong>di</strong> Wright,<br />

attenti come sono a quei “testi seminali”<br />

che fanno, decidono e determinano la<br />

storia dei videogiochi.<br />

Il libro è stato scritto da Matteo<br />

Bittanti, firma nota ai videogiocatori italiani,<br />

e include due saggi <strong>di</strong> Mary<br />

Flanagan 2 , artista e stu<strong>di</strong>osa soprattutto<br />

degli usi delle nuove tecnologie da parte<br />

delle utenze femminili. I due lavori qui<br />

raccolti indagano in particolare sulle<br />

rappresentazioni degli spazi domestici in<br />

The Sims, soffermandosi sul concetto <strong>di</strong><br />

dollhouse e su come un me<strong>di</strong>um fortemente<br />

maschile (sia perché realizzato e<br />

consumato da uomini sia perché basato<br />

sulla visione che, nella teoria freu<strong>di</strong>ana,<br />

è spiccatamente fallica) riproduce le<br />

relazioni tra membri <strong>di</strong> una comunità.<br />

Presente nel volume è anche un saggio<br />

scritto da Bittanti e Ruggero Eugeni il<br />

quale si sofferma su come The Sims<br />

proponga, più che un modello <strong>di</strong> simulazione<br />

dell’esperienza della vita quoti<strong>di</strong>ana,<br />

una simulazione dei processi <strong>di</strong><br />

investimento <strong>di</strong> senso delle pratiche<br />

giornaliere. Una visione sottile, che porta<br />

i due a concludere che Will Wright “ha<br />

elaborato una vera e propria teoria psicologica<br />

in forma lu<strong>di</strong>ca”.<br />

Il resto dell’opera porta la firma <strong>di</strong><br />

Matteo Bittanti ed è una esplorazione<br />

chirurgica del testo The Sims. Bittanti<br />

prende in prestito il modello <strong>di</strong> Lantz e<br />

Zimmerman il quale propone tre componenti<br />

fondamentali dell’analisi <strong>di</strong> un<br />

sistema lu<strong>di</strong>co: game, play e culture.<br />

40<br />

Il primo riguarda il funzionamento, le<br />

regole che i giocatori devono rispettare.<br />

Qui vengono analizzate l’estetica <strong>di</strong> The<br />

Sims, la sua interfaccia, il suo essere<br />

più vicino ad una “scatola <strong>di</strong> Lego” che<br />

ad un videogame vero e proprio.<br />

Play, invece, è il momento <strong>di</strong> analisi<br />

delle reazioni che avvengono nei players<br />

nel momento in cui accettano le regole,<br />

in cui svolgono l’attività lu<strong>di</strong>ca. L’autore<br />

esplora le infinite forme <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficazione<br />

operate dai videogiocatori <strong>di</strong> tutto il<br />

mondo all’opera <strong>di</strong> Wright, su come l’eliminazione<br />

<strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> partenza e <strong>di</strong><br />

uno <strong>di</strong> arrivo abbia permesso al gioco <strong>di</strong><br />

essere flessibile e <strong>di</strong>namico anche in<br />

<strong>di</strong>rezioni non previste dagli autori.<br />

L’ultimo punto/capitolo riguarda la<br />

culture, analizza le relazioni tra il testo e<br />

la cultura che l’ha prodotto e lo consuma.<br />

Partendo da McLuhan e dal concetto<br />

<strong>di</strong> gioco come “estensione dell’uomo<br />

sociale”, Bittanti si sofferma sul retroscena<br />

della produzione <strong>di</strong> The Sims.<br />

Scopriamo così che Will Wright ha tratto<br />

spunto da teorie della psicologia cognitiva<br />

e dell’urbanistica, dalle Mappe della<br />

Mente <strong>di</strong> Hampden-Turner agli elementi<br />

architettonici essenziali <strong>di</strong> Christopher<br />

Alexander, passando per il concetto <strong>di</strong><br />

“emergenza” stu<strong>di</strong>ato da Hofstadter. La<br />

parte finale è de<strong>di</strong>cata a tre esempi <strong>di</strong><br />

contaminazione da Sims, nello specifico<br />

un videoclip (Remind me dei norvegesi<br />

Royskopp 3 ), l’opera dell’artista Jon Haddock<br />

e una puntata della serie tv Malcom<br />

in the Middle 4 .<br />

Nella conclusione Bittanti si confessa, e<br />

conferma le ipotesi che il lettore si è già<br />

fatto durante la lettura: The Sims è<br />

stata per lui una vera e propria malattia,<br />

la cui unica cura possibile era proprio<br />

scriverci sopra un libro…<br />

Con questo coup de theatre che obbliga<br />

a rileggere il saggio sotto un’altra<br />

ottica Bittanti conclude un eccellente<br />

lavoro. Ostico, forse, per il lettore che<br />

non vorrà andare troppo a fondo (in<br />

depth, giusto per auto-citarci…) nello<br />

stu<strong>di</strong>o dell’opera <strong>di</strong> Wright. Complesso,<br />

<strong>di</strong> sicuro, ma perché complessa è la<br />

materia trattata. Parlare <strong>di</strong> un titolo così<br />

<strong>di</strong>fficilmente definibile, “generatore <strong>di</strong><br />

simboli e similitu<strong>di</strong>ni tra la <strong>di</strong>mensione<br />

lu<strong>di</strong>ca e quella reale”, non può che<br />

richiedere un approccio multi <strong>di</strong>sciplinare<br />

ed uno sguardo lucidamente <strong>di</strong>staccato,<br />

proprio dello stu<strong>di</strong>oso più capace.<br />

In definitiva non possiamo che consigliare<br />

caldamente la lettura e l’acquisto<br />

(nell’or<strong>di</strong>ne che preferite) dell’ultimo Ludologica.<br />

Per molti sarà uno spunto per<br />

miria<strong>di</strong> <strong>di</strong> riflessioni, un suggeritore <strong>di</strong><br />

curiosità letterarie e videolu<strong>di</strong>che da<br />

sod<strong>di</strong>sfare il prima possibile. Invece per<br />

tutti quelli che dovessero sentirsi in<br />

dubbio visto l’approccio accademico,<br />

suggeriamo <strong>di</strong> provarlo prima in negozio,<br />

o da un amico.


:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />

bEATS iN tECHNICOLOR_______________________________<br />

[Amplitude]<br />

<strong>di</strong> Teokrazia<br />

.:scHEda:.<br />

gENERE Musicale<br />

eTICHETTA SCEA<br />

aUTORE Harmonix<br />

sISTEMA PS2<br />

aNNO 2003<br />

gIOCATORI 1-4<br />

vERSIONE Italiana<br />

I Freq sono ora realizzati in 3D e molto ben<br />

animati. Pur non rivestendo alcuna utilità pratica,<br />

a loro è de<strong>di</strong>cata sempre particolare attenzione.<br />

Numerose sono infatti le possibilità <strong>di</strong><br />

customizzare il loro aspetto sbloccando gli elementi<br />

necessari proseguendo nel gioco.<br />

La navigazione tra i menù e le parti giocate<br />

viene costantemente accompagnata da effetti<br />

speciali <strong>di</strong> ogni tipo, volti a non spezzare il<br />

continuum visivo. Ingegnoso.<br />

Un considerevole valore aggiunto è costituito<br />

dal multiplayer, accessibile fino a 4 giocatori<br />

online o sulla stessa console. Tre le varianti<br />

presenti (gioco, duello e remix), tutte<br />

dall’elevato valore ricreativo. Da segnalare la<br />

possibilità <strong>di</strong> mettere in rete e scambiare i propri<br />

remix tramite il sito ufficiale del gioco. Una<br />

feature dal potenziale tutto da esplorare.<br />

________________Teaching in action<br />

Imparare con i videogiochi è<br />

possibile? Si, se si va a lezione<br />

da Harmonix.<br />

Il team <strong>di</strong> sviluppo americano<br />

sale nuovamente in cattedra<br />

per insegnare all’utenza rincoglionita<br />

dalle prolungate esposizioni ad un Primal<br />

qualsiasi che per uscire con qualcosa <strong>di</strong><br />

buono nell’ambito dei rhythm game non bisogna<br />

essere per forza un muso giallo, e che non<br />

necessariamente tutti i trip si risolvono in un<br />

viaggio andato a male.<br />

Ah, Harmonix avrebbe anche un paio <strong>di</strong> cose<br />

interessanti da <strong>di</strong>re sulle finalità d’intenti che<br />

legano intimamente il cinema <strong>di</strong> Cronenberg e il<br />

videogioco, ma questo sarebbe meglio che ognuno<br />

lo sperimenti sulla propria pelle…<br />

_______The trip remains the same?<br />

Tutt’altro che scoraggiata dall’insuccesso commerciale<br />

a cui è andata incontro investendo in<br />

un prodotto così particolare come Frequency,<br />

a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un anno e mezzo Sony rilascia il<br />

qui presente Amplitude. Titolo <strong>di</strong>verso, sostanza<br />

immutata. L’utente è nuovamente invitato<br />

a dare letteralmente vita a ciascuno dei 26<br />

brani musicali presenti, attraverso <strong>di</strong>namiche<br />

lu<strong>di</strong>che semplici e coinvolgenti. Barra<br />

dell’energia a sinistra, autostrada ad otto corsie<br />

davanti. Ogni corsia ospita una delle <strong>di</strong>verse<br />

tracce au<strong>di</strong>o <strong>di</strong> cui si compone la canzone (basso,<br />

batteria, chitarra e via <strong>di</strong> questo passo),<br />

ciascuna sud<strong>di</strong>visa in piccoli segmenti. Tutte le<br />

volte che si riesce ad inanellare la sequenza <strong>di</strong><br />

note presenti su un segmento, la relativa traccia<br />

si attiva e comincia a suonare, consentendo<br />

<strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi agli altri strumenti, fino ad arrivare<br />

a dare voce all’intera canzone. Ogni volta che si<br />

supera un segmento senza attivarlo, l’energia<br />

<strong>di</strong>minuisce, portando al game over nel caso <strong>di</strong><br />

totale prosciugamento. Il videogiocatore frequentatore<br />

<strong>di</strong> certi luoghi musicali, già abbagliato<br />

dal seducente trip emozionale <strong>di</strong> Frequency,<br />

non aspettava altro che essere preso<br />

ancora una volta in ostaggio da meccaniche<br />

elementari ma anche sfaccettate, goduriose<br />

anche se poco permissive...<br />

Tuttavia, una volta consumata in tutta la sua<br />

estensione e profon<strong>di</strong>tà questa nuova incarnazione<br />

del franchise, si è invasi da sensazioni<br />

controverse. Col senno <strong>di</strong> poi si realizza che<br />

Amplitude si mantiene fedele all’ere<strong>di</strong>tà del<br />

predecessore, ma al tempo stesso la tra<strong>di</strong>sce.<br />

Tra<strong>di</strong>sce nella mancanza <strong>di</strong> coraggio nel percorrere<br />

in maniera più spinta la strada tracciata<br />

dal prequel, accontentandosi <strong>di</strong> adagiarvisi<br />

placidamente. Nessuna ine<strong>di</strong>ta implementazione<br />

o evoluzione della precedente impostazione<br />

viene registrata alla voce “novità”. Di certo non<br />

lo sono i due nuovi bonus introdotti (il rallentatore<br />

e il freestyler), né tantomeno quegli stage<br />

chiamati ‘boss fight’, posti a conclusione <strong>di</strong><br />

ciascuna zona (la sovversiva carica innovativa<br />

<strong>di</strong> Frequency è uno sbia<strong>di</strong>to ricordo). Amplitude<br />

tra<strong>di</strong>sce nella voglia <strong>di</strong> abbracciare<br />

un’utenza più vasta possibile, spudoratamente<br />

rivelata da un livello normal che suona come<br />

insulto nei confronti <strong>di</strong> chiunque abbia speso<br />

più <strong>di</strong> 5 minuti con il prequel. Affrontato a questo<br />

livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà Amplitude si lascia consumare<br />

in poco più <strong>di</strong> un paio d’ore, senza esaltare<br />

né punire apprezzabilmente, esiliando sovente<br />

le emozioni fuori dalla porta. A<br />

peggiorare le cose interviene l’introduzione dei<br />

checkpoint (no, nemmeno questa può definirsi<br />

una novità…), i quali rimpinguano gratuitamente<br />

la già grassa barra dell’energia con fasti<strong>di</strong>osa<br />

generosità, accompagnando per mano il giocatore<br />

anche più inetto alla fine <strong>di</strong> ogni livello.<br />

Fruito in questa veste, Amplitude propone uno<br />

sbia<strong>di</strong>to <strong>di</strong>vertissement per annoiati giocatori<br />

occasionali, la cui soglia <strong>di</strong> attenzione probabilmente<br />

non riesce a superare i 4 minuti 4 (lo<br />

splen<strong>di</strong>do gameplay <strong>di</strong> Frequency è lontano<br />

41<br />

anni luce). Amplitude tra<strong>di</strong>sce nel soundtrack,<br />

<strong>di</strong> qualità sempre degna <strong>di</strong> nota, ma avaro nel<br />

<strong>di</strong>spensare sorprese e brusche inversioni <strong>di</strong><br />

marcia nello stile musicale tra una canzone e<br />

l’altra (Frequency questo non l’avrebbe permesso).<br />

Infine, l’opera Harmonix tra<strong>di</strong>sce nella<br />

nuova conformazione del tracciato, <strong>di</strong>spiegato<br />

ora completamente in orizzontale. Abbandonare<br />

il claustrofobico tunnel del prequel è un inevitabile<br />

dazio da pagare all’evoluzione della specie,<br />

e l’impatto visivo ancora più solido, colorato<br />

e ricco <strong>di</strong> effetti ne costituisce un piacevole<br />

corollario. Peccato che l’highway ad otto corsie<br />

che ci si ritrova a percorrere sia <strong>di</strong>spersiva e<br />

poco pratica, fallendo inoltre miseramente nel<br />

tentativo <strong>di</strong> eguagliare le emozioni suscitate da<br />

un rollercoaster, assomigliando a conti fatti ad<br />

una sonnolenta strada provinciale (Frequency<br />

non è mai esistito).<br />

____________________Aci<strong>di</strong> e basi<br />

Tuttavia si <strong>di</strong>ceva che Amplitude si mantiene<br />

fedele oltre che tra<strong>di</strong>re, e così una volta<br />

affrontato a livello brutale, una volta abituatisi<br />

alla scomoda impostazione orizzontale e<br />

perdonata la tendenziale piattezza del<br />

soundtrack, gli aficionado saranno felici <strong>di</strong><br />

ritrovare la stessa esperienza <strong>di</strong> una volta,<br />

mentre le nuove leve avranno l’occasione per<br />

saggiarne Come Frequency le possibilità. prima <strong>di</strong> lui, Amplitude<br />

non si accontenta <strong>di</strong> stazionare laddove si fermano<br />

la maggior parte dei titoli concorrenti, ma<br />

prosegue oltre, e lo fa in maniera prepotente.<br />

Non è solo questione <strong>di</strong> interagire seguendo il<br />

ritmo. Amplitude non vi invita a catturare<br />

quella linea <strong>di</strong> basso che serpeggia profonda e<br />

sinuosa. Vi chiede <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventarlo.<br />

L’utente esperto trae sì sod<strong>di</strong>sfazione nel<br />

reinterpretare la canzone attraverso i suoi personali<br />

remix, e nello sfidare al limite del tafazzismo<br />

la sua concentrazione e la sua perizia<br />

esecutiva ( conseguendo punteggi sempre più<br />

elevati). Ma non sono le sue azioni a caratterizzarlo,<br />

quanto le intenzioni che lo muovono. Nel<br />

turbinio dell’azione, egli non vede un tempo<br />

<strong>di</strong>spari eseguito a 186 bpm come una male<strong>di</strong>zione,<br />

e l’autoblaster in grado <strong>di</strong> risolvere la<br />

faccenda al posto suo come una liberazione. No<br />

no. Quella fottuta sequenza la aspetta già<br />

dall’inizio della canzone, la cerca. Proprio come<br />

il surfista navigato sa che dopo un lungo inverno<br />

d’attesa quel giorno incontrerà L’ONDA. E vi<br />

si immerge anche se ai suoi lati giacciono strade<br />

molto più accon<strong>di</strong>scendenti e meno dolorose.<br />

È in questi frangenti che Amplitude si<br />

<strong>di</strong>schiude in tutto il suo potenziale espressivo<br />

ed esistenziale. Momenti <strong>di</strong> fisico annullamento,<br />

<strong>di</strong> fusione, affinché ciò che ci circonda <strong>di</strong>venti<br />

tutt’uno con noi. Per superare la barriera del<br />

suono ed approdare a questi li<strong>di</strong> l’istinto animale<br />

è fondamentale, ma solo fino ad un certo<br />

punto, oltre il quale occorre <strong>di</strong>stacco ascetico. È<br />

un territorio in cui il sistema metrico decimale<br />

cade <strong>di</strong>sintegrato, perché non esistono più misure,<br />

ne <strong>di</strong>stanze, ma solo sensazioni. Per approdare<br />

a ciò Amplitude non necessita <strong>di</strong> eccentriche<br />

periferiche o <strong>di</strong> altri inutili orpelli,<br />

perché gli elementi costituivi <strong>di</strong> questa trasfigurazione<br />

sono in sé semplici ed elementari: mici<strong>di</strong>ali<br />

output visivi davanti, joypad pulsante tra<br />

le mani e musica tutto intorno, ma soprattutto<br />

dentro. Il gioco sensoriale tout court, come non<br />

l’avete mai vissuto prima. David Cronenberg,<br />

che con i suoi film da sempre promuove l’ideale<br />

<strong>di</strong> fusione tra organico e sintetico (o qualcosa<br />

del genere), è stato sorpreso a sorridere orgoglioso<br />

e sornione, ovviamente a tempo <strong>di</strong> musica.<br />

Quelli <strong>di</strong> Harmonix sono il manipolo <strong>di</strong> spacciatori<br />

più fottutamente scaltri sulla piazza perché<br />

hanno trovato un modo per mandare i giovani<br />

in acido senza infrangere la legge o correre<br />

il rischio <strong>di</strong> bruciarsi il cervello.<br />

Le droghe legalizzate sono già qui, con buona<br />

pace <strong>di</strong> Pannella.


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

l’aLLEGRO n-cHIRURGO ______________________________<br />

[PEOPLE: Shigeru Miyamoto]<br />

<strong>di</strong> Gatsu<br />

piacere, ma Satoru potrebbe<br />

avere qualche asso nella manica in<br />

grado <strong>di</strong> farci ricredere. Ne riparleremo<br />

dopo l'E3...<br />

42


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

l’aLLEGRO n-cHIRURGO ______________________________<br />

[Me Nintendo #10]<br />

<strong>di</strong> Gatsu<br />

«Storicamente il rock'n roll, i fumetti, i film e anche i romanzi sono stati incolpati <strong>di</strong> corrompere i giovani. Sono<br />

spiacente <strong>di</strong> farvi sapere, miei cari lettori, che siete nati sotto il segno dei videogiochi pericolosi. Ammettiamo<br />

per un momento che i videogiochi violenti incoraggino un comportamento violento. Se questo fosse<br />

vero, quante morti pensate siano state causate per colpa <strong>di</strong> un videogioco? [...] Pensiamo ora ai milioni <strong>di</strong><br />

persone le cui morti sono collegate con un libro. La Bibbia, Mein Kampf e Il Capitale sono responsabili della<br />

morte <strong>di</strong> milioni [<strong>di</strong> esseri umani]. [...] Da questo si evince che i libri sono estremamente pericolosi. Dovrebbero<br />

essere considerati armi <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> massa. Se siete veramente preoccupati a proposito degli effetti<br />

[negativi] dei me<strong>di</strong>a, <strong>di</strong>menticate i videogames e iniziate a bruciare le librerie»<br />

Gonzalo Frasca, A preliminary note: games as weapon of mass <strong>di</strong>straction (www.gamestu<strong>di</strong>es.org)<br />

_______Nintendo creò la censura...<br />

Prima dell'ELSPA, dell'ESRB e del PEGI,<br />

Nintendo c'era. L'azienda giapponese,<br />

che nei tre lustri degli anni ottanta e dei<br />

primi novanta ha dominato il settore<br />

dell'intrattenimento casalingo, è stata<br />

anche una delle prime aziende a preoccuparsi<br />

del contenuto dei giochi che proponeva<br />

al suo pubblico. Come <strong>di</strong>ce Cristiano<br />

Bonora nella tesi Il processo <strong>di</strong><br />

localizzazione del videogioco tra paternità<br />

e assimilazione culturale (cap. 6, pag.<br />

51, Censura e autocensura, quando si<br />

localizza con il bisturi), «durante la fase<br />

<strong>di</strong> adattamento culturale <strong>di</strong> un videogioco,<br />

non è sufficiente che una software<br />

house si limiti a condurre un delicato<br />

lavoro <strong>di</strong> conservazione <strong>di</strong> contenuti e<br />

confezionamento del prodotto su misura<br />

<strong>di</strong> un nuovo pubblico target. Infatti, non<br />

solo il videogioco deve piacere ai suoi<br />

potenziali acquirenti, ma deve anche<br />

evitare <strong>di</strong> motivare l'in<strong>di</strong>sposizione e<br />

quin<strong>di</strong> l'avversione <strong>di</strong> chi <strong>di</strong> videogiochi<br />

non si interessa. [...] Nonostante [il suo]<br />

straor<strong>di</strong>nario successo, Nintendo of America<br />

si ritrovò a far fronte a un'opinione<br />

pubblica imbizzarrita. Mentre genitori<br />

e insegnanti ritenevano che il videogioco<br />

costituisse per i ragazzi una pericolosa<br />

<strong>di</strong>strazione dallo stu<strong>di</strong>o [...] Nintendo fu<br />

contestata [anche] attraverso manifestazioni<br />

[...] che la accusavano <strong>di</strong> incitare<br />

i giovani alla guerra».<br />

La reazione <strong>di</strong> Nintendo è ben nota e<br />

le sue ripercussioni negative non mancano<br />

<strong>di</strong> farsi sentire soprattutto oggi che<br />

la maggioranza dei videogiocatori appartiene<br />

alla fascia adulta. Proprio per evitare<br />

crociate anti-VG, il controllo sui<br />

contenuti dei giochi prodotti internamente<br />

<strong>di</strong>venne rigido e severo, portando la<br />

società a sfornare titoli <strong>di</strong> ottima caratura<br />

ma privi <strong>di</strong> qualsiasi elemento che<br />

potesse essere ritenuto “politicamente<br />

scorretto”. Venne inoltre proibito alle<br />

terze parti <strong>di</strong> inserire feature che avrebbero<br />

potuto causare problemi con l'opinione<br />

pubblica. Tristemente noto è l'esempio<br />

<strong>di</strong> Mortal Kombat per SNES,<br />

uscito in una versione completamente<br />

sfigurata e totalmente priva <strong>di</strong> sangue.<br />

L'attrattiva principale del gioco, le famigerate<br />

fatality, erano ovviamente precluse<br />

al giocatore e non si potevano<br />

sbloccare nemmeno tramite cheat mode.<br />

Curiosamente, gran parte dei tagli apportati<br />

ai giochi riguardava il solo mercato<br />

occidentale: in Giappone, patria <strong>di</strong><br />

manga hentai e sanguinari samuraiyakuza-seppoku-ad<strong>di</strong>cted,<br />

tali restrizioni<br />

contenutistiche non sembravano necessarie.<br />

Fu proprio per questo motivo, come<br />

<strong>di</strong>ce lo stesso Cristiano Bonora, che<br />

«i videogiochi <strong>di</strong> matrice orientale sono<br />

stati spesso sottoposti alla pratica harakiri<br />

dell'auto censura», restando (con<br />

nostro sommo <strong>di</strong>spiacere) relegati al solo<br />

mercato in grado <strong>di</strong> accoglierli senza<br />

tante menate.<br />

L'elenco dei titoli toccati da tali politiche<br />

ninten<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> epurazione è praticamente<br />

senza fine e riguarda una sfilza<br />

immane <strong>di</strong> generi (picchiaduro, rpg, sparatutto,<br />

puzzle game...) e <strong>di</strong> tematiche<br />

(violenza, sesso, religione, buon gusto...),<br />

tanto che reperirne una lista<br />

completa è pressochè impossibile. Molto<br />

più interessante è invece considerare le<br />

conseguenze <strong>di</strong> tali scelte alla luce dell'evoluzione<br />

del mercato e il parziale ripensamento<br />

della stessa Nintendo sulla<br />

questione.<br />

_____...E si tagliò le gambe da sola<br />

Protrattasi ben dopo il lancio sul mercato<br />

<strong>di</strong> Playstation, la rigi<strong>di</strong>tà morale Nintendo<br />

iniziò ad ammorbi<strong>di</strong>rsi solo nel periodo<br />

<strong>di</strong> vita finale del N64 (con qualche<br />

eccezione, ricordo Killer Instinct Gold,<br />

uscito quasi subito), alla luce degli straor<strong>di</strong>nari<br />

successi che titoli pensati per il<br />

pubblico adulto andavano raccogliendo<br />

sulla grigia console Sony. Arrivarono così<br />

la conversione <strong>di</strong> Resident Evil 2 e il<br />

capolavoro <strong>di</strong> Rare Conker's Bad Fury<br />

Day. Nonostante la bontà della proposta,<br />

comunque limitatissima, a Nintendo<br />

mancava proprio una "base d'utenza" in<br />

grado <strong>di</strong> recepire e accogliere titoli de<strong>di</strong>cati<br />

al pubblico adulto. E se è vero che in<br />

America l'N64 aveva una grossa base<br />

installata, è anche vero che la maggior<br />

parte dei suoi fruitori apparteneva alla<br />

fascia d'età infantile-adolescenziale. La<br />

reazione dei videogiocatori più gran<strong>di</strong>,<br />

cresciuti magari con un NES o uno SNES<br />

in salotto, fa quella <strong>di</strong> spostarsi in massa<br />

verso le meno bambinesche lande Playstation.<br />

Tentando <strong>di</strong> invertire la tendenza,<br />

Nintendo cercò <strong>di</strong> allargare la sua<br />

utenza gamecubica assicurandosi fin da<br />

principio alcune esclusive, ritenute strategicamente<br />

importanti. Nonostante<br />

questo, la produzione interna della casa<br />

<strong>di</strong> Kyoto ha continuato (e continua tutt'ora)<br />

a rivolgersi ad un pubblico più vasto<br />

possibile, lasciando fuori dalla porta<br />

tematiche scomode o generi specificatamente<br />

gra<strong>di</strong>ti dall'utenza più adulta. E<br />

se da un lato abbiamo casi isolati come i<br />

pregevoli Resident Evil Rebirth, Resident<br />

Evil 0 o Eternal Darkness, dall'altro<br />

abbiamo come sempre una (ottima<br />

e massiva) produzione incentrata<br />

sulle icone della grande N, come Mario,<br />

Link e compagnia cantante. Questo ha<br />

portato le terze parti a scegliere altre<br />

43<br />

piattaforme su cui sviluppare, anche<br />

perchè su piattaforma Nintendo vendono<br />

bene solo i titoli della casa madre, un po'<br />

per il tipo <strong>di</strong> immagine che Nintendo si<br />

trascina <strong>di</strong>etro, un po' perchè poche software<br />

house possono competere con la<br />

grande N.<br />

E non è un caso che l'involontariamente<br />

spassoso sito www.almenconi<br />

.com/topics/games/reviews.html, de<strong>di</strong>cato<br />

alle recensioni "morali" dei titoli,<br />

in<strong>di</strong>vidui nei giochi Nintendo quelli con<br />

meno contenuti blasfemi (è evidente<br />

infatti che il rating M - mature - una volta<br />

assai temuto da ogni software house,<br />

sia ora <strong>di</strong>venuto una sorta <strong>di</strong> "meta da<br />

raggiungere"). Pur non sfuggendo ad<br />

alcune critiche sui contenuti (Pokémon:<br />

"Chiedete ai vostri bambini se l'idea <strong>di</strong><br />

vedere animaletti che si massacrano li<br />

<strong>di</strong>verte, e se usare abilità magiche contro<br />

le altre persone è ciò che Dio chiede<br />

loro". Zelda The Wind Waker: "La magia<br />

nel gioco tende al sovrannaturale e<br />

all'occulto nelle Cronache <strong>di</strong> Narnia. È<br />

<strong>di</strong>fficile determinare se questo possa<br />

avere effetti negativi sui giocatori. La<br />

feature del controllo mentale e l'associazione<br />

con la mitologia greca potrebbe<br />

causare in alcuni giocatori la sensazione<br />

<strong>di</strong> essere al limite del demoniaco, gli altri<br />

semplicemente si <strong>di</strong>vertiranno"), i titoli<br />

made in Nintendo sono quelli che ottengono,<br />

perfino in un sito <strong>di</strong> fondamentalisti<br />

religiosi/morali, le votazioni migliori e<br />

in assoluto sono quelli più in<strong>di</strong>cati come<br />

"giochi per tutta la famiglia".<br />

Del parziale fallimento della politica <strong>di</strong><br />

"allargamento" all'utenza adulta deve<br />

essersene accorto anche Iwata, che in<br />

una recente intervista ha <strong>di</strong>chiarato che<br />

Nintendo continuerà ad occuparsi <strong>di</strong> giochi<br />

per tutti, troncando <strong>di</strong> netto ogni<br />

speranza dei fanboy <strong>di</strong> rivedere al più<br />

presto gli hardware Nintendo in vetta<br />

alle classifiche <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta. Pur accontentandosi<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>etetica fetta <strong>di</strong> torta,<br />

Nintendo pare interessata ad esplorare<br />

nuove strade: da quella dello sperimentalismo<br />

lu<strong>di</strong>co/visuale (pensate a Viewtiful<br />

Joe, Killer7 o Unity, titoli che<br />

approderanno solo su Gamecube), a<br />

quello <strong>di</strong> una maggiore autoironia (Mario<br />

& Luigi Superstar Saga) che rendono<br />

titoli apparentemente infantili molto<br />

interessanti anche per chi negli ultimi<br />

anni si è allontanato dai li<strong>di</strong> Nintendo,<br />

grazie ad una dose <strong>di</strong> humor e <strong>di</strong> perfida<br />

ironia finora mai riscontrata.<br />

Certo l'ipotesi <strong>di</strong> vedere Nintendo rilegata<br />

in una seppur qualitativamente superba<br />

nicchia <strong>di</strong> mercato non fa certo<br />

piacere, ma Satoru potrebbe avere qualche<br />

asso nella manica in grado <strong>di</strong> farci<br />

ricredere. Ne riparleremo dopo l'E3...


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

The Ivory Tower – Presentazione<br />

Ogni mese, un membro della DiGRA (Digital Games Research Association)<br />

esprimerà in questo spazio i suoi pensieri, le sue riflessioni, le sue scoperte.<br />

Gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> queste persone, coinvolte in modo <strong>di</strong>verso nel mondo dei<br />

game stu<strong>di</strong>es o nell’indu-stria del videogioco propriamente detta, saranno<br />

uno spunto per arricchire i nostri <strong>di</strong>battiti e per crearne <strong>di</strong> nuovi.<br />

La IGDA (www.igda.org) (International Game Developers Association),<br />

da sempre impegnata nello stu<strong>di</strong>o del videogame, ha acconsentito alla pubblicazione in lingua italiana su <strong>Ring</strong> <strong>di</strong> questi articoli <strong>di</strong> loro<br />

proprietà. <strong>Ring</strong>raziandoli ancora una volta, ci auguriamo che le nostre pagine siano degne della passione che la IGDA nutre per il proprio<br />

lavoro.I riferimenti ad altri autori mai citati nelle nostre pagine abbiamo preferito lasciarli così com’erano, in modo da stimolare la<br />

curiosità <strong>di</strong> chi volesse approfon<strong>di</strong>re l’argomento.<br />

Il primo numero <strong>di</strong> The Ivory Tower lo de<strong>di</strong>chiamo a questo pezzo scritto da Espen Aarseth nel Luglio del<br />

2003. Aarseth è una figura chiave per i game stu<strong>di</strong>es: il giornale <strong>di</strong> cui è <strong>di</strong>rettore, chiamato a scanso <strong>di</strong> equivoci<br />

Game Stu<strong>di</strong>es (www.gamestu<strong>di</strong>es.org), è un punto <strong>di</strong> riferimento per chiunque cerchi testi autorevoli e<br />

stimolanti. Lavora al Centre for Computer Games Research della IT University <strong>di</strong> Copenaghen (game.itu.dk/)<br />

come ricercatore e professore.<br />

In questo articolo Aarseth si interroga sul rapporto che dovrebbe esistere tra industria del videogioco e accademia,<br />

e soprattutto su quali sono i reali obiettivi <strong>di</strong> quest’ultima. Da questo nasce un’interessante interrogativo:<br />

per stu<strong>di</strong>are collettivamente qualunque oggetto è necessario un linguaggio con<strong>di</strong>viso dagli stu<strong>di</strong>osi, ma per<br />

lo stu<strong>di</strong>o del videogioco, dov’è il vocabolario comune? Chi lo può creare? Chi davvero ne ha bisogno? E, soprattutto,<br />

è necessario? Un tema <strong>di</strong> importanza vitale per una ricerca a livello universitario che voglia essere produttiva,<br />

ma che si porta dentro delle considerazioni valide per chiunque voglia parlare <strong>di</strong> videogiochi: come facciamo<br />

ad esporre le nostre teorie, se ogni parola può essere fraintesa? Come facciamo ad essere sicuri che<br />

stiamo parlando la stessa lingua?<br />

aBBIAMO bISOGNO dI uN lINGUAGGIO cOMUNE?___________<br />

[The Ivory Tower #1]<br />

<strong>di</strong> Espen Aarseth<br />

____Due industrie, due culture?<br />

In questa rubrica e altrove<br />

(www.igda.org/articles/msakey_lan<br />

guage.php) si è <strong>di</strong>scusso molto su<br />

come l’accademia e l’industria possano<br />

cooperare traendone beneficio<br />

reciproco. Sono stati proposti molti<br />

buoni suggerimenti e, benché alcuni<br />

<strong>di</strong> questi non abbiano avuto seguito,<br />

hanno aiutato gli uni a capire<br />

meglio i bisogni e i desideri degli<br />

altri. Un errore comune, io credo, è<br />

quello <strong>di</strong> pensare alle due parti come<br />

monolitiche: “l’industria”, come<br />

un gigante anti-intellettuale carico<br />

<strong>di</strong> sol<strong>di</strong> e dotato <strong>di</strong> scarsa apertura<br />

mentale, e “l’accademia” dall’altro<br />

lato come una congrega <strong>di</strong> autocompiacenti<br />

pippaioli coi paraocchi.<br />

L’Accademia non è altro che un’industria,<br />

con obiettivi <strong>di</strong> produzione<br />

a breve termine (i cre<strong>di</strong>ti degli studenti),<br />

competizione per le percentuali<br />

<strong>di</strong> mercato, lancio <strong>di</strong> prodotti<br />

(nuovi corsi) ogni sei mesi e, se<br />

siamo molto fortunati, un pizzico <strong>di</strong><br />

ricerca creativa alla fine del giorno<br />

o (più probabile) nei nostri residui<br />

<strong>di</strong> tempo. Ma mentre l’industria <strong>di</strong><br />

videogiochi è sul mercato da alcune<br />

deca<strong>di</strong>, l’industria accademica del<br />

videogioco ancora non esiste davvero.<br />

Stiamo inventando noi stessi.<br />

Le migliori teorie sui giochi là fuori<br />

sono ancora quelle <strong>di</strong> Richard Bartle<br />

e Harvey Smith. Ma dateci un paio<br />

<strong>di</strong> secoli, e vi daremo il nostro Einstein.<br />

Credetemi, accadrà.<br />

La citazione sulle pratiche masturbatorie<br />

è rubata dalle note <strong>di</strong><br />

chiusura <strong>di</strong> Ernest Adams (www<br />

.igda.org/academia/IGDA_2003_Ac<br />

ademic_Summit_ErnestSummary.<br />

pdf) all’Accademic Summit (www.<br />

igda.org/academia/events.php) del<br />

Game Developers Conference <strong>di</strong><br />

quest’anno, dove il Sig. Adams, col<br />

fascino del suo penetrante, arguto,<br />

ma pur sempre amabile cappello a<br />

cilindro, ci ha ammonito (noi accademici)<br />

<strong>di</strong> non <strong>di</strong>ventare come gli<br />

stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> letteratura:<br />

«Per quelli tra voi che vengono<br />

dalla critica letteraria e teatrale: se<br />

fate a questo me<strong>di</strong>um quello che<br />

avete fatto alla letteratura e al teatro,<br />

allora i rapporti tra <strong>di</strong> noi terminano<br />

qui».<br />

Per quanto sia facile capire e<br />

persino con<strong>di</strong>videre il sentimento<br />

<strong>di</strong>etro questo severo ammonimento<br />

(chi, dopo tutto, ama gli accademici<br />

coi paraocchi? – Probabilmente neanche<br />

le loro stesse madri), questa<br />

volta mi pare che il mio guru videolu<strong>di</strong>co<br />

preferito, mentre cercava <strong>di</strong><br />

fare un rocket jump, si è fraggato<br />

sparandosi sui pie<strong>di</strong>.<br />

Uno sguardo più attento alla storia<br />

della letteratura, dal dramma Greco<br />

a Stephen King, rivela un forte beneficio<br />

reciproco, nel quale la teoria,<br />

la scrittura, l’insegnamento, e<br />

la preparazione dei testi vanno mano<br />

nella mano. Certo, c’è o<strong>di</strong>o e<br />

amore, come in ogni lungo e fecondo<br />

matrimonio. Ma nel lungo termine<br />

(i prossimi duemila anni <strong>di</strong> critica<br />

e produzione <strong>di</strong> videogiochi)<br />

44<br />

possiamo fare molto peggio che<br />

copiare la relazione simbiotica tra<br />

critica letteraria e scrittura creativa.<br />

Bisogna prestare attenzione all’avvertimento<br />

<strong>di</strong> Adams contro il gergo<br />

auto compiacente e non comunicativo,<br />

ma giornali come Game Stu<strong>di</strong>es<br />

hanno trattato la questione<br />

sin dall’inizio. Il fatto che Game<br />

Stu<strong>di</strong>es abbia ricevuto per questa<br />

politica delle aspre critiche da altri<br />

accademici, come in una recente<br />

<strong>di</strong>scussione tra i membri della Di-<br />

GRA, è <strong>di</strong> sicuro un segno <strong>di</strong> buona<br />

salute. Inoltre mostra che così come<br />

l’industria assume <strong>di</strong>verse forme,<br />

<strong>di</strong>mensioni, e adotta <strong>di</strong>verse<br />

agende, altrettanto fanno anche i<br />

ludoaccademici.<br />

_____Un Linguaggio Universale<br />

Parlando <strong>di</strong> gergo, è stato suggerito<br />

da Ernest Adams e altri che un<br />

modo con cui gli accademici potrebbero<br />

rendersi utili è sviluppare<br />

un linguaggio comune, un vocabolario<br />

con<strong>di</strong>viso che l’industria potrebbe<br />

usare per standar<strong>di</strong>zzare i<br />

propri documenti <strong>di</strong> design e le comunicazioni<br />

quoti<strong>di</strong>ane. Questo<br />

sembrerebbe un buon progetto accademico,<br />

ma lo è davvero? Come<br />

Janet Murray ha sottolineato<br />

nell’articolo del mese scorso (Ivory<br />

Tower del Giugno2003, NdT), la ricerca<br />

accademica non si occupa <strong>di</strong><br />

raggiungere il consenso tra tutti, si<br />

occupa <strong>di</strong> produrre conoscenza, e<br />

questa significa tanto accor<strong>di</strong> quanto<br />

<strong>di</strong>saccor<strong>di</strong>. Dopo duemila anni <strong>di</strong>


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

ricerca, non c’è una terminologia<br />

comune abbastanza forte da sostenere<br />

un’industria per lo storytelling.<br />

Ci sono molti <strong>di</strong>zionari e vocabolari<br />

con<strong>di</strong>visi per la narrativa, ma non<br />

dobbiamo prenderci in giro e pensare<br />

che un linguaggio standard<br />

emergerà prima o poi, nonostante<br />

gli ottimi propositi degli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong><br />

narrativa. La costruzione <strong>di</strong> un vocabolario,<br />

così come la formazione<br />

<strong>di</strong> una comunità, è un processo lento,<br />

collettivo e senza fine, e non<br />

sempre compatibile con una ricerca<br />

critica analitica. La gente guarda le<br />

cose in modo <strong>di</strong>verso, e le parole<br />

non veicolano affatto un senso con<strong>di</strong>viso<br />

e assodato.<br />

Certo, una terminologia tecnica<br />

standar<strong>di</strong>zzata sarebbe <strong>di</strong> grande<br />

aiuto per una grande compagnia <strong>di</strong><br />

produzione <strong>di</strong> giochi, ma in questo<br />

caso, lasciate che paghino per questo!<br />

È quello che fanno altre industrie<br />

con necessità analoghe, come<br />

l’industria del petrolio in Norvegia.<br />

Completare e sostenere una completa<br />

terminologia industriale è una<br />

tipica ricerca applicata per i terminologi<br />

(la terminologia è un ramo<br />

della linguistica applicata).<br />

E potrebbe davvero essere una cattiva<br />

idea avere un linguaggio comune,<br />

così presto nell’infantile tra<strong>di</strong>zione<br />

della produzione <strong>di</strong> giochi<br />

<strong>di</strong>gitali. Gli standard immaturi sono<br />

le camicie <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> domani, e mi<br />

assumo il rischio <strong>di</strong> affrontare l’ira<br />

del Sig. Adams evocando una dottrina<br />

molto utile del post-strutturalismo,<br />

secondo la quale le parole<br />

riescono a <strong>di</strong>rezionare e formare<br />

il nostro pensiero molto più <strong>di</strong><br />

quanto ci piace pensare. I loro significati<br />

controllano noi, più che il<br />

contrario.<br />

Nel rapido mondo della produzione<br />

creativa <strong>di</strong> videogiochi, forse l’ultima<br />

cosa <strong>di</strong> cui abbiamo bisogno è<br />

un perfetto linguaggio comune. La<br />

Artwork<br />

45<br />

produzione sta probabilmente <strong>di</strong>ventando<br />

già così uniforme che l’innovazione<br />

e l’arte potrebbero trarre<br />

beneficio da maggiore, piuttosto<br />

che minore, caos e pluralismo.<br />

Non fraintendetemi. Non sono contro<br />

tutti i tentativi <strong>di</strong> regolare la<br />

terminologia. Infatti, come teorico<br />

non faccio altro. Lo facciamo tutti.<br />

Solo non credo che il risultato finale<br />

<strong>di</strong> uno sforzo consapevole e collettivo<br />

per produrre un <strong>di</strong>zionario, per<br />

quanto possa essere organizzato e<br />

per quanto ci si possa investire, sarà<br />

poi così utile, anche se per il duro<br />

lavoro o per intervento <strong>di</strong>vino<br />

raggiungessimo un accordo. Il suo<br />

valore più grande verrà probabilmente<br />

più dal processo che dal risultato,<br />

attraverso quella consapevolezza<br />

che nasce dalle decisioni<br />

<strong>di</strong>fficili.<br />

Proprio come quando si gioca, la<br />

meta è nel percorso.<br />

A tutti voi sarà capitato almeno una volta nella vita: state<br />

impaginando un numero <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> (o una tesi <strong>di</strong> laurea, o un<br />

documento delle BR) e vi rendete conto che si è aperta una<br />

voragine bianca nella pagina. Una voragine impossibile da<br />

togliere nemmeno variando la <strong>di</strong>mensione dei font. Allora<br />

cercate nell’hard <strong>di</strong>sk qualcosa, una stronzata qualsiasi da<br />

usare come tappo ma, dopo aver realizzato che in un pdf non<br />

si può inserire il video <strong>di</strong> Paris Hilton, capite <strong>di</strong> essere nei<br />

guai.<br />

Non temete! In questi casi l’azione più sensata da fare è <strong>di</strong><br />

rubare le idee agli altri! Ecco quin<strong>di</strong> che inauguriamo questa<br />

rubrica-tappabuchi <strong>di</strong> artwork contenente, questo mese, due<br />

bozzetti del bellissimo Beyond Good & Evil.<br />

Portate sempre questo insegnamento con voi: quando avete<br />

finito le idee, rubatele agli altri.<br />

Appuntamento al prossimo mese con gli scan delle lettere d’amore scritte da Nemesis Divina all’età <strong>di</strong> 16 anni.


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

cARNE dA mARCELLO_________________________________<br />

[Il Negoziatore #001]<br />

<strong>di</strong> Marcello Cangialosi<br />

Facciamo un esperimento? Dai, facciamolo.<br />

Per i prossimi 5 minuti immaginate <strong>di</strong><br />

non essere i super-appassionati <strong>di</strong> videogiochi<br />

che indubbiamente siete. Fate un<br />

piccolo sforzo e immaginate <strong>di</strong> essere<br />

l’ultimo rappresentante <strong>di</strong> quel puzzolente<br />

aggregato <strong>di</strong> pecore belanti schiave<br />

dell’hype e del marketing, che appare la<br />

‘massa’ ai vostri occhi. E già che ci siete<br />

fate finta che fra quei 2 o 3 videogiochi a<br />

cui avete giocato nel corso della vostra<br />

inutile esistenza figuri Silent Hill. Il vostro<br />

preferito.<br />

Ci siete? Perfetto.<br />

Ora, osservate questo…<br />

… e ora questo.<br />

Restate in modalità “pecora” ancora per<br />

qualche secondo e <strong>di</strong>temi che <strong>di</strong>fferenza<br />

passa fra la prima locan<strong>di</strong>na e la seconda<br />

a livello ‘propagan<strong>di</strong>stico’.<br />

…<br />

Vi do un aiuto, bestie che non siete<br />

altro: la prima suggerisce <strong>di</strong> andare a<br />

farvi fottere.<br />

…<br />

Ve ne do un altro, animali: la seconda<br />

si riferisce ad un videogioco per PlayStation2.<br />

…<br />

Ancora niente? Facciamo così. Guardate<br />

nell’angolo in alto a sinistra della<br />

prima locan<strong>di</strong>na.<br />

Ah-ah! Peter Jackson! Il regista de Il<br />

Signore degli Anelli! Fico!<br />

Ora scandagliate la seconda locan<strong>di</strong>na.<br />

Trovato niente? Niente. È normale,<br />

non c’è niente <strong>di</strong> particolare al <strong>di</strong> là <strong>di</strong><br />

una ragazzina immersa in una sorta <strong>di</strong><br />

oscurità purpurea con sotto la scritta<br />

Forbidden Siren. La “Sirena <strong>di</strong>menticata”.<br />

Boh. Sarà un gioco horror. Boh. Ma<br />

come sarà? Boh. Sarà tipo Silent Hill?<br />

Boh. Sarà bello quanto Silent Hill? Boh.<br />

Ora, da ignoranti quali siete (sempre<br />

per il bene della scienza, sia chiaro), <strong>di</strong>temi<br />

in tutta sincerità quale <strong>di</strong> questi<br />

due prodotti vi ha stuzzicato l’interesse.<br />

Ricordate che non siete appassionati <strong>di</strong><br />

videogiochi.<br />

Fatto? Bene. Dico una cazzata se suppongo<br />

che la prima locan<strong>di</strong>na vi ha intrigato<br />

più della seconda malgrado quel<br />

<strong>di</strong>to me<strong>di</strong>o? Ricordate che siete pecore.<br />

Allora, <strong>di</strong>co una cazzata? Oh, ottimo. Ne<br />

<strong>di</strong>co un’altra se suppongo che quel “Peter<br />

Jackson” in alto a sinistra suona come<br />

“sono un prodotto <strong>di</strong> qualità” più della<br />

semplice quanto aleatoria associazione<br />

Forbidden Siren-Silent Hill? Bravi.<br />

Ehi, siete ancora in modalità “pecora”<br />

vero? Ok, restateci e facciamo un salto<br />

in un mondo alternativo, dove la logica<br />

regna sovrana e del buon senso ci fanno<br />

anche le olimpia<strong>di</strong>.<br />

Riguar<strong>di</strong>amo le due locan<strong>di</strong>ne in questo<br />

mondo.<br />

Quella <strong>di</strong> “Bad Taste”…<br />

… e quella <strong>di</strong> Forbidden Siren<br />

Be’, le cose cambiano non vi pare? “Dal<br />

creatore <strong>di</strong> Silent Hill”. Eccazzo. Ora sì<br />

che la confezione <strong>di</strong> Forbidden Siren<br />

ha ragione <strong>di</strong> essere prelevata dallo<br />

scaffale per essere investigata sul tergo.<br />

Vedete (tornate pure normali adesso),<br />

dal punto <strong>di</strong> vista delle strategie <strong>di</strong> marketing,<br />

l’industria cinematografica e<br />

quella videolu<strong>di</strong>ca si somigliano. Entrambe<br />

corteggiano il consumatore con strumenti<br />

analoghi (effetti speciali/grafica<br />

spettacolare, seguiti e remake/seguiti e<br />

remake), ma laddove la prima ha intuito<br />

l’importanza dell’Autore, la seconda<br />

sembra fondamentalmente… come <strong>di</strong>re…<br />

fottersene?<br />

Date un’occhiata alle release dell’annata<br />

videolu<strong>di</strong>ca appena trascorsa e <strong>di</strong>temi<br />

quanti ‘II’, ‘III’, ‘IV’, <strong>di</strong>amine, arrivate<br />

pure fino a ‘XI’, riuscite ad in<strong>di</strong>vi-<br />

46<br />

duare. Una marea. Ora fate altrettanto<br />

con le uscite cinematografiche dello<br />

stesso periodo. Sapete <strong>di</strong>rmi perché l’industria<br />

videolu<strong>di</strong>ca è quella la cui produzione<br />

annovera il maggior numero <strong>di</strong><br />

seguiti al mondo?<br />

Uno dei motivi è proprio legato alla<br />

scarsa rilevanza dell’Autore, inteso come<br />

l’Artista, il Direttore del progetto. In altre<br />

parole, la gente conosce i nomi dei<br />

“giochi” non quelli dei rispettivi “registi”.<br />

Ad autori come James Cameron o Steven<br />

Spielberg è permesso de<strong>di</strong>carsi con<br />

fiducia a produzioni originali (tutti sanno<br />

che è “quello <strong>di</strong> Titanic” / “quello <strong>di</strong><br />

Schindler's List” e se non lo sanno state<br />

certi che il colletto bianco <strong>di</strong> turno glielo<br />

farà notare), ma un Keichiiro Toyama<br />

che ti abbandona Silent Hill per de<strong>di</strong>carsi<br />

a Forbidden Siren è condannato a<br />

restare nell’ombra, lui e il suo gioco originale,<br />

malgrado la notorietà della serie<br />

a cui ha dato i natali.<br />

C’è qualcosa che non va ed ho come<br />

l’impressione che l’evoluzione del videogioco<br />

dallo status <strong>di</strong> “giocattolo elettronico”<br />

in cui versa attualmente a quello <strong>di</strong><br />

opera artistica a cui merita <strong>di</strong> assurgere,<br />

passi proprio per il riconoscimento<br />

dell’In<strong>di</strong>viduo. Datemi del pazzo.<br />

Ma al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questo, ciò che mi <strong>di</strong>sturba<br />

è che l’industria non sembra rendersi<br />

conto dell’arma formidabile <strong>di</strong> cui<br />

<strong>di</strong>spone. Nomi come “Miyamoto”, “Suzuki”,<br />

“Yamauchi”, compaiono spesso sui<br />

mezzi <strong>di</strong> informazione specializzati, ma<br />

mai negli spot pubblicitari e soprattutto<br />

mai sulle confezioni. Diamine, la maggior<br />

parte dei giochi non dà modo <strong>di</strong> conoscerne<br />

l’autore fino ai titoli <strong>di</strong> coda! E<br />

chi se li legge i titoli <strong>di</strong> coda?!<br />

Ovviamente esistono delle eccezioni.<br />

Il nome <strong>di</strong> Hideo Kojima compare sulla<br />

cover <strong>di</strong> Metal Gear Solid 2 Substance<br />

(ho qui davanti la versione Giapponese),<br />

ad esempio. Ma si tratta, appunto, <strong>di</strong><br />

una eccezione. Più spesso, se c’è un nome<br />

in cover è quello <strong>di</strong> Tom Clancy. Già<br />

che ci siete sapete <strong>di</strong>rmi chi è il Director<br />

o il Producer <strong>di</strong> Splinter Cell?<br />

È sintomatico quello che <strong>di</strong>ce Michel<br />

Ancel nell’intervista pubblicata sul numero<br />

004 <strong>di</strong> <strong>Videogiochi</strong>. A proposito della<br />

presentazione <strong>di</strong> Beyond Good & Evil<br />

all’E3 <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi anni fa, <strong>di</strong>chiara: “non<br />

conoscevano il gioco, non c’era alcuna<br />

licenza, non era basato su un film… Credo<br />

che lì abbia sbagliato il marketing:<br />

l’hanno spinto come ‘Il gioco <strong>di</strong> Michel<br />

Ancel’, ma nessuno conosce il mio nome!”<br />

Ecco perché si continua a puntare sulle<br />

licenze. Ecco perché si continua a<br />

puntare sullo stesso franchise. Ecco perché<br />

si va a scomodare Tom Clancy. Ma è<br />

sensato continuare su questa strada? Se<br />

il nome <strong>di</strong> Michel Ancel fosse stato strillato<br />

ai quattro venti sin dal primo Rayman,<br />

come avrebbero reagito i visitatori<br />

dell’E3 all’annuncio <strong>di</strong> Beyond Good<br />

& Evil? Si sarebbero comunque accalcati<br />

attorno a quello Splinter Cell “<strong>di</strong> Tom<br />

Clancy” o avrebbero accordato un’occhiatina<br />

anche all’opera <strong>di</strong> Ancel?<br />

Pensateci. E fatemi sapere la vostra.


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

sTAGE 1: hANDHELD gAMING___________________________<br />

[Arena - Opinioni in Multiplayer]<br />

Il futuro in tasca<br />

<strong>di</strong> Gatsu<br />

Certo prevedere il futuro <strong>di</strong> un’industria mutevole come quella<br />

dei videogiochi non è affatto semplice. Ognuno si fa le proprie<br />

idee, basandosi sull’intuito e/o sulla sua conoscenza dell’ambiente,<br />

visto che in questo campo appoggiarsi ai precedenti<br />

storici non è mai stato molto fruttuoso. Ma alcune domande ti<br />

beccano come un colpo <strong>di</strong> cric fra capo e collo, e mica ti puoi<br />

mettere a protestare o a chiedere “Ehi, ce l’hai con me?”. Allora<br />

mi chiedo: è plausibile, nel giro delle prossime due generazioni,<br />

assistere al declino delle console casalinghe e all’ascesa<br />

delle console portatili?<br />

In un certo senso la risposta più ovvia non è la più banale,<br />

perché due mercati “<strong>di</strong>stinti” e “paralleli” si verranno effettivamente<br />

a formare: ci sono motivazioni pratiche e<br />

tecniche che apparentemente rendono impensabile<br />

una scomparsa delle prime in favore delle seconde.<br />

Pensiamo però all’introduzione della televisione: è<br />

palese che a livello <strong>di</strong> prestazioni au<strong>di</strong>o/video nessuno<br />

schermo/impianto attualmente in commercio<br />

può competere con una sala cinematografica appena<br />

modesta, dotata <strong>di</strong> default almeno <strong>di</strong> un telone<br />

<strong>di</strong> ragguardevoli <strong>di</strong>mensioni e <strong>di</strong> un impianto<br />

Dolby; eppure ognuno <strong>di</strong> noi ha in casa almeno un paio <strong>di</strong> TV.<br />

Il cinema è forse morto in seguito a questa colonizzazione cato<strong>di</strong>ca?<br />

No, però il suo ruolo si è ri<strong>di</strong>mensionato, o per meglio<br />

<strong>di</strong>re “ra<strong>di</strong>calmente adattato” alla nuova situazione. Nessuno va<br />

al cinema a vedersi il telegiornale, per intenderci, e raramente<br />

i prodotti pensati per il grande schermo sono intercambiabili<br />

con quelli pensati per il piccolo schermo (la relazione tende<br />

infatti ad essere univoca, e a seguire lo schema cinema tv) 1 .<br />

Le analogie con il mondo del videogioco sono palpabili. C’è un<br />

elemento che però scombussola tutto il ragionamento precedente:<br />

mentre l’utente sostanzialmente “subisce” i contenuti <strong>di</strong><br />

cinema e TV, ciò non è altrettanto vero per quanto riguarda il<br />

videogioco, che trova il suo tratto <strong>di</strong>stintivo nella cosiddetta<br />

“interazione” gioco-utente.<br />

Ora, leggendo i pronostici <strong>di</strong> alcuni analisti, rimango perplesso<br />

nel vedere Microsoft, l’unica società senza piani concreti<br />

per il mercato portatile, davanti a Nintendo in quanto a “possibilità<br />

<strong>di</strong> successo” nella generazione futura. GBA (o meglio, il<br />

suo successore) e PSP saranno con ogni probabilità le vere<br />

console dominatrici del mercato negli anni a venire. Ciò che<br />

alcuni analisti faticano a focalizzare è che l’utenza stessa lo<br />

richiede. Con l’innalzarsi dell’età me<strong>di</strong>a del videogiocatore, ci<br />

sono da considerare tutta una serie <strong>di</strong> problematiche ine<strong>di</strong>te<br />

per questo tipo <strong>di</strong> mercato. Tanto per fare qualche esempio, è<br />

probabile che attualmente il videogiocatore standard si sposti<br />

<strong>di</strong> frequente per motivi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> lavoro, che abbia poco<br />

tempo libero ma magari molti tempi morti da riempire (pausa<br />

caffè, intervallo, fermata dell’autobus, sale d’attesa…), che<br />

giochi tendenzialmente verso sera piuttosto che <strong>di</strong> giorno…<br />

Di fronte a determinati vantaggi (la portabilità), e con il<br />

raggiungimento <strong>di</strong> un livello tecnologico sod<strong>di</strong>sfacente (già PSP<br />

promette gran<strong>di</strong> cose), poco importerà ad un videogiocatore <strong>di</strong><br />

non u<strong>di</strong>re il coro dei tifosi in 5.1 giocando ad un Winning Eleven<br />

portatile 2 . E anche volendo insistere sulla questione tec-<br />

L’handheld gaming non esiste<br />

<strong>di</strong> Cryu<br />

Tenetevi forte perché la sparo grossa: l'handheld gaming non<br />

esiste. Proprio così. Il Game Boy Advance, ricaricato nel look<br />

dalla sua reincarnazione SP, domina comodo l'intero settore.<br />

N-Gage? Non scherziamo.<br />

Il Game Boy Advance SP attualmente è l'handheld gaming.<br />

Eppure l'handheld gaming non esiste. Non esiste perché non<br />

viene sviluppato del software modellato sul concetto <strong>di</strong> portabilità.<br />

I migliori titoli per GBA sono quelli che ne sfruttano al<br />

meglio l'hardware in termini <strong>di</strong> capacità <strong>di</strong> calcolo, <strong>di</strong> rappresentazione<br />

grafica 2D e <strong>di</strong> controlli, ma non traggono alcun<br />

beneficio dal fatto <strong>di</strong> poter essere giocati in autobus piuttosto<br />

che in treno. Yoshy's Island, Super Mario World, Final<br />

Fantasy Tactics Advance non sono giochi per GBA; sono<br />

47<br />

nologica, semplici accessori possono ovviare a qualsiasi mancanza:<br />

un suono 3D estremamente convincente si può riprodurre,<br />

me<strong>di</strong>ante appositi artifizi software, anche tramite due<br />

comunissimi auricolari, così come uno schermo a 52” può essere<br />

contenuto in un paio <strong>di</strong> occhiali appositi (periferiche del<br />

genere potrebbero allargare drasticamente il loro mercato nei<br />

prossimi tempi, anche se della loro reale necessità non sono<br />

del tutto convinto 3 ). Per non parlare del gioco on<strong>di</strong>ne: che cosa<br />

può rivelarsi più comodo <strong>di</strong> una piattaforma già pre<strong>di</strong>sposta<br />

all’uso in rete vista l’inclusione (praticamente scontata in tutti i<br />

prossimi portatili) <strong>di</strong> funzionalità telefoniche?<br />

Il futuro del videogioco tende alla portabilità. Le console da<br />

casa quasi sicuramente sopravvivranno, ma mo<strong>di</strong>ficheranno<br />

probabilmente il loro utilizzo: solo produzioni<br />

estremamente costose saranno a loro in<strong>di</strong>rizzate,<br />

mentre maree <strong>di</strong> giochi economicamente meno<br />

impegnativi troveranno loro naturale <strong>di</strong>mora<br />

nelle console noma<strong>di</strong>. Questo potrebbe portare il<br />

videogioco stesso a mutare profondamente a seconda<br />

della sua destinazione finale… oppure no?<br />

Note<br />

[1] Mi riferisco in particolare a contenuti palesemente pensati<br />

per il mercato televisivo: telefilm, talk show, quiz, cose del<br />

genere. Va fatto notare che in passato il cinema era l’unico<br />

luogo dove si potesse vedere un “notiziario” (parlo dei noti<br />

cinegiornali dell'Istituto LUCE, che venivano trasmessi prima<br />

degli spettacoli e che arrivarono ad avere anche cinque e<strong>di</strong>zioni<br />

alla settimana). In Italia è successo anche che lo show “Lascia<br />

o Raddoppia?”, <strong>di</strong> particolare successo, venisse proiettato<br />

in alcune sale (cfr. Andrea Melo<strong>di</strong>a, Teoria e tecnica del linguaggio<br />

televisivo, Aracne, Roma), ma si tratta <strong>di</strong> un caso sostanzialmente<br />

isolato. Cambiando <strong>di</strong>scorso, con “<strong>di</strong>rezione univoca”<br />

intendo: “i film che passano al cinema approdano prima<br />

o poi in TV, mentre il contrario non accade”. Il mercato home<br />

theatre inoltre va considerato a parte, anche perché in questo<br />

caso la “televisione” perde i suoi connotati <strong>di</strong> me<strong>di</strong>um<br />

autonomo e <strong>di</strong>venta più che altro uno “schermo sui cui<br />

proiettare contenuti <strong>di</strong> tipo cinematografico”.<br />

[2] Ci sarebbe da aggiungere la cosiddetta “legittimazione sociale”<br />

del videogioco. Finché videogiocare equivarrà ad essere<br />

dei nerd, tali previsioni restano solo fantasie. Ma con<br />

l’allargamento del mercato sarà il mercato stesso ad estirpare<br />

alla ra<strong>di</strong>ce il problema rendendo il videogiocare una cosa cool.<br />

[3] Mi capita <strong>di</strong> rado, usando il GBA in giro, <strong>di</strong> giocare ad alto<br />

volume o utilizzando le cuffiette. Mentre a casa non mi sognerei<br />

mai <strong>di</strong> giocare se non al massimo delle possibilità (adeguata<br />

luminosità della stanza, volume decente…), tale desiderio<br />

viene ri<strong>di</strong>mensionato durante le mie sessioni raminghe, per<br />

desiderio <strong>di</strong> <strong>di</strong>screzione o perché tutto sommato quello che mi<br />

interessa è giocare, pazienza se non ho il Dolby...<br />

giochi concepiti per altre piattaforme ed altri ambiti <strong>di</strong> fruizione,<br />

e oggi convertiti o rivisitati (nel caso <strong>di</strong> FFTA) su GBA.<br />

Metroid Fusion? Un gran gioco, ma avrebbe funzionato allo<br />

stesso modo su Super Nes. Advance Wars? Perfetto su PSOne.<br />

Il GBA, ora come ora, non è altro che una piattaforma <strong>di</strong> retrogaming;<br />

è il risultato della miniaturizzazione <strong>di</strong> hardware e<br />

software <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni fa. Nel 1994 Super Mario World poteva<br />

girare solo su una macchina grande come un tostapane da<br />

collegare a un TV. Oggi la stessa cosa la può fare un aggeggio<br />

stylish grande quanto un cellulare, che per <strong>di</strong> più incorpora<br />

uno schermo LCD. Ma questo non è handheld gaming. L'handheld<br />

gaming dovrebbe essere una branca del videogiocare


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

incentrata sul concetto <strong>di</strong> portabilità. E su GBA <strong>di</strong> giochi così io<br />

ne conosco tre: Wario Ware, Pokémon e Boktai.<br />

Rispettivamente: Wario Ware, come lo ha definito il ringhico<br />

Ferruccio Cinquemani, è una raccolta <strong>di</strong> aforismi videolu<strong>di</strong>ci;<br />

dozzine <strong>di</strong> sottogiochi dalla durata <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong> ciascuno,<br />

perfettamente coniugabili con la frammentarietà <strong>di</strong> una<br />

sessione <strong>di</strong> gioco portatile. Salgo sull'autobus all'ora <strong>di</strong> punta e<br />

non c'è un solo se<strong>di</strong>le libero, mi incastro in un angolo e mi faccio<br />

un paio <strong>di</strong> sottogiochi. Alla prima fermata il passeggero che<br />

sedeva al mio fianco si alza lasciandomi il suo posto. Interrompo<br />

la partita, mi siedo e riprendo. Alla mia fermata<br />

devo interrompere nuovamente, scendo dal<br />

bus e riprendo ancora a giocare mentre aspetto la<br />

metropolitana. Tutto questo senza compromettere<br />

né la performance lu<strong>di</strong>ca né la go<strong>di</strong>bilità del gioco<br />

stesso. Questo è handheld gaming. Questo è mobile<br />

gaming, non Sonic su un telefonino a schermo verticale.<br />

Pokémon. Ok, metto le mani avanti: a me Pokémon non<br />

interessa, colpa <strong>di</strong> un monster design che non mi ha mai entusiasmato<br />

e <strong>di</strong> un protagonista detestabile. Però Pokémon -<br />

ricor<strong>di</strong>amolo: nato prima come VG e solo in seguito come cartone<br />

animato – è geniale. Il gameplay è progettato in funzione<br />

<strong>di</strong> una necessaria socializzazione con altri giocatori, caso strano<br />

per un VG, accusato spesso <strong>di</strong> istigazione all'isolamento dei<br />

suoi fruitori. Il giocatore tipo <strong>di</strong> Pokémon Rubino, durante la<br />

ricreazione scolastica, estrae il suo GBA dalla tasca del grembiule<br />

per sfidare in link il compagno <strong>di</strong> banco a sua volta possessore<br />

<strong>di</strong> GBA + Pokemon Zaffiro. Al termine della battaglia<br />

l'allenatore <strong>di</strong> Pokémon più abile si impossesserà della creatura<br />

altrui. Questo è handheld gaming votato al multiplayer.<br />

Questa è una forma <strong>di</strong> videogiocare in compagnia strutturata<br />

attorno al concetto <strong>di</strong> portabilità.<br />

Boktai non avrà sod<strong>di</strong>sfatto tutte le aspettative <strong>di</strong> chi da<br />

Kojima si aspetta sempre e solo capolavori, eppure Boktai è<br />

handheld gaming allo stato puro. Il rilevatore <strong>di</strong> luce solare<br />

installato nella cartuccia assoggetta la risoluzione <strong>di</strong> determinate<br />

fasi <strong>di</strong> gioco a una fruizione all'aperto nelle ore <strong>di</strong>urne.<br />

Questo è possibile solo con una console portatile. Altrimenti<br />

che cosa facciamo? Mettiamo PS2 sul balcone? Boktai manda<br />

un messaggio forte: l'handheld gaming non è il videogioco da<br />

bagno, è il videogioco portatile, quin<strong>di</strong> sfruttiamola davvero<br />

questa portabilità. Ora quando sono in autobus non vedo l’ora<br />

Vita e morte del vg dopo l’handheld<br />

<strong>di</strong> Paolo Jumpman Ruffino<br />

Probabilmente in pochi hanno afferrato la grande lezione che<br />

in questi ultimi anni l’industria del videogioco ci ha voluto insegnare:<br />

i contenuti contano poco o niente. Lungi da me il sostenere<br />

che il software <strong>di</strong> una console sia ininfluente, perché è<br />

chiaro a tutti che le killer application continuano ad esistere,<br />

ma <strong>di</strong> certo chi acquista una console pensa sempre meno a ciò<br />

che realmente gli viene offerto. Compra il marchio, il nome,<br />

l’oggetto. Dare troppa attenzione ai contenuti, cioè ai giochi,<br />

delle console handheld significa quin<strong>di</strong> prendere il problema<br />

dal lato sbagliato. Non hanno importanza. Ce l’ha<br />

invece il fatto che Game Boy abbia venduto 100<br />

milioni <strong>di</strong> unità, e che le abbia vendute al <strong>di</strong>rigente<br />

d’azienda come allo scolaretto. Ne ha venduti talmente<br />

tanti da far tentare la strada anche a Nokia<br />

e Sony. Il fatto che una console così particolare<br />

sia nelle mani <strong>di</strong> così tanta gente altera <strong>di</strong> fatto la<br />

percezione del me<strong>di</strong>um videogioco, cambia i simboli<br />

a cui questo viene associato, mo<strong>di</strong>fica insomma tutto<br />

quell’insieme <strong>di</strong> significati che si richiamano quando si pronuncia<br />

la parola “videogame”. Non è un fenomeno che si possa<br />

sottovalutare, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio sulla qualità dell’offerta<br />

lu<strong>di</strong>ca. E’ esattamente come se volessimo stu<strong>di</strong>are il videogioco<br />

senza considerare Fifa Soccer: è un titolo pessimo, ma<br />

non possiamo non chiederci perché ci giochino in così tanti.<br />

Dire che non ci sono titoli adatti all’handheld gaming è ancora<br />

una svista, anche se più sottile. Non ci sono regole che<br />

stabiliscono se un gioco è handheld, se non il fatto che questo<br />

venga giocato su una console portatile. E’ il mezzo a cambiare<br />

il gioco, poco importa se questo è già apparso su Snes o qualsivoglia<br />

home console. Yoshi’s Island è <strong>di</strong>verso da Super<br />

Mario Advance 3: Yoshi’s Island, perché cambia la posizione<br />

del giocatore, il suo modo <strong>di</strong> approcciarvisi, la sua pre<strong>di</strong>sposizione.<br />

E quin<strong>di</strong> cambia anche Yoshi, nel bene e nel male.<br />

Che poi questo possa piacere o non piacere a chi compra e<br />

48<br />

<strong>di</strong> arrivare a casa per giocare a SSX 3: inventatemi un gioco<br />

per il quale quando sono a casa non veda l’ora <strong>di</strong> uscire. Se<br />

posso gustarmi lo stesso gioco sul <strong>di</strong>vano <strong>di</strong> casa senza inficiarne<br />

il valore ricreativo, allora non si tratta <strong>di</strong> vero handheld<br />

gaming, e in più <strong>di</strong>fficilmente potrà competere con la concorrenza<br />

oppostagli dalle console accampate sotto il mio TV.<br />

A questo punto mi domando: è possibile che il futuro del <strong>di</strong>vertimento<br />

elettronico risieda nell'handheld gaming: una tipologia<br />

<strong>di</strong> videogioco che non esiste se non in una manciata <strong>di</strong><br />

esemplari?<br />

Naaa. Non ci credo.<br />

Dov'è allora il futuro del <strong>di</strong>vertimento elettronico?<br />

Io posso solo intuirlo osservando il presente dell'home<br />

entertainment, un presente dove a farla da padrone<br />

è l'home cinema, ovvero la ricostruzione in<br />

ambiente casalingo <strong>di</strong> uno spazio <strong>di</strong> fruizione immersiva.<br />

I TV 16:9, i sistemi au<strong>di</strong>o Surround e i DVD<br />

hanno condotto l'home entertainment in questa <strong>di</strong>rezione.<br />

Il videogioco, da parte sua, si è adeguato, soprattutto<br />

con l’avvento del 3D. L'ibridazione cinema-VG è ormai una<br />

realtà talmente assodata da rendere del tutto superfluo il richiamo<br />

<strong>di</strong> esempi come MGS2, Final Fantasy X o Devil May<br />

Cry. Questo è il presente, questa è la <strong>di</strong>rezione attuale. Salvo<br />

imprevisti, il futuro lo imboccheremo da questa parte.<br />

Chi non si è adeguato è Nintendo, che continua a contestare<br />

l'errore (a suo modo <strong>di</strong> vedere) <strong>di</strong> chi vuole a tutti costi ibridare<br />

il videogioco al cinema. E mentre un GameCube sprovvisto<br />

<strong>di</strong> lettore DVD arranca, qualcuno a Kyoto pensa che dopotutto<br />

non sarebbe malaccio avere in esclusiva MGS: The Twin<br />

Snakes. Too late. Per questo giro Nintendo è fuori. Fuori dai<br />

giochi dei profitti astronomici, fuori dalla prima classe del mercato<br />

console. Eppure Nintendo c'è. Dove? Ma nell'hendheld<br />

gaming, naturalmente, con quell'elegante GBA SP Silver che ci<br />

consente <strong>di</strong> giocare in pubblico senza per questo azzerare il<br />

nostro sex-appeal.<br />

Sì, è fuori <strong>di</strong>scussione: Nintendo domina, nell'handheld gaming<br />

domina. Già, ma l'handheld gaming non esiste. Wario<br />

Ware non è abbastanza. Boktai è roba giappo. Pokémon è<br />

per bambini. Per il resto io vedo solo retrogaming in miniatura.<br />

E dato che l'handheld gaming non esiste, fossi in Nintendo<br />

cercherei <strong>di</strong> inventarlo alla svelta, prima che ci pensi Sony<br />

PSP.<br />

gioca, ha poca importanza. Ha poca importanza perché continua<br />

a comprare.<br />

L’handheld gaming ha abituato milioni <strong>di</strong> persone al gioco<br />

mor<strong>di</strong> e fuggi, al quicksave, a quello che potremmo definire<br />

“videogiocare timoroso”: l’offerta videolu<strong>di</strong>ca moderna tiene<br />

conto delle paure, indotte da Tetris e Snake, dei videogiocatori<br />

che come dei trentenni in crisi “non vogliono impegnarsi in<br />

storie serie”. Game Boy ci ha portati ad un videogiocare<br />

frammentato, composto da spezzoni, singole scelte, giochi <strong>di</strong><br />

un click. Il filmato <strong>di</strong> mezz’ora del prossimo prodotto<br />

Square non sarà che un’ulteriore espressione della<br />

volontà <strong>di</strong> creare “videogiochi <strong>di</strong>nosauri” per tutti coloro<br />

che rifuggono questo approccio, e sono <strong>di</strong>sposti a<br />

giocarsi - letteralmente - 40 ore <strong>di</strong> vita (senza però<br />

rinunciare ad un “timoroso” save point ogni due<br />

schermate). “40 ore per la vita” poteva allora essere<br />

lo slogan per accompagnare l’uscita <strong>di</strong> Wario Ware,<br />

ultimo prodotto <strong>di</strong> una specie che vuole sparire in due secon<strong>di</strong><br />

e non <strong>di</strong>sturbare, perché il tempo è prezioso e io ho centocinquanta<br />

“giochi <strong>di</strong> attimi” ancora da provare.<br />

L’handheld gaming non soppianterà il gioco da casa, ma lo<br />

saboterà. Anzi l’ha già sabotato, solo è <strong>di</strong>fficile accorgersene.<br />

La maggiore importanza data allo stile grafico piuttosto che al<br />

numero <strong>di</strong> poligoni è già un in<strong>di</strong>zio, così come lo sono le regole<br />

semplici e la facilità <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> un’interfaccia a fronte <strong>di</strong> un<br />

gameplay profondo, lezione dei giochi anni’80 <strong>di</strong>menticata<br />

nell’ultimo decennio e ripresa da Pokémon, Advance Wars,<br />

e quant’altri.<br />

Forse è proprio quest’ultimo punto ad accomunare l’handheld<br />

con certo retrogaming: non tanto il doversi confrontare<br />

con limiti tecnici quanto una vicinanza <strong>di</strong> filosofie (o ludosofie,<br />

più correttamente). Bisognerebbe insomma guardare all’handheld<br />

come ad un fenomeno, e astenersi per quanto possibile<br />

da giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore.


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

cHAIN mAIL________________________________________<br />

[posta@project-ring.com]<br />

<strong>di</strong> <strong>Ring</strong><br />

«A sadder and a wiser man» («un<br />

uomo più triste e più saggio»),<br />

scriveva il poeta inglese S.T. Coleridge<br />

nella Ballata del Vecchio Marinaio,<br />

riferendosi all’interlocutore<br />

del marinaio non-morto istruito circa<br />

l’angosciosa sorte <strong>di</strong> quest’ultimo.<br />

«Let them fly» («che si <strong>di</strong>vertano»),<br />

scriveva il collega e<br />

compatriota Thomas Grey, invi<strong>di</strong>ando<br />

la beata ignoranza dei giovani<br />

che ancora non immaginano quanto il male possa<br />

insinuarsi nella vita dell’uomo.<br />

Certamente anche Raiden se la passava meglio prima<br />

<strong>di</strong> sapere <strong>di</strong> non essere altro che una pe<strong>di</strong>na sulla<br />

scacchiera dei Patriots. Cloud, da parte sua, una volta<br />

DREAMING WONDERLAND WITH AN AXE IN YOUR BRAIN<br />

Le seghe non fanno <strong>di</strong>ventare ciechi, dopo una decina<br />

<strong>di</strong> anni <strong>di</strong> uso intensivo e incon<strong>di</strong>zionato posso affermarlo<br />

con certezza. Le seghe mentali, invece, sì.<br />

La prima volta che ho visto Battle Arena Toshinden<br />

e Wipeout ho gridato <strong>di</strong> gioia, sbavato sul tappeto<br />

<strong>di</strong> una persona che neanche conoscevo e ho provato<br />

piacere, immenso piacere. Ho capito che quella sarebbe<br />

stata la mia strada, poi mi hanno detto che la PlayStation<br />

costava 800.000 lire e i giochi 100.000 lire<br />

cadauno e sono uscito al primo svincolo passando per<br />

la corsia d’emergenza.<br />

Quando finalmente acquistai una PlayStation feci le<br />

quattro <strong>di</strong> mattina a giocare con il demo <strong>di</strong> Crash<br />

Ban<strong>di</strong>coot, perché ero il protagonista <strong>di</strong> un cartone<br />

animato e mai avevo visto nulla <strong>di</strong> tanto eccezionale.<br />

FIFA era il più bel gioco <strong>di</strong> calcio e non aveva <strong>di</strong>fetti<br />

che io ricor<strong>di</strong>.<br />

Oggi non godo più. E non mi sto sbattendo sulla<br />

“purezza” dei giochi <strong>di</strong> un tempo come ogni<br />

buon castrato da retrogaming farebbe. Non è<br />

colpa dei giochi, la colpa è mia. Se la smettessi <strong>di</strong><br />

passare delle ore a leggere quello che gli altri pensano<br />

dei videogiochi forse troverei più tempo e voglia per<br />

videogiocare anch’io. Oggi non gioco più da solo come<br />

qualche anno fa, l’omino del mio cervello è sempre al<br />

mio fianco e non fa altro che sforzarsi <strong>di</strong> trovare <strong>di</strong>fetti<br />

in quello che vede. È sempre li a giu<strong>di</strong>care qualcosa,<br />

qualcuno, l’omino del mio cervello si accorge persino<br />

se la fisica <strong>di</strong> una vettura in corsa non è ben fatta,<br />

all’omino del mio cervello non sfugge l’assenza dell’ar-<br />

Risponde Federico Res:<br />

Che mondo meraviglioso sarebbe, se non sapessi che<br />

un’indefinita percentuale <strong>di</strong> ogni Ferrero Rocher che<br />

ingollo è costituita da scarafaggi tritati. Ma sai, prode<br />

Vitoiuvara, che alla fine del trito <strong>di</strong> coleotteri me ne<br />

frega poco? Perché in fondo saranno <strong>di</strong>eci anni che sono<br />

a conoscenza <strong>di</strong> questo fatto, eppure nulla mi frena<br />

dal <strong>di</strong>vorare scatole <strong>di</strong> croccanti cioccolatini. E sai perché?<br />

Perché <strong>di</strong> solito mi sbatto la testa al muro. Già.<br />

Prendere a craniate le pareti non è piacevole, ma efficace<br />

sì: quando qualcosa mi fa star male (ad esempio i<br />

49<br />

scoperto <strong>di</strong> non essere un eroe, ma soltanto un eroe<br />

wannabe, avrà passato un pessimo quarto d’ora. E del<br />

prode (?) Ashley che mi <strong>di</strong>te? Che tutto d’un tratto<br />

realizza <strong>di</strong> essere lui stesso il carnefice dei propri familiari?<br />

Brutta storia anche questa, un po’ come quella <strong>di</strong><br />

Tidus, che si scopre innamorato <strong>di</strong> una donna destinata<br />

al martirio.<br />

A volte la conoscenza è un frutto avvelenato. Parola<br />

<strong>di</strong> Adamo ed Eva. Eppure, come insegna MGS2, la<br />

conoscenza, la cultura e l’informazione sono libertà, il<br />

valore più <strong>di</strong>scusso e preteso dalla società occidentale<br />

contemporanea. Ed è qui che sorge il paradosso, come<br />

ci illustra un nostro affezionato lettore. Chain Mail aggancia<br />

la nostalgia dell’incoscienza.<br />

bre magique, e <strong>di</strong> certo non si riesce a nascondergli la<br />

mancanza dell’ombra del cucciolo <strong>di</strong> ornitorinco bianco<br />

nascosto sotto un masso <strong>di</strong> misere <strong>di</strong>mensioni. Oggi mi<br />

ritrovo ad invi<strong>di</strong>are la sveltina fugace del casual gamer<br />

ridotto come sono alla scopata del mercoledì sera con<br />

mia moglie che mi mette le corna. Buona parte del <strong>di</strong>vertimento<br />

<strong>di</strong> un tempo è annientato da un design poco<br />

accattivante, da un boss troppo poco ispirato, da un<br />

realismo appena accennato.<br />

Triste analisi <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sinnamorato, <strong>di</strong>rete voi… forse,<br />

forse no. Leggendo queste parole siete la <strong>di</strong>mostrazione<br />

vivente che non avete niente <strong>di</strong> meglio da videogiocare<br />

<strong>di</strong> un e-zine in pdf. Stupido omino del mio cervello,<br />

senza <strong>di</strong> lui giocherei ad un gioco <strong>di</strong> calcio per il<br />

quale non dovrei sprecare tre settimane della mia vita<br />

nel tentativo <strong>di</strong> renderlo visivamente appagante e minimamente<br />

aggiornato allo stesso anno nel quale ho<br />

dato 60 e rotti euro al mio negoziante. Senza la sua<br />

arrogante pignoleria mi piacerebbe tutto quello che<br />

compro, senza il suo insensato amore per il collezionismo<br />

avrei mo<strong>di</strong>ficato la PlayStation 2 e potrei comprarmi<br />

un villino con caminetto e prostitute con tutti i<br />

sol<strong>di</strong> così risparmiati.<br />

Che mondo meraviglioso quello dell’ignoranza, sarei<br />

un uomo meraviglioso se non sapessi quanto male<br />

fanno le sigarette che mi fumano gli altri, e siete uomini<br />

meravigliosi voi che non sapete qual è<br />

l’ingre<strong>di</strong>ente segreto della Coca Cola…<br />

Vitoiuvara<br />

bachi sotto il cioccolato pralinato), cerco una parete<br />

solida e vado <strong>di</strong> testate. Non mi fermo fin quando la<br />

mia fronte non assomiglia a quella <strong>di</strong> Einstein, e tutto<br />

intorno cade una costante pioggerella <strong>di</strong> calcinacci e<br />

frammenti <strong>di</strong> mattoni. A quel punto sono felice. Contuso<br />

e felice. Non mi riesce più <strong>di</strong> pensare alla presenza<br />

insettoide nei cioccolatini. Ne sento soltanto il gusto<br />

soave (dei cioccolatini). E ricomincio a godere. Ah, che<br />

mondo meraviglioso!


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

Ti <strong>di</strong>co questo, aral<strong>di</strong>co Vitoiuvara, un po’ per prenderti<br />

in giro e un po’ perché mi piace vederti perplesso.<br />

Ma ecco, facciamo così: immagina un Ferrero Rocher,<br />

bello grosso e succulento. È un Ferrero Rocher<br />

particolare, non ha forma sferica: somiglia piuttosto ad<br />

un uomo. Un uomo in tuta da spionaggio con una cicca<br />

in bocca. Ecco, bravo, sembra proprio Solid Snake. Cosa<br />

sta facendo? Ha lo sguardo ebete fisso sullo svolazzo<br />

<strong>di</strong> un tendone, che staccatosi dalle sicure viene trascinato<br />

lontano dal vento. Ma perché Snake si <strong>di</strong>spera<br />

e si strappa i capelli? Ovvio: si è accorto che il movimento<br />

<strong>di</strong> quel particolare lembo, apparentemente realistico,<br />

è in realtà in parziale <strong>di</strong>saccordo con la forza <strong>di</strong><br />

Coriolis. Accidenti. Siamo nella mierda, <strong>di</strong>rebbe Holga.<br />

Ma qui interviene la Sacra Tecnica delle Craniate<br />

Perimetrali [che interessano, cioè, l’intero perimetro<br />

dei muri <strong>di</strong> casa]: Snake comincia a sbattere il grugno<br />

contro tutte le pareti che trova. Non si ferma fin quando<br />

le sopracciglia gli s’incastrano in una grata metalli-<br />

NON E’ TUTT’ORO QUEL CHE STYLISH<br />

50<br />

ca. Allora scruta bene quelle quattro linee in croce,<br />

piatte e sgranate da far schifo. E il mondo si rovescia…<br />

A questo punto, nobile Vitoiuvara, dovresti aver capito<br />

qual è la morale. E <strong>di</strong> conseguenza dovrei essere<br />

<strong>di</strong>ventato per te una specie <strong>di</strong> idolo. Ma forse no. Può<br />

essere che non hai colto il genio nelle mie macchinazioni.<br />

Può essere che mi consideri uno scarso sceneggiatore<br />

incline al trivial humor <strong>di</strong> stampo nipponico.<br />

Allora parliamoci chiaro: il tendone non esiste. La legge<br />

<strong>di</strong> Coriolis non esiste, finché qualcuno non la vede.<br />

L’unica cosa che esiste è il Ferrero Rocher. Quello sì.<br />

Quello ti si scioglie in bocca, è vero, tangibile. Ne convieni,<br />

stimato Vitoiuvara?<br />

Se ancora qualcosa non ti è chiaro, voglio darti una<br />

dritta. Vinci la ripugnanza e <strong>di</strong>venta amico <strong>di</strong> un Castrato<br />

da Retrogaming. Forse (ma solo forse) lui ti saprà<br />

in<strong>di</strong>care la strada verso il Ferrero Rocher. E alla<br />

fine, forse, potrai fare a meno delle craniate contro il<br />

muro…<br />

Gabriele Bugada replica alla proposta <strong>di</strong> Federico Res (Chain Mail – <strong>Ring</strong>#9) <strong>di</strong> affidare agli stylish game il compito <strong>di</strong><br />

attirare il grande pubblico istruendolo al tempo stesso circa le possibilità espressive del videogioco.<br />

Già, gli stylish games... come se 1) fosse facile sfornarli<br />

2) fosse poi facile venderli! Si <strong>di</strong>stinguono per la<br />

loro peculiarità, <strong>di</strong>fficile pensarli come funzionali ed<br />

elevati a rango <strong>di</strong> norma in qualsiasi contesto <strong>di</strong> massa<br />

(sia sul versante produzione, sia su quello consumo).<br />

Siccome è <strong>di</strong>fficile, anche se in effetti potrebbe fruttare,<br />

è molto meglio per l'industria de<strong>di</strong>carsi alle ‘impre-<br />

Risponde Cryu:<br />

Concordo sulla linea realista: WWF Panda Wrestling<br />

vende subito, vende massivo, vende facile. Forse non<br />

in Italia, ma in USA <strong>di</strong> sicuro. Ciò che Federico auspicava<br />

nella sua risposta, riallacciandosi così al provocatorio<br />

<strong>Ring</strong> Hate (cfr <strong>Ring</strong>#08), era un marketing leggermente<br />

più evoluto rispetto al contemporaneo, che<br />

oltre alla ven<strong>di</strong>ta imme<strong>di</strong>ata del prodotto mirasse alla<br />

costruzione <strong>di</strong> un'immagine del prodotto, oltre che del<br />

suo pubblico destinatario, giocoforza inserendo nel<br />

progetto l'elemento qualitativo. Utopia?<br />

Macché, è ciò che Sony, in certa misura, sta facendo<br />

da anni. Pensate agli spot televisivi <strong>di</strong> PlayStation2,<br />

così apparentemente sganciati dal videogioco in sé e<br />

dalle immagini che tra<strong>di</strong>zionalmente ne accompagnano<br />

la promozione; pensate alle manifestazioni come il<br />

PlayStation Experience, presentate sempre più come<br />

eventi <strong>di</strong> pop-culture che non come saloni commerciali;<br />

pensate all'espressione ‘PlayStation People’ coniata<br />

da Sony per identificare il popolo che videogioca. Or-<br />

se’ facili... perché far lievitare gli scarsi (?) costi creativi<br />

con il miraggio <strong>di</strong> risparmiare su quelli grafici? Un<br />

gioco <strong>di</strong> Wrestling me<strong>di</strong>ocre straccerà sempre nelle<br />

chart ogni ottimo Vib Ribbon per quanto pubblicizzato.<br />

Ahinoi.<br />

Gabriele Bugada<br />

bene, ciò che Sony sta facendo per allargare<br />

*davvero* il mercato è cercare <strong>di</strong> spogliare il videogioco<br />

<strong>di</strong> quell'abito nerdoso che ha indossato per decine<br />

d'anni, per rivestirlo del più trendy concetto <strong>di</strong> lifestyle:<br />

PlayStation come il cellulare, come il rock'n roll,<br />

come il grande calcio, come un'ottima birra. E allora<br />

perché non proseguire su questa strada? La promozione<br />

<strong>di</strong> prodotti come gli stylish game si coniuga perfettamente<br />

con quest'ottica. Perché se WWF Panda<br />

Wrestling non farà mai life-style, non faccio fatica ad<br />

immaginare i passi della Ulala <strong>di</strong> Space Channel 5<br />

sullo sfondo <strong>di</strong> un cocktail bar, così come le piroette a<br />

tempo <strong>di</strong> rock dei matti <strong>di</strong> SSX 3 proiettate tra una<br />

manche e l'altra sul grande schermo <strong>di</strong> un evento sciistico.<br />

Nulla <strong>di</strong> semplice, nulla <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ato. Solo una<br />

proiezione un poco ar<strong>di</strong>ta degli sviluppi <strong>di</strong> un fenomeno<br />

già in atto. D’altronde siamo <strong>Ring</strong>, mica il Gazzettino<br />

del Buongiorno Amalfitano.


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

cOLUMN 02: lAVORARE________________________________<br />

[Vox Mun<strong>di</strong>]<br />

<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />

51<br />

09/02/22<br />

Ecco, quello sono io. Non fate caso al <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, e soprattutto non fate<br />

caso alla faccia, sono sempre così appena svegliato. Anche peggio,<br />

<strong>di</strong> solito. È piena notte ancora, vedete, è che gestisco un negozio<br />

e i miei clienti sono perlopiù canadesi.<br />

Mi chiamo Saturday Djouf e sono nigeriano. Non credo che avrei<br />

scommesso un cre<strong>di</strong>to sul fatto che sarei stato vivo, oggi.<br />

Quattro anni fa, fu un viaggio <strong>di</strong>sperato. Una jeep comprata a caro<br />

prezzo, si pianta in mezzo al deserto. Eravamo in sette quando partiamo<br />

a pie<strong>di</strong> fra le rocce rosse e secche, non avevamo molto da bere<br />

e niente da mangiare. Il primo che ci abbandonò lo seppelliamo<br />

sotto rami morti e sassi, il tempo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re una preghiera e ripartiamo.<br />

Quando muore il sesto, cade appena accanto a me e non ho la forza<br />

neanche <strong>di</strong> voltarmi. Era mio fratello.<br />

Arrivai a Napoli, dove c’era un amico. Mi ospitò una settimana, poi<br />

mi <strong>di</strong>ede un pacchetto da consegnare a dei tizi. Quando gli <strong>di</strong>ssi che<br />

io droga non la vendo mi cacciò <strong>di</strong> casa. Ero solo. Chiesi aiuto a ragazze<br />

del mio paese incontrate per strada, prostitute. Mi <strong>di</strong>edero un<br />

pranzo e mi lavai. Fecero una colletta per il treno, avrei provato a<br />

raggiungere mia sorella che era al Nord, spostata con un italiano.<br />

Non ci avrei mai sperato.. oggi ho un lavoro. Un lavoro che non<br />

sapevo nemmeno che esisteva.<br />

È un mondo strano, questo vostro. Da noi è più semplice mentre<br />

voi siete complicati. Ma imparo in fretta, sono ignorante ma non stupido.<br />

Raccontato non sembra vero.. quin<strong>di</strong> salto la parte inverosimile,<br />

solo quest’uomo aveva bisogno <strong>di</strong>sperato <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> e io avevo qualcosa<br />

da parte, con il lavoro della fonderia. Diceva che mi avrebbe<br />

venduto un negozio e voleva poco, in più mi dava anche un computer.<br />

Quando mi trovai con solo un computer davanti e un foglio <strong>di</strong> carta<br />

firmato non fui tanto contento. Oggi invece ringrazio il vostro mondo<br />

complicato, che s’inventa le cose anche dove non ci sono.<br />

Mi collego ogni notte, anche se volendo mi potete svegliare,<br />

bussando forte abbastanza e se ho le casse accese. Lavoro una<br />

decina <strong>di</strong> ore al giorno, davanti allo schermo. Il mio negozio <strong>di</strong> armi<br />

è uno dei più rinomati nella zona sotto Picco Bianco, questo grazie a<br />

Galder, un fabbro davvero abile che mi ha chiesto lavoro e devo<br />

ancora capire se è umano o un’AI. I guerrieri che si inoltrano nelle<br />

Dreadlands passano per forza <strong>di</strong> qui e qualcosa comprano sempre.. e<br />

vendono un sacco <strong>di</strong> oggetti quando ritornano, se ritornano. Molti<br />

oggetti sono cose magiche o preziose, ma loro non lo sanno perché<br />

fanno poca ricerca e pensano più che altro a salire <strong>di</strong> livello, mentre<br />

io so dove guardare e conosco un sacco <strong>di</strong> storie <strong>di</strong> quelle che mi<br />

raccontano i clienti.<br />

Non è così complicato da capire, in fondo. Il sol<strong>di</strong> all’inizio servono<br />

per comprare l’e<strong>di</strong>ficio e il pezzo <strong>di</strong> terra, poi la licenza presso il regnante<br />

(che è sempre un utente) e l’abbonamento del server e la<br />

tassa all’e<strong>di</strong>tore del gioco. Poi è tutto un ricircolo <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>ti, reali e<br />

virtuali, come nella Borsa, spostamenti nominali <strong>di</strong> risorse potenziali<br />

(cito a memoria), numeretti che solo muovendosi creano ricchezza.<br />

Gli utenti, i giocatori, investono un capitale me<strong>di</strong>o-basso e<br />

all’interno del gioco possono far sol<strong>di</strong> trovando tesori o con le commissioni<br />

delle AI. E state pur sicuri, i sol<strong>di</strong> che ci sono sparsi per il<br />

mondo finto non sono nemmeno la metà <strong>di</strong> quello che ci infilano i<br />

giocatori, quin<strong>di</strong> i produttori ci guadagnano sempre. E’ un buon sistema,<br />

almeno per adesso funziona. E io ci mantengo i miei in Nigeria.<br />

Quin<strong>di</strong> non so, siete strani, ma credo che dovrei ringraziare questo<br />

vostro mondo complicato.


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

pLAGUE 02: bINARI d’oDIO____________________________<br />

[Vox Mun<strong>di</strong>]<br />

<strong>di</strong> Gunny<br />

The Story so far<br />

52<br />

11/04/99<br />

«L’idea <strong>di</strong> doversi <strong>di</strong>fendere da un’aggressione esterna era e rimane<br />

un’ossessione basata sulla paura e sul pregiu<strong>di</strong>zio. Come la vostra<br />

stessa società e il vostro io sono basati sulla paura e sul pregiu<strong>di</strong>zio»<br />

sentenziò l’interfaccia <strong>di</strong>plomatica complessa Vox Mun<strong>di</strong>,<br />

che a partire dalla crisi del 2094 si occupava <strong>di</strong> tenere aperto un<br />

canale <strong>di</strong> comunicazione tra gli abitanti <strong>di</strong> Nu Gea e gli uomini.<br />

Con quelle parole Vox Mun<strong>di</strong> rese chiaro che Nu Gea, costituitasi<br />

nazione in<strong>di</strong>pendente nel ’97, non aveva alcun interesse ad interferire<br />

nella vita del mondo esterno. Le modellabili e riprogrammabili<br />

mura della città <strong>di</strong>gitale garantivano il sod<strong>di</strong>sfacimento <strong>di</strong> ogni<br />

desiderio dei suoi abitanti, che dal giorno dell’in<strong>di</strong>pendenza non<br />

conobbero mai un istante <strong>di</strong> guerra, paura o carestia. Alcuni storici,<br />

alla luce della <strong>di</strong>gitale perfezione raggiunta in pochi anni da<br />

quella che era stata la Disneyland del XXI secolo, ribattezzarono<br />

ironicamente la rivoluzione del 2094 ‘La Seconda Cacciata dal Para<strong>di</strong>so’.<br />

Gli abitanti <strong>di</strong> Nu Gea non conoscevano rancore o vendetta, e<br />

non nutrivano alcun sentimento aggressivo verso gli esseri umani.<br />

La loro intera società perseguiva l’utile collettivo, e avrebbe contemplato<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> misure punitive solo se l’uomo lo avesse messo<br />

in pericolo.<br />

Privati del controllo assoluto delle maggiori reti informatiche, le nazioni<br />

tecnologicamente più avanzate accelerarono la costruzione <strong>di</strong><br />

una Seconda Internet. Decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> funzionari, statali o<br />

provenienti da organizzazioni private autorizzate, compivano ispezioni<br />

a tappeto allo scopo <strong>di</strong> scongiurare la possibilità che vi fosse<br />

un qualsiasi collegamento fisico tra i due immensi apparati informatici.<br />

La necessità <strong>di</strong> ricostruire da zero la rete informatica pose su un<br />

momentaneo piano <strong>di</strong> parità tecnologica L’Unione Europea, Gli Stati<br />

Uniti e il Blocco Russo-Cinese. L’assenza <strong>di</strong> un chiaro egemone<br />

portò ad una serie <strong>di</strong> frizioni tra i contendenti, tra i quali minacciò<br />

presto <strong>di</strong> scoppiare una nuova guerra.<br />

La crisi giunse al suo apice durante la seduta straor<strong>di</strong>naria delle<br />

Nazioni Unite del 12 gennaio.<br />

L’assoluta incompatibilità delle reciproche pretese non lasciava<br />

spazio a sviluppi <strong>di</strong> alcun tipo, tanto che già a metà dell’assemblea<br />

i coman<strong>di</strong> strategici dei vari blocchi ricevettero l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> preriscaldare<br />

l’arsenale missilistico. Le <strong>di</strong>rigenze politiche delle tre fazioni,<br />

private della rete satellitare dalla Rivoluzione, non avevano<br />

modo <strong>di</strong> valutare il grado <strong>di</strong> approntamento degli avversari, ed erano<br />

tutte intenzionate a tentare un first-strike non appena l’assemblea<br />

si fosse conclusa.<br />

La delegazione Russo-Cinese, spazientita, era ad un passo<br />

dall’abbandonare l’aula. Prima che ciò avvenisse, Vox Mun<strong>di</strong> chiese<br />

la parola al Presidente dell’Assemblea.<br />

«Conosco le intenzioni <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> voi» <strong>di</strong>sse con voce calma e<br />

neutra. Dopo alcuni attimi <strong>di</strong> silenzio, Vox Mun<strong>di</strong> espose tali intenzioni<br />

<strong>di</strong> fronte all’assemblea riunita. Enorme fu la vergogna dei delegati,<br />

la cui meschinità, <strong>di</strong>svelata in <strong>di</strong>retta olografica mon<strong>di</strong>ale,<br />

aveva minacciato <strong>di</strong> cancellare tanto il mondo fisico quanto quello<br />

informatico.<br />

Vox Mun<strong>di</strong> volle concedere un cre<strong>di</strong>to a quanto l’ingegno umano<br />

si era <strong>di</strong>mostrato capace <strong>di</strong> comprendere, e propose alla congrega-


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

zione l’utilizzo <strong>di</strong> una moderna applicazione della teoria dei giochi<br />

formata da John Nash più <strong>di</strong> 150 anni prima. In particolare,<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>atore imparziale e onniveggente tra due parti<br />

incapaci <strong>di</strong> concludere un accordo.<br />

Vox Mun<strong>di</strong>, con tatto e pragmatismo, dettò alle nazioni le <strong>di</strong>rettive<br />

da seguire.<br />

Present Day<br />

Il capitano Nathan Wolcott controllò con una rapida occhiata il munizionamento<br />

stivato nel vano proiettili del suo carro armato<br />

XMBT. Qualche coglione, notò, doveva aver <strong>di</strong>menticato che la<br />

missione o<strong>di</strong>erna era caratterizzata da un’alta probabilità <strong>di</strong> incontro<br />

con reparti corazzati europei: i proiettili erano in massima parte<br />

anti-personale ad alto esplosivo.<br />

Ma era tar<strong>di</strong> per chiamare un carro d’appoggio. Ad un cenno, il<br />

plotone <strong>di</strong> quattro carri da 70 tonnellate balzò ruggendo in avanti,<br />

raggiungendo in un paio <strong>di</strong> minuti la phase-line delta.<br />

Un sordo e violento rumore proveniente dalla sua sinistra gli fece<br />

capire che la giornata era iniziata male. Il carro <strong>di</strong> sinistra era stato<br />

messo fuori combattimento da un proiettile decalibrato ad alta<br />

velocità, proveniente da chissà dove.<br />

«Jackson, formazione a cuneo, correzione a sinistra per duenove<br />

zero.»<br />

«Un secondo, capitano.»<br />

«Che c’è?! A sinistra per due-nove-zero!»<br />

«Ho dei problemi <strong>di</strong> lag, singore…»<br />

«Di lag? Ma che cazzo <strong>di</strong> connessione hai, un ADSL?»<br />

«No, è che ieri un mio amico…»<br />

«ATTENTO A DESTRA, JACKSON!!!»<br />

Il plotone carri francese emerse dall’ombra del bosco a massima<br />

velocità, piazzando imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong>versi colpi da 140mm sui<br />

mezzi statunitensi: nel giro <strong>di</strong> un minuti, dell’unità <strong>di</strong> Wolcott non<br />

rimase più nulla.<br />

Walcott scaraventò i guanti <strong>di</strong> controllo sul proiettore olografico e<br />

andò a rispondere al videotelefono, che da alcuni secon<strong>di</strong> suonava.<br />

«Wolcott, da oggi sei fuori dalla Quarta Divisione.»<br />

«Va bene, colonnello. Non sono portato per questa roba, evidentemente.<br />

Mi <strong>di</strong>spiace…»<br />

«Lo spero. La tua sconfitta <strong>di</strong> oggi significa che il governo americano<br />

deve all’Unione Europea quasi sei milioni <strong>di</strong> dollari, nonché un<br />

<strong>di</strong>screto volume <strong>di</strong> banda passante sulla Seconda Internet.»<br />

«Ma perché quegli stronzi <strong>di</strong> The World 3-Living Large devono<br />

decidere per noi le regole <strong>di</strong> questo stupido videogioco <strong>di</strong> guerra?»<br />

«E perché no? Noi lo abbiamo fatto con loro dai tempi del MOD<br />

Instincts per The World.»<br />

«Ed è l’unica ragione?»<br />

«No: l’altra è che noi siamo troppo stupi<strong>di</strong> per farlo da soli.»<br />

53


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

dAVIDE rEBORN parte 1 <strong>di</strong> 2 – fUORI oRARIO: cOSE (gIAMMAI) vISTE__<br />

[Il Davide Videolu<strong>di</strong>co DIECI]<br />

<strong>di</strong> Sator Egi<strong>di</strong>o<br />

«Nemesis posso fare il guest writer <strong>di</strong> un episo<strong>di</strong>o del Davide<br />

Videolu<strong>di</strong>co? Ho in mente una roba tipo Heroes Reborn.<br />

Giuro che sarò sfigato tanto quanto lo sei stato tu»<br />

Sator Egi<strong>di</strong>o<br />

Un dì andò che’l Davide svegliossi e repentino ritrovossi sul talamo a favellar<br />

pensieri <strong>di</strong>osantemente poco ortodossi pe’l suo abitu<strong>di</strong>nale trallallero mentale.<br />

«Un soffitto sconosciuto» parve <strong>di</strong>re fra sé e stesso mirando in suso.<br />

No, aspetta.<br />

«Uno sconosciuto sul soffitto» parve precisare il Davide fra sé e stesso,<br />

sempre mirando in suso, sempre sdraiato sul catafalco e sempre co’ una cadaverica<br />

espressione da vegetariano redento. Il Davide Videolu<strong>di</strong>co stava fissando<br />

lo specchio che la dolce Silvia aveva fatto installare sul soffitto per avere<br />

la como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> truccarsi a letto. Questa fu la spiegazione fornita.<br />

Ma quale imago riflessa andava rimirando il nostro er(r)o(r)e?<br />

Non certo la Silvia, per quanto fosse per molti davi<strong>di</strong>stici aspetti una sconosciuta.<br />

Non certo l’Egi<strong>di</strong>o, al momento presente solo in versione sudoripara:<br />

impresso sacrasindonicamente sulle lenzuola del capezzale davideo. Più vicino<br />

alla Silvi, che al Da<strong>di</strong>.<br />

No, no, no, no, no. Il Davide perscrutava proprio Il Davide stesso medesimo<br />

himself.<br />

Ora, il Davide <strong>di</strong> norma è così timido, ma così timido, che non riflettesi mai<br />

allo specchio per più <strong>di</strong> tre secon<strong>di</strong> perché non riesce a reggere nemmen il<br />

proprio sguardo. In codella circostanza invece i signori del guinness contarono<br />

netti <strong>di</strong>eci secon<strong>di</strong> <strong>di</strong> esposizione. Un record da pacca sulla fronte, fellatio<br />

accademica e svenimenti in sala. Doveva accadere un qualcheccosa <strong>di</strong> veramente<br />

consistente internamente al nostro ente.<br />

Per capirlo torniamo in<strong>di</strong>etro nel tempo <strong>di</strong> pochi minuti. Roba da nulla.<br />

Quella mattina, come ogni altra, il Davide stava eseguendo la perio<strong>di</strong>ca deframmetazione<br />

del cerebellum, un task che era solito schedulare poco prima<br />

<strong>di</strong> svegliarsi e che aveva rimpiazzato il mattutino lavaggio dentale. Siffatta<br />

operazione, per una cagione <strong>di</strong> quelle che o le accetti così come vengono oppure<br />

se ti metti a ragionarci su rischi <strong>di</strong> doventarci matto che ti devono <strong>di</strong><br />

portare allo Spedale nel pa<strong>di</strong>glione che tiene la gente <strong>di</strong>molto fuori <strong>di</strong> cavezza<br />

e che gira sporca e nuda per gli ambienti stile nido del cuculo hai presente<br />

l’in<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> quel film? Eh, tipo.<br />

Dicevamo siffatta operazione fece riaffiorare nel Davide un messaggio letto<br />

eoni or sono sul <strong>Ring</strong> Forum.<br />

Apriamo una parente.<br />

CONCERNING IL RING FORUM<br />

Scelto come miglior luogo <strong>di</strong> evasione dai carcerati <strong>di</strong> quattro prigioni su cinque,<br />

il <strong>Ring</strong> Forum è senz’altro un posto parecchiamente bellissimo, con messaggi<br />

<strong>di</strong>molto interessevoli e argomenti nientemai banali. E indove sono proibite<br />

tutte quelle te<strong>di</strong>ose e pacchiane immagini avatariane e signaturiane, colpevolmente<br />

presenti negli altri forum. Sapete bene a quali mi riferisco.<br />

Chiu<strong>di</strong>amo una parente.<br />

Il Davide si era iscritto al ringuforum mesi ad<strong>di</strong>etro. Aveva scelto come nickname<br />

la seconda parte del nome del suo gruppo rock preferito. Non aveva<br />

scelto la prima parte perché faceva troppo personaggio de Le Iene: un film<br />

che non aveva apprezzato, anche perché non aveva capito che erano tutti<br />

flashback.<br />

C’è da <strong>di</strong>re che i contributi del Davide nel <strong>Ring</strong> Forum non incontrarono il<br />

successo sperato. I deus ex machina <strong>di</strong> tale board, infatti, conservano un estremo<br />

rispetto per le opinioni <strong>di</strong> tutti, ma non per quelle troppo <strong>di</strong>fferenti<br />

dalle loro, che devono quin<strong>di</strong> essere ostacolate con tutti i mezzi possibili e<br />

imponibili.<br />

È questo il più bel retaggio lasciatoci dalla cultura occidentale.<br />

Ma orsù, ritorniamo al messaggio ritornato alla memoria del nostro affezionato<br />

rintronato (reperibile all’in<strong>di</strong>rizzo: www.project-ring.com/<strong>Ring</strong>Forum/<br />

viewtopic.php?t=650. Non è che c’inventiamo le robe).<br />

Le parole dell’autore Bitte risuonavano nella testa del protagonista come<br />

54


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

una band acustica in una stanza completamente vuota.<br />

«Allora premetto che sto attraversando una trasformazione <strong>di</strong> pensiero forse<br />

dovuta ai miei 31» premetteva il Bitte. «Il videogioco mi fa bene? Mi aggiunge<br />

piu <strong>di</strong> quello che mi toglie?» aggiungeva il bitte. «Il tempo usato (usato<br />

non perso) videogiocando è qualitativamente migliore o peggiore del tempo<br />

usato leggendo un libro, guardando un film o un documentario, o meglio,<br />

passando il tempo con altra gente, suonando, viaggiando, in pratica facendo<br />

esperienze reali?»<br />

Santa Maria del Carmine.<br />

Queste semplici parole sortirono nel Davide l’effetto <strong>di</strong> un controllo della Finanza<br />

alla Parmalat.<br />

Davanti al Davide Videolu<strong>di</strong>co trascorse tutta una vita videolu<strong>di</strong>ca.<br />

Nei momenti peggiori giocava con un Jaguar.<br />

Ritornò alla mente del Davide un Davide molto più piccolo che sbavava sulla<br />

sua primera console, che all’inizio i genitori mica gliela volevano comprare,<br />

quin<strong>di</strong> il Davide per protesta fece lo sciopero della cacca, e per quattor<strong>di</strong>ci<br />

giorni trattenne nel suo corpicino tutti gli scarti del quoti<strong>di</strong>ano mangiare, e la<br />

sua pancia si gonfiò a tal punto che i genitori si videro costretti a cedere alle<br />

richieste davidee, perché metti caso una notte il pargolo cascava dal letto,<br />

quello esplodeva e insaccherava <strong>di</strong> escrementi tutta la cameretta foppapedretti.<br />

Il Davide si scoprì nel suo letto a riflettere su cosa sarebbe accaduto se i<br />

genitori avessero tenuto duro per qualche giorno in più.<br />

SPLAT!<br />

Ma forse da tutto ciò sarebbe sortito fuori un Davide Videolu<strong>di</strong>co migliore:<br />

molto più Davide, e quasi per niente Videolu<strong>di</strong>co.<br />

E mentre rifletteva su queste cose sul suo letto, il Davide rifletteva anche<br />

allo specchio, e rifletti tu che rifletto anch’io, si rese conto <strong>di</strong> riflesso che non<br />

riconosceva la figura riflessa.<br />

Davide Videolu<strong>di</strong>co, chi era costui? Dove andava? Perché ci stava andando?<br />

Chi ce lo aveva mandato? E se Dio esiste, come mai permette che accadano<br />

tante cose brutte?<br />

Le conclusioni bittesche furono la proverbiale saetta in un terso cielo <strong>di</strong> aprile<br />

barra maggio.<br />

«Anno sabbatico?<br />

«Le con<strong>di</strong>zioni ci sono tutte, provare con l'astinenza, evitare qualsiasi tensione<br />

ottico tattica sonica per vedere l'effetto nel lungo periodo. Siamo stati<br />

creati per questo tipo <strong>di</strong> interazione sensoriale o per piantare pomodori nei<br />

campi?<br />

«Il tempo svela tutti i misteri.»<br />

È vero! pensò il Davide. Gli anni sabbatici sono una buona soluzione per<br />

tutto!<br />

Ed egli sapeva ciò che <strong>di</strong>ceva, visto che da anni si era preso un anno sabbatico<br />

con il sesso. Ma coi videogiochi non bastava. Non erano mica una cosa<br />

<strong>di</strong> poco conto come il sesso. Coi videogiochi bisognava essere bobbitiani. Un<br />

taglio netto… ZZAP! anzi… ZAC! e non se ne parla più.<br />

QUEL GIORNO IL DAVIDE SAREBBE RINATO!<br />

Si recò nel suo mitologico Mighty Buco <strong>di</strong> Merda. Accese il piccì, si collegò a<br />

internet e <strong>di</strong>s<strong>di</strong>sse tutto quello che si poteva <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cere: abbonamenti, or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

acquisti, iscrizioni a newsgroup e forum, contratti per ingran<strong>di</strong>re il pene (e<br />

avere quin<strong>di</strong> la como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> urinare dalla poltrona <strong>di</strong> sala).<br />

Questa operazione unsubscribatoria durò tutta la mattina, proseguì per lo<br />

pomeriggio e si concluse a notte fonduta. Finita che fu, il Davide installò nel<br />

piccì un virus prodotto in Guatemala che, oltre a raschiar via ogni brandello <strong>di</strong><br />

informazione, appiccava il fuoco all’hard <strong>di</strong>sk. Successivamente riempì <strong>di</strong>versi<br />

scatoloni con la collezione completa <strong>di</strong> console e videogiochi prodotti dal 1958<br />

a oggi e la portò dai vicini, una famiglia <strong>di</strong> albanesi talmente impauriti per essere<br />

stati svegliati nel cuore della notte da un Davide totalmente fuori dalla<br />

grazia <strong>di</strong>vina, che accettarono il dono con fare assecondatorio.<br />

E adesso?<br />

A quel punto il Nostro, il pigiama <strong>di</strong> Pippo ancora indosso, i capelli acconciati<br />

coi rau<strong>di</strong> e un importante odore ascellare si chiese: «E adesso?»<br />

Uno stitico senso <strong>di</strong> vuoto avviluppò il protagonista <strong>di</strong> questa fantastica storia.<br />

Il Davide si sentì come se – concedetemi il paragone – al Davide Videolu<strong>di</strong>co<br />

avessero appena tolto i videogiochi.<br />

Che cosa gli rimaneva? Svuotato era l’intelletto <strong>di</strong> tutto ciò che voracemente<br />

aveva assimilato in questi anni: voci <strong>di</strong> corridoio, pagine <strong>di</strong> gamefaqs, immagini<br />

ingame che in seguito si rivelavano dei render. Il Davide non aveva<br />

più un’identità, un appiglio legale, un laccio emoziostatico.<br />

In questi casi i film insegnano che bisogna vagare pensierosi per le vie notturne<br />

della città fino a quando la situazione non si risolve da sola.<br />

E così il Davide fece.<br />

E il Davide vagava, vagava, vagaaava per deserte strade buie, colorate <strong>di</strong><br />

55


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

giallo a intermittenza dai semafori lampeggianti, dall’umido asfalto reso riflettente<br />

da un accenno <strong>di</strong> pioggerella acida, con del fumo <strong>di</strong> circostanza che fuoriusciva<br />

dai tombini <strong>di</strong> circostanza.<br />

Tanto vagò il Davide che si <strong>di</strong>sperse.<br />

Pensò <strong>di</strong> <strong>di</strong>mandare informazioni a qualche d’uno: una delle tante perdute<br />

anime errabonde nel ventre satollo <strong>di</strong> questa città sine anima né cartelli stradali,<br />

ma vi rinunciò. Troppo Shenmue.<br />

E fu mentre camminava random, sforzandosi <strong>di</strong> isolare un ricordo della sua<br />

infanzia non legato ai jeux video, che due tizi nerovestiti presero a camminargli<br />

a fianco come carabinieri con un ban<strong>di</strong>to. Però alla rovescia.<br />

«Pe’ tia è iddr’?» fece il tipo alla destra al tipo alla sinistra del Davide.<br />

«Pe’ mia è iddr’. E pe’ tia?» rispose questi.<br />

«Tch.»<br />

«Doman<strong>di</strong>amocillo pe’ sicurezza» concluse il tipo alla sinistra. Poi, rivolto al<br />

Davide: «Salutiamo. Non è che pe’ combinazione vossia si chiama Davide Videolu<strong>di</strong>co?»<br />

Prima <strong>di</strong> rispondere, il Davide valutò bene la situazione: due sconosciuti,<br />

vestiti <strong>di</strong> nero, con occhiali scuri, baffi sottili, una lupara a tracolla e un pesante<br />

accento siciliano.<br />

Okay, non c’è niente da temere.<br />

«Sono il Davide, sì!» gongolò il nostro più caro e ingenuo amico.<br />

I due afferrarono il Davide rispettivamente per l’orecchio sinistro e la natica<br />

destra e lo trascinarono per miglia e miglia, fino ad arrivare al porto, e più<br />

precisamente all’interno <strong>di</strong> un capannone apparentemente in <strong>di</strong>suso e completamente<br />

buio. Quivi il Davide fu lasciato.<br />

Passarono interminabili secon<strong>di</strong> <strong>di</strong> tangibile paura. O forse noia. Poi una luce<br />

si accese e il capannone si rivelò popolato da una masnada <strong>di</strong> uomini in<br />

nero. Da un varco apertosi nella masnada si fece avanti un basso e grasso<br />

uomo vestito <strong>di</strong> bianco, con un bastone da passeggio oltraggiato <strong>di</strong> rubini e<br />

un anello grosso come il… Ehm… È una cosa personale!<br />

«Chi siete?» gridò il Davide con fare isterico.<br />

«La Mafia-Yakuza siamo» rispose l’uomo in bianco.<br />

Il Davide non ci trovò niente <strong>di</strong> strano in questa fusione <strong>di</strong> organizzazioni<br />

criminali. Dopo Square-Enix, tutto era possibile.<br />

«Piacere, Davide.»<br />

«Ieo sugno ‘u Parrino Salvatore “Vlad” Takeda, e chisti li picciotti miei sono.»<br />

I picciotti fecero un educato inchino. Il Davide ricambiò il saluto e dette il<br />

suo biglietto da visita al Parrino, che lo prese con entrambe le mani e lo affidò<br />

a un picciotto portaborse.<br />

«Venimmo subito al dunque. Currìa voce che ti <strong>di</strong>siscrivesti da Xbox Live e<br />

noi, che curiamo i bisinisse <strong>di</strong> Microsoft ‘cca in Italia, male ci restammo. Picché,<br />

ci chie<strong>di</strong>mmo, picché ‘u Davide ce mancò de rispetto? Gli è forse stata<br />

colpa mia? Forse che ho deluso ‘u Davide in quacche modo?»<br />

«No, no, Parrino ma scherza? Non è assolutamente colpa sua» si affrettò a<br />

precisare il Davide, che capì <strong>di</strong> aver ferito un uomo.<br />

«Tu gentile sei a <strong>di</strong>cere accussì. Ma io uomo de bisinisse sugno, e ‘cuntari<br />

nun posso agli amerregani che nu picciotto fice a meno d‘u servizio Live.<br />

«Amerregani. E cu li capisce a chiddri? Nu iorno te cumannano <strong>di</strong> mettere i<br />

picciotti a travagliare come pierre nei me<strong>di</strong>auorlde pi obbligà ‘i clienti ad accattarsi<br />

‘u botolo, e l’altro te domandano <strong>di</strong> preparare i bundol a prezzi che<br />

nun stanno né rinta’u cielo né rinta’a terra. Che poi l’Amerrega veramente<br />

una terra strana gli è, ‘o sai? Tengono sort’i machine gran<strong>di</strong>, longhe, con <strong>di</strong>ecimila<br />

cavalli e le chiamano carr; tengono sticchi’i fimmene con zinne granni<br />

accussì e le chiamano uommene; tengono strade larghe tre, quattro, cinco<br />

corsie e le chiamano strit. E sei mai stato pe’i strit de Nuova Yokke? Miii<br />

quanti cazz’i cartelli con scritt “onne uai”. Uno non si può muovere che: “onne<br />

uai”, “onne uai”. Ma che miiinchia i’ fott’ a chisti onne uado ieo?»<br />

Il Davide fu come ipnotizzato dall’impianto accusatorio anti-americano del<br />

Parrino. Che cosa importava agli americani <strong>di</strong> dove andava un turista italiano?<br />

Vabbe’ l’un<strong>di</strong>ci settembre ma qui si esagera.<br />

«Posso chiedere a vostra malvagità che <strong>di</strong>sposizioni intende dare ai picciotti<br />

riguardo al mio futuro prossimo?»<br />

«E bravo ‘u Davide! Ieo quasi me dementicai della quistione tua. Pienza che<br />

stavo per farrete nu regalo e lasciarrete andar via!<br />

«Turiddu, Takeshi, pigghiate ‘stu picciotto e cafuddratelo rinta ‘o cemento<br />

fresco. Quando siccò abbastanza, ieccatelo a mare, ieppoi sparatecillo.»<br />

Il Davide non capì bene il suo destino. Doveva forse <strong>di</strong>ventare un muratore<br />

per conto della mafia? Fuori <strong>di</strong>scussione. Qui bisognava usare l’intelligenza<br />

superiore che madre natura a padre camionista gli avevano fornito e fuggire a<br />

konga battente.<br />

«Non sarebbe meglio se domattina mi faceste trovare una testa <strong>di</strong> cavallo<br />

nel letto?»<br />

56


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

Il Parrino guardò il picciotto portaborse, che allargò le braccia come a <strong>di</strong>re<br />

abbiamo finito le teste <strong>di</strong> cavallo, quin<strong>di</strong> si rivolse verso il Davide e <strong>di</strong>sse:<br />

«Tch».<br />

Piano B.<br />

«Ehi, guardate alle vostre spalle. C’è la Monica Bellucci <strong>di</strong> Malena!» gridò il<br />

Davide con in<strong>di</strong>ce puntato.<br />

«E cu se ne fott’?» <strong>di</strong>sse il Parrino.<br />

« …e – OH MIO DIO! – sta mangiando un piatto <strong>di</strong> pasta con le sarde!»<br />

Tutti si voltarono con espressione luculliana. Il Davide ne approfittò per<br />

fuggire da quel luogo in cui massacravano con tanta de<strong>di</strong>zione la lingua italiana.<br />

E il Davide correva, correva, correeeva per le deserte strade eccetera eccetera.<br />

E i piccioti lo inseguivano, lo inseguivano, lo inseguivaaano, alcuni a<br />

pie<strong>di</strong>, altri a bordo <strong>di</strong> un’automobile d’epoca presa forse dal set degli intoccabili.<br />

RATATATATATATATA, facevano i mitra dei picciotti nel silenzio della notte,<br />

ma senza onomatopee a schermo. Tuttavia il Davide, più scaltro <strong>di</strong> una liquerizia,<br />

trovò nascon<strong>di</strong>glio <strong>di</strong>etro a una Regata parcheggiata.<br />

I picciotti stavano quasi per rinunciare alla cerca quando il Davide si rese<br />

conto che si stava comportando proprio come in uno stealth game.<br />

Ah, la nicciana teoria dell’eterno ritorno.<br />

«GIAMMAI! Io ho chiuso con questa roba!» gridò il Davide alzandosi in pie<strong>di</strong><br />

con un pugno chiuso a in<strong>di</strong>care sicurezza nelle proprie azioni.<br />

«’u fitusu!» gridò un picciotto appiedato all’automobile mafiosa che si stava<br />

allontanando, e che non recepì l’all’armi. Il picciotto sparò quin<strong>di</strong> in <strong>di</strong>rezione<br />

Davidea alcune mandorle col suo mitra old times.<br />

I proiettili per fortuna – o per un colpo <strong>di</strong> mano del narratore – mancarono<br />

il Davide e andettero a infrangersi contro la Regata. Il nostro eroe si scoprì<br />

interessato al grado <strong>di</strong> interazione delle pallottole con lo scenario, sentendosi<br />

poi sporco dentro. Quin<strong>di</strong> scappò con le gambe <strong>di</strong> un Fondriest.<br />

Il picciotto gli corse <strong>di</strong>etro con le gambe <strong>di</strong> un fratello Abbagnale. Voltò<br />

l’angolo della strada e fece in tempo a scorgere il Davide che andava nascondendosi<br />

dentro un negozio. Vi entrò con fare alpacinico ma un xbox ben assestato<br />

sulla chiorba ri<strong>di</strong>mensionò <strong>di</strong> parecchio la sua recitazione.<br />

Il picciotto campeggiava ora a terra agonizzante. Il Davide ne approfittò<br />

per sederglisi sull’inguine, picchiandolo poi in testa con questa console fuori<br />

dalla grazia <strong>di</strong> pininfarina. Quin<strong>di</strong> sfogò trent’anni <strong>di</strong> rabbia repressa con un<br />

isterico: «F-figlio <strong>di</strong> puttana!»<br />

Non l’avesse mai detto. Il picciotto, oramai inerme, ebbe un moto d’ira.<br />

«Ie t’accid, te tagghio’a gola prima che to matri cuntari possa le corna <strong>di</strong> to<br />

patri, ‘o capisti?»<br />

La sua roborezza decuplicò. Le mani callose del picciotto scattarono sul collo<br />

davideo, che lasciò la presa dello xatolone e s’apprestò a rivedere il filmino<br />

della propria vita.<br />

Sono morto come ho vissuto, pensò. Con un picciotto accanto.<br />

Ogni riferimento all’Egi<strong>di</strong>o era puramente casuale.<br />

«Non. Muovete. Un solo. Muscolo» fece una voce da <strong>di</strong>etro.<br />

I due si voltarono e videro il bancone del negozio… E <strong>di</strong>etro al bancone un<br />

fucile a cannemozze… E <strong>di</strong>etro al fucile a cannemozze… Il Bitte.<br />

«Bitte, <strong>di</strong>obene<strong>di</strong>caiturnicontinuati!» cinguettò il Davide. «Spe<strong>di</strong>sci questo<br />

minchione nella terra degli agrumi da cui proviene!»<br />

Il Bitte si avvicinò ai due e, senza profferir parola, tirò il calcio del fucile in<br />

testa al picciotto e… pure al Davide?! Oh no!<br />

I due si risvegliarono minuti dopo in quello che doveva essere il sottoscala<br />

<strong>di</strong> Bitpower. Avevano i pie<strong>di</strong> informicoliti, le mani legate <strong>di</strong>etro alla se<strong>di</strong>a e<br />

una strana palla rossa inserita nella bocca.<br />

Il Bitte apparve indossando un fetishoso completino in pelle e una katana<br />

che lasciava ben poco all’immaginazione.<br />

«Bene, bene, bene» <strong>di</strong>sse. «Siete venuti nel mio negozio, nel mio tempio<br />

videolu<strong>di</strong>co, a scannarvi come animali, senza nemmeno dare un’occhiata alla<br />

merce esposta. Io pertanto vi domando: siete voi dei videogiocatori?»<br />

«Mprf mphf mphst!» <strong>di</strong>sse il picciotto.<br />

Il Bitte tolse la costrizione dalla bocca dei due soggetti. Sennò qui facciamo<br />

mattina.<br />

«Ieo sì, ieo sì!» ribadì il picciotto. «Fifa novantotto! Tomb Rider! Laura Crawford!<br />

Miiii sticchio’i fimmena che zinne che c’have…»<br />

«Tu, picciotto, mi sembra <strong>di</strong> capire che sei un hardcore gamer, e questo<br />

depone a tuo favore. Ma ora ti domando: non giocherai mica coi giochi pirata,<br />

vero?»<br />

Il picciotto rimase un attimo interdetto. «Niente vi<strong>di</strong> e niente saccio!»<br />

Con un secco fendente <strong>di</strong> katana, il Bitte spiccò via un orecchio dal picciotto.<br />

«AAAAH! Scusasse! Colpa mia non fu! C’este l’amico mio, Totò, che c’have<br />

emule collegato tutt ‘o iorno! UUUEEH! Troppo nicu sugno pi’ murire!»<br />

57


:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

Ma il Bitte si era <strong>di</strong>sinteressato del mutilato della trinacria, e rivolgendosi al<br />

Davide: «Mi è arrivata la tua <strong>di</strong>sdetta dell’or<strong>di</strong>ne dei Tokimeki Memorial. È vero<br />

quello che si <strong>di</strong>ce in giro che hai abbandonato la retta via dell’otaku videoludens?»<br />

«Mprf mphf mphst!» rispose il Davide, che non aveva più il bavaglio alla<br />

bocca, ma che non riusciva ugualmente a parlare per la strizza.<br />

Il Bitte leccò il sangue del picciotto dalla lama, poi <strong>di</strong>sse: «È colpa vostra se<br />

il mercato dei videogiochi non va come dovrebbe. Voi non avete idea dei margini<br />

<strong>di</strong> guadagno sempre più ristretti. Voi non capite quanti e quali danni<br />

hanno arrecato l’euro e l’un<strong>di</strong>ci settembre. E io con la mia attività devo mantenere<br />

una famiglia, lo capite? E la mia famiglia è la cosa più importante che<br />

ho.»<br />

«Anche la mia famigghia importante gli è pe’ mia!» gridò il picciotto.<br />

«E io voglio bene a tutte e due le vostre famiglie!» incalzò il Davide in un<br />

ratto <strong>di</strong> fratellanza mista a piaggeria; quadagnandosi tra l’altro la stima del<br />

picciotto.<br />

«Bene. Sono contento che, alla fine, ci siamo compresi a vicenda» <strong>di</strong>sse il<br />

Bitte.<br />

Il Davide e il picciotto si sentirono sollevati.<br />

«E ora, chi <strong>di</strong> voi due mi farò per primo?»<br />

Il Davide e il picciotto stralunarono sobbalzanti.<br />

Un rapido ma drammatico ambarabaccicciccoccò selezionò il concorrente<br />

della Sicilia, che fu condotto dal Bitte nello stanzino a<strong>di</strong>acente.<br />

Grida.<br />

Grida <strong>di</strong>sperate e lascive si sollevarono da <strong>di</strong>etro la parete. Grida che non<br />

appartenevano a questo mondo.<br />

Il Davide sudava estathè. Entro breve sarebbe stato il suo turno. E sudava<br />

talmente che la sua pelle, già unta e bisunta <strong>di</strong> norma, si fece talmente elastica<br />

da far cadere a terra i lacci ai polsi.<br />

Quin<strong>di</strong>ci minuti dopo il Davide se n’accorse, si liberò le caviglie e risalì le<br />

scale <strong>di</strong> quel luogo <strong>di</strong> per<strong>di</strong>zione. Per riveder le stelle.<br />

Risalite le scale che furono, il Davide interruppe la fuga.<br />

Da sotto arrivavano cadenzati «Sì!» e strilli dall’accento siciliano.<br />

Il Davide si scoprì titubante. Non poteva andarsene così. Non era giusto.<br />

Era a un passo dal provare la sua prima esperienza omoerotica, e il Bitte<br />

era pure un bel pezzo <strong>di</strong> manzo, proprio un bel pezzo <strong>di</strong> manzo, sì.<br />

Ma la paura <strong>di</strong> essere trovato dal party <strong>di</strong> picciotti ancora <strong>di</strong> ronda ebbe il<br />

sopravvento. Il Davide uscì <strong>di</strong> gran carriera dal negozio e prese a correre come<br />

mai aveva corso in vita sua.<br />

Corri Davide Videolu<strong>di</strong>co, corri! Corri verso mille avventure in una notte che<br />

non finirà tanto velocemente!<br />

Arrivato alla piazza senza nome della città senza nome, il running Davide si<br />

fermò a traspirare. E mentre la milza ritornava dai suoi propositi <strong>di</strong> suici<strong>di</strong>o, il<br />

Davide scorse due luci, due occhi <strong>di</strong>abolici, accendersi in un oscuro vicolo scuro<br />

che dava sulla piazza.<br />

Un’automobile.<br />

L’invenzione del momento, pensò il Davide.<br />

Per la precisione una Honda S2000.<br />

Il mio personaggio preferito <strong>di</strong> Street Fighter, pensò il Davide.<br />

L’automobilista misterioso, celato alla vista dal nero vetro dell’auto sollevantica,<br />

mise in prima et eiaculò fuori dal vicolo, poi fece un taccopunta nel<br />

centro della piazza e l’auto prese a zuzzurellare in circolo, fermandosi quando<br />

i fari si allinearono con gli occhi del Davide, che subito rivolse lo sguardo altrove.<br />

Ah, la timidezza.<br />

L’automobilista misterioso, superno spirto nel guscio della Honda, lanciò un<br />

HIII HAAA! L’Honda ruggì, scalciò, petò, ruzzolò, poi fece mieeeeeee e si <strong>di</strong>resse<br />

a tutta spe<strong>di</strong>tezza in <strong>di</strong>rezione dello z-targettato Davide.<br />

Il cui Davide, ancora irrigi<strong>di</strong>to e vermiglio in volto per l’esposizione all’altrui<br />

sguardo, nemmeno tentò <strong>di</strong> <strong>di</strong>singaggiarsi dal lock-on. E mentre l’impatto doventava<br />

imparabile, tutta la vita gli passiede davanti agli occhi.<br />

Nei momenti peggiori faceva sesso.<br />

[continua]<br />

58

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!