Ring 010 - Parliamo di Videogiochi
Ring 010 - Parliamo di Videogiochi
Ring 010 - Parliamo di Videogiochi
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
pROJECTrING __________________________________ n10<br />
3MOTION 3NGINES fEBBRAIO2004<br />
::sOMMARIO::<br />
sPECIALE<br />
Brum Brum .03<br />
rUBRICHE<br />
pEOPLE 0<br />
Sid Meier .41<br />
mE nINTENDO<br />
Censura .42<br />
iVORY tOWER<br />
Linguaggio Comune<br />
iL nEGOZIATORE<br />
Carne da Marcello<br />
aRENA<br />
Handheld Gaming<br />
cHAIN mAIL<br />
#2 Return .59<br />
vOX mUNDI<br />
Column 02: Lavorare .62<br />
Plague 01: Binari .63<br />
iL dAVIDE<br />
Davide Reborn (1 <strong>di</strong> 2) .64<br />
fRAMES .00<br />
Due cuori e una console .03<br />
I giochi usati .06<br />
Mitrovich .07<br />
iNDEPTH .00<br />
Manhunt .09<br />
Civilization<br />
rECENSIONI .00<br />
Drag-on Dragoon .13<br />
Mario & Luigi: SS .15<br />
Call of Duty .17<br />
In Memoriam .20<br />
Wario Ware .23<br />
Ludologica: The Sims .25<br />
Amplitude .27<br />
Best issue ever?<br />
Molto probabilmente<br />
sì. Ed il bello è<br />
che <strong>Ring</strong> non ha<br />
bisogno <strong>di</strong> mostrare<br />
donnine nude<br />
per guadagnarsi<br />
l’eccellenza. Non è<br />
mica Panorama,<br />
<strong>Ring</strong>. Questo mese nuove rubriche<br />
e nuove collaborazioni fioccano. Se<br />
poi volete leggere il miglior speciale<br />
sui racing games mai scritto, voltate<br />
pagina. Ma prima vi consigliamo <strong>di</strong><br />
salvare.<br />
<strong>Ring</strong> è...<br />
Copertina:<br />
Valentina Romagnoli<br />
Redazione:<br />
Marco "Il Pupazzo Gnawd" Barbero,<br />
Gianluca "Sator Arepo" Belvisi,<br />
Cristiano "Cryu" Bonora,<br />
Emanuele "Emalord" Bresciani,<br />
Tommaso "Gatsu" De Benetti,<br />
Nemesis Divina,<br />
Cristiano "Amano76" Ghigi,<br />
Paolo “Jumpman” Ruffino<br />
Federico Res,<br />
Giacomo "Gunny" Talamini.<br />
Hanno collaborato:<br />
Matteo Bittanti<br />
Davide "DarknessHeir" Bolzoni<br />
Stefano “Teokrazia” Brocchieri<br />
Marcello Cangialosi<br />
Contatti:<br />
posta@project-ring.com<br />
3MOTION 3NGINES____________________________<br />
[Cover Story]<br />
“Ognuno per la sua strada” o, per i pessimisti, “si salvi chi può”.<br />
Sembrano questi i leit motiv <strong>di</strong> un ambiente impazzito, impazzito<br />
sia nelle alte sfere (<strong>di</strong> quelli che contano) sia nei bassifon<strong>di</strong>, fra gli<br />
utenti finali (quelli che contano per davvero). E qui è tutto un<br />
trambusto, gente che spinge e si accalca, sbraita e urla agitando i<br />
pugni serrati nell’aria, gridando invettive e <strong>di</strong>grignando i denti.<br />
Se è <strong>di</strong>fficile, oltre che impopolare, pronosticare un prossimo<br />
crash del mercato, è altrettanto complesso in<strong>di</strong>viduare una <strong>di</strong>rezione<br />
limpida del contesto videolu<strong>di</strong>co, verso la quale il mercato possa<br />
muoversi per trovare nuovi spazi <strong>di</strong> manovra.<br />
Sono tre le strade preferenziali che il VG può imboccare e che, assurdamente,<br />
sta imboccando all’unisono. Il primo è un movimento<br />
frammentatore, che punta ad un’offerta multipla, specializzata e<br />
settoriale. Poi c’è la convergenza totale, che mira al costituirsi <strong>di</strong> un<br />
amalgama onnicomprensivo. Infine la via del Caos, attraverso la<br />
quale il mercato non prende decisioni, non sottoscrive certezze ma<br />
neppure si assume responsabilità personali.<br />
Il mercato è giunto ad un’apparente stabilità commerciale che<br />
sembra essere, per ora, capace <strong>di</strong> reggere tre piattaforme casalinghe<br />
deputando ad una <strong>di</strong> esse il ruolo <strong>di</strong> guida madre e alle altre<br />
due quello <strong>di</strong> R-Typici vettori laterali, con funzione <strong>di</strong> supporto a<br />
placare eventuali pruriti lu<strong>di</strong>ci inusuali.<br />
Ma l’utente borbotta e si agita su una poltrona abbondante, rivestita<br />
<strong>di</strong> pelle che stride ad ogni nostro movimento, una seduta ampia<br />
e con un poggiapie<strong>di</strong> incorporato che, però, ci fa sentire a <strong>di</strong>sagio<br />
prima ancora che rilassati. Quasi fuori luogo. Quasi deficienti, se<br />
ci fosse qualcuno ad osservarci, sdraiati con i pie<strong>di</strong> per aria.<br />
In salotto abbiamo tre console e nei cassetti o sotto la TV, una<br />
raccolta <strong>di</strong> titoli che in buona parte sono multipiattaforma. E noi<br />
guar<strong>di</strong>amo con palpebre dubbiose a quei tre marchingegni, più frutto<br />
del marketing <strong>di</strong> quanto non lo siano della tecnologia. E mentre<br />
noi proviamo a me<strong>di</strong>tare un futuro monoconsole, che elimini il surplus<br />
<strong>di</strong> conversioni, che abbatta i prezzi e faciliti la <strong>di</strong>ffusione del<br />
VG, il mercato annuncia da ogni lato un nuovo arrivo.<br />
Ed ecco allora il parto plurigemellare <strong>di</strong> fratellini bastar<strong>di</strong>: la console<br />
che legge i giochi PC, quella open sourcem, quella fa girare i<br />
retrogames, il DVD player con i giochini dentro. E anche nel settore<br />
portatile, dove l’egemonia ninten<strong>di</strong>ana aveva assicurato oltre un decennio<br />
<strong>di</strong> stabilità economico/qualitativa, pullulano le proposte che<br />
promettono <strong>di</strong> rivoluzionare il futuro quando noi, in questo presente,<br />
ce ne stavamo grassamente bene. Nuove macchine <strong>di</strong> cui non<br />
solo si mette in dubbio la necessità, ma <strong>di</strong> cui proprio si fatica a<br />
comprenderne la ragione d’essere.<br />
E mentre noi stiamo per avanzare l’ipotesi che “meno è meglio”,<br />
l’industria annuncia che a breve avremo nuove macchine, più potenti,<br />
che creeranno mon<strong>di</strong> più verosimili ed esperienze più appaganti..<br />
e noi chiu<strong>di</strong>amo la bocca, incurviamo le spalle e mettiamo<br />
mano al portafoglio, pronti ad appagare loro molto prima che i loro<br />
giochi lo facciano con noi.<br />
Il risultato <strong>di</strong> una eccessiva frammentazione del mercato è evidente:<br />
l’indebolimento <strong>di</strong> TUTTE le strutture interne al sistema. Ma<br />
d’altra parte noi o<strong>di</strong>amo il monopolio che offre un troppo grande potere<br />
al singolo e noi sappiamo che questo porta alla <strong>di</strong>ttatura e che<br />
la <strong>di</strong>ttatura è male e che non sta bene che uno solo si goda i frutti<br />
del mercato che poi senza concorrenza si cala <strong>di</strong> qualità e c’è ristagno<br />
tecnologico.<br />
Andatelo a <strong>di</strong>re alla Nintendo dell’era 16 bit…<br />
Nemesis Divina
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
I simulatori <strong>di</strong> ieri, gli arcade <strong>di</strong> domani<br />
brum brum<br />
dagli albori della videoguida al mondo console<br />
de Il Pupazzo Gnawd<br />
Occupano circa il 20% della produzione mon<strong>di</strong>ale per console (fonte Gamefaqs,<br />
www.gamefaqs.com). Praticamente un titolo ogni cinque prodotti. Sono i giochi <strong>di</strong><br />
guida, una delle fette più sostanziose del mercato dei videogiochi. Da dove arrivano,<br />
quali sono i più importanti, quanto sono fedeli alla realtà? Gentlemen, start<br />
your engines.<br />
Ancora numeri: una me<strong>di</strong>a voto, prendendo<br />
in considerazione gli ultimi due<br />
anni (<strong>di</strong>cembre 2001 - <strong>di</strong>cembre 2003,<br />
fonte Game Rankings, www.gamerankings.<br />
com), lievemente sotto la sufficienza. Un<br />
dato che si presta a considerazioni <strong>di</strong>verse.<br />
Innanzitutto l'affossamento della<br />
qualità me<strong>di</strong>a dovuta all'appetibilità <strong>di</strong><br />
tale maxi nicchia <strong>di</strong> mercato. Se la gente<br />
vuole i motori, i motori avrà. La domanda<br />
stimola l'offerta in una corsa all'oro<br />
tachimetrica che miete vittime tra i videogiochi<br />
inadeguati a reggere l'urto <strong>di</strong><br />
una concorrenza spietata. Prodotti e<br />
produttori me<strong>di</strong>ocri livellano i picchi <strong>di</strong><br />
eccellenza <strong>di</strong> un genere che non richiede<br />
ingenti investimenti <strong>di</strong> idee ed energie<br />
mentali. Il canovaccio per la costruzione<br />
<strong>di</strong> un titolo motoristico, d'altra parte, è<br />
noto a tutti e il passaggio alle tre <strong>di</strong>mensioni<br />
non ha scoraggiato la ricerca <strong>di</strong><br />
fortune videolu<strong>di</strong>che, semmai ha generato<br />
nuovi stimoli grazie alla tanto agognata<br />
immersività che il bitmap precludeva.<br />
I driving game hanno sempre ambito<br />
alla tri<strong>di</strong>mensionalità, l'hanno nel loro<br />
DNA binario. La libertà <strong>di</strong> poterne interpretare<br />
più realisticamente il genoma<br />
era occasione da sol<strong>di</strong> facili. E si sa, i<br />
sol<strong>di</strong> facili non si rifiutano mai.<br />
Sempre nel DNA, questa volta dell'utente,<br />
sono i motori. Una conoscenza <strong>di</strong>ffusa,<br />
che va dal superficiale al viscerale<br />
ma che in ogni caso porta ad una severità<br />
in fase <strong>di</strong> critica a volte selvaggia.<br />
Basti constatare quanto, negli ultimi anni,<br />
la ricerca della perfezione simulativa<br />
abbia limitato riconoscimenti qualitativi a<br />
videogiochi <strong>di</strong> F1 spesso meritevoli.<br />
Tra queste due forze (la massa <strong>di</strong> giochi<br />
me<strong>di</strong>ocri e l'esigenza della critica)<br />
altre concorrono nel delineare quella<br />
sufficienza stentata che sancisce la qualità<br />
me<strong>di</strong>a della categoria: la stasi <strong>di</strong> un<br />
genere lu<strong>di</strong>co apparentemente <strong>di</strong>fficile<br />
da innovare, l'ardua ricerca del realismo<br />
e un consumatore dal profilo <strong>di</strong>fferente<br />
rispetto a quello pre-32 bit. Se il fattore<br />
originalità può lasciare il tempo che trova<br />
quando riferito alla fascia più "sportiva"<br />
della guida simulata (parzialmente<br />
limitata dall'obbligo <strong>di</strong> attenersi a regole<br />
e canoni non mo<strong>di</strong>ficabili se non a scapito<br />
del realismo), sono gli ultimi due fattori<br />
ad essere i più interessanti. Senza <strong>di</strong><br />
essi sarebbe più complicato comprendere<br />
il giro <strong>di</strong> vite dato al gra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />
prodotti troppo semplicistici e soprattutto<br />
risulterebbe <strong>di</strong>fficile tracciare la strada<br />
percorsa dai giochi <strong>di</strong> guida e inquadrare<br />
il perché del loro elevato peso nell'offerta<br />
o<strong>di</strong>erna. Simulazione della realtà e<br />
demografia dell'utenza, unitamente all'incremento<br />
delle capacità grafiche e<br />
computazionali dell'hardware, hanno<br />
incanalato l'evoluzione verso una spiccata<br />
tendenza ad aderire al reale. Un videogiocatore<br />
oggi più adulto rispetto al<br />
passato (Sony e Microsoft inquadrano il<br />
loro target primario in una fascia che va<br />
dai 18 ai 24 anni, laddove l'era 16 bit<br />
focalizzava principalmente i teen-ager)<br />
implica scelte a lui in<strong>di</strong>rizzate. L'osservanza<br />
delle basilari leggi fisiche è un<br />
prerequisito. Le simulazioni <strong>di</strong> ieri saranno<br />
gli arcade <strong>di</strong> domani, provando anche<br />
i più "leggeri" tra i titoli o<strong>di</strong>erni non si<br />
può non prenderne coscienza. Prodotti<br />
smaccatamente arcade come Burnout<br />
2, Wreckless e ad<strong>di</strong>rittura giochi il cui<br />
focus è lontano dalle gare <strong>di</strong> velocità,<br />
come lo sparatutto Halo, affondano le<br />
mani nel mare magno delle leggi fisiche<br />
uscendone felicemente infra<strong>di</strong>ciati. Certo,<br />
la loro è pur sempre una rielaborazione<br />
della realtà in chiave spettacolarizzata,<br />
ma sperimentando sospensioni<br />
in<strong>di</strong>pendenti, sovra o sottosterzi e trasferimenti<br />
<strong>di</strong> carico non si può che non<br />
pensare ai decenni scorsi e a quanto <strong>di</strong><br />
tutto ciò fosse esclusivo appannaggio <strong>di</strong><br />
titoli ben più seriosi. È lampante constatare<br />
come, senza le nuove tecnologie,<br />
Prima del videogioco: gli albori della civiltà<br />
L'emulazione dell'ebbrezza del volante<br />
nasce prima del videogame. Notizie <strong>di</strong><br />
giochi <strong>di</strong> guida meccanici giungono dai<br />
lontani anni '40. Tra guerra e ricostruzione<br />
i bimbi belli si gingillavano con<br />
Drive Mobile <strong>di</strong> International Mutoscope<br />
Company: un rullo sul quale scorreva<br />
il paesaggio, un'auto giocattolo posizionatavi<br />
sopra e via sterzare. Simulazione<br />
della fisica? Zero. Ulteriori evoluzioni del<br />
concetto si potevano trovare un decennio<br />
più tar<strong>di</strong> in Auto Test, nel quale<br />
Capital Projector, con un'intuizione che<br />
sarebbe stata ripresa decenni più tar<strong>di</strong><br />
dai laser game GP World <strong>di</strong> Sega e La-<br />
ser Grand Prix <strong>di</strong> Taito (entrambi del<br />
1984), sostituì il succitato rullo meccanico<br />
con un filmato in 8mm <strong>di</strong> una strada<br />
sulla quale la solita macchinina veniva<br />
sterzata dall'utente (che in questo caso<br />
doveva anche accelerare e frenare).<br />
Gli sforzi proseguirono sulla rotta del<br />
coinvolgimento sensoriale piuttosto che<br />
su quella della simulazione fisica. Negli<br />
anni '60 Speed King <strong>di</strong> Chicago Coin<br />
trasportava l'utente nel mondo delle corse<br />
grazie una leva del cambio, al rombo<br />
del motore (che variava in base alla<br />
pressione sull'acceleratore e alla velocità),<br />
al suono del clacson e ad altri ele-<br />
3<br />
niente <strong>di</strong> tutto ciò sarebbe stato possibile.<br />
È stata anzi l'esplosione delle capacità<br />
grafiche (e la testardaggine <strong>di</strong> chi ha<br />
voluto smentire l'equivalenza videogiochi<br />
= roba per ragazzini) a contagiare una<br />
massa <strong>di</strong> ventenni e trentenni. Sono state<br />
le visioni <strong>di</strong> un videogioco formalmente<br />
adulto e meno astratto a rimpolpare<br />
le fila dei videogiocatori. Ed è stata<br />
sempre la spinta tecnologica a portare,<br />
poco alla volta, la simulazione dai PC alle<br />
console, facendola <strong>di</strong>ventare mainstream.<br />
Non si potrebbe tuttavia comprendere<br />
appieno il peso dei driving game nell'o<strong>di</strong>erna<br />
produzione senza prendere in<br />
considerazione la maschilità del me<strong>di</strong>um<br />
videolu<strong>di</strong>co. La logica del ragionamento<br />
è tanto scontata quanto veritiera. Le<br />
piccole verginelle si trastullano con le<br />
bambole, gli imberbi futuri pipparoli con<br />
le macchinine. Il videogioco, per la sua<br />
pre<strong>di</strong>sposizione all'azione pura, è saldamente<br />
maschile e maschilista, e il mondo<br />
dei motori è indubbiamente il sottoinsieme<br />
più testosteronico dopo le pagine<br />
<strong>di</strong> Playboy. Il "sillogismo" è completo: il<br />
videogioco è maschile; il maschio ama e<br />
dà importanza ai motori; il videogioco<br />
tiene in gran considerazione i driving<br />
game.<br />
Ma da dove giunge la lingua <strong>di</strong> asfalto<br />
<strong>di</strong>gitalizzato? E soprattutto, da dove arriva<br />
la sua corsia più simulativa?<br />
menti accessori quali un cruscotto comprensivo<br />
<strong>di</strong> tachimetro e contagiri funzionanti.<br />
Tra gli ultimi esemplari elettromeccanici<br />
una citazione d'onore va a<br />
Road Runner. Commercializzato da<br />
Bally agli inizi degli anni '70, incorporava<br />
un primor<strong>di</strong>ale effetto tri<strong>di</strong>mensionale<br />
grazie al quale la sede stradale poteva<br />
mutare in larghezza, mentre le auto, in<br />
caso <strong>di</strong> incidente, volavano in aria variando<br />
in <strong>di</strong>mensione mano a mano che<br />
si avvicinavano allo schermo. I tempi<br />
erano maturi per il videogioco, e così…
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
Quattroruote binarie e ricerca del reale: una storia<br />
E così nel 1974 le danze venivano aperte<br />
da Grand Track 10, con ogni probabilità<br />
il primo coin-op ad ospitare una riproduzione<br />
<strong>di</strong>gitale del binomio "donne e<br />
motori", ma senza le donne. Visuale dall'alto<br />
e allegria arcade, il prodotto Atari<br />
viene qui citato più per dovere <strong>di</strong> cronaca<br />
(e per aver dato il via all'illustre saga<br />
<strong>di</strong> Sprint) che per reali doti simulative.<br />
La serie Sprint detiene la palma<br />
d’oro per la numerazione più astrusa<br />
della storia dei videogiochi.<br />
Dopo Gran Track 10 e Gran<br />
Track 20 (versione a due giocatori<br />
<strong>di</strong> Gran Track 10), la corsa al<br />
numero continuò con Indy 800<br />
(multiplayer per otto persone e<br />
<strong>di</strong>splay a colori, annata 1975),<br />
proseguì nel 1976 con Indy 4<br />
(dove ‘4’ in<strong>di</strong>cava il <strong>di</strong>mezzamento<br />
dei possibili partecipanti umani)<br />
per approdare al delirio della serie<br />
Sprint. In Sprint 8 (uscito nel<br />
1976) i quattro tracciati potevano<br />
essere solcati da otto utenti. Nel<br />
successivo Sprint 2, dello stesso<br />
anno, si passava a due giocatori<br />
(più l’inserimento <strong>di</strong> un cambio a<br />
quattro velocità e la retrocessione<br />
della grafica a un sobrio bianco e<br />
nero). La follia arrivò a compimento<br />
tra il 1977 e il 1978, rispettivamente<br />
gli anni <strong>di</strong> uscita <strong>di</strong> Sprint<br />
4 (quattro giocatori) e Sprint 1<br />
(un solo giocatore e do<strong>di</strong>ci circuiti<br />
che si mo<strong>di</strong>ficavano ogni paio <strong>di</strong><br />
giri). Per le successive uscite del<br />
1986, Super Sprint e Championship<br />
Sprint, Atari lasciò fortunatamente<br />
la strada numerica,<br />
concludendo la saga con il futuristico<br />
Badlands.<br />
Il realismo è veicolato anche e soprattutto<br />
dal coinvolgimento visivo. Ligio a<br />
tale concetto Rob Fulop, designer della<br />
solita Atari, decise che era tempo <strong>di</strong> passare<br />
a una visione tri<strong>di</strong>mensionale della<br />
strada. La tecnologia del tempo, tuttavia,<br />
non permetteva prestazioni grafiche<br />
<strong>di</strong> rilievo, così l'ingegnoso Fulop decise <strong>di</strong><br />
ambientare Night Driver 1 quando il sole<br />
era oramai tramontato da un pezzo, più<br />
o meno all'ora della ronda del piacere.<br />
Rettangoli bianchi per delineare la sede<br />
stradale e sfondo nero come la pece,<br />
Night Driver riusciva a restituire una<br />
convincente sensazione <strong>di</strong> velocità. Era<br />
un test <strong>di</strong> riflessi camuffato, eppure la<br />
sua importanza storica è fuori <strong>di</strong>scussione.<br />
La visualizzazione pseudo tri<strong>di</strong>mensionale<br />
che prima era solo appannaggio<br />
dei prodotti elettro-meccanici veniva<br />
trasportata anche nel mondo dei videogiochi.<br />
E nell'oscurità ognuno voleva go-<br />
dere, col vento virtuale tra i capelli (virtuali).<br />
Speed Freak (Vectorbeam, 1979) fu<br />
l'ulteriore scommessa <strong>di</strong> designer in evidente<br />
lotta contro una tecnologia limitata<br />
e limitativa. Con vettori bianchi e<br />
schermo nero, il racing game si vestiva<br />
<strong>di</strong> vera tri<strong>di</strong>mensionalità. La ricerca della<br />
simulazione passava attraverso gli aspetti<br />
formali e lo avrebbe fatto ancora<br />
per molto tempo. Le leggi fisiche erano<br />
farlocche, l'intelligenza artificiale inesistente.<br />
Ma il terreno era vergine e deflorabile,<br />
bastava un petting nemmeno<br />
troppo spinto per raggiungere l'orgasmo<br />
videolu<strong>di</strong>co. Pole Position (Namco,<br />
1982) faceva ancora affidamento su estetismi<br />
<strong>di</strong> gran classe per attirare il maschio<br />
sbavante nonché masturbante.<br />
Una grafica <strong>di</strong> qualità inusitata contornava<br />
un'esperienza <strong>di</strong> F1 dove la vera novità<br />
era anticipata nel titolo: le prove <strong>di</strong><br />
qualifica. Per il resto il realismo si concretizzava<br />
nel solcare la riproduzione<br />
<strong>di</strong>gitale <strong>di</strong> un vero autodromo e in veicoli<br />
non proni a sopportare collisioni, esplodendo,<br />
com'era d'uopo in quegli anni, al<br />
minimo contatto con i concorrenti. Concorrenti<br />
che per altro continuavano a<br />
rappresentare mine vaganti in ogni gioco<br />
<strong>di</strong> guida. Privi <strong>di</strong> personalità e spirito<br />
agonistico, non facevano altro che girare<br />
su ritmi turistici o <strong>di</strong>rigersi verso il giocatore<br />
come api sul miele. Erano fasti<strong>di</strong>osi<br />
traghettatori verso la facile esplosione,<br />
quella che altrettanto facilmente permetteva<br />
<strong>di</strong> snocciolare una quantità <strong>di</strong> santi<br />
fino a quel momento sconosciuta alla<br />
maggior parte degli avventori della sala<br />
giochi, fruitore incluso.<br />
Il mondo <strong>di</strong>gitale era molto basilare, delimitato<br />
da netti confini. Negli anni '80<br />
mal sopportavamo una guidabilità priva<br />
<strong>di</strong> attriti oppure, molto più frequentemente,<br />
ci traslavamo come punti <strong>di</strong> una<br />
proiezione ortogonale. Schiavi della forza<br />
centrifuga, l'imperativo era appiccicarsi<br />
all'interno della curva il prima possibile.<br />
Non esisteva una traiettoria ideale,<br />
quel che contava era un inserimento<br />
tempestivo e subitaneo, in modo che la<br />
porzione <strong>di</strong> carreggiata da sfruttare fosse<br />
sufficiente per contenere il movimento<br />
verso l'esterno dell'auto. Con gomme<br />
fumanti degne del più esoso dei burnout<br />
e allegria <strong>di</strong>ffusa dei ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> pneumatici,<br />
la fisica si vestiva <strong>di</strong> semplificazione,<br />
contrastata dai designer puntando<br />
sull'impreve<strong>di</strong>bilità. I cambi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione<br />
a tra<strong>di</strong>mento non si contavano e i veicoli<br />
in pista continuavano a reiterare la filosofia<br />
<strong>di</strong> Pole Position. Il tanto applau<strong>di</strong>to<br />
Out Run (Sega, 1986), un vero capolavoro<br />
<strong>di</strong> classe au<strong>di</strong>ovisiva, è l'esempio<br />
più fulgido dell'arca<strong>di</strong>zzazione del concetto<br />
<strong>di</strong> guida. Cullati da note rilassanti<br />
si veniva illusi, grazie alle prime ampie<br />
curve, <strong>di</strong> essersi lasciati alle spalle il giogo<br />
<strong>di</strong> certi espe<strong>di</strong>enti lu<strong>di</strong>ci. Successivamente,<br />
tuttavia, i secchi tornanti, muniti<br />
<strong>di</strong> sali scen<strong>di</strong> che non permettevano <strong>di</strong><br />
scorgere né il traffico in arrivo né i cambi<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione, riportavano con i pie<strong>di</strong><br />
per terra e con l'auto fuoristrada: nonostante<br />
le forti vibrazioni trasmesse dal<br />
volante, la ra<strong>di</strong>o da sintonizzare su uno<br />
dei tre brani e la possibilità <strong>di</strong> scegliere il<br />
tragitto per giungere alle cinque destinazioni<br />
finali, la giocabilità era ridotta a un<br />
4<br />
test <strong>di</strong> riflessi e memoria dove la forza<br />
centrifuga era regina. Dopotutto Out<br />
Run era un capolavoro anche così, il<br />
celebre reparto interno <strong>di</strong> Sega, AM2,<br />
era arrivato laddove Atari non si era<br />
spinta: completare il connubio donne e<br />
motori in virtù <strong>di</strong> una bion<strong>di</strong>na precariamente<br />
avvinghiata al se<strong>di</strong>le passeggeri<br />
della Ferrari Testarossa in dotazione.<br />
Insomma, vento dei capelli e tanta poesia.<br />
Nello stesso anno WEC Le Mans 24 <strong>di</strong><br />
Konami dava il suo umile contributo alla<br />
causa: gli avversari in pista si producevano<br />
in errori e incidenti in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dall'interazione con l'utente. Nulla<br />
<strong>di</strong> trascendentale per i giorni nostri, eppure<br />
scorgere in lontananza un prototipo<br />
in testa coda instillava la fuggevole sensazione<br />
che le auto controllate dalla CPU<br />
non fossero degli automi e basta. Erano<br />
degli automi stupi<strong>di</strong>. Tutto a un tratto ci<br />
si sentiva meno soli nella propria incapacità,<br />
e non era poco.<br />
Il calendario segnava 1987 quando i tre<br />
marmittoni Moran<strong>di</strong>/Ruggeri/Tozzi trionfavano<br />
a San Remo con Si può dare <strong>di</strong><br />
più. È improbabile che in Namco lavorassero<br />
fan della kermesse bau<strong>di</strong>ana,<br />
nonostante ciò il monito era internazionale<br />
e Final Lap ne interpretava lo spirito<br />
in senso quantitativo e qualitativo.<br />
Quattro cabinati messi in link per sfide<br />
fino a otto giocatori non rappresentavano<br />
sicuramente un evento or<strong>di</strong>nario. Non<br />
contento, Final Lap buttava nella mischia<br />
un modello fisico contemplante<br />
testacoda laddove si fosse chiusa eccessivamente<br />
la curva. In questo modo le<br />
traiettorie <strong>di</strong>ventavano più importanti e<br />
tutto l'approccio alla guida si mo<strong>di</strong>ficava<br />
2 .<br />
"E non puoi <strong>di</strong>re lascia che sia perché<br />
ne avresti un po' colpa anche tu", Namco<br />
non lasciò che fosse, contribuì all'evoluzione<br />
dei racing game <strong>di</strong>scolpandosi <strong>di</strong><br />
fronte al giu<strong>di</strong>zio della storia. E dei tre<br />
marmittoni.<br />
Intanto la battaglia per il realismo si<br />
protraeva cruenta anche al <strong>di</strong> fuori del<br />
tabagismo da sala giochi. Nelle case <strong>di</strong><br />
tutto il mondo, infatti…<br />
[1] Night Driver fece scuola. Pochi mesi dopo<br />
la sua uscita Midway commercializzò 280<br />
ZZZAP: stessa impostazione, stesse scelte grafiche.<br />
Plagio o coincidenza d’ispirazione?<br />
[2] Con ogni probabilità Final Lap passerà alla<br />
storia per l’infausta “annusata del deretano”. Il<br />
gioco Namco rappresentava uno dei rari casi in<br />
cui essere primi all’ultima curva con un avversario<br />
alle calcagna equivaleva alla sconfitta. Era<br />
sufficiente, infatti, che l’inseguitore si avvicinasse<br />
al posteriore della macchina che lo precedeva<br />
per mandarla in testacoda. Le sale giochi<br />
ancora riecheggiano <strong>di</strong> “Ma prego, passi<br />
prima lei” e “ Si figuri, non ho fretta”.
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
Racer casalinghi: Accolade, Papyrus e Crammond, alfieri del reale<br />
Nelle case <strong>di</strong> tutto il mondo, infatti, si<br />
vivevano approcci più riflessivi. Se i<br />
coin-op erano, e sarebbero stati ancora<br />
per molto, portatori della sperimentazione<br />
sensoriale, il focolare domestico era il<br />
luogo dove il realismo faceva proseliti.<br />
Le due correnti si sarebbero incontrate<br />
anni più tar<strong>di</strong> e quella casalinga avrebbe<br />
avuto i tratti somatici <strong>di</strong> due uomini de<strong>di</strong>ti<br />
al lato serio dei prodotti corsaioli:<br />
David Kaemmer e Geoff Crammond. Fu<br />
proprio quest'ultimo a mostrare come<br />
un'altra via fosse effettivamente percorribile.<br />
Nel suo primo parto, Revs per<br />
BBC Micro e C64 (Firebird, 1984), affrontare<br />
una curva non implicava semplicemente<br />
sterzare bruscamente il prima<br />
possibile. Revs imponeva <strong>di</strong> moderare<br />
la velocità, scegliere la giusta<br />
traiettoria e condurre l'auto, magari pregando<br />
un po', che non si sa mai.<br />
Il pedale dell'acceleratore non era incassato<br />
costantemente a fondo corsa nella<br />
frenetica caccia all'ennesimo checkpoint.<br />
La guida era ragionata, verosimile. La<br />
voglia <strong>di</strong> lasciarsi alle spalle la scheletricità<br />
degli arcade era evidente fin nei piccoli<br />
particolari. Per ovviare ai limiti tecnici<br />
degli input binari, Crammond decise<br />
<strong>di</strong> includere un geniale sistema <strong>di</strong> controllo<br />
"semianalogico": muovendo un<br />
puntino lungo la circonferenza del volante<br />
rappresentato su schermo, si aveva la<br />
possibilità <strong>di</strong> gestire l'intensità della<br />
sterzata. In un approccio non comune<br />
per i tempi, si avvalse ad<strong>di</strong>rittura della<br />
consulenza tecnica <strong>di</strong> tale David Hunt,<br />
pilota <strong>di</strong> Formula 3 (tipologia <strong>di</strong> auto su<br />
cui Revs era basato) che lo aiutò nel riprodurre<br />
fedelmente le fattezze del circuito<br />
<strong>di</strong> Silverstone 1 . La visuale dall'abitacolo,<br />
le sessioni <strong>di</strong> prova e quelle <strong>di</strong><br />
qualifica, le regolazioni all'alettone anteriore<br />
e posteriore e un motore grafico<br />
prestante rendevano giustizia a un titolo<br />
che ha tutt'oggi qualcosa da <strong>di</strong>re. Revs<br />
non è solo una pietra miliare nei giochi<br />
<strong>di</strong> guida, è la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> intenti <strong>di</strong><br />
un uomo proteso verso la realizzazione<br />
della simulazione definitiva; è l'esemplificazione<br />
della tenacia e della non rassegnazione<br />
al cospetto dei limiti tecnici.<br />
Con Revs era nata l'interpretazione seria<br />
delle quattroruote.<br />
La simulazione aveva impiegato tempo<br />
per giungere in posizione eretta, ora non<br />
aveva tempo per camminare, voleva<br />
correre. E correre veloce era l'imperativo<br />
nel primo lavoro <strong>di</strong> Papyrus e del suo cofondatore<br />
David Kaemmer. In In<strong>di</strong>anapolis<br />
500: The Simulation (Indy 500<br />
per gli amici) la monotonia del circuito<br />
ovale nascondeva un motore fisico <strong>di</strong><br />
sorprendente complessità. Il comportamento<br />
dell'auto era influenzato da molteplici<br />
fattori tra i quali la pressione dei<br />
pneumatici e la quantità <strong>di</strong> carburante<br />
nel serbatoio. Le sensazioni al volante<br />
erano verosimili e il tempo speso per<br />
impostare al meglio la propria monoposto<br />
era quasi pari a quello impegnato<br />
nelle gare vere e proprie. La sfida più<br />
che con i 32 avversari era con il tempo e<br />
con se stessi. La sod<strong>di</strong>sfazione consisteva<br />
nel limare quel decimo <strong>di</strong> secondo al<br />
record sul giro. Il mondo circostante<br />
spariva, si era soli con il tracciato in uno<br />
stato <strong>di</strong> trance agonistica raramente<br />
sperimentato. Erano le caratteristiche <strong>di</strong><br />
un racing game <strong>di</strong> razza. E se il dettaglio<br />
maniacale nelle sensazioni <strong>di</strong> guida non<br />
era sufficiente, a stupire ci pensava un<br />
motore grafico che mandava a schermo<br />
impressionanti macchine modellate con<br />
poligoni nu<strong>di</strong>. Una festa visiva che si<br />
completava con il sistema <strong>di</strong> replay multi<br />
angolo <strong>di</strong> stampo televisivo, un vero nirvana<br />
per il 1989.<br />
Crammond, dal canto<br />
suo, non stette con le<br />
mani in mano, il suo<br />
tributo ai motori <strong>di</strong>gitali<br />
era appena iniziato.<br />
Il vero sconvolgimento<br />
giunse nel<br />
1991, dopo il <strong>di</strong>vertissementrappresentato<br />
da Stunt Car<br />
Racer (Micro Style, 1989) decise che<br />
era giunto il momento <strong>di</strong> tornare a simulare<br />
gare reali. F1 Grand Prix World<br />
Circuit (e relativo seguito) si rivelò come<br />
la più fedele riproduzione della <strong>di</strong>sciplina<br />
mai concepita. A colpire era indubbiamente<br />
il superbo impatto grafico, ma<br />
le caratteristiche che fecero breccia nei<br />
cuori degli appassionati furono le attenzioni<br />
de<strong>di</strong>cate al modello fisico.<br />
Tra prove <strong>di</strong> qualifica rigorose, con<strong>di</strong>zioni<br />
meteorologiche variabili, telemetria<br />
Stunt Car Racer era un prodotto<br />
atipico. Alla guida <strong>di</strong> un bolide simile<br />
a un dragster, l’utente doveva<br />
lottare contro un’auto controllata<br />
dalla CPU (o un avversano<br />
umano tramite link) addomesticando<br />
i salti e i vertiginosi saliscen<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> circuiti simili a montagne<br />
russe. Anche in questa occasione,<br />
l’integralista Geoff non tralasciò il<br />
realismo imponendo al giocatore<br />
andature ragionate, consone a<br />
non uscire <strong>di</strong> pista e a non sfasciare<br />
l’auto durante uno degli innumerevoli<br />
salti. Stunt Car Racer è<br />
un caso isolato nella ludoteca <strong>di</strong><br />
qualsiasi sistema, un capolavoro<br />
che avrebbe meritato un seguito<br />
ma sul quale Crammond non tornò<br />
“a causa” del successo della<br />
saga F1GP. Recentemente, tuttavia,<br />
il progetto ha ripreso a vivere<br />
e il 2004 potrebbe, fallimenti <strong>di</strong><br />
software house permettendo, veder<br />
rinascere dalle ceneri la fenice<br />
Stunt Car Racer.<br />
5<br />
e profonde possibilità <strong>di</strong> intervenire sulla<br />
meccanica della proprio monoposto, il<br />
pilota in erba aveva trovato il para<strong>di</strong>so e<br />
Crammond la consacrazione. Le monoposto<br />
<strong>di</strong>ventavano il tramite per un'esperienza<br />
completa, fatta <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong><br />
guida avanzate, <strong>di</strong> staccate al limite ed<br />
effetti scia, <strong>di</strong> carichi aero<strong>di</strong>namici da<br />
regolare e gran premi la cui durata poteva<br />
raggiungere quella delle gare vere<br />
(opzione maniacale già inclusa in Indy<br />
500).<br />
Oltre a quello sistemi casalinghi/simulazione,<br />
l'epopea <strong>di</strong> Crammond e Kaemmer<br />
evidenzia un altro importante binomio,<br />
quello che lega la strada verso il realismo<br />
e le macchine a ruote scoperte. Solo<br />
la serie NASCAR (della stessa Papyrus)<br />
ed esemplari più recenti su console<br />
(come la serie TOCA e Gran Turismo)<br />
hanno allargato il campo <strong>di</strong> ricerca<br />
della simulazione. Nonostante ciò il<br />
mondo <strong>di</strong>gitale delle ruote scoperte continua<br />
a essere per i videogiochi ciò che<br />
la sua controparte reale (F1 in particolare)<br />
è per l'evoluzione dell'auto: un laboratorio<br />
<strong>di</strong> ricerca dove osare e sperimentare,<br />
magari non sempre in nome della<br />
giocabilità, ma con una ostinazione che<br />
dà tutt'oggi i suoi frutti.<br />
Al <strong>di</strong> fuori del reame delle ruote scoperte<br />
c'era vita. Decisa a dare gloria alle auto<br />
sportive <strong>di</strong> serie, Accolade si ingegnò per<br />
apporre il primo tassello a un sogno che<br />
Yamauchi e Polyphony Digital avrebbero<br />
tradotto in realtà un paio <strong>di</strong> lustri più<br />
tar<strong>di</strong>. Test Drive ricreava una gara a<br />
tappe in mezzo al traffico stradale. Un<br />
po' Out Run e un po' Cannonball, l'orma<br />
<strong>di</strong> Accolade nella storia portava a un intrigante<br />
connubio tra imme<strong>di</strong>atezza e<br />
simulazione. L'auto rispondeva a un modello<br />
fisico più profondo rispetto ai soliti<br />
racer arcade, l'inclusione del medesimo<br />
sistema <strong>di</strong> controllo sfruttato in Revs<br />
era <strong>di</strong> per sé una chiara <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong><br />
intenti. La giocabilità si scontrava a tratti<br />
contro l'elefantiaca risposta dell'auto nei<br />
cambi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione, ma Test Drive, munito<br />
<strong>di</strong> una struttura <strong>di</strong>vertente e forte <strong>di</strong><br />
riproduzioni in lamiera e pixel <strong>di</strong> Porsche,<br />
Lamborghini, Lotus, Ferrari e Corvette,<br />
sapeva farsi amare. La sua ere<strong>di</strong>tà<br />
batte tutt'oggi non solo nel cuore <strong>di</strong> GT,<br />
ma si specchia integralmente nella saga<br />
The Need for Speed, <strong>di</strong> cui il prodotto<br />
Accolade rappresenta ben più che un<br />
progenitore spirituale 2 . Altri apporti sarebbero<br />
da citare (uno su tutti, Pit Stop<br />
e le soste ai box interattive), ma il gestore<br />
ci ha già cambiato il deca in…<br />
[1] In seguito, tramite add on e versioni deluxe,<br />
il novero dei tracciati si ampliò arrivando a<br />
comprendere Oulton Park, Brands Hatch, Donington<br />
Park e Snetterton.<br />
[2] Negli anni successivi la saga EA avrebbe<br />
perseguito con più convinzione ‘la necessità <strong>di</strong><br />
velocità’ puntando su ritmi più in<strong>di</strong>avolati e<br />
meccaniche più imme<strong>di</strong>ate (pur non scordando<br />
il lato simulazione, come <strong>di</strong>mostra il terzo capitolo<br />
della serie). Il primo The Need for Speed<br />
per 3DO (Electronic Arts 1994) è tuttavia la<br />
prosecuzione della saga Accolade in tutto e per<br />
tutto: stessa impostazione <strong>di</strong> guida, medesima<br />
struttura <strong>di</strong> gioco e reazioni al volante simili.
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
Gettoni tintinnanti: il ritorno dei coin-op<br />
Tra le mura domestiche la simulazione<br />
alzava gradatamente la voce. Nelle sale<br />
giochi, invece, il fumo provocava rauce<strong>di</strong>ne<br />
minando la potenza vocale. Di giochi<br />
seriosi nemmeno l'ombra, <strong>di</strong> idee<br />
molte: sparatutto a motore (Road Blasters,<br />
Spy Hunter), inseguimenti polizieschi<br />
(Chase HQ), arcade estremi<br />
(Power Drift, Bump n' Jump), Pacman<br />
al volante (Rally X) e un'altra miriade<br />
<strong>di</strong> prodotti più vicini alla categoria<br />
azione che al puro gioco <strong>di</strong> guida. Le<br />
ferree corde vocali <strong>di</strong> Atari, evidentemente,<br />
non soffrivano dell'aria appestata<br />
dai drogati <strong>di</strong> nicotina. Fu così che nel<br />
1989 l'urlo <strong>di</strong> Hard Drivin' terrorizzò<br />
l'occidente. La frizione faceva il suo ingresso<br />
in scena (per poi sparire all'incirca<br />
fino all'avvento <strong>di</strong> Ferrari F355<br />
Challenge) e con essa i poligoni, la<br />
chiavetta d'accensione, il pilota fantasma<br />
replicante la migliore prestazione, la<br />
dura realtà simulata e le mucche da<br />
tamponare. All'apparenza era un gioco<br />
per molti, all'atto pratico si adattava solo<br />
a una ristretta nicchia <strong>di</strong> saggi capaci <strong>di</strong><br />
tenere a bada il testosterone. Avere il<br />
piede pesante non portava lontano, più<br />
precisamente non permetteva nemmeno<br />
<strong>di</strong> condurre la curva e la <strong>di</strong>scesina iniziale.<br />
Per aiutare la massa <strong>di</strong> ignoranti del<br />
volante, venuta su a forza <strong>di</strong> irrispettosi<br />
oltraggi alla fisica, Hard Drivin' sfoggiava<br />
a ogni variazione del tracciato cartelli<br />
recanti la velocità consigliata. Non<br />
era sufficiente: i dritti non si contavano,<br />
i testacoda neppure. Quelli che svoltavano<br />
a destra avventurandosi nel circuito<br />
acrobatico, poi, li perdevi per sempre:<br />
umiliati nell'animo e nello spirito continuavano<br />
a ripetere "Velocità e <strong>di</strong>rezione<br />
erano quelle giuste: perché sono caduto<br />
dal giro della morte? Sono caduto dal<br />
giro della morte… dal giro della morte…<br />
giro della morte… morte…". Ogni metro<br />
andava condotto in maniera giu<strong>di</strong>ziosa,<br />
fors'anche da scuola guida. Se il mondo<br />
delle corse è un generatore <strong>di</strong> adrenalina,<br />
Hard Drivin' è il ritrovo annuale dei<br />
bocciofili <strong>di</strong> paese: compassato, poco<br />
prestante da vedere e con mille cose da<br />
raccontare. Lentamente.<br />
Hard Drivin’ (e il seguito Race Drivin’)<br />
rappresenta la guida vista da un<br />
geometra coa<strong>di</strong>uvato da un ragioniere,<br />
entrambi supervisionati da un ingegnere:<br />
calcoli, razionalità e poca poesia. In<br />
quel cabinato c'era il fascino dell'azione<br />
ragionata. E c’erano pure i CoBas del<br />
latte. Ben nascosti. Dietro le mucche.<br />
Quelle che volendo puoi tamponare. Assieme<br />
ai CoBas del latte.<br />
Erano tempi duri e Namco voleva partecipare<br />
alla mattanza. Winning Run era<br />
in ritardo per reclamare la corona <strong>di</strong><br />
primo coin-op <strong>di</strong> guida poligonale della<br />
storia, ma in tempo per <strong>di</strong>re la sua su F1<br />
e realismo. La giocabilità era meno punitiva<br />
rispetto a quella <strong>di</strong> Hard Drivin',<br />
fattore a cui Namco avrebbe posto rime<strong>di</strong>o<br />
l'anno successivo incattivendo Winning<br />
Run (tramutatosi in Driver's Eyes)<br />
e aggiungendo due schermi per<br />
simulare la visione periferica (espe<strong>di</strong>ente<br />
già usato nel 1983 da TX-1 <strong>di</strong> Tatsumi).<br />
Grazie al Polygoniser (una scheda deputata<br />
alla gestione della geometria solida),<br />
grafica e incedere del frame rate<br />
(nonché dell'auto) erano più vivaci rispetto<br />
all'ingessato coin-op Atari, per-<br />
mettendo <strong>di</strong> affidarsi alla sensazione <strong>di</strong><br />
velocità per valutare i punti <strong>di</strong> staccata.<br />
La Formula 1 si <strong>di</strong>mostrava regina anche<br />
nel roster Sega. Il 1989 fu l'anno <strong>di</strong> Super<br />
Monaco GP, uno dei pochi esemplari<br />
arcade a irridere l'utente affezionato<br />
al cambio manuale. Non che non fosse<br />
possibile far gestire le marce alla<br />
CPU, il vero motivo era un altro: appoggiarsi<br />
all'automatico era da perdenti. Le<br />
motivazioni da addurre sarebbero innumerevoli,<br />
tra queste l'impossibilità <strong>di</strong><br />
spingere al massimo l'auto o <strong>di</strong> gareggiare<br />
nei livelli più <strong>di</strong>fficili (e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
perdersi il round 2 con la pioggia). La<br />
verità, tuttavia, era ben più futile: non<br />
gingillarsi con cambio a farfalla posizionato<br />
<strong>di</strong>etro al volante era un crimine da<br />
scontare a suon <strong>di</strong> sberleffi e scappellotti,<br />
perché è ciò che meritano i perdenti,<br />
altro che i "Keep it up!" urlati dai box. In<br />
tutta sincerità SMGP poco aggiungeva al<br />
mondo della simulazione, il suo è un<br />
contributo estetico (solo con Rad Mobile<br />
e il System 32 della stessa Sega si<br />
sarebbe visto un bitmap più evoluto) e<br />
<strong>di</strong> rigore visivo (il fascino del circuito<br />
monegasco era riproposto in maniera<br />
maniacale). D'altra parte si è scritto che<br />
la strada per la simulazione si lastrica<br />
anche assecondando l'occhio…<br />
Tenendo presente che l'ingresso della<br />
grafica poligonale era ormai avvenuto e<br />
che dal punto <strong>di</strong> vista simulativo Virtua<br />
Racing (Sega AM2, 1992) non aggiungeva<br />
molto a quanto già sperimentato<br />
negli anni precedenti, verrebbe da interrogarsi<br />
sul perché il suo nome sia sempre<br />
presente allorquando si debba snocciolare<br />
la lista dei titoli <strong>di</strong> guida più influenti.<br />
Il motivo non risiede in qualche<br />
primato specifico, bensì nella realizzazione.<br />
VR mostrava al mondo che il 3D<br />
era veloce, che il 3D era <strong>di</strong>vertente, che<br />
per il 3D non si doveva sacrificare nulla<br />
(texture a parte), né dal punto <strong>di</strong> vista<br />
grafico né da quello della giocabilità.<br />
Trenta fps <strong>di</strong> adrenalina pura e un bottone<br />
per mutare in tempo reale la visuale<br />
erano sufficienti se il game design era<br />
affidato a Sega. Dentro quegli abitacoli<br />
potevi passarci giorni interi: a battagliare<br />
con altri umani, a fare zapping fantozziano<br />
tra le visuali, a cercare la linea<br />
perfetta, a colmare il pappagallo onde<br />
evitare <strong>di</strong> andare in bagno e cedere il<br />
posto... Nonostante la positiva accoglienza<br />
riservata alla scheda Model 1,<br />
Sega abbandonò il progetto dopo quattro<br />
titoli (a <strong>di</strong>fferenza dei circa 30 usciti<br />
su Model 2). Una congenita instabilità (la<br />
coesione tra i soli<strong>di</strong> non era sempre perfetta)<br />
e un costo <strong>di</strong> produzione eccessivo<br />
sono i motivi addotti dai più. E' comunque<br />
probabile che la rapida evoluzione<br />
della tecnologia sia stato uno dei chio<strong>di</strong><br />
più sal<strong>di</strong> sulla bara della Model 1. Poco<br />
più <strong>di</strong> 12 mesi dopo, infatti, Namco slogò<br />
man<strong>di</strong>bole a go-go con il monumentale<br />
Ridge Racer: glassa texturale a ricoprire<br />
le geometrie, 60 fps costanti e rigogliosi<br />
elementi <strong>di</strong> contorno non passavano<br />
inosservati. Ridge Racer apriva una<br />
nuova era nell'impostazione <strong>di</strong> guida:<br />
l'esagerazione della tecnica rallistica portata<br />
al limite della tamaraggine. Ogni<br />
curva andava affrontata col retrotreno<br />
sco<strong>di</strong>nzolante, ogni inserimento doveva<br />
essere gestito <strong>di</strong> traverso. Tali strampa-<br />
6<br />
Pietre miliari<br />
Night Driver – Atari – Arcade –<br />
1976<br />
Speed Freak – Vectorbeam –<br />
Arcade - 1979<br />
Pole Position – Namco – Arcade<br />
- 1982<br />
Revs – Firebird – BBC Micro -<br />
1984<br />
Excitebike – Nintendo – NES -<br />
1984<br />
Hang-On – Sega – Arcade - 1985<br />
Enduro Racer – Sega – Arcade -<br />
1986<br />
Final Lap – Namco – Arcade -<br />
1987<br />
Test Drive – Accolade –<br />
C64/Amiga – 1987<br />
Honda RVF – Micro Style –<br />
Amiga - 1989<br />
Hard Drivin’ – Atari – Arcade -<br />
1989<br />
In<strong>di</strong>anapolis 500: The Simulation<br />
– Papyrus – PC - 1989<br />
Ironman Ivan Stewart’s Super<br />
Off Road – Leland – Arcade -<br />
1989<br />
F1 Grand Prix World Circuit –<br />
MicroProse - Amiga - 1991<br />
Virtua Racing – Sega – Arcade -<br />
1992<br />
World Rally Championship –<br />
Gaelco – Arcade - 1993<br />
Ridge Racer – Namco – Arcade -<br />
1993<br />
NASCAR Racing – Papyrus – PC<br />
- 1994<br />
Sega Rally Championship –<br />
Sega – Arcade - 1995<br />
Manx TT – Sega – Arcade – 1995<br />
Network Q Rally Championship<br />
– Magnetic Fields – PC - 1996<br />
TOCA – Codemasters – PSOne -<br />
1997<br />
Gran Turismo – Polyphony –<br />
PSOne - 1997<br />
Colin McRae Rally – Codemasters<br />
– PSOne - 1998<br />
GP Legends – Papyrus – PC -<br />
1998<br />
Superbike World Championship<br />
– Milestone – PC - 1998<br />
GP 500 – MicroProse – PC - 1999<br />
Ferrari F355 Challenge – Sega<br />
– Arcade - 1999<br />
Excitebike 64 – Left Field – N64<br />
- 2000<br />
Moto GP – Namco – PS2 -2000<br />
Ri<strong>di</strong>ng Spirits – Spike – PS2 –<br />
2002
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
lati insegnamenti avrebbero<br />
confuso le idee a parecchi<br />
su cosa era davvero necessario<br />
in una guida veloce. Il<br />
racer Namco non contribuì<br />
alla causa della simulazione,<br />
la sua importanza fu<br />
quella <strong>di</strong> influenzare un genere.<br />
Allevando schiere <strong>di</strong><br />
soggetti controsterzanti, incanalò<br />
le successive produzioni automo-<br />
Motori su console: ritorno a casa<br />
La storia recente è per noi, consolari<br />
nell'anima, un territorio de<strong>di</strong>cato alle<br />
macchine da gioco. I 16 bit videro poche<br />
innovazioni <strong>di</strong> rilievo, la sfida si giocava<br />
su altri territori. Il bitmap non era comunque<br />
morto e tecnologie quali il ninten<strong>di</strong>ano<br />
Mode 7 rinvigorirono un genere<br />
che pareva vedersi negata la profon<strong>di</strong>tà.<br />
Grazie alla possibilità <strong>di</strong> ruotare e zoomare<br />
il piano <strong>di</strong> gioco via hardware, il<br />
controllo sul mezzo si impreziosiva <strong>di</strong>ventando<br />
più appagante. Difficile citare<br />
un titolo specifico <strong>di</strong> elevata qualità simulativa,<br />
basti però pensare che l'impatto<br />
della tecnologia fu così rivoluzionario<br />
da iniettare profon<strong>di</strong>tà in prodotti 100%<br />
arcade. F-Zero (Nintendo, 1990) ne è<br />
un chiaro esempio: l'impostazione della<br />
giusta traiettoria in curva era essenziale<br />
per domare i circuiti.<br />
Non erano però tutte rose e fiori. La<br />
prima metà degli anni '90 fu un periodo<br />
infausto per l'intelligenza artificiale.<br />
Mentre i piloti <strong>di</strong> F1GP2 si esibivano in<br />
cre<strong>di</strong>bili tattiche <strong>di</strong> gara, le console a 16<br />
bit mostravano orgogliose le loro routine<br />
ad elastico, dove gli avversari baravano<br />
tallonando l'utente anche quando questi<br />
si produceva in prestazioni da campione<br />
del mondo. L'alternativa erano automi<br />
con percorrenze robotiche e tempi sul<br />
giro definiti a tavolino. Se la seconda<br />
scelta <strong>di</strong> design è una specie in via d'estinzione,<br />
l'elastico continua a proliferare<br />
(prevalentemente in prodotti <strong>di</strong> natura<br />
arcade), ancora alla ricerca della sua<br />
stabilità.<br />
Il raddoppiamento dei bit decretò la fine<br />
dell'età dell'innocenza nelle console. A<br />
rompere gli indugi fu nuovamente la F1.<br />
Bizzarre Creations spalancava nel 1996<br />
le porte <strong>di</strong> un mondo alieno, così poco<br />
conosciuto che Formula 1 per PlayStation<br />
si ritrovò a essere elogiato come<br />
estremamente realistico pur sorvolando<br />
su molti aspetti del mondo dei motori. I<br />
settaggi della monoposto, per esempio,<br />
erano abbastanza semplicistici, stesso<br />
<strong>di</strong>scorso per gli inserimenti in curva, dove<br />
le frenate ritardatarie venivano assecondate<br />
dagli algoritmi sottesi alla fisica<br />
<strong>di</strong> gioco. Non era comunque un titolo per<br />
signorine: la guida pulita era premiata e<br />
le accelerazioni <strong>di</strong> potenza punite quando<br />
eccessive. F1GP2 era ancora lontano,<br />
ma per noi consolari, che arrivavamo<br />
da Ayrton Senna's Super Monaco GP<br />
2 e Mario Kart, le auto co<strong>di</strong>ficate da<br />
Bizzarre Creations erano sufficientemente<br />
cattive. L'utenza cresceva, Formula 1<br />
vendeva ed altre case si rendevano conto<br />
che c'era un mercato da colonizzare là<br />
fuori. Nel 1997 il territorio motoristico<br />
subì due terremoti. Il primo <strong>di</strong>ssestò, il<br />
secondo cambiò per sempre la morfologia<br />
delle lande del videogioco. TOCA <strong>di</strong><br />
Codemasters ridefiniva il termine "simu-<br />
bilistiche sui poco nobili<br />
(seppur dannatamente <strong>di</strong>vertenti)<br />
binari del truzzo<br />
patentato. Anni dopo Out<br />
Run i ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> pneumatici<br />
avevano trovato il loro<br />
nuovo feticcio da adorare.<br />
L'era d'oro del coin-op "su<br />
asfalto" si chiude idealmente<br />
con Daytona USA<br />
(Sega AM2, 1994): comportamento delle<br />
<strong>Ring</strong> è… guida sicura<br />
7<br />
auto più realistico rispetto a Ridge Racer,<br />
force feedback usato in maniera<br />
sublime e il track design più ispirato degli<br />
ultimi secoli. Probabilmente il miglior<br />
racer arcade <strong>di</strong> sempre. Il colpo <strong>di</strong> coda<br />
si avrà nel 1999 con l'anomalo Ferrari<br />
F355 Challenge, un vero e proprio simulatore<br />
in tutto e per tutto, capace <strong>di</strong><br />
tenere testa a qualsiasi prodotto casalingo<br />
grazie a un modello fisico estremamente<br />
accurato.<br />
Conosci la tua auto per migliorare te stesso. <strong>Ring</strong> illustra alcune tecniche <strong>di</strong> guida<br />
e comportamenti anomali da saper riconoscere e contrastare. Perché anche Gordon<br />
De Adamich possa essere fiero <strong>di</strong> voi…<br />
Sovrasterzo e sottosterzo: sono provocati essenzialmente da due fattori:<br />
a) trasferimenti <strong>di</strong>namici <strong>di</strong> carico dovuti a manovre eseguite con lo sterzo e i freni<br />
che possono portare alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza <strong>di</strong> un assale; b) per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza<br />
<strong>di</strong> un assale dovuta ad eccesso <strong>di</strong> coppia motrice (elevate potenze e/o bassa<br />
aderenza). In questo secondo caso il sottosterzo o il sovrasterzo (definiti in gergo<br />
'<strong>di</strong> potenza') sono evidentemente legati al tipo <strong>di</strong> trazione (anteriore nel primo<br />
caso, posteriore nel secondo). La trazione integrale non ha nessuna influenza sul<br />
caso (a). Nel caso (b) molto <strong>di</strong>pende dal tipo <strong>di</strong> trazione integrale, dalla presenza<br />
o meno <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> bloccaggio <strong>di</strong> uno o più <strong>di</strong>fferenziali, dal tipo <strong>di</strong> ripartizione<br />
della coppia.<br />
Sottosterzo evidente (per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza con muso <strong>di</strong>retto sulla tangente):<br />
può essere provocato essenzialmente da due fattori: a) eccesso <strong>di</strong> coppia motrice<br />
in fase <strong>di</strong> accelerazione con una trazione anteriore; b) eccessiva velocità d'ingresso<br />
in curva. Nel primo caso è sufficiente rilasciare il pedale dell'acceleratore per<br />
far rientrare in traiettoria la vettura. Nel secondo, presumendo <strong>di</strong> essere già in<br />
fase <strong>di</strong> rilascio, ci si può aiutare con un po' <strong>di</strong> freno, per fare <strong>di</strong>minuire la velocità<br />
e portare ulteriore carico sulle ruote anteriori. Ultima possibilità, ma è una manovra<br />
tutt'altro che istintiva, riaprire leggermente il volante in modo da far riprendere<br />
<strong>di</strong>rezionalità alle ruote anteriori.<br />
Sovrasterzo <strong>di</strong> potenza: perché sia efficace è in<strong>di</strong>spensabile che sia estremamente<br />
contenuto, quasi a ruote dritte, senza eccessivi pattinamenti delle ruote<br />
motrici che andrebbero soltanto a scapito della prestazione.<br />
Testacoda: per riprenderlo si deve innanzitutto controsterzare rapidamente e<br />
con precisione cercando <strong>di</strong> prevenire le reazioni della vettura (attenzione al riallineamento<br />
che è sempre la manovra più critica). Bisogna poi <strong>di</strong>stinguere a seconda<br />
del tipo <strong>di</strong> trazione. Trazione anteriore: il sovrasterzo può essersi innescato<br />
soltanto per eccesso <strong>di</strong> velocità in curva abbinato a manovre con i freni e lo sterzo<br />
che hanno portato alla per<strong>di</strong>ta d'aderenza del retrotreno. La correzione va fatta<br />
essenzialmente con lo sterzo. Ultima possibilità riaccelerare con molta attenzione<br />
per favorire il riallineamento del muso. Trazione posteriore: in questo caso il sovrasterzo<br />
può essere innescato anche da un eccesso <strong>di</strong> coppia motrice sulle ruote<br />
posteriori. Lo si controlla ancora con lo sterzo. Se si insiste con l'acceleratore si<br />
può finire in testacoda mentre un brusco rilascio dell'acceleratore può sbilanciare<br />
ulteriormente la vettura. Morale: modulare con molta attenzione la potenza alle<br />
ruote in modo da riequilibrare la vettura.<br />
Piede sinistro (o semplicemente sinistro): consiste nella frenata con il<br />
piede sinistro e la contemporanea pressione a fondo del gas con il destro. Veniva<br />
sfruttata principalmente su percorsi a bassa aderenza, ora è usato un po' dappertutto.<br />
Permette <strong>di</strong> controllare la velocità pur mantenendo una 'buona' guidabilità.<br />
Consente <strong>di</strong> spostare il peso dal posteriore all'anteriore o <strong>di</strong> provocare, accentuare<br />
o correggere una sbandata. Quin<strong>di</strong> si può iniziare una sbandata usando il piede<br />
sinistro. E' una tecnica che richiede moltissimo allenamento. I benefici li traggono<br />
solo i professionisti. Viene usata principalmente nelle curve veloci, dove la percorrenza<br />
con il pedale del gas spalancato e sinistro in leggera pressione sul freno,<br />
tengono la vettura in assetto costante. Si usa anche nell'affrontare i dossi: un<br />
'colpo <strong>di</strong> sinistro' permette <strong>di</strong> tenere bassa la parte anteriore dell'auto permettendo<br />
<strong>di</strong> ridurre la lunghezza del volo.<br />
Pendolo: è una tecnica che si ammirava specialmente nei primi anni 80, l'età<br />
d'oro del rally, quella della trazione posteriore. Serve a facilitare l'ingresso in una<br />
curva generalmente molto stretta. Ad esempio, nell'affrontare 2 curve in sequenza<br />
(su fondo con scarsa aderenza), il pendolo permette <strong>di</strong> entrare nella seconda<br />
con la macchina già <strong>di</strong>rezionata nel senso della curva da affrontare. Allungando la<br />
derapata della prima curva, nel momento della congiunzione con la seconda è<br />
sufficiente togliere gas e dare un piccolo accenno <strong>di</strong> sterzo in <strong>di</strong>rezione della successiva,<br />
la macchina per effetto del trasferimento <strong>di</strong> carico, si posiziona in derapata<br />
dalla parte opposta. Richiede un tempismo perfetto.
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
lazione" frustando l'impenitente che reci<strong>di</strong>vo<br />
non si adattava alle regole della<br />
strada. Ancora oggi, gli episo<strong>di</strong> usciti sui<br />
32 bit (e PC) rappresentano uno dei<br />
massimi picchi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà nell'addomesticamento<br />
<strong>di</strong> una vettura. A mandare in<br />
crisi il giocatore imberbe è in particolar<br />
modo una rappresentazione verosimile<br />
degli urti. Le carezze con gli avversari<br />
sono maneggiate con cinismo da un motore<br />
fisico che non si fa scrupoli a decretare<br />
la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> controllo qualora sia<br />
necessario. Insistite spinte in curva provocano<br />
dritti clamorosi o testacoda irrecuperabili.<br />
A tutto questo si va a sommare<br />
un sistema <strong>di</strong> danni che, pur mitigando<br />
gli effetti degli incidenti più<br />
catastrofici, è un serio monito a non esagerare<br />
con le staccate fuori tempo<br />
massimo, biglietti <strong>di</strong> sola andata verso le<br />
protezioni a bordo pista.<br />
Di nuovo al 1997. Giungeva il terremoto<br />
Gran Turismo, un ibrido dal realismo<br />
narcotizzato col proposito <strong>di</strong> non frustrare<br />
il giocatore. Il plus consisteva nell'inondazione<br />
<strong>di</strong> auto, elaborazioni e smanettamenti<br />
da meccanico. La corsa al<br />
generico upgrade <strong>di</strong> titoli come Super<br />
Sprint subiva qui un ampliamento spaventoso.<br />
Già Shutokou Battle: Drift<br />
King (Bullet Proof Software 1996) aveva<br />
fatto leva sulle manie da tamarro del<br />
videogiocatore, permettendogli <strong>di</strong> elaborare<br />
i veicoli in modo esasperato, ma<br />
con GT si saliva <strong>di</strong> livello. Le gare ruotavano<br />
intorno a un modello <strong>di</strong> guida che<br />
<strong>di</strong>mostra ancora oggi, con il terzo capitolo<br />
della serie e il prologo al quarto, la<br />
sua vali<strong>di</strong>tà. Grazie ad esso, poter sperimentare<br />
l'aumento delle prestazioni<br />
dovute a una più prestante barra antirollio<br />
piuttosto che a un volano <strong>di</strong> tipo alleggerito<br />
era possibile.<br />
Il segreto della serie è insito nell'imme<strong>di</strong>atezza<br />
con cui si apprezza la crescita<br />
della vettura. Distanziandosi dalla<br />
realtà per entrare nel più semplicistico<br />
terreno dei vg, GT stempera le reazioni<br />
ramificate. Gli effetti sono amplificati e<br />
nel contempo lineari. Amplificati perché<br />
nel mondo virtuale, spogliati come siamo<br />
<strong>di</strong> molte percezioni, l'unica via per restituire,<br />
ad esempio, il ritardo nella risposta<br />
del motore dovuto all'installazione <strong>di</strong><br />
un intercooler maggiorato 1 , è quella <strong>di</strong><br />
esplicitare una reazione che nella realtà<br />
solo piloti dotati <strong>di</strong> una certa sensibilità<br />
riuscirebbero a <strong>di</strong>stinguere. La linearità è<br />
invece votata a non far perdere la bussola<br />
a chi è poco avvezzo con le elaborazioni.<br />
Nella saga <strong>di</strong> GT si tende, in linea<br />
generale, a sostituire le relazioni "uno a<br />
molti" con più abbordabili "uno a uno".<br />
Se il fine <strong>di</strong> una mo<strong>di</strong>fica è quello <strong>di</strong> aumentare<br />
la fascia <strong>di</strong> erogazione della<br />
coppia, l'effetto sarà quello, tenendo<br />
magari in considerazione un altro paio <strong>di</strong><br />
variabili ma escludendo le centinaia <strong>di</strong><br />
altre implicazioni che possono derivare<br />
dalla singola variazione alla "fisionomia"<br />
dell'auto. La volontà <strong>di</strong> venire incontro<br />
all'utente è ben visibile allorquando si<br />
nota che il primo in<strong>di</strong>catore (e unico, se<br />
non si scende in pista) utilizzato per mostrare<br />
la conseguenza <strong>di</strong> una mo<strong>di</strong>fica è<br />
l'aumento dei cavalli motore. Ad ogni<br />
modo GT3 A-Spec (e la saga in generale)<br />
è capace anche <strong>di</strong> accorgimenti che<br />
mostrano una conoscenza e una passione<br />
per i motori <strong>di</strong> alto livello. Esempio:<br />
la sostituzione dello scarico e del filtro<br />
dell'aria, che teoricamente (seguendo le<br />
spiegazioni fornite a video) dovrebbe<br />
aumentare il numero <strong>di</strong> cavalli e le prestazioni<br />
generali senza controin<strong>di</strong>cazioni,<br />
può invece sedere completamente veicoli<br />
con poca coppia a bassi regimi come il<br />
New Beetle. Eccellente è anche la cura<br />
prestata alle <strong>di</strong>namiche dell'auto. Il trasferimento<br />
<strong>di</strong> carico è riprodotto con estrema<br />
fedeltà. In GT3 A-Spec affrontare<br />
un cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione dopo un dosso<br />
o dopo un tratto pianeggiante varia notevolmente<br />
il comportamento della vettura.<br />
Visivamente le sospensioni sbuffano<br />
sotto la pressione dell'auto e su sterrato<br />
sobbalzano realisticamente, irridendo,<br />
almeno sotto questo aspetto, i prodotti<br />
rallistici. Dove invece GT si prende<br />
ben più <strong>di</strong> una licenza è nella destabilizzazione<br />
dell'auto. Tutti conoscono gli<br />
effetti benefici che la strisciata sul muro<br />
comporta nel prodotto Polyphony. A<br />
questo si aggiungono sponde violente (e<br />
mai punite) contro gli avversari: in frenata<br />
e in fase d'inserimento in curva,<br />
quando la vettura è già fortemente sollecitata<br />
(il più delle volte al limite d'aderenza),<br />
un minimo contrasto dovrebbe<br />
essere fatale; in GT ci si limita a essere<br />
scansati lievemente dalla traiettoria ideale.<br />
Anche i salti <strong>di</strong> cordolo sono piuttosto<br />
allegri: al <strong>di</strong> là dell'impossibilità <strong>di</strong><br />
ribaltarsi, non innervosiscono la vettura.<br />
Tagliare il primo curvone della pista romana<br />
<strong>di</strong> GT3 A-Spec dovrebbe, alla luce<br />
dello scossone subito, imbastar<strong>di</strong>re la<br />
gestibilità della traiettoria, elemento solo<br />
accennato nel gioco. In altre occasioni,<br />
poi, esagerati sovrasterzi <strong>di</strong> potenza portano<br />
benefici irreali.<br />
Più rigoroso appare Ferrari F355<br />
Challenge dove, <strong>di</strong>sattivando gli aiuti, è<br />
necessario "guidare sulle uova" onde<br />
evitare spiacevoli uscite <strong>di</strong> strada. In<br />
particolare è la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza in<br />
curva a sembrare più rigorosa. In GT3,<br />
quando l'auto sta partendo per la tangente<br />
a causa <strong>di</strong> un ingresso a velocità<br />
sostenuta, un colpo <strong>di</strong> freno può aiutare<br />
enormemente. Nel titolo Sega, invece, la<br />
manovra funziona solo se si agisce prontamente.<br />
La <strong>di</strong>fferenza tra i due prodotti<br />
pare essere proprio nel margine <strong>di</strong> errore,<br />
laddove F355 richiede l'applicazione<br />
<strong>di</strong> contromisure al millesimo <strong>di</strong> secondo,<br />
GT3 concede il lusso <strong>di</strong> quell’attimo in<br />
più <strong>di</strong> zona franca. Allo stesso modo intransigenti<br />
risultano essere i due titoli <strong>di</strong><br />
punta della F1 da console (Formula<br />
One 2002 <strong>di</strong> Sony e F1 2003 <strong>di</strong> EA),<br />
ma in questo caso la rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> reazione<br />
è implicita nell'esasperata velocità dei<br />
boli<strong>di</strong> a ruote scoperte e nella parzializzazione<br />
dell'acceleratore, tutt'altro che<br />
agevole viste le potenze in gioco.<br />
L'implementazione dell'aderenza e l'intelligenza<br />
artificiale sono due aree universalmente<br />
critiche e criticate nei racing<br />
game (titoli motociclistici inclusi).<br />
Quando si parla <strong>di</strong> errata implementa-<br />
8<br />
zione dell'aderenza il riferimento è all'uscita<br />
dalle traiettorie ideali. La gommatura<br />
funge unicamente da in<strong>di</strong>catore per<br />
seguire la linea perfetta, uscirne non<br />
comporta variazioni <strong>di</strong> grip. "La pista<br />
gommata si sente molto quando inizia a<br />
piovere. In questo caso la si deve evitare<br />
accuratamente, perché <strong>di</strong>venta scivolosissima.<br />
Le traiettorie che si fanno sul<br />
bagnato sono totalmente <strong>di</strong>verse" ci ricorda<br />
Piero Plini, collaboratore della rivista<br />
Elaborare, "Inoltre, sull'asciutto,<br />
mettendo le ruote dove gli altri non passano,<br />
non solo non si trova la gommatura,<br />
ma si passa sullo sporco: inteso come<br />
polvere, detriti <strong>di</strong> gomma e sassolini",<br />
elementi mai presi in<br />
considerazione, se non a livello grafico<br />
(ad esempio i pneumatici imbrattati <strong>di</strong><br />
erba e sabbia dopo un fuori pista in F1<br />
2003). Discorso analogo riguarda anche<br />
le turbolenze, limitate allo sfruttamento<br />
dell'effetto scia.<br />
Il comportamento degli avversari virtuali<br />
è, se possibile, <strong>di</strong>scorso ancora più spinoso.<br />
Che il progresso in campo au<strong>di</strong>o/video<br />
abbia beneficiato <strong>di</strong> maggiori<br />
attenzioni rispetto all'intelligenza artificiale<br />
è lapalissiano. Il dubbio che quest'ultima<br />
non sia evoluta per nulla è però<br />
pressante, specialmente assistendo a<br />
certe condotte <strong>di</strong> gara. Siamo passati<br />
dalle mine vaganti agli avversari con<br />
traiettorie invariabili, abbiamo gareggiato<br />
ad<strong>di</strong>rittura con IA ad elastico ma i<br />
piloti coscienti ed aggressivi non sono<br />
ancora tra noi. Quasi tutti i giochi presentano<br />
avversari cre<strong>di</strong>bili, questo finché<br />
l'utente non arriva a scombinare i loro<br />
piani <strong>di</strong> perfetta logicità. Anche i capolavori<br />
citati (la saga GT in particolare) non<br />
risultano sod<strong>di</strong>sfacenti nel veicolare il<br />
senso <strong>di</strong> sfida. Non si parla qui <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà,<br />
ma dell'improvvisazione che faccia<br />
ritardare una staccata per non subire un<br />
sorpasso, o dell'astuzia che permetta<br />
alla CPU <strong>di</strong> mandare a vuoto, magari con<br />
una brusca frenata, il giocatore che tende<br />
a spazzare via la concorrenza a suon<br />
<strong>di</strong> sportellate. Tutto questo, probabilmente,<br />
porterebbe molta più cre<strong>di</strong>bilità<br />
<strong>di</strong> quanto non saprebbero fare l'implementazione<br />
dei danni o l'inasprimento<br />
della tolleranza verso le frenate fuori<br />
tempo massimo.<br />
[1] Sulle vetture turbocompresse, l’aria immessa<br />
nei cilindri necessita <strong>di</strong> essere raffreddata<br />
(in quanto i gas si espandono con calore e<br />
quin<strong>di</strong> a parità <strong>di</strong> volume, l’aria riscaldata contiene<br />
meno ossigeno) per migliorare il ren<strong>di</strong>mento<br />
del motore e, dunque, la potenza che<br />
esso eroga. L’intercooler può essere maggiorato<br />
(con un “ra<strong>di</strong>atore” aria/aria più grande) ma<br />
la lunghezza del percorso che l’aria dovrà compiere,<br />
provocherà un leggero ritardo nella risposta<br />
del motore.
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
Rally e <strong>di</strong>ntorni: lotta nel fango<br />
Mario e Luigi insegnano: a ogni fratello<br />
famoso ne corrisponde uno, un po' sfigatino,<br />
che vive <strong>di</strong> pallida luce riflessa. Lo<br />
sporco del fuoristrada non pareva confacersi<br />
alle luci della ribalta e così, a <strong>di</strong>spetto<br />
<strong>di</strong> numerose uscite sia in ambito<br />
coin-op che casalingo, il genere non viveva<br />
fino in fondo le sue caratteristiche.<br />
La guida fuori dall'asfalto era spesso terreno<br />
per strampalati arcade (come<br />
Buggy Boy <strong>di</strong> Tatsumi), e quando cercava<br />
<strong>di</strong> guadagnare in serietà <strong>di</strong>fficilmente<br />
si appropriava delle sue peculiarità.<br />
La già accennata insistenza su gomme<br />
fumanti e traslazioni rettilinee non<br />
era, d'altra parte, mo<strong>di</strong>ficabile massicciamente<br />
in <strong>di</strong>rezione dell'off road. Gli<br />
espe<strong>di</strong>enti per <strong>di</strong>versificare le due tipologie<br />
<strong>di</strong> giochi, quin<strong>di</strong>, facevano leva sullo<br />
sparpagliamento <strong>di</strong> detriti in pista, sul<br />
posizionamento <strong>di</strong> rampe atte a prodursi<br />
in decolli generosi e sull'abbassamento<br />
del coefficiente <strong>di</strong> grip. Quest'ultima pratica<br />
finiva per far assomigliare un generico<br />
gioco <strong>di</strong> rally alla copia scivolosa <strong>di</strong><br />
un racer qualsiasi. La tra<strong>di</strong>zionale visuale<br />
'da <strong>di</strong>etro', adottata da Pole Position<br />
e Out Run, non aiutava. Il realismo era<br />
più semplice da ottenere sfruttando punti<br />
<strong>di</strong> vista a volo d'uccello o isometrici: il<br />
controllo sulla sbandata dell'auto <strong>di</strong>veniva<br />
più completo e i saliscen<strong>di</strong> potevano<br />
essere accentuati.<br />
Il <strong>di</strong>vertente Ironman Ivan Stewart's<br />
Super Off Road (Leland, 1989) imponeva<br />
<strong>di</strong> tracciare, tra avvallamenti e<br />
dossi, traiettorie il più possibile pulite<br />
per mantenere alta la velocità. Pur essendo<br />
uno spin-off <strong>di</strong> Super Sprint, riusciva<br />
a ritagliarsi uno spazio proprio, una<br />
<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> fango e sudore dove le peculiarità<br />
dei fon<strong>di</strong> sconnessi trovavano <strong>di</strong>mora.<br />
Negli anni successivi, con prodotti<br />
quali Drift Out (Visco Games, 1991) e<br />
World Rally Championship (Gaelco,<br />
1993), il perno faceva il suo ingresso in<br />
scena. Tale aberrazione rappresentava la<br />
maniera più semplice per riprodurre il<br />
comportamento sculettante della vettura<br />
da rally. Il lettore pensi a un palo piantato<br />
in verticale nel baricentro dell'auto;<br />
ora immagini che, ad ogni cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione,<br />
essa gli ruoti intorno derapando.<br />
L'escamotage, se ben camuffato,<br />
scimmiotta in maniera convincente l'andatura<br />
su terreni latori <strong>di</strong> scarsa aderenza,<br />
ma non è reale. Se si pensa che la<br />
storia recente si sia <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> tali artifici<br />
è bene ricredersi: WRC II Extreme, ad<br />
esempio, sfoggia in più <strong>di</strong> un frangente<br />
la sua faccia da perno.<br />
L'evoluzione del rally trovò nel 1995 il<br />
suo sacro Graal, ancora una volta da<br />
parte della prolifica Sega (il lettore scusi<br />
l'ossimoro). Sega Rally Championship<br />
tracciava la rotta che tutti avrebbero<br />
seguito. Come un road book articolato<br />
ma poco approfon<strong>di</strong>to, poneva le basi su<br />
cui il <strong>di</strong>scorso dell'off road si sarebbe<br />
ampliato. Far sbandare l'auto era un piacere<br />
grazie alla ben <strong>di</strong>versificata aderenza<br />
sulle <strong>di</strong>fferenti tipologie <strong>di</strong> fondo stradale.<br />
La filosofia era quella del "ogni<br />
curva <strong>di</strong> traverso" perché era ciò che i<br />
piloti in erba volevano (non si <strong>di</strong>mentichi<br />
della moda portata in auge da Ridge Racer).<br />
Nell'immaginario collettivo il rally è<br />
l'arte del controsterzo, il resto viene dopo.<br />
Come <strong>di</strong> rigore per i drving game<br />
della casa <strong>di</strong> Sonic, anche SRC richiedeva<br />
un abbozzato realismo nelle tecniche<br />
<strong>di</strong> guida. In questo caso le parole d'or<strong>di</strong>ne<br />
erano ritmo e anticipo. Giungere sparati<br />
a metà <strong>di</strong> un tornante e sperare <strong>di</strong><br />
poter cambiare <strong>di</strong>rezione mantenendo la<br />
velocità era utopico, altrettanto inverosimile<br />
era pensare <strong>di</strong> uscire illesi da una<br />
serie <strong>di</strong> S senza una strategia su come e<br />
quando <strong>di</strong>rezionare l'avantreno del proprio<br />
bolide.<br />
La seconda metà degli anni '90 portava<br />
un inizio <strong>di</strong> realismo sugli schermi dei PC<br />
grazie a Magnetic Fields e ai suoi Network<br />
Q Rally Championship (1996) e<br />
International Rally Championship<br />
(1997). Le console, dal canto loro, si apprestavano<br />
a vivere un'altra storia Sonycentrica.<br />
Annunciato in pompa magna,<br />
V-Rally (1997, Eden Stu<strong>di</strong>os) si agghindava<br />
con una mise poligonale <strong>di</strong> tutto<br />
rispetto. Stupefacenti gli effetti <strong>di</strong> illuminazione<br />
nelle prove notturne: nei replay,<br />
con il motore che giungeva da lontano e<br />
il cono <strong>di</strong> luce che investiva cielo/guardrail/asfalto,<br />
la rappresentazione si vestiva<br />
<strong>di</strong> fotorealismo. Gli avversari <strong>di</strong>gitali,<br />
invece, erano temerari, loro viaggiavano<br />
nella più impenetrabile delle<br />
oscurità, male<strong>di</strong>cendo l'allora primitiva<br />
conoscenza dell'hardware Sony. V-Rally<br />
era la <strong>di</strong>sciplina sviluppata con la socialità<br />
in mente, non si correva contro il<br />
tempo ma sportellandosi con altri tre<br />
simpaticoni. Poco reale, certo, ma molto<br />
<strong>di</strong>vertente. Cercando <strong>di</strong> ovviare all'intraversamento<br />
prematuro alla Sega Rally,<br />
in Eden Stu<strong>di</strong>os approntarono un metodo<br />
<strong>di</strong> controllo che permetteva all'auto <strong>di</strong><br />
curvare normalmente fino a un certo<br />
punto, passata quella manciata <strong>di</strong> decimi<br />
<strong>di</strong> secondo la pressione sulla croce <strong>di</strong>rezionale<br />
si trasformava in una sbandata<br />
da controllare e/o da accentuare con<br />
colpetti sul freno. Il metodo si <strong>di</strong>mostrava<br />
efficace, tuttavia il feeling <strong>di</strong> realismo<br />
era sfuggente. Le curve ad ampio raggio,<br />
ad esempio, erano spesso da condurre<br />
da ubriachi, picchiettando sul pad<br />
e ammirando la macchina ondeggiare.<br />
La guida era notevolmente <strong>di</strong>versa da<br />
quanto sperimentato sino ad allora, non<br />
si conduceva né un auto vera né una dei<br />
videogiochi, bensì un'auto <strong>di</strong> V-Rally:<br />
un agglomerato <strong>di</strong> tecnologia e metallo<br />
dal realismo a singhiozzo. La ricerca dell'alternativa,<br />
comunque, avrebbe portato<br />
in tempi più recenti a includere il terzo<br />
capitolo della saga tra i rally più "veri"<br />
commercializzati su PS2, nonché uno dei<br />
più avulsi dal perno videolu<strong>di</strong>co.<br />
L'anno successivo fu il turno <strong>di</strong> Codemasters<br />
e del suo Colin McRae Rally. Applicando<br />
la filosofia veicolata da Gran<br />
Turismo, i Co<strong>di</strong>es decisero che il punto<br />
<strong>di</strong> arrivo non era la programmazione del<br />
9<br />
motore fisico perfetto, bensì il miglior<br />
connubio possibile tra <strong>di</strong>vertimento e<br />
verosimiglianza. CMR era una gioia da<br />
giocare. Era un finto intelligente, dove le<br />
facilonerie sottese alla fisica dell'auto<br />
erano ben mascherate: una curva affrontata<br />
senza sbavature riempiva <strong>di</strong><br />
orgoglio proprio perché non si percepiva<br />
l'edulcorazione del mondo fisico, ci si<br />
sentiva provetti piloti. Ricreare la vera<br />
struttura della <strong>di</strong>sciplina (il connubio<br />
uomo-macchina in lotta contro il tempo)<br />
si rivelò fondamentale per il coinvolgimento.<br />
La scelta fu coraggiosa e la fortuna premiò<br />
gli audaci: CMR <strong>di</strong>ventò, de facto, il<br />
para<strong>di</strong>gma del genere, tanto da incanalare<br />
l'intero movimento rallistico <strong>di</strong>gitale<br />
sulle sue tracce. Anche la saga che<br />
commercialmente si oppone allo scozzese<br />
volante, WRC <strong>di</strong> Evolution Stu<strong>di</strong>os,<br />
ne ricalca le orme, pur compiendo le<br />
proprie scelte in più <strong>di</strong> un'occasione (cadenza<br />
delle note e sensazione <strong>di</strong> velocità<br />
in primis). Sono proprio le note uno dei<br />
punti dolenti delle simulazioni uscite sino<br />
ad oggi. Ernesto Manfrin, collaboratore<br />
del sito Rally Tribe (www.rallytribe.com)<br />
ed ex pilota, ci spiega il perché: "Le in<strong>di</strong>cazioni<br />
sono irreali più o meno in tutti i<br />
giochi. Molte curve 'easy' se fossero dettate<br />
in gara lascerebbero pochi superstiti.<br />
Inoltre lo sviluppo del tracciato viene<br />
comunicato troppo in ritardo". Ad<strong>di</strong>rittura<br />
in WRC II Extreme, che a un primo<br />
impatto pare inondare <strong>di</strong> informazioni in<br />
largo anticipo, non è raro superare in<br />
velocità il navigatore, trovandosi nella<br />
situazione <strong>di</strong> affrontare le insi<strong>di</strong>e nel<br />
momento stesso in cui le casse sputano<br />
fuori il relativo file vocale. Pur presupponendo<br />
futuri miglioramenti è improbabile<br />
che seguendo il trend attuale le 'pace<br />
note' possano risultare fedeli alla 'cosa<br />
vera'. "Non esiste un solo stile <strong>di</strong> guida,<br />
così come non esiste un solo tipo <strong>di</strong> auto.<br />
Passare da un veicolo all'altro, per<br />
esempio, richiede impostazioni <strong>di</strong>verse in<br />
fase <strong>di</strong> curva, frenata, etc. I videogiochi<br />
tendono a sottovalutare questi aspetti<br />
preconfezionando note generiche, adatte<br />
a tutti, mentre invece sono tra gli elementi<br />
più personali del rally" continua<br />
Manfrin. Non è unicamente la singola<br />
curva a poter essere affrontata in vari<br />
mo<strong>di</strong>, ma ad<strong>di</strong>rittura lo stile <strong>di</strong> comunicazione<br />
richiesto può mo<strong>di</strong>ficarsi da pilota<br />
a pilota. Un hard <strong>di</strong>sk associato a un<br />
e<strong>di</strong>tor potrebbe rappresentare la via per<br />
personalizzare gli appunti. Per il momento<br />
la fonte <strong>di</strong> adattabilità sgorga dai settaggi<br />
della vettura, e anche in questo<br />
caso il rigore simulativo si affaccia solamente<br />
alla porta, senza varcarne la soglia.<br />
Le mo<strong>di</strong>fiche apportabili sono le<br />
solite (gomme, sospensioni, etc.), poco<br />
articolate (spesso si tratta <strong>di</strong> 3 o 4 modulazioni<br />
<strong>di</strong>verse) e non si avventurano
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
mai, al contrario <strong>di</strong> GT, in tecnicismi esasperati.<br />
Il motivo risiede nella mancanza<br />
<strong>di</strong> input. La guida rallistica simulata<br />
non ha permesso, e quin<strong>di</strong> non ha<br />
richiesto, fino ad oggi <strong>di</strong> dover agire su<br />
aspetti 'liminari' quali, ad esempio, la<br />
regolazione delle barre stabilizzatrici 1 .<br />
Non si hanno le percezioni attraverso le<br />
quali si sviluppa il '<strong>di</strong>alogo' tra l'uomo e<br />
il veicolo. Come permettere <strong>di</strong> 'sentire' le<br />
continue variazioni nel fondo stradale o<br />
come rendere tangibile la prossima per<strong>di</strong>ta<br />
<strong>di</strong> aderenza? Nella mancanza <strong>di</strong> risposte<br />
i videogiochi si trovano ad esagerare<br />
o a semplificare (basti pensare che,<br />
a causa della frenesia <strong>di</strong> gioco, raramente<br />
il cambio è gestibile manualmente).<br />
Le stesse tecniche <strong>di</strong> conduzione, che<br />
nella realtà richiedono grande esperienza,<br />
vengono acquisite e maneggiate in<br />
pochi minuti. Non si parla del solo controsterzo<br />
(manovra, comunque, tutt'altro<br />
che semplice) ma <strong>di</strong> finezze quali il<br />
'pendolo' attuabili con una facilità sorprendente.<br />
Che sia un mondo fisico sui<br />
generis lo si intuisce da molti particolari.<br />
In WRC II Extreme (preso come riferimento,<br />
a <strong>di</strong>spetto del più recente seguito,<br />
in virtù <strong>di</strong> un più ferreo rigore simulativo),<br />
ad esempio, una frenata secca<br />
nel bel mezzo <strong>di</strong> una cambio <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>rezione non scompone l'auto (si provi<br />
la stessa manovra in GT3 con la Subaru<br />
Impreza e si ammiri il risultato), mentre<br />
per mandarla in sbandata basta semplicemente<br />
sterzare (anche su asfalto). In<br />
pratica una conduzione della curva priva<br />
<strong>di</strong> funambolismi è raramente riscontrabile.<br />
Ironicamente, come ci ricorda Manfrin<br />
"La guida più red<strong>di</strong>tizia è quella pulita".<br />
Altre malizie quali il 'sinistro' sono accessibili<br />
a tutti. Usare tale tecnica in<br />
WRC II Extreme, previo possesso <strong>di</strong><br />
volante e pedaliera, non è complicato,<br />
anche se sembra che più che il trasferimento<br />
<strong>di</strong> carico influisca la migliore gestione<br />
della velocità. Senza un volante,<br />
invece, il 'sinistro' è ostico, il che riporta<br />
Motociclismo: meno ruote, meno clamore<br />
Le due ruote rappresentano, in campo<br />
lu<strong>di</strong>co come nella realtà, un mondo marginale<br />
rispetto all'automobilismo. Se il<br />
rally è il fratello in ombra, il motociclismo<br />
è il cugino incidentato. Sostenuta<br />
tra l'85 e l'87 dall'esercito Sega (Hangon,<br />
Enduro Racer e Super Hang-on),<br />
la produzione <strong>di</strong> videogiochi votati all'impennata<br />
languì per quasi un decennio<br />
in cerca <strong>di</strong> soluzioni che la traessero fuori<br />
dal pantano del folklore. Ai titoli citati,<br />
infatti, faceva da contraltare una schiera<br />
<strong>di</strong> esemplari che delle due ruote avevano<br />
giusto gli sprite. Zippy Race (Irem,<br />
1983) e l'anti<strong>di</strong>luviano Stunt Cycle (Atari,<br />
1976) erano solo alcuni dei coin-op<br />
dove, rimpiazzando le moto con qualsiasi<br />
altro oggetto/animale/vegetale, non si<br />
sarebbe attentato per nulla alla cre<strong>di</strong>bilità<br />
dell'esperienza (chi scrive si riserva<br />
qualche dubbio unicamente sull'implementazione<br />
<strong>di</strong> una quercia secolare dotata<br />
<strong>di</strong> turbo). Solo Excitebike (Nintendo,<br />
1984) abbozzava una gestione dei<br />
ritmi nel controllo dei salti, ma si trattava<br />
pur sempre <strong>di</strong> un'esperienza assolutamente<br />
irreale.<br />
Il regno della forza centrifuga imperava<br />
anche sulle due ruote. Sebbene<br />
all'annoso problema delle interfacce. Le<br />
periferiche dotate <strong>di</strong> force feedback sono<br />
sottoutilizzate, non riescono a convogliare<br />
nelle mani tutti gli input necessari. Se<br />
si pensa che alcuni volanti funzionano in<br />
taluni prodotti e non in altri la situazione<br />
si fa sconfortante. Da non <strong>di</strong>menticare,<br />
inoltre, che il videogioco deve essere<br />
costruito intorno al pad, con tutte le limitazioni<br />
che ciò comporta. Scontrandosi<br />
contro muri <strong>di</strong> ogni sorta i designer scelgono<br />
<strong>di</strong> soprassedere a qualche regola e<br />
<strong>di</strong> rendere più mass market il prodotto,<br />
con evidenti incongruenze: "Le attuali<br />
auto WRC grazie alla gestione elettronica<br />
dei <strong>di</strong>fferenziali 2 , non sono più molto<br />
spettacolari. Si intraversano poco", spiega<br />
Manfrin. La sbandata continua tanto<br />
cara alla <strong>di</strong>mensione lu<strong>di</strong>ca non è, dunque,<br />
il marchio <strong>di</strong> fabbrica del rally o<strong>di</strong>erno,<br />
ma viene mantenuta, in barba<br />
agli anacronismi, perché, come asserisce<br />
Stephane Baudet, CEO <strong>di</strong> Eden Stu<strong>di</strong>os,<br />
in un'intervista su Super Console "Realismo<br />
e giocabilità talvolta sono incompatibili".<br />
Convinzioni che trovano conferma<br />
quando si apprende che con le caratteristiche<br />
delle sospensioni fornite dalle case<br />
automobilistiche, le vetture <strong>di</strong> V-<br />
Rally 3 <strong>di</strong>ventavano impossibili da gestire.<br />
Una rigida interpretazione delle leggi<br />
fisiche manderebbe in crisi anche il più<br />
navigato dei piloti, figuriamoci l'utente<br />
me<strong>di</strong>o con la sua idea <strong>di</strong>storta sul rally.<br />
Evolution Stu<strong>di</strong>os aveva realizzato per<br />
Prodrive, scuderia vincitrice <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />
Campionati del Mondo, un software per<br />
la messa a punto che teneva in considerazione<br />
tutte le <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> un'auto da<br />
rally. La decisione <strong>di</strong> basare WRC su tale<br />
progetto fu una naturale conseguenza.<br />
Tuttavia "il modello <strong>di</strong> guida era talmente<br />
realistico che nessuno sarebbe riuscito<br />
a guidare" spiega Martin Kenwright,<br />
co-fondatore <strong>di</strong> Evolution Stu<strong>di</strong>os, "Avevamo<br />
una simulazione accurata ma continuavamo<br />
a sentirci ripetere da persone<br />
che lavorano nell'industria dei vg che le<br />
auto da rally non si comportano così". E'<br />
paradossale: per sviluppare un prodotto<br />
Hang-On incoraggiasse la modulazione<br />
dell'angolo <strong>di</strong> piega, la maggioranza della<br />
curve sfoggiava impenitente la gomma<br />
fumante, istigando allo spreco <strong>di</strong><br />
pneumatici anche progetti idealmente<br />
più seriosi orientati al mercato home<br />
quale Super Cycle per C64 (Epyx,<br />
1986)<br />
Il modello dualistico sala/casa, sottostante<br />
alla crescita dei titoli automobilistici,<br />
è riscontrabile con significative varianti<br />
nel mondo delle moto. Mancando i<br />
corrispettivi <strong>di</strong> Crammond e Kaemmer,<br />
l'evoluzione si appoggiava sui vagiti <strong>di</strong><br />
singole software house, delineando una<br />
10<br />
cre<strong>di</strong>bile non bisogna puntare alla realtà<br />
ma avvicinarsi all'idea che la gente ha <strong>di</strong><br />
essa. Ennesima conferma? Il rombo del<br />
motore è stato variato da WRC a WRC<br />
II Extreme perché i consumatori l'avevano<br />
giu<strong>di</strong>cato acuto e inverosimile. L'effetto<br />
corretto, però, è quello del primo<br />
episo<strong>di</strong>o. L'ignoranza del pubblico, dunque,<br />
si riflette nella verosimiglianza dei<br />
prodotti rallistici che, vessati anche dalla<br />
già citata cronica mancanza <strong>di</strong> sensazioni<br />
e da un'evoluzione letargica se confrontata<br />
con i racer classici, si rivelano<br />
essere estremamente lontani dalla simulazione.<br />
[1] “Le barre stabilizzatrici” illustra Piero Plini<br />
“collegano meccanicamente due ruote dello<br />
stesso asse, in modo da limitare il rollio dell’automobile<br />
in curva (coricamento da un lato).<br />
Sulle vetture da gara esse sono regolabili e<br />
contribuiscono ad irrigi<strong>di</strong>re la risposta delle<br />
sospensioni sui due assi separatamente. Una<br />
barra antirollio più rigida limita il coricamento<br />
laterale dell’automobile in curva e nei cambi <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>rezione”.<br />
[2] Nel caso <strong>di</strong> un’auto a quattro ruote motrici,<br />
un <strong>di</strong>fferenziale gestito elettronicamente permette<br />
<strong>di</strong> ottimizzare in ogni istante la ripartizione<br />
della coppia motrice tra le ruote e tra<br />
l’assale anteriore e posteriore. Distribuisce in<br />
modo <strong>di</strong>fferenziato la coppia tra i due semiassi<br />
in uscita dal <strong>di</strong>fferenziale. In pratica due frizioni<br />
a comando elettroidraulico e a gestione elettronica<br />
variano la <strong>di</strong>stribuzione della coppia in<br />
funzione stabilizzante.<br />
crescita a singhiozzo. A limitare l'espansione<br />
del genere contribuivano in maniera<br />
determinante le <strong>di</strong>fficoltà incontrate<br />
nel restituire il feeling con il veicolo.<br />
"Nella guida <strong>di</strong> una moto la gestione dell'apporto<br />
fisico è molto più importante e<br />
complessa" <strong>di</strong>ce Igor Berzi, caporedattore<br />
<strong>di</strong> SuperBike Italia. "Le auto in curva<br />
sterzano e basta, le moto piegano mentre<br />
il pilota si sposta sulla sella. Ci sono<br />
quin<strong>di</strong> da considerare molti più parametri.<br />
Il programmatore <strong>di</strong> un gioco <strong>di</strong> auto<br />
queste cose non le deve tenere in considerazione".<br />
Nell'impossibilità <strong>di</strong> replicare<br />
tale tipo <strong>di</strong> interazione, gli sviluppatori<br />
sceglievano spesso <strong>di</strong> modellare i propri<br />
prodotti sui comportamenti propri delle<br />
auto. Honda RVF per Amiga (Micro<br />
Style, 1989) fu uno dei pochi a restituire<br />
<strong>di</strong>gnità alla moto grazie a routine fisiche<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>screto spessore, ineguagliate dalle<br />
progenie poligonali (Red Zone, No Second<br />
Prize, Team Suzuki) che nei<br />
primissimi anni '90 invase l'home computer<br />
Commodore. Non fu quin<strong>di</strong> il mero<br />
dato numerico a frenare l'avanzata del<br />
genere (i videogiochi non potevano che<br />
rispecchiare il rapporto <strong>di</strong> venduto tra<br />
auto e moto). L'artificiosità con cui il
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
feeling del manubrio era veicolato pareva<br />
un muro insormontabile. Così, mentre<br />
le console vivevano tempi bui, rischiarati<br />
da qualche spora<strong>di</strong>ca uscita estremamente<br />
arcade (in Road Rash <strong>di</strong> EA per<br />
Megadrive le moto imparavano finalmente<br />
a sdraiarsi sull'asfalto e a <strong>di</strong>sarcionare<br />
il conducente in caso <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza),<br />
la sala giochi confermò che, in<br />
mancanza <strong>di</strong> una cre<strong>di</strong>bile influenza delle<br />
leggi fisiche sul mondo <strong>di</strong>gitale, la strada<br />
da percorrere era quella del coinvolgimento<br />
corporale. Manx TT <strong>di</strong> Sega si<br />
lasciava alle spalle il cabinato <strong>di</strong> Hang-<br />
On implementando un sistema idraulico<br />
capace <strong>di</strong> simulare le sensazioni della<br />
piega motociclistica. I 32 bit casalinghi,<br />
intanto, si limitavano a riprodurre la giocabilità<br />
arcade (è del 1997 Moto Racer<br />
<strong>di</strong> Delphine per PlayStation e PC) rimanendo<br />
legati al concetto <strong>di</strong> 'auto a due<br />
ruote'. Se la passava decisamente meglio<br />
il motocross, che si poteva avvalere<br />
del concetto <strong>di</strong> gestione del peso e ritmo<br />
nei salti per crearsi una precisa identità.<br />
Su PC spopolava Motocross Madness,<br />
mentre su PlayStation nasceva la serie<br />
'de<strong>di</strong>cata' a Ricky Carmichael che troverà<br />
sulle console a 128 bit la consacrazione.<br />
Anche il Nintendo 64, ai margini per<br />
ciò che concerne i driving game, beneficiò<br />
del suo momento <strong>di</strong> gloria grazie al<br />
restyling poligonale <strong>di</strong> Excitebike, il<br />
miglior gioco crossistico esistente assieme<br />
a MX2002 feat. Ricky Carmichael.<br />
Le due ruote stradali, nel frattempo, soffrivano<br />
<strong>di</strong> complessi <strong>di</strong> inferiorità ai quali<br />
Namco avrebbe posto fine grazie alla<br />
Moto GP 3, Ri<strong>di</strong>ng Spirits e MX 2002: prova su strada<br />
Un aspetto sul quale i videogiochi hanno<br />
sempre glissato è il quid su cui invece si<br />
dovrebbe basare l'esperienza simulativa:<br />
la sfocata linea <strong>di</strong> confine che separa<br />
una frenata riuscita da una caduta rovinosa,<br />
una curva pennellata da una scivolata<br />
irrecuperabile. Prendendo in considerazione<br />
i due esemplari più significativi<br />
attualmente in commercio, vale a <strong>di</strong>re<br />
Moto GP 3 <strong>di</strong> Namco e Ri<strong>di</strong>ng Spirits<br />
<strong>di</strong> Spike entrambi per PS2, si nota come<br />
l'influenza dell'aderenza sia stata presa<br />
in buona considerazione. E' Moto GP 3,<br />
in particolare, a restituire le sensazioni<br />
più realistiche. Aprendo il gas in curva la<br />
moto prende a slittare fino a quando la<br />
presa non è più possibile e il pilota finisce<br />
a far compagnia alle margherite. I<br />
tempi <strong>di</strong> reazione, in virtù della scontata<br />
mancanza <strong>di</strong> percezioni extra visive sull'inizio<br />
<strong>di</strong> sbandata del mezzo, sono<br />
comprensibilmente <strong>di</strong>latati rispetto al<br />
mondo reale. “È solo un gioco” <strong>di</strong>ce il<br />
campione Marco Melandri interrogato da<br />
Super Console sull’argomento, “nella<br />
realtà ci sono un sacco <strong>di</strong> fattori che comunicano<br />
la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza. In Moto<br />
GP praticamente te ne accorgi solo<br />
quando ve<strong>di</strong> apparire la riga nera<br />
sull’asfalto. Ci sono cose che un videogioco<br />
non può riprodurre”. Ciò che risulta<br />
meno cre<strong>di</strong>bile è la gestione vera e<br />
propria della sbandata. "Nella realtà",<br />
come illustra Alberto Raver<strong>di</strong>no, Redattore<br />
e Tester <strong>di</strong> SuperBike Italia, "più si<br />
dà gas senza ritegno in curva e maggiore<br />
è il rischio che il posteriore perda aderenza.<br />
In tal caso, per recuperare occorre<br />
parzializzare il gas e non chiuderlo<br />
completamente, in modo che il freno<br />
motore non scomponga ulteriormente la<br />
moto". Ciò che accade in Moto GP 3 è<br />
invece leggermente <strong>di</strong>verso. La parzializzazione<br />
dell'acceleratore funziona a<br />
meraviglia, ma prescinderne non innesca<br />
comportamenti pericolosi. Se si accelera<br />
a singhiozzo, aprendo e rilasciando la<br />
manopola del gas, la moto si limita a<br />
perdere e guadagnare aderenza alla cadenza<br />
con cui l'utente porta avanti la<br />
sua bizzarra manovra. In pista un comportamento<br />
simile sarebbe <strong>di</strong>sastroso.<br />
L'imputato numero uno è, ancora una<br />
volta, il sistema <strong>di</strong> controllo. Tasti a<br />
pressione e stick analogici non risultano<br />
sempre agevoli per regolare la velocità,<br />
un possibile elemento <strong>di</strong> frustrazione che<br />
Namco ha voluto eliminare alla ra<strong>di</strong>ce,<br />
prendendosi qualche licenza. Ma non è <strong>di</strong><br />
certo l'unica. "Il grosso problema della<br />
saga Moto GP è l'assurda velocità con<br />
cui la moto controllata dal giocatore sale<br />
e scende in piega: del tutto irreale".<br />
Quello in<strong>di</strong>cato da Berzi è certamente<br />
uno dei fattori più fasti<strong>di</strong>osi che riporta il<br />
titolo Namco alle sue origini arcade. E'<br />
sufficiente tamburellare un po' con le<br />
levette analogiche per rendersi conto<br />
quanto rapidamente i centauri virtuali<br />
spostino il loro baricentro. Ironicamente<br />
Ri<strong>di</strong>ng Spirits, racer in cui la progressione<br />
della piega è assolutamente verosimile,<br />
è stato tacciato <strong>di</strong> estrema legnosità.<br />
"Anche il fatto che in uscita <strong>di</strong> curva<br />
la moto a volte si impenni quando è ancora<br />
del tutto inclinata, è parecchio fantasioso"<br />
sottolinea Berzi. D'altra parte in<br />
un gioco dove si può fare da 0 a 260<br />
km/h costantemente con la ruota anteriore<br />
alzata c'è poco da stupirsi. La saga<br />
Moto GP è così, è l'interpretazione della<br />
simulazione secondo l'oriente. Punisce<br />
senza perdere d'occhio la giocabilità.<br />
Non raggiunge la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> GP500 o<br />
della serie Superbike su PC, eppure è<br />
capace <strong>di</strong> farsi apprezzare per accorgimenti<br />
ine<strong>di</strong>ti per il mondo console. E' un<br />
bilanciamento continuo tra ciò che l'utente<br />
può controllare e ciò che è meglio<br />
relegare al mondo reale.<br />
Un campo su cui la riproduzione virtuale<br />
può giocarsi le proprie carte quasi<br />
alla pari con la realtà è la verosimiglianza<br />
dell’ambiente. Ancora Melandri “c’è<br />
una cosa da <strong>di</strong>re su Moto GP: i tracciati<br />
sono molto realistici e devi davvero seguire<br />
le traiettorie giuste per prendere<br />
bene le curve, frenando col dovuto anticipo<br />
e così via. Una cosa però non mi<br />
convince, ed è la chiusura delle curve.<br />
Nella realtà è più facile stringerle, mentre<br />
nel gioco le moto tendono a restare<br />
sull’esterno costringendoti a frenare<br />
troppo per rientrare”. Il realismo nella<br />
riproduzione delle piste fa parte <strong>di</strong> quel<br />
contorno au<strong>di</strong>ovisivo sul quale i titoli del<br />
passato facevano perno per illudere una<br />
progressione simulativa in verità inconsistente.<br />
Tutt’oggi ha peso più sul coinvolgimento<br />
emozionale che sul reale valore<br />
della simulazione <strong>di</strong> per sé. E’ comunque<br />
un tributo dovuto a Namco<br />
l’aver saputo ricreare in maniera maniacale<br />
ogni singolo saliscen<strong>di</strong> e <strong>di</strong>slivello,<br />
elemento apparentemente <strong>di</strong> semplice<br />
realizzazione che però ad altri concorrenti,<br />
l’omonimo Moto GP <strong>di</strong> Climax<br />
(Xbox) e in parte il pluriosannato Superbike<br />
World Championship (PC)<br />
11<br />
serie Moto GP e che il PC avrebbe portato<br />
in trionfo grazie a moto GP 500 e<br />
alla saga <strong>di</strong> Superbike. Ma è ancora un<br />
esame consolecentrico quello che <strong>Ring</strong><br />
vuole affrontare…<br />
dell’italiana Milestone, non è riuscita altrettanto<br />
fedelmente.<br />
Le frenate sono un altro punto critico. In<br />
Moto GP 3 i punti <strong>di</strong> staccata sono assolutamente<br />
verosimili, tuttavia le frenate<br />
vigorose quando si è già in piega vengono<br />
punite solo protraendo oltremodo<br />
la pressione. Come ricorda Raver<strong>di</strong>no "È<br />
possibile frenare a moto inclinata, ma<br />
occorre essere dolci e progressivi col<br />
freno anteriore, aiutandosi con il freno<br />
posteriore per stabilizzare la moto. In<br />
caso contrario è facile perdere aderenza<br />
e finire a terra" che non è esattamente il<br />
comportamento visto nel mondo virtuale<br />
(ancora peggio Ri<strong>di</strong>ng Spirits, dove la<br />
totale assenza <strong>di</strong> grip non è contemplata<br />
né in accelerazione né tantomeno in decelerazione).<br />
La spiegazione <strong>di</strong> Raver<strong>di</strong>no<br />
va a toccare un altro tasto dolente:<br />
l'assenza del freno posteriore pregiu<strong>di</strong>ca<br />
la completa gestione del mezzo. Fortunatamente<br />
Moto GP 3 pone rime<strong>di</strong>o in<br />
questo senso, anche se gli effetti appaiono<br />
spesso esagerati.<br />
I due titoli presi in considerazione si configurano<br />
quin<strong>di</strong> come ibri<strong>di</strong> molto più<br />
orientati all'arcade rispetto alle loro controparti<br />
su quattro ruote. Dalla quantità<br />
<strong>di</strong> settaggi (più elevati in RS rispetto a<br />
Moto GP 3, tuttavia non sempre realistici<br />
nei loro effetti, come ad esempio<br />
l’influenza delle migliorie nell’impianto<br />
frenante, che variano dall’irrisorio all’ininfluente)<br />
al comportamento in pista,<br />
restituiscono un'esperienza più 'leggera'.<br />
Senza dubbio uno dei motivi è legato<br />
alle <strong>di</strong>fferenti implicazioni che un'uscita<br />
<strong>di</strong> pista può avere nel caso <strong>di</strong> un auto e<br />
<strong>di</strong> una moto (sulle due ruote si cade<br />
quasi certamente, con pesanti ripercussioni<br />
sulla gara). La <strong>di</strong>fficoltà nel replicare<br />
l'influenza <strong>di</strong>retta sul pilota è, tuttavia,<br />
una problematica <strong>di</strong> rilievo, in quanto<br />
pregiu<strong>di</strong>ca l'approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> alcuni
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
aspetti. Nel caso <strong>di</strong> un inizio <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />
aderenza della ruota anteriore, ad esempio,<br />
gli spostamenti del corpo sarebbero<br />
essenziali per non finire gambe all'aria.<br />
Ri<strong>di</strong>ng Spirits ha tentato la via<br />
del controllo completo sul centauro, fallendo<br />
però nell'obiettivo. I motivi sono<br />
essenzialmente due: a) il numero <strong>di</strong> tasti<br />
da utilizzare <strong>di</strong>venta proibitivo b) gestire<br />
manualmente gli spostamenti del corpo<br />
non porta ai benefici sperati. Meglio <strong>di</strong><br />
lui ha fatto Moto GP <strong>di</strong> Climax, ma una<br />
vera influenza cre<strong>di</strong>bile e ficcante sulla<br />
conduzione del mezzo è ancora oltre<br />
all’orizzonte. E non c'è purtroppo periferica<br />
che tenga, almeno fino a quando i<br />
sistemi idraulici <strong>di</strong> Manx TT non saranno<br />
a portata <strong>di</strong> portafoglio.<br />
Le problematiche che un gioco <strong>di</strong> motocross<br />
porta con sé sono all'incirca le medesime<br />
dei racer stradali, accentuate<br />
però dalla mancanza <strong>di</strong> sensazioni che<br />
vessa anche il rally. Pur nel suo modello<br />
fisico <strong>di</strong>scretamente apprezzabile, MX<br />
2002 si rivela poco più che un elaborato<br />
Lacrime, sudore e sangue: i simulatori su personal computer<br />
<strong>di</strong> Massimo Rovatti<br />
Pochi fronzoli. Possiamo bearci quanto<br />
vogliamo rimirando il nostro bel monolito,<br />
fieri dell’esclusiva sul real driving<br />
simulator. Ma la verità è che i real driving<br />
simulator si trovano da un’altra parte.<br />
Su PC, per precisione. La <strong>di</strong>fferenza è<br />
nei termini. Da una parte i giochi.<br />
Dall’altra i simulatori. Da un lato il <strong>di</strong>vertimento,<br />
che più si fonde con il realismo,<br />
più acquista spessore, ma che <strong>di</strong>vertimento<br />
deve restare. Dall’altra il puro<br />
realismo, che spesso sconfina nella frustrazione,<br />
ma che ad utenti devoti può<br />
regalare un appagamento senza pari.<br />
Analizzando i titoli <strong>di</strong> guida per personal<br />
computer, è inevitabile cambiare il proprio<br />
punto <strong>di</strong> vista: qui è la ricerca del<br />
realismo senza con<strong>di</strong>zioni, la de<strong>di</strong>zione e<br />
la sofferenza a <strong>di</strong>stinguere un “simulatore”<br />
dalla massa <strong>di</strong> “giochini” che lo circondano.<br />
Senza la pretesa <strong>di</strong> rievocare<br />
tutta la storia dei simulatori a due e<br />
quattro ruote per personal computer, ci<br />
occuperemo dei titoli ancora oggi più<br />
significativi. Nel caso <strong>di</strong> serie, ci <strong>di</strong>lungheremo<br />
maggiormente sugli esponenti<br />
più recenti.<br />
La saga <strong>di</strong> Grand Prix: c’è spazio per<br />
un Crammond solitario?<br />
Nel 1996, fece la sua comparsa nei negozi<br />
Gran Prix 2. E il verbo simulare<br />
assunse un significato nuovo. Parto della<br />
mente e del lavoro <strong>di</strong> una sola persona,<br />
il co<strong>di</strong>ce assembler <strong>di</strong> GP2 racchiudeva<br />
tutto quello che un appassionato <strong>di</strong> Formula<br />
1 aveva sempre sognato e molto <strong>di</strong><br />
più. Non poche, infatti, sono le persone<br />
che hanno iniziato ad appassionarsi a<br />
questo sport proprio dopo aver provato<br />
in prima persona l’emozione <strong>di</strong> “scendere<br />
in pista” grazie a questo titolo. E la<br />
leggenda vuole che un Jacques Villeneuve,<br />
ancora inesperto facesse pratica<br />
proprio con questo videogioco per prendere<br />
confidenza con i tracciati su cui non<br />
si era mai ritrovato a correre. Un’estrema<br />
attenzione al dettaglio nella riproduzione<br />
<strong>di</strong> vetture e circuiti, unita ad un<br />
sistema <strong>di</strong> controllo votato al realismo e<br />
ad un’ottima intelligenza artificiale degli<br />
avversari, non lasciarono alcun dubbio<br />
sulla genialità <strong>di</strong> Crammond, che già a-<br />
veva in<strong>di</strong>cato la strada con il primo GP<br />
(oltre ad aver realizzato un classico <strong>di</strong><br />
guida “delirante” <strong>di</strong> tutti i tempi, tal<br />
Stunt Car Racer, che su Amiga rasentava<br />
il concetto <strong>di</strong> perfezione). Quattro<br />
anni dopo, schiacciato da un’hype soverchiante,<br />
fece il suo debutto Grand Prix<br />
3. Apriti cielo. Il capolavoro annunciato<br />
non si <strong>di</strong>mostrò tale e fu subito polemica,<br />
con accesi scontri sui forum <strong>di</strong> mezzo<br />
mondo tra denigratori e “partigiani”. Con<br />
il senno <strong>di</strong> poi, è impossibile non archiviare<br />
GP3 come un mero add-on del<br />
predecessore. A parte le con<strong>di</strong>zioni meteo<br />
(riprodotte in maniera impeccabile)<br />
ed un aggiornamento della fisica delle<br />
macchine, più in linea con il comportamento<br />
delle vetture del ’98 (cui il gioco<br />
si riferiva), poco o nulla era cambiato<br />
rispetto al predecessore. Lo stesso aggiornamento<br />
grafico era in linea con le<br />
varie patch non ufficiali che circolavano<br />
tra gli appassionati, non offrendo nulla <strong>di</strong><br />
stupefacente dal punto <strong>di</strong> vista cosmetico,<br />
a parte il già citato effetto “bagnato”.<br />
Dopo tante critiche, l’avvento dell’attuale<br />
Grand Prix 4 è stato accolto con un<br />
misto <strong>di</strong> speranze e scetticismo. Innanzi<br />
tutto, in quest’ultima incarnazione, l’intervento<br />
del padre/padrone Geoff Crammond<br />
è stato per forza <strong>di</strong> cose ri<strong>di</strong>mensionato.<br />
Impensabile nel 2002 sviluppare<br />
in solitario un gioco capace <strong>di</strong> competere,<br />
quantomeno sul piano estetico, con<br />
la concorrenza, ad oggi più agguerrita<br />
che mai. Ed infatti, dal punto <strong>di</strong> vista<br />
della grafica, finalmente GP4 rende giustizia<br />
al suo blasonato nome: sebbene<br />
non privi <strong>di</strong> alcune pecche, i tracciati e i<br />
modelli delle vetture sono riprodotti con<br />
grande attenzione al dettaglio. Sebbene<br />
le tonalità un po’ pastello delle texture<br />
tolgano qualcosa in termini <strong>di</strong> fotorealismo,<br />
ciò che colpisce maggiormente è la<br />
gestione in tempo reale <strong>di</strong> luci ed ombre,<br />
davvero mozzafiato, in particolare nelle<br />
situazioni <strong>di</strong> pioggia, in cui ogni goccia<br />
riflette le fonti luminose circostanti. Infine,<br />
presenza accessoria ma apprezzata è<br />
l’intervento <strong>di</strong> meccanici finalmente tri<strong>di</strong>mensionali,<br />
che si agitano in maniera<br />
decisamente realistica e spettacolare<br />
durante le fermate ai box. L’intelligenza<br />
artificiale si conferma ancora una spanna<br />
sopra la me<strong>di</strong>a: i piloti si comportano in<br />
maniera decisamente fedele alla realtà<br />
e, come da tra<strong>di</strong>zione della serie, visualizzare<br />
un gran premio senza parteciparvi<br />
è comunque molto spettacolare, data<br />
la verosimiglianza delle situazioni proposte.<br />
Il tasto dolente, però, si tocca andando<br />
ad analizzare la giocabilità. Che, a<br />
scanso <strong>di</strong> equivoci, è alta: proprio questo,<br />
per assurdo, è il <strong>di</strong>fetto principale<br />
riscontrato da tutti gli amanti dei simula-<br />
12<br />
arcade. L'accento simulativo è posto più<br />
che altro sulla 'verticalità' dell'esperienza,<br />
cioè la gestione dei salti e la ritmica<br />
con cui affrontarli. Curve, frenate e aderenza<br />
precaria non sono mai prese in<br />
considerazione, propendendo più all'imme<strong>di</strong>atezza<br />
e alla facile spettacolarità<br />
che alla dura realtà. Interessante è vedere<br />
come almeno l’influenza della frizione<br />
venga presa in considerazione, ma<br />
anche qui gli effetti finali sono spesso<br />
<strong>di</strong>scutibili, anabolizzati come sono dalle<br />
loro influenze arcade.<br />
tori. GP4 è un titolo quasi perfetto per<br />
chi voglia avvicinarsi al genere, ma ha<br />
sacrificato il realismo che all’epoca lo<br />
aveva reso celebre in favore <strong>di</strong> un modello<br />
<strong>di</strong> guida semplificato. E questo è un<br />
“tra<strong>di</strong>mento” che anche i più strenui <strong>di</strong>fensori<br />
<strong>di</strong> Crammond faticano a <strong>di</strong>gerire…<br />
Grand Prix Legends: IL Simulatore<br />
Correva l’Anno del Signore 1967 e boli<strong>di</strong><br />
da 400 cavalli, privi <strong>di</strong> qualsivoglia appen<strong>di</strong>ce<br />
aero<strong>di</strong>namica, si sfidavano in<br />
gare (letteralmente) mortali per i circuiti<br />
della Formula 1. Niente centraline elettroniche<br />
o cambio semiautomatico, poche<br />
protezioni ai lati (balle <strong>di</strong> fieno) e<br />
grossi marciapie<strong>di</strong> al posto delle vie <strong>di</strong><br />
fuga: ai tempi, la sicurezza era per i pavi<strong>di</strong>,<br />
ciò che contava era la sfida. Anno<br />
del Signore 1998: in casa Papyrus (già<br />
famosa grazie ai primi episo<strong>di</strong> della serie<br />
Nascar e Indy) si decide <strong>di</strong> produrre un<br />
titolo <strong>di</strong> F1. L’intento è chiaro: si vuole<br />
simulare in tutto e per tutto il leggendario<br />
Campionato del Mondo <strong>di</strong> cui sopra.<br />
Uscito nei negozi, Grand Prix Legends<br />
si rivelò un <strong>di</strong>screto insuccesso, vendendo<br />
poco più <strong>di</strong> 50.000 copie in un anno.<br />
Ma il contemporaneo affermarsi <strong>di</strong> Internet,<br />
ha fatto sì che la ristretta comunità<br />
virtuale <strong>di</strong> amanti del gioco accogliesse<br />
sempre nuovi adepti (tra i quali si vocifera<br />
figuri anche un tal Montoya…) ingrandendosi<br />
tanto da raggiungere le <strong>di</strong>mensioni<br />
attuali. In questi quasi 6 anni<br />
<strong>di</strong> vita, infatti, le ven<strong>di</strong>te delle rie<strong>di</strong>zioni<br />
del titolo hanno continuato a crescere,<br />
seguendo una parabola che, sebbene<br />
partita quasi piatta, ancora tende sempre<br />
più ad impennarsi. E la medesima<br />
curva potrebbe descrivere il grado <strong>di</strong><br />
padronanza del titolo, riportando in or<strong>di</strong>nate<br />
l’abilità <strong>di</strong> guida e in ascisse le ore<br />
<strong>di</strong> applicazione. In soldoni: se dopo<br />
mezz’ora <strong>di</strong> pratica con GP Legends<br />
riusciste a fare un intero giro del Nurburgring<br />
(quello vecchio, tortuoso e lunghissimo)<br />
a velocità me<strong>di</strong>amente sostenuta,<br />
potreste iniziare a pensare <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carvi<br />
seriamente alla vita da pilota.<br />
All’inizio, infatti, prodursi in tempi decenti<br />
con GP Legends non è ostico: è
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
quasi impossibile. Innanzitutto, data la<br />
sensibilità del modello <strong>di</strong> guida, è in<strong>di</strong>spensabile<br />
munirsi <strong>di</strong> volante e pedaliera,<br />
possibilmente <strong>di</strong> ottimo livello. Niente<br />
controllo della trazione, niente freni al<br />
carbonio: tenere in pista le “bare a motore”<br />
<strong>di</strong> GP Legends è un vero incubo.<br />
Ma dopo qualche settimana <strong>di</strong> pratica, è<br />
finalmente chiaro che la <strong>di</strong>fficoltà del<br />
titolo Papyrus è determinata unicamente<br />
dalla sua totale adesione alla realtà e si<br />
scopre che la vettura risponde sempre e<br />
comunque in maniera perfetta ai nostri<br />
più esili coman<strong>di</strong>, alle caratteristiche del<br />
tracciato ed al tipo <strong>di</strong> assetto messo a<br />
punto. Il modello <strong>di</strong> guida, infatti, risente,<br />
in ogni momento, dell’inerzia e della<br />
massa delle vetture, con il peso che si<br />
scarica dal retrotreno all’avantreno in<br />
occasione delle staccate più violente.<br />
Ogni spostamento del baricentro ha effettive<br />
ripercussioni sulle sospensioni<br />
(con tanto <strong>di</strong> rollio e beccheggio del bolide),<br />
così come sulla pressione e tenuta<br />
delle gomme. Superata la vertiginosa<br />
curva <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, è impossibile<br />
non farsi prendere da veri e propri deliri<br />
<strong>di</strong> onnipotenza producendosi in derapate<br />
ai 200 all’ora. Ciliegina sulla torta, GP<br />
Legends si rivela un’esperienza imper<strong>di</strong>bile<br />
giocato online, caratterizzato da<br />
minimi problemi <strong>di</strong> latenza anche in gare<br />
contro venti avversari e dotati <strong>di</strong> semplice<br />
modem a 56K. Per motivi <strong>di</strong> spazio è<br />
impossibile <strong>di</strong>lungarsi oltre su questo<br />
titolo. Ma chiunque abbia interesse a<br />
fare “sul serio” dopo una rapida ricerca<br />
verrà letteralmente inondato dal mare <strong>di</strong><br />
fansite, gruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione e veri e<br />
propri fanatici che nel 2004 ancorano<br />
sviscerano in ogni suo aspetto un titolo<br />
del ’98, ancora insuperato. Probabilmente<br />
GP Legends rimarrà sempre e comunque<br />
un titolo riservato ai maniaci del<br />
genere o a chi aspiri <strong>di</strong>ventarlo, ma non<br />
c’è alcun dubbio che rappresenti “IL Simulatore”<br />
per eccellenza. Chi cerca<br />
semplicemente/giustamente un “gioco”<br />
<strong>di</strong> guida, guar<strong>di</strong> da un’altra parte.<br />
F1 2001: la svolta Electronic Arts<br />
Dopo anni e anni <strong>di</strong> presentazioni patinate,<br />
musica alla moda, <strong>di</strong>ritti pagati e<br />
poca sostanza, la serie <strong>di</strong> FIFA pare aver<br />
intrapreso la strada verso la realizzazione<br />
<strong>di</strong> un titolo calcistico finalmente<br />
competente. Questo progressivo abbandono<br />
della superficialità in favore <strong>di</strong> un<br />
impianto <strong>di</strong> gioco solido, in casa EA era<br />
già cominciato con F1 2001, che invece<br />
<strong>di</strong> rappresentare l’annuale aggiornamento<br />
<strong>di</strong> un titolo fondamentalmente arcade,<br />
si era inaspettatamente rivelato un simulatore<br />
caratterizzato da grande realismo.<br />
Gli immancabili seguiti, sebbene<br />
non incarnino ancora “il simulatore perfetto”<br />
<strong>di</strong> Formula 1 o<strong>di</strong>erna cui gli appassionati<br />
anelano, restano comunque tra i<br />
migliori prodotti <strong>di</strong>sponibili sul mercato,<br />
capaci <strong>di</strong> restituire al meglio il feeling <strong>di</strong><br />
guida <strong>di</strong> una monoposto. Sebbene i piloti<br />
in erba possano avvicinarcisi grazie<br />
all’abbondanza <strong>di</strong> aiuti alla guida, è proprio<br />
<strong>di</strong>sabilitando questi ultimi che saltano<br />
all’occhio le enormi potenzialità <strong>di</strong><br />
una fisica fedele e <strong>di</strong> una sensazione <strong>di</strong><br />
controllo delle vetture assolutamente<br />
verosimile. A meno <strong>di</strong> una guida estremamente<br />
pulita, infatti, i boli<strong>di</strong> sbandano,<br />
scodano e rollano così come le controparti<br />
reali e finalmente un simulatore<br />
<strong>di</strong> F1 restituisce la sensazione <strong>di</strong> velocità<br />
che un pilota prova all’interno <strong>di</strong> un cockpit,<br />
sensazione che, per i giocatori<br />
meno esperti, avrà presto fine contro i<br />
muretti a lato pista. Dal punto <strong>di</strong> vista<br />
del sonoro, la saga EA è ineccepibile,<br />
fissando nuovi standard qualitativi per<br />
ciò che concerne la riproduzione del<br />
rombo dei motori e del rotolio dei pneumatici,<br />
mentre sul fronte grafico il risultato<br />
è ottimo ma non esaltante, a causa<br />
<strong>di</strong> alcune imprecisioni nella modellazione<br />
<strong>di</strong> circuiti e vetture (le cui proporzioni<br />
sono rispettate fedelmente). A questo,<br />
comunque, pone egregiamente rime<strong>di</strong>o<br />
l’estrema e<strong>di</strong>tabilità del titolo: una rapi<strong>di</strong>ssima<br />
ricerca in rete riverserà nell’HD<br />
dell’appassionato una mole <strong>di</strong> tracciati,<br />
carshape, cockpit e quant’altro si possa<br />
sperare, per <strong>di</strong> più realizzati, più che da<br />
appassionati, da veri e propri artisti.<br />
Un bel salto, dunque, per un prodotto<br />
che da semplice “giochino” per tutti, è<br />
riuscito ad affermarsi anche tra i ben più<br />
esigenti amanti della simulazione.<br />
Nascar: giorni <strong>di</strong> tuono?<br />
Fino al terzo episo<strong>di</strong>o,<br />
la serie Nascar <strong>di</strong> Papyrus<br />
aveva puntato<br />
più sulla spettacolarità<br />
insita in una gara <strong>di</strong><br />
stock car che su un<br />
effettivo realismo. Ma<br />
poi è arrivato Nascar<br />
Racing 4 ed è stato<br />
presto chiaro che<br />
qualcosa era cambiato. Il modello <strong>di</strong><br />
guida, fino ad allora piuttosto permissivo,<br />
ha subito una grossa evoluzione, a<br />
partire dagli effetti <strong>di</strong> sovrasterzo e sottosterzo.<br />
Inoltre, la fisica delle vetture<br />
ha iniziato a tener conto della ripartizione<br />
del carico: chiunque possieda un volante<br />
fornito <strong>di</strong> feedback, può “sentire”<br />
sulle sue braccia gli effetti <strong>di</strong> una sbandata,<br />
così come gli alleggerimenti in accelerazione<br />
e il maggiore carico sull’avantreno<br />
in caso <strong>di</strong> frenata. Nascar 4<br />
offre il meglio <strong>di</strong> sé giocato in multiplayer<br />
(questo a causa anche <strong>di</strong> un AI degli<br />
avversari piuttosto altalenante, “ritoccabile”,<br />
comunque, con numerose patch),<br />
poiché permette <strong>di</strong> partecipare ad epiche<br />
sfide fino ad<strong>di</strong>rittura a 43 partecipanti.<br />
Titolo realistico e curato in ogni suo aspetto,<br />
ma nel contempo spettacolare e<br />
<strong>di</strong>vertente, Nascar 4 (e relativi add on e<br />
seguiti) rapprenta una vera istituzione.<br />
Un capolavoro da provare, a meno <strong>di</strong><br />
non o<strong>di</strong>are svisceratamente gli ovali e<br />
questo tipo <strong>di</strong> competizioni in genere.<br />
Superbike: correre in moto the italian<br />
way…<br />
Dopo la saga <strong>di</strong> Screamer, la softco<br />
italiana Milestone aveva <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong><br />
avere tutte le qualità necessarie per imporsi<br />
a livello mon<strong>di</strong>ale. La vera e propria<br />
consacrazione, infatti, non ha tardato<br />
a venire quando il team capeggiato da<br />
Antonio Farina ha abbandonato le quattro<br />
ruote per de<strong>di</strong>carsi alle moto con<br />
Superbike. Dopo il primo, fortunato<br />
episo<strong>di</strong>o, la serie ha fatto un’enorme<br />
salto <strong>di</strong> qualità con Superbike 2000.<br />
Scartata definitivamente la modalità arcade,<br />
che con la sua imme<strong>di</strong>atezza da<br />
coin-op stonava decisamente con la ben<br />
più impegnativa simulazione, Milestone<br />
si è potuta de<strong>di</strong>care interamente alla<br />
ricerca del realismo. Disabilitando tutti<br />
13<br />
gli aiuti, infatti, rimanere in sella alla<br />
moto è <strong>di</strong>ventata un’esperienza ardua<br />
ma decisamente appagante. Particolarmente<br />
apprezzata la gestione dei pneumatici,<br />
la cui progressiva per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> aderenza<br />
(amplificata in caso <strong>di</strong> errori) costringe<br />
il giocatore a mantenere una<br />
guida il più possibile pulita, in modo da<br />
poter competere in maniera performante<br />
anche nelle decisive tornate finali. La<br />
gran<strong>di</strong>ssima cura spesa per la realizzazione<br />
<strong>di</strong> una fisica fedele, permette, dopo<br />
un po’ <strong>di</strong> pratica, <strong>di</strong> far sì che il mezzo<br />
risponda sempre esattamente ai nostri<br />
coman<strong>di</strong>, risultando in un compromesso<br />
tra sfida e puro <strong>di</strong>vertimento che<br />
<strong>di</strong>fficilmente ha raggiunto tale livello nel<br />
mondo dei simulatori. La medesima attenzione<br />
al dettaglio è stata riversata<br />
anche in Superbike 2001 a tutt’oggi,<br />
secondo molti appassionati, il miglior<br />
simulatore <strong>di</strong> moto esistente. Ad ulteriori<br />
limature alla fisica ed all’intelligenza artificiale<br />
degli avversari, si è accompagnata<br />
una realizzazione grafica che, dal punto<br />
<strong>di</strong> vista del mero realismo, <strong>di</strong>fficilmente<br />
può vantare rivali anche tra i titoli o<strong>di</strong>erni.<br />
I circuiti sono riprodotti con una fedeltà<br />
impressionante: chiunque abbia<br />
avuto la fortuna <strong>di</strong> correre a Monza, potrà<br />
testimoniare, dopo una partita a SBK<br />
2001, che il tracciato è assolutamente<br />
identico. Tale magnificenza grafica è stata<br />
ottenuta grazie ad un solido motore<br />
tri<strong>di</strong>mensionale, capace <strong>di</strong> vomitare innumerevoli<br />
poligoni senza accusare rallentamenti,<br />
ma soprattutto me<strong>di</strong>ante<br />
l’utilizzo <strong>di</strong> texture fotorealistiche, accompagnate<br />
ad una saggia scelta della<br />
palette <strong>di</strong> colori. Riuscendo a fondere in<br />
un unico titolo un’accurata e <strong>di</strong>vertente<br />
simulazione (sebbene i piloti smaliziati<br />
lamentino la presenza <strong>di</strong> una fisica sì<br />
coerente, ma non del tutto pari al vero)<br />
ad una realizzazione tecnica eccellente,<br />
Superbike 2001 rimane ancora oggi un<br />
capolavoro in<strong>di</strong>scusso.<br />
GP500: l’alternativa Microprose<br />
Superbike 2001 e<br />
GP500 sono i due<br />
punti <strong>di</strong> riferimento<br />
per gli appassionati <strong>di</strong><br />
giochi <strong>di</strong> moto su PC.<br />
Nonostante le competizioni<br />
tra boli<strong>di</strong> da<br />
mezzo litro abbiano<br />
cambiato nome in<br />
MotoGP, ancora adesso<br />
è estremamente <strong>di</strong>vertente inforcare<br />
una due tempi e lanciarsi nei circuiti <strong>di</strong><br />
GP500. Innanzitutto, il titolo Microprose<br />
propone una maggiore manovrabilità del<br />
pilota in sella: non solo è possibile innalzarsi<br />
per agevolare le staccate, ma anche<br />
accucciarsi sotto al cupolino nei rettilinei,<br />
così come accompagnare con il<br />
movimento del corpo la moto in curva.<br />
Altra particolarità del gioco è data dalla<br />
possibilità <strong>di</strong> agire in<strong>di</strong>pendentemente<br />
sul freno anteriore e posteriore, avvantaggiandosi<br />
maggiormente del pri-mo<br />
nelle brusche staccate e del secondo per<br />
eseguire leggere derapate controllate, in<br />
modo da impostare al meglio la traiettoria<br />
(sebbene nella realtà le cose avvengano<br />
un po’ <strong>di</strong>versamente). Per quanto<br />
riguarda la risposta ai coman<strong>di</strong>, le leggere<br />
500 cc. si <strong>di</strong>mostrano ben più nervose<br />
<strong>di</strong> quanto cavalcato (almeno virtualmente)<br />
in Superbike, con una maggiore<br />
pre<strong>di</strong>sposizione a scodate in frenata e
:SPECIALE: <strong>Ring</strong>#10<br />
sbacchettate in accelerazione. La fisica<br />
<strong>di</strong> gioco, comunque, si <strong>di</strong>mostra piuttosto<br />
clemente nei confronti del pilota,<br />
permettendo correzioni in curva piuttosto<br />
azzardate, che se da un lato premiano<br />
un approccio grintoso e spettacolare,<br />
dall’altro fanno storcere il naso ai puristi<br />
della simulazione. La minore tensione al<br />
realismo è sottolineata anche dalla realizzazione<br />
grafica, decisamente spettacolare<br />
e attenta al dettaglio, ma caratterizzata<br />
da tonalità particolarmente brillanti,<br />
vivaci ma meno votate al fotorealismo<br />
rispetto a SBK. GP500 è caratterizzato<br />
Simulazione domani: dove andremo a finire?<br />
La sempre più ampia fetta <strong>di</strong> mercato<br />
conquistata dalle console potrebbe far<br />
temere ai puristi della simulazione un<br />
deflusso <strong>di</strong> capitali del mondo PC e un<br />
definitivo imbastar<strong>di</strong>mento del genere.<br />
Sorvolare però sulle forze che hanno<br />
spinto alla crescita del gioco <strong>di</strong> guida<br />
sarebbe miope. Il profilo del nuovo consumatore,<br />
più adulto ed esigente, nonché<br />
una transumanza definitiva <strong>di</strong> molti<br />
utenti PC verso le macchine da gioco<br />
potrebbe iniettare nuova linfa alla corsa<br />
verso il realismo, facendo progre<strong>di</strong>re<br />
ulteriormente gli esemplari corsaioli su<br />
console. Il patto è che alcune deformazioni<br />
non traggano in inganno. Non ci si<br />
riferisce solamente all'accon<strong>di</strong>scendenza<br />
verso ciò che il pubblico ritiene essere<br />
realistico, ma anche al suo esatto opposto:<br />
una simulazione così spinta da travisare<br />
completamente il concetto <strong>di</strong> gioco.<br />
Per portare al mondo le gioie del reale<br />
i produttori <strong>di</strong> hardware dovranno<br />
puntare, in futuro, al massimo coinvolgimento<br />
sensoriale. Come arrivare a ciò<br />
e come renderlo viabile per il mercato<br />
consumer, però, è una domanda che<br />
esula dagli intenti <strong>di</strong> questo speciale.<br />
14<br />
da una fisica plausibile e coerente, sebbene<br />
non esente da alcune concessioni<br />
in favore <strong>di</strong> una guida il più possibile<br />
spettacolare anche a <strong>di</strong>scapito del realismo,<br />
da molti perseguito come fine ultimo<br />
quando si tratta <strong>di</strong> titoli su PC.<br />
Si <strong>Ring</strong>raziano in or<strong>di</strong>ne rigorosamente sparso, Ivan Fulco (redattore della fu Super Console e deputy e<strong>di</strong>tor <strong>di</strong> <strong>Videogiochi</strong>),<br />
Marco Perucca (redattore e tester per Quattroruote), Roberto Raver<strong>di</strong>no (redattore e tester per SuperBike Italia), Igor Berzi (caporedattore<br />
<strong>di</strong> SuperBike Italia nonché ex collaboratore della a sua volta ex Super Console), Piero Plini (redattore per Elaborare), Ernesto Manfrin<br />
(collaboratore del sito Rally Tribe), Marco Calcaterra (collaboratore del sito PlayOnLine) e Andrea Muja (un poveraccio qualsiasi raccattato<br />
per le strade <strong>di</strong> Torino) senza i quali questo speciale non avrebbe potuto essere quello che è. Grazie a tutti, siete bellissimi. Saluto<br />
tutti quelli che mi conoscono. Mi sono commosso. Vado a piangere un po’.<br />
Metropolis Street Racing (l’ultima frontiera dei tappabuchi: il tappo in-topic)<br />
<strong>di</strong> Sator Derapator, tratto da it.comp.console<br />
Fondamentalmente non ho niente contro i racing games.<br />
Certo è che non sono uno che succhia il midollo <strong>di</strong> un titolo corsistico, infatti:<br />
- Non ho mai fatto una endurance in GT<br />
- Non ho mai mo<strong>di</strong>ficato un parametro della mia vettura che non fosse puramente estetico. Cioè, se c’è da comprare una<br />
marmitta la compro pure, ma figuriamoci se perdo tempo a decidere l’altezza dal suolo in funzione della rigi<strong>di</strong>tà degli ammortizzatori<br />
per tre e quattor<strong>di</strong>ci fratto la cotangente della campanatura. Queste sono stronzate, roba da ingegneri.<br />
Il tipo e il colore dei cerchioni, ecco una mo<strong>di</strong>fica che mi piace. Proprio per questo non ho preconcetti gheimpleici. Real or<br />
unreal driving simulators per me pari sono: modelli <strong>di</strong> guida da cui poter estrapolare <strong>di</strong>vertimento. Le premesse per godere<br />
un sacco con Metropolis Street Racer c’erano tutte:<br />
1) È per DC (che ha quel ben<strong>di</strong>d<strong>di</strong>o <strong>di</strong> joypad nato per macinare km).<br />
2) Benché piuttosto famoso non si può certo <strong>di</strong>re che sia un titolo massificato (ottimo quin<strong>di</strong> per sod<strong>di</strong>sfare la mia ndole<br />
snob).<br />
3) L’ho trovato nuovo a 15 punti interrogativi.<br />
4) Non piace a Nemesis.<br />
Le fondamenta del gioco mi colpiscono: l’esauriente manuale ben tradotto, il settaggio dell’ora, l’autosave anti-imbroglioni,<br />
l’idea dei Kudos. Quest’ultima è veramente eccellente, in pratica è un continuo scommettere contro se stessi: “Vai Sator che<br />
ce la puoi fare ad abbassare il tempo <strong>di</strong> 3 secon<strong>di</strong>, basta che pren<strong>di</strong> meglio quella curva e ti fai il succesivo rettilineo a 20<br />
km/h in più!”. Eppoi i numerosi bug contribuiscono a rendere più aleatoria l’esperienza <strong>di</strong> gioco; perché quei bug sono voluti,<br />
vero? Voglio <strong>di</strong>re, mi rifiuto <strong>di</strong> credere che esistano dei coders così incompetenti al giorno d’oggi, su console intendo.<br />
Passiamo alla realizzazione tecnica: mezza delusione. Le macchine sono insipide, l’aura artificiosa non le abbandona mai. Il<br />
bambolotto gonfiabile facente le veci del pilota non migliora certo le cose; per fortuna si può scegliere il tettino rigido.<br />
Il mondo esterno: boh, a me del fatto che tutti i circuiti siano tracciati su sezioni <strong>di</strong> città perfettamente riprodotte non importa<br />
un tubo. Cosa ci sarà <strong>di</strong> elettrizzante in quartieri reality perfect quando con la fantasia si possono creare città come<br />
quelle <strong>di</strong> Crazy Taxi? Comunque la grafica è OK.<br />
Arriviamo alla giocabilità, mygosh, la giocabilità. Emme Esse Erre è l’esperienza più frustrante dopo Tomb Raider 3.<br />
Le cose non partono per il meglio. A me piace la visuale ‘occhi del pilota’, in mancanza <strong>di</strong> essa opto senza troppi problemi<br />
alla visuale ‘moscerino spiaccicato sulla targa’. MSR, data la sua natura se_strusci_contro_un_auto_ti_penalizzo_coglione,<br />
<strong>di</strong> fatto obbliga l’utonto a passare all’immonda visuale ‘Roscoe P. Coltrane’, che sminuisce <strong>di</strong> 50 cc l’esperienza <strong>di</strong> guida.<br />
A me inoltre piacciono i circuiti lunghi. I miei preferiti sono la Seaside Street Galaxy <strong>di</strong> Daytona e lo Special Stage R13 <strong>di</strong><br />
chevvelo<strong>di</strong>coaffare. In MSR invece bisogna sorbirci una serie interminabile <strong>di</strong> circuitini che finiscono ancor prima <strong>di</strong> cominciare,<br />
tutti anonimi, potrebbero essercene 10 o 100 e non si noterebbe il gap.<br />
I capitoli non superati per pochi Kudos, le macchine che rompono le palle facendoti prendere penalità immeritate, l’intraversamento<br />
dell’auto che ti fa perdere più secon<strong>di</strong> che in un qualsiasi altro racing game (eccetto F355 ma lì, pare assurdo,<br />
la macchina è più <strong>di</strong>fficile che mi vada testacoda). Giocare a MSR mi ha provocato un eccesso <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> bile, una<br />
rabbia montante e non tanto facilmente <strong>di</strong>scendente. Giocavo e giocavo ma non sintetizzavo <strong>di</strong>vertimento, mi sembrava invece<br />
<strong>di</strong> essere al lavoro, alle prese con una deadline impossibile da sod<strong>di</strong>sfare. Il solo scriverne mi fa ritornare a mente tutte<br />
le incazzature nel giocarci, e mi fa venire voglia <strong>di</strong> andare alla finestra e gridare FIGLI DI PUTTANAAAAAAAAAA! rivolto verso<br />
il Regno Unito. Poi <strong>di</strong> solito piango. Per fortuna è tutto finito, mi sono ricordato che non sono obbligato a giocarci.
:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />
dUE cUORI e uNA cONSOLE____________________________<br />
[Quando entra in gioco l’amore]<br />
<strong>di</strong> Cryu e DarknessHeir<br />
«Amor ch’a nullo amato amar game over»<br />
Alighieri/Ruffino<br />
Rassegna lampo per<br />
indagare sulle incursioni videolu<strong>di</strong>che della<br />
materia amorosa. Perché se <strong>di</strong> me<strong>di</strong>um si tratta, il<br />
VG può parlare <strong>di</strong> tutto, e perché no, anche <strong>di</strong> amore.<br />
Quattro titoli per scoprire come il sentimento affiori nel<br />
videogioco non solo tingendone la trama <strong>di</strong> rosa, ma ora<br />
con<strong>di</strong>zionando le scelte del giocatore, ora costruendo<br />
attorno a sé un intero gameplay. <strong>Ring</strong> scopre come<br />
il videogioco possa parlare d'amore esulando<br />
dai classici siparietti sdolcinati à la Final<br />
Fantasy: quattro titoli che non aspirano<br />
ad incarnare un surrogato <strong>di</strong>gitale<br />
<strong>di</strong> una fidanzata, ma che de-<br />
scrivono a modo loro un<br />
sentimento pren-<br />
dendosi più o<br />
meno sul<br />
serio.<br />
Una paura chiamata amore [I] (Shenmue, Sega, 1999, Dreamcast)<br />
Le scelte <strong>di</strong> carattere morale imbarazzano<br />
il videogiocatore, lo sospendono in un<br />
limbo decisionale in cui non è chiara<br />
l’opzione utile ai fini della vittoria. Deus<br />
Ex: il mio superiore mi or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> sparare<br />
a un ostaggio in<strong>di</strong>feso. Il <strong>di</strong>to indugia sul<br />
grilletto… non oso decidermi.<br />
Se le scelte <strong>di</strong> carattere morale confondono<br />
il giocatore, quelle <strong>di</strong> carattere<br />
affettivo lo pietrificano. I PNG dei videogiochi<br />
sono sagome da annientare, qualche<br />
volta da salvare, tutt'al più da impegnare<br />
in una conversazione utile alla<br />
risoluzione <strong>di</strong> un pretestuoso puzzle. Ma<br />
quando i PNG mostrano <strong>di</strong> provare dei<br />
sentimenti, il giocatore non sa più che<br />
tasti premere. Shenmue: Yokosuka,<br />
zona portuale. Passeggio svogliato a pochi<br />
metri dal mare. Compare Nozomi,<br />
una ragazza incantevole con un solo <strong>di</strong>fetto:<br />
è innamorata del più fesso dei<br />
personaggi della storia del videogioco.<br />
Me.<br />
Nozomi sta per lasciare il Giappone (perché<br />
io, fesso, la sto lasciando partire),<br />
ma prima mi chiede <strong>di</strong> farci scattare una<br />
foto insieme, anzi, due. La prima stretti<br />
l'uno accanto all'altra, la seconda più<br />
<strong>di</strong>stanti. Vigliacca <strong>di</strong> una Polaroid, pochi<br />
15<br />
attimi e Nozomi mi porge le due stampe,<br />
domandandomi quale voglio tenere per<br />
me.<br />
…Panico…<br />
Io sono uno stoccafisso, e lei è innamorata<br />
<strong>di</strong> me. Lei non mi interessa, ma<br />
non voglio ferirla. Se prendo la foto in<br />
cui siamo lontani potrebbe dedurre che<br />
non tengo a lei. Però sono anche convinto<br />
che lei per sé preferirebbe quella in<br />
cui siamo vicini. Mi concentro, ma niente<br />
da fare. Tiro una moneta. Testa una foto,<br />
croce l'altra. Ma non c'è tempo, e<br />
mentre sfoglio la margherita la CPU effettua<br />
automaticamente la scelta al posto<br />
mio.<br />
Sono un videogiocatore, posso <strong>di</strong>struggere<br />
cento robot in un secondo, ma<br />
sono troppo lento per provare dei sentimenti.<br />
Una paura chiamata amore [II] (Silent Hill 2, Konami KCET, 2001, PlayStation 2)<br />
Silent Hill 2 è un gioco dell'orrore, un<br />
survival horror, ma non sarebbe così<br />
toccante se in fondo non raccontasse<br />
altro che una storia d'amore. Una storia<br />
d'amore conclusasi nel peggiore dei mo<strong>di</strong><br />
e vissuta dal giocatore proprio a partire<br />
dalla sua fine.<br />
James Sunderland riceve una lettera<br />
della moglie Mary, che lo invita a raggiungerlo<br />
nella citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Silent Hill. Fin<br />
qui tutto normale, se non fosse che Mary<br />
è deceduta da tre anni. Per James inizia<br />
un viaggio nelle più rugginose cantine<br />
della propria coscienza, tra realtà e incubo,<br />
alla ricerca della verità, in un luogo<br />
che fugge le regole della logica, e che<br />
pare più il prodotto delle sue perversioni<br />
che non uno scenario reale. Ma a Silent<br />
Hill si cammina, si ama, si vive e si muore<br />
davvero.<br />
Il matrimonio <strong>di</strong> James era stato avvelenato<br />
dalla grave malattia che aveva<br />
colpito Mary ancora giovanissima, inibendo<br />
ai due <strong>di</strong> condurre la vita felice<br />
che si erano costruiti. Ma a Silent Hill<br />
James incontra una donna, Maria, incre<strong>di</strong>bilmente<br />
somigliante alla defunta moglie.<br />
Maria è la (re?)incarnazione della<br />
donna con cui James avrebbe voluto vivere<br />
felicemente. È affascinante, provocante,<br />
risoluta, traboccante <strong>di</strong> vita e<br />
personalità. Ma chi è Maria? Che cosa<br />
l'ha condotta a Silent Hill?<br />
I due volti <strong>di</strong> un amore schizofrenico: a<br />
sinistra la bellezza conturbante <strong>di</strong> Maria,<br />
a destra la bellezza sofferta <strong>di</strong> Mary.
:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />
Silent Hill 2 si vieta a una lettura razionale<br />
che sappia darsi delle spiegazioni.<br />
Le vicende che il giocatore vive riflettono<br />
la corruzione della psiche <strong>di</strong> James,<br />
esasperata da un matrimonio doloroso,<br />
tramortita dalla morte della moglie e<br />
compromessa dall'arrivo <strong>di</strong> una lettera<br />
che non può esistere. Fatto sta che James<br />
è sulle tracce <strong>di</strong> Mary, la sua Mary,<br />
ma nella sua ricerca è accompagnato da<br />
un'altra donna, Maria, che incarna la<br />
risposta a tutti i suoi desideri. Così simile<br />
a Mary, così <strong>di</strong>versa, sbucata da chissà<br />
dove.<br />
Nel corso dell'avventura, il giocatore<br />
nei panni <strong>di</strong> James si troverà a compiere<br />
delle scelte che lo interrogheranno quasi<br />
mai esplicitamente. A seconda <strong>di</strong> quanto<br />
tempo si tratterrà con Maria, a seconda<br />
<strong>di</strong> quanto si preoccuperà della sua salute,<br />
a seconda <strong>di</strong> quanto si curerà <strong>di</strong> proteggerla<br />
dalle creature che infestano<br />
Silent Hill, a seconda della facilità con<br />
cui si rassegnerà alla sua per<strong>di</strong>ta ritornando<br />
o meno nel luogo in cui la vede<br />
per l'ultima volta: a seconda <strong>di</strong> tutti<br />
questi comportamenti (spesso inconsapevoli),<br />
il finale della storia cambierà.<br />
Una paura chiamata amore [III] (Ico, SCEI, 2001, PlayStation 2)<br />
Non ci è concesso sapere quali sentimenti<br />
reciproci palpitino nei cuori <strong>di</strong> Ico<br />
e Yorda mentre vagano per i meandri<br />
della loro immensa prigione. È amore?<br />
In tutta l'avventura si scambiano poche<br />
parole, per <strong>di</strong> più in lingue <strong>di</strong>verse, e<br />
affidano a un'esperienza <strong>di</strong> mutua <strong>di</strong>pendenza<br />
il compito <strong>di</strong> cementare la relazione<br />
che si viene a instaurare tra i<br />
due. Anche nello schivare i cliché della<br />
materia amorosa Ico certifica la propria<br />
singolarità. In tutto il gioco non si assisterà<br />
a un solo bacio o abbraccio tra i<br />
due protagonisti. Neppure alla fine. Eppure<br />
le cure che i due si rivolgono sono<br />
l'emblema <strong>di</strong> un sentimento umano che<br />
viene spontaneo identificare nell'amore.<br />
Fumito Ueda e il suo team hanno costruito<br />
un gameplay che per molti aspetti<br />
non brilla per originalità, ma che nel<br />
concetto su cui si basa rompe la logica <strong>di</strong><br />
base <strong>di</strong> qualsiasi action adventure. Il<br />
giocatore è costretto (ma dopo pochi<br />
minuti <strong>di</strong> gioco gli verrà naturale) a procedere<br />
preoccupandosi non tanto del<br />
proprio alter ego, quanto <strong>di</strong> un altro personaggio,<br />
in<strong>di</strong>feso, che trapela tenerezza<br />
anche solo per la sua totale vulnerabilità.<br />
Ico è sostanzialmente questo: il<br />
mettersi al servizio della propria compagna,<br />
cercando una via <strong>di</strong> fuga per lei,<br />
oltre che per se stessi. È il brivido <strong>di</strong> una<br />
corsa scomposta stringendole la mano,<br />
piuttosto che una sicura ritirata in solitaria<br />
e si salvi chi può; è la tachicar<strong>di</strong>a<br />
innescata da un grido sommesso proprio<br />
quando ci si è allontanati da lei per qualche<br />
secondo. Quando il giocatore si scoprirà<br />
del tutto <strong>di</strong>sinteressato alle sorti <strong>di</strong><br />
Ico, pur <strong>di</strong> assicurare la salvezza <strong>di</strong> Yorda<br />
- ora braccata dalle creature ombra,<br />
ora aggrappata a una roccia sospesa nel<br />
vuoto - coglierà il merito sommo dell'opera<br />
<strong>di</strong> Ueda, quello <strong>di</strong> aver architettato<br />
un sistema <strong>di</strong> gioco così emotivamente<br />
avvolgente da accendere nel giocatore<br />
l’urgenza <strong>di</strong> non agire per se stesso, ma<br />
per qualcun altro. L'immagine <strong>di</strong> Ico che<br />
cammina tenendo Yorda per mano è solo<br />
un'istantanea <strong>di</strong> un'esperienza che, attraverso<br />
il linguaggio del videogioco, si è<br />
resa espressiva <strong>di</strong> sentimenti profondamente<br />
umani.<br />
Dating Simulation RPG (Thousands Arms, Atlus, 1998, PSOne)<br />
La natura spiccatamente otaku <strong>di</strong> Thousands<br />
Arms emerge tanto da un intreccio<br />
narrativo frivolo e spensierato quanto<br />
dalle improbabili meccaniche lu<strong>di</strong>che che<br />
ne derivano. Protagonista della vicenda<br />
è il giovane Meis, uno spirit blacksmith,<br />
ovvero un fabbro in grado <strong>di</strong> instillare il<br />
potere degli spiriti elementali nelle armi<br />
che forgia. E come si ricava questo dannato<br />
“potere degli spiriti elementali”?<br />
Me<strong>di</strong>tando in tenuta adamitica sotto una<br />
fontana ghiacciata? Attraversando il deserto<br />
a pie<strong>di</strong> spogliati <strong>di</strong> tutti gli oggetti<br />
metallici? Ma per piacere, siamo in uno<br />
scanzonato mondo jappo/fantasy, per<br />
cui l’unica maniera <strong>di</strong> investire le proprie<br />
armi <strong>di</strong> poteri magici è… ehm, avere<br />
successo in un appuntamento galante.<br />
Thousand Arms è un gioco nel gioco.<br />
Un lungo JRPG ed una simulazione <strong>di</strong><br />
appuntamenti <strong>di</strong>scretamente articolata.<br />
Duro fuori, tenero dentro. Esattamente<br />
come il suo utente ideale: quei goliardoni<br />
<strong>di</strong> Atlus, infatti, hanno conferito<br />
un’importanza fondamentale al simulated<br />
dating. Abbiamo parlato del legame<br />
tra armi, spiriti elementali e ragazze:<br />
saltate un appuntamento e potrete scordarvi<br />
magie, attacchi speciali ed incrementi<br />
<strong>di</strong> status per i vostri strumenti <strong>di</strong><br />
morte. Affinate l’arte della seduzione e<br />
nessuno, sul campo <strong>di</strong> battaglia, potrà<br />
opporsi a voi.<br />
Il carattere delle ragazze da conquistare<br />
è molto più complesso <strong>di</strong> quanto sia lecito<br />
supporre, e ognuna si definisce per<br />
<strong>di</strong>fferenti margini <strong>di</strong> sopportazione. Alcune<br />
sono <strong>di</strong>sposte a soprassedere su un<br />
paio <strong>di</strong> gaffes, altre non esitano a congedarsi<br />
dall’appuntamento al primo passo<br />
falso del loro pretendente.<br />
Tutto si svolge così: in ogni città sono<br />
presenti i cosiddetti dating spot, ovvero<br />
luoghi in cui condurre colei che, tra le<br />
quattro figliole presenti nel party, avete<br />
scelto <strong>di</strong> corteggiare. Una volta giunti nel<br />
luogo designato per l’appuntamento dovrete<br />
cercare <strong>di</strong> accaparrarvela facendole<br />
regali, affrontando svariati mini giochi,<br />
oppure, nel corso <strong>di</strong> stucchevoli <strong>di</strong>aloghi,<br />
fingendo spudoratamente <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre<br />
le sue stupi<strong>di</strong>ssime passioni. Realistico.<br />
Durante le cut-scene e i <strong>di</strong>aloghi, farete<br />
bene a prestare attenzione: la perfetta<br />
conoscenza del carattere della preda è<br />
basilare per rispondere adeguatamente<br />
alle sue domande, per donarle un omag-<br />
16<br />
Perché Maria non è Mary, la defunta (?)<br />
moglie <strong>di</strong> James. E cedendo alla tentazione<br />
<strong>di</strong> legarsi a questa donna, la vicenda<br />
<strong>di</strong> James si piegherà ad un nuovo<br />
destino <strong>di</strong> redenzione mista a dannazione.<br />
Una storia d'amore, senza dubbio, e<br />
per ammissione dello stesso team <strong>di</strong> sviluppo<br />
Konami KCET, Silent Hill 2 è una<br />
storia angosciosa e destabilizzante proprio<br />
perché scava nella sfera dell'intimità<br />
dei personaggi che tiene in bilico tra salvezza<br />
e <strong>di</strong>ssoluzione.<br />
È sorprendente come, a seconda delle<br />
situazioni, una fanciulla in una gabbia<br />
possa suscitare sentimenti così <strong>di</strong>stanti…<br />
gio che non ne scateni le ire o per scegliere<br />
il migliore dating spot tra i <strong>di</strong>versi<br />
contemplati dalle varie ambientazioni.<br />
Strategia, dannazione, strategia: affrontate<br />
una donna facendone a meno e la<br />
pagherete cara. Dimostratevi abili strateghi<br />
e sarà lei a ripagarvi: in Master<br />
Points da spendere per migliorare le caratteristiche<br />
delle vostre armi. La politica<br />
<strong>di</strong> marpionaggio in<strong>di</strong>scriminato è incentivata<br />
dal legame che ogni ragazza detiene<br />
con un determinato elemento: se desiderate<br />
magie basate sul vento dovrete<br />
martellare Kyleen, per quelle dell’acqua<br />
scar<strong>di</strong>nare Wyna, e via <strong>di</strong>cendo.<br />
Thousand Arms, insomma, è il gioco<br />
per l’uomo che non deve chiedere mai.<br />
Meglio, per l’uomo che non vuole mai<br />
chiedersi niente. Per colui che adora pianificare,<br />
che si tratti <strong>di</strong> combattere un<br />
cazzuto boss o corteggiare una sgualdrinella.<br />
Per chi adora accumulare sol<strong>di</strong> e<br />
comprare item rari, siano essi armi introvabili<br />
od omaggi esotici per la propria<br />
<strong>di</strong>letta. Un’esperienza da provare, per<br />
potersi togliere la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />
“ho giocato ad un simulatore <strong>di</strong> appuntamenti”<br />
senza per questo sprecare danaro<br />
in un incomprensibile groviglio <strong>di</strong><br />
ideogrammi e ragazzine in stile manga.<br />
E soprattutto, per rispondere “i<strong>di</strong>ota,<br />
faceva parte <strong>di</strong> un gustoso JRPG” a coloro<br />
che, udendo la precedente frase, cercheranno<br />
<strong>di</strong> coprirvi <strong>di</strong> insulti…
:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />
qUANDO sI uSAVA gIOCARE____________________________<br />
[…i giochi usati]<br />
<strong>di</strong> Amano76<br />
Ho trent'anni.<br />
Ci sono tante cose che a quest'età è <strong>di</strong>fficile mandare giù.<br />
La peggiore è la consapevolezza che ormai qualunque ragazza io possa adocchiare qualcun altro l'avrà già usata prima.<br />
Sì perché <strong>di</strong>versamente da come accade con le macchine, i cd, o i videogiochi, con le donne non si può scegliere tra la versione <strong>di</strong><br />
"seconda mano" e quella "nuova <strong>di</strong> zecca" ma ci si deve categoricamente accontentare <strong>di</strong> quello che capita.<br />
De<strong>di</strong>co quest'articolo a coloro che non spendono più <strong>di</strong> 30 euro per comprarsi una copia <strong>di</strong> Metroid Prime, ma lo de<strong>di</strong>co anche a chi<br />
almeno una volta nella vita si è sentito <strong>di</strong>re: "con te è <strong>di</strong>verso".<br />
Clash of titans<br />
È il 1998. CESA (Computer Entertainment Software Association)<br />
tiene una conferenza stampa in cui <strong>di</strong>chiara<br />
l'avvio della campagna contro la riven<strong>di</strong>ta dell' usato.<br />
A questo annuncio segue la comparsa del marchio No<br />
Resale su tutte le confezioni <strong>di</strong> videogiochi, sottoscritto<br />
dalla <strong>di</strong>citura: “la copia, il noleggio, e la riven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />
questo prodotto sono da considerarsi illegali”. Gli acquirenti<br />
abituali del mercato dell'usato affrontano quest'iniziativa<br />
scrollando le spalle; ma per i giapponesi,<br />
si sa, tutto è una questione <strong>di</strong> onore.<br />
O, data la situazione, <strong>di</strong> etichetta.<br />
E così le catene dei riven<strong>di</strong>tori prendono<br />
la faccenda tutt’altro che alla leggera. CESA<br />
aveva deliberatamente tacciato <strong>di</strong> illegalità<br />
un’attività commerciale che sino ad allora<br />
aveva prosperato nella correttezza: questo<br />
tipo <strong>di</strong> esercizi è regolamentato dal possesso<br />
<strong>di</strong> una licenza per la compraven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />
materiale usato (software in questo caso)<br />
ed essere scavalcati così vigliaccamente,<br />
senza un imparziale confronto legale, per i<br />
negozianti era l'equivalente <strong>di</strong> uno schiaffo<br />
morale in piena regola.<br />
Fortunatamente esisteva già una coalizione delle<br />
principali catene <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, il JAG, fondata nel 1997 in<br />
occasione <strong>di</strong> una denuncia <strong>di</strong> Konami mossa ad una catena<br />
<strong>di</strong> negozi coinvolta in attività <strong>di</strong> noleggio. Annusata<br />
la puzza <strong>di</strong> bruciato i piccoli riven<strong>di</strong>tori si allearono a<br />
A few good Pac-men<br />
1984. Pac-man, l'arcade che sta facendo guadagnare<br />
miliar<strong>di</strong> a Namco, è ovunque.<br />
Tuttavia la casa madre non è sufficientemente entusiasta<br />
della situazione: molti kissaten 1 sfoggiano il cabinato<br />
senza consegnare un adeguato compenso alla<br />
software house, che vuole stabilire i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> sfruttamento<br />
secondo le proprie con<strong>di</strong>zioni e non si accontenta<br />
degli introiti ricevuti per l'acquisto dell'arcade da<br />
parte dei locali.<br />
Ingorda come una sanguisuga, Namco cita in tribunale<br />
un intera catena <strong>di</strong> gestori che nei propri esercizi<br />
ospitano il cabinato del gioco. La posizione ufficiale della<br />
softco è che "Pac-man è un opera cinematografica e<br />
come tale è soggetta al Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione".<br />
Un piccolo passo in<strong>di</strong>etro. A riguardo dei film giapponesi<br />
esiste una legge che concede la facoltà per le<br />
case <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> selezionare le sale in cui proiettare<br />
le proprie opere e <strong>di</strong> gestire il costo dei biglietti.<br />
Questo ha fatto sì che venisse a crearsi una situazione<br />
<strong>di</strong> palese ostruzionismo verso le società più modeste,<br />
poiché le gran<strong>di</strong> case produttive saturavano i cinema<br />
con le loro pellicole e imponevano alle sale l'esclusione<br />
<strong>di</strong> prodotti concorrenti. Tale "<strong>di</strong>ritto", clamorosamente<br />
iniquo, è appunto il Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione.<br />
17<br />
JAG, terrorizzati all'idea <strong>di</strong> essere colpiti in<strong>di</strong>vidualmente<br />
da pachidermi corporativi come le software house, e<br />
così nacque l'attuale ARTS.<br />
Nei mesi successivi alla <strong>di</strong>sputa con Konami, i casi<br />
<strong>di</strong>battuti in tribunale restarono circoscritti a singoli negozi<br />
de<strong>di</strong>ti al commercio <strong>di</strong> materiale copiato, e nessun<br />
ulteriore <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o nacque tra riven<strong>di</strong>tori e i produttori.<br />
Tuttavia con la campagna del 1998 la CESA fece il passo<br />
più lungo della gamba e ARTS non restò<br />
con le mani in mano. È da allora che i tribunali<br />
<strong>di</strong> Osaka e <strong>di</strong> Tokyo accolgono e respingono<br />
le denunce <strong>di</strong> una e dell'altra parte,<br />
lungo le tappe <strong>di</strong> una agguerrita staffetta<br />
giuri<strong>di</strong>ca che si è conclusa solo nel 25<br />
aprile del 2002 con l'intervento della Corte<br />
Suprema e la vittoria dei negozi <strong>di</strong> software<br />
usato.<br />
A questo punto ogni persona nel pieno<br />
delle proprie facoltà mentali sarà colta dallo<br />
stupore: come è possibile che un argomento<br />
simile sia stato anche solo <strong>di</strong>battuto? vietare<br />
la riven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> materiale usato, sia anch'esso<br />
videolu<strong>di</strong>co, è un atto che va contro<br />
i più elementari principi <strong>di</strong> libertà personale. Come si<br />
può essere giunti a questa situazione?<br />
Tutta colpa <strong>di</strong> quello stronzo <strong>di</strong> Pac-man.<br />
Aspettate: vado a casa <strong>di</strong> Michael J. Fox, mi faccio<br />
prestare la De Lorean e vi spiego perché.<br />
Reclamando l'identità "cinematografica" dell'arcade,<br />
gli avvocati <strong>di</strong> Namco dovevano però <strong>di</strong>mostrare uno o<br />
più criteri <strong>di</strong> associazione. Ora si ride. Secondo la definizione<br />
accolta dal tribunale come termine <strong>di</strong> paragone,<br />
"un’opera cinematografica è una racconto costituito<br />
dalla riproduzione <strong>di</strong> effetti visivi e u<strong>di</strong>tivi". L'accusa<br />
<strong>di</strong>mostrò allora che Pac-man attraverso i calcoli della<br />
scheda madre era in grado <strong>di</strong> proiettare immagini sullo<br />
schermo (televisivo) e riprodurre suoni campionati, coniugando<br />
entrambi in un pretesto narrativo. Il giu<strong>di</strong>ce<br />
riconobbe questa tesi come valida e costrinse la catena<br />
<strong>di</strong> kissaten a fornire un rimborso per danni.<br />
Nonostante il successo dell'iniziativa legale, nessun'altra<br />
società si lanciò in un impresa simile, ma questo<br />
precedente ha costituito per anni la pietra angolare del<br />
contenzioso tra ARTS e CESA, <strong>di</strong>venendo il primo passo<br />
verso la giustificazione del Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione anche<br />
per i videogiochi.<br />
Gente, un caloroso applauso a Namco!<br />
[1] pub dove viene servito esclusivamente tè. Dispongono<br />
<strong>di</strong> vari intrattenimenti, in genere la lettura <strong>di</strong> riviste<br />
o <strong>di</strong> manga.
:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />
Guida all'usato<br />
Ma perché <strong>di</strong> colpo le software house hanno deciso <strong>di</strong><br />
infilare tutte e <strong>di</strong>eci le <strong>di</strong>ta nella torta del materiale usato?<br />
Molto semplicemente, hanno fiutato l'affare: si sono<br />
accorte che per un titolo che riusciva a mettere a segno,<br />
chessò, centocinquantamila copie, venivano vendute<br />
in me<strong>di</strong>a più <strong>di</strong> quattrocentocinquantamila volumi<br />
delle guide strategiche. Una proporzione <strong>di</strong> uno a tre,<br />
per i meno matematici fra voi.<br />
Ora: quale imbecille si comprerebbe una guida se<br />
non <strong>di</strong>sponesse del prodotto che la rende necessaria? È<br />
parso quin<strong>di</strong> inequivocabile che una fetta enorme <strong>di</strong><br />
guadagni venisse eclissata alla faccia delle software<br />
house e, <strong>di</strong> conseguenza, CESA si è sentita in "dovere"<br />
<strong>di</strong> assumere i provve<strong>di</strong>menti descritti all'inizio dell'articolo.<br />
La questione ovviamente fu posta in termini ufficiosi:<br />
il problema che nasceva dalla ven<strong>di</strong>ta dell'usato<br />
era che un simile mercato non garantiva gli introiti necessari<br />
a investire su prodotti nuovi e competitivi. E in<br />
effetti viene da chiedersi se non sia proprio così, data la<br />
palese standar<strong>di</strong>zzazione in cui versa la produzione o<strong>di</strong>erna,<br />
priva della vivacità che aveva contrad<strong>di</strong>stinto<br />
quella a 32-bit.<br />
Quando il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>venta illegale<br />
La migliore strategia legale che tanto ARTS quanto<br />
CESA potevano concedersi era sfidare il fronte opposto<br />
denunciando singole catene <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>tori, e i negozianti<br />
denunciando una softco alla volta. La prima a prendere<br />
iniziativa fu la Chamaleon Club, un franchising che accusò<br />
Enix <strong>di</strong> costringere gli esercizi della catena a firmare<br />
un contratto dove si rinunciava al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> vendere<br />
materiale usato, pena la mancata <strong>di</strong>stribuzione dei<br />
giochi prodotti dall'etichetta. Chamaleon Club vinse la<br />
causa, e anche il ricorso in appello <strong>di</strong> Enix alla Corte<br />
Suprema <strong>di</strong> Tokyo risultò in un verdetto favorevole per<br />
il franchising. E per l'ennesima volta la storia si chiude.<br />
Nel 1998 Sega, Sony, Square, Capcom, Konami e<br />
Namco (ancora lei) decidono <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarare battaglia alle<br />
catene Act e Rise. La vicenda giu<strong>di</strong>ziaria, <strong>di</strong>panatasi nel<br />
tribunale <strong>di</strong> Osaka, vede in un primo momento la vittoria<br />
dei sei colossi, cui viene riconosciuta la legittimità<br />
ad avvalersi del Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione; ma al ricorso in<br />
appello presso la Corte Suprema <strong>di</strong> Osaka il verdetto è<br />
rovesciato, a favore <strong>di</strong> Act e Rise (nel marzo del 2001).<br />
Sempre nel 1998 altre cinque software house denunciano<br />
la catena Do!: in questo caso è la stessa Do! a<br />
desistere dal processo e a ritirarsi senza attendere il<br />
verdetto, accettando <strong>di</strong> esau<strong>di</strong>re le richieste delle case<br />
<strong>di</strong> produzione.<br />
Nel 1999 CESA, sulla scia <strong>di</strong> Koei ed Enix, tiene una<br />
nuova conferenza stampa annunciando stavolta che le<br />
software house convalideranno la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> materiale<br />
usato se i negozianti accetteranno le con<strong>di</strong>zioni da loro<br />
avanzate, incentrate sull'entità della percentuale <strong>di</strong><br />
guadagni che le etichette vogliono vedersi devolute. A<br />
Bucate quella vescica<br />
Il Giappone, risorto da un dopoguerra che gli era costato<br />
un numero esorbitante <strong>di</strong> vittime e che gli aveva assicurato<br />
l'o<strong>di</strong>o da parte della popolazione americana per<br />
un paio <strong>di</strong> secoli almeno, raggiunse un periodo <strong>di</strong> massimo<br />
prodotto interno lordo negli anni '80: il cosiddetto<br />
periodo della "Bolla". Un periodo <strong>di</strong> cui oggi si <strong>di</strong>ce che<br />
durante <strong>di</strong> esso “solo gli occidentali e gli stupi<strong>di</strong> non si<br />
sono arricchiti”.<br />
1987. Esce Dragon Quest 2. File enormi si formano<br />
fuori dei negozi <strong>di</strong> elettronica e <strong>di</strong> giocattoli: allora i soli<br />
18<br />
Ma a che titolo CESA può mettere parola su un commercio<br />
talmente assodato come quello dell'usato? È<br />
possibile che la stagnante qualità del videogioco sia veramente<br />
appesa a questo? Un genio resta sempre un<br />
genio al<strong>di</strong>là dei sol<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone per il suo progetto,<br />
e una pippa farà comunque un lavoro scadente qualunque<br />
fondo spese gli si riservi. Non sono pochi i casi in<br />
cui, dovendo barcamenarsi con fon<strong>di</strong> esigui, autori oggi<br />
<strong>di</strong> grido hanno creato i capolavori del passato. Le idee<br />
bastano e avanzano.<br />
Da parte sua ARTS si <strong>di</strong>chiara convinta che attraverso<br />
i costi contenuti dell'usato molte più persone possano<br />
avvicinarsi ai videogiochi. Cazzate anche queste,<br />
naturalmente. Sanno benissimo <strong>di</strong> riscuotere sol<strong>di</strong> a<br />
palate solo perché i titoli nuovi <strong>di</strong> zecca costano troppo:<br />
quasi tutti i prodotti per console fuori mercato (a 16bit,<br />
a 32-bit, i portatili surclassati dal Gameboy) vengono<br />
offerti a prezzi dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> pochi euro, mentre i<br />
veri guadagni si tirano su con lo smercio <strong>di</strong> titoli più recenti<br />
che hanno prezzi intorno ai venti, trenta euro. È<br />
ovviamente su questi ultimi che vertono le rimostranze<br />
<strong>di</strong> CESA ed è ovviamente a loro che ARTS non vuole<br />
rinunciare.<br />
questa <strong>di</strong>chiarazione segue un periodo <strong>di</strong> stasi, durante<br />
il quale l'opinione pubblica ha tutto il tempo <strong>di</strong> prendere<br />
iniziativa. È il marzo 2001 quando nasce l'"Associazione<br />
degli utenti fedeli ai giochi usati", formata da quarantasette<br />
partecipanti che si schierano a favore <strong>di</strong> Arts e<br />
che si impegnano a manifestare <strong>di</strong> fronte i tribunali. Un<br />
evento significativo per due motivi: per le sue ridotte<br />
proporzioni (su un fronte <strong>di</strong> chissà quante migliaia <strong>di</strong><br />
acquirenti abituali <strong>di</strong> software usato) e per lo scopo <strong>di</strong><br />
una simile associazione, che con la portata delle sue<br />
ambizioni fa sembrare dei semplici piagnistei le migliaia<br />
<strong>di</strong> petizioni occidentali per la traduzione <strong>di</strong> giochi come<br />
Policenauts o Sakura Taisen: il massimo <strong>di</strong> quanto<br />
"politicamente" la comunità videolu<strong>di</strong>ca americana ed<br />
europea siano riuscite a fare. Un paragone piuttosto<br />
scoraggiante se si pensa a quanto fa moda la "ribellione"<br />
nei paesi atlantici e a quanto in Giappone il <strong>di</strong>ssenso<br />
sia una pratica sociale non solo evitata ma anche<br />
moralmente condannata.<br />
Di sicuro non si deve al loro impegno, ma il trionfo <strong>di</strong><br />
ARTS riscosso nel 25 aprile 2002 alla Corte Suprema –<br />
che ha negato definitivamente il ricorso delle software<br />
house ad avvalersi del Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione – è anche<br />
un po' una vittoria <strong>di</strong> questi ragazzi.<br />
Ma insomma, i produttori <strong>di</strong> videogiochi sono veramente<br />
"il Nemico"? sono davvero Nemesis Videolu<strong>di</strong>ca?<br />
Certo che sì.<br />
Aspettate. Vado a rubare un'altro paio <strong>di</strong> barre <strong>di</strong><br />
plutonio ai libici, mi rimetto al volante della De Lorean<br />
e vi spiego perché.<br />
esercizi de<strong>di</strong>ti alla ven<strong>di</strong>ta al dettaglio del software. Il<br />
numero <strong>di</strong> venduto cresce vertiginosamente: decine <strong>di</strong><br />
persone si vedono negare la possibilità <strong>di</strong> acquistare la<br />
propria copia del gioco a causa dell'improvvisa domanda<br />
e sono costrette a fare ritorno a casa a mani vuote.<br />
Nintendo si becca male<strong>di</strong>zioni e malocchi, ma <strong>di</strong>versi<br />
impren<strong>di</strong>tori fiutano l'affare e in breve tempo i negozi<br />
specializzati nella ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> videogiochi aprono i battenti<br />
uno dopo l'altro, sospinti da un’ondata <strong>di</strong> vigore
:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />
economico che non sembra raggiungere una cresta o<br />
conoscere arresto.<br />
È un periodo <strong>di</strong> assestamento: tanto la ven<strong>di</strong>ta dell'usato<br />
quanto il noleggio vengono in breve sfruttati dai<br />
gestori più intraprendenti, e il business dei riven<strong>di</strong>tori si<br />
gonfia fino a dare alla luce vere e proprie catene <strong>di</strong><br />
franchising. Nel frattempo la "Bolla" insisteva ad espandersi,<br />
al punto che l'economia nazionale era ormai<br />
<strong>di</strong>ventata praticamente inarrestabile. Pertanto, onde<br />
evitare che l'enorme quantità <strong>di</strong> capitali in moneta corrente<br />
venissero <strong>di</strong>spersi, ogni fascia del mercato si adeguò<br />
ad assorbire il denaro in surplus. In ambito videolu<strong>di</strong>co<br />
questa prosperità si palesò da un lato attraverso<br />
valanghe <strong>di</strong> titoli sfornati per le tre console allora in<br />
voga (Pc-engine, Megadrive, Super Nintendo) dall'altro<br />
con un numero crescente <strong>di</strong> prodotti che toccavano co-<br />
Sony, messia <strong>di</strong> fine-secolo<br />
La bulimia dei prezzi non è una colpa <strong>di</strong>rettamente imputabile<br />
a Sega e Nintendo, dato che queste hanno<br />
semplicemente fatto da cassa <strong>di</strong> risonanza all'aumento<br />
dei prezzi voluto dalle software house. Un demerito che<br />
invece le vede colpevoli in flagrante è stato tenere in<br />
scarsa considerazione tutta quella fascia d'utenza, che<br />
pur avendo il tempo <strong>di</strong> giocare più <strong>di</strong> un titolo al mese,<br />
non poteva permetterselo in ragione dei costi <strong>di</strong> mercato.<br />
Oggi i nintendari e i segaioli piangono lacrime amare<br />
nel vedere i due giganti <strong>di</strong> un tempo arrancare <strong>di</strong>etro<br />
Sony, ansimanti come due ciccione <strong>di</strong> cinquant'anni<br />
<strong>di</strong>etro alla loro istruttrice <strong>di</strong> aerobica <strong>di</strong> ventuno. Ma<br />
non bisogna <strong>di</strong>menticare che fino al Gamecube e al<br />
Dreamcast nessuna <strong>di</strong> esse ha MAI preso in considerazione<br />
l'ipotesi <strong>di</strong> una linea budget. MAI. Neanche quando<br />
il tubercolitico Saturn sputava sangue; neanche<br />
quando il paralitico Nintendo 64 si reggeva su un paio<br />
<strong>di</strong> killer application all'anno. L'unica mossa <strong>di</strong> Nintendo<br />
in questo senso è stata l'istituzione nel 1997 (!!!) dei<br />
cabinati Nintendo Power: piattaforme sparse in vari riven<strong>di</strong>tori<br />
autorizzati che permettevano <strong>di</strong> riscrivere cartucce<br />
apposite in cambio <strong>di</strong> una piccola somma <strong>di</strong> denaro.<br />
Questa soluzione fu tuttavia escogitata per il solo<br />
materiale Famicom e Super Famicom, circoscritta ad un<br />
centinaio <strong>di</strong> titoli (nessuno dei quali Square, chissà perché)<br />
e solo una volta che la console a 64 bit aveva dato<br />
i suoi frutti.<br />
Agli occhi dell'utenza occidentale e in particolare <strong>di</strong><br />
quella più tenacemente appassionata, la Sony ha sempre<br />
interpretato la parte del mostro cattivo, ma è un<br />
La qualità costa... Giusto?<br />
Il margine <strong>di</strong> guadagno <strong>di</strong> queste linee è tale che la<br />
mole <strong>di</strong> titoli budget rilasciati è <strong>di</strong>ventata enorme. La<br />
stessa Sony ha creato un ulteriore serie economica (la<br />
Book) e tante altre etichette si sono gettate a testa<br />
bassa nell'affare. Ne è risultato che non <strong>di</strong> rado i titoli<br />
<strong>di</strong> suddette collane siano apparsi tra i venti titoli più<br />
venduti della settimana, e non è altrettanto raro che<br />
abbiano superato le ven<strong>di</strong>te <strong>di</strong> prodotti con spese <strong>di</strong><br />
produzione <strong>di</strong>eci volte superiori.<br />
Gli esempi da menzionare non scarseggiano: Bandai ha<br />
pubblicato nella serie Simple Character una coppia <strong>di</strong><br />
picchiaduro de<strong>di</strong>cati a Gundam (tirati su con un motore<br />
grafico 2d riciclato dalla testa ai pie<strong>di</strong>!) che singolarmente<br />
hanno venduto più <strong>di</strong> qualsiasi altro recente picchiaduro<br />
bi<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> Capcom, e che insieme<br />
hanno raggiunto cifre superiori a quelle <strong>di</strong> Soul Calibur<br />
2; Pandora Max series, una serie <strong>di</strong> RPG a costo contenuto,<br />
è stata incensata dalla critica e ha riscosso un<br />
<strong>di</strong>gnitoso numero <strong>di</strong> acquisti; il recente Truppa <strong>di</strong> Di-<br />
19<br />
sti a <strong>di</strong>r poco proibitivi compresi tra gli 11'000 e i<br />
12'000 yen (l'equivalente o<strong>di</strong>erno <strong>di</strong> 10'000 yen, tanto<br />
per capirci). Un dato che mostra quanto pesasse la percentuale<br />
riscossa da Nintendo e Sega e perché con l'arrivo<br />
<strong>di</strong> Sony praticamente ogni etichetta migrò verso la<br />
neonata PlayStation.<br />
Nel 1989 la "Bolla" era ormai esplosa, ma nonostante<br />
questo i prezzi si erano comunque stirati e ci volle un<br />
lungo periodo <strong>di</strong> recessione perché rientrassero nella<br />
norma. Per tutta la prima parte degli anni '90 il mercato<br />
venne subissato <strong>di</strong> console ad alto costo (Jaguar,<br />
3d0, Pc-Engine Duo, Mega-cd, Neo-geo) e titoli dai<br />
prezzi inau<strong>di</strong>ti.<br />
Fu allora che il mercato dell'usato conobbe la sua epoca<br />
d'oro.<br />
fatto che la prima a pubblicare una linea <strong>di</strong> giochi budget<br />
sia stata lei. Attraverso la serie The Best (ribattezzata<br />
Platinum in occidente, anche se è giunta con estremo<br />
ritardo e coprendo un numero <strong>di</strong> titoli infinitamente<br />
più contenuto) la mamma <strong>di</strong> PlayStation e Ps2<br />
ha ri<strong>di</strong>stribuito i 3/4 del suo catalogo in versione economica.<br />
Nel tempo il <strong>di</strong>vario <strong>di</strong> pubblicazione tra originale<br />
e ristampa si è inoltre accorciato, al punto che ormai<br />
tra l'uscita <strong>di</strong> un prodotto per Ps2 e la sua rie<strong>di</strong>zione<br />
budget trascorrono anche meno <strong>di</strong> due mesi,<br />
rendendo <strong>di</strong> fatto l'acquisto <strong>di</strong> una copia usata una spesa<br />
meno conveniente e quin<strong>di</strong> meno allettante. Capita<br />
pertanto <strong>di</strong> assistere a fenomeni senza precedenti come<br />
il successo della versione The Best <strong>di</strong> Final Fantasy X,<br />
che dopo un anno dall'uscita dell'originale ha riscosso<br />
120'000 copie pur essendo un gioco già ampiamente<br />
<strong>di</strong>ffuso.<br />
Non è finita qui. Di pari passo a questa iniziativa la<br />
D3 Publisher ha dato alla luce una collana <strong>di</strong> videogiochi<br />
a costo ridotto chiamata Simple 1'500 (cioè l'equivalente<br />
in yen) affiancata poi dalla 1'800 e dalla 2'000<br />
(in<strong>di</strong>rizzata a Ps2) che nel tempo hanno sortito un'ampia<br />
gamma <strong>di</strong> effetti provvidenziali. Grazie a queste linee<br />
<strong>di</strong> titoli anche la più scafata delle software house<br />
ha oggi l'opportunità <strong>di</strong> pubblicare le sue creazioni, così<br />
come le scuole <strong>di</strong> game-design (che spuntano come<br />
funghi) hanno ora a <strong>di</strong>sposizione dei banchi <strong>di</strong> prova<br />
per i loro alunni più promettenti, liberi <strong>di</strong> cimentarsi nei<br />
processi <strong>di</strong> realizzazione nonché toccare con mano le<br />
procedure e le <strong>di</strong>fficoltà nella ultimazione <strong>di</strong> un titolo<br />
per console.<br />
In Truppa <strong>di</strong> Difesa Terrestre il giocatore deve respingere<br />
l'assalto <strong>di</strong> un nugolo <strong>di</strong> creature che sembrano appena uscite<br />
da un film <strong>di</strong> serie-B. La mappa <strong>di</strong> gioco è sempre la stessa,<br />
nonostante <strong>di</strong>mostri vastità considerevole, in più tutti gli<br />
e<strong>di</strong>fici sono agibili, si possono guidare <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> tipi <strong>di</strong> veicoli<br />
(carri armati, elicotteri, moto futuristiche), ed è possibile recuperare<br />
una enorme quantità <strong>di</strong> oggetti (armi, munizioni,<br />
gadget) sparsi a terra.
:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />
fesa Terrestre, creato da Sandlot coni rimasugli del<br />
motore grafico tratto dal precedente Gigantic Drive,<br />
ha totalizzato quarantamila copie vendute, alla faccia <strong>di</strong><br />
titoli come Bokura no Taiyo, R-type Final, o Megami<br />
Tensei Nine, che hanno superato <strong>di</strong> pochissimo tale<br />
cifra.<br />
Tutto ciò senza contare che Sony ha inaugurato la<br />
serie PRIMA che il problema della riven<strong>di</strong>ta del materiale<br />
usato mettesse in crisi i profitti del mercato attuale.<br />
Le forze dell'Asse<br />
D'altronde i santi stanno solo in para<strong>di</strong>so.<br />
Sony non ha certo le mani meno sporche <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong><br />
Sega, Nintendo o <strong>di</strong> tutte le altre software house.<br />
Abbiamo visto come la prima iniziativa legale inerente<br />
il mercato dell'usato avesse coinvolto Enix, ma a<br />
conti fatti ad esor<strong>di</strong>re con “le maniere forti” fu proprio<br />
la mamma <strong>di</strong> PlayStation. Sony, venne infatti ufficialmente<br />
richiamata nel 20 gennaio del 1998 dalla<br />
Commissione per il Commercio per il tentativo <strong>di</strong><br />
estorsione nei confronti <strong>di</strong> piccoli esercenti: ai quali<br />
negava la <strong>di</strong>stribuzione dei propri prodotti qualora non<br />
venissero fatti oggetto <strong>di</strong> trattamenti <strong>di</strong> favore o nel<br />
caso in cui i negozianti mettessero in ven<strong>di</strong>ta titoli<br />
usati. L'avviso non fece comunque <strong>di</strong>stogliere SCE dal suo<br />
atteggiamento <strong>di</strong> ostracismo, tanto che nel 2 agosto del<br />
2001 fu denunciata, multata, e sanzionata dalla Commissione<br />
per il Commercio con l'accusa <strong>di</strong> monopolio.<br />
Quanti ven<strong>di</strong>tori avrà fatto fallire Sony nel frattempo?<br />
Non deve quin<strong>di</strong> sorprendere se alcuni commercianti<br />
non se la sono sentita <strong>di</strong> aderire alle battaglie <strong>di</strong> ARTS<br />
Culture Club: un panino a noleggio<br />
La stampa e l'ACCS non sono comunque gli unici sostegni<br />
dei produttori <strong>di</strong> videogiochi.<br />
Subito dopo la sentenza della Corte Suprema, la società<br />
Tsutaya, colosso giapponese che annovera tra i<br />
suoi componenti la catena <strong>di</strong> negozi <strong>di</strong> Culture Convenience<br />
Club, annunciò che nonostante la decisione favorevole<br />
del tribunale avrebbe devoluto a CESA il 2%<br />
dei guadagni ottenuti con la ven<strong>di</strong>ta del materiale usato.<br />
Una simile soluzione fu già sperimentata dalla ARTS,<br />
ma all'epoca nessuna compagnia voleva saperne <strong>di</strong> una<br />
percentuale sui guadagni, preferendo proseguire lungo<br />
la linea dura del "o tutto o niente". Oggi, chissà perché,<br />
non gli fa più tanto schifo.<br />
Ma è così <strong>di</strong>sinteressata Tsutaya? Allora come mai<br />
dopo il verdetto del 2002 la CESA ha riconosciuto ufficialmente<br />
la propria <strong>di</strong>sponibilità a concedere il noleggio<br />
dei propri prodotti esclusivamente alla catena Cul-<br />
E col tempo anche la morte può morire<br />
La situazione, insomma, sembra rosea: la Corte Suprema<br />
ha negato il ricorso al Diritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione e le<br />
softco non possono più avvalersene.<br />
Niente <strong>di</strong> più falso.<br />
Con la stampa, ACCS e Tsutaya dalla propria parte,<br />
senza contare l'immutata situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sparità tra i<br />
capitali degli esercizi <strong>di</strong> commercio e quelli macroscopici<br />
delle software house, CESA continua imperterrita la<br />
propria battaglia contro ARTS e contro quarantasette<br />
Bibliografia<br />
Sol Mutante - Gomarasca e Valtorta, ed. Costa e Nolan<br />
Used Games - volumi 1 e 2 (ristampa), Kill time Communication<br />
Famitsu - nr.700, ed. Enterbrain<br />
Famitsu - nr. 701, ed. Enterbrain<br />
Edward O. Reischer - Storia del Giappone, ed. Bompiani<br />
20<br />
E chi tifa tanto spudoratamente per Sega e Nintendo<br />
farebbe bene a mettere in dubbio le proprie posizioni<br />
da nostalgico. Dare atto a questa etichetta degli sforzi<br />
che ha compiuto, comunque, non significa che la sua<br />
lotta sia legittima, ma perlomeno in questo frangente<br />
Sony ha <strong>di</strong>mostrato un'estrema correttezza (e intuitività)<br />
che le due gran<strong>di</strong> del mercato nipponico non hanno<br />
mai rivelato.<br />
ma hanno invece intrapreso iniziative autonome. Ecco<br />
allora la ACCS, un comitato <strong>di</strong> piccoli esercenti (guarda<br />
caso) che hanno costantemente spalleggiato le software<br />
house. Per paura <strong>di</strong> chiudere? O perché in ogni caso i<br />
guadagni sulla merce usata non erano sufficienti a bilanciare<br />
un confronto giuri<strong>di</strong>co con compagnie che <strong>di</strong>sponevano<br />
(allora come oggi) <strong>di</strong> capitali enormi? Non è<br />
dato saperlo.<br />
Come se non bastasse, sulle colonne <strong>di</strong> opinione <strong>di</strong><br />
Famitsu campeggiano personalità <strong>di</strong> spicco che incitano<br />
alla rinuncia all’acquisto <strong>di</strong> giochi usati: Nobuo Uematsu,<br />
Mitsuru Ijuin (presentatore del programma Gamewave),<br />
Hironobu Sakurai (Kirby, Smash Bros Melee)<br />
e Hirokazu Hamamura (<strong>di</strong>rettore del settimanale) chi<br />
più chi meno esplicitamente si sono tutti schierati contro<br />
la compraven<strong>di</strong>ta della merce <strong>di</strong> seconda mano, e<br />
non ci vuole un genio per intuire quanto possa pesare il<br />
continuo battage a cui sottopongono i propri lettori.<br />
ture Convenience Club, tra l'altro stabilendo che il listino<br />
prezzi fosse a completa <strong>di</strong>screzione <strong>di</strong> ogni singolo<br />
esercizio? Ma il noleggio non era illegale?<br />
È evidente che il prossimo nodo da sciogliere sarà<br />
quello inerente la percentuale da concedere alle softco:<br />
i riven<strong>di</strong>tori potrebbero recuperare col noleggio le per<strong>di</strong>te<br />
<strong>di</strong> un possibile ri<strong>di</strong>mensionamento del mercato dell'usato.<br />
Tuttavia esiste il problema del prezzo a cui ogni<br />
singola copia viene venduta e delle <strong>di</strong>verse percentuali<br />
che ciascun negozio riceve come interme<strong>di</strong>ario, sui<br />
quali influiscono innumerevoli fattori. Dato che né CESA<br />
né ARTS sono in grado <strong>di</strong> stabilire gli introiti con precisione,<br />
qualsiasi genere <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>mento potrebbe risultare<br />
svantaggioso per l'una o l'altra parte. La situazione<br />
o<strong>di</strong>erna è quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> stasi.<br />
La quiete prima della tempesta? La quiete dopo la<br />
tempesta?<br />
tizi <strong>di</strong> cui potrebbe rapidamente occuparsi uno yakuza<br />
provvisto <strong>di</strong> katana. Frattanto il bollino No-Resale campeggia<br />
ancora stolido sul retro delle confezioni, ed è<br />
probabile che sarà il centro <strong>di</strong> nuove <strong>di</strong>spute giuri<strong>di</strong>che.<br />
Quale che sia il destino del mercato nipponico, l'utenza<br />
occidentale farà comunque bene a prepararsi:<br />
oggi tocca a loro, domani a noi. Assurdo <strong>di</strong>te? Già, probabilmente<br />
è la stessa cosa che pensavano i nostri corrispettivi<br />
giapponesi prima <strong>di</strong> tutto questo bordello.
:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />
pACMAN dI pASSAGGIO dIVORA lACOSTE sTANZIALE________<br />
[Disco 1 - Visita guidata]<br />
<strong>di</strong> Gunny<br />
Spiega Piero Gilar<strong>di</strong>, fondatore della associazione<br />
Ars Tecnica 1 : «Il punto qualificante<br />
è l’analisi del rapporto tra soggetto<br />
e oggetto. Non esiste una separatezza,<br />
ma un rapporto <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficazione<br />
reciproca. Molti artisti collocano delle<br />
immagini <strong>di</strong> computer grafica, oppure un<br />
computer nella propria installazione, però<br />
continuano a far riferimento ad un<br />
soggetto umanistico, che rientra in una<br />
visione antropocentrica».<br />
E ancora: «Il nuovo artista tecnologico<br />
vive se stesso come soggetto frattale.<br />
Ha un rapporto che varia col variare<br />
dell’altro e ,quin<strong>di</strong>, nella propria opera si<br />
cala in questa <strong>di</strong>mensione. Non produce<br />
un’opera che è lo specchio della sua<br />
problematica personale, ma offre in sostanza<br />
un mondo da navigare, da esplorare<br />
passando <strong>di</strong> variazione in variazione».<br />
Piero Gilar<strong>di</strong> parlava <strong>di</strong> rapporto artista-fruitore<br />
nella neonata tecnoarte.<br />
Arte interattiva, per intenderci. Non<br />
chiamiamoli videogiochi, via. Siamo in<br />
un luogo <strong>di</strong> cultura, anche se al momento<br />
è deserto.<br />
Già, dov’è che siamo? Alzo lo sguardo<br />
dalla rivista (Perio<strong>di</strong>co Arte N° 273,<br />
maggio 1996), e mi rilasso mettendo le<br />
mani in tasca. Siamo alla mostra<br />
W.Y.S.I.W.Y.G. (What You See Is What<br />
You Get), dell’artista vicentino Enrico<br />
Mitrovich.<br />
Un luogo non interattivo: circostanza<br />
forse limitante per un redattore <strong>di</strong> un<br />
sito riguardante un me<strong>di</strong>um interattivo,<br />
intento a visitare una mostra che riguarda<br />
un me<strong>di</strong>um interattivo.<br />
Una sensazione fredda, <strong>di</strong> schermate<br />
abitualmente pulsanti, accompagnate da<br />
una rumorosità che si tende a ricordare<br />
con affetto. Davanti a me, invece, solo<br />
schermate morte.<br />
Nel mondo <strong>di</strong> WYSIWYG, il Videogioco<br />
si è fermato qualche secondo a riflettere.<br />
O, meglio, si è fermato perché qualcuno<br />
lo ha fermato per mettersi a riflettere.<br />
Nel mezzo <strong>di</strong> un eclettismo tecnico/formale<br />
che ha il pregio <strong>di</strong> non stancare<br />
l’occhio del visitatore (ma il <strong>di</strong>fetto<br />
<strong>di</strong> non lasciare nel suo ricordo una particolare<br />
ammirazione per la padronanza <strong>di</strong><br />
una tecnica particolare o per un tratto<br />
<strong>di</strong>stintivo che risalti la paternità delle<br />
opere: l’impressione è quella <strong>di</strong> una collettiva<br />
a tema), cogliamo una stridente<br />
ridondanza tematica: stiamo ovviamente<br />
parlando <strong>di</strong> Pacman, presente in larga<br />
parte delle opere presentate.<br />
Il giallo fagocitatore che ben conosciamo<br />
è stato evidentemente fagocitato<br />
da Mitrovich, che lo propone travestendolo<br />
quasi da icona pop. Arte fotografica,<br />
incisione, pittura libera con influenze<br />
e citazioni che spaziano da De Chirico<br />
alla Neon Art: Pacman pare essere per<br />
Mitrovich quello che M.Monroe fu per<br />
Andy Warhol.<br />
Pacman come Marylin Monroe, perchè<br />
no? Icone POP.<br />
Verbo ‘to pop’: esplodere nel senso <strong>di</strong><br />
affermarsi, <strong>di</strong> lasciare un marchio, <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>latare il proprio presente e caratterizzare<br />
un periodo. Di riconoscersi ed essere<br />
riconosciuti.<br />
Verbo ‘to pop’: esplodere nel senso <strong>di</strong><br />
decadere, <strong>di</strong> appassire dopo una gettata<br />
prematura, <strong>di</strong> consumarsi in una fiamma<br />
accesasi con troppa violenza. Di essere<br />
infine <strong>di</strong>geriti da chi del proprio mito si<br />
era nutrito e <strong>di</strong>ssetato.<br />
Accadde a Marylin Monroe, a Pacman<br />
e accade oggi a tutte le altre icone pop.<br />
Stando alle ven<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Tomb Raider: Angel<br />
of Darkness, accade anche a quella<br />
Lara Croft che sei anni fa giganteggiava<br />
sul megaschermo del tour mon<strong>di</strong>ale<br />
degli U2. Il tour dell’album POP, appunto.<br />
Il Mitrovich che racconta Pacman veste<br />
i panni più dell’archeologo che del<br />
cronista, come sembrano suggerire alcune<br />
opere manifestamente incentrate<br />
sul tema dell’obsolescenza<br />
frutto <strong>di</strong> un mondo, quello dell’informatica,<br />
costantemente proteso verso la<br />
tecnoevoluzione ed il frenetico accantonamento<br />
<strong>di</strong> oggetti, termini e mo<strong>di</strong> la cui<br />
attualità copre l’arco <strong>di</strong> pochi anni (se <strong>di</strong><br />
più anni si tratta). La storia dell’informatica<br />
si scrive sulla sabbia <strong>di</strong> una spiaggia,<br />
sembra <strong>di</strong>re l’artista vicentino.<br />
Compito storico dell’icona pop è fornire<br />
un fotogramma del mondo a cui è<br />
appartenuta, ed è quin<strong>di</strong> forse alla poliedricità<br />
della nostra epoca che dobbiamo<br />
la (grande) quantità <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista e<br />
prospettive dalle quali viene esaminato<br />
Pacman.<br />
Un’epoca lesta a <strong>di</strong>vorare<br />
il concetto <strong>di</strong> privacy, a mescolare<br />
le appartenenze e a<br />
cancellare confini e linee guida.<br />
Lo stesso Pacman che<br />
<strong>di</strong>vora la scritta ‘copyright’<br />
vedrà la sua stessa originalità<br />
(che <strong>di</strong>penda da grafica,<br />
gameplay o altro) fagocitata<br />
da altri che ne rimescoleranno le meccaniche,<br />
ne espanderanno il potenziale e<br />
ne determineranno l’obsolescenza.<br />
Lo stesso Pacman che <strong>di</strong>vora la scritta<br />
‘copyright’ è oggetto <strong>di</strong> una mostra che<br />
presenta tratti <strong>di</strong> pesante citazionismo.<br />
Volendo credere che si tratti <strong>di</strong> una scelta<br />
dovuta a motivi contenutistici e non<br />
meramente formali, si può vedere applicata<br />
la metafora videolu<strong>di</strong>ca all’amore ed<br />
al rapporto tra i sessi. Questione che<br />
parrebbe richiedere un trattamento <strong>di</strong><br />
degna complessità, ma che con un po’ <strong>di</strong><br />
cinismo si sarebbe tentati <strong>di</strong> ridurre ad<br />
una primitiva meccanica <strong>di</strong> accoppiamento<br />
animale, per quanta complessità<br />
la vanità umana tenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>pingervi sopra.<br />
Ecco quin<strong>di</strong> l’irriverente accostamento<br />
tra la Lionello e la Principessa d’Este (opere<br />
<strong>di</strong> Pisanello esposte al Museo Lou-<br />
21<br />
vre) e le due schermate videolu<strong>di</strong>che,<br />
che con gli opposti messaggi <strong>di</strong> completamento/game<br />
over sembrano attestare<br />
la riuscita/il fallimento <strong>di</strong> un’avventura<br />
galante o <strong>di</strong> un matrimonio nobiliare.<br />
L’eclettismo formale concede a Mitrovich<br />
delle incursioni nel campo dell’incisione.<br />
Ad eccezione <strong>di</strong> alcune morsure libere, la<br />
tecnica impiegata tende ad assimilare<br />
queste ‘incursioni’ a dei raid <strong>di</strong> bombardamento,<br />
tanto violento e ra<strong>di</strong>cale è<br />
l’intervento sulla lastra. Queste caratteristiche<br />
impe<strong>di</strong>scono una valutazione<br />
formale, ma lasciano scorgere nella natura<br />
nuda e metallica dell’opera un collegamento<br />
tangibile con la trattazione<br />
che essa contiene. Primitive schermate,<br />
fasi <strong>di</strong> boot <strong>di</strong> vecchi sistemi operativi, il<br />
canonico C:/ <strong>di</strong> DOS, ricor<strong>di</strong> primitivi e<br />
paleolitici per chi vive nell’era dell’user<br />
friendly.<br />
Come primitivo e ‘fisico’ ci parrà il ricordo<br />
<strong>di</strong> ciò che a livello informatico<br />
stiamo vivendo ora, in un futuro nel<br />
quale, secondo Nicholas Negroponte, ‘gli<br />
schermi dei computer verranno venduti<br />
a litri e <strong>di</strong>pinti sulle pareti. I CD-Rom<br />
saranno commestibili e gli elaboratori<br />
paralleli potranno essere applicati come<br />
le lozioni abbronzanti’.<br />
La descrizione <strong>di</strong> questi fotogrammi <strong>di</strong><br />
paleo-informatica si adagia su programmi<br />
e icone del passato prossimo. Agli oggetti<br />
<strong>di</strong> questa mostra è precluso tanto<br />
lo sfavillare dell’innovazione quanto il<br />
rispetto che tipicamente si riserva<br />
al reperto: lungi dallo<br />
apparire storici, antichi o vecchi,<br />
sembrano semplicemente<br />
obsoleti nella loro semplicità.<br />
Semplicità, tuttavia, che<br />
consente un loro flessibile<br />
adattamento a tutte le istanze<br />
che l’artista ritiene <strong>di</strong> voler<br />
descrivere, tramite allegorie a tratti stimolanti,<br />
per quanto certamente non innovative<br />
o particolarmente geniali.<br />
Ma presto si fanno strada altre considerazionisu<br />
questa sensazione <strong>di</strong> obsolescenza.<br />
Mi chiedo se si tratti <strong>di</strong> un mondo<br />
videolu<strong>di</strong>co (quello <strong>di</strong> Pacman e<br />
Missile Command) ormai preistorico, e<br />
assieme al quale, purtroppo, invecchiamo<br />
anche noi giocatori.<br />
…<br />
…<br />
Però non riesco a convincermene del<br />
tutto. Ho il sospetto che, se in quelle<br />
opere venisse raffigurato qualche simbolo<br />
videolu<strong>di</strong>co <strong>di</strong> ultima generazione, la<br />
sensazione <strong>di</strong> obsolescenza non ne risulterebbe<br />
<strong>di</strong>minuita.<br />
Ri<strong>di</strong>colo pensare che derivi dalla mostra<br />
in sé: per quanto sicura dei propri<br />
mezzi e della propria competenza, <strong>Ring</strong>
:FRAMES: <strong>Ring</strong>#10<br />
non si ritiene ancora all’altezza <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarare<br />
defunte le arti figurative.<br />
Idea improvvisa: la sensazione è dovuta<br />
all’accostamento delle due forme<br />
espressive. O meglio alla carcerazione<br />
che il me<strong>di</strong>um videolu<strong>di</strong>co subisce ad<br />
opera del me<strong>di</strong>um raffigurativo.<br />
Il corpus Videogioco viene privato della<br />
sua componente sonora: viene privato<br />
della sua gioiosa <strong>di</strong>namica; viene privato<br />
del suo fruitore, e viene imprigionato in<br />
una tela.<br />
Questa non è obsolescenza, concludo:<br />
questa è prigionia.<br />
E la colpa, sia chiaro, non è del povero<br />
Mitrovich.<br />
Lungi dall’aggiungere al videogioco<br />
qualcosa <strong>di</strong> altrimenti preclusogli (stati<br />
gli straor<strong>di</strong>nari progressi artistico/grafici<br />
testimoniati da prodotti quali Rez, Anubis:<br />
Zone of the Enders e Mojib Ribbon),<br />
la semplice raffigurazione offre spunti<br />
che, per quanto interessanti, non sono<br />
fuori dalla portata del videogioco.<br />
Non lo sono quando la convergenza è<br />
meno spinta (l’angoscia <strong>di</strong> Silent Hill 2<br />
non invi<strong>di</strong>a nulla a quella delle opere <strong>di</strong><br />
Francis Bacon), a maggior ragione non<br />
lo sono quando la prima è piegata alla<br />
trattazione del secondo.<br />
Sbam!<br />
Mi è caduta per terra la rivista (Perio<strong>di</strong>co<br />
Arte N° 273, maggio 1996). La raccolgo.<br />
Nella stessa pagina che leggevo prima,<br />
leggo alcune parole <strong>di</strong> Franco Tor-<br />
22<br />
rioni : “bisogna ricorrere all’idea <strong>di</strong> interfaccia.<br />
L’interfaccia è il punto, il marchingegno,<br />
l’essere che consente il<br />
<strong>di</strong>alogo con l’opera, permette all’opera <strong>di</strong><br />
completarsi attraverso l’intervento <strong>di</strong><br />
qualcuno previsto dall’artista. E’ il luogo<br />
del rapporto che si manifesta nella connessione<br />
<strong>di</strong> cui l’opera necessita”<br />
Questo sempre a proposito della neonata<br />
tecnoarte.<br />
Arte interattiva, per intenderci.<br />
‘O possiamo anche chiamarli videogiochi?’,<br />
mi chiedo sorridendo mentre imbocco<br />
l’uscita.<br />
dUE uOMINI e uNA mOSTRA (pER tACER dEL pACMAN)______<br />
[Disco 2- Backstage]<br />
«Soldato Palla <strong>di</strong> Lardo! Sei rivoltante! Sembri un capolavoro <strong>di</strong> arte moderna!»<br />
Sergente Maggiore Hartman, Full Metal Racket<br />
Ore 20.05, <strong>di</strong> ritorno dalla mostra sulla<br />
GunnyCar.<br />
Gatsu: buoni questi crostini al peperoncino<br />
Gunny: fanno una sega alle mie<br />
PATASTICK San Carlo<br />
Gatsu: allora, come pensi <strong>di</strong> strutturarlo<br />
questo articolo?<br />
Gunny: mah, qualcosa ci verrà in mente.<br />
Se proprio siamo ridotti male facciamo<br />
una specie <strong>di</strong> chat, dai. Ma se siamo<br />
così pezzenti tanto vale che ci licenziamo<br />
da <strong>Ring</strong>…<br />
Gatsu: allora, che ne pensi <strong>di</strong> questa<br />
mostra <strong>di</strong> Mitrovich?<br />
Gunny: si chiama WYSIWYG. E partiamo<br />
male…<br />
Gatsu: significa What You See Is What<br />
You Get. Forse è per quello che nel sito<br />
c’erano solo due foto...<br />
Gunny: NON COMINCIARE A DIRE CHE<br />
ABBIAMO BUTTATO NEL CESSO UN<br />
POMERIGGIO CHE TANTO LA BENZA LA<br />
PAGO IO, neeeh?<br />
Gatsu: quello che mi lascia un po’ perplesso<br />
è il reale valore artistico delle opere<br />
esposte. <strong>Ring</strong> dovrebbe essere felice<br />
per iniziative del genere, ma…il valore<br />
semantico…cioè, il messaggio veicolato…cioè,<br />
ma che minchia vuole sto Mitrovich?!<br />
Gunny: in pratica?<br />
Gatsu: non ho capito se i videogiochi li<br />
ama o li o<strong>di</strong>a<br />
Gunny: non lo so. Per conoscere certi<br />
vecchi giochetti, qualche ora in sala giochi<br />
deve pur essersela fatta. Se vedesse<br />
nei videogiochi la piaga della modernità,<br />
credo che farebbe prima a buttare dal<br />
tetto qualche programmatore…magari<br />
vede nei videogiochi dei primi anni ’80<br />
qualche meccanica base <strong>di</strong> quello che<br />
viviamo noi tutti i giorni. Sai, a volte gli<br />
artisti si accontentano <strong>di</strong> fotografare.<br />
Gatsu: ma perché ha la fissa <strong>di</strong> Pacman?<br />
Gunny: e perché Nemesis ha la fissa del<br />
papa con sei paia d’ali e la spada fiammeggiante?<br />
Gatsu: vero. Inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re che Pacman è<br />
una rappresentazione della nostra vita<br />
quoti<strong>di</strong>ana? Ci chiu<strong>di</strong>amo in stanze buie,<br />
ingoiando pasticche e ascoltando musica<br />
martellante per scappare dai nostri fantasmi<br />
interiori?<br />
Gunny: Ehi! Guarda quell’asino volante!<br />
Gatsu: È vero! Mi saluta!<br />
Gunny: 1-0 per Mitrovich. Comunque,<br />
magari il Pacman è ogni povero cristo<br />
che deve macinare le sue ore <strong>di</strong> lavoro<br />
per evitare che qualcun altro gli freghi il<br />
posto. Magari è il tizio che ogni giorno<br />
rischia <strong>di</strong> perdere il treno, e non si può<br />
permettere il taxi. Forte questa roba.<br />
Gatsu: solo il meglio per gli amici. Tornando<br />
a Mitrovich, stando alla biografia<br />
è net-artist, uno scenografo e un grafico.<br />
Perché dunque tutto questo minimalismo<br />
nelle sue opere? No, macchè minimalismo,<br />
qui è un po’ tutto una merda!<br />
Gunny: l’asino è esploso! Era pieno<br />
d’oro! Ferma la macchina!<br />
Gatsu: il volante ce l’hai tu, coglione.<br />
Gunny: ah, si, certo. An<strong>di</strong>amo avanti<br />
Gatsu: parliamo un po’ delle singole<br />
opere. Perché Enter-Exit si chiama così?<br />
Gunny: perché anche quell’unico, povero<br />
stronzo che è ENTERato, vista quella,<br />
imbocca l’EXIT?<br />
Gatsu: mi sembra l’ipotesi più verosimile.<br />
E che <strong>di</strong>re dell’improba figura che da<br />
il nome al nostro rutilante articolo? Insomma,<br />
Mitrovich frega un quadro <strong>di</strong> De<br />
Chirico, lo appiccica sotto una schermata<br />
<strong>di</strong> Miss. Pacman, e per giunta incolla un<br />
coccodrillo Lacoste in punto assolutamente<br />
casuale. Ok che nell’altro quadro<br />
ve<strong>di</strong>amo un Pacman assatanato che <strong>di</strong>vora<br />
la scritta ‘Copyright’, ma Mitrovich<br />
non abusa un po’ troppo del copia e incolla?<br />
Gunny: esagerato, dai…la maggior parte<br />
delle opere sono farina del suo sacco.<br />
Gatsu: e ti sembra un bene?<br />
Gunny: …<br />
Gatsu: vabbè. Diamogli un’ultima chanche.<br />
Come si chiama questo <strong>di</strong>segnino<br />
sulla sabbia?<br />
Gunny: non so. Ti piace: Sgorbio su<br />
sabbia, ET sperma?<br />
Gatsu: non male. Ho un film che si<br />
chiama così. L’hai visto anche tu?<br />
Luciano de Crescenzo (attraverso il<br />
corpo <strong>di</strong> Gunny): no, mi riferivo al mito<br />
dell’Evirazione <strong>di</strong> Urano. Narrasi che<br />
la <strong>di</strong> Lui progenie (Zeus), stufa <strong>di</strong> reiterati<br />
cannibalismi, rimosse con un falcetto<br />
il <strong>di</strong> Lui prepuzio. Scaraventato esso che<br />
fu nei flutti limitrofi, ne nacque la <strong>di</strong>vina<br />
Afro<strong>di</strong>te. Gunny, continua tu.<br />
Gunny: che il seme <strong>di</strong> Urano, misto ai<br />
flutti, sia ritornato sulla terra per dare<br />
vita ad un nuovo <strong>di</strong>o <strong>di</strong>gitale? Che la<br />
cancellazione <strong>di</strong> un primitivo schema<br />
videolu<strong>di</strong>co sia, come per l’Araba Fenice,<br />
prelu<strong>di</strong>o ad una trionfante rinascita?<br />
L’egemonia globale? Il dominio della finzione?<br />
Gatsu: gira la macchina: torniamo a<br />
raccogliere l’oro. Ehi…il trasmettitore…non<br />
l’avrai mica lasciato acceso?<br />
Gunny: !<br />
Gatsu: stai scherzando?!!!!<br />
Gunny: ehm…coff coff.<br />
Attimo <strong>di</strong> silenzio<br />
Gatsu: ehehe, Enrico! Sei su Scherzi a<br />
Parte!<br />
Gunny: ci sei caduto, geniaccio che non<br />
sei altro! Bella lì per la mostra, veramente<br />
bella lì!<br />
Gatsu: e complimenti per il custode, un<br />
uomo <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria levatura morale,<br />
che come ve<strong>di</strong> non ci ha lasciato fare<br />
foto…<br />
Gunny: …e che portamento, che fiero<br />
cipiglio e che virìl sguardo…<br />
Gatsu: deh, fico il realismo pittorico mistificato<br />
<strong>di</strong> quell’E-spressionismo citato<br />
da Nicholas Negroponte!<br />
Gunny: deh, più in la nel tempo gli<br />
schermi verranno venduti a litri e <strong>di</strong>pinti<br />
sulle pareti!<br />
Gatsu: deh, potremo pure vivere nei<br />
nostri computer!<br />
Gunny: deh, orari sabato-domenica:<br />
17-19. Nei giorni <strong>di</strong> spettacolo…<br />
Gatsu: è finito il foglio, pirla!!!<br />
Gunny (sfregando una spazzola <strong>di</strong> plastica<br />
sul parabrezza per generare jamming<br />
au<strong>di</strong>o) Mio Dio, le locuste!!! Gatsu,<br />
ci assalgono le locuste!!!<br />
Gatsu: Enricggggzgzg…non<br />
tgzgggzg…ti ritelefono il 30 febbraio!<br />
Bella lì, ancoraghzhzhzhzh<br />
Due ore dopo, a microfono spento<br />
Gatsu: dai, Gunny, chìssefòtte. Man<strong>di</strong>amo<br />
stà roba in Mailing List, giusto per<br />
<strong>di</strong>mostrare che non abbiamo passato il<br />
pomeriggio a cazzeggiare.<br />
Gunny: massì. Tanto chi vuoi la pubblichi?
:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />
fACES oF dEATH_____________________________________<br />
[Manhunt]<br />
<strong>di</strong> Matteo Bittanti<br />
Ora che ho giocato per un bel po' a Manhunt<br />
(nessun riferimento all'omonimo<br />
film <strong>di</strong> Fritz Lang) devo confessare che lo<br />
adoro. Come sapete, è un gioco malato.<br />
Davvero malato. Meglio: ‘marcio’, marcio<br />
come il ‘rotten’ <strong>di</strong> www.rotten.com. È pura<br />
malvagità su schermo. È l'equivalente<br />
videolu<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Texas Chainsaw Massacre<br />
(originale e remake). È letteralmente atroce,<br />
tuttavia non riesco a resistergli.<br />
Non mi è facile ammettere <strong>di</strong> apprezzarlo.<br />
Mi spiego: mi piace l'intrattenimento violento,<br />
anche se, per <strong>di</strong>re, preferisco<br />
Psycho a Henry Pioggia <strong>di</strong> Sangue, o Half<br />
Life a Doom e… no, questo non è del<br />
tutto vero. Half Life e Doom mi piacciono<br />
allo stesso modo. Inoltre, stiamo parlando<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse esperienze <strong>di</strong> gioco: paragonare<br />
Doom a Half Life è come paragonare<br />
le mele alle arance. Ma sto<br />
<strong>di</strong>vagando. O forse no... Ora che ci penso,<br />
perché sento il bisogno <strong>di</strong> giustificare il<br />
fatto che tragga piacere dal giocare a<br />
Manhunt? Sarà perché Manhunt glorifica<br />
apertamente la violenza? Sarà perché<br />
Manhunt non è altro che un esercizio <strong>di</strong><br />
sa<strong>di</strong>smo simulato, puro nichilismo su<br />
schermo? Perché Psycho invece cos'è? È<br />
altrettanto morboso, perverso, impressionante.<br />
Il fatto che lo abbia <strong>di</strong>retto Hitchcock<br />
non fa molta <strong>di</strong>fferenza. Tanto più<br />
che Hitchcock non era riconosciuto come<br />
un autore nei primi anni della sua carriera.<br />
Sono stati i critici francesi a fare <strong>di</strong><br />
Hitchcock un artista e non un semplice<br />
artigiano (succederà anche ai tipi <strong>di</strong> Rockstar?).<br />
Inoltre, mentre Psycho è assurto<br />
allo status <strong>di</strong> cult, l'altrettanto sensazionale<br />
L’occhio che uccide (stesso anno:<br />
1960) è stato universalmente condannato<br />
insieme al suo autore, ostracizzato dal<br />
mondo del cinema. Mi sto ancora chiedendo<br />
il perché. Sì, ho letto il famoso<br />
saggio <strong>di</strong> Laura Mulvey, ma non sono ancora<br />
completamente convinto.<br />
Sarebbe facile liquidare Manhunt come<br />
un mero caso <strong>di</strong> ‘gamexploitation’, ma<br />
questo non ci aiuterebbe a comprendere il<br />
suo fascino oscuro. Né servirebbe liquidarlo<br />
<strong>di</strong>cendo che mette in scena una violenza<br />
‘cattiva’, perché ciò implicherebbe<br />
l'esistenza <strong>di</strong> una certa ‘buona’ violenza. E<br />
voi potreste chiedere che cosa sia, precisamente,<br />
la violenza ‘buona’: la violenza<br />
<strong>di</strong> Medal of Honor è ‘buona’ perché è<br />
storicamente constestualizzata e giustificata<br />
a priori? Mmm… la violenza che trovate<br />
nei film <strong>di</strong> Tarantino è catartica? Divertente?<br />
Terrificante? Putrida? Ok, accantoniamo<br />
per un attimo il <strong>di</strong>scorso. La<br />
“storia”, la “premessa” o comunque vogliate<br />
chiamarla, <strong>di</strong> Manhunt attinge a<br />
molte fonti: L’Uomo in Fuga <strong>di</strong> Bachman<br />
(e il suo pietoso adattamento cinematografico,<br />
L’implacabile), i reality TV show,<br />
gli snuff movie “fittizi” come 8mm (Joel<br />
Schumacher) o Il cameraman e l’assassino<br />
(aka C'est arrivé près de chez vous,<br />
Rémy Belvaux and friends), The Most<br />
Dangerous Game (l'originale <strong>di</strong>retto da<br />
Irving Pichel e Ernest B. Schoedsack, non<br />
il remake del 1945), i filmacci come Final<br />
Round (1993 – quest'ultimo ricorda Manhunt<br />
a più livelli: il protagonista, Tyler<br />
Ver<strong>di</strong>ccio, viene rapito e gettato in un<br />
complesso industriale abbandonato riconvertito<br />
in arena. Ripresi dalle telecamere<br />
<strong>di</strong> una trasmissione televisiva, dei mercenari<br />
gli daranno la caccia nel corso <strong>di</strong> un<br />
duello mortale che è l'evento principale<br />
per un giro <strong>di</strong> scommesse multi-milionario),<br />
la brutalità urbana ritratta in film<br />
come I Guerrieri della Notte (Walter Hill,<br />
1978), gli ‘slasher movies’, Splatterhouse,<br />
Metal Gear Solid (le <strong>di</strong>namiche stealth)<br />
e molti altri.<br />
James Earl Cash 1 non è un eroe nel<br />
senso comune del termine. Per tutto il<br />
gioco viene definito ‘feccia’ dal suo torturatore,<br />
Starkweather. Dalla sicurezza del<br />
mio <strong>di</strong>vano, annuisco e accetto per conto<br />
terzi <strong>di</strong> vivere la (cosiddetta) vita <strong>di</strong> James.<br />
Una vita <strong>di</strong> violenza estrema, brutalità<br />
e tormento fisico. Perché no? Manhunt<br />
è solo un gioco, o no? Le sue immagini,<br />
per quanto rappresentative e intense,<br />
esistono in una <strong>di</strong>mensione separata<br />
dalla realtà (a meno che il postmodernismo<br />
non sia per voi un motivo <strong>di</strong> fanatismo).<br />
Eppure mi rendo conto che qui c'è<br />
qualcosa <strong>di</strong> sbagliato. C'è del marcio in<br />
Scozia.<br />
Da una parte, il joypad si impossessa <strong>di</strong><br />
me: sono il padrone del massacro, il re<br />
della <strong>di</strong>struzione. Mi piace uccidere e ricevo<br />
buone valutazioni se il mio stile e la<br />
mia tecnica sono sufficientemente depravate.<br />
Allo stesso tempo, il joypad mi logora.<br />
Non mi offre nessuna chance <strong>di</strong> negoziare<br />
una fuga da Carcer City. Mi costringe<br />
a massacrare, a meno che non voglia<br />
essere pestato o mi nasconda nell'ombra<br />
sperando che le gang non mi trovino. A<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Vice City (al cui concepimento<br />
ha contribuito James Worrall, uno<br />
degli autori <strong>di</strong> Manhunt), questa antiutopia<br />
urbana non è presentata in un ambiente<br />
rassicurante come le buche <strong>di</strong> sabbia<br />
in cui giocano i bambini. Suppongo<br />
che un ‘carcer' (evidente derivazione dell'italiano<br />
‘carcere’: uno degli autori <strong>di</strong><br />
Manhunt è italiano, Christian Cantamessa)<br />
non conceda molta libertà, quin<strong>di</strong> non<br />
sorprende che la struttura <strong>di</strong> gioco sia<br />
fondamentalmente lineare (leggi: ‘ingabbiata’).<br />
Carcer City è una città industriale<br />
decaduta (non infernale come Milano, ma<br />
quasi), un desolato ambiente urbano trasformato<br />
in immenso set cinematografico.<br />
Manhunt offre gore a quintali, eppure<br />
non lesina in suspense. Il radar, il battito<br />
car<strong>di</strong>aco, gli agguati... La tensione è sempre<br />
elevata e aiuta a bilanciare l'inevitabile<br />
ripetitività e monotonia dell'azione. Ma<br />
a <strong>di</strong>fferenza dei film horror, in cui spesso<br />
verrebbe da coprirsi gli occhi, qui si vuole<br />
23<br />
vedere sempre <strong>di</strong> più, bramando sempre<br />
più sangue. La logica sottostante a Manhunt<br />
è: se giochi “bene”, sarai ripagato<br />
con sequenze visive estreme (Mortal<br />
Kombat anyone?). Ciò che rende il gioco<br />
attanagliante è che un solo errore può<br />
essere fatale: questo lo sanno i game<br />
designer, lo sa il giocatore, e perfino James<br />
pare esserne spaventosamente consapevole.<br />
Manhunt è Darwinismo applicato: una<br />
lotta per la sopravvivenza in un contesto<br />
me<strong>di</strong>atico (TV, TV via cavo) saturo. Sì, in<br />
un certo senso, Manhunt è inquadrabile<br />
come una paro<strong>di</strong>a del voyeurismo me<strong>di</strong>atico.<br />
À la 15 Minuti: follia omicida a New<br />
York o Contenders: serie 7 (o anche La<br />
Decima Vittima, il capolavoro <strong>di</strong> Petri,<br />
1967), ma in maniera ancora più cupa,<br />
feroce e perversa. Il gioco è un interminabile<br />
incubo, una successione <strong>di</strong> sequenze<br />
non interattive (innescate dal giocatore)<br />
cui si assisterebbe normalmente in<br />
uno slasher movie e/o in un ‘video nasty’.<br />
Ogni esecuzione è seguita da un commento<br />
caustico <strong>di</strong> Starkweather, la cui fame <strong>di</strong><br />
morti spettacolari sembra insaziabile.<br />
Starkweather non è <strong>di</strong>ssimile dai commentatori<br />
<strong>di</strong> show grotteschi come Real<br />
TV: è altrettanto morboso, sor<strong>di</strong>do, sinistro<br />
(no, non altrettanto ipocrita, ma nessuno<br />
è perfetto). È il classico animale televisivo<br />
(pensate al giornalista TV interpretato<br />
da Robert Downey Jr. in Natural<br />
Born Killers… hey, anche in Manhunt c'è<br />
una giornalista: cerca <strong>di</strong> realizzare un servizio<br />
televisivo con intervista a Cash, così<br />
da far bella mostra del suo snuff e lanciare<br />
la sua carriera... si sa, è un mondo cinico).<br />
Le telecamere <strong>di</strong> Starkweather sono invadenti<br />
e invasive. Non sono semplici occhi<br />
che osservano. Ricercano attivamente il<br />
sangue. Sanguinano loro stesse... Manhunt<br />
è <strong>di</strong>vertente. Manhunt è brillante.<br />
Manhunt è malvagio perché combina<br />
perfettamente i videogiochi e la TV: si<br />
gioca per guardare le cutscene (e non per<br />
fuggire da Carcer City, cosa che porrebbe<br />
fine alle cutscene...), per ottenere sempre<br />
<strong>di</strong> più, sempre più gore. Giocare a un titolo<br />
come questo mi porta a chiedermi se i<br />
videogiochi siano intrinsecamente e insitamente<br />
violenti (dopotutto William Higinbotham<br />
non era un santo, giusto?). Manhunt<br />
è destabilizzante e pericoloso. Manhunt<br />
è una litania <strong>di</strong> macelleria lu<strong>di</strong>ca.<br />
Infasti<strong>di</strong>sce non perché sia sa<strong>di</strong>co o incoraggi<br />
apertamente comportamenti violenti.<br />
Sono confuso dalla mia persistente fascinazione<br />
per Manhunt: scoprire perché<br />
sono attratto da omici<strong>di</strong> in serie fittizi costituisce<br />
un intrattenimento alla pari del<br />
gioco, forse anche migliore. Mmm... che<br />
sia questo l'effetto più potente dei videogiochi,<br />
e cioè che costringono il giocatore<br />
a riconsiderare, rivalutare e ristabilire i<br />
suoi valori morali ed estetici? Urge un'ulteriore<br />
investigazione. Io credo fermamente<br />
che i videogiochi non istighino alla<br />
violenza. Fanno molto <strong>di</strong> più: istigano a<br />
pensare. E questo è il vero pericolo.
:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />
Aggressively Me<strong>di</strong>ocre / Mentally Challenged / Outrageously Violent<br />
«Si stava trasformando in un nuovo tipo <strong>di</strong> fanatico, che necessitava la fantasia della<br />
violenza assoluta, e si sentiva completamente vivo solo quando riusciva ad immaginarsi<br />
autore <strong>di</strong> spaventosi crimini?»<br />
J.G. Ballard, Millennium People, 2003<br />
Carcer City è perduta, lugubre, tossica. I<br />
suoi ambienti - tetri viottoli, scheletriche<br />
aree industriali e decadenti e<strong>di</strong>fici abbandonati<br />
- sono popolati da criminali, cadaveri,<br />
ratti, e qualche corvo. Pensate alla<br />
New York apocalittica <strong>di</strong> Carpenter, però<br />
peggiore. Pensate alla Milano <strong>di</strong> oggi e ve<br />
ne farete un'idea. Ma la cosa buffa è che,<br />
dopo qualche giorno <strong>di</strong> "soggiorno" a Carcer<br />
City, non la trovavo più terrificante.<br />
Neanche accogliente, però tranquilla. Mi<br />
sono già desensibilizzato? No, è qualcosa<br />
<strong>di</strong> più: è che io sono milanese. Questa<br />
notte, tornando a casa dall'università, mi<br />
sono reso conto ancora una volta che la<br />
vita ‘reale’ è molto più immorale dei videogiochi<br />
più violenti. Per ‘vita reale’ non<br />
intendo gli aeroplani carichi <strong>di</strong> bombe.<br />
Non intendo i serial killer. Sto parlando<br />
dell'orrore quoti<strong>di</strong>ano, quel tipo <strong>di</strong> orrore<br />
che accettiamo con riluttanza e <strong>di</strong>amo per<br />
scontato. Quello che <strong>di</strong>venta invisibile,<br />
trasparente, <strong>di</strong>lagante. L'orrore architettonico<br />
che ci circonda, per esempio - la<br />
bruttezza <strong>di</strong> Milano è insuperabile - la meschinità<br />
della gente <strong>di</strong> tutti i giorni nelle<br />
strade, nei negozi, nei mezzi pubblici...<br />
In altre parole: Manhunt è innocuo,<br />
mentre la ‘vera’ Milano è immorale. Ciò<br />
che mi colpisce è che la gente sembra<br />
ossessionata dall'idea <strong>di</strong> mettere al bando<br />
i videogiochi (e i film, e i fumetti, e la musica...)<br />
mentre nessuno richiede la forma<br />
<strong>di</strong> censura più logica. Quella delle nostre<br />
brutte, meschine, sporche città. Manhunt<br />
è un gioco. La corruzione e la depravazione<br />
<strong>di</strong> Milano, sfortunatamente, sono terribilmente<br />
autentiche. Il suo insopportabile<br />
inquinamento è molto più pericoloso <strong>di</strong><br />
tutti i criminali <strong>di</strong> Carcer City messi insieme.<br />
La maleducazione delle persone che<br />
abitano questo incubo urbano è molto più<br />
spaventosa della passione <strong>di</strong> Lionel per gli<br />
snuff movie. È l'ora <strong>di</strong> punta, e mentre<br />
scrivo sento lo strombazzare impazzito<br />
degli automobilisti bloccati nel traffico.<br />
Pensate all'inizio <strong>di</strong> Un giorno <strong>di</strong> or<strong>di</strong>naria<br />
follia (ma la realtà, come al solito, supera<br />
la fantasia). Mi chiedo: che cos'è più <strong>di</strong>sturbante:<br />
lo ‘strombazzare’ o la rappresentazione<br />
su schermo <strong>di</strong> omici<strong>di</strong> virtuali,<br />
benché espliciti? Che cosa fa più paura,<br />
venire "uccisi" in Manhunt o venire investiti<br />
da qualche i<strong>di</strong>ota a 80km/h che non<br />
si ferma per lasciare che i pedoni attraversino<br />
la strada (tendenzialmente l'80%<br />
degli automobilisti milanesi... la verità è<br />
che se un gioco come Manhunt può tenere<br />
gli i<strong>di</strong>oti alla larga dalle strade della<br />
verminosa Milano, presto andrò in giro a<br />
regalarlo un po’ a tutti)? Milano, proprio<br />
come Carcer City, non ha fascino, figuriamoci<br />
un'anima. Carcer City è ciò che<br />
sta <strong>di</strong>ventando Milano. È Milano dopo il<br />
definitivo, imminente collasso.<br />
Milano, Piazza Fontana, a due passi dal<br />
Duomo.<br />
Fermi tutti, sta squillando il telefono: è<br />
una giornalista <strong>di</strong> uno dei più venduti<br />
giornali italiani. Mi chiede se penso che<br />
Manhunt sia deplorevole. Rispondo<br />
“nient'affatto, ma Milano sì” lei sogghigna,<br />
e passa oltre “No, seriamente” riba<strong>di</strong>sco,<br />
“Sì seriamente”. Farfuglia qualcosa che<br />
non riesco a capire (qualche i<strong>di</strong>ota sta<br />
strombazzando furiosamente) e poi chiude<br />
la conversazione. Amen. Sul minuscolo<br />
marciapiede, rapaci consumatori sono<br />
pronti ad ucciderti se rallenti la loro marcia<br />
verso il negozio più vicino (pensate a<br />
L'alba dei morti viventi <strong>di</strong> Romero). Atmosfera<br />
natalizia, che gioia. Nessuno sorride<br />
in Manhunt. Ma Milano è molto peggio.<br />
Le persone hanno uno sguardo rabbioso.<br />
L’ira trapela dai loro occhi (pensate a 28<br />
giorni dopo <strong>di</strong> Danny Boyle). Stanno<br />
“working hard to order take away food”<br />
(l'ultima campagna pubblicitaria Diesel è<br />
genio puro). In Manhunt, puoi sottoporre<br />
le tue vittime a una serie <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cibili tormenti,<br />
noncurante <strong>di</strong> qualsiasi ragione<br />
perché la violenza in sé è irrazionale e la<br />
moralità non è un'opzione. Tuttavia, ritengo<br />
molto più umiliante essere sottoposto<br />
ai più veniali orrori della città. L'ironia<br />
è che molti richiedono la messa al bando<br />
<strong>di</strong> Carmageddon, Doom e Resident<br />
Evil. Produrrebbe un risultato infinitamente<br />
migliore la messa al bando dell'intera<br />
città, dal momento che manifesta a più<br />
livelli un'inclinazione alla violenza molto<br />
più pericolosa. Che cosa è più offensivo?<br />
Uno snuff movie simulato o file su file <strong>di</strong><br />
automobili parcheggiate sul marciapiede?<br />
Che cosa è più dannoso? L'immagine <strong>di</strong> un<br />
avatar che strangola un altro personaggio<br />
virtuale con un pipistrello o l'aria irrespirabile<br />
<strong>di</strong> Milano? Che cosa è più umiliante,<br />
la rappresentazione virtuale <strong>di</strong> abusi fisici<br />
e avatar morti o la vera spazzatura e le<br />
pile <strong>di</strong> immon<strong>di</strong>zia nelle strade? A voi la<br />
scelta.<br />
Manhunt è una metafora. Getta uno<br />
sguardo introspettivo nella cultura contemporanea:<br />
il gioco è molto più complesso<br />
<strong>di</strong> quanto si creda. Carcer City è solo<br />
un altro nome per le prigioni urbane che<br />
abbiamo costruito per noi stessi. Non sto<br />
<strong>di</strong>fendendo la violenza per sé. È che la<br />
24<br />
violenza in Manhunt è contestualizzata.<br />
La violenza reale – leggi: l’ira, l’aggressività<br />
e l’ostilità che pervadono la vita<br />
quoti<strong>di</strong>ana – è pura pazzia, una combinazione<br />
<strong>di</strong> atti insensati che occasionalmente<br />
conducono a esplosioni <strong>di</strong> violenza in<strong>di</strong>cibile.<br />
Manhunt offre uno storyline (molto<br />
esile, statene certi) che paradossalmente<br />
esplica la funzione della violenza (come<br />
accennato in precedenza, il gioco porta<br />
tra le sue mani lorde <strong>di</strong> sangue un messaggio<br />
ultra-Darwiniano, sta a voi accettarlo<br />
o meno). La sfrutta, naturalmente, e<br />
incoraggia fantasie <strong>di</strong> vendetta e ritorsione.<br />
Ma allo stesso tempo, consegna la<br />
chiave per deco<strong>di</strong>ficarla/interpretarla. È<br />
razionalizzata, a modo suo. La violenza<br />
reale, dal canto suo, raramente ha una<br />
logica. Il combattimento esplicito su<br />
schermo non è spaventoso quanto i conflitti<br />
metaforici che hanno luogo per le<br />
strade (inquinamento, traffico, il rumore<br />
assordante, l’anonimato, l’apatia, i crimini,<br />
l’ostilità generale). Il gioco si può spegnere,<br />
ma non si può isolarsi dall’atrocità<br />
della prigione, pardon, della città.<br />
__________________________Nota<br />
[1] James Earl Cash suona un po' come<br />
James Earl Ray, l'assassino <strong>di</strong> Martin Luther<br />
King, mi chiedo se la cosa sia voluta...<br />
Probabilmente sì, considerando che il<br />
nome <strong>di</strong> un altro personaggio, Lionel<br />
Starkeather aka “il regista” richiama il<br />
'vero' criminale Charles Starkweather,<br />
scellerato omicida che insieme alla fidanzata<br />
Caril Fugate terrorizzò gli Stati Uniti<br />
dei tar<strong>di</strong> anni '50. La loro storia ispirò Natural<br />
Born Killers <strong>di</strong> Tarantino, pardon,<br />
Oliver Stone, ma anche Kalifornia <strong>di</strong> Dominic<br />
Sena e La rabbia giovane <strong>di</strong> Terrence<br />
Malick.<br />
:SMS-Rece:<br />
oRCHITE aCUTA___<br />
[Spellcross]<br />
<strong>di</strong> Gunny<br />
Spellcross è<br />
un RTS per PC<br />
dove armate <strong>di</strong><br />
orchi e nani<br />
affrontano plotoni <strong>di</strong> carri<br />
armati in un maldestro<br />
scenario post-atomico.<br />
Trama zero. Grafica <strong>di</strong><br />
merda. Autobotti <strong>di</strong> bugs.<br />
Voto D, più Scatarro <strong>Ring</strong>hico<br />
creato per l'occasione<br />
(bello giallo e pastoso, gocciolante<br />
sopra il voto. Magari<br />
con residuo <strong>di</strong> colazione a<br />
casa Emalord).
:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />
mONETINE e cANNONCINI pER iL cAMERATA gANDHI _________<br />
[Sid Meier’s Civilization]<br />
<strong>di</strong> Paolo Ruffino<br />
Una comme<strong>di</strong>a in tre atti dai toni forti adatta ad un pubblico impegnato<br />
Ouverture<br />
Perché parlare <strong>di</strong> Civilization? Cosa c’è<br />
da approfon<strong>di</strong>re in un’opera del genere,<br />
che non si pone l’obiettivo <strong>di</strong> raccontarci<br />
una storia, non ha dei personaggi, ma<br />
vuole solo farci giocare? Per <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong><br />
qualcosa bisogna che questa veicoli un<br />
messaggio, ma che razza <strong>di</strong> messaggio<br />
lancia Civilization?<br />
L’idea alla base <strong>di</strong> questo indepth è che<br />
ogni opera umana sia ideologicamente<br />
carica, per il semplice fatto che alle sue<br />
spalle c’è un in<strong>di</strong>viduo pensante. E se c’è<br />
un’ideologia c’è qualcosa da stu<strong>di</strong>are, <strong>di</strong><br />
cui <strong>di</strong>scutere. Se è stato fatto da un uomo,<br />
avrà al suo interno il modo <strong>di</strong> pensare<br />
<strong>di</strong> quell’uomo, la sua cultura. Anche se<br />
Sid Meier non avesse voluto trasmettere<br />
nulla il fatto stesso che abbia deciso <strong>di</strong><br />
fare un videogioco e l’abbia fatto esattamente<br />
in quel modo, che abbia fatto<br />
determinate scelte per rappresentare<br />
elementi <strong>di</strong>versi, ci sta parlando <strong>di</strong> lui e<br />
del mondo che gli sta <strong>di</strong>etro.<br />
1- Il giocatore<br />
Il player <strong>di</strong> Civilization è una figura più<br />
complessa <strong>di</strong> quel che può apparire ad<br />
una prima occhiata. Innanzitutto il gioco<br />
si mostra simile, nell’interfaccia e nella<br />
grafica, a Populus <strong>di</strong> Peter Molyneux o<br />
Sim City <strong>di</strong> Will Wright. Ma il giocatore<br />
non è né un <strong>di</strong>o né un sindaco: è il governatore<br />
<strong>di</strong> una civiltà. Inoltre, non si<br />
trova tra le mani un videogioco “infinito”,<br />
persistente: c’è un inizio del gioco ed un<br />
obiettivo da raggiungere, non ci si può<br />
sbizzarrire più <strong>di</strong> tanto con le sue componenti.<br />
Se il player <strong>di</strong> Sim City ha tra le<br />
mani una scatola <strong>di</strong> Lego che può montare<br />
e smontare a piacimento, quello <strong>di</strong><br />
Civilization non si trova in un terreno <strong>di</strong><br />
gioco libero. Will Wright, citato da Bittanti<br />
1 , ha definito i titoli della sua serie<br />
“Sim” dei “software toy”, dei “software<br />
giocattoli”, proprio per sottolinearne<br />
l’aspetto <strong>di</strong>namico e fluido adatto ad<br />
un’interazione creativa. Civilization è<br />
molto più lineare: le <strong>di</strong>verse strade per la<br />
vittoria 2 che vengono offerte sono tutte<br />
riconducibili al concetto <strong>di</strong> “ucci<strong>di</strong> o sarai<br />
ucciso”. Gli obiettivi sono univoci ed inequivocabili<br />
ed il gioco non si adatta a<br />
tutte le idee malsane che possono frullare<br />
nella testa del player: allontanarsi dalla<br />
“retta via” significa semplicemente non<br />
poter fare tutto quello che si vorrebbe.<br />
Se per esempio ci si volesse <strong>di</strong>vertire a<br />
razziare i campi arati degli avversari si<br />
dovrebbe attuare un’attenta politica<br />
economica tale da consentire il sostegno<br />
<strong>di</strong> molte truppe, oltre che “switchare” ad<br />
una forma <strong>di</strong> governo adeguata. Niente<br />
affatto semplice. Distruggere col bulldozer<br />
gli e<strong>di</strong>fici o torturare i propri fedeli/sud<strong>di</strong>ti<br />
non sono azioni possibili in Civilization.<br />
William Stephenson 3 nota come sia<br />
possibile giocare in modo deviante attraverso<br />
i “cheat mode” attivabili dall’appo-<br />
Allora, se accettiamo quanto detto,<br />
dobbiamo considerare Civilization meritevole<br />
<strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o: Sid Meier, nel tentativo<br />
<strong>di</strong> farci giocare con la Storia, ci sta<br />
fornendo una sua interpretazione <strong>di</strong> questa,<br />
che ne sia consapevole o meno. E<br />
poiché una riflessione sul progresso umano<br />
si deve portare appresso anche<br />
delle riflessioni sulla Geografia, sulla Politica,<br />
sull’Economia, sull’Antropologia, e<br />
chi più ne ha più ne metta, allora<br />
un’analisi <strong>di</strong> Civilization dovrà prendere<br />
in considerazione anche il modo in cui<br />
l’autore le ha volute rappresentare, anche<br />
(e forse soprattutto) nel caso in cui<br />
queste siano state del tutto omesse.<br />
A questo punto <strong>di</strong>venta davvero interessante<br />
cercare <strong>di</strong> capire come un semplice<br />
videogioco abbia fatto i conti con<br />
questo fardello: rappresentare la Storia<br />
dell’uomo, e giocare con questa.<br />
Nel caso vi fosse venuto in mente, per<br />
citare Magritte, questa non è una<br />
pip(p)a.<br />
sito menu. In realtà, mi sembrano più<br />
che altro delle aggiunte per far <strong>di</strong>vertire<br />
chi ha già esplorato tutti i segreti del titolo<br />
Microprose, o degli strumenti per<br />
stu<strong>di</strong>are la meccanica del gioco, niente <strong>di</strong><br />
più. Stephenson trova nel cheat “Set<br />
Human Player”, che permette <strong>di</strong> passare<br />
al controllo <strong>di</strong> una civiltà nemica, o nell’<br />
“E<strong>di</strong>t King”, che consente <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare la<br />
politica <strong>di</strong> un sovrano avversario, dei<br />
punti <strong>di</strong> partenza per una riflessione critica<br />
su “come funziona il mondo”. Come<br />
cercherò <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare, il titolo <strong>di</strong> Meier è<br />
abbastanza lontano da una consapevole<br />
funzione critica, che può essere tutt’al<br />
più trovata ad un livello sottocutaneo.<br />
Un altro aspetto che ci sembra fondamentale<br />
sottolineare è la riduzione del<br />
player a puro calcolatore. Non avendo<br />
spazio per soluzioni creative, il giocatore<br />
<strong>di</strong> Civilization non dovrà fare altro che<br />
elaborare i risultati ottenuti e confrontarli<br />
con l’obiettivo che si è prefissato <strong>di</strong> raggiungere,<br />
e <strong>di</strong> conseguenza orientare le<br />
sue azioni in base alla <strong>di</strong>fferenza che si è<br />
venuta a creare tra questi due. Niente <strong>di</strong><br />
più e niente <strong>di</strong> meno dell’automa <strong>di</strong> Wiener<br />
4 . Niente <strong>di</strong> più, perché mai come in<br />
Civilization “pensare troppo fa male”, e<br />
niente <strong>di</strong> meno, se si vuole vincere la<br />
partita. Lo stesso Wiener, parlando <strong>di</strong><br />
“Monopoli” (ma il <strong>di</strong>scorso si adatta benissimo<br />
anche a Civilization) nota come<br />
“esso è rigorosamente soggetto alla teoria<br />
generale dei giochi, sviluppata da von<br />
Neumann e Morgenstern. Questa teoria<br />
si basa sul presupposto che ogni giocatore,<br />
ad ogni sta<strong>di</strong>o del gioco, in base<br />
all’informazione <strong>di</strong> cui in quel momento<br />
<strong>di</strong>spone, gioca secondo una politica del<br />
tutto razionale che gli assicura alla fine la<br />
massima vincita possibile”. L’opera <strong>di</strong><br />
Meier la si padroneggia quando si riesce<br />
a scomporre l’obiettivo finale in tanti go-<br />
25<br />
als uno successivo all’altro, e quando si<br />
riesce ad adattare quest’ultimi ai continui<br />
mutamenti delle forze in campo. Ted<br />
Friedman 5 sottolinea come questo processo<br />
<strong>di</strong>venti sempre più veloce ed imme<strong>di</strong>ato<br />
man mano che il giocatore <strong>di</strong>venta<br />
esperto, fino a farlo entrare in una<br />
sorta <strong>di</strong> simbiosi con l’elaboratore elettronico.<br />
In effetti se nelle prime fasi <strong>di</strong><br />
gioco le variabili da calcolare sono poche,<br />
le fasi finali (generalmente l’ultimo secolo)<br />
vedono talmente tante unità attive,<br />
rapporti <strong>di</strong>plomatici infuocati e <strong>di</strong>sperate<br />
corse ad Alpha Centauri che sarebbe impossibile<br />
tenere sott’occhio ogni input. Si<br />
comincia ad agire quasi d’istinto, ma se<br />
non si è abbastanza esperti si pone anche<br />
meno attenzione ai dettagli e si comincia<br />
a perdere…<br />
Bittanti 1 , notando come la defecazione<br />
abbia grande importanza nell’analisi della<br />
cultura contemporanea, sottolinea la vicinanza<br />
<strong>di</strong> questa con il flusso continuo <strong>di</strong><br />
input-output che caratterizza l’automa <strong>di</strong><br />
Wiener. Baudrillard, citato dallo stesso<br />
Bittanti, spiega che “se l’ipocondria è<br />
l’ossessione puntualizzata sulla circolazione<br />
delle sostanze e sulla funzionalità<br />
degli organi primari, in una certa misura<br />
si potrebbe definire l’uomo moderno, il<br />
cibernetico, un ipocondriaco cerebrale,<br />
ossessionato dall’assolutezza della circolazione<br />
dei messaggi”. Ora, se pensiamo<br />
che in Civilization per far crescere le<br />
proprie città, e dunque la propria civiltà,<br />
bisogna dare ai citta<strong>di</strong>ni prima da mangiare,<br />
e poi un acquedotto e un sistema<br />
fognario, ecco che il (ri)ciclo è completo:<br />
l’automa, il cyborg, così come l’uomo<br />
moderno ed i pupazzi <strong>di</strong> Sid Meier, vivono,<br />
prosperano e sono in pace con se<br />
stessi se mangiano e cagano una volta al<br />
dì…
:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />
2- Tesi: giochiamo con la Storia<br />
Civilization può essere paragonato ad<br />
una partita a scacchi, solo con molte più<br />
variabili in campo. Non è un caso se gli<br />
scacchi sono stati, da sempre, il gioco<br />
preferito degli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> Intelligenza<br />
Artificiale: sono abbastanza complessi da<br />
non risultare banali, ma mantengono la<br />
loro <strong>di</strong>mensione rigorosamente logica.<br />
Una partita a scacchi, come una sessione<br />
<strong>di</strong> Civilization, può essere astratta e<br />
rappresentata con dei numeri. Ma cosa<br />
permette questa astrazione? Il fatto che<br />
sono entrambi dei giochi costruiti in modo<br />
razionale, e non c’è possibilità <strong>di</strong><br />
frainten<strong>di</strong>mento in nessuno dei due. Se è<br />
scacco matto è scacco matto, ogni azione<br />
è possibile o non è possibile.<br />
Ricordo con una certa inquietu<strong>di</strong>ne un<br />
gioco da tavola della mia infanzia. Molti<br />
<strong>di</strong> voi lo avranno bene in mente, si chiamava<br />
“L’Isola <strong>di</strong> Fuoco”. Per un anno<br />
andò davvero a ruba perché offriva qualcosa<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso dagli altri giochi. Quel<br />
qualcosa, adesso che sono cresciuto,<br />
credo <strong>di</strong> poterlo definire. In alcuni momenti<br />
un giocatore poteva far cadere<br />
delle biglie, che rappresentavano delle<br />
palle <strong>di</strong> fuoco, lungo il percorso. I giocatori<br />
colpiti dovevano ripartire da delle<br />
caselle arretrate e saltare un turno (sì, a<br />
ripensarci era soltanto una versione avanzata<br />
del “Gioco dell’Oca”…). Il lancio<br />
della biglia portava in sé qualcosa <strong>di</strong> originale,<br />
aggiungeva infatti in un gioco del<br />
tutto matematico un elemento impossibile<br />
da astrarre: posso <strong>di</strong>re con certezza in<br />
quale casella mi trovo, posso esprimere il<br />
numero del lancio del dado e le conseguenze<br />
<strong>di</strong> una carta, ma cos’è che mi fa<br />
<strong>di</strong>re con assoluta certezza quando la Palla<br />
<strong>di</strong> Fuoco ha colpito il mio omino? “Toccare”<br />
non è un’azione univoca, così come<br />
non è sempre uguale a se stessa la caduta<br />
della biglia. Questo, che non è altro<br />
che un passaggio da una mentalità <strong>di</strong>gitale<br />
ad una analogica, causava non pochi<br />
litigi tra i bambini. La sorte <strong>di</strong> un pupazzino<br />
che era stato sfiorato dalla biglia<br />
non era prevista dal regolamento, e veniva<br />
stabilita da uno scontro <strong>di</strong>alettico<br />
che chiamava in causa la Teoria della<br />
Relatività e la geometria euclidea.<br />
L’esempio ci aiuta (mi auguro) a capire<br />
cosa NON accade in Civilization: non<br />
esiste “sfiorare”, non esistono biglie dal<br />
moto sempre <strong>di</strong>verso a se stesso. Le uni-<br />
3- Antitesi e Sintesi: deus ex(tra) machina<br />
O Sì? Non è che forse siamo soltanto<br />
abituati così, e non riusciamo ad immaginare<br />
nulla <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso?<br />
Gli stu<strong>di</strong> sull’Intelligenza Artificiale si<br />
sono scontrati con una lunga serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />
quando si sono posti il problema<br />
<strong>di</strong> rappresentare i cosiddetti bias cognitivi,<br />
cioè gli errori nel calcolo della probabilità<br />
che tutti gli uomini compiono normalmente.<br />
Si è calcolato ad esempio che<br />
<strong>di</strong> fronte a casi <strong>di</strong> probabilità con<strong>di</strong>zionata<br />
(cioè probabilità che accada un evento<br />
con<strong>di</strong>zionato dal successo <strong>di</strong> un altro evento<br />
precedente) un soggetto non compie<br />
il calcolo necessario a stimare le reali<br />
possibilità <strong>di</strong> successo 6 ma si affida ad<br />
una specie <strong>di</strong> intuito. Come rappresentare<br />
questo intuito in una macchina, che<br />
invece calcolerà automaticamente la<br />
probabilità, anche attraverso un’elabora-<br />
tà sono o in una casella o in un’altra,<br />
morte o vive.<br />
Ma allora, se accettiamo questa considerazione,<br />
come possiamo pretendere <strong>di</strong><br />
parlare della Storia attraverso un sistema<br />
binario così rigido? La Storia è ricca<br />
<strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni, è fatta da uomini che<br />
provano dei sentimenti, e non possiamo<br />
rappresentare la ricchezza <strong>di</strong> un sentimento<br />
attraverso un gioco così strutturato.<br />
Un gioco non può fare a meno<br />
dell’univocità. L’”Isola <strong>di</strong> Fuoco” aveva<br />
quell’eccezione, ma per il resto non si<br />
tirava fuori da questa legge generale. Il<br />
motivo per cui i videogiochi esaltano l’assunto<br />
appena esposto deriva, a mio modesto<br />
parere, dalla necessità del controllo.<br />
Le teorie <strong>di</strong> Wiener non ci permettono<br />
<strong>di</strong> costruire un automa se questo non è<br />
in grado <strong>di</strong> astrarre la realtà. Un movimento<br />
sarà da un punto A ad un punto<br />
B, in cui A e B sono dati e non si possono<br />
confondere tra loro. Allo stesso modo<br />
non è immaginabile un videogioco che<br />
ponga degli obiettivi che non sono chiari:<br />
possono non esserlo al giocatore, ma ci<br />
saranno sempre delle con<strong>di</strong>zioni esatte al<br />
cui raggiungimento la partita sarà vinta<br />
(o persa).<br />
Scontrandosi con questa realtà dei fatti,<br />
il gioco <strong>di</strong> Sid Meier cade nel ri<strong>di</strong>colo.<br />
Nel suo tentativo <strong>di</strong> rappresentare degli<br />
avvenimenti storici, la complessità della<br />
gestione <strong>di</strong> uno stato, il progresso scientifico<br />
e quant’altro, non riesce a fare a<br />
meno <strong>di</strong> ridurre il tutto ai minimi termini,<br />
in modo che sia controllabile. Per esempio,<br />
riduce i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> una nazione a<br />
semplice numero. Il <strong>di</strong>ssenso non è altro<br />
che una certa percentuale <strong>di</strong> unità segnate<br />
in rosso. A tutti gli effetti si può<br />
<strong>di</strong>re che in Civilization vengono rappresentati<br />
degli stati, ma nessuna nazione,<br />
dove ovviamente con nazione si intende<br />
la comunità <strong>di</strong> persone che con<strong>di</strong>vidono<br />
consapevolmente un patrimonio <strong>di</strong> credenze,<br />
costumi, tra<strong>di</strong>zioni storiche e linguistiche,<br />
mentre lo stato è la mera entità<br />
tecnico giuri<strong>di</strong>ca. I nostri sud<strong>di</strong>ti (o<br />
compagni, o citta<strong>di</strong>ni, a seconda del tipo<br />
<strong>di</strong> governo scelto) sono numeri, non uomini.<br />
Già questo preclude la possibilità <strong>di</strong><br />
vederli protagonisti del Gioco della Storia.<br />
Civilization inoltre offende le culture<br />
riducendo le popolazioni a giocatori pressoché<br />
in<strong>di</strong>fferenti. I Cinesi, come i Sioux<br />
zione complessa? Per assurdo, in alcuni<br />
casi, le routine <strong>di</strong> IA non riproducono una<br />
mente umana perché troppo perfette…<br />
Ma è questo il nostro problema? O<br />
siamo forse caduti in un equivoco, cercando<br />
<strong>di</strong> sviscerare questo Civilization,<br />
che ci ha portato sulla cattiva strada?<br />
A pensarci bene (ma neanche troppo<br />
bene) un in<strong>di</strong>zio per uscire da questo<br />
tunnel ce l’abbiamo sotto gli occhi. Questo<br />
testo vi sta facendo riflettere, mi auguro,<br />
e se così non fosse ricordatevi<br />
l’ultimo testo scritto che vi ha fatto pensare.<br />
Non è costruito, anche un testo<br />
scritto, come un videogioco, cioè da unità<br />
<strong>di</strong>stinte? Le singole lettere sono unità<br />
<strong>di</strong>screte, e non esiste possibilità <strong>di</strong> confonderle<br />
tra <strong>di</strong> loro. Eppure, nonostante<br />
questa “rigi<strong>di</strong>tà”, un testo scritto può<br />
essere critico, ammettere una tesi ma<br />
26<br />
e gli In<strong>di</strong>ani, avranno tutti un bell’aspetto<br />
da WASP, e il loro comportamento quando<br />
controllati dalla CPU sarà dettato da<br />
un buffissimo pregiu<strong>di</strong>zio sommario: i<br />
Giapponesi cercheranno <strong>di</strong> perfezionare il<br />
progresso tecnologico, i Mongoli saranno<br />
bellicosi, gli Spagnoli espansionisti…<br />
Altro aspetto curioso è la rappresentazione<br />
del tempo. Gli anni che passano<br />
sono un modo per in<strong>di</strong>care lo scorrere<br />
dei turni <strong>di</strong> gioco. In tutto il mondo si<br />
adotta lo stesso calendario, che parte dal<br />
4.000 a.C e termina nel 2020 d.C (ma,<br />
accidenti, nel gioco non c’è la nascita <strong>di</strong><br />
Cristo!). L’Arte, la Religione e il Colosseo<br />
hanno tutti la stessa funzione: far felice il<br />
popolo.<br />
Una buona gestione della propria civiltà<br />
deve tenere in considerazione le massime<br />
<strong>di</strong> “panem et circenses” e “si vis<br />
pacem, para bellum”, come se si potesse<br />
ridurre la crescita <strong>di</strong> un popolo a degli<br />
assunti, eccessivamente semplificatori<br />
oltre che carichi <strong>di</strong> cinismo.<br />
Si potrebbe obiettare che non poteva<br />
che essere così: come si può realizzare<br />
un gioco che prenda in considerazione<br />
ogni sfumatura del reale, e mantenerlo<br />
<strong>di</strong>vertente? Non sarebbe <strong>di</strong>vertente proprio<br />
perché ci sfuggirebbe <strong>di</strong> mano, come<br />
si può controllare la reazione del mondo<br />
<strong>di</strong> fronte ad un qualunque avvenimento?<br />
La si può prevedere, ma non ne possiamo<br />
essere certi. Il problema è che il videogioco<br />
si basa solo su certezze…<br />
Allora possiamo concludere che il videogioco<br />
è in uno scacco: non può pretendere<br />
<strong>di</strong> far riflettere, perché è <strong>di</strong>gitale, è<br />
costruito su un linguaggio binario, mentre<br />
qualunque forma <strong>di</strong> riflessione è<br />
sfuggevole come tutto quello che è analogico.<br />
La critica può ammettere qualcosa ma<br />
anche il suo contrario. Il videogioco No.<br />
anche il suo contrario. In poche parole,<br />
far riflettere.<br />
Sid Meier è un puzzone, perché si è voluto<br />
impegnare in un progetto immenso<br />
con dei mezzi antiquati, per nulla <strong>di</strong>versi<br />
da quelli <strong>di</strong> chi fa dei videogiochi normalissimi.<br />
Ha voluto farci giocare con la<br />
Storia come se fosse un attacco ad una<br />
base aliena, come una partita <strong>di</strong> tennis,<br />
come fosse un puzzle. Come se si trattasse<br />
<strong>di</strong> un videogioco qualunque. Nel<br />
farlo, pur creando un’opera immensa dal<br />
punto <strong>di</strong> vista prettamente lu<strong>di</strong>co, ha<br />
rafforzato la credenza che abbiamo appena<br />
analizzato secondo la quale un videogioco<br />
non può rappresentare qualcosa<br />
<strong>di</strong> illogico, paradossale, contrad<strong>di</strong>ttorio<br />
o irrazionale. Tecnicamente questo<br />
non è possibile, ma <strong>di</strong>venta possibile se
:INDEPTH: <strong>Ring</strong>#10<br />
spostiamo la riflessione “dentro” il giocatore.<br />
Un testo scritto può far scattare una<br />
scintilla nel lettore, abbiamo detto. Come<br />
può ottenere lo stesso effetto un videogioco?<br />
Il gameplay, che <strong>di</strong>stingue il mezzo<br />
videolu<strong>di</strong>co, può avere una funzione<br />
critica. I controlli del gioco possono catturare<br />
una sensazione, basti pensare,<br />
per fare un esempio, ad Italiani brava<br />
gente 7 in cui la semplicissima meccanica<br />
Conclusioni: e tutti vissero felici e confusi<br />
Alcuni osservatori del gioco <strong>di</strong> Meier vi<br />
hanno voluto vedere una critica al capitalismo,<br />
altri una sua esaltazione, altri<br />
ancora entrambe le cose. Ma appare evidente<br />
come nelle intenzioni <strong>di</strong> Meier non<br />
ci fosse nulla <strong>di</strong> tutto questo: le riflessioni<br />
che ne traiamo sono personali interpretazioni<br />
che, per quanto interessanti,<br />
non trovano riscontro nella concezione<br />
che ha l’autore del mezzo videogioco.<br />
Per esprimere un giu<strong>di</strong>zio su un videogioco,<br />
come per qualunque altra opera<br />
umana, mi sembra sia fondamentale cercare<br />
<strong>di</strong> comprendere l’intenzione dell’autore.<br />
Provare ad estrapolarla tra le righe,<br />
quando questa non fosse evidente. In<br />
Civilization, per quanto mi sono sforzato,<br />
non ho trovato nulla che andasse oltre<br />
il gioco: l’intenzione <strong>di</strong> Sid Meier era<br />
far <strong>di</strong>vertire i giocatori e, <strong>di</strong>amine, c’è<br />
riuscito in pieno! Quin<strong>di</strong> non c’è spazio<br />
per l’accusa: l’imputato è innocente, can<strong>di</strong>do<br />
come una colomba.<br />
Mi permetto però <strong>di</strong> esprimere, alla luce<br />
<strong>di</strong> quanto detto in questo Indepth,<br />
alcune considerazioni. Sid Meier poteva<br />
creare qualcosa <strong>di</strong> nuovo, e invece si è<br />
limitato a dare alla luce un videogioco<br />
eccezionale, ma sostanzialmente uguale<br />
Note<br />
[1] In The Sims: Similitu<strong>di</strong>ni, Simboli e Simulacri, Unicopli e<strong>di</strong>tore<br />
riesce a dare quella sensazione <strong>di</strong> precarietà<br />
con cui gli immigrati approdano sulle<br />
coste italiane. Sulle navi dell’opera <strong>di</strong><br />
Antonio Riello “si sta come d’autunno<br />
sugli alberi le foglie”…<br />
Qui non è il videogioco <strong>di</strong> per sé ad avere<br />
qualcosa <strong>di</strong> speciale, è il player a<br />
leggere il testo e a commuoversi.<br />
Altro caso emblematico analizzato sulle<br />
pagine <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> è quello <strong>di</strong> Ico, che secondo<br />
DarknessHeir è “il primo titolo in<br />
a tutti gli altri videogiochi. Riallacciandoci<br />
all’ouverture, possiamo <strong>di</strong>re che l’omissione<br />
<strong>di</strong> qualunque riflessione sulla Storia<br />
è in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una concezione del videogioco<br />
limitata: essenzialmente Meier sottovaluta<br />
il mezzo che sta usando.<br />
Ci vuole far giocare con il progresso<br />
umano, ma in realtà ci mette davanti ad<br />
un percorso a tappe in cui viene riprodotto<br />
l’evolversi <strong>di</strong> una sola cultura. Per<br />
cui, sia che interpretiamo i Cinesi o gli<br />
Americani, dovremo scoprire il Co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />
Leggi, la Scrittura, il Laboratorio <strong>di</strong> Leonardo…<br />
Non ci viene data la possibilità <strong>di</strong><br />
costruire una cultura davvero nostra, in<br />
cui non venga mai realizzato un sistema<br />
<strong>di</strong> scrittura , in cui non domini il pensiero<br />
sequenziale, in cui Newton non sia mai<br />
esistito.<br />
Perché non ci viene data la possibilità<br />
<strong>di</strong> costruire le nostre Wonders of the<br />
World, ma solo <strong>di</strong> ripetere quelle che abbiamo<br />
letto sui libri <strong>di</strong> scuola?<br />
Questi pochi in<strong>di</strong>zi potrebbero riaprire<br />
un processo a Civilizaton, in cui l’accusa<br />
sarebbe appunto <strong>di</strong> omissione e sottovalutazione<br />
del mezzo. Sid Meier non si<br />
rende conto <strong>di</strong> quanto sia razzista la sua<br />
opera: stabilire un unico modello <strong>di</strong> pro-<br />
27<br />
grado <strong>di</strong> comunicare il proprio significato<br />
attraverso il gameplay” (cfr.<strong>Ring</strong>#2). Ma<br />
è chiaro che non sono i coman<strong>di</strong> <strong>di</strong> per<br />
sé a caricare l’opera <strong>di</strong> senso, ma<br />
l’interazione, il modo in cui si fruisce <strong>di</strong><br />
questa.<br />
La soluzione, per concludere, non è<br />
nel gioco ma nel giocatore.<br />
gresso è quanto <strong>di</strong> più aberrante si possa<br />
immaginare.<br />
Un gioco in cui io possa creare da zero<br />
nuovi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vivere e <strong>di</strong> pensare sarebbe<br />
davvero una riflessione sui processi<br />
culturali, e dunque sulla <strong>di</strong>versità. Sarebbe<br />
una riflessione sulla Storia, sugli<br />
infiniti mo<strong>di</strong> in cui questa può svolgersi.<br />
E, come riflessione sulla Storia, si porterebbe<br />
appresso anche una riflessione<br />
sulla Geografia, la Politica, l’Economia, la<br />
Sociologia…<br />
[2] Si può vincere o sopprimendo le civiltà avversarie con le armi, o superandole in tecnologia arrivando per primi a costruire una base<br />
su Alpha Centauri. Ma anche questa seconda soluzione non concepisce il progresso scientifico come buono <strong>di</strong> per se, da chiunque venga.<br />
La Cura per il Cancro rende felice solo il popolo che l’ha scoperta, anche se in teoria ne dovrebbe beneficiare il mondo intero. Da qui<br />
derivano tattiche, più o meno viscide, <strong>di</strong> sopraffazione dell’avversario: posso non avere un grande esercito, ma allora mi dovrò preoccupare<br />
<strong>di</strong> convincere altri a far la guerra contro chi mi sta “antipatico”.<br />
[3] The Microserfs are revolting: Sid Meier’s Civilization2, in Bad Subjects #45, Ottobre 1999 http://eserver.org/bs/45/stephenson.html<br />
[4] Nel suo “La cibernetica: controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina” Il Saggiatore, 1968, Norbert Wiener concentra i<br />
suoi stu<strong>di</strong> sui mo<strong>di</strong> in cui gli esseri viventi controllano la proprie azioni, e teorizza la riproduzione in una macchina <strong>di</strong> questi processi.<br />
Impegnato per conto del Ministero della Difesa degli Stati Uniti nel capire come si potessero creare dei missili capaci <strong>di</strong> orientare il proprio<br />
movimento in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un obiettivo, Wiener giunge alla conclusione che nei processi <strong>di</strong> controllo abbiamo un flusso <strong>di</strong> informazioni<br />
che reinserisce i dati in uscita come dati in ingresso. Detto con parole umane, un automa deve essere dotato <strong>di</strong> sensori per analizzare<br />
la realtà esterna ed effettori per muoversi, agire. Una volta che gli è stato assegnato un obiettivo, i movimenti compiuti per raggiungerlo<br />
(output) vengono inseriti come input in modo che l’automa possa eventualmente mo<strong>di</strong>ficare il suo movimento in base alla<br />
mutata situazione. Secondo Wiener, succede qualcosa <strong>di</strong> simile anche negli animali, negli uomini, in me e in te. Si crea quin<strong>di</strong> un flusso<br />
circolare continuo <strong>di</strong> informazioni che escono e rientrano, vengono rielaborate, riescono, e rientrano…<br />
[5] In Civilization and his <strong>di</strong>scontents: Simulation, Subjectivity and Space, tratto da On a Silver Platter: CD-ROMs and the Promises of a<br />
New Technology, New York University Press http://www.gsu.edu/~jouejf/civ.htm<br />
Si tratta del cosiddetto Teorema <strong>di</strong> Bayes. http://www.giramondo.com/fia/artisti/riello/<br />
Bibliografia<br />
Bittanti Matteo; The Sims: Similitu<strong>di</strong>ni, Simboli e Simulacri, Unicopli, 2003<br />
Pessa Eliano, M. Pietronilla Penna; La rappresentazione della conoscenza. Introduzione alla Psicologia dei Processi Cognitivi, Armando<br />
e<strong>di</strong>tore, 2003<br />
Pessa Eliano, M. Pietronilla Penna; Manuale <strong>di</strong> scienza cognitiva. Intelligenza artificiale classica e psicologia cognitiva, E<strong>di</strong>tori Laterza,<br />
2000<br />
Wiener Norbert, La cibernetica. Controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina, Il Saggiatore <strong>di</strong> Alberto Mondatori E<strong>di</strong>tore,<br />
1968<br />
Alcune delle immagini presenti nell’articolo sono tratte dal Civilization Fanatics Center (http://www.civfanatics.com/).
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
Il sistema <strong>di</strong> valutazione <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> (seconda e ultima apparizione su queste pagine)<br />
Il mondo sta cambiando: Bonolis surclassa quel pianto <strong>di</strong> Striscia la Notizia; un Nuovo Testamento si è aggiunto al<br />
Vecchio, ormai obsoleto; i film de Il Signore degli Anelli rimpiazzano il barboso romanzo.<br />
Anche il sistema <strong>di</strong> valutazione adottato da <strong>Ring</strong> subisce un aggiornamento. Dal numero 9 in poi l’Alphabetic Blessing<br />
Code (ABC) sarà sostituito dal Super Alphabetic Blessing Code Deluxe. Per amici e conoscenti: SABCD.<br />
Lo SABCD consta <strong>di</strong> cinque categorie valutative. Immaginate i verdetti <strong>di</strong> stilosità <strong>di</strong> Devil May Cry; immaginate le<br />
patenti assegnate da Crazy Taxi. Eh, siamo lì.<br />
Vi trovate su una spiaggia. Il Gioco S vi passa davanti.<br />
Sta percorrendo il bagnasciuga a pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong>, i<br />
jeans avvolti sopra i polpacci, fino a giungere in<br />
prossimità <strong>di</strong> un solco tracciato sulla sabbia. Con assoluta<br />
nonchalance, il Gioco S cancella con il piede<br />
tale solco, poi compie qualche passo oltre lo stesso e<br />
traccia un’altra riga. Fuochi d’artificio saturano il cielo<br />
e, <strong>di</strong> riflesso, l’oceano. Le tartarughe ballano allegre<br />
il tip tap sopra le uova appena deposte. I gab-<br />
Semplicemente gran<strong>di</strong>oso. Un Gioco A è un prodotto<br />
<strong>di</strong> primissimo piano. Un progetto vincente che rimane<br />
assai positivamente impresso nei ricor<strong>di</strong> del giocatore,<br />
che ne conserverà la confezione sulla mensola,<br />
oppure non riporterà il DVD al negozio in cui l’ha<br />
noleggiato.<br />
L’errore più grande che si possa fare nel valutare<br />
un gioco è partire dal massimo dei voti per poi sot-<br />
Niente male. Veramente niente male. Il Gioco B si<br />
lascia giocare e compie alla grande il suo porco dovere<br />
<strong>di</strong> intrattenitore, proponendo passaggi esaltanti<br />
e ponendo particolare cura più o meno in tutti i reparti.<br />
C’è però qualcosa che non va. Può trattarsi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti<br />
che incidono un po’ troppo sull’esperienza, ma<br />
Un prodotto assolutamente sufficiente. Un passatempo<br />
in piena regola, senza lode né infamia. Giocare<br />
con un Gioco C non provoca particolari dolori intestinali,<br />
anzi, può ad<strong>di</strong>rittura essere <strong>di</strong>vertente. Sul<br />
serio. Ma in genere, giunti al termine <strong>di</strong> un Gioco C,<br />
proprio durante i titoli <strong>di</strong> coda potreste pensare: “Ma<br />
Banalmente, un gioco brutto. <strong>Ring</strong> vuole troppo bene<br />
a se stessa e ai suoi lettori per recensire con<br />
preme<strong>di</strong>tazione titoli come il se<strong>di</strong>cente Army Men:<br />
Omega Sol<strong>di</strong>er. Ma la storia insegna che, come <strong>di</strong>ce<br />
Tolkien, “le immonde porcate si celano anche in prodotti<br />
<strong>di</strong> alto blasone”, tipo l’ultima avventura della<br />
Il <strong>Ring</strong> Seal<br />
28<br />
biani in formazione a delta cagano fumo come le<br />
frecce tricolore. Takeshi Kitano si suicida con una<br />
ritrovata felicità.<br />
Un Gioco S punta alla rivoluzione e taglia la testa<br />
ai precedenti regnanti. Queso può avvenire grazie ad<br />
un concept innovativo o, più semplicemente, introducendo<br />
nuovi e meravigliosi punti <strong>di</strong> vista in meccaniche<br />
già note.<br />
trarre punti ad ogni <strong>di</strong>fetto riscontrato. Così si giu<strong>di</strong>cano<br />
i compiti <strong>di</strong> latino; non i videogiochi. Un prodotto<br />
A non è quin<strong>di</strong> privo <strong>di</strong> magagne, ma se il redattore<br />
lo ha inserito in questa categoria significa che i<br />
pregi sono tali da porre in secondo piano i <strong>di</strong>fetti, che<br />
a loro volta non influiscono poi molto sulla qualità<br />
dell’opera.<br />
più genericamente un Gioco B è un prodotto che dall'inizio<br />
alla fine non riesce a guizzare fuori dalla qualità,<br />
per respirare una boccata <strong>di</strong> sublime eccellenza.<br />
Oppure dà la sensazione che manchi qualcosa, che<br />
ad un certo punto si accontenti <strong>di</strong> quello che già ha<br />
offerto e non approfon<strong>di</strong>sca quanto potrebbe.<br />
a cosa ho giocato? Come si chiamava il protagonista?<br />
Chi era quel coso a forma <strong>di</strong> coso che mi ha cosato<br />
tutte quelle cose?”.<br />
Non siete improvvisamente <strong>di</strong>ventati il protagonista<br />
<strong>di</strong> Memento: avete semplicemente giocato ad un<br />
Gioco C.<br />
signorina Croft oppure il secondo orrorifico viaggio <strong>di</strong><br />
Dante (no, non stiamo parlando del Purgatorio).<br />
Le recensioni <strong>di</strong> Giochi D sono quin<strong>di</strong> da considerarsi<br />
come gli articoli <strong>di</strong> cronaca nera: un male necessario.<br />
Noi dobbiamo scriverle e voi dovete leggerle per<br />
sondare il ventre marcio <strong>di</strong> questo mercato.<br />
ll <strong>Ring</strong> Seal identifica un gioco con particolari meriti e che, per una ragione o per l’altra, è stato<br />
snobbato dalla critica o dal pubblico. Sono giochi talvolta non eccellenti, ma che propongono un impianto<br />
emotivo o estetico notevole e coraggioso, e che <strong>Ring</strong> vuole consigliare ai propri lettori. Un Sigillo<br />
significa letteralmente: “Fidati, dài un occhio a questo titolo perché merita. Probabilmente sei<br />
troppo stupido per apprezzarlo, ma forse no”.
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
qUELLI_cHE iL cONTRATTO_____________________________<br />
[Drag on Dragoon]<br />
<strong>di</strong> Amano76<br />
.:scHEda:.<br />
gENERE Action<br />
eTICHETTA Square-Enix<br />
sVILUPPATORE Interno<br />
sISTEMA PS2<br />
aNNO 2003<br />
gIOCATORI 1<br />
vERSIONE USA<br />
Come è ormai <strong>di</strong> regola anche Drag on<br />
Dragoon fa sfoggio <strong>di</strong> due filmati introduttivi,<br />
uno completamente in CG e un<br />
altro montato con sequenze narrative<br />
presenti nell'avventura, ricco <strong>di</strong> suggerimenti<br />
inerenti alla strategia da applicare<br />
e ai drammatici eventi che attendono<br />
il giocatore. Molto inquietante la schermata<br />
iniziale in cui la voce <strong>di</strong> Furiae sussurra<br />
parole alla rinfusa, anticipando<br />
temi e colpi <strong>di</strong> scena della storia.<br />
Il finale vero e proprio del gioco si sblocca<br />
solo dopo aver raccolto 100 armi, da<br />
ottenere a seconda <strong>di</strong> determinate con<strong>di</strong>zioni.<br />
Un’impresa titanica, che non deve<br />
portare a pensare ad un semplice<br />
scappatoia per <strong>di</strong>luire la durata del gioco:<br />
entrare in possesso <strong>di</strong> ogni singola<br />
spada richiede la messa a frutto delle<br />
esperienze acquisite e non un semplice<br />
ripercorrere sentieri già battuti. La fatica<br />
sarà comunque ripagata da due mici<strong>di</strong>ali<br />
filmati conclusivi, che valgono ogni singolo<br />
minuto speso a falciare truppe nemiche.<br />
Questa si che è meritocrazia.<br />
A prima vista Drag<br />
on Dragoon sembra<br />
un clone da due sol<strong>di</strong>,<br />
con una trama ruffiana<br />
e un po' <strong>di</strong> filmati<br />
in CG tanto per far scena. Un titolo<br />
tutto fumo e niente arrosto che unisce<br />
il sistema <strong>di</strong> combattimento<br />
terrestre <strong>di</strong> Sangoku Muso (Dynasty<br />
Warriors in Occidente) a<br />
quello aereo <strong>di</strong> Panzer Dragoon.<br />
Il gioco è sud<strong>di</strong>viso in capitoli,<br />
ognuno dei quali associato ad una<br />
sezione picchiaduro o sparatutto<br />
che si intervallano a turno nel <strong>di</strong>panarsi<br />
della vicenda. Peculiarità degli<br />
scontri a terra è il ricorso all'intervento<br />
<strong>di</strong> un drago con il tasto Select<br />
del pad, cui lasciare incen<strong>di</strong>are<br />
a volontà le truppe nemiche, forse<br />
l'unico vero elemento strategico<br />
che il gioco Cavia non ere<strong>di</strong>ta da<br />
nessun altro titolo. Ma Drag on<br />
Dragoon è solo questo? No.<br />
Assolutamente no.<br />
Drag-on Dragoon è ambientato in<br />
un mondo sconosciuto, la cui esistenza<br />
è preservata da quattro sigilli.<br />
Due <strong>di</strong> essi sono custo<strong>di</strong>ti in<br />
appositi templi, un altro nel bosco<br />
in cui vive il popolo degli elfi, e l'ultimo<br />
è Furiae la Dea, una ragazza<br />
che vive in clausura pregando incessantemente<br />
per il bene del creato.<br />
A protezione <strong>di</strong> quest'ultima c'è<br />
Caim (l'alter-ego del giocatore),<br />
irascibile fratello <strong>di</strong> Furiae costantemente<br />
roso dall'o<strong>di</strong>o per i draghi,<br />
responsabili della morte dei genitori.<br />
L'avventura ha inizio quando<br />
l'Impero, una forza militare con<br />
propositi espansionistici, all'improvviso<br />
guadagna terreno grazie<br />
alla leadership della piccola Mana<br />
(una bambina dagli occhi insanguinati)<br />
che a quanto pare ha preso <strong>di</strong><br />
mira la sorella del protagonista:<br />
Caim guida le forze dell'Unione contro<br />
quelle dell'Impero, ormai alle<br />
porte del castello in cui è rinchiusa<br />
la Dea, ma nella mischia si attarda<br />
ad infierire su un cadavere e viene<br />
colpito a morte. Deciso a resistere<br />
fino alla fine si <strong>di</strong>rige verso le stanze<br />
della sorella, ma sulla sua strada<br />
trova un drago apparentemente<br />
ridotto in fin <strong>di</strong> vita da atroci torture.<br />
Trattenuto dall'o<strong>di</strong>o ma spinto<br />
dall'istinto <strong>di</strong> sopravvivenza, Caim<br />
decide <strong>di</strong> legarsi alla creatura tramite<br />
un Contratto: i due uniranno<br />
le loro energie vitali e scamperanno<br />
al loro destino, il ragazzo a costo<br />
29<br />
Una storia <strong>di</strong> Contratti e Stemmi<br />
In Drag on Dragoon esiste una<br />
singolare forma <strong>di</strong> patto esoterico:<br />
il Contratto. Sacrificando una parte<br />
del proprio essere si può entrare<br />
in possesso dei poteri <strong>di</strong> una<br />
determinata creatura, la cui esistenza<br />
<strong>di</strong>venta in<strong>di</strong>ssolubilmente<br />
legata al suo contraente. Una manifestazione<br />
palese <strong>di</strong> questa atipica<br />
convivenza è la barra vitale <strong>di</strong><br />
Caim e del drago rosso, che è la<br />
stessa sia nelle missioni aeree che<br />
in quelle a terra. Altra particolarità<br />
è l'imposizione <strong>di</strong> uno stemma,<br />
che resta per sempre tatuato sulla<br />
parte del corpo che il contraente<br />
ha ceduto nel patto. Parte del fascino<br />
e degli enigmi che si celano<br />
nel prodotto Cavia viene anche<br />
dall'intuire sia il perché un determinato<br />
personaggio abbia sacrificato<br />
una determinata parte <strong>di</strong> sé<br />
sia cosa abbia sacrificato (a volte<br />
viene solo suggerito o lo stemma<br />
non è visibile). Esempio: Verdore<br />
[nella foto], sacerdote del culto<br />
della Dea, porta un sigillo in testa.<br />
Provate a immaginare cosa ha sacrificato<br />
(e perché) allo scopo <strong>di</strong><br />
ottenere gli immensi poteri magici<br />
<strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone. Vi farete due risate<br />
(le uniche in tutto il gioco).<br />
della propria voce e il drago a costo<br />
della propria libertà. Nel frattempo,<br />
però, Furiae viene sequestrata e<br />
Caim sarà costretto a mettersi sulle<br />
sue tracce assieme all'amico Inualt,<br />
un tempo promesso sposo della ragazza.<br />
Comincia così un inseguimento<br />
che presto si trasformerà in<br />
una battaglia per salvare il mondo...<br />
da Dio?<br />
Un po' Guerre Stellari (l'Impero)<br />
un po' Final Fantasy (i quattro sigilli)<br />
un po' Faust (il patto) un po'<br />
Evangelion (gli Angeli, l'Uovo della<br />
Reincarnazione), come nella sua<br />
identità lu<strong>di</strong>ca anche in quella iconografica<br />
Drag on Dragoon non
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#08<br />
parte esattamente da zero. Ma se<br />
l'operato <strong>di</strong> Cavia non è originale<br />
nel suo prologo, gli sviluppi che offre<br />
hanno la peculiarità, il coraggio<br />
tematico e la coerenza narrativa<br />
per <strong>di</strong>stinguersi da tutti quei titoli,<br />
gli adventure Capcom in particolare,<br />
che sinora hanno tentato la via<br />
della fusione tra picchiaduro a scorrimento<br />
e narrazione cinematografica<br />
senza riuscirci. A questo si aggiunge<br />
un protagonista piuttosto<br />
sui generis, un cast <strong>di</strong> personaggi<br />
affascinanti e un’ambientazione<br />
fantasy che <strong>di</strong>storce i ruoli classici<br />
<strong>di</strong> draghi, fate, ed elfi. E non <strong>di</strong>mentichiamoci<br />
dei curiosi Contraenti<br />
che accompagnano Caim nelle<br />
sue imprese.<br />
Il primo Contraente che si unisce al<br />
giocatore è Leonart, un omaccione<br />
tanto nerboruto quanto codardo.<br />
Ha assistito all'omici<strong>di</strong>o dei suoi fratelli<br />
più piccoli per mano delle truppe<br />
imperiali, senza avere il coraggio<br />
<strong>di</strong> accorrere in loro soccorso.<br />
Non resistendo alla vista dei cadaveri<br />
straziati tenta il suici<strong>di</strong>o ma si<br />
procura una ferita che lo lascia morire<br />
lentamente. Così non appena<br />
una fata si offre <strong>di</strong> salvargli la vita,<br />
accetta senza intuire che il motivo<br />
per cui la creatura gli propone il<br />
Contratto è l'opportunità <strong>di</strong> tormentarlo<br />
in eterno per punire la sua vigliaccheria.<br />
Le fate della storia, infatti,<br />
o<strong>di</strong>ano gli esseri umani, che<br />
considerano sporchi e puzzolenti, e<br />
come i draghi traggono enorme <strong>di</strong>vertimento<br />
dalla loro sofferenza e<br />
dalla loro preve<strong>di</strong>bilità.<br />
Il secondo compagno è Arioch,<br />
un’elfa <strong>di</strong>venuta psicotica dopo la<br />
morte del marito e dei figli. Lo stato<br />
mentale in cui versa è talmente<br />
compromesso che non solo la rende<br />
cannibale, ma l'ha anche incapacitata<br />
a cogliere la natura del patto<br />
offertole dai due elementali Un<strong>di</strong>ne<br />
e Salamander, che l'hanno mantenuta<br />
in vita in cambio delle sue ovaie.<br />
Terzo e ultimo, infine, è il piccolo<br />
Seele, l'unico personaggio positivo<br />
del racconto: sensibile, ingenuo,<br />
innocente, offre in Contratto ad un<br />
golem il suo tempo (cioè la possibilità<br />
<strong>di</strong> crescere) senza rendersi conto<br />
che in questo modo resterà per<br />
sempre nel suo corpo <strong>di</strong> bambino.<br />
I destini dei tre vengono risucchiati<br />
da un mondo che improvvisamente<br />
chiede il riscatto per una<br />
pace durata anni, sbeffeggiati da<br />
entità soprannaturali che ridono<br />
delle loro croniche debolezze e che<br />
pongono al giocatore l'interrogativo<br />
sul rapporto tra uomo e sovrumano:<br />
le creature fantastiche devono<br />
essere adorate o devono essere<br />
temute? L'unica convivenza possibile<br />
è quella squilibrata dei Contratti?<br />
Contrad<strong>di</strong>zioni, perversioni, l'identità<br />
del coraggio, la fede come leggenda<br />
e la leggenda come consolazione.<br />
Tanti sono i temi e tanto ancora<br />
potrebbe essere detto sulla<br />
trama del gioco, che incrementa<br />
sfaccettature, in<strong>di</strong>zi e legami ad<br />
ogni nuovo capitolo rinunciando a<br />
concedere tutto e subito allo spettatore.<br />
Nei combattimenti <strong>di</strong> massa Caim<br />
ha a <strong>di</strong>sposizione un set <strong>di</strong> otto armi<br />
intercambiabili in tempo reale.<br />
Ad ognuna sono associati una magia<br />
e un colpo finale, cioè la possibilità<br />
<strong>di</strong> eseguire un attacco ad ampio<br />
raggio (a proiettile o ad onda<br />
d'urto) dopo un determinato numero<br />
<strong>di</strong> combo (dalle tre in su). Rispetto<br />
al progenitore Sangoku<br />
Muso, però, si riscontrano troppi<br />
passi falsi, ingiustificati data la paternità<br />
tanto <strong>di</strong>retta. Il radar fornisce<br />
informazioni troppo approssimative<br />
rispetto al titolo Koei, tanto<br />
che bisogna richiamare continuamente<br />
la mappa con il tasto L3 per<br />
capire in che <strong>di</strong>rezione ci si sta <strong>di</strong>rigendo<br />
e verso quale zona, finendo<br />
con lo spezzettare incessantemente<br />
il ritmo <strong>di</strong> gioco; questo <strong>di</strong>fetto, associato<br />
ad una telecamera bizzarra,<br />
crea spora<strong>di</strong>camente situazioni <strong>di</strong><br />
completa confusione piuttosto estenuanti.<br />
Le manovre evasive sono<br />
poi <strong>di</strong> scarsa convenienza strategica,<br />
in quanto l'unica schivata<br />
possibile è in<strong>di</strong>rizzata lateralmente<br />
e non sempre permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>stricarsi<br />
al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> un accerchiamento.<br />
Imprecisa la guar<strong>di</strong>a, che non <strong>di</strong><br />
rado protegge dai colpi della minaccia<br />
meno imme<strong>di</strong>ata e finisce <strong>di</strong><br />
regola con il risultare controproducente,<br />
a eccezione degli scontri con<br />
la cavalleria pesante durante i quali<br />
si rivela una risorsa inestimabile.<br />
Inammissibili infine l'assenza <strong>di</strong> un<br />
sistema <strong>di</strong> counter e <strong>di</strong> lock-on, che<br />
avrebbero permesso schivate più<br />
valide e concesso <strong>di</strong> aggirare un<br />
avversario per colpirlo dove più<br />
scoperto (alle spalle). La miglior<br />
<strong>di</strong>fesa è l'attacco, sì, ma qui l'unica<br />
<strong>di</strong>fesa è l'attacco.<br />
Fatte salve queste irritanti pecche,<br />
quello che resta è un sistema<br />
<strong>di</strong> combattimento che ha solo bisogno<br />
<strong>di</strong> essere decifrato. Avanzando<br />
lungo i capitoli del gioco la varietà e<br />
la strategia affiorano inequivocabili:<br />
gli avversari più coriacei possono<br />
essere immobilizzati da incantesimi<br />
e resi inermi per qualche secondo,<br />
viene richiesta la padronanza <strong>di</strong><br />
ogni arma specifica, l'impiego a catena<br />
<strong>di</strong> magie e combo non solo è<br />
assimilabile con estrema rapi<strong>di</strong>tà<br />
ma è anche elementare da eseguire,<br />
e nelle missioni avanzate la tipologia<br />
<strong>di</strong> avversari che partecipa<br />
agli accerchiamenti <strong>di</strong>venta sempre<br />
30<br />
Dicono <strong>di</strong> lui - Famitsu<br />
8<br />
Hamamura Tsushin:<br />
Ambientazione dark e<br />
approfon<strong>di</strong>ta. Pur <strong>di</strong> as-<br />
sistere alle immagini <strong>di</strong> alta qualità<br />
si procede a squarciare senza<br />
sosta. Piacevolmente come in<br />
Sangoku Muso. E che bello cavalcare<br />
il drago, avvolgendo le truppe<br />
a terra nel fuoco. Difficile <strong>di</strong>menticare<br />
la gioia nel fare evolvere le<br />
armi sporcandole <strong>di</strong> sangue. Un<br />
piacere quasi febbrile che non si<br />
scambierebbe con nulla.<br />
7<br />
Kisshi Arayama: Fondamentalmente<br />
un picchiaduro<br />
<strong>di</strong> massa, ma<br />
paragonato ad opere dello stesso<br />
tipo si ha l'impressione che le soluzioni<br />
per rendere intrigante l'azione<br />
manchino leggermente <strong>di</strong><br />
profon<strong>di</strong>tà. La sensazione <strong>di</strong> combattere<br />
a terra con l'aiuto del<br />
drago è relativamente originale.<br />
Notevoli la bellissima CG e il respiro<br />
cupo della storia.<br />
7<br />
Okamura Kisuko: Raccogliendo<br />
armi, elevandone<br />
le abilità e prendendo<br />
a calci le fila <strong>di</strong> soldati nemici si<br />
prova un gran piacere.<br />
Oltre a questo si resta molto coinvolti<br />
dalle battaglie col drago sia<br />
ad alta che a bassa quota. Anche<br />
la grafica con cui è rappresentata<br />
l'ambientazione è eccellente. La<br />
musica che accompagna l'azione è<br />
soltanto un loop che si ripete <strong>di</strong><br />
continuo, ma sod<strong>di</strong>sfa il suo ruolo<br />
nel comunicare ansia.<br />
7<br />
Haneda Takeyuki: Dalla<br />
fusione tra Sangoku<br />
Muso e Panzer Drago-<br />
on un risultato che fa saltare dalla<br />
se<strong>di</strong>a. Ciononostante ha origine<br />
qualche interrogativo. Salire in<br />
sella al drago? Sì, ma la visuale<br />
invece <strong>di</strong> aprirsi mostra solo gli<br />
avversari che si hanno <strong>di</strong> fronte e<br />
i terreni spogli si fanno notare ancor<br />
<strong>di</strong> più. Nel bene e nel male,<br />
semplice dall'inizio alla fine.<br />
più eterogenea. Una volta intuito il<br />
funzionamento delle armi ci si ritrova<br />
ad attraversare le folle <strong>di</strong> soldati<br />
imperiali come dei macellai indemoniati,<br />
falciando chiunque sulla<br />
propria strada mentre il numero <strong>di</strong><br />
combo sorpassa il centinaio e gli<br />
incantesimi fanno piovere meteoriti<br />
infuocati, scuotono la terra, o <strong>di</strong>ssanguano<br />
i malcapitati tutt'intorno.<br />
E' anche possibile richiamare il drago<br />
negli spazi aperti in modo da<br />
sfruttarne la notevole potenza <strong>di</strong><br />
fuoco, ma si tratta <strong>di</strong> una scappatoia<br />
<strong>di</strong> cui non approfittare: molte<br />
tipologie <strong>di</strong> avversari sono immuni
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#08<br />
ai suoi attacchi e gli arcieri possono<br />
<strong>di</strong>sarcionare Caim dalla creatura in<br />
un solo colpo. Inoltre ricorrere al<br />
drago troppo frequentemente impe<strong>di</strong>sce<br />
un regolare sviluppo delle<br />
capacità del protagonista e delle<br />
armi a <strong>di</strong>sposizione, la cui potenza<br />
deve essere necessariamente incrementata<br />
al fine <strong>di</strong> avere ragione<br />
sui temibili avversari che popolano<br />
le missioni conclusive.<br />
Ulteriore elemento <strong>di</strong> varietà è la<br />
presenza dei Contraenti, che hanno<br />
il ruolo <strong>di</strong> "smart bomb" e si rivelano<br />
preziosissimi nelle missioni al<br />
chiuso, in cui il drago non può intervenire.<br />
Il loro utilizzo può apparire<br />
troppo favorevole nei confronti<br />
del giocatore, ma la circoscritta<br />
quantità <strong>di</strong> evocazioni possibili (solo<br />
tre) rende preferibile risparmiarne<br />
l'intervento per le situazioni <strong>di</strong>sperate<br />
senza abusare del loro appoggio.<br />
Stessa situazione <strong>di</strong> iniziale insod<strong>di</strong>sfazione<br />
anche negli scontri aerei.<br />
Come in Panzer Dragoon è possibile<br />
compiere lock-on multipli, espellere<br />
colpi singoli <strong>di</strong> maggiore<br />
potenziale <strong>di</strong>struttivo ma più imprecisi,<br />
e attuare una spettacolare<br />
magia "a ricerca" che <strong>di</strong>strugge<br />
qualsiasi cosa trovi per la sua strada.<br />
Mancano invece la possibilità <strong>di</strong><br />
far compiere un qualsiasi intervento<br />
a Caim (niente a che vedere con il<br />
gioco Sega) e un metodo per mutare<br />
le capacità del drago in tempo<br />
reale. A <strong>di</strong>re la verità il drago segue<br />
effettivamente un corso evolutivo<br />
accumulando punti esperienza, ma<br />
non vi è alcuna convenienza nel<br />
farlo regre<strong>di</strong>re. Questa modalità sa<br />
comunque garantire le sue dosi <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>vertimento, proponendo una galleria<br />
<strong>di</strong> avversari che <strong>di</strong>spongono<br />
proce<strong>di</strong>menti d'attacco molto eterogenei<br />
fra loro e che quando si radunano<br />
combinano nel modo più<br />
letale possibile i loro interventi. Alcuni<br />
nemici hanno colpi lenti ma<br />
letali, altri hanno colpi deboli ma a<br />
ricerca, altri ancora devono prima<br />
avvicinarsi per poter infliggere<br />
danni, e altri ancora <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong><br />
sorprendenti capacità <strong>di</strong> evasione<br />
che costringono a frenetici inseguimenti.<br />
Gli autori hanno saputo<br />
quin<strong>di</strong> mescolare tutte queste particolarità<br />
in<strong>di</strong>viduali elaborando<br />
missioni dove pianificare i tempi e<br />
le sequenze con cui eseguire le<br />
tecniche d'attacco si rivela l'unica<br />
soluzione per oltrepassare il nemico.<br />
Un design piuttosto elementare<br />
ma con le proprie peculiarità e le<br />
proprie sfaccettature, che guadagna<br />
coinvolgimento tanto dalla sua<br />
varietà strategica quanto dall'estrema<br />
cura poligonale e dall'intenso<br />
gusto iconografico impartito a<br />
mostri e veicoli imperiali.<br />
Particolare nota <strong>di</strong> merito per i<br />
confronti con i boss, tutti enormi e<br />
tutti duri a morire. Se è vero che si<br />
incontra qualche <strong>di</strong>fficoltà nei combattimenti<br />
a terra, in quelli aerei gli<br />
avversari conclusivi non lasciano<br />
tregua e costringono a sfide all'ultimo<br />
sangue, manifestando lu<strong>di</strong>camente<br />
la loro natura sovrumana in<br />
sfide tese e impegnative.<br />
Come è ormai <strong>di</strong> regola anche Drag on<br />
Dragoon fa sfoggio <strong>di</strong> due filmati introduttivi,<br />
uno completamente in CG e un<br />
altro montato con sequenze narrative<br />
presenti nell'avventura, ricco <strong>di</strong> suggerimenti<br />
inerenti alla strategia da applicare<br />
e ai drammatici eventi che attendono<br />
il giocatore. Molto inquietante la schermata<br />
iniziale in cui la voce <strong>di</strong> Furiae sussurra<br />
parole alla rinfusa, anticipando<br />
temi e colpi <strong>di</strong> scena della storia.<br />
Il fascino del titolo non è il massimo<br />
in fatto <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>atezza, questo<br />
è assodato: tanto lo sviluppo<br />
della trama quanto i due <strong>di</strong>versi<br />
sistemi <strong>di</strong> interazione richiedono la<br />
comprensione <strong>di</strong> determinati canoni<br />
per essere apprezzati. Il prodotto<br />
Square-Enix ha significato solo se<br />
lo si considera come somma delle<br />
sue parti e sulla breve <strong>di</strong>stanza non<br />
regala particolari sod<strong>di</strong>sfazioni né al<br />
giocatore né allo spettatore, improntato<br />
com'è su un crescendo<br />
tanto narrativo quanto strategico.<br />
Provarlo in una demo o stu<strong>di</strong>arlo da<br />
un video raffazzonato non gli renderà<br />
alcuna giustizia: quest'opera<br />
non è un picchiaduro, non è uno<br />
sparatutto, non è un racconto. E'<br />
un punto <strong>di</strong> mezzo tra due estremi:<br />
l'aspetto narrativo non è integrato<br />
all'attività lu<strong>di</strong>ca come in Silent<br />
Hill, né l'aspetto strategico offre la<br />
miriade <strong>di</strong> sfaccettature <strong>di</strong> Devil<br />
May Cry; ma possiede il sistema <strong>di</strong><br />
combattimento che a Silent Hill<br />
manca e una consistente trama che<br />
il titolo Capcom si sogna.<br />
Drag on Dragoon è una vera e<br />
propria videoesperienza, incentrata<br />
su quella eterna trage<strong>di</strong>a che è il<br />
sentimento non ricambiato: quello<br />
filiale, quello fraterno, quello romantico,<br />
quello amichevole. E quello<br />
tutto mondano dell'uomo, <strong>di</strong>speratamente<br />
intento a sod<strong>di</strong>sfare un<br />
Dio che non lo ricompensa mai con<br />
l'amore (o i segni) che spera.<br />
In<strong>di</strong>menticabile.<br />
31<br />
[<strong>Ring</strong> è] Corso rapido <strong>di</strong><br />
game design per ottenebrati.<br />
Prima lezione: Survival<br />
Horror<br />
«I survival horror sono tutti<br />
uguali. Basta cambiare un<br />
attimo l'iconografia (da sanguinolento/pagana<br />
a sbudelloso/cristiana<br />
ecc.), sostituire<br />
un po' le armi e fare il solito<br />
protagonista timoroso/<br />
mezzasega con qualche problema<br />
al cervello e qualche<br />
inciucio sessuale col <strong>di</strong>avolo<br />
alle spalle. Te lo faccio io un<br />
survival horror, in 5 minuti.<br />
Poi lo traduco in inglese con<br />
Google per dargli un effetto<br />
un po' psichedelico/<strong>di</strong>sturbante.»<br />
Gunny<br />
~<br />
[<strong>Ring</strong> è] Uovo-gallina<br />
«Parla <strong>di</strong> quello che è avvenuto<br />
prima <strong>di</strong> Gran Turismo<br />
1.»<br />
Paolo Jumpman Ruffino,<br />
descrivendo Gran Turismo<br />
Prologue<br />
~<br />
[<strong>Ring</strong> è] Pessimismo<br />
Co(s)mico<br />
«È uno <strong>di</strong> quei perio<strong>di</strong> in cui<br />
se mi si avvicina un tizio e<br />
mi porge un pulsante <strong>di</strong>cendo<br />
"prego, avvii il format <strong>di</strong><br />
questo Universo" pigio <strong>di</strong><br />
brutto brutto brutto.»<br />
Nemesis Divina<br />
~<br />
[<strong>Ring</strong> è] Chiarezza<br />
«…Dubito seriamente che<br />
PSP cambierà le cose…»<br />
«…Che PSP cambierà molte<br />
cose è quasi sicuro, d'altronde<br />
sono Sony…»<br />
Nemesis Divina, a <strong>di</strong>stanza<br />
<strong>di</strong> 24 ore.
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
lA cASTAGNA, sE lA cONOSCI lA eVITI____________________<br />
[Mario & Luigi Superstar Saga]<br />
<strong>di</strong> Gatsu<br />
.:scHEda:.<br />
gENERE Action RPG<br />
eTICHETTA Nintendo<br />
sVILUPPATORE Alpha Dream<br />
sISTEMA GBA<br />
aNNO 2003<br />
gIOCATORI 1<br />
vERSIONE europea<br />
M&LSS si rivela fin dalla prima occhiata<br />
coloratissimo e pupazzoso. Non mancano<br />
sprite enormi come Bowser-Ghignarda<br />
e la corpulenta bionda ritratta nella<br />
foto.<br />
I colpi <strong>di</strong> scena si susseguono copiosi.<br />
Come si evince dalla foto, Luigi svelerà<br />
finalmente le sue vere tendenze.<br />
Il principe Fagiolino, splendente nella<br />
sua malcelata beltà, si congratula con un<br />
paracadutico Luigi.<br />
____Cricetopo corazzato rotante<br />
Mario e Luigi si muovono<br />
all'unisono attraverso<br />
i meandri<br />
cupi del Bosco Ghigno.<br />
Una bacca castagna<br />
sorridente cade a terra, esplodendo<br />
in un tripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> aculei. È<br />
impeto <strong>di</strong> vigliaccheria: la bacca<br />
castagna si scaglia senza pudore<br />
contro i due fratelli più celebri dei<br />
videogiochi. È scontro mortale.<br />
Ah, bastarda <strong>di</strong> una bacca castagna.<br />
Mario tira fuori dalla tasca un<br />
martello gigante, piroetta su se<br />
stesso e la riempie <strong>di</strong> mazzate. La<br />
bacca castagna si fa male ma neanche<br />
tanto. Inizia a roteare vorticosamente<br />
e schizza verso destra,<br />
esce dallo schermo e colpisce Luigi<br />
da <strong>di</strong>etro. Diavolo <strong>di</strong> una bacca castagna,<br />
le punte nel culo le metti a<br />
qualcun'altro.<br />
Luigi s’incazza: vai <strong>di</strong> Attacco<br />
Fratello. Mario salta addosso a Luigi,<br />
il quale gli fornisce una spinta<br />
propellente mici<strong>di</strong>ale: il baffuto ciccione<br />
demolisce con una testata il<br />
guscio della bacca castagna. Ah ah.<br />
Ma non è finita. Uno sbuffo <strong>di</strong> aculei<br />
ci rivela che annidato dentro<br />
la bacca stava un temibile fagiolo<br />
malvagio. Il legume rancoroso<br />
prende la rincorsa verso Mario. Mario<br />
calcola la tempistica e salta.<br />
Gne gne, fagiolo perverso, ti ho evitato,<br />
pensa Mario illudendosi. E<br />
invece no, il fagiolo arriva a tre<br />
quarti della sua corsa, inciampa, si<br />
schianta al suolo, poi, imperterrito,<br />
si rialza e continua la sua corsa<br />
kamikaze verso Mario. E colpisce.<br />
Mario stremato cade al suolo, Luigi<br />
è subito da lui e se lo carica in spalla.<br />
Sa che con la panza che si ritrova<br />
il suo fratello famoso non ha alcuna<br />
possibilità <strong>di</strong> sfuggire alle ire<br />
del temibile e mefistofelico fagiolo.<br />
E' ora <strong>di</strong> darsela a gambe. E allora<br />
corri, Luigi, corri, anche se questo<br />
ti costerà una valanga <strong>di</strong> denaro...<br />
Mario & Luigi Superstar Saga è<br />
questo, e molto altro. Terza parte<br />
dell'ipotetica saga iniziata su SNES<br />
con Super Mario RPG e continuata<br />
con Paper Mario su N64, il nuovo<br />
gioco Nintendo (ma sarebbe più<br />
giusto <strong>di</strong>re Alphadream, promettentissimo<br />
sviluppatore interno) ribalta<br />
e sconvolge in maniera esemplare<br />
due universi da sempre tabù: quello<br />
del pacioccoso mondo mariesco e<br />
quello dei JRPG...<br />
32<br />
_____Goomba orsetto lavatore<br />
a tra<strong>di</strong>mento<br />
Il combattimento descritto precedentemente<br />
è solo una piccola anticipazione<br />
<strong>di</strong> quello che M&LSS vi<br />
riserva: <strong>di</strong>etro una scorza apparentemente<br />
semplice si nasconde un<br />
gioco che in quanto a innovazioni<br />
non ha eguali (nello stesso hanno<br />
<strong>di</strong> produzione, 2003, solo Viewtiful<br />
Joe pare della stessa caratura...), e<br />
si propone anzi come nuova base<br />
su cui le più blasonate serie <strong>di</strong> JRPG<br />
farebbero bene a costruire (Final<br />
Fantasy, per <strong>di</strong>rne una che ha fatto<br />
dell'immobilismo concettuale un<br />
vanto). Prima <strong>di</strong> tutto: Mario e Luigi<br />
si controllano contemporaneamente.<br />
La crocetta <strong>di</strong>rezionale asservita<br />
al movimento, A e B per gestire,<br />
rispettivamente, il personaggio che<br />
sta davanti e quello che sta <strong>di</strong>etro.<br />
Le azioni performabili sono molteplici<br />
e spesso necessitano della collaborazione<br />
fra i due fratelli: dal<br />
semplice salto (contemporaneo con<br />
A+B, oppure alternato) all'utilizzo<br />
dei martelli (per stor<strong>di</strong>re i nemici,<br />
per conficcare Luigi a terra e farlo<br />
agire come una talpa o per rimpicciolire<br />
Mario e permettergli il passaggio<br />
attraverso buchi e pertugi<br />
assortiti); fino alle "abilità <strong>di</strong> spostamento"<br />
(Luigi può salire sulle<br />
spalle del fratello e spiccare un salto<br />
più alto del normale, Mario può<br />
pro<strong>di</strong>garsi in un salto turbinante<br />
che permette al duo <strong>di</strong> spostarsi<br />
sopra burroni o crepacci). La componente<br />
RPG è assimilabile a quella<br />
<strong>di</strong> uno Zelda: Link To The Past,<br />
con personaggi con cui parlare,<br />
puzzle da risolvere e item da recuperare,<br />
ma è inframmezzata spesso<br />
da minigiochi che sfruttano appieno<br />
il controllo doppio su cui il gioco fa<br />
perno. Uno dei più gustosi in cui vi<br />
imbatterete, per esempio, è il "salto<br />
della frontiera" che si dovrà superare<br />
per passare dal Regno dei<br />
Funghi a quello dei Fagioli... Sostanzialmente<br />
due tartarughe <strong>di</strong><br />
guar<strong>di</strong>a tengono in mano una corda,<br />
e sfrecciano a destra e a sinistra<br />
dello schermo costringendo il<br />
giocatore a scegliere con appropriato<br />
tempismo il momento in cui far<br />
saltare Luigi e quello in cui far saltare<br />
Mario. Semplice sulla carta, il<br />
minigioco in questione si rivela invece<br />
tosto proprio in virtù delle<br />
mosse impreviste in cui i due si<br />
produrranno, obbligandovi ad una<br />
coor<strong>di</strong>nazione e ad un tempismo<br />
che finora erano richiesti solo nei
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
rythm game. Tale meccanica basata<br />
sulla coor<strong>di</strong>nazione è riproposta<br />
anche negli scontri, sostanzialmente<br />
a turni, in cui ogni nemico attacca<br />
con <strong>di</strong>verse mosse, ognuna dalla<br />
tempistica <strong>di</strong>fferente, pietrificando<br />
il giocatore in uno sforzo <strong>di</strong> concentrazione<br />
mica da ridere. Non mancano<br />
finte, colpi bassi e sorprese,<br />
anche per quanto riguarda l'arsenale<br />
a <strong>di</strong>sposizione dei due idraulici<br />
baffuti. In mancanza <strong>di</strong> "Summon<br />
Evil Toad" e affini Alphadream ha<br />
ben pensato <strong>di</strong> inserire dei particolari<br />
colpi a due, chiamati Attacchi<br />
Fratelli, che prevedono l'esecuzione<br />
<strong>di</strong> lunghe mosse previa corretta<br />
pressione dei tasti che compaiono a<br />
schermo (si possono settare 3 livelli<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà per gli Attacchi Fratelli:<br />
(1), che oltre alle in<strong>di</strong>cazioni su<br />
schermo facilita il compito attraverso<br />
una sorta <strong>di</strong> rallenty, (2) con le<br />
in<strong>di</strong>cazioni a schermo ma velocità<br />
normale e (3) senza alcun tipo <strong>di</strong><br />
aiuto. Ovviamente a livello 3 i colpi<br />
sono molto più efficaci). Anche gli<br />
attacchi più semplici, Salto e Martello,<br />
vantano una sufficiente profon<strong>di</strong>tà<br />
<strong>di</strong> utilizzo, che spazia dalla<br />
tipologia <strong>di</strong> nemico che si ha <strong>di</strong><br />
fronte alla corretta tempistica <strong>di</strong><br />
pressione dei tasti.<br />
La grafica riprende in parte quella<br />
<strong>di</strong> Yoshi's Island, anche se l'effetto<br />
finale è decisamente più allucinato<br />
e surreale, mentre il sonoro<br />
come sempre si basa sui temi portanti<br />
dell'epopea mariesca, introducendo<br />
anche qualche nuovo motivetto<br />
per nulla malvagio.<br />
____Koopa alato schiantagusci<br />
(da <strong>di</strong>etro)<br />
L'altro campo fondamentale in cui<br />
M&LSS innova è quello della trama,<br />
non tanto per lo sviluppo in sé,<br />
ma per il modo in cui gli eventi<br />
vengono presentati. La volontà <strong>di</strong><br />
inserire tonnellate <strong>di</strong> humour e una<br />
sana voglia <strong>di</strong> prendersi in giro, ha<br />
portato Alphadream ad inserire dei<br />
siparietti ROTFLosi in ogni dove,<br />
che per la prima volta ironizzano<br />
sulla stessa Nintendo e sorprendono<br />
l'appassionato che ormai sa già<br />
cosa aspettarsi dagli intrecci marieschi.<br />
In breve: la voce <strong>di</strong> Peach<br />
viene rubata dalla Strega Ghignarda<br />
e dal suo perfido assistente, decisi<br />
a regnare crudelmente sul confinante<br />
Regno dei Fagioli. Mario,<br />
Luigi e Bowser, non sopportando<br />
più il growling <strong>di</strong> Peach, si decidono<br />
ad andare a recuperare questa benedetta<br />
voce (Bowser ad<strong>di</strong>rittura<br />
<strong>di</strong>ce che se la principessa non recuperasse<br />
la sua voce, lui si rifiuterebbe<br />
<strong>di</strong> rapirla <strong>di</strong> nuovo...) e partono<br />
impavi<strong>di</strong> per il Regno dei Fagioli.<br />
Splen<strong>di</strong>da la scena iniziale in<br />
casa Mario Bros, con Luigi che<br />
stende i panni al vento (che sia<br />
gay?) e Toad che entra in casa trafelato<br />
a cercare Mario. Un fischiettio<br />
proviene dal bagno e Toad ci si<br />
fionda dentro incurante del pericolo,<br />
e ne esce subito dopo con la<br />
faccia rossa e delle evidenti lesioni<br />
anali. Segue Mario in mutande e<br />
tutta un'altra serie <strong>di</strong> chicche, tipo<br />
Luigi che viene <strong>di</strong>pinto come uno<br />
sfigato totale, tanto che nessuno si<br />
ricorda mai come si chiama e viene<br />
<strong>di</strong> volta in volta appellato come "tizio<br />
verde", "fratello <strong>di</strong> Mario", "Luca".<br />
Un piccolo capolavoro portatile.<br />
Fossi in Nintendo, metterei Alphadream<br />
al lavoro sul successore<br />
del cubo...<br />
NINTENDO DS (Deadly Suicide) ANNUNCIATO!!<br />
<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />
E RING non poteva starsene mani in mano.<br />
La vostra redazza preferita è volata a Mariolan<strong>di</strong>a, per avere<br />
numi sul nuovo portatile Nintendo. "Semplicemente non volevamo<br />
restare troppo in<strong>di</strong>etro rispetto a Sony" <strong>di</strong>ce sorridente<br />
Satoru Iwata, presidente <strong>di</strong> Nintendo.<br />
Il nome in co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Nintendo DS è Virtual Boy 2, questo per<br />
ingraziarsi la buona sorte (?), scelta indubbiamente coraggiosa.<br />
Eppure, lanciare un nuovo portatile a così breve <strong>di</strong>stanza da altri<br />
due sistemi (GBA e GBA SP) è suonato strano ai più, tanto che i<br />
commenti della comunità che gioca sono stati grossomodo questi:<br />
“Chisseneincula, meglio quel Penis Enlarger che mi consigliano<br />
sempre via SPAM” riferendosi alla nuova piattaforma e,<br />
parlando <strong>di</strong> Nintendo stessa, “Abbattetela, per carità. Soffre<br />
troppo!”.<br />
Una sfida ostica, per la grande N. "Per essere certi <strong>di</strong> non<br />
sbagliare, abbiamo rinnovato il comitato <strong>di</strong>rettivo che<br />
ci in<strong>di</strong>cherà la sicura via del successo". E così <strong>di</strong>cendo, Iwata introduce:<br />
Calimero, Coccolino (quello Concentrato, ovvio) e Toshihiro<br />
Nagoshi, ex presidente <strong>di</strong> Sega e pessimo colonnista <strong>di</strong><br />
VG. "Sony sbaragliò Nintendo cambiando target, abbandonando<br />
e ripu<strong>di</strong>ando gli hardcore gamer per puntare sui gamer e basta,<br />
e mo' sguazzano nei sol<strong>di</strong> ‘sti zozzoni.." cinguetta Calimero.<br />
"A questo punto l'idea geniale.." esclama giocondo Nagoshi<br />
"non battere Sony sul loro terreno ma creare un nuovo mercato,<br />
accalappiando una frangia <strong>di</strong> potenziali utenti curiosamente da<br />
sempre trasurata: chi non vuole giocare e detesta i videogiochi!!"<br />
(sorride orgolioso). "Per far ciò abbiamo progettato una<br />
macchina che possa <strong>di</strong>sgustare il videogiocatore comune, in<br />
questo modo, vedendo come è andata a Sony con i casual gamer,<br />
credo che riusciamo a infinocchiare chi dei VG se ne sbatte<br />
le palle. E’ una mia idea, lo devo modestamente ammettere.<br />
Merito o non merito tre paia d’ali?." (ride sguaiato).<br />
L’innovazione tecnologica più evidente <strong>di</strong> Nintendo DS sta però<br />
nel doppio schermo, RING indaga vorace: “Ci sembrava<br />
un’i<strong>di</strong>ozia, quin<strong>di</strong> dovrebbe funzionare. Basti pensare ai 4MB <strong>di</strong><br />
VRAM <strong>di</strong> PS2.. d’altra parte quei cinque gorilla super-sapiens<br />
venuti dal futuro e incatenati nel sottoscala, i cui progetti vengono<br />
firmati da Miyamoto-san, dovrebbero essere in grado ti tirar<br />
fuori delle idee decenti da una simile vaccata.<br />
Quando RING esclama poco pacatamente "ma vi siete bevuti<br />
COMPLETAMENTE il cervello?!" Nagoshi sbotta "Oh! Non sapevo<br />
ne voleste anche voi, non vi hanno offerto nulla all'ingresso? Vi<br />
faccio portare subito una gassosa..".<br />
Fa niente, l'importante è che Nintendo ci inviti al banchetto <strong>di</strong><br />
fine anno quando, al lancio <strong>di</strong> Nintendo DS, si mangeranno il fegato.<br />
33
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
pER cHI sUONA lA cAMPANA____________________________<br />
[Call of Duty]<br />
<strong>di</strong> Compagno Sator<br />
«È meglio morire in pie<strong>di</strong> che vincere in ginocchio»<br />
Emiliano Zapata<br />
«Questo lo pensi tu, povero i<strong>di</strong>ota»<br />
Compagno Sator<br />
gENERE<br />
.:scHEda:.<br />
Cinematic-FPS<br />
eTICHETTA Activision<br />
sVILUPPATORE Infinity Ward<br />
sISTEMA PC<br />
aNNO 2003<br />
gIOCATORI 1 - Multi<br />
vERSIONE italiana<br />
La sequenza dell’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Stalingrado<br />
è <strong>di</strong> una bellezza e una drammaticità<br />
sconvolgente. I designer hanno inoltre<br />
preso in prestito molte idee da Il Nemico<br />
alle Porte, ad esempio il pannello con<br />
i messaggi lasciati dai soldati.<br />
È dai piccoli particolari che si capisce se<br />
una ricostruzione è buona. Questi bovini<br />
morti ci ricordano che la guerra non<br />
coinvolge solo gli esseri umani…<br />
1945. L’esercito sovietico giunge a Berlino.<br />
Call of Duty, più che longevo, è intenso.<br />
Se siete tra quelli che il videogioco<br />
lo vogliono lungo, ma non siete tra<br />
quelli che riprendono in mano un videogame<br />
una volta finito, il consiglio è <strong>di</strong><br />
selezionare un livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà elevato<br />
(ve<strong>di</strong> box)…<br />
Lo sanno tutti: Pong è l’archetipo<br />
dei giochi <strong>di</strong> Tennis.<br />
Quello che non tutti<br />
sanno è che anche gli FPS<br />
hanno una loro musa. Questo videogioco<br />
si chiama Fratello Martello.<br />
Pubblicato nel 2000 da Mai Dire Net,<br />
Fratello Martello è un videogame programmato<br />
in Flash nel quale, mouse alla<br />
mano, dobbiamo colpire il volto del culturista<br />
Pietro Taricone nel momento esatto<br />
in cui questi fa capolino da alcuni<br />
buchi scavati nel terreno. Una variante<br />
cibernetico-televisiva del “whack the<br />
mole” <strong>di</strong>ffuso nei luna park americani.<br />
Tutti gli FPS mutuano da Fratello<br />
Martello la primor<strong>di</strong>ale meccanica <strong>di</strong><br />
gioco, qui sotto riportata in basic…<br />
10 inquadra il bersaglio<br />
20 clicca<br />
30 goto 10<br />
Ma percuotere a ciclo infinito l’abbronzata<br />
faccia del vincitore morale della<br />
prima e<strong>di</strong>zione del Grande Fratello, oltre<br />
ad essere lesivo per la <strong>di</strong>gnità del Taricone<br />
stesso, può annoiare. Ecco perché<br />
nel corso degli anni i vari cloni <strong>di</strong> Fratello<br />
Martello hanno implementato <strong>di</strong>verse<br />
varianti del gameplay primigenio, insaporendolo<br />
<strong>di</strong> volta in volta con un ingre<strong>di</strong>ente<br />
extra. Ad esempio, aggiungendo<br />
l’ingre<strong>di</strong>ente “stealth” otteniamo Thief;<br />
aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente “causa-effetto”<br />
otteniamo Halo (e tra breve Half<br />
Life 2); aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente “RPG”<br />
otteniamo Deus Ex; aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente<br />
“Metroid” otteniamo Metroid<br />
Prime; aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente “accuratissima<br />
simulazione per pazzi guerrafondai”<br />
otteniamo America’s Army;<br />
aggiungendo l’ingre<strong>di</strong>ente “Nemesis Divina”<br />
otteniamo Quake.<br />
Call of Duty è stato invece insaporito<br />
con una cucchiaiata de Il nemico alle<br />
porte e qualche foglia de Il giorno più<br />
lungo. I meriti <strong>di</strong> CoD, infatti, sono in<br />
gran parte atmosferici. L’impianto grafico,<br />
le ricostruzioni degli ambienti, il<br />
comportamento dei compagni, gli eventi<br />
e soprattutto lo splen<strong>di</strong>do sonoro, tutto è<br />
volto a calare il giocatore nella melma<br />
34<br />
del secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale; con esito<br />
impressionante per potenza evocativa.<br />
Spogliato <strong>di</strong> questi orpelli, CoD tra<strong>di</strong>sce<br />
la sua natura <strong>di</strong> FPS solo leggermente<br />
più evoluto della me<strong>di</strong>a. Insomma, si<br />
tratta più o meno del solito Medal of<br />
Honor da cui gli sviluppatori sono reduci.<br />
Pur con alcune mo<strong>di</strong>fiche.<br />
Innanzitutto è stata tolta la possibilità<br />
<strong>di</strong> aprire le porte. Il gioco lo <strong>di</strong>ce chiaramente<br />
alla prima occasione a tiro: non<br />
dovrete mai preoccuparvi <strong>di</strong> aprire una<br />
porta. Capito? Non è un impoverimento<br />
del gameplay, quanto piuttosto una<br />
semplificazione delle meccaniche con<br />
l’obiettivo <strong>di</strong> eliminare le azioni superflue.<br />
Pensate a Silent Hill. Pensate a<br />
Shenmue. Quante sono le porte presenti<br />
nei videogiochi che effettivamente<br />
svolgono la funzione per la quale sono<br />
state progettate? Che senso ha quin<strong>di</strong><br />
costringere il giocatore a provare cento<br />
maniglie quando nell’80% dei casi comparirà<br />
una scritta del tipo: “Questa porta<br />
non si può aprire per qualche ragione<br />
che non ti sto a spiegare perché tanto<br />
non la capiresti. Se ti ostini a cercare <strong>di</strong><br />
aprirla, umilierai entrambi”. CoD non ha<br />
bisogno <strong>di</strong> questi mezzucci per prolungare<br />
l’esplorazione o per dare una parvenza<br />
illusoria <strong>di</strong> prosecuzione non lineare.<br />
CoD non si vergogna delle proprie origini<br />
<strong>di</strong> FPS proletario.<br />
Un’altra mo<strong>di</strong>fica importante, ispirata<br />
da Halo, è la possibilità <strong>di</strong> portare con<br />
sé due sole armi, oltre alla pistola e le<br />
granate. Si tratta <strong>di</strong> un’aggiunta che rafforza<br />
la sospensione dell’incredulità nel<br />
giocatore, molto meno propenso ad irrompere<br />
nella battaglia in modalità “arsenale<br />
ambulante” come negli action<br />
movie dell’era reaganiana. Ovviamente è<br />
una scelta che regala qualche buona<br />
briscola anche al gameplay, invogliando<br />
a un’oculata selezione delle armi da portarsi<br />
<strong>di</strong>etro. Sia chiaro: nessun amletico<br />
dubbio. Questo perché, come è logico,<br />
CoD riproduce nel migliore dei mo<strong>di</strong> le<br />
armi in dotazione agli eserciti dell’epoca,<br />
i quali non <strong>di</strong>sponevano <strong>di</strong> tecnologia<br />
aliena.<br />
Fondamentalmente CoD <strong>di</strong>stingue tra<br />
fucili <strong>di</strong> precisione e mitragliatori (con<br />
alcuni toni grigi per quanto riguarda<br />
l’accuratezza del colpo, la capienza del<br />
caricatore e la frequenza <strong>di</strong> sparo); il<br />
giocatore finirà quin<strong>di</strong> per portare con sé<br />
un’arma per categoria. Poi, quando rimarrà<br />
a corto <strong>di</strong> pallottole, scambierà il<br />
suo mitra con quello <strong>di</strong> un tedesco morto.<br />
Poco altro.<br />
________________Diario <strong>di</strong> Guerra<br />
Call of Duty inizia le danze calando il<br />
giocatore nei panni <strong>di</strong> Martin, un soldato<br />
impiegato nelle missioni <strong>di</strong> supporto alla<br />
titanica operazione Overlord: lo sbarco<br />
in Norman<strong>di</strong>a. Il primo livello è stato
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
appositamente stu<strong>di</strong>ato per iniettare<br />
nell’utente un consistente sense of wonder<br />
– o, visti i contenuti, un sense of<br />
horror – che lo accompagnerà fino a<br />
Berlino. Paracadutato nella campagna<br />
francese, Martin vagherà nella notte alla<br />
ricerca del compagno <strong>di</strong> missione, trovandolo<br />
morto. Ok, penserà. Il solito<br />
pretesto da videogame per farmi rimanere<br />
da solo contro tutti. Macché. Pochi<br />
proiettili dopo… It’s raining men, alleluja!<br />
Decine <strong>di</strong> compagni aviotrasportati<br />
spuntano dal cielo. La guerra inizia, furiosa,<br />
fracassona, orribile. Meravigliosa.<br />
E, come <strong>di</strong>ce il capitano Fowley: «Per<br />
quelli che sono alla loro prima azione,<br />
benvenuti nel mondo reale. Per quelli<br />
che ci sono già stati… Credetemi, non<br />
avete visto ancora nulla». Parole rivolte<br />
non solo ai soldati, ma anche al giocatore…<br />
«Ehi ciccio, questo non è il solito<br />
Medal of Honor. Qui si fa sul serio».<br />
Per capirlo è sufficiente il colpo d’occhio<br />
del campo <strong>di</strong> battaglia, con dozzine <strong>di</strong><br />
soldati amici e nemici perfettamente<br />
calati nei loro personaggi.<br />
Il segmento de<strong>di</strong>cato agli americani è<br />
un’escalation <strong>di</strong> operazioni <strong>di</strong> guerra una<br />
più stupefacente dell’altra, salvo ammosciarsi<br />
leggermente nel finale, con due<br />
missioni <strong>di</strong> salvataggio che si allontanano<br />
dal campo <strong>di</strong> battaglia sporco e cattivo,<br />
facendo sentire nel giocatore una<br />
sorta <strong>di</strong> nostalgia al contrario.<br />
La sezione degli inglesi riporta a mille<br />
l’interesse con una splen<strong>di</strong>da missione<br />
doppia ispirata al film Il giorno più lungo.<br />
I buoni (tra cui Evans, l’alter ego<br />
britannico che rischia il deretano per noi)<br />
devono prendere possesso <strong>di</strong> un ponte e<br />
successivamente <strong>di</strong>fenderlo fino all’arrivo<br />
dei rinforzi. Signori, qui si assaggia la<br />
guerra <strong>di</strong> trincea, la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> una posizione<br />
costi quello che costi. Il senso <strong>di</strong><br />
progressivo accerchiamento ad opera <strong>di</strong><br />
un nemico che, con il passare del tempo,<br />
impara ad organizzarsi e a rendere letali<br />
i propri attacchi è reso splen<strong>di</strong>damente<br />
in tutta la sua drammaticità. La sensazione<br />
<strong>di</strong> inarrestabile per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> terreno è<br />
mici<strong>di</strong>ale, un continuo groppo alla gola,<br />
e le grida dei compagni che annunciano<br />
nuovi attacchi riesce ad insinuare panico<br />
come nessuno videogioco era riuscito a<br />
fare.<br />
Dopo un simile inizio, purtroppo il<br />
segmento inglese scema totalmente <strong>di</strong><br />
interesse, sprofondando nella noia <strong>di</strong><br />
missioni in singolo che evidenziano tutti i<br />
limiti dell’impianto <strong>di</strong> gioco. La missione<br />
<strong>di</strong> sabotaggio della <strong>di</strong>ga è lunga e noiosa<br />
e si segnala solo per l’epilogo: una fuga<br />
in camion rocambolesca e <strong>di</strong>vertente. Il<br />
livello successivo, poi, è il punto più <strong>di</strong>mentichevole<br />
del pacchetto bellico. Seriamente,<br />
che cosa c’entra in un prodotto<br />
del genere una missione in cui bisogna<br />
infiltrarsi in una nave e, DA SOLI,<br />
uccidere tutto ciò che respira?<br />
Per fortuna gli inglesi ci lasciano, per<br />
ritornare insieme alle truppe USA in una<br />
missioncina <strong>di</strong> congedo nella foresta innevata.<br />
Adesso tocca ai comunisti.<br />
È qui che Call of Duty rivela tutto il<br />
suo potenziale, spiccando il volo verso<br />
l’olimpo delle videoesperienze.<br />
(nota: per la sensibilità <strong>di</strong> chi scrive, il<br />
paragrafo successivo non contiene<br />
spoiler. Ciononostante, se siete tra quelli<br />
che non vogliono sapere assolutamente<br />
nulla <strong>di</strong> un gioco, il consiglio è <strong>di</strong> passare<br />
oltre.)<br />
________________Missione Pavlov<br />
Abbiamo asse<strong>di</strong>ato un palazzo <strong>di</strong> quattro<br />
piani occupato dai tedeschi. Al prezzo <strong>di</strong><br />
molti compagni caduti, siamo riusciti a<br />
prendere possesso dello stesso e ci go<strong>di</strong>amo<br />
un momento <strong>di</strong> riposo.<br />
Riposo fin troppo breve. I nazisti si<br />
sono riorganizzati e asse<strong>di</strong>ano il palazzo.<br />
Dobbiamo resistere, resistere, resistere.<br />
Tutti i piani dell’e<strong>di</strong>ficio sono piantonati<br />
dai miei compagni, che sparano dalle<br />
finestre e tengono d’occhio ogni entrata,<br />
ogni rampa <strong>di</strong> scale.<br />
Inizia un fuoco d’inferno.<br />
Riusciamo a tenere a <strong>di</strong>stanza i tedeschi,<br />
che muoiono non appena escono<br />
dai ripari. Appostato a una finestra del<br />
quarto piano, intono la preghiera del<br />
cecchino e buco ogni elmetto che fuoriesce<br />
dalla trincea a ovest; ma non dura a<br />
lungo. Il capo mi grida che a nord sta<br />
arrivando un cingolato. Scendo <strong>di</strong> corsa<br />
al terzo piano dove abbiamo posizionato<br />
una postazione anti-carro che dà in quella<br />
<strong>di</strong>rezione. Prendo la mira e sparo. I<br />
primi colpi impattano sul tank facendolo<br />
sussultare, poi, finalmente, esplode. Non<br />
faccio a tempo a esultare che lì vicino<br />
sbucano alcuni soldati. Sparo loro con il<br />
medesimo fucile e vedo i loro corpi<br />
schizzare in aria. Raccapricciante. La<br />
zona è libera, ma un’esplosione da <strong>di</strong>etro<br />
mi fa capire che è lungi dall’essere finita.<br />
Mi arrivano voci a conferma <strong>di</strong> quello che<br />
già ho intuito: un altro tank si sta avvicinando<br />
dal lato opposto del palazzo.<br />
Devo raggiungere la postazione anticarro<br />
che dà su quel lato, e per farlo devo<br />
scendere al secondo piano. Mentre sono<br />
sulle scale mi rendo conto che i tedeschi<br />
hanno già conquistato il piano terra e il<br />
primo piano, e stanno tentando <strong>di</strong> arrivare<br />
al secondo. Alcuni compagni cercano<br />
<strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re l’avanzamento del nemico.<br />
Io invece mi <strong>di</strong>rigo nella stanza con<br />
la postazione anticarro ma, oltrepassato<br />
l’ingresso, vedo l’esterno, la neve, le<br />
nuvole, il tank. La stanza non c’è più,<br />
spazzata via da un colpo ben assestato.<br />
Torno nel corridoio e mi rendo conto<br />
che, dove prima c’erano molti compagni,<br />
adesso ne è rimasto solo uno, e un tedesco<br />
approfitta del momento in cui questi<br />
sta ricaricando per risalire le scale e colpirlo<br />
violentemente con il calcio del fucile.<br />
Il mio compagno cade a terra e il tedesco<br />
continua a picchiarlo con una violenza<br />
che mi fa gelare il sangue. Chiudo<br />
gli occhi e sparo con il mitra. Mi fermo<br />
solo quando finisco il caricatore. Il tedesco<br />
giace a terra, mentre il mio compagno<br />
si rialza. Solo dopo mi rendo conto<br />
che avrei potuto colpire anche lui: in<br />
quel momento agivo solo per salvare me<br />
stesso. Ci guar<strong>di</strong>amo, ma non facciamo<br />
a tempo a <strong>di</strong>rci niente perché un’esplosione<br />
abbatte la parete. Fumo e calcinacci<br />
dappertutto. Mi ritrovo a terra,<br />
sento rumori ovattati e non vedo più il<br />
mio compagno. Mi allontano strisciando<br />
e mi posiziono vicino alle scale per arginare<br />
nuove ondate <strong>di</strong> nemici. Solo allora<br />
mi rendo conto che sto per finire i colpi.<br />
Dovrei scendere <strong>di</strong> un piano e prendere<br />
un mitra a un tedesco morto, ma sento<br />
che la zona è ormai presi<strong>di</strong>ata dal nemico<br />
e non ho il coraggio <strong>di</strong> rischiare.<br />
Quin<strong>di</strong> tiro fuori la pistola e, in<strong>di</strong>etreggiando,<br />
tento <strong>di</strong> raggiungere il quarto<br />
piano, dove tentare un’ultima resistenza<br />
insieme ai pochi compagni rimasti. Voglio<br />
tornare a casa.<br />
35<br />
________Mio padre sanguina Storia<br />
Call of Duty è un capolavoro <strong>di</strong> atmosfera<br />
e un gioco assolutamente buono.<br />
Anche se vi siete stufati <strong>di</strong> giocare sempre<br />
ai soliti cloni <strong>di</strong> Fratello Martello,<br />
prima <strong>di</strong> comperarvi finalmente una console,<br />
concedetevi un’ultima dose <strong>di</strong> motion<br />
sickness con il titolo <strong>di</strong> Infinity<br />
Ward. Ne vale veramente la pena.<br />
Peccato solo per il finale, che si rivela<br />
piuttosto deludente. Certo, sventolare la<br />
ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> Bertinotti sopra il reichstag<br />
comecavolosichiama ha il suo fascino,<br />
ma si poteva <strong>di</strong> più. Pensate a quanto<br />
sarebbe stato figo se, quando tutti esultano<br />
per la fine della guerra… BOM! Con<br />
un’esplosione fragorosa il temibile boss<br />
finale Adolf Hitler fa il suo ingresso a<br />
bordo della most secret weapon of the<br />
Luftwaffe: il Metal Gear Fritz.<br />
Purtroppo la realtà pone a volte tanti<br />
<strong>di</strong> quei vincoli…<br />
I livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />
Recluta<br />
Insultante. Oltre a non concedere<br />
uno straccio <strong>di</strong> sfida, il gioco non<br />
riesce a mostrare tutto il suo potenziale.<br />
Ad esempio le missioni<br />
che vogliono dare al giocatore il<br />
senso <strong>di</strong> accerchiamento falliscono<br />
nel loro intento a causa della<br />
limitatissima cattiveria laterale del<br />
nemico.<br />
Soldato<br />
Una <strong>di</strong>fficoltà bastevole a entrare<br />
nello spirito del gioco, anche se vi<br />
sentirete più John Rambo che il<br />
soldato Ryan. Questo perché i<br />
colpi del nemico non sono tanto<br />
letali da impe<strong>di</strong>re al giocatore una<br />
prestazione del tipo “grande guerriero<br />
bianco contro orde <strong>di</strong> orchetti”.<br />
La sovrabbondante presenza<br />
<strong>di</strong> me<strong>di</strong>kit, poi, vi farà pensare <strong>di</strong><br />
essere Wolverine prima del lavaggio<br />
del cervello...<br />
Esperto<br />
Questo livello permette <strong>di</strong> godere<br />
appieno dello stile <strong>di</strong> gioco previsto<br />
da Infinity Ward, senza per<br />
questo chiedere al giocatore <strong>di</strong><br />
seguire un corso da Je<strong>di</strong>. È fondamentale<br />
ricordarsi <strong>di</strong> seguire il<br />
gruppo, <strong>di</strong> passare velocemente<br />
da un riparo all’altro e <strong>di</strong> adoperare<br />
sempre l’arma più adatta. A<br />
queste con<strong>di</strong>zioni, CoD premierà<br />
il giocatore con una curva <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento<br />
mai troppo ripida né<br />
pianeggiante e regalandogli la<br />
sensazione <strong>di</strong> essere veramente<br />
su un campo <strong>di</strong> battaglia.<br />
Veterano<br />
«Niente è più emozionante nella<br />
vita che vedersi sparare addosso<br />
e non essere colpiti» <strong>di</strong>ce un tipo.<br />
Un lusso che questo livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />
vi concederà raramente. I<br />
nemici <strong>di</strong>ventano Bull’s Eye, i me<strong>di</strong>kit<br />
spariscono e un paio <strong>di</strong> colpi<br />
ben assestati garantiscono una<br />
traversata sull’acheronte. Provateci<br />
solo se vi piacciono le sfide<br />
proibitive, ma ricordate che <strong>di</strong>verrete<br />
i migliori amici del tasto F5.
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
sOL iNVICTUS__________ ____________________________<br />
[In Memoriam]<br />
<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />
.:scHEda:.<br />
gENERE RPG Investigativo<br />
eTICHETTA Ubi Soft<br />
sVILUPPATORE Lexis Numérique<br />
sISTEMA PC<br />
aNNO 2003<br />
gIOCATORI 1<br />
vERSIONE italiana<br />
Quattro anni <strong>di</strong> sviluppo, in larga parte<br />
attribuibili alle necessità “climatiche”<br />
della trama. Distribuiti in <strong>di</strong>versi paesi<br />
europei, i filmati raccontano le prime fasi<br />
delle indagini <strong>di</strong> Jack e Karen, quelle<br />
precedenti la loro scomparsa per mano<br />
<strong>di</strong> Fenice. L’intensità emotiva <strong>di</strong> alcune<br />
scene rende In Memoriam consigliabile<br />
ad un pubblico adulto.<br />
Gli enigmi si compongono <strong>di</strong> schermate<br />
fisse sulle quali è possibile interagire con<br />
vari elementi. Questi possono essere<br />
frammenti <strong>di</strong> foto da ricomporre o mini<br />
giochi <strong>di</strong> abilità/intuizione. Più sovente<br />
ogni enigma ha una sua logica intrinseca<br />
che va colta prima <strong>di</strong> procedere, pena la<br />
per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> molto tempo in inutili tentativi<br />
reiterati.<br />
“La preparazione tecnica<br />
e l'abilità grafica con<br />
cui la Fenice ha concepito<br />
il programma potrebbero<br />
far supporre<br />
che abbiamo a che fare con più in<strong>di</strong>vidui.<br />
Eppure, le poche informazioni<br />
inviate da Lorski prima della<br />
sua scomparsa lasciano supporre il<br />
contrario: si tratterebbe infatti <strong>di</strong><br />
un singolo in<strong>di</strong>viduo che, consapevole<br />
del proprio "genio", cerca attraverso<br />
questa “realizzazione” una<br />
forma <strong>di</strong> riconoscimento, costante<br />
che è possibile incontrare in alcuni<br />
casi <strong>di</strong> serial killer. Creando degli<br />
enigmi per fornire gli in<strong>di</strong>zi con il<br />
contagocce e giocando continuamente<br />
a nascondere le informazioni<br />
che poi consente <strong>di</strong> svelare, la Fenice<br />
si rivela manipolatore e dotato<br />
<strong>di</strong> un'acuta intelligenza. Nessuno<br />
può mettere in dubbio la sua intelligenza.<br />
Ne è la personificazione.”<br />
In Memoriam è un ospite scomodo,<br />
esce dallo schermo e pianta i<br />
pie<strong>di</strong> sul pavimento, impuntandosi<br />
e insistendo a non voler andare via.<br />
E’ sottile, una lingua sensuale che<br />
sibila, un sorriso affilato che seduce.<br />
Lontano da qualsiasi altra opera,<br />
In Memoriam si <strong>di</strong>stingue <strong>di</strong><br />
continuo, riportando sì ad un passato<br />
fatto <strong>di</strong> avventure grafiche, ma<br />
accelerando folle verso uno scenario<br />
ine<strong>di</strong>to, In Memoriam è un<br />
gioco <strong>di</strong> ruolo nel vero senso del<br />
termine, dove il giocat(t)ore recita<br />
una parte, pur rimanendo se stesso.<br />
Divergente da subito, In Memoriam<br />
ci sprofonda in un universo<br />
lu<strong>di</strong>co che è il nostro, nel quale<br />
sono strumenti noti ad essere nostri<br />
aiutanti.<br />
Jack Lorski e Karen Gijman sono<br />
scomparsi e l’agenzia SLK Network<br />
(fornitrice <strong>di</strong> contenuti tele/giornalistici)<br />
ha <strong>di</strong>ffuso in numerose copie<br />
un CD, recapitato loro da un uomo<br />
che si fa chiamare Fenice. Il <strong>di</strong>sco è<br />
un criptico ammasso <strong>di</strong> enigmi e<br />
informazioni frammentate che dovrebbero<br />
guidare verso il ritrovamento<br />
del giornalista e della sua<br />
compagna, ma il <strong>di</strong>sco è anche<br />
un’altra cosa:la glorificazione della<br />
Fenice, superbo prodotto <strong>di</strong> una<br />
mente ispirata che sfida il mondo<br />
sul campo in cui egli eccelle,<br />
l’intelligenza. Fenice stesso esorta a<br />
<strong>di</strong>ffondere il <strong>di</strong>sco, in modo che<br />
molti e molti possano confrontarsi<br />
con i suoi enigmi e che collaborino<br />
pure fra <strong>di</strong> loro, unendo gli sforzi,<br />
36<br />
Hardware<br />
In Memoriam non richiede specifiche<br />
tecniche particolarmente<br />
elevate per visualizzare i suoi<br />
contenuti (il lavoro <strong>di</strong> calcolo è<br />
esiguo). I requisiti minimi impongono<br />
un processore a 333Mhz<br />
(Win95 e successivi), 64MB <strong>di</strong><br />
RAM, scheda grafica a 32bit e<br />
700MB <strong>di</strong> spazio libero su <strong>di</strong>sco.<br />
In<strong>di</strong>spensabile la connessione internet<br />
per ricevere e-mail e compiere<br />
ricerche. È sufficiente un<br />
modem 56k.<br />
<strong>di</strong>videndosi informazioni e svelando,<br />
man mano, una storia rivestita<br />
<strong>di</strong> riferimenti alchemici, misteriose<br />
morti, verità universali e passati<br />
sepolti ma non ancora defunti.<br />
Il brano che apre la recensione non<br />
è un ritaglio da una qualche press<br />
release o dal manuale <strong>di</strong> gioco, è<br />
invece una delle principali caratteristiche<br />
<strong>di</strong> In Memoriam: un’e-mail<br />
recapitata presso il mio consueto<br />
in<strong>di</strong>rizzo elettronico. Il complesso<br />
universo fittizio ricreato dal visionario<br />
autore Eric Viennot, ci include<br />
nella simulazione, nel gioco <strong>di</strong> ruolo,<br />
rendendo evanescenti i confini<br />
che <strong>di</strong> solito scindono realtà e fantasia.<br />
Numerosi i compagni d’indagine<br />
che spe<strong>di</strong>ranno missive al<br />
nostro mail-reader, esponendo proprie<br />
teorie sulla risoluzione degli<br />
enigmi, offrendo link utili alla prosecuzione<br />
delle indagini o anche<br />
solo cercando <strong>di</strong> definire un quadro<br />
che appare ora in contorni consunti<br />
e sbia<strong>di</strong>ti.<br />
In Memoriam punta da subito a<br />
calare nella parte lo spettatore che,<br />
mai come oggi, è esortato non a<br />
guardare ma ad agire, quanto più<br />
gli è possibile. Proseguendo nello<br />
svisceramento del CD della Fenice,<br />
si fanno avanti nuove piste, in<strong>di</strong>zi<br />
confusi dapprima e poi sempre più<br />
delineanti un <strong>di</strong>segno inquietante<br />
eppur malignamente lucido. I nostri<br />
strumenti sono ‘nostri’ come non<br />
mai: la nostra intelligenza, la capacità<br />
<strong>di</strong> risoluzione degli enigmi, le<br />
nostre conoscenze enciclope<strong>di</strong>che<br />
ma pure l’enciclope<strong>di</strong>a stessa e soprattutto<br />
il suo corrispettivo dell’era<br />
telematica: internet. Molti enigmi,<br />
infatti, trovano risoluzione solcando<br />
le onde <strong>di</strong>gitali del mare informatico.<br />
In Memoriam, oltre ad un cast<br />
<strong>di</strong> comprimari epistolari, allestisce<br />
una ragnatela <strong>di</strong> siti che si piegano
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
alle esigenze narrative lasciando<br />
trasparire un’enorme mole <strong>di</strong> pianificazione<br />
certosina e impeccabile.<br />
Durante lo sviluppo, durato quattro<br />
intensi anni <strong>di</strong> lavoro, la troupe capeggiata<br />
da Viennot non solo ha<br />
girato svariate ore <strong>di</strong> filmati (realizzati,<br />
nella finzione, da Lorski e offerti<br />
a noi dalla Fenice), ma sono<br />
stati anche realizzati centinaia <strong>di</strong><br />
siti ad hoc, in<strong>di</strong>spensabili per proseguire<br />
le indagini e svelare lentamente,<br />
ai nostri occhi, la possibile<br />
trama che sottende il tutto. E se<br />
inizialmente si può avere un’idea <strong>di</strong><br />
trascuratezza nella realizzazione dei<br />
siti, presto si coglie l’enormità del<br />
lavoro svolto, con decine <strong>di</strong> stili<br />
grafici <strong>di</strong>fferenti, alcuni ricalcanti il<br />
più rozzo degli html (con quelle<br />
fiamme animate che fanno tanto<br />
amatoriale…) fino a più raffinati<br />
flash. I siti offrono generalmente<br />
informazioni sovrabbondanti e, se<br />
pure la ricerca della risoluzione <strong>di</strong><br />
un enigma è breve, soffermarsi su<br />
<strong>di</strong> un sito può offrire nuovi spunti<br />
alle indagini proiettandoci in avanti<br />
rispetto ai nostri compagni <strong>di</strong> investigazione<br />
che, magari, ci spe<strong>di</strong>ranno<br />
via e-mail conclusioni a cui eravamo<br />
già arrivati.<br />
La lettura estesa dei siti, offre inoltre<br />
la possibilità <strong>di</strong> calarsi nella<br />
parte in maniera cre<strong>di</strong>bile, rendendo<br />
più acute le sensazioni e gli umori<br />
che proveremo quando Fenice<br />
ci offrirà nuovi spezzoni <strong>di</strong> quanto è<br />
accaduto a Jack e Karen. Leggere il<br />
<strong>di</strong>ario online <strong>di</strong> una collegiale, spulciare<br />
la biografia nel sito <strong>di</strong> Karen o<br />
ammirarne i lavori <strong>di</strong> pittura, tutto<br />
concorre a rendere concreti i confini<br />
della finzione. A questo si aggiunga<br />
il modo brillante con cui In Memo<br />
riam si appoggia a siti preesitenti,<br />
AENIGMA<br />
Al <strong>di</strong> là della semplice deduzione<br />
logica e dell’interrelazione <strong>di</strong> elementi<br />
frammentari negli enigmi,<br />
spesso le risoluzioni <strong>di</strong> alcuni<br />
passaggi richiedono una piccola<br />
intuizione. Ritrovare il sito <strong>di</strong> Karen<br />
Gijman, non segnalato all’interno<br />
dell’enigma o nei nostri dati,<br />
<strong>di</strong>venta semplice <strong>di</strong>gitando il<br />
nome della stessa in un motore<br />
<strong>di</strong> ricerca ( www.karen-gijman.<br />
com, date una sbirciata…). Spesso<br />
questa è la via più semplice<br />
per ottenere degli in<strong>di</strong>zi. Ma non<br />
esitate a sfruttare tutto il mondo<br />
<strong>di</strong> possibilità là fuori… dovendo<br />
tradurre una parola in greco, recuperate<br />
un’agenzia <strong>di</strong> viaggi con<br />
sede in Grecia e chiedete gentilmente<br />
che sia il webmaster del<br />
sito a tradurla per voi. Certo dovete<br />
trovare un webmaster <strong>di</strong>sponibile<br />
come quello in cui sono<br />
incappato io…<br />
confondendoci ed ingannandoci astutamente<br />
e ponendo in dubbio<br />
tutto quanto, fino al punto in cui<br />
non si è più in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere<br />
quali siano i nostri passi genuini da<br />
quelli specificamente previsti dalla<br />
sceneggiatura.<br />
L’enigmistica <strong>di</strong> In Memoriam costituisce<br />
la parte preponderante<br />
della vicenda, anche se si è provveduto<br />
ad inserire il tutto in un<br />
contesto cre<strong>di</strong>bile. Le schermate del<br />
CD della Fenice si susseguono in un<br />
gioco <strong>di</strong> scatole cinesi, dove ogni<br />
gruppo <strong>di</strong> enigmi risolto apre un<br />
portale verso una nuova serie <strong>di</strong><br />
sfide. Lontani dall’essere i banali<br />
rompicapo <strong>di</strong> capcomiana memoria,<br />
gli ostacoli che Fenice ci pone innanzi<br />
sono generalmente risolvibili<br />
con la semplice indagine o comunque<br />
grazie all’analisi degli elementi<br />
a nostra <strong>di</strong>sposizione. Non si raggiungono<br />
quin<strong>di</strong> i livelli <strong>di</strong> osticità<br />
offerti da un Myst, e più in generale<br />
l’aiuto <strong>di</strong> quanti sono impegnati<br />
nelle indagini dovrebbe rendere<br />
l’avventura affrontabile da chiunque<br />
sia munito <strong>di</strong> un minimo barlume <strong>di</strong><br />
intelligenza. Eppure, dove molti enigmi<br />
sono questione <strong>di</strong> ricostruire<br />
una logica apparentemente inesistente<br />
ed altri necessitano invece <strong>di</strong><br />
una certa manualità (traducendosi<br />
in veri e propri minigiochi), spesso<br />
si richiede anche un approccio laterale.<br />
Ma all’interno <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong><br />
cui facciamo parte, la lateralità si<br />
sviluppa in maniera inconsueta, ben<br />
lontana dalle logiche illogiche <strong>di</strong><br />
Monkey Island. La lateralità <strong>di</strong> In<br />
Memoriam si traduce in “il tuo<br />
mondo fa parte del gioco”, e così<br />
sia. Difficile fare esempi senza rischiare<br />
<strong>di</strong> rovinare la sorpresa e<br />
l’orgoglio <strong>di</strong> giungere a certe conclusioni,<br />
ma tenete a mente che il<br />
web nel suo insieme <strong>di</strong>venta il vostro<br />
primo strumento d’indagine<br />
(ve<strong>di</strong> box AENIGMA).<br />
Se In Memoriam gioca con noi,<br />
riflettendoci nel mondo che giochiamo,<br />
non meno fascinosa risulta<br />
la componente concreta del titolo.<br />
L’estetica del CD della Fenice è elaborata<br />
sulla complessa psicologia<br />
del serial killer, un uomo <strong>di</strong> grande<br />
intelligenza e gusto artistico. Si alternano<br />
così <strong>di</strong>apositive da un inconscio<br />
malato ma comunque coerente,<br />
dotate <strong>di</strong> un gusto macabro<br />
e ingegnoso che sfrutta la composizione<br />
<strong>di</strong>gitale con elementi interagibili<br />
per costruire labirinti enigmistici.<br />
E sul fondo un accompagnamento<br />
sonoro gracchiante, che<br />
stride e ci ferisce il cervello con<br />
punte acuminate, fino a stamparci<br />
sopra un tema musicale, angosciante,<br />
che sottolinea i momenti <strong>di</strong><br />
rivelazione del gioco. Né meno bril-<br />
37<br />
lante la prestazione recitativa degli<br />
attori impegnati nelle riprese <strong>di</strong><br />
Lorski. Tutti ugualmente cre<strong>di</strong>bili e<br />
capaci, perfettamente calati<br />
nell’economia realistica del gioco.<br />
Meno naturale la regia, che spesso<br />
<strong>di</strong>mentica il suo ruolo <strong>di</strong> fredda testimonianza<br />
per indugiare in scelte<br />
registiche indubbiamente meno<br />
cre<strong>di</strong>bili, per quanto più funzionali e<br />
gradevoli.<br />
In Memoriam è dunque un<br />
ammirevole ritratto, dotato <strong>di</strong> autentica<br />
vitalità, ispirazione e volontà<br />
<strong>di</strong> innovare. Assolutamente priva<br />
<strong>di</strong> paragone, l’esperienza interpretativa<br />
<strong>di</strong> questa opera ha il merito<br />
innegabile <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care nuove strade<br />
dell’espressione videointerattiva, un<br />
lavoro ineccepibile sotto tutti gli<br />
aspetti anche se <strong>di</strong> non popolare<br />
fruizione. Ma il sigillo <strong>di</strong> RING<br />
campeggia proprio per questa ragione,<br />
per darvi un motivo in più<br />
per osare, per invitarvi a frantumare<br />
il confine ed attraversare lo<br />
specchio.<br />
“Per Eric Viennot, i videogiochi sono<br />
un nuovo mezzo <strong>di</strong> comunicazione<br />
per raccontare storie in modo innovativo.<br />
La fiction interattiva lo interessa<br />
perché è convinto che, a un<br />
secolo dalla nascita del cinema, i<br />
videogiochi siano destinati a <strong>di</strong>ventare<br />
una nuova forma narrativa,<br />
ricca <strong>di</strong> emozioni e materia <strong>di</strong> sogni...”<br />
da http://www.inmemoriam.it<br />
Eric Vinnot<br />
Eric Viennot (regista/desi-gner)<br />
nasce il 10 Marzo del 1960 a Lione,<br />
in Francia. Si forma nelle arti<br />
visive e, negli anni '80, si de<strong>di</strong>ca<br />
alla fotografia, la pittura e la video-arte.<br />
Insieme al gruppo Equipage<br />
10, partecipa a <strong>di</strong>versi allestimenti<br />
multime<strong>di</strong>ali, esibendosi<br />
in Francia, Germania, Italia e Danimarca.<br />
Vince i concorsi CAPES e<br />
Agrégation in Belle Arti, e quin<strong>di</strong><br />
insegna all'Università <strong>di</strong> Paris 1<br />
(Panthéon Sorbonne) per cinque<br />
anni. Nel 1990, fonda lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
produzione Lexis Numérique insieme<br />
a Marie Viennot e José Sanchis.<br />
Come precursore della computer<br />
grafica, dal 1994 partecipa<br />
a numerosi progetti multime<strong>di</strong>ali<br />
nel ruolo <strong>di</strong> designer e <strong>di</strong>rettore<br />
artistico.
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
wARIO wHORE______________________________________<br />
[Wario Ware]<br />
<strong>di</strong> Emalord<br />
.:scHEda:.<br />
gENERE Party Game<br />
eTICHETTA Nintendo<br />
sVILUPPATORE Interno<br />
sISTEMA GBA<br />
aNNO 2003<br />
gIOCATORI 1-2<br />
vERSIONE Europea<br />
Wario Ware Inc. è<br />
la fine <strong>di</strong> Nintendo. La<br />
morte della fantasia.<br />
La tomba della creatività.<br />
Guardatevi dal<br />
definirlo un prodotto innovativo, ed<br />
esaminatelo per quello che è: una<br />
sequenza <strong>di</strong> immagini semianimate,<br />
pessimamente colorate, scandalosamente<br />
grezze.<br />
Wario Ware Inc. è il ritorno dei<br />
morti viventi, la <strong>di</strong>ssepoltura gli<br />
scacciapensieri, l'esaltazione della<br />
monocromaticità e del mononeuronismo.<br />
Un revival della prima Nintendo,<br />
quella che ora non esiste<br />
più, quella che ora non ha più niente<br />
da <strong>di</strong>re.<br />
E questa è solo la punta dell'Iceberg.<br />
Questo è solo l'inizio <strong>di</strong> una<br />
critica fin troppo facile [sorride<br />
sod<strong>di</strong>sfatto]<br />
Il prodotto <strong>di</strong> Nintendo illude l'utente<br />
con la quantità: gli urla negli<br />
spazi angusti tra timpano, staffa e<br />
martello che con gli oltre 200 minigiochi<br />
all'interno il <strong>di</strong>vertimento<br />
non avrà mai fine. Ore e ore <strong>di</strong> risate<br />
grasse, <strong>di</strong> sfide in multiplayer,<br />
<strong>di</strong> coinvolgenti bagarre tra amici.<br />
Ma sono solo menzogne.<br />
Chi, nel 2004, si potrebbe ancora<br />
<strong>di</strong>vertire con un gioco senza una<br />
trama vera e propria, con una grafica<br />
ridotta a quella dei primor<strong>di</strong><br />
videolu<strong>di</strong>ci, con un pulsante ed una<br />
croce <strong>di</strong>rezionale e governare il tutto?<br />
Suvvia, non scherziamo, l'utente<br />
moderno vuole azione, vuole mon<strong>di</strong><br />
tri<strong>di</strong>mensionali anche su handheld,<br />
e dove non arrivano i poligoni vuole<br />
un bitmap esagerato, fluorescente,<br />
abbacinante. L'utente vuole i colori,<br />
vuole infiniti frame <strong>di</strong> animazione,<br />
<strong>di</strong> strati <strong>di</strong> parallasse, vuole<br />
sparare, saltare, guidare. Vuole il<br />
survival e lo stealth.<br />
Il videogiocatore desidera sentisi<br />
un eroe, vuole conquistare mon<strong>di</strong><br />
sterminati e deserti popolati da enormi<br />
vermi, vuole salvare principesse<br />
intergalattiche plausibilmente<br />
ancora vergini. E non stiamo parlando<br />
<strong>di</strong> zo<strong>di</strong>aco, nossignori.<br />
Ed il prodotto Nintendo riesce anche<br />
in uno solo <strong>di</strong> questi obbiettivi?<br />
No, Signore e Signori, non vi riesce<br />
[simula uno sguardo corrucciato e<br />
sconsolato]<br />
Gli utenti si lamentano della brevità<br />
dei giochi, raccontano nei forum<br />
che Ico non può durare solo 10 ore,<br />
che un Resident Evil che con-<br />
38<br />
sta <strong>di</strong> ben due mini<strong>di</strong>sk non si può<br />
esaurire in 8 ore. E cosa mi fanno i<br />
creativi <strong>di</strong> Nintendo? Gente che dovrebbe<br />
essere stipen<strong>di</strong>ata per produrre<br />
giochi dalla durata richiesta?<br />
Mi creano 200 minigiochi dalla durata<br />
<strong>di</strong> 3 secon<strong>di</strong> cadauno! E non<br />
solo, in quei 3 secon<strong>di</strong> l'utente deve<br />
capire cosa fare e capire come farlo,<br />
solo grazie ad un criptico suggerimento<br />
quale: mangia, taglia, cetriolo,<br />
gonfia, uno.<br />
Ma che imbeccata è: uno?<br />
A volte è sufficiente premere il<br />
pulsante A, a volte basta premere<br />
la croce <strong>di</strong>rezionale, a volte è richiesto<br />
l'uso <strong>di</strong> entrambi. Ma l'utente<br />
me<strong>di</strong>o capirà tutto questo? Capirà<br />
che non ci vuole l'uso contemporaneo<br />
<strong>di</strong> tutti i bottoni, dei tasti<br />
laterali, che non c'è lock-on o inventario<br />
<strong>di</strong> sorta? E le mappe, che<br />
fine hanno fatto le mappe? Ormai si<br />
trovano in qualsiasi prodotto, anche<br />
negli shooter c'è un seppur minimo<br />
straccio <strong>di</strong> mappa, per<strong>di</strong>o. La gente<br />
vuole perdersi, vuole smarrirsi,<br />
vuole localizzare item, vuole un<br />
continuo feedback con un qualsiasi<br />
colonnello dell'esercito. Ci vogliono<br />
pozioni curative, per avere successo.<br />
Ci vogliono negozi, livelli, piattaforme.<br />
Il gioco, Signori, deve essere<br />
inquadrato in un genere, altrimenti<br />
l'utente resterà spiazzato e<br />
non lo comprerà.<br />
Ebbene, Signori, cos'è Wario<br />
Ware Inc.? Un platform, un adventure,<br />
un puzzle game? Una simulazione,<br />
un arcade, uno strategico?<br />
No, non è niente <strong>di</strong> questo. È<br />
un esperimento andato a male, un<br />
abominio, un Pokémon scartato dal<br />
suo stesso creatore che poi si è suicidato<br />
per la vergogna. Come <strong>di</strong>te?<br />
Un Party game? Il massimo <strong>di</strong> giocatori<br />
per gioco, e la cosa non vale<br />
per tutti i giochi, è due. Avete mai<br />
visto dei Party a cui hanno partecipato<br />
solo due persone? Una tristezza.<br />
Signori, guardatemi negli occhi:<br />
l'handheld gaming è un genere limitato<br />
già <strong>di</strong> per se e Wario Ware<br />
Inc. è l'apoteosi del concetto <strong>di</strong><br />
limitatezza. Non esiste Gioco, non<br />
esiste profon<strong>di</strong>tà. Questo prodotto<br />
non piacerà alle masse come non<br />
piacerà a quegli intellettuali del Bit<br />
che continuano a riempirsi la bocca<br />
con la parola Gameplay. Signori,<br />
questo gioco non può piacere.<br />
Venite, seguitemi, intervistiamo<br />
quei ragazzini laggiù e chie<strong>di</strong>amogli<br />
cosa ne pensano.
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
Vedrete che mi darete ragione [si<br />
aggiusta la cravatta e scende in<br />
strada]<br />
«A me piace» <strong>di</strong>ce Federico<br />
«Ci sono 10 personaggi <strong>di</strong>versi<br />
da affrontare a suon <strong>di</strong> minigame,<br />
prima <strong>di</strong> arrivare allo scontro con<br />
Wario»<br />
«È vero, è vero» urla Giacomo<br />
«E ogni personaggio ha il suo tipo<br />
<strong>di</strong> minigame. 9-VOLT per esempio<br />
ha solo minigiochi ispirati al<br />
mondo Nintendo, DRIBBLE invece<br />
punta sulla fantascienza, mentre<br />
ORBULON mette alla prova il tuo<br />
QI»<br />
«A me piace KAT» sorride Mariella.<br />
«Perché è una ragazza ed è una<br />
ninja. Tutti i suoi minigiochi sono<br />
ispirati alla natura e hanno delle<br />
belle schermate piene <strong>di</strong> ideogrammi»<br />
e sorride.<br />
«E le musiche?» irrompe Enrico.<br />
«Io da grande voglio fare il musicista,<br />
e vi assicuro che le musiche<br />
<strong>di</strong> questo gioco sono fenomenali. Ci<br />
sono anche dei pezzi cantati! E poi<br />
spaziano dal jazz alla <strong>di</strong>sco alla techno<br />
con <strong>di</strong>sinvoltura. Se potessi ci<br />
farei un Cd per il mio fratello che <strong>di</strong><br />
videogiochi non capisce niente. E<br />
pensare che è un gioco per Gameboy…»<br />
«A me mi fa impazzire il fatto dei<br />
3 secon<strong>di</strong>», sussurra Paolo.<br />
«Cioè tu ve<strong>di</strong> la frase Rimbalza! e<br />
poi comincia il gioco, e ve<strong>di</strong> un uomo<br />
sdraiato ed un'anguria e devi<br />
capire cosa fare esattamente in soli<br />
3 secon<strong>di</strong>. E poi mi piace quando<br />
<strong>di</strong>venti più bravo, e tutto <strong>di</strong>venta<br />
più veloce, e i secon<strong>di</strong> sembrano<br />
sempre più corti. Ed i giochi <strong>di</strong>ventano<br />
sempre più veloci e <strong>di</strong>fficili<br />
contempo…ranea…me…nte. Ecco»<br />
«Il gioco in sé è abbastanza breve»<br />
conclude Teo,<br />
«Ma ci sono molteplici ragioni per<br />
tornare su ogni singolo minigame,<br />
per migliorare i propri tempi, o per<br />
accorgersi che ad un aumento della<br />
<strong>di</strong>fficoltà corrisponde spesso un<br />
cambio <strong>di</strong> ambientazione o <strong>di</strong> personaggio…»<br />
[rientrati in ufficio] Signor Floyd<br />
[esplode il Comitato <strong>di</strong> Giu<strong>di</strong>zio Videogames],<br />
sembra che nonostante<br />
tutte le motivatissime critiche da lei<br />
messe sul banco, l'utenza là fuori<br />
consideri l'ultimo prodotto Nintendo<br />
come un potenziale blockbuster.<br />
Piace a tutti, nonostante 'tutti' siano<br />
quella massa che dovrebbe evitare<br />
questo prodotto che non si allinea<br />
alle leggi <strong>di</strong> mercato da lei così<br />
<strong>di</strong>ligentemente esposte…<br />
Signor Floyd [sorride il Comitato<br />
<strong>di</strong> Giu<strong>di</strong>zio Videogames], ho sentito<br />
<strong>di</strong>re <strong>di</strong>stintamente da un fanciullo<br />
che: «Wario Ware Inc. è bello,<br />
perché, semplicemente, mi strappa<br />
sonore risate ogni volta che gioco»,<br />
e ho sentito un adulto <strong>di</strong>re: «Wario<br />
Ware Inc. mi piace perché ci gioco<br />
sempre non appena ho 5 minuti<br />
liberi. Ed in cinque minuti, volendo,<br />
posso giocare a moltissimi minigames.<br />
È una sensazione strana, perché<br />
giocando in maniera così rapida<br />
e condensata, l'impressione finale<br />
che se ne ricava», leggo le testuali<br />
parole, «è <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione e sazietà.<br />
Bastano 5 minuti <strong>di</strong> gioco per<br />
sentirmi già più rilassato. E paradossalmente,<br />
non vorrei mai staccarmi<br />
dal Gameboy Avance per poter<br />
fare la classica ultima partita. In<br />
questo senso, il prodotto Nintendo<br />
è unico…»<br />
Stor<strong>di</strong>to dalle altrui parole, al <strong>di</strong>dattico<br />
e colto Signor Floyd non restò<br />
che prendere la rampa <strong>di</strong> scale [in<br />
<strong>di</strong>scesa] che portava alla strada<br />
[pure essa in <strong>di</strong>scesa]. Ma dentro <strong>di</strong><br />
sé cercava ancora un motivo, una<br />
ragione. E nel suo struggimento<br />
interiore pensò che "per avere successo<br />
Wario aveva dovuto prostituirsi,<br />
e sud<strong>di</strong>vidersi prestando il<br />
proprio corpo in decine <strong>di</strong> giochi<br />
<strong>di</strong>versi. Moltiplicare la sua immagine,<br />
che apparendo così tante volte<br />
perdeva quin<strong>di</strong> il suo valore <strong>di</strong> unicità<br />
ed originalità. Ecco perché questo<br />
gioco piace. Perché la massa<br />
adora chi si svende. Wario Whore<br />
Inc., un nome una garanzia". Questa<br />
spiegazione gli sembrò la più<br />
logica. E sorrise. E si sentì istantaneamente<br />
più rilassato. Lui era ancora<br />
il migliore sulla piazza.<br />
fUORI iN tRE sECONDI<br />
<strong>di</strong> Sator Ware<br />
39<br />
Precisazione<br />
Nella recensione <strong>di</strong> SSX 3<br />
pubblicata sullo scorso numero,<br />
<strong>Ring</strong> si era espresso<br />
in termini non proprio entusiastici<br />
a proposito del pur<br />
ottimo titolo EA Big, biasimando<br />
il trend attualmente<br />
abbracciato da molte software<br />
house: non sod<strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong><br />
spremere fino all'osso<br />
qualsiasi franchise accodandogli<br />
seguiti a ripetizione, i<br />
publisher si sono recentemente<br />
inventati la trovata<br />
dei seguiti trasversali,<br />
come nel caso <strong>di</strong> FFX-2 e,<br />
appunto, SSX 3. Solo a numero<br />
ormai pubblicato è stato<br />
scoperto che SSX 3 non<br />
era affatto il terzo seguito<br />
del decimo capitolo <strong>di</strong> una<br />
saga intitolata SS...<br />
:Commento Extra:<br />
Tre secon<strong>di</strong>. La durata del mio primo amplesso. I momenti <strong>di</strong> silenzio tra<br />
una canzone e l’altra. Il tempo massimo che una ragazza può trascorrere<br />
senza parlare.<br />
Se Tafazzi che si massacra i genitali può essere definito lo zero comico, Wario Ware<br />
è decisamente lo zero lu<strong>di</strong>co. Ma sarebbe vero solo in parte. Infatti l’idea alla base<br />
del gioco non è la sommatoria dei tanti microgiochini, <strong>di</strong> tanti ZL: è invece la sua<br />
serrata e casuale proposizione; quin<strong>di</strong> tutt’altro che uno ZL. Il giocatore viene buttato<br />
nella mischia senza che gli sia concesso il tempo <strong>di</strong> ragionare, <strong>di</strong> configurare il<br />
cervelletto per la sessione <strong>di</strong> gioco in via <strong>di</strong> partenza. E il verbo che preannuncia<br />
ogni minigame è la trovata geniale senza la quale Wario Ware non avrebbe <strong>di</strong>gnità<br />
<strong>di</strong> menzione.<br />
La prima volta che incontriamo ogni minigioco, il verbo suggerisce l’azione da<br />
compiere <strong>di</strong> lì a niente. Se c’è scritto JUMP, è chiaro che bisogna saltare, ed è probabile<br />
che per farlo servirà premere il tasto A. Ma quando saltare? Per quale motivo?<br />
Questa è la suspense dei tre secon<strong>di</strong>. Le volte successive, il verbo è come un<br />
link che richiama le informazioni dalla memoria <strong>di</strong> swap nella nostra testa e le ricopia<br />
in cache. Perché Wario Ware è appunto questo: un contino swap <strong>di</strong> configurazioni<br />
mentali. Tutto qui. Presi singolarmente, infatti, i giochi non hanno ragione <strong>di</strong><br />
esser giocati. La modalità grid, in cui lo stesso minigame viene reiterato con <strong>di</strong>fficoltà<br />
crescente, non appassiona e serve ad evidenziare la nu<strong>di</strong>tà del Re. Molto meglio<br />
giocare a Snake sul nokia, allora, che ad una sorta <strong>di</strong> QTE ripetuto ad oltranza.<br />
Wario Ware vive quin<strong>di</strong> solo della sua modalità principale. Un’idea frutto <strong>di</strong> una<br />
mente alcolizzata che si sposa perfettamente con le intenzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento portatile<br />
espresse dal cosino Nintendo. Può stufare presto, ma stuferà nel modo in cui<br />
può stufare un’idea geniale e passeggera. Come una pipì <strong>di</strong> farfalla.<br />
(PS: le mie prestazioni sessuali sono molto migliorate: ho quasi quadruplicato la<br />
durata del rapporto)
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
sIMILITUDINI, sIMBOLI & sIMULACRI____________________<br />
[Ludologica – The Sims]<br />
<strong>di</strong> Paolo Ruffino<br />
.:scHEda:.<br />
gENERE Saggio<br />
eTICHETTA Unicopli<br />
aUTORE Matteo Bittanti<br />
Mary Flanagan<br />
sISTEMA Carta, 195 pag.<br />
aNNO 2003<br />
pREZZO 12 €<br />
vERSIONE Italiana<br />
Note<br />
[1] In “Just what is it that makes computer<br />
games so <strong>di</strong>fferent, so appealing?”<br />
articolo apparso nell’Aprile 2003 sul sito<br />
della IGDA www.igda.org/columns/ivory<br />
tower/ivory_Apr03.php<br />
[2] Per ulteriori informazioni su Mary<br />
Flanagan potete consultare il suo sito<br />
www.maryflanagan.com<br />
[3] Diretto da Hervè du Crecy e da Ludovic<br />
Houplain.<br />
[4] La serie, non trasmessa in Italia, è<br />
prodotta dalla Fox…<br />
www.fox.com/malcolm<br />
Nel videogioco, come nel cinema, c’è<br />
stata una prima fase in cui essenzialmente<br />
ad attrarre era il pro<strong>di</strong>gio tecnologico<br />
fine a se stesso. E, fatto<br />
curioso, ad essere rappresentati erano<br />
per lo più altri prodotti del progresso<br />
scientifico: dal treno dei Lumiere, alle<br />
astronavi <strong>di</strong> Spacewar…<br />
The Sims è uno dei pochi giochi che<br />
non promette nulla <strong>di</strong> sensazionale. Non<br />
c’è una grafica spettacolare, non si controlla<br />
un supereroe o una macchina <strong>di</strong><br />
formula uno. Non si fa nulla che non si<br />
possa fare ogni giorno. Anzi, si fa esattamente<br />
quello che si fa ogni giorno:<br />
è un gioco in cui mangiamo, dormiamo,<br />
arre<strong>di</strong>amo casa, an<strong>di</strong>amo al lavoro. È a<br />
tutti gli effetti un gioco rivoluzionario,<br />
tanto che Jesper Juul ha paragonato il<br />
suo arrivo alla comparsa della novella<br />
realistica del 19esimo secolo ( 1 ).<br />
In realtà la vera rivoluzione sta nel<br />
fatto che The Sims abbia venduto una<br />
sfacelo <strong>di</strong> copie. Anche Little Computer<br />
People proponeva qualcosa <strong>di</strong> simile,<br />
ma l’accoglienza del pubblico fu ben<br />
<strong>di</strong>versa.<br />
È dunque con<strong>di</strong>visibile l’idea <strong>di</strong> considerare<br />
opportuno uno stu<strong>di</strong>o su The<br />
Sims per poter capire il mondo dei videogiochi,<br />
al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni giu<strong>di</strong>zio sulla<br />
sua <strong>di</strong>mensione prettamente lu<strong>di</strong>ca (il<br />
<strong>di</strong>battito “gioco più <strong>di</strong>vertente/più noioso<br />
<strong>di</strong> sempre” non avrà mai fine…). Non<br />
deve sorprendere quin<strong>di</strong> che i tipi della<br />
collana Ludologica abbiano voluto de<strong>di</strong>care<br />
un volume al lavoro <strong>di</strong> Wright,<br />
attenti come sono a quei “testi seminali”<br />
che fanno, decidono e determinano la<br />
storia dei videogiochi.<br />
Il libro è stato scritto da Matteo<br />
Bittanti, firma nota ai videogiocatori italiani,<br />
e include due saggi <strong>di</strong> Mary<br />
Flanagan 2 , artista e stu<strong>di</strong>osa soprattutto<br />
degli usi delle nuove tecnologie da parte<br />
delle utenze femminili. I due lavori qui<br />
raccolti indagano in particolare sulle<br />
rappresentazioni degli spazi domestici in<br />
The Sims, soffermandosi sul concetto <strong>di</strong><br />
dollhouse e su come un me<strong>di</strong>um fortemente<br />
maschile (sia perché realizzato e<br />
consumato da uomini sia perché basato<br />
sulla visione che, nella teoria freu<strong>di</strong>ana,<br />
è spiccatamente fallica) riproduce le<br />
relazioni tra membri <strong>di</strong> una comunità.<br />
Presente nel volume è anche un saggio<br />
scritto da Bittanti e Ruggero Eugeni il<br />
quale si sofferma su come The Sims<br />
proponga, più che un modello <strong>di</strong> simulazione<br />
dell’esperienza della vita quoti<strong>di</strong>ana,<br />
una simulazione dei processi <strong>di</strong><br />
investimento <strong>di</strong> senso delle pratiche<br />
giornaliere. Una visione sottile, che porta<br />
i due a concludere che Will Wright “ha<br />
elaborato una vera e propria teoria psicologica<br />
in forma lu<strong>di</strong>ca”.<br />
Il resto dell’opera porta la firma <strong>di</strong><br />
Matteo Bittanti ed è una esplorazione<br />
chirurgica del testo The Sims. Bittanti<br />
prende in prestito il modello <strong>di</strong> Lantz e<br />
Zimmerman il quale propone tre componenti<br />
fondamentali dell’analisi <strong>di</strong> un<br />
sistema lu<strong>di</strong>co: game, play e culture.<br />
40<br />
Il primo riguarda il funzionamento, le<br />
regole che i giocatori devono rispettare.<br />
Qui vengono analizzate l’estetica <strong>di</strong> The<br />
Sims, la sua interfaccia, il suo essere<br />
più vicino ad una “scatola <strong>di</strong> Lego” che<br />
ad un videogame vero e proprio.<br />
Play, invece, è il momento <strong>di</strong> analisi<br />
delle reazioni che avvengono nei players<br />
nel momento in cui accettano le regole,<br />
in cui svolgono l’attività lu<strong>di</strong>ca. L’autore<br />
esplora le infinite forme <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficazione<br />
operate dai videogiocatori <strong>di</strong> tutto il<br />
mondo all’opera <strong>di</strong> Wright, su come l’eliminazione<br />
<strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> partenza e <strong>di</strong><br />
uno <strong>di</strong> arrivo abbia permesso al gioco <strong>di</strong><br />
essere flessibile e <strong>di</strong>namico anche in<br />
<strong>di</strong>rezioni non previste dagli autori.<br />
L’ultimo punto/capitolo riguarda la<br />
culture, analizza le relazioni tra il testo e<br />
la cultura che l’ha prodotto e lo consuma.<br />
Partendo da McLuhan e dal concetto<br />
<strong>di</strong> gioco come “estensione dell’uomo<br />
sociale”, Bittanti si sofferma sul retroscena<br />
della produzione <strong>di</strong> The Sims.<br />
Scopriamo così che Will Wright ha tratto<br />
spunto da teorie della psicologia cognitiva<br />
e dell’urbanistica, dalle Mappe della<br />
Mente <strong>di</strong> Hampden-Turner agli elementi<br />
architettonici essenziali <strong>di</strong> Christopher<br />
Alexander, passando per il concetto <strong>di</strong><br />
“emergenza” stu<strong>di</strong>ato da Hofstadter. La<br />
parte finale è de<strong>di</strong>cata a tre esempi <strong>di</strong><br />
contaminazione da Sims, nello specifico<br />
un videoclip (Remind me dei norvegesi<br />
Royskopp 3 ), l’opera dell’artista Jon Haddock<br />
e una puntata della serie tv Malcom<br />
in the Middle 4 .<br />
Nella conclusione Bittanti si confessa, e<br />
conferma le ipotesi che il lettore si è già<br />
fatto durante la lettura: The Sims è<br />
stata per lui una vera e propria malattia,<br />
la cui unica cura possibile era proprio<br />
scriverci sopra un libro…<br />
Con questo coup de theatre che obbliga<br />
a rileggere il saggio sotto un’altra<br />
ottica Bittanti conclude un eccellente<br />
lavoro. Ostico, forse, per il lettore che<br />
non vorrà andare troppo a fondo (in<br />
depth, giusto per auto-citarci…) nello<br />
stu<strong>di</strong>o dell’opera <strong>di</strong> Wright. Complesso,<br />
<strong>di</strong> sicuro, ma perché complessa è la<br />
materia trattata. Parlare <strong>di</strong> un titolo così<br />
<strong>di</strong>fficilmente definibile, “generatore <strong>di</strong><br />
simboli e similitu<strong>di</strong>ni tra la <strong>di</strong>mensione<br />
lu<strong>di</strong>ca e quella reale”, non può che<br />
richiedere un approccio multi <strong>di</strong>sciplinare<br />
ed uno sguardo lucidamente <strong>di</strong>staccato,<br />
proprio dello stu<strong>di</strong>oso più capace.<br />
In definitiva non possiamo che consigliare<br />
caldamente la lettura e l’acquisto<br />
(nell’or<strong>di</strong>ne che preferite) dell’ultimo Ludologica.<br />
Per molti sarà uno spunto per<br />
miria<strong>di</strong> <strong>di</strong> riflessioni, un suggeritore <strong>di</strong><br />
curiosità letterarie e videolu<strong>di</strong>che da<br />
sod<strong>di</strong>sfare il prima possibile. Invece per<br />
tutti quelli che dovessero sentirsi in<br />
dubbio visto l’approccio accademico,<br />
suggeriamo <strong>di</strong> provarlo prima in negozio,<br />
o da un amico.
:RECENSIONI: <strong>Ring</strong>#10<br />
bEATS iN tECHNICOLOR_______________________________<br />
[Amplitude]<br />
<strong>di</strong> Teokrazia<br />
.:scHEda:.<br />
gENERE Musicale<br />
eTICHETTA SCEA<br />
aUTORE Harmonix<br />
sISTEMA PS2<br />
aNNO 2003<br />
gIOCATORI 1-4<br />
vERSIONE Italiana<br />
I Freq sono ora realizzati in 3D e molto ben<br />
animati. Pur non rivestendo alcuna utilità pratica,<br />
a loro è de<strong>di</strong>cata sempre particolare attenzione.<br />
Numerose sono infatti le possibilità <strong>di</strong><br />
customizzare il loro aspetto sbloccando gli elementi<br />
necessari proseguendo nel gioco.<br />
La navigazione tra i menù e le parti giocate<br />
viene costantemente accompagnata da effetti<br />
speciali <strong>di</strong> ogni tipo, volti a non spezzare il<br />
continuum visivo. Ingegnoso.<br />
Un considerevole valore aggiunto è costituito<br />
dal multiplayer, accessibile fino a 4 giocatori<br />
online o sulla stessa console. Tre le varianti<br />
presenti (gioco, duello e remix), tutte<br />
dall’elevato valore ricreativo. Da segnalare la<br />
possibilità <strong>di</strong> mettere in rete e scambiare i propri<br />
remix tramite il sito ufficiale del gioco. Una<br />
feature dal potenziale tutto da esplorare.<br />
________________Teaching in action<br />
Imparare con i videogiochi è<br />
possibile? Si, se si va a lezione<br />
da Harmonix.<br />
Il team <strong>di</strong> sviluppo americano<br />
sale nuovamente in cattedra<br />
per insegnare all’utenza rincoglionita<br />
dalle prolungate esposizioni ad un Primal<br />
qualsiasi che per uscire con qualcosa <strong>di</strong><br />
buono nell’ambito dei rhythm game non bisogna<br />
essere per forza un muso giallo, e che non<br />
necessariamente tutti i trip si risolvono in un<br />
viaggio andato a male.<br />
Ah, Harmonix avrebbe anche un paio <strong>di</strong> cose<br />
interessanti da <strong>di</strong>re sulle finalità d’intenti che<br />
legano intimamente il cinema <strong>di</strong> Cronenberg e il<br />
videogioco, ma questo sarebbe meglio che ognuno<br />
lo sperimenti sulla propria pelle…<br />
_______The trip remains the same?<br />
Tutt’altro che scoraggiata dall’insuccesso commerciale<br />
a cui è andata incontro investendo in<br />
un prodotto così particolare come Frequency,<br />
a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un anno e mezzo Sony rilascia il<br />
qui presente Amplitude. Titolo <strong>di</strong>verso, sostanza<br />
immutata. L’utente è nuovamente invitato<br />
a dare letteralmente vita a ciascuno dei 26<br />
brani musicali presenti, attraverso <strong>di</strong>namiche<br />
lu<strong>di</strong>che semplici e coinvolgenti. Barra<br />
dell’energia a sinistra, autostrada ad otto corsie<br />
davanti. Ogni corsia ospita una delle <strong>di</strong>verse<br />
tracce au<strong>di</strong>o <strong>di</strong> cui si compone la canzone (basso,<br />
batteria, chitarra e via <strong>di</strong> questo passo),<br />
ciascuna sud<strong>di</strong>visa in piccoli segmenti. Tutte le<br />
volte che si riesce ad inanellare la sequenza <strong>di</strong><br />
note presenti su un segmento, la relativa traccia<br />
si attiva e comincia a suonare, consentendo<br />
<strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi agli altri strumenti, fino ad arrivare<br />
a dare voce all’intera canzone. Ogni volta che si<br />
supera un segmento senza attivarlo, l’energia<br />
<strong>di</strong>minuisce, portando al game over nel caso <strong>di</strong><br />
totale prosciugamento. Il videogiocatore frequentatore<br />
<strong>di</strong> certi luoghi musicali, già abbagliato<br />
dal seducente trip emozionale <strong>di</strong> Frequency,<br />
non aspettava altro che essere preso<br />
ancora una volta in ostaggio da meccaniche<br />
elementari ma anche sfaccettate, goduriose<br />
anche se poco permissive...<br />
Tuttavia, una volta consumata in tutta la sua<br />
estensione e profon<strong>di</strong>tà questa nuova incarnazione<br />
del franchise, si è invasi da sensazioni<br />
controverse. Col senno <strong>di</strong> poi si realizza che<br />
Amplitude si mantiene fedele all’ere<strong>di</strong>tà del<br />
predecessore, ma al tempo stesso la tra<strong>di</strong>sce.<br />
Tra<strong>di</strong>sce nella mancanza <strong>di</strong> coraggio nel percorrere<br />
in maniera più spinta la strada tracciata<br />
dal prequel, accontentandosi <strong>di</strong> adagiarvisi<br />
placidamente. Nessuna ine<strong>di</strong>ta implementazione<br />
o evoluzione della precedente impostazione<br />
viene registrata alla voce “novità”. Di certo non<br />
lo sono i due nuovi bonus introdotti (il rallentatore<br />
e il freestyler), né tantomeno quegli stage<br />
chiamati ‘boss fight’, posti a conclusione <strong>di</strong><br />
ciascuna zona (la sovversiva carica innovativa<br />
<strong>di</strong> Frequency è uno sbia<strong>di</strong>to ricordo). Amplitude<br />
tra<strong>di</strong>sce nella voglia <strong>di</strong> abbracciare<br />
un’utenza più vasta possibile, spudoratamente<br />
rivelata da un livello normal che suona come<br />
insulto nei confronti <strong>di</strong> chiunque abbia speso<br />
più <strong>di</strong> 5 minuti con il prequel. Affrontato a questo<br />
livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà Amplitude si lascia consumare<br />
in poco più <strong>di</strong> un paio d’ore, senza esaltare<br />
né punire apprezzabilmente, esiliando sovente<br />
le emozioni fuori dalla porta. A<br />
peggiorare le cose interviene l’introduzione dei<br />
checkpoint (no, nemmeno questa può definirsi<br />
una novità…), i quali rimpinguano gratuitamente<br />
la già grassa barra dell’energia con fasti<strong>di</strong>osa<br />
generosità, accompagnando per mano il giocatore<br />
anche più inetto alla fine <strong>di</strong> ogni livello.<br />
Fruito in questa veste, Amplitude propone uno<br />
sbia<strong>di</strong>to <strong>di</strong>vertissement per annoiati giocatori<br />
occasionali, la cui soglia <strong>di</strong> attenzione probabilmente<br />
non riesce a superare i 4 minuti 4 (lo<br />
splen<strong>di</strong>do gameplay <strong>di</strong> Frequency è lontano<br />
41<br />
anni luce). Amplitude tra<strong>di</strong>sce nel soundtrack,<br />
<strong>di</strong> qualità sempre degna <strong>di</strong> nota, ma avaro nel<br />
<strong>di</strong>spensare sorprese e brusche inversioni <strong>di</strong><br />
marcia nello stile musicale tra una canzone e<br />
l’altra (Frequency questo non l’avrebbe permesso).<br />
Infine, l’opera Harmonix tra<strong>di</strong>sce nella<br />
nuova conformazione del tracciato, <strong>di</strong>spiegato<br />
ora completamente in orizzontale. Abbandonare<br />
il claustrofobico tunnel del prequel è un inevitabile<br />
dazio da pagare all’evoluzione della specie,<br />
e l’impatto visivo ancora più solido, colorato<br />
e ricco <strong>di</strong> effetti ne costituisce un piacevole<br />
corollario. Peccato che l’highway ad otto corsie<br />
che ci si ritrova a percorrere sia <strong>di</strong>spersiva e<br />
poco pratica, fallendo inoltre miseramente nel<br />
tentativo <strong>di</strong> eguagliare le emozioni suscitate da<br />
un rollercoaster, assomigliando a conti fatti ad<br />
una sonnolenta strada provinciale (Frequency<br />
non è mai esistito).<br />
____________________Aci<strong>di</strong> e basi<br />
Tuttavia si <strong>di</strong>ceva che Amplitude si mantiene<br />
fedele oltre che tra<strong>di</strong>re, e così una volta<br />
affrontato a livello brutale, una volta abituatisi<br />
alla scomoda impostazione orizzontale e<br />
perdonata la tendenziale piattezza del<br />
soundtrack, gli aficionado saranno felici <strong>di</strong><br />
ritrovare la stessa esperienza <strong>di</strong> una volta,<br />
mentre le nuove leve avranno l’occasione per<br />
saggiarne Come Frequency le possibilità. prima <strong>di</strong> lui, Amplitude<br />
non si accontenta <strong>di</strong> stazionare laddove si fermano<br />
la maggior parte dei titoli concorrenti, ma<br />
prosegue oltre, e lo fa in maniera prepotente.<br />
Non è solo questione <strong>di</strong> interagire seguendo il<br />
ritmo. Amplitude non vi invita a catturare<br />
quella linea <strong>di</strong> basso che serpeggia profonda e<br />
sinuosa. Vi chiede <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventarlo.<br />
L’utente esperto trae sì sod<strong>di</strong>sfazione nel<br />
reinterpretare la canzone attraverso i suoi personali<br />
remix, e nello sfidare al limite del tafazzismo<br />
la sua concentrazione e la sua perizia<br />
esecutiva ( conseguendo punteggi sempre più<br />
elevati). Ma non sono le sue azioni a caratterizzarlo,<br />
quanto le intenzioni che lo muovono. Nel<br />
turbinio dell’azione, egli non vede un tempo<br />
<strong>di</strong>spari eseguito a 186 bpm come una male<strong>di</strong>zione,<br />
e l’autoblaster in grado <strong>di</strong> risolvere la<br />
faccenda al posto suo come una liberazione. No<br />
no. Quella fottuta sequenza la aspetta già<br />
dall’inizio della canzone, la cerca. Proprio come<br />
il surfista navigato sa che dopo un lungo inverno<br />
d’attesa quel giorno incontrerà L’ONDA. E vi<br />
si immerge anche se ai suoi lati giacciono strade<br />
molto più accon<strong>di</strong>scendenti e meno dolorose.<br />
È in questi frangenti che Amplitude si<br />
<strong>di</strong>schiude in tutto il suo potenziale espressivo<br />
ed esistenziale. Momenti <strong>di</strong> fisico annullamento,<br />
<strong>di</strong> fusione, affinché ciò che ci circonda <strong>di</strong>venti<br />
tutt’uno con noi. Per superare la barriera del<br />
suono ed approdare a questi li<strong>di</strong> l’istinto animale<br />
è fondamentale, ma solo fino ad un certo<br />
punto, oltre il quale occorre <strong>di</strong>stacco ascetico. È<br />
un territorio in cui il sistema metrico decimale<br />
cade <strong>di</strong>sintegrato, perché non esistono più misure,<br />
ne <strong>di</strong>stanze, ma solo sensazioni. Per approdare<br />
a ciò Amplitude non necessita <strong>di</strong> eccentriche<br />
periferiche o <strong>di</strong> altri inutili orpelli,<br />
perché gli elementi costituivi <strong>di</strong> questa trasfigurazione<br />
sono in sé semplici ed elementari: mici<strong>di</strong>ali<br />
output visivi davanti, joypad pulsante tra<br />
le mani e musica tutto intorno, ma soprattutto<br />
dentro. Il gioco sensoriale tout court, come non<br />
l’avete mai vissuto prima. David Cronenberg,<br />
che con i suoi film da sempre promuove l’ideale<br />
<strong>di</strong> fusione tra organico e sintetico (o qualcosa<br />
del genere), è stato sorpreso a sorridere orgoglioso<br />
e sornione, ovviamente a tempo <strong>di</strong> musica.<br />
Quelli <strong>di</strong> Harmonix sono il manipolo <strong>di</strong> spacciatori<br />
più fottutamente scaltri sulla piazza perché<br />
hanno trovato un modo per mandare i giovani<br />
in acido senza infrangere la legge o correre<br />
il rischio <strong>di</strong> bruciarsi il cervello.<br />
Le droghe legalizzate sono già qui, con buona<br />
pace <strong>di</strong> Pannella.
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
l’aLLEGRO n-cHIRURGO ______________________________<br />
[PEOPLE: Shigeru Miyamoto]<br />
<strong>di</strong> Gatsu<br />
piacere, ma Satoru potrebbe<br />
avere qualche asso nella manica in<br />
grado <strong>di</strong> farci ricredere. Ne riparleremo<br />
dopo l'E3...<br />
42
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
l’aLLEGRO n-cHIRURGO ______________________________<br />
[Me Nintendo #10]<br />
<strong>di</strong> Gatsu<br />
«Storicamente il rock'n roll, i fumetti, i film e anche i romanzi sono stati incolpati <strong>di</strong> corrompere i giovani. Sono<br />
spiacente <strong>di</strong> farvi sapere, miei cari lettori, che siete nati sotto il segno dei videogiochi pericolosi. Ammettiamo<br />
per un momento che i videogiochi violenti incoraggino un comportamento violento. Se questo fosse<br />
vero, quante morti pensate siano state causate per colpa <strong>di</strong> un videogioco? [...] Pensiamo ora ai milioni <strong>di</strong><br />
persone le cui morti sono collegate con un libro. La Bibbia, Mein Kampf e Il Capitale sono responsabili della<br />
morte <strong>di</strong> milioni [<strong>di</strong> esseri umani]. [...] Da questo si evince che i libri sono estremamente pericolosi. Dovrebbero<br />
essere considerati armi <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> massa. Se siete veramente preoccupati a proposito degli effetti<br />
[negativi] dei me<strong>di</strong>a, <strong>di</strong>menticate i videogames e iniziate a bruciare le librerie»<br />
Gonzalo Frasca, A preliminary note: games as weapon of mass <strong>di</strong>straction (www.gamestu<strong>di</strong>es.org)<br />
_______Nintendo creò la censura...<br />
Prima dell'ELSPA, dell'ESRB e del PEGI,<br />
Nintendo c'era. L'azienda giapponese,<br />
che nei tre lustri degli anni ottanta e dei<br />
primi novanta ha dominato il settore<br />
dell'intrattenimento casalingo, è stata<br />
anche una delle prime aziende a preoccuparsi<br />
del contenuto dei giochi che proponeva<br />
al suo pubblico. Come <strong>di</strong>ce Cristiano<br />
Bonora nella tesi Il processo <strong>di</strong><br />
localizzazione del videogioco tra paternità<br />
e assimilazione culturale (cap. 6, pag.<br />
51, Censura e autocensura, quando si<br />
localizza con il bisturi), «durante la fase<br />
<strong>di</strong> adattamento culturale <strong>di</strong> un videogioco,<br />
non è sufficiente che una software<br />
house si limiti a condurre un delicato<br />
lavoro <strong>di</strong> conservazione <strong>di</strong> contenuti e<br />
confezionamento del prodotto su misura<br />
<strong>di</strong> un nuovo pubblico target. Infatti, non<br />
solo il videogioco deve piacere ai suoi<br />
potenziali acquirenti, ma deve anche<br />
evitare <strong>di</strong> motivare l'in<strong>di</strong>sposizione e<br />
quin<strong>di</strong> l'avversione <strong>di</strong> chi <strong>di</strong> videogiochi<br />
non si interessa. [...] Nonostante [il suo]<br />
straor<strong>di</strong>nario successo, Nintendo of America<br />
si ritrovò a far fronte a un'opinione<br />
pubblica imbizzarrita. Mentre genitori<br />
e insegnanti ritenevano che il videogioco<br />
costituisse per i ragazzi una pericolosa<br />
<strong>di</strong>strazione dallo stu<strong>di</strong>o [...] Nintendo fu<br />
contestata [anche] attraverso manifestazioni<br />
[...] che la accusavano <strong>di</strong> incitare<br />
i giovani alla guerra».<br />
La reazione <strong>di</strong> Nintendo è ben nota e<br />
le sue ripercussioni negative non mancano<br />
<strong>di</strong> farsi sentire soprattutto oggi che<br />
la maggioranza dei videogiocatori appartiene<br />
alla fascia adulta. Proprio per evitare<br />
crociate anti-VG, il controllo sui<br />
contenuti dei giochi prodotti internamente<br />
<strong>di</strong>venne rigido e severo, portando la<br />
società a sfornare titoli <strong>di</strong> ottima caratura<br />
ma privi <strong>di</strong> qualsiasi elemento che<br />
potesse essere ritenuto “politicamente<br />
scorretto”. Venne inoltre proibito alle<br />
terze parti <strong>di</strong> inserire feature che avrebbero<br />
potuto causare problemi con l'opinione<br />
pubblica. Tristemente noto è l'esempio<br />
<strong>di</strong> Mortal Kombat per SNES,<br />
uscito in una versione completamente<br />
sfigurata e totalmente priva <strong>di</strong> sangue.<br />
L'attrattiva principale del gioco, le famigerate<br />
fatality, erano ovviamente precluse<br />
al giocatore e non si potevano<br />
sbloccare nemmeno tramite cheat mode.<br />
Curiosamente, gran parte dei tagli apportati<br />
ai giochi riguardava il solo mercato<br />
occidentale: in Giappone, patria <strong>di</strong><br />
manga hentai e sanguinari samuraiyakuza-seppoku-ad<strong>di</strong>cted,<br />
tali restrizioni<br />
contenutistiche non sembravano necessarie.<br />
Fu proprio per questo motivo, come<br />
<strong>di</strong>ce lo stesso Cristiano Bonora, che<br />
«i videogiochi <strong>di</strong> matrice orientale sono<br />
stati spesso sottoposti alla pratica harakiri<br />
dell'auto censura», restando (con<br />
nostro sommo <strong>di</strong>spiacere) relegati al solo<br />
mercato in grado <strong>di</strong> accoglierli senza<br />
tante menate.<br />
L'elenco dei titoli toccati da tali politiche<br />
ninten<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> epurazione è praticamente<br />
senza fine e riguarda una sfilza<br />
immane <strong>di</strong> generi (picchiaduro, rpg, sparatutto,<br />
puzzle game...) e <strong>di</strong> tematiche<br />
(violenza, sesso, religione, buon gusto...),<br />
tanto che reperirne una lista<br />
completa è pressochè impossibile. Molto<br />
più interessante è invece considerare le<br />
conseguenze <strong>di</strong> tali scelte alla luce dell'evoluzione<br />
del mercato e il parziale ripensamento<br />
della stessa Nintendo sulla<br />
questione.<br />
_____...E si tagliò le gambe da sola<br />
Protrattasi ben dopo il lancio sul mercato<br />
<strong>di</strong> Playstation, la rigi<strong>di</strong>tà morale Nintendo<br />
iniziò ad ammorbi<strong>di</strong>rsi solo nel periodo<br />
<strong>di</strong> vita finale del N64 (con qualche<br />
eccezione, ricordo Killer Instinct Gold,<br />
uscito quasi subito), alla luce degli straor<strong>di</strong>nari<br />
successi che titoli pensati per il<br />
pubblico adulto andavano raccogliendo<br />
sulla grigia console Sony. Arrivarono così<br />
la conversione <strong>di</strong> Resident Evil 2 e il<br />
capolavoro <strong>di</strong> Rare Conker's Bad Fury<br />
Day. Nonostante la bontà della proposta,<br />
comunque limitatissima, a Nintendo<br />
mancava proprio una "base d'utenza" in<br />
grado <strong>di</strong> recepire e accogliere titoli de<strong>di</strong>cati<br />
al pubblico adulto. E se è vero che in<br />
America l'N64 aveva una grossa base<br />
installata, è anche vero che la maggior<br />
parte dei suoi fruitori apparteneva alla<br />
fascia d'età infantile-adolescenziale. La<br />
reazione dei videogiocatori più gran<strong>di</strong>,<br />
cresciuti magari con un NES o uno SNES<br />
in salotto, fa quella <strong>di</strong> spostarsi in massa<br />
verso le meno bambinesche lande Playstation.<br />
Tentando <strong>di</strong> invertire la tendenza,<br />
Nintendo cercò <strong>di</strong> allargare la sua<br />
utenza gamecubica assicurandosi fin da<br />
principio alcune esclusive, ritenute strategicamente<br />
importanti. Nonostante<br />
questo, la produzione interna della casa<br />
<strong>di</strong> Kyoto ha continuato (e continua tutt'ora)<br />
a rivolgersi ad un pubblico più vasto<br />
possibile, lasciando fuori dalla porta<br />
tematiche scomode o generi specificatamente<br />
gra<strong>di</strong>ti dall'utenza più adulta. E<br />
se da un lato abbiamo casi isolati come i<br />
pregevoli Resident Evil Rebirth, Resident<br />
Evil 0 o Eternal Darkness, dall'altro<br />
abbiamo come sempre una (ottima<br />
e massiva) produzione incentrata<br />
sulle icone della grande N, come Mario,<br />
Link e compagnia cantante. Questo ha<br />
portato le terze parti a scegliere altre<br />
43<br />
piattaforme su cui sviluppare, anche<br />
perchè su piattaforma Nintendo vendono<br />
bene solo i titoli della casa madre, un po'<br />
per il tipo <strong>di</strong> immagine che Nintendo si<br />
trascina <strong>di</strong>etro, un po' perchè poche software<br />
house possono competere con la<br />
grande N.<br />
E non è un caso che l'involontariamente<br />
spassoso sito www.almenconi<br />
.com/topics/games/reviews.html, de<strong>di</strong>cato<br />
alle recensioni "morali" dei titoli,<br />
in<strong>di</strong>vidui nei giochi Nintendo quelli con<br />
meno contenuti blasfemi (è evidente<br />
infatti che il rating M - mature - una volta<br />
assai temuto da ogni software house,<br />
sia ora <strong>di</strong>venuto una sorta <strong>di</strong> "meta da<br />
raggiungere"). Pur non sfuggendo ad<br />
alcune critiche sui contenuti (Pokémon:<br />
"Chiedete ai vostri bambini se l'idea <strong>di</strong><br />
vedere animaletti che si massacrano li<br />
<strong>di</strong>verte, e se usare abilità magiche contro<br />
le altre persone è ciò che Dio chiede<br />
loro". Zelda The Wind Waker: "La magia<br />
nel gioco tende al sovrannaturale e<br />
all'occulto nelle Cronache <strong>di</strong> Narnia. È<br />
<strong>di</strong>fficile determinare se questo possa<br />
avere effetti negativi sui giocatori. La<br />
feature del controllo mentale e l'associazione<br />
con la mitologia greca potrebbe<br />
causare in alcuni giocatori la sensazione<br />
<strong>di</strong> essere al limite del demoniaco, gli altri<br />
semplicemente si <strong>di</strong>vertiranno"), i titoli<br />
made in Nintendo sono quelli che ottengono,<br />
perfino in un sito <strong>di</strong> fondamentalisti<br />
religiosi/morali, le votazioni migliori e<br />
in assoluto sono quelli più in<strong>di</strong>cati come<br />
"giochi per tutta la famiglia".<br />
Del parziale fallimento della politica <strong>di</strong><br />
"allargamento" all'utenza adulta deve<br />
essersene accorto anche Iwata, che in<br />
una recente intervista ha <strong>di</strong>chiarato che<br />
Nintendo continuerà ad occuparsi <strong>di</strong> giochi<br />
per tutti, troncando <strong>di</strong> netto ogni<br />
speranza dei fanboy <strong>di</strong> rivedere al più<br />
presto gli hardware Nintendo in vetta<br />
alle classifiche <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta. Pur accontentandosi<br />
<strong>di</strong> una <strong>di</strong>etetica fetta <strong>di</strong> torta,<br />
Nintendo pare interessata ad esplorare<br />
nuove strade: da quella dello sperimentalismo<br />
lu<strong>di</strong>co/visuale (pensate a Viewtiful<br />
Joe, Killer7 o Unity, titoli che<br />
approderanno solo su Gamecube), a<br />
quello <strong>di</strong> una maggiore autoironia (Mario<br />
& Luigi Superstar Saga) che rendono<br />
titoli apparentemente infantili molto<br />
interessanti anche per chi negli ultimi<br />
anni si è allontanato dai li<strong>di</strong> Nintendo,<br />
grazie ad una dose <strong>di</strong> humor e <strong>di</strong> perfida<br />
ironia finora mai riscontrata.<br />
Certo l'ipotesi <strong>di</strong> vedere Nintendo rilegata<br />
in una seppur qualitativamente superba<br />
nicchia <strong>di</strong> mercato non fa certo<br />
piacere, ma Satoru potrebbe avere qualche<br />
asso nella manica in grado <strong>di</strong> farci<br />
ricredere. Ne riparleremo dopo l'E3...
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
The Ivory Tower – Presentazione<br />
Ogni mese, un membro della DiGRA (Digital Games Research Association)<br />
esprimerà in questo spazio i suoi pensieri, le sue riflessioni, le sue scoperte.<br />
Gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> queste persone, coinvolte in modo <strong>di</strong>verso nel mondo dei<br />
game stu<strong>di</strong>es o nell’indu-stria del videogioco propriamente detta, saranno<br />
uno spunto per arricchire i nostri <strong>di</strong>battiti e per crearne <strong>di</strong> nuovi.<br />
La IGDA (www.igda.org) (International Game Developers Association),<br />
da sempre impegnata nello stu<strong>di</strong>o del videogame, ha acconsentito alla pubblicazione in lingua italiana su <strong>Ring</strong> <strong>di</strong> questi articoli <strong>di</strong> loro<br />
proprietà. <strong>Ring</strong>raziandoli ancora una volta, ci auguriamo che le nostre pagine siano degne della passione che la IGDA nutre per il proprio<br />
lavoro.I riferimenti ad altri autori mai citati nelle nostre pagine abbiamo preferito lasciarli così com’erano, in modo da stimolare la<br />
curiosità <strong>di</strong> chi volesse approfon<strong>di</strong>re l’argomento.<br />
Il primo numero <strong>di</strong> The Ivory Tower lo de<strong>di</strong>chiamo a questo pezzo scritto da Espen Aarseth nel Luglio del<br />
2003. Aarseth è una figura chiave per i game stu<strong>di</strong>es: il giornale <strong>di</strong> cui è <strong>di</strong>rettore, chiamato a scanso <strong>di</strong> equivoci<br />
Game Stu<strong>di</strong>es (www.gamestu<strong>di</strong>es.org), è un punto <strong>di</strong> riferimento per chiunque cerchi testi autorevoli e<br />
stimolanti. Lavora al Centre for Computer Games Research della IT University <strong>di</strong> Copenaghen (game.itu.dk/)<br />
come ricercatore e professore.<br />
In questo articolo Aarseth si interroga sul rapporto che dovrebbe esistere tra industria del videogioco e accademia,<br />
e soprattutto su quali sono i reali obiettivi <strong>di</strong> quest’ultima. Da questo nasce un’interessante interrogativo:<br />
per stu<strong>di</strong>are collettivamente qualunque oggetto è necessario un linguaggio con<strong>di</strong>viso dagli stu<strong>di</strong>osi, ma per<br />
lo stu<strong>di</strong>o del videogioco, dov’è il vocabolario comune? Chi lo può creare? Chi davvero ne ha bisogno? E, soprattutto,<br />
è necessario? Un tema <strong>di</strong> importanza vitale per una ricerca a livello universitario che voglia essere produttiva,<br />
ma che si porta dentro delle considerazioni valide per chiunque voglia parlare <strong>di</strong> videogiochi: come facciamo<br />
ad esporre le nostre teorie, se ogni parola può essere fraintesa? Come facciamo ad essere sicuri che<br />
stiamo parlando la stessa lingua?<br />
aBBIAMO bISOGNO dI uN lINGUAGGIO cOMUNE?___________<br />
[The Ivory Tower #1]<br />
<strong>di</strong> Espen Aarseth<br />
____Due industrie, due culture?<br />
In questa rubrica e altrove<br />
(www.igda.org/articles/msakey_lan<br />
guage.php) si è <strong>di</strong>scusso molto su<br />
come l’accademia e l’industria possano<br />
cooperare traendone beneficio<br />
reciproco. Sono stati proposti molti<br />
buoni suggerimenti e, benché alcuni<br />
<strong>di</strong> questi non abbiano avuto seguito,<br />
hanno aiutato gli uni a capire<br />
meglio i bisogni e i desideri degli<br />
altri. Un errore comune, io credo, è<br />
quello <strong>di</strong> pensare alle due parti come<br />
monolitiche: “l’industria”, come<br />
un gigante anti-intellettuale carico<br />
<strong>di</strong> sol<strong>di</strong> e dotato <strong>di</strong> scarsa apertura<br />
mentale, e “l’accademia” dall’altro<br />
lato come una congrega <strong>di</strong> autocompiacenti<br />
pippaioli coi paraocchi.<br />
L’Accademia non è altro che un’industria,<br />
con obiettivi <strong>di</strong> produzione<br />
a breve termine (i cre<strong>di</strong>ti degli studenti),<br />
competizione per le percentuali<br />
<strong>di</strong> mercato, lancio <strong>di</strong> prodotti<br />
(nuovi corsi) ogni sei mesi e, se<br />
siamo molto fortunati, un pizzico <strong>di</strong><br />
ricerca creativa alla fine del giorno<br />
o (più probabile) nei nostri residui<br />
<strong>di</strong> tempo. Ma mentre l’industria <strong>di</strong><br />
videogiochi è sul mercato da alcune<br />
deca<strong>di</strong>, l’industria accademica del<br />
videogioco ancora non esiste davvero.<br />
Stiamo inventando noi stessi.<br />
Le migliori teorie sui giochi là fuori<br />
sono ancora quelle <strong>di</strong> Richard Bartle<br />
e Harvey Smith. Ma dateci un paio<br />
<strong>di</strong> secoli, e vi daremo il nostro Einstein.<br />
Credetemi, accadrà.<br />
La citazione sulle pratiche masturbatorie<br />
è rubata dalle note <strong>di</strong><br />
chiusura <strong>di</strong> Ernest Adams (www<br />
.igda.org/academia/IGDA_2003_Ac<br />
ademic_Summit_ErnestSummary.<br />
pdf) all’Accademic Summit (www.<br />
igda.org/academia/events.php) del<br />
Game Developers Conference <strong>di</strong><br />
quest’anno, dove il Sig. Adams, col<br />
fascino del suo penetrante, arguto,<br />
ma pur sempre amabile cappello a<br />
cilindro, ci ha ammonito (noi accademici)<br />
<strong>di</strong> non <strong>di</strong>ventare come gli<br />
stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> letteratura:<br />
«Per quelli tra voi che vengono<br />
dalla critica letteraria e teatrale: se<br />
fate a questo me<strong>di</strong>um quello che<br />
avete fatto alla letteratura e al teatro,<br />
allora i rapporti tra <strong>di</strong> noi terminano<br />
qui».<br />
Per quanto sia facile capire e<br />
persino con<strong>di</strong>videre il sentimento<br />
<strong>di</strong>etro questo severo ammonimento<br />
(chi, dopo tutto, ama gli accademici<br />
coi paraocchi? – Probabilmente neanche<br />
le loro stesse madri), questa<br />
volta mi pare che il mio guru videolu<strong>di</strong>co<br />
preferito, mentre cercava <strong>di</strong><br />
fare un rocket jump, si è fraggato<br />
sparandosi sui pie<strong>di</strong>.<br />
Uno sguardo più attento alla storia<br />
della letteratura, dal dramma Greco<br />
a Stephen King, rivela un forte beneficio<br />
reciproco, nel quale la teoria,<br />
la scrittura, l’insegnamento, e<br />
la preparazione dei testi vanno mano<br />
nella mano. Certo, c’è o<strong>di</strong>o e<br />
amore, come in ogni lungo e fecondo<br />
matrimonio. Ma nel lungo termine<br />
(i prossimi duemila anni <strong>di</strong> critica<br />
e produzione <strong>di</strong> videogiochi)<br />
44<br />
possiamo fare molto peggio che<br />
copiare la relazione simbiotica tra<br />
critica letteraria e scrittura creativa.<br />
Bisogna prestare attenzione all’avvertimento<br />
<strong>di</strong> Adams contro il gergo<br />
auto compiacente e non comunicativo,<br />
ma giornali come Game Stu<strong>di</strong>es<br />
hanno trattato la questione<br />
sin dall’inizio. Il fatto che Game<br />
Stu<strong>di</strong>es abbia ricevuto per questa<br />
politica delle aspre critiche da altri<br />
accademici, come in una recente<br />
<strong>di</strong>scussione tra i membri della Di-<br />
GRA, è <strong>di</strong> sicuro un segno <strong>di</strong> buona<br />
salute. Inoltre mostra che così come<br />
l’industria assume <strong>di</strong>verse forme,<br />
<strong>di</strong>mensioni, e adotta <strong>di</strong>verse<br />
agende, altrettanto fanno anche i<br />
ludoaccademici.<br />
_____Un Linguaggio Universale<br />
Parlando <strong>di</strong> gergo, è stato suggerito<br />
da Ernest Adams e altri che un<br />
modo con cui gli accademici potrebbero<br />
rendersi utili è sviluppare<br />
un linguaggio comune, un vocabolario<br />
con<strong>di</strong>viso che l’industria potrebbe<br />
usare per standar<strong>di</strong>zzare i<br />
propri documenti <strong>di</strong> design e le comunicazioni<br />
quoti<strong>di</strong>ane. Questo<br />
sembrerebbe un buon progetto accademico,<br />
ma lo è davvero? Come<br />
Janet Murray ha sottolineato<br />
nell’articolo del mese scorso (Ivory<br />
Tower del Giugno2003, NdT), la ricerca<br />
accademica non si occupa <strong>di</strong><br />
raggiungere il consenso tra tutti, si<br />
occupa <strong>di</strong> produrre conoscenza, e<br />
questa significa tanto accor<strong>di</strong> quanto<br />
<strong>di</strong>saccor<strong>di</strong>. Dopo duemila anni <strong>di</strong>
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
ricerca, non c’è una terminologia<br />
comune abbastanza forte da sostenere<br />
un’industria per lo storytelling.<br />
Ci sono molti <strong>di</strong>zionari e vocabolari<br />
con<strong>di</strong>visi per la narrativa, ma non<br />
dobbiamo prenderci in giro e pensare<br />
che un linguaggio standard<br />
emergerà prima o poi, nonostante<br />
gli ottimi propositi degli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong><br />
narrativa. La costruzione <strong>di</strong> un vocabolario,<br />
così come la formazione<br />
<strong>di</strong> una comunità, è un processo lento,<br />
collettivo e senza fine, e non<br />
sempre compatibile con una ricerca<br />
critica analitica. La gente guarda le<br />
cose in modo <strong>di</strong>verso, e le parole<br />
non veicolano affatto un senso con<strong>di</strong>viso<br />
e assodato.<br />
Certo, una terminologia tecnica<br />
standar<strong>di</strong>zzata sarebbe <strong>di</strong> grande<br />
aiuto per una grande compagnia <strong>di</strong><br />
produzione <strong>di</strong> giochi, ma in questo<br />
caso, lasciate che paghino per questo!<br />
È quello che fanno altre industrie<br />
con necessità analoghe, come<br />
l’industria del petrolio in Norvegia.<br />
Completare e sostenere una completa<br />
terminologia industriale è una<br />
tipica ricerca applicata per i terminologi<br />
(la terminologia è un ramo<br />
della linguistica applicata).<br />
E potrebbe davvero essere una cattiva<br />
idea avere un linguaggio comune,<br />
così presto nell’infantile tra<strong>di</strong>zione<br />
della produzione <strong>di</strong> giochi<br />
<strong>di</strong>gitali. Gli standard immaturi sono<br />
le camicie <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> domani, e mi<br />
assumo il rischio <strong>di</strong> affrontare l’ira<br />
del Sig. Adams evocando una dottrina<br />
molto utile del post-strutturalismo,<br />
secondo la quale le parole<br />
riescono a <strong>di</strong>rezionare e formare<br />
il nostro pensiero molto più <strong>di</strong><br />
quanto ci piace pensare. I loro significati<br />
controllano noi, più che il<br />
contrario.<br />
Nel rapido mondo della produzione<br />
creativa <strong>di</strong> videogiochi, forse l’ultima<br />
cosa <strong>di</strong> cui abbiamo bisogno è<br />
un perfetto linguaggio comune. La<br />
Artwork<br />
45<br />
produzione sta probabilmente <strong>di</strong>ventando<br />
già così uniforme che l’innovazione<br />
e l’arte potrebbero trarre<br />
beneficio da maggiore, piuttosto<br />
che minore, caos e pluralismo.<br />
Non fraintendetemi. Non sono contro<br />
tutti i tentativi <strong>di</strong> regolare la<br />
terminologia. Infatti, come teorico<br />
non faccio altro. Lo facciamo tutti.<br />
Solo non credo che il risultato finale<br />
<strong>di</strong> uno sforzo consapevole e collettivo<br />
per produrre un <strong>di</strong>zionario, per<br />
quanto possa essere organizzato e<br />
per quanto ci si possa investire, sarà<br />
poi così utile, anche se per il duro<br />
lavoro o per intervento <strong>di</strong>vino<br />
raggiungessimo un accordo. Il suo<br />
valore più grande verrà probabilmente<br />
più dal processo che dal risultato,<br />
attraverso quella consapevolezza<br />
che nasce dalle decisioni<br />
<strong>di</strong>fficili.<br />
Proprio come quando si gioca, la<br />
meta è nel percorso.<br />
A tutti voi sarà capitato almeno una volta nella vita: state<br />
impaginando un numero <strong>di</strong> <strong>Ring</strong> (o una tesi <strong>di</strong> laurea, o un<br />
documento delle BR) e vi rendete conto che si è aperta una<br />
voragine bianca nella pagina. Una voragine impossibile da<br />
togliere nemmeno variando la <strong>di</strong>mensione dei font. Allora<br />
cercate nell’hard <strong>di</strong>sk qualcosa, una stronzata qualsiasi da<br />
usare come tappo ma, dopo aver realizzato che in un pdf non<br />
si può inserire il video <strong>di</strong> Paris Hilton, capite <strong>di</strong> essere nei<br />
guai.<br />
Non temete! In questi casi l’azione più sensata da fare è <strong>di</strong><br />
rubare le idee agli altri! Ecco quin<strong>di</strong> che inauguriamo questa<br />
rubrica-tappabuchi <strong>di</strong> artwork contenente, questo mese, due<br />
bozzetti del bellissimo Beyond Good & Evil.<br />
Portate sempre questo insegnamento con voi: quando avete<br />
finito le idee, rubatele agli altri.<br />
Appuntamento al prossimo mese con gli scan delle lettere d’amore scritte da Nemesis Divina all’età <strong>di</strong> 16 anni.
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
cARNE dA mARCELLO_________________________________<br />
[Il Negoziatore #001]<br />
<strong>di</strong> Marcello Cangialosi<br />
Facciamo un esperimento? Dai, facciamolo.<br />
Per i prossimi 5 minuti immaginate <strong>di</strong><br />
non essere i super-appassionati <strong>di</strong> videogiochi<br />
che indubbiamente siete. Fate un<br />
piccolo sforzo e immaginate <strong>di</strong> essere<br />
l’ultimo rappresentante <strong>di</strong> quel puzzolente<br />
aggregato <strong>di</strong> pecore belanti schiave<br />
dell’hype e del marketing, che appare la<br />
‘massa’ ai vostri occhi. E già che ci siete<br />
fate finta che fra quei 2 o 3 videogiochi a<br />
cui avete giocato nel corso della vostra<br />
inutile esistenza figuri Silent Hill. Il vostro<br />
preferito.<br />
Ci siete? Perfetto.<br />
Ora, osservate questo…<br />
… e ora questo.<br />
Restate in modalità “pecora” ancora per<br />
qualche secondo e <strong>di</strong>temi che <strong>di</strong>fferenza<br />
passa fra la prima locan<strong>di</strong>na e la seconda<br />
a livello ‘propagan<strong>di</strong>stico’.<br />
…<br />
Vi do un aiuto, bestie che non siete<br />
altro: la prima suggerisce <strong>di</strong> andare a<br />
farvi fottere.<br />
…<br />
Ve ne do un altro, animali: la seconda<br />
si riferisce ad un videogioco per PlayStation2.<br />
…<br />
Ancora niente? Facciamo così. Guardate<br />
nell’angolo in alto a sinistra della<br />
prima locan<strong>di</strong>na.<br />
Ah-ah! Peter Jackson! Il regista de Il<br />
Signore degli Anelli! Fico!<br />
Ora scandagliate la seconda locan<strong>di</strong>na.<br />
Trovato niente? Niente. È normale,<br />
non c’è niente <strong>di</strong> particolare al <strong>di</strong> là <strong>di</strong><br />
una ragazzina immersa in una sorta <strong>di</strong><br />
oscurità purpurea con sotto la scritta<br />
Forbidden Siren. La “Sirena <strong>di</strong>menticata”.<br />
Boh. Sarà un gioco horror. Boh. Ma<br />
come sarà? Boh. Sarà tipo Silent Hill?<br />
Boh. Sarà bello quanto Silent Hill? Boh.<br />
Ora, da ignoranti quali siete (sempre<br />
per il bene della scienza, sia chiaro), <strong>di</strong>temi<br />
in tutta sincerità quale <strong>di</strong> questi<br />
due prodotti vi ha stuzzicato l’interesse.<br />
Ricordate che non siete appassionati <strong>di</strong><br />
videogiochi.<br />
Fatto? Bene. Dico una cazzata se suppongo<br />
che la prima locan<strong>di</strong>na vi ha intrigato<br />
più della seconda malgrado quel<br />
<strong>di</strong>to me<strong>di</strong>o? Ricordate che siete pecore.<br />
Allora, <strong>di</strong>co una cazzata? Oh, ottimo. Ne<br />
<strong>di</strong>co un’altra se suppongo che quel “Peter<br />
Jackson” in alto a sinistra suona come<br />
“sono un prodotto <strong>di</strong> qualità” più della<br />
semplice quanto aleatoria associazione<br />
Forbidden Siren-Silent Hill? Bravi.<br />
Ehi, siete ancora in modalità “pecora”<br />
vero? Ok, restateci e facciamo un salto<br />
in un mondo alternativo, dove la logica<br />
regna sovrana e del buon senso ci fanno<br />
anche le olimpia<strong>di</strong>.<br />
Riguar<strong>di</strong>amo le due locan<strong>di</strong>ne in questo<br />
mondo.<br />
Quella <strong>di</strong> “Bad Taste”…<br />
… e quella <strong>di</strong> Forbidden Siren<br />
Be’, le cose cambiano non vi pare? “Dal<br />
creatore <strong>di</strong> Silent Hill”. Eccazzo. Ora sì<br />
che la confezione <strong>di</strong> Forbidden Siren<br />
ha ragione <strong>di</strong> essere prelevata dallo<br />
scaffale per essere investigata sul tergo.<br />
Vedete (tornate pure normali adesso),<br />
dal punto <strong>di</strong> vista delle strategie <strong>di</strong> marketing,<br />
l’industria cinematografica e<br />
quella videolu<strong>di</strong>ca si somigliano. Entrambe<br />
corteggiano il consumatore con strumenti<br />
analoghi (effetti speciali/grafica<br />
spettacolare, seguiti e remake/seguiti e<br />
remake), ma laddove la prima ha intuito<br />
l’importanza dell’Autore, la seconda<br />
sembra fondamentalmente… come <strong>di</strong>re…<br />
fottersene?<br />
Date un’occhiata alle release dell’annata<br />
videolu<strong>di</strong>ca appena trascorsa e <strong>di</strong>temi<br />
quanti ‘II’, ‘III’, ‘IV’, <strong>di</strong>amine, arrivate<br />
pure fino a ‘XI’, riuscite ad in<strong>di</strong>vi-<br />
46<br />
duare. Una marea. Ora fate altrettanto<br />
con le uscite cinematografiche dello<br />
stesso periodo. Sapete <strong>di</strong>rmi perché l’industria<br />
videolu<strong>di</strong>ca è quella la cui produzione<br />
annovera il maggior numero <strong>di</strong><br />
seguiti al mondo?<br />
Uno dei motivi è proprio legato alla<br />
scarsa rilevanza dell’Autore, inteso come<br />
l’Artista, il Direttore del progetto. In altre<br />
parole, la gente conosce i nomi dei<br />
“giochi” non quelli dei rispettivi “registi”.<br />
Ad autori come James Cameron o Steven<br />
Spielberg è permesso de<strong>di</strong>carsi con<br />
fiducia a produzioni originali (tutti sanno<br />
che è “quello <strong>di</strong> Titanic” / “quello <strong>di</strong><br />
Schindler's List” e se non lo sanno state<br />
certi che il colletto bianco <strong>di</strong> turno glielo<br />
farà notare), ma un Keichiiro Toyama<br />
che ti abbandona Silent Hill per de<strong>di</strong>carsi<br />
a Forbidden Siren è condannato a<br />
restare nell’ombra, lui e il suo gioco originale,<br />
malgrado la notorietà della serie<br />
a cui ha dato i natali.<br />
C’è qualcosa che non va ed ho come<br />
l’impressione che l’evoluzione del videogioco<br />
dallo status <strong>di</strong> “giocattolo elettronico”<br />
in cui versa attualmente a quello <strong>di</strong><br />
opera artistica a cui merita <strong>di</strong> assurgere,<br />
passi proprio per il riconoscimento<br />
dell’In<strong>di</strong>viduo. Datemi del pazzo.<br />
Ma al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questo, ciò che mi <strong>di</strong>sturba<br />
è che l’industria non sembra rendersi<br />
conto dell’arma formidabile <strong>di</strong> cui<br />
<strong>di</strong>spone. Nomi come “Miyamoto”, “Suzuki”,<br />
“Yamauchi”, compaiono spesso sui<br />
mezzi <strong>di</strong> informazione specializzati, ma<br />
mai negli spot pubblicitari e soprattutto<br />
mai sulle confezioni. Diamine, la maggior<br />
parte dei giochi non dà modo <strong>di</strong> conoscerne<br />
l’autore fino ai titoli <strong>di</strong> coda! E<br />
chi se li legge i titoli <strong>di</strong> coda?!<br />
Ovviamente esistono delle eccezioni.<br />
Il nome <strong>di</strong> Hideo Kojima compare sulla<br />
cover <strong>di</strong> Metal Gear Solid 2 Substance<br />
(ho qui davanti la versione Giapponese),<br />
ad esempio. Ma si tratta, appunto, <strong>di</strong><br />
una eccezione. Più spesso, se c’è un nome<br />
in cover è quello <strong>di</strong> Tom Clancy. Già<br />
che ci siete sapete <strong>di</strong>rmi chi è il Director<br />
o il Producer <strong>di</strong> Splinter Cell?<br />
È sintomatico quello che <strong>di</strong>ce Michel<br />
Ancel nell’intervista pubblicata sul numero<br />
004 <strong>di</strong> <strong>Videogiochi</strong>. A proposito della<br />
presentazione <strong>di</strong> Beyond Good & Evil<br />
all’E3 <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi anni fa, <strong>di</strong>chiara: “non<br />
conoscevano il gioco, non c’era alcuna<br />
licenza, non era basato su un film… Credo<br />
che lì abbia sbagliato il marketing:<br />
l’hanno spinto come ‘Il gioco <strong>di</strong> Michel<br />
Ancel’, ma nessuno conosce il mio nome!”<br />
Ecco perché si continua a puntare sulle<br />
licenze. Ecco perché si continua a<br />
puntare sullo stesso franchise. Ecco perché<br />
si va a scomodare Tom Clancy. Ma è<br />
sensato continuare su questa strada? Se<br />
il nome <strong>di</strong> Michel Ancel fosse stato strillato<br />
ai quattro venti sin dal primo Rayman,<br />
come avrebbero reagito i visitatori<br />
dell’E3 all’annuncio <strong>di</strong> Beyond Good<br />
& Evil? Si sarebbero comunque accalcati<br />
attorno a quello Splinter Cell “<strong>di</strong> Tom<br />
Clancy” o avrebbero accordato un’occhiatina<br />
anche all’opera <strong>di</strong> Ancel?<br />
Pensateci. E fatemi sapere la vostra.
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
sTAGE 1: hANDHELD gAMING___________________________<br />
[Arena - Opinioni in Multiplayer]<br />
Il futuro in tasca<br />
<strong>di</strong> Gatsu<br />
Certo prevedere il futuro <strong>di</strong> un’industria mutevole come quella<br />
dei videogiochi non è affatto semplice. Ognuno si fa le proprie<br />
idee, basandosi sull’intuito e/o sulla sua conoscenza dell’ambiente,<br />
visto che in questo campo appoggiarsi ai precedenti<br />
storici non è mai stato molto fruttuoso. Ma alcune domande ti<br />
beccano come un colpo <strong>di</strong> cric fra capo e collo, e mica ti puoi<br />
mettere a protestare o a chiedere “Ehi, ce l’hai con me?”. Allora<br />
mi chiedo: è plausibile, nel giro delle prossime due generazioni,<br />
assistere al declino delle console casalinghe e all’ascesa<br />
delle console portatili?<br />
In un certo senso la risposta più ovvia non è la più banale,<br />
perché due mercati “<strong>di</strong>stinti” e “paralleli” si verranno effettivamente<br />
a formare: ci sono motivazioni pratiche e<br />
tecniche che apparentemente rendono impensabile<br />
una scomparsa delle prime in favore delle seconde.<br />
Pensiamo però all’introduzione della televisione: è<br />
palese che a livello <strong>di</strong> prestazioni au<strong>di</strong>o/video nessuno<br />
schermo/impianto attualmente in commercio<br />
può competere con una sala cinematografica appena<br />
modesta, dotata <strong>di</strong> default almeno <strong>di</strong> un telone<br />
<strong>di</strong> ragguardevoli <strong>di</strong>mensioni e <strong>di</strong> un impianto<br />
Dolby; eppure ognuno <strong>di</strong> noi ha in casa almeno un paio <strong>di</strong> TV.<br />
Il cinema è forse morto in seguito a questa colonizzazione cato<strong>di</strong>ca?<br />
No, però il suo ruolo si è ri<strong>di</strong>mensionato, o per meglio<br />
<strong>di</strong>re “ra<strong>di</strong>calmente adattato” alla nuova situazione. Nessuno va<br />
al cinema a vedersi il telegiornale, per intenderci, e raramente<br />
i prodotti pensati per il grande schermo sono intercambiabili<br />
con quelli pensati per il piccolo schermo (la relazione tende<br />
infatti ad essere univoca, e a seguire lo schema cinema tv) 1 .<br />
Le analogie con il mondo del videogioco sono palpabili. C’è un<br />
elemento che però scombussola tutto il ragionamento precedente:<br />
mentre l’utente sostanzialmente “subisce” i contenuti <strong>di</strong><br />
cinema e TV, ciò non è altrettanto vero per quanto riguarda il<br />
videogioco, che trova il suo tratto <strong>di</strong>stintivo nella cosiddetta<br />
“interazione” gioco-utente.<br />
Ora, leggendo i pronostici <strong>di</strong> alcuni analisti, rimango perplesso<br />
nel vedere Microsoft, l’unica società senza piani concreti<br />
per il mercato portatile, davanti a Nintendo in quanto a “possibilità<br />
<strong>di</strong> successo” nella generazione futura. GBA (o meglio, il<br />
suo successore) e PSP saranno con ogni probabilità le vere<br />
console dominatrici del mercato negli anni a venire. Ciò che<br />
alcuni analisti faticano a focalizzare è che l’utenza stessa lo<br />
richiede. Con l’innalzarsi dell’età me<strong>di</strong>a del videogiocatore, ci<br />
sono da considerare tutta una serie <strong>di</strong> problematiche ine<strong>di</strong>te<br />
per questo tipo <strong>di</strong> mercato. Tanto per fare qualche esempio, è<br />
probabile che attualmente il videogiocatore standard si sposti<br />
<strong>di</strong> frequente per motivi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> lavoro, che abbia poco<br />
tempo libero ma magari molti tempi morti da riempire (pausa<br />
caffè, intervallo, fermata dell’autobus, sale d’attesa…), che<br />
giochi tendenzialmente verso sera piuttosto che <strong>di</strong> giorno…<br />
Di fronte a determinati vantaggi (la portabilità), e con il<br />
raggiungimento <strong>di</strong> un livello tecnologico sod<strong>di</strong>sfacente (già PSP<br />
promette gran<strong>di</strong> cose), poco importerà ad un videogiocatore <strong>di</strong><br />
non u<strong>di</strong>re il coro dei tifosi in 5.1 giocando ad un Winning Eleven<br />
portatile 2 . E anche volendo insistere sulla questione tec-<br />
L’handheld gaming non esiste<br />
<strong>di</strong> Cryu<br />
Tenetevi forte perché la sparo grossa: l'handheld gaming non<br />
esiste. Proprio così. Il Game Boy Advance, ricaricato nel look<br />
dalla sua reincarnazione SP, domina comodo l'intero settore.<br />
N-Gage? Non scherziamo.<br />
Il Game Boy Advance SP attualmente è l'handheld gaming.<br />
Eppure l'handheld gaming non esiste. Non esiste perché non<br />
viene sviluppato del software modellato sul concetto <strong>di</strong> portabilità.<br />
I migliori titoli per GBA sono quelli che ne sfruttano al<br />
meglio l'hardware in termini <strong>di</strong> capacità <strong>di</strong> calcolo, <strong>di</strong> rappresentazione<br />
grafica 2D e <strong>di</strong> controlli, ma non traggono alcun<br />
beneficio dal fatto <strong>di</strong> poter essere giocati in autobus piuttosto<br />
che in treno. Yoshy's Island, Super Mario World, Final<br />
Fantasy Tactics Advance non sono giochi per GBA; sono<br />
47<br />
nologica, semplici accessori possono ovviare a qualsiasi mancanza:<br />
un suono 3D estremamente convincente si può riprodurre,<br />
me<strong>di</strong>ante appositi artifizi software, anche tramite due<br />
comunissimi auricolari, così come uno schermo a 52” può essere<br />
contenuto in un paio <strong>di</strong> occhiali appositi (periferiche del<br />
genere potrebbero allargare drasticamente il loro mercato nei<br />
prossimi tempi, anche se della loro reale necessità non sono<br />
del tutto convinto 3 ). Per non parlare del gioco on<strong>di</strong>ne: che cosa<br />
può rivelarsi più comodo <strong>di</strong> una piattaforma già pre<strong>di</strong>sposta<br />
all’uso in rete vista l’inclusione (praticamente scontata in tutti i<br />
prossimi portatili) <strong>di</strong> funzionalità telefoniche?<br />
Il futuro del videogioco tende alla portabilità. Le console da<br />
casa quasi sicuramente sopravvivranno, ma mo<strong>di</strong>ficheranno<br />
probabilmente il loro utilizzo: solo produzioni<br />
estremamente costose saranno a loro in<strong>di</strong>rizzate,<br />
mentre maree <strong>di</strong> giochi economicamente meno<br />
impegnativi troveranno loro naturale <strong>di</strong>mora<br />
nelle console noma<strong>di</strong>. Questo potrebbe portare il<br />
videogioco stesso a mutare profondamente a seconda<br />
della sua destinazione finale… oppure no?<br />
Note<br />
[1] Mi riferisco in particolare a contenuti palesemente pensati<br />
per il mercato televisivo: telefilm, talk show, quiz, cose del<br />
genere. Va fatto notare che in passato il cinema era l’unico<br />
luogo dove si potesse vedere un “notiziario” (parlo dei noti<br />
cinegiornali dell'Istituto LUCE, che venivano trasmessi prima<br />
degli spettacoli e che arrivarono ad avere anche cinque e<strong>di</strong>zioni<br />
alla settimana). In Italia è successo anche che lo show “Lascia<br />
o Raddoppia?”, <strong>di</strong> particolare successo, venisse proiettato<br />
in alcune sale (cfr. Andrea Melo<strong>di</strong>a, Teoria e tecnica del linguaggio<br />
televisivo, Aracne, Roma), ma si tratta <strong>di</strong> un caso sostanzialmente<br />
isolato. Cambiando <strong>di</strong>scorso, con “<strong>di</strong>rezione univoca”<br />
intendo: “i film che passano al cinema approdano prima<br />
o poi in TV, mentre il contrario non accade”. Il mercato home<br />
theatre inoltre va considerato a parte, anche perché in questo<br />
caso la “televisione” perde i suoi connotati <strong>di</strong> me<strong>di</strong>um<br />
autonomo e <strong>di</strong>venta più che altro uno “schermo sui cui<br />
proiettare contenuti <strong>di</strong> tipo cinematografico”.<br />
[2] Ci sarebbe da aggiungere la cosiddetta “legittimazione sociale”<br />
del videogioco. Finché videogiocare equivarrà ad essere<br />
dei nerd, tali previsioni restano solo fantasie. Ma con<br />
l’allargamento del mercato sarà il mercato stesso ad estirpare<br />
alla ra<strong>di</strong>ce il problema rendendo il videogiocare una cosa cool.<br />
[3] Mi capita <strong>di</strong> rado, usando il GBA in giro, <strong>di</strong> giocare ad alto<br />
volume o utilizzando le cuffiette. Mentre a casa non mi sognerei<br />
mai <strong>di</strong> giocare se non al massimo delle possibilità (adeguata<br />
luminosità della stanza, volume decente…), tale desiderio<br />
viene ri<strong>di</strong>mensionato durante le mie sessioni raminghe, per<br />
desiderio <strong>di</strong> <strong>di</strong>screzione o perché tutto sommato quello che mi<br />
interessa è giocare, pazienza se non ho il Dolby...<br />
giochi concepiti per altre piattaforme ed altri ambiti <strong>di</strong> fruizione,<br />
e oggi convertiti o rivisitati (nel caso <strong>di</strong> FFTA) su GBA.<br />
Metroid Fusion? Un gran gioco, ma avrebbe funzionato allo<br />
stesso modo su Super Nes. Advance Wars? Perfetto su PSOne.<br />
Il GBA, ora come ora, non è altro che una piattaforma <strong>di</strong> retrogaming;<br />
è il risultato della miniaturizzazione <strong>di</strong> hardware e<br />
software <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni fa. Nel 1994 Super Mario World poteva<br />
girare solo su una macchina grande come un tostapane da<br />
collegare a un TV. Oggi la stessa cosa la può fare un aggeggio<br />
stylish grande quanto un cellulare, che per <strong>di</strong> più incorpora<br />
uno schermo LCD. Ma questo non è handheld gaming. L'handheld<br />
gaming dovrebbe essere una branca del videogiocare
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
incentrata sul concetto <strong>di</strong> portabilità. E su GBA <strong>di</strong> giochi così io<br />
ne conosco tre: Wario Ware, Pokémon e Boktai.<br />
Rispettivamente: Wario Ware, come lo ha definito il ringhico<br />
Ferruccio Cinquemani, è una raccolta <strong>di</strong> aforismi videolu<strong>di</strong>ci;<br />
dozzine <strong>di</strong> sottogiochi dalla durata <strong>di</strong> pochi secon<strong>di</strong> ciascuno,<br />
perfettamente coniugabili con la frammentarietà <strong>di</strong> una<br />
sessione <strong>di</strong> gioco portatile. Salgo sull'autobus all'ora <strong>di</strong> punta e<br />
non c'è un solo se<strong>di</strong>le libero, mi incastro in un angolo e mi faccio<br />
un paio <strong>di</strong> sottogiochi. Alla prima fermata il passeggero che<br />
sedeva al mio fianco si alza lasciandomi il suo posto. Interrompo<br />
la partita, mi siedo e riprendo. Alla mia fermata<br />
devo interrompere nuovamente, scendo dal<br />
bus e riprendo ancora a giocare mentre aspetto la<br />
metropolitana. Tutto questo senza compromettere<br />
né la performance lu<strong>di</strong>ca né la go<strong>di</strong>bilità del gioco<br />
stesso. Questo è handheld gaming. Questo è mobile<br />
gaming, non Sonic su un telefonino a schermo verticale.<br />
Pokémon. Ok, metto le mani avanti: a me Pokémon non<br />
interessa, colpa <strong>di</strong> un monster design che non mi ha mai entusiasmato<br />
e <strong>di</strong> un protagonista detestabile. Però Pokémon -<br />
ricor<strong>di</strong>amolo: nato prima come VG e solo in seguito come cartone<br />
animato – è geniale. Il gameplay è progettato in funzione<br />
<strong>di</strong> una necessaria socializzazione con altri giocatori, caso strano<br />
per un VG, accusato spesso <strong>di</strong> istigazione all'isolamento dei<br />
suoi fruitori. Il giocatore tipo <strong>di</strong> Pokémon Rubino, durante la<br />
ricreazione scolastica, estrae il suo GBA dalla tasca del grembiule<br />
per sfidare in link il compagno <strong>di</strong> banco a sua volta possessore<br />
<strong>di</strong> GBA + Pokemon Zaffiro. Al termine della battaglia<br />
l'allenatore <strong>di</strong> Pokémon più abile si impossesserà della creatura<br />
altrui. Questo è handheld gaming votato al multiplayer.<br />
Questa è una forma <strong>di</strong> videogiocare in compagnia strutturata<br />
attorno al concetto <strong>di</strong> portabilità.<br />
Boktai non avrà sod<strong>di</strong>sfatto tutte le aspettative <strong>di</strong> chi da<br />
Kojima si aspetta sempre e solo capolavori, eppure Boktai è<br />
handheld gaming allo stato puro. Il rilevatore <strong>di</strong> luce solare<br />
installato nella cartuccia assoggetta la risoluzione <strong>di</strong> determinate<br />
fasi <strong>di</strong> gioco a una fruizione all'aperto nelle ore <strong>di</strong>urne.<br />
Questo è possibile solo con una console portatile. Altrimenti<br />
che cosa facciamo? Mettiamo PS2 sul balcone? Boktai manda<br />
un messaggio forte: l'handheld gaming non è il videogioco da<br />
bagno, è il videogioco portatile, quin<strong>di</strong> sfruttiamola davvero<br />
questa portabilità. Ora quando sono in autobus non vedo l’ora<br />
Vita e morte del vg dopo l’handheld<br />
<strong>di</strong> Paolo Jumpman Ruffino<br />
Probabilmente in pochi hanno afferrato la grande lezione che<br />
in questi ultimi anni l’industria del videogioco ci ha voluto insegnare:<br />
i contenuti contano poco o niente. Lungi da me il sostenere<br />
che il software <strong>di</strong> una console sia ininfluente, perché è<br />
chiaro a tutti che le killer application continuano ad esistere,<br />
ma <strong>di</strong> certo chi acquista una console pensa sempre meno a ciò<br />
che realmente gli viene offerto. Compra il marchio, il nome,<br />
l’oggetto. Dare troppa attenzione ai contenuti, cioè ai giochi,<br />
delle console handheld significa quin<strong>di</strong> prendere il problema<br />
dal lato sbagliato. Non hanno importanza. Ce l’ha<br />
invece il fatto che Game Boy abbia venduto 100<br />
milioni <strong>di</strong> unità, e che le abbia vendute al <strong>di</strong>rigente<br />
d’azienda come allo scolaretto. Ne ha venduti talmente<br />
tanti da far tentare la strada anche a Nokia<br />
e Sony. Il fatto che una console così particolare<br />
sia nelle mani <strong>di</strong> così tanta gente altera <strong>di</strong> fatto la<br />
percezione del me<strong>di</strong>um videogioco, cambia i simboli<br />
a cui questo viene associato, mo<strong>di</strong>fica insomma tutto<br />
quell’insieme <strong>di</strong> significati che si richiamano quando si pronuncia<br />
la parola “videogame”. Non è un fenomeno che si possa<br />
sottovalutare, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio sulla qualità dell’offerta<br />
lu<strong>di</strong>ca. E’ esattamente come se volessimo stu<strong>di</strong>are il videogioco<br />
senza considerare Fifa Soccer: è un titolo pessimo, ma<br />
non possiamo non chiederci perché ci giochino in così tanti.<br />
Dire che non ci sono titoli adatti all’handheld gaming è ancora<br />
una svista, anche se più sottile. Non ci sono regole che<br />
stabiliscono se un gioco è handheld, se non il fatto che questo<br />
venga giocato su una console portatile. E’ il mezzo a cambiare<br />
il gioco, poco importa se questo è già apparso su Snes o qualsivoglia<br />
home console. Yoshi’s Island è <strong>di</strong>verso da Super<br />
Mario Advance 3: Yoshi’s Island, perché cambia la posizione<br />
del giocatore, il suo modo <strong>di</strong> approcciarvisi, la sua pre<strong>di</strong>sposizione.<br />
E quin<strong>di</strong> cambia anche Yoshi, nel bene e nel male.<br />
Che poi questo possa piacere o non piacere a chi compra e<br />
48<br />
<strong>di</strong> arrivare a casa per giocare a SSX 3: inventatemi un gioco<br />
per il quale quando sono a casa non veda l’ora <strong>di</strong> uscire. Se<br />
posso gustarmi lo stesso gioco sul <strong>di</strong>vano <strong>di</strong> casa senza inficiarne<br />
il valore ricreativo, allora non si tratta <strong>di</strong> vero handheld<br />
gaming, e in più <strong>di</strong>fficilmente potrà competere con la concorrenza<br />
oppostagli dalle console accampate sotto il mio TV.<br />
A questo punto mi domando: è possibile che il futuro del <strong>di</strong>vertimento<br />
elettronico risieda nell'handheld gaming: una tipologia<br />
<strong>di</strong> videogioco che non esiste se non in una manciata <strong>di</strong><br />
esemplari?<br />
Naaa. Non ci credo.<br />
Dov'è allora il futuro del <strong>di</strong>vertimento elettronico?<br />
Io posso solo intuirlo osservando il presente dell'home<br />
entertainment, un presente dove a farla da padrone<br />
è l'home cinema, ovvero la ricostruzione in<br />
ambiente casalingo <strong>di</strong> uno spazio <strong>di</strong> fruizione immersiva.<br />
I TV 16:9, i sistemi au<strong>di</strong>o Surround e i DVD<br />
hanno condotto l'home entertainment in questa <strong>di</strong>rezione.<br />
Il videogioco, da parte sua, si è adeguato, soprattutto<br />
con l’avvento del 3D. L'ibridazione cinema-VG è ormai una<br />
realtà talmente assodata da rendere del tutto superfluo il richiamo<br />
<strong>di</strong> esempi come MGS2, Final Fantasy X o Devil May<br />
Cry. Questo è il presente, questa è la <strong>di</strong>rezione attuale. Salvo<br />
imprevisti, il futuro lo imboccheremo da questa parte.<br />
Chi non si è adeguato è Nintendo, che continua a contestare<br />
l'errore (a suo modo <strong>di</strong> vedere) <strong>di</strong> chi vuole a tutti costi ibridare<br />
il videogioco al cinema. E mentre un GameCube sprovvisto<br />
<strong>di</strong> lettore DVD arranca, qualcuno a Kyoto pensa che dopotutto<br />
non sarebbe malaccio avere in esclusiva MGS: The Twin<br />
Snakes. Too late. Per questo giro Nintendo è fuori. Fuori dai<br />
giochi dei profitti astronomici, fuori dalla prima classe del mercato<br />
console. Eppure Nintendo c'è. Dove? Ma nell'hendheld<br />
gaming, naturalmente, con quell'elegante GBA SP Silver che ci<br />
consente <strong>di</strong> giocare in pubblico senza per questo azzerare il<br />
nostro sex-appeal.<br />
Sì, è fuori <strong>di</strong>scussione: Nintendo domina, nell'handheld gaming<br />
domina. Già, ma l'handheld gaming non esiste. Wario<br />
Ware non è abbastanza. Boktai è roba giappo. Pokémon è<br />
per bambini. Per il resto io vedo solo retrogaming in miniatura.<br />
E dato che l'handheld gaming non esiste, fossi in Nintendo<br />
cercherei <strong>di</strong> inventarlo alla svelta, prima che ci pensi Sony<br />
PSP.<br />
gioca, ha poca importanza. Ha poca importanza perché continua<br />
a comprare.<br />
L’handheld gaming ha abituato milioni <strong>di</strong> persone al gioco<br />
mor<strong>di</strong> e fuggi, al quicksave, a quello che potremmo definire<br />
“videogiocare timoroso”: l’offerta videolu<strong>di</strong>ca moderna tiene<br />
conto delle paure, indotte da Tetris e Snake, dei videogiocatori<br />
che come dei trentenni in crisi “non vogliono impegnarsi in<br />
storie serie”. Game Boy ci ha portati ad un videogiocare<br />
frammentato, composto da spezzoni, singole scelte, giochi <strong>di</strong><br />
un click. Il filmato <strong>di</strong> mezz’ora del prossimo prodotto<br />
Square non sarà che un’ulteriore espressione della<br />
volontà <strong>di</strong> creare “videogiochi <strong>di</strong>nosauri” per tutti coloro<br />
che rifuggono questo approccio, e sono <strong>di</strong>sposti a<br />
giocarsi - letteralmente - 40 ore <strong>di</strong> vita (senza però<br />
rinunciare ad un “timoroso” save point ogni due<br />
schermate). “40 ore per la vita” poteva allora essere<br />
lo slogan per accompagnare l’uscita <strong>di</strong> Wario Ware,<br />
ultimo prodotto <strong>di</strong> una specie che vuole sparire in due secon<strong>di</strong><br />
e non <strong>di</strong>sturbare, perché il tempo è prezioso e io ho centocinquanta<br />
“giochi <strong>di</strong> attimi” ancora da provare.<br />
L’handheld gaming non soppianterà il gioco da casa, ma lo<br />
saboterà. Anzi l’ha già sabotato, solo è <strong>di</strong>fficile accorgersene.<br />
La maggiore importanza data allo stile grafico piuttosto che al<br />
numero <strong>di</strong> poligoni è già un in<strong>di</strong>zio, così come lo sono le regole<br />
semplici e la facilità <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> un’interfaccia a fronte <strong>di</strong> un<br />
gameplay profondo, lezione dei giochi anni’80 <strong>di</strong>menticata<br />
nell’ultimo decennio e ripresa da Pokémon, Advance Wars,<br />
e quant’altri.<br />
Forse è proprio quest’ultimo punto ad accomunare l’handheld<br />
con certo retrogaming: non tanto il doversi confrontare<br />
con limiti tecnici quanto una vicinanza <strong>di</strong> filosofie (o ludosofie,<br />
più correttamente). Bisognerebbe insomma guardare all’handheld<br />
come ad un fenomeno, e astenersi per quanto possibile<br />
da giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore.
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
cHAIN mAIL________________________________________<br />
[posta@project-ring.com]<br />
<strong>di</strong> <strong>Ring</strong><br />
«A sadder and a wiser man» («un<br />
uomo più triste e più saggio»),<br />
scriveva il poeta inglese S.T. Coleridge<br />
nella Ballata del Vecchio Marinaio,<br />
riferendosi all’interlocutore<br />
del marinaio non-morto istruito circa<br />
l’angosciosa sorte <strong>di</strong> quest’ultimo.<br />
«Let them fly» («che si <strong>di</strong>vertano»),<br />
scriveva il collega e<br />
compatriota Thomas Grey, invi<strong>di</strong>ando<br />
la beata ignoranza dei giovani<br />
che ancora non immaginano quanto il male possa<br />
insinuarsi nella vita dell’uomo.<br />
Certamente anche Raiden se la passava meglio prima<br />
<strong>di</strong> sapere <strong>di</strong> non essere altro che una pe<strong>di</strong>na sulla<br />
scacchiera dei Patriots. Cloud, da parte sua, una volta<br />
DREAMING WONDERLAND WITH AN AXE IN YOUR BRAIN<br />
Le seghe non fanno <strong>di</strong>ventare ciechi, dopo una decina<br />
<strong>di</strong> anni <strong>di</strong> uso intensivo e incon<strong>di</strong>zionato posso affermarlo<br />
con certezza. Le seghe mentali, invece, sì.<br />
La prima volta che ho visto Battle Arena Toshinden<br />
e Wipeout ho gridato <strong>di</strong> gioia, sbavato sul tappeto<br />
<strong>di</strong> una persona che neanche conoscevo e ho provato<br />
piacere, immenso piacere. Ho capito che quella sarebbe<br />
stata la mia strada, poi mi hanno detto che la PlayStation<br />
costava 800.000 lire e i giochi 100.000 lire<br />
cadauno e sono uscito al primo svincolo passando per<br />
la corsia d’emergenza.<br />
Quando finalmente acquistai una PlayStation feci le<br />
quattro <strong>di</strong> mattina a giocare con il demo <strong>di</strong> Crash<br />
Ban<strong>di</strong>coot, perché ero il protagonista <strong>di</strong> un cartone<br />
animato e mai avevo visto nulla <strong>di</strong> tanto eccezionale.<br />
FIFA era il più bel gioco <strong>di</strong> calcio e non aveva <strong>di</strong>fetti<br />
che io ricor<strong>di</strong>.<br />
Oggi non godo più. E non mi sto sbattendo sulla<br />
“purezza” dei giochi <strong>di</strong> un tempo come ogni<br />
buon castrato da retrogaming farebbe. Non è<br />
colpa dei giochi, la colpa è mia. Se la smettessi <strong>di</strong><br />
passare delle ore a leggere quello che gli altri pensano<br />
dei videogiochi forse troverei più tempo e voglia per<br />
videogiocare anch’io. Oggi non gioco più da solo come<br />
qualche anno fa, l’omino del mio cervello è sempre al<br />
mio fianco e non fa altro che sforzarsi <strong>di</strong> trovare <strong>di</strong>fetti<br />
in quello che vede. È sempre li a giu<strong>di</strong>care qualcosa,<br />
qualcuno, l’omino del mio cervello si accorge persino<br />
se la fisica <strong>di</strong> una vettura in corsa non è ben fatta,<br />
all’omino del mio cervello non sfugge l’assenza dell’ar-<br />
Risponde Federico Res:<br />
Che mondo meraviglioso sarebbe, se non sapessi che<br />
un’indefinita percentuale <strong>di</strong> ogni Ferrero Rocher che<br />
ingollo è costituita da scarafaggi tritati. Ma sai, prode<br />
Vitoiuvara, che alla fine del trito <strong>di</strong> coleotteri me ne<br />
frega poco? Perché in fondo saranno <strong>di</strong>eci anni che sono<br />
a conoscenza <strong>di</strong> questo fatto, eppure nulla mi frena<br />
dal <strong>di</strong>vorare scatole <strong>di</strong> croccanti cioccolatini. E sai perché?<br />
Perché <strong>di</strong> solito mi sbatto la testa al muro. Già.<br />
Prendere a craniate le pareti non è piacevole, ma efficace<br />
sì: quando qualcosa mi fa star male (ad esempio i<br />
49<br />
scoperto <strong>di</strong> non essere un eroe, ma soltanto un eroe<br />
wannabe, avrà passato un pessimo quarto d’ora. E del<br />
prode (?) Ashley che mi <strong>di</strong>te? Che tutto d’un tratto<br />
realizza <strong>di</strong> essere lui stesso il carnefice dei propri familiari?<br />
Brutta storia anche questa, un po’ come quella <strong>di</strong><br />
Tidus, che si scopre innamorato <strong>di</strong> una donna destinata<br />
al martirio.<br />
A volte la conoscenza è un frutto avvelenato. Parola<br />
<strong>di</strong> Adamo ed Eva. Eppure, come insegna MGS2, la<br />
conoscenza, la cultura e l’informazione sono libertà, il<br />
valore più <strong>di</strong>scusso e preteso dalla società occidentale<br />
contemporanea. Ed è qui che sorge il paradosso, come<br />
ci illustra un nostro affezionato lettore. Chain Mail aggancia<br />
la nostalgia dell’incoscienza.<br />
bre magique, e <strong>di</strong> certo non si riesce a nascondergli la<br />
mancanza dell’ombra del cucciolo <strong>di</strong> ornitorinco bianco<br />
nascosto sotto un masso <strong>di</strong> misere <strong>di</strong>mensioni. Oggi mi<br />
ritrovo ad invi<strong>di</strong>are la sveltina fugace del casual gamer<br />
ridotto come sono alla scopata del mercoledì sera con<br />
mia moglie che mi mette le corna. Buona parte del <strong>di</strong>vertimento<br />
<strong>di</strong> un tempo è annientato da un design poco<br />
accattivante, da un boss troppo poco ispirato, da un<br />
realismo appena accennato.<br />
Triste analisi <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sinnamorato, <strong>di</strong>rete voi… forse,<br />
forse no. Leggendo queste parole siete la <strong>di</strong>mostrazione<br />
vivente che non avete niente <strong>di</strong> meglio da videogiocare<br />
<strong>di</strong> un e-zine in pdf. Stupido omino del mio cervello,<br />
senza <strong>di</strong> lui giocherei ad un gioco <strong>di</strong> calcio per il<br />
quale non dovrei sprecare tre settimane della mia vita<br />
nel tentativo <strong>di</strong> renderlo visivamente appagante e minimamente<br />
aggiornato allo stesso anno nel quale ho<br />
dato 60 e rotti euro al mio negoziante. Senza la sua<br />
arrogante pignoleria mi piacerebbe tutto quello che<br />
compro, senza il suo insensato amore per il collezionismo<br />
avrei mo<strong>di</strong>ficato la PlayStation 2 e potrei comprarmi<br />
un villino con caminetto e prostitute con tutti i<br />
sol<strong>di</strong> così risparmiati.<br />
Che mondo meraviglioso quello dell’ignoranza, sarei<br />
un uomo meraviglioso se non sapessi quanto male<br />
fanno le sigarette che mi fumano gli altri, e siete uomini<br />
meravigliosi voi che non sapete qual è<br />
l’ingre<strong>di</strong>ente segreto della Coca Cola…<br />
Vitoiuvara<br />
bachi sotto il cioccolato pralinato), cerco una parete<br />
solida e vado <strong>di</strong> testate. Non mi fermo fin quando la<br />
mia fronte non assomiglia a quella <strong>di</strong> Einstein, e tutto<br />
intorno cade una costante pioggerella <strong>di</strong> calcinacci e<br />
frammenti <strong>di</strong> mattoni. A quel punto sono felice. Contuso<br />
e felice. Non mi riesce più <strong>di</strong> pensare alla presenza<br />
insettoide nei cioccolatini. Ne sento soltanto il gusto<br />
soave (dei cioccolatini). E ricomincio a godere. Ah, che<br />
mondo meraviglioso!
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
Ti <strong>di</strong>co questo, aral<strong>di</strong>co Vitoiuvara, un po’ per prenderti<br />
in giro e un po’ perché mi piace vederti perplesso.<br />
Ma ecco, facciamo così: immagina un Ferrero Rocher,<br />
bello grosso e succulento. È un Ferrero Rocher<br />
particolare, non ha forma sferica: somiglia piuttosto ad<br />
un uomo. Un uomo in tuta da spionaggio con una cicca<br />
in bocca. Ecco, bravo, sembra proprio Solid Snake. Cosa<br />
sta facendo? Ha lo sguardo ebete fisso sullo svolazzo<br />
<strong>di</strong> un tendone, che staccatosi dalle sicure viene trascinato<br />
lontano dal vento. Ma perché Snake si <strong>di</strong>spera<br />
e si strappa i capelli? Ovvio: si è accorto che il movimento<br />
<strong>di</strong> quel particolare lembo, apparentemente realistico,<br />
è in realtà in parziale <strong>di</strong>saccordo con la forza <strong>di</strong><br />
Coriolis. Accidenti. Siamo nella mierda, <strong>di</strong>rebbe Holga.<br />
Ma qui interviene la Sacra Tecnica delle Craniate<br />
Perimetrali [che interessano, cioè, l’intero perimetro<br />
dei muri <strong>di</strong> casa]: Snake comincia a sbattere il grugno<br />
contro tutte le pareti che trova. Non si ferma fin quando<br />
le sopracciglia gli s’incastrano in una grata metalli-<br />
NON E’ TUTT’ORO QUEL CHE STYLISH<br />
50<br />
ca. Allora scruta bene quelle quattro linee in croce,<br />
piatte e sgranate da far schifo. E il mondo si rovescia…<br />
A questo punto, nobile Vitoiuvara, dovresti aver capito<br />
qual è la morale. E <strong>di</strong> conseguenza dovrei essere<br />
<strong>di</strong>ventato per te una specie <strong>di</strong> idolo. Ma forse no. Può<br />
essere che non hai colto il genio nelle mie macchinazioni.<br />
Può essere che mi consideri uno scarso sceneggiatore<br />
incline al trivial humor <strong>di</strong> stampo nipponico.<br />
Allora parliamoci chiaro: il tendone non esiste. La legge<br />
<strong>di</strong> Coriolis non esiste, finché qualcuno non la vede.<br />
L’unica cosa che esiste è il Ferrero Rocher. Quello sì.<br />
Quello ti si scioglie in bocca, è vero, tangibile. Ne convieni,<br />
stimato Vitoiuvara?<br />
Se ancora qualcosa non ti è chiaro, voglio darti una<br />
dritta. Vinci la ripugnanza e <strong>di</strong>venta amico <strong>di</strong> un Castrato<br />
da Retrogaming. Forse (ma solo forse) lui ti saprà<br />
in<strong>di</strong>care la strada verso il Ferrero Rocher. E alla<br />
fine, forse, potrai fare a meno delle craniate contro il<br />
muro…<br />
Gabriele Bugada replica alla proposta <strong>di</strong> Federico Res (Chain Mail – <strong>Ring</strong>#9) <strong>di</strong> affidare agli stylish game il compito <strong>di</strong><br />
attirare il grande pubblico istruendolo al tempo stesso circa le possibilità espressive del videogioco.<br />
Già, gli stylish games... come se 1) fosse facile sfornarli<br />
2) fosse poi facile venderli! Si <strong>di</strong>stinguono per la<br />
loro peculiarità, <strong>di</strong>fficile pensarli come funzionali ed<br />
elevati a rango <strong>di</strong> norma in qualsiasi contesto <strong>di</strong> massa<br />
(sia sul versante produzione, sia su quello consumo).<br />
Siccome è <strong>di</strong>fficile, anche se in effetti potrebbe fruttare,<br />
è molto meglio per l'industria de<strong>di</strong>carsi alle ‘impre-<br />
Risponde Cryu:<br />
Concordo sulla linea realista: WWF Panda Wrestling<br />
vende subito, vende massivo, vende facile. Forse non<br />
in Italia, ma in USA <strong>di</strong> sicuro. Ciò che Federico auspicava<br />
nella sua risposta, riallacciandosi così al provocatorio<br />
<strong>Ring</strong> Hate (cfr <strong>Ring</strong>#08), era un marketing leggermente<br />
più evoluto rispetto al contemporaneo, che<br />
oltre alla ven<strong>di</strong>ta imme<strong>di</strong>ata del prodotto mirasse alla<br />
costruzione <strong>di</strong> un'immagine del prodotto, oltre che del<br />
suo pubblico destinatario, giocoforza inserendo nel<br />
progetto l'elemento qualitativo. Utopia?<br />
Macché, è ciò che Sony, in certa misura, sta facendo<br />
da anni. Pensate agli spot televisivi <strong>di</strong> PlayStation2,<br />
così apparentemente sganciati dal videogioco in sé e<br />
dalle immagini che tra<strong>di</strong>zionalmente ne accompagnano<br />
la promozione; pensate alle manifestazioni come il<br />
PlayStation Experience, presentate sempre più come<br />
eventi <strong>di</strong> pop-culture che non come saloni commerciali;<br />
pensate all'espressione ‘PlayStation People’ coniata<br />
da Sony per identificare il popolo che videogioca. Or-<br />
se’ facili... perché far lievitare gli scarsi (?) costi creativi<br />
con il miraggio <strong>di</strong> risparmiare su quelli grafici? Un<br />
gioco <strong>di</strong> Wrestling me<strong>di</strong>ocre straccerà sempre nelle<br />
chart ogni ottimo Vib Ribbon per quanto pubblicizzato.<br />
Ahinoi.<br />
Gabriele Bugada<br />
bene, ciò che Sony sta facendo per allargare<br />
*davvero* il mercato è cercare <strong>di</strong> spogliare il videogioco<br />
<strong>di</strong> quell'abito nerdoso che ha indossato per decine<br />
d'anni, per rivestirlo del più trendy concetto <strong>di</strong> lifestyle:<br />
PlayStation come il cellulare, come il rock'n roll,<br />
come il grande calcio, come un'ottima birra. E allora<br />
perché non proseguire su questa strada? La promozione<br />
<strong>di</strong> prodotti come gli stylish game si coniuga perfettamente<br />
con quest'ottica. Perché se WWF Panda<br />
Wrestling non farà mai life-style, non faccio fatica ad<br />
immaginare i passi della Ulala <strong>di</strong> Space Channel 5<br />
sullo sfondo <strong>di</strong> un cocktail bar, così come le piroette a<br />
tempo <strong>di</strong> rock dei matti <strong>di</strong> SSX 3 proiettate tra una<br />
manche e l'altra sul grande schermo <strong>di</strong> un evento sciistico.<br />
Nulla <strong>di</strong> semplice, nulla <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ato. Solo una<br />
proiezione un poco ar<strong>di</strong>ta degli sviluppi <strong>di</strong> un fenomeno<br />
già in atto. D’altronde siamo <strong>Ring</strong>, mica il Gazzettino<br />
del Buongiorno Amalfitano.
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
cOLUMN 02: lAVORARE________________________________<br />
[Vox Mun<strong>di</strong>]<br />
<strong>di</strong> Nemesis Divina<br />
51<br />
09/02/22<br />
Ecco, quello sono io. Non fate caso al <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, e soprattutto non fate<br />
caso alla faccia, sono sempre così appena svegliato. Anche peggio,<br />
<strong>di</strong> solito. È piena notte ancora, vedete, è che gestisco un negozio<br />
e i miei clienti sono perlopiù canadesi.<br />
Mi chiamo Saturday Djouf e sono nigeriano. Non credo che avrei<br />
scommesso un cre<strong>di</strong>to sul fatto che sarei stato vivo, oggi.<br />
Quattro anni fa, fu un viaggio <strong>di</strong>sperato. Una jeep comprata a caro<br />
prezzo, si pianta in mezzo al deserto. Eravamo in sette quando partiamo<br />
a pie<strong>di</strong> fra le rocce rosse e secche, non avevamo molto da bere<br />
e niente da mangiare. Il primo che ci abbandonò lo seppelliamo<br />
sotto rami morti e sassi, il tempo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re una preghiera e ripartiamo.<br />
Quando muore il sesto, cade appena accanto a me e non ho la forza<br />
neanche <strong>di</strong> voltarmi. Era mio fratello.<br />
Arrivai a Napoli, dove c’era un amico. Mi ospitò una settimana, poi<br />
mi <strong>di</strong>ede un pacchetto da consegnare a dei tizi. Quando gli <strong>di</strong>ssi che<br />
io droga non la vendo mi cacciò <strong>di</strong> casa. Ero solo. Chiesi aiuto a ragazze<br />
del mio paese incontrate per strada, prostitute. Mi <strong>di</strong>edero un<br />
pranzo e mi lavai. Fecero una colletta per il treno, avrei provato a<br />
raggiungere mia sorella che era al Nord, spostata con un italiano.<br />
Non ci avrei mai sperato.. oggi ho un lavoro. Un lavoro che non<br />
sapevo nemmeno che esisteva.<br />
È un mondo strano, questo vostro. Da noi è più semplice mentre<br />
voi siete complicati. Ma imparo in fretta, sono ignorante ma non stupido.<br />
Raccontato non sembra vero.. quin<strong>di</strong> salto la parte inverosimile,<br />
solo quest’uomo aveva bisogno <strong>di</strong>sperato <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> e io avevo qualcosa<br />
da parte, con il lavoro della fonderia. Diceva che mi avrebbe<br />
venduto un negozio e voleva poco, in più mi dava anche un computer.<br />
Quando mi trovai con solo un computer davanti e un foglio <strong>di</strong> carta<br />
firmato non fui tanto contento. Oggi invece ringrazio il vostro mondo<br />
complicato, che s’inventa le cose anche dove non ci sono.<br />
Mi collego ogni notte, anche se volendo mi potete svegliare,<br />
bussando forte abbastanza e se ho le casse accese. Lavoro una<br />
decina <strong>di</strong> ore al giorno, davanti allo schermo. Il mio negozio <strong>di</strong> armi<br />
è uno dei più rinomati nella zona sotto Picco Bianco, questo grazie a<br />
Galder, un fabbro davvero abile che mi ha chiesto lavoro e devo<br />
ancora capire se è umano o un’AI. I guerrieri che si inoltrano nelle<br />
Dreadlands passano per forza <strong>di</strong> qui e qualcosa comprano sempre.. e<br />
vendono un sacco <strong>di</strong> oggetti quando ritornano, se ritornano. Molti<br />
oggetti sono cose magiche o preziose, ma loro non lo sanno perché<br />
fanno poca ricerca e pensano più che altro a salire <strong>di</strong> livello, mentre<br />
io so dove guardare e conosco un sacco <strong>di</strong> storie <strong>di</strong> quelle che mi<br />
raccontano i clienti.<br />
Non è così complicato da capire, in fondo. Il sol<strong>di</strong> all’inizio servono<br />
per comprare l’e<strong>di</strong>ficio e il pezzo <strong>di</strong> terra, poi la licenza presso il regnante<br />
(che è sempre un utente) e l’abbonamento del server e la<br />
tassa all’e<strong>di</strong>tore del gioco. Poi è tutto un ricircolo <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>ti, reali e<br />
virtuali, come nella Borsa, spostamenti nominali <strong>di</strong> risorse potenziali<br />
(cito a memoria), numeretti che solo muovendosi creano ricchezza.<br />
Gli utenti, i giocatori, investono un capitale me<strong>di</strong>o-basso e<br />
all’interno del gioco possono far sol<strong>di</strong> trovando tesori o con le commissioni<br />
delle AI. E state pur sicuri, i sol<strong>di</strong> che ci sono sparsi per il<br />
mondo finto non sono nemmeno la metà <strong>di</strong> quello che ci infilano i<br />
giocatori, quin<strong>di</strong> i produttori ci guadagnano sempre. E’ un buon sistema,<br />
almeno per adesso funziona. E io ci mantengo i miei in Nigeria.<br />
Quin<strong>di</strong> non so, siete strani, ma credo che dovrei ringraziare questo<br />
vostro mondo complicato.
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
pLAGUE 02: bINARI d’oDIO____________________________<br />
[Vox Mun<strong>di</strong>]<br />
<strong>di</strong> Gunny<br />
The Story so far<br />
52<br />
11/04/99<br />
«L’idea <strong>di</strong> doversi <strong>di</strong>fendere da un’aggressione esterna era e rimane<br />
un’ossessione basata sulla paura e sul pregiu<strong>di</strong>zio. Come la vostra<br />
stessa società e il vostro io sono basati sulla paura e sul pregiu<strong>di</strong>zio»<br />
sentenziò l’interfaccia <strong>di</strong>plomatica complessa Vox Mun<strong>di</strong>,<br />
che a partire dalla crisi del 2094 si occupava <strong>di</strong> tenere aperto un<br />
canale <strong>di</strong> comunicazione tra gli abitanti <strong>di</strong> Nu Gea e gli uomini.<br />
Con quelle parole Vox Mun<strong>di</strong> rese chiaro che Nu Gea, costituitasi<br />
nazione in<strong>di</strong>pendente nel ’97, non aveva alcun interesse ad interferire<br />
nella vita del mondo esterno. Le modellabili e riprogrammabili<br />
mura della città <strong>di</strong>gitale garantivano il sod<strong>di</strong>sfacimento <strong>di</strong> ogni<br />
desiderio dei suoi abitanti, che dal giorno dell’in<strong>di</strong>pendenza non<br />
conobbero mai un istante <strong>di</strong> guerra, paura o carestia. Alcuni storici,<br />
alla luce della <strong>di</strong>gitale perfezione raggiunta in pochi anni da<br />
quella che era stata la Disneyland del XXI secolo, ribattezzarono<br />
ironicamente la rivoluzione del 2094 ‘La Seconda Cacciata dal Para<strong>di</strong>so’.<br />
Gli abitanti <strong>di</strong> Nu Gea non conoscevano rancore o vendetta, e<br />
non nutrivano alcun sentimento aggressivo verso gli esseri umani.<br />
La loro intera società perseguiva l’utile collettivo, e avrebbe contemplato<br />
l’utilizzo <strong>di</strong> misure punitive solo se l’uomo lo avesse messo<br />
in pericolo.<br />
Privati del controllo assoluto delle maggiori reti informatiche, le nazioni<br />
tecnologicamente più avanzate accelerarono la costruzione <strong>di</strong><br />
una Seconda Internet. Decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> funzionari, statali o<br />
provenienti da organizzazioni private autorizzate, compivano ispezioni<br />
a tappeto allo scopo <strong>di</strong> scongiurare la possibilità che vi fosse<br />
un qualsiasi collegamento fisico tra i due immensi apparati informatici.<br />
La necessità <strong>di</strong> ricostruire da zero la rete informatica pose su un<br />
momentaneo piano <strong>di</strong> parità tecnologica L’Unione Europea, Gli Stati<br />
Uniti e il Blocco Russo-Cinese. L’assenza <strong>di</strong> un chiaro egemone<br />
portò ad una serie <strong>di</strong> frizioni tra i contendenti, tra i quali minacciò<br />
presto <strong>di</strong> scoppiare una nuova guerra.<br />
La crisi giunse al suo apice durante la seduta straor<strong>di</strong>naria delle<br />
Nazioni Unite del 12 gennaio.<br />
L’assoluta incompatibilità delle reciproche pretese non lasciava<br />
spazio a sviluppi <strong>di</strong> alcun tipo, tanto che già a metà dell’assemblea<br />
i coman<strong>di</strong> strategici dei vari blocchi ricevettero l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> preriscaldare<br />
l’arsenale missilistico. Le <strong>di</strong>rigenze politiche delle tre fazioni,<br />
private della rete satellitare dalla Rivoluzione, non avevano<br />
modo <strong>di</strong> valutare il grado <strong>di</strong> approntamento degli avversari, ed erano<br />
tutte intenzionate a tentare un first-strike non appena l’assemblea<br />
si fosse conclusa.<br />
La delegazione Russo-Cinese, spazientita, era ad un passo<br />
dall’abbandonare l’aula. Prima che ciò avvenisse, Vox Mun<strong>di</strong> chiese<br />
la parola al Presidente dell’Assemblea.<br />
«Conosco le intenzioni <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> voi» <strong>di</strong>sse con voce calma e<br />
neutra. Dopo alcuni attimi <strong>di</strong> silenzio, Vox Mun<strong>di</strong> espose tali intenzioni<br />
<strong>di</strong> fronte all’assemblea riunita. Enorme fu la vergogna dei delegati,<br />
la cui meschinità, <strong>di</strong>svelata in <strong>di</strong>retta olografica mon<strong>di</strong>ale,<br />
aveva minacciato <strong>di</strong> cancellare tanto il mondo fisico quanto quello<br />
informatico.<br />
Vox Mun<strong>di</strong> volle concedere un cre<strong>di</strong>to a quanto l’ingegno umano<br />
si era <strong>di</strong>mostrato capace <strong>di</strong> comprendere, e propose alla congrega-
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
zione l’utilizzo <strong>di</strong> una moderna applicazione della teoria dei giochi<br />
formata da John Nash più <strong>di</strong> 150 anni prima. In particolare,<br />
l’utilizzo <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>atore imparziale e onniveggente tra due parti<br />
incapaci <strong>di</strong> concludere un accordo.<br />
Vox Mun<strong>di</strong>, con tatto e pragmatismo, dettò alle nazioni le <strong>di</strong>rettive<br />
da seguire.<br />
Present Day<br />
Il capitano Nathan Wolcott controllò con una rapida occhiata il munizionamento<br />
stivato nel vano proiettili del suo carro armato<br />
XMBT. Qualche coglione, notò, doveva aver <strong>di</strong>menticato che la<br />
missione o<strong>di</strong>erna era caratterizzata da un’alta probabilità <strong>di</strong> incontro<br />
con reparti corazzati europei: i proiettili erano in massima parte<br />
anti-personale ad alto esplosivo.<br />
Ma era tar<strong>di</strong> per chiamare un carro d’appoggio. Ad un cenno, il<br />
plotone <strong>di</strong> quattro carri da 70 tonnellate balzò ruggendo in avanti,<br />
raggiungendo in un paio <strong>di</strong> minuti la phase-line delta.<br />
Un sordo e violento rumore proveniente dalla sua sinistra gli fece<br />
capire che la giornata era iniziata male. Il carro <strong>di</strong> sinistra era stato<br />
messo fuori combattimento da un proiettile decalibrato ad alta<br />
velocità, proveniente da chissà dove.<br />
«Jackson, formazione a cuneo, correzione a sinistra per duenove<br />
zero.»<br />
«Un secondo, capitano.»<br />
«Che c’è?! A sinistra per due-nove-zero!»<br />
«Ho dei problemi <strong>di</strong> lag, singore…»<br />
«Di lag? Ma che cazzo <strong>di</strong> connessione hai, un ADSL?»<br />
«No, è che ieri un mio amico…»<br />
«ATTENTO A DESTRA, JACKSON!!!»<br />
Il plotone carri francese emerse dall’ombra del bosco a massima<br />
velocità, piazzando imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong>versi colpi da 140mm sui<br />
mezzi statunitensi: nel giro <strong>di</strong> un minuti, dell’unità <strong>di</strong> Wolcott non<br />
rimase più nulla.<br />
Walcott scaraventò i guanti <strong>di</strong> controllo sul proiettore olografico e<br />
andò a rispondere al videotelefono, che da alcuni secon<strong>di</strong> suonava.<br />
«Wolcott, da oggi sei fuori dalla Quarta Divisione.»<br />
«Va bene, colonnello. Non sono portato per questa roba, evidentemente.<br />
Mi <strong>di</strong>spiace…»<br />
«Lo spero. La tua sconfitta <strong>di</strong> oggi significa che il governo americano<br />
deve all’Unione Europea quasi sei milioni <strong>di</strong> dollari, nonché un<br />
<strong>di</strong>screto volume <strong>di</strong> banda passante sulla Seconda Internet.»<br />
«Ma perché quegli stronzi <strong>di</strong> The World 3-Living Large devono<br />
decidere per noi le regole <strong>di</strong> questo stupido videogioco <strong>di</strong> guerra?»<br />
«E perché no? Noi lo abbiamo fatto con loro dai tempi del MOD<br />
Instincts per The World.»<br />
«Ed è l’unica ragione?»<br />
«No: l’altra è che noi siamo troppo stupi<strong>di</strong> per farlo da soli.»<br />
53
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
dAVIDE rEBORN parte 1 <strong>di</strong> 2 – fUORI oRARIO: cOSE (gIAMMAI) vISTE__<br />
[Il Davide Videolu<strong>di</strong>co DIECI]<br />
<strong>di</strong> Sator Egi<strong>di</strong>o<br />
«Nemesis posso fare il guest writer <strong>di</strong> un episo<strong>di</strong>o del Davide<br />
Videolu<strong>di</strong>co? Ho in mente una roba tipo Heroes Reborn.<br />
Giuro che sarò sfigato tanto quanto lo sei stato tu»<br />
Sator Egi<strong>di</strong>o<br />
Un dì andò che’l Davide svegliossi e repentino ritrovossi sul talamo a favellar<br />
pensieri <strong>di</strong>osantemente poco ortodossi pe’l suo abitu<strong>di</strong>nale trallallero mentale.<br />
«Un soffitto sconosciuto» parve <strong>di</strong>re fra sé e stesso mirando in suso.<br />
No, aspetta.<br />
«Uno sconosciuto sul soffitto» parve precisare il Davide fra sé e stesso,<br />
sempre mirando in suso, sempre sdraiato sul catafalco e sempre co’ una cadaverica<br />
espressione da vegetariano redento. Il Davide Videolu<strong>di</strong>co stava fissando<br />
lo specchio che la dolce Silvia aveva fatto installare sul soffitto per avere<br />
la como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> truccarsi a letto. Questa fu la spiegazione fornita.<br />
Ma quale imago riflessa andava rimirando il nostro er(r)o(r)e?<br />
Non certo la Silvia, per quanto fosse per molti davi<strong>di</strong>stici aspetti una sconosciuta.<br />
Non certo l’Egi<strong>di</strong>o, al momento presente solo in versione sudoripara:<br />
impresso sacrasindonicamente sulle lenzuola del capezzale davideo. Più vicino<br />
alla Silvi, che al Da<strong>di</strong>.<br />
No, no, no, no, no. Il Davide perscrutava proprio Il Davide stesso medesimo<br />
himself.<br />
Ora, il Davide <strong>di</strong> norma è così timido, ma così timido, che non riflettesi mai<br />
allo specchio per più <strong>di</strong> tre secon<strong>di</strong> perché non riesce a reggere nemmen il<br />
proprio sguardo. In codella circostanza invece i signori del guinness contarono<br />
netti <strong>di</strong>eci secon<strong>di</strong> <strong>di</strong> esposizione. Un record da pacca sulla fronte, fellatio<br />
accademica e svenimenti in sala. Doveva accadere un qualcheccosa <strong>di</strong> veramente<br />
consistente internamente al nostro ente.<br />
Per capirlo torniamo in<strong>di</strong>etro nel tempo <strong>di</strong> pochi minuti. Roba da nulla.<br />
Quella mattina, come ogni altra, il Davide stava eseguendo la perio<strong>di</strong>ca deframmetazione<br />
del cerebellum, un task che era solito schedulare poco prima<br />
<strong>di</strong> svegliarsi e che aveva rimpiazzato il mattutino lavaggio dentale. Siffatta<br />
operazione, per una cagione <strong>di</strong> quelle che o le accetti così come vengono oppure<br />
se ti metti a ragionarci su rischi <strong>di</strong> doventarci matto che ti devono <strong>di</strong><br />
portare allo Spedale nel pa<strong>di</strong>glione che tiene la gente <strong>di</strong>molto fuori <strong>di</strong> cavezza<br />
e che gira sporca e nuda per gli ambienti stile nido del cuculo hai presente<br />
l’in<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> quel film? Eh, tipo.<br />
Dicevamo siffatta operazione fece riaffiorare nel Davide un messaggio letto<br />
eoni or sono sul <strong>Ring</strong> Forum.<br />
Apriamo una parente.<br />
CONCERNING IL RING FORUM<br />
Scelto come miglior luogo <strong>di</strong> evasione dai carcerati <strong>di</strong> quattro prigioni su cinque,<br />
il <strong>Ring</strong> Forum è senz’altro un posto parecchiamente bellissimo, con messaggi<br />
<strong>di</strong>molto interessevoli e argomenti nientemai banali. E indove sono proibite<br />
tutte quelle te<strong>di</strong>ose e pacchiane immagini avatariane e signaturiane, colpevolmente<br />
presenti negli altri forum. Sapete bene a quali mi riferisco.<br />
Chiu<strong>di</strong>amo una parente.<br />
Il Davide si era iscritto al ringuforum mesi ad<strong>di</strong>etro. Aveva scelto come nickname<br />
la seconda parte del nome del suo gruppo rock preferito. Non aveva<br />
scelto la prima parte perché faceva troppo personaggio de Le Iene: un film<br />
che non aveva apprezzato, anche perché non aveva capito che erano tutti<br />
flashback.<br />
C’è da <strong>di</strong>re che i contributi del Davide nel <strong>Ring</strong> Forum non incontrarono il<br />
successo sperato. I deus ex machina <strong>di</strong> tale board, infatti, conservano un estremo<br />
rispetto per le opinioni <strong>di</strong> tutti, ma non per quelle troppo <strong>di</strong>fferenti<br />
dalle loro, che devono quin<strong>di</strong> essere ostacolate con tutti i mezzi possibili e<br />
imponibili.<br />
È questo il più bel retaggio lasciatoci dalla cultura occidentale.<br />
Ma orsù, ritorniamo al messaggio ritornato alla memoria del nostro affezionato<br />
rintronato (reperibile all’in<strong>di</strong>rizzo: www.project-ring.com/<strong>Ring</strong>Forum/<br />
viewtopic.php?t=650. Non è che c’inventiamo le robe).<br />
Le parole dell’autore Bitte risuonavano nella testa del protagonista come<br />
54
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
una band acustica in una stanza completamente vuota.<br />
«Allora premetto che sto attraversando una trasformazione <strong>di</strong> pensiero forse<br />
dovuta ai miei 31» premetteva il Bitte. «Il videogioco mi fa bene? Mi aggiunge<br />
piu <strong>di</strong> quello che mi toglie?» aggiungeva il bitte. «Il tempo usato (usato<br />
non perso) videogiocando è qualitativamente migliore o peggiore del tempo<br />
usato leggendo un libro, guardando un film o un documentario, o meglio,<br />
passando il tempo con altra gente, suonando, viaggiando, in pratica facendo<br />
esperienze reali?»<br />
Santa Maria del Carmine.<br />
Queste semplici parole sortirono nel Davide l’effetto <strong>di</strong> un controllo della Finanza<br />
alla Parmalat.<br />
Davanti al Davide Videolu<strong>di</strong>co trascorse tutta una vita videolu<strong>di</strong>ca.<br />
Nei momenti peggiori giocava con un Jaguar.<br />
Ritornò alla mente del Davide un Davide molto più piccolo che sbavava sulla<br />
sua primera console, che all’inizio i genitori mica gliela volevano comprare,<br />
quin<strong>di</strong> il Davide per protesta fece lo sciopero della cacca, e per quattor<strong>di</strong>ci<br />
giorni trattenne nel suo corpicino tutti gli scarti del quoti<strong>di</strong>ano mangiare, e la<br />
sua pancia si gonfiò a tal punto che i genitori si videro costretti a cedere alle<br />
richieste davidee, perché metti caso una notte il pargolo cascava dal letto,<br />
quello esplodeva e insaccherava <strong>di</strong> escrementi tutta la cameretta foppapedretti.<br />
Il Davide si scoprì nel suo letto a riflettere su cosa sarebbe accaduto se i<br />
genitori avessero tenuto duro per qualche giorno in più.<br />
SPLAT!<br />
Ma forse da tutto ciò sarebbe sortito fuori un Davide Videolu<strong>di</strong>co migliore:<br />
molto più Davide, e quasi per niente Videolu<strong>di</strong>co.<br />
E mentre rifletteva su queste cose sul suo letto, il Davide rifletteva anche<br />
allo specchio, e rifletti tu che rifletto anch’io, si rese conto <strong>di</strong> riflesso che non<br />
riconosceva la figura riflessa.<br />
Davide Videolu<strong>di</strong>co, chi era costui? Dove andava? Perché ci stava andando?<br />
Chi ce lo aveva mandato? E se Dio esiste, come mai permette che accadano<br />
tante cose brutte?<br />
Le conclusioni bittesche furono la proverbiale saetta in un terso cielo <strong>di</strong> aprile<br />
barra maggio.<br />
«Anno sabbatico?<br />
«Le con<strong>di</strong>zioni ci sono tutte, provare con l'astinenza, evitare qualsiasi tensione<br />
ottico tattica sonica per vedere l'effetto nel lungo periodo. Siamo stati<br />
creati per questo tipo <strong>di</strong> interazione sensoriale o per piantare pomodori nei<br />
campi?<br />
«Il tempo svela tutti i misteri.»<br />
È vero! pensò il Davide. Gli anni sabbatici sono una buona soluzione per<br />
tutto!<br />
Ed egli sapeva ciò che <strong>di</strong>ceva, visto che da anni si era preso un anno sabbatico<br />
con il sesso. Ma coi videogiochi non bastava. Non erano mica una cosa<br />
<strong>di</strong> poco conto come il sesso. Coi videogiochi bisognava essere bobbitiani. Un<br />
taglio netto… ZZAP! anzi… ZAC! e non se ne parla più.<br />
QUEL GIORNO IL DAVIDE SAREBBE RINATO!<br />
Si recò nel suo mitologico Mighty Buco <strong>di</strong> Merda. Accese il piccì, si collegò a<br />
internet e <strong>di</strong>s<strong>di</strong>sse tutto quello che si poteva <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cere: abbonamenti, or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />
acquisti, iscrizioni a newsgroup e forum, contratti per ingran<strong>di</strong>re il pene (e<br />
avere quin<strong>di</strong> la como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> urinare dalla poltrona <strong>di</strong> sala).<br />
Questa operazione unsubscribatoria durò tutta la mattina, proseguì per lo<br />
pomeriggio e si concluse a notte fonduta. Finita che fu, il Davide installò nel<br />
piccì un virus prodotto in Guatemala che, oltre a raschiar via ogni brandello <strong>di</strong><br />
informazione, appiccava il fuoco all’hard <strong>di</strong>sk. Successivamente riempì <strong>di</strong>versi<br />
scatoloni con la collezione completa <strong>di</strong> console e videogiochi prodotti dal 1958<br />
a oggi e la portò dai vicini, una famiglia <strong>di</strong> albanesi talmente impauriti per essere<br />
stati svegliati nel cuore della notte da un Davide totalmente fuori dalla<br />
grazia <strong>di</strong>vina, che accettarono il dono con fare assecondatorio.<br />
E adesso?<br />
A quel punto il Nostro, il pigiama <strong>di</strong> Pippo ancora indosso, i capelli acconciati<br />
coi rau<strong>di</strong> e un importante odore ascellare si chiese: «E adesso?»<br />
Uno stitico senso <strong>di</strong> vuoto avviluppò il protagonista <strong>di</strong> questa fantastica storia.<br />
Il Davide si sentì come se – concedetemi il paragone – al Davide Videolu<strong>di</strong>co<br />
avessero appena tolto i videogiochi.<br />
Che cosa gli rimaneva? Svuotato era l’intelletto <strong>di</strong> tutto ciò che voracemente<br />
aveva assimilato in questi anni: voci <strong>di</strong> corridoio, pagine <strong>di</strong> gamefaqs, immagini<br />
ingame che in seguito si rivelavano dei render. Il Davide non aveva<br />
più un’identità, un appiglio legale, un laccio emoziostatico.<br />
In questi casi i film insegnano che bisogna vagare pensierosi per le vie notturne<br />
della città fino a quando la situazione non si risolve da sola.<br />
E così il Davide fece.<br />
E il Davide vagava, vagava, vagaaava per deserte strade buie, colorate <strong>di</strong><br />
55
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
giallo a intermittenza dai semafori lampeggianti, dall’umido asfalto reso riflettente<br />
da un accenno <strong>di</strong> pioggerella acida, con del fumo <strong>di</strong> circostanza che fuoriusciva<br />
dai tombini <strong>di</strong> circostanza.<br />
Tanto vagò il Davide che si <strong>di</strong>sperse.<br />
Pensò <strong>di</strong> <strong>di</strong>mandare informazioni a qualche d’uno: una delle tante perdute<br />
anime errabonde nel ventre satollo <strong>di</strong> questa città sine anima né cartelli stradali,<br />
ma vi rinunciò. Troppo Shenmue.<br />
E fu mentre camminava random, sforzandosi <strong>di</strong> isolare un ricordo della sua<br />
infanzia non legato ai jeux video, che due tizi nerovestiti presero a camminargli<br />
a fianco come carabinieri con un ban<strong>di</strong>to. Però alla rovescia.<br />
«Pe’ tia è iddr’?» fece il tipo alla destra al tipo alla sinistra del Davide.<br />
«Pe’ mia è iddr’. E pe’ tia?» rispose questi.<br />
«Tch.»<br />
«Doman<strong>di</strong>amocillo pe’ sicurezza» concluse il tipo alla sinistra. Poi, rivolto al<br />
Davide: «Salutiamo. Non è che pe’ combinazione vossia si chiama Davide Videolu<strong>di</strong>co?»<br />
Prima <strong>di</strong> rispondere, il Davide valutò bene la situazione: due sconosciuti,<br />
vestiti <strong>di</strong> nero, con occhiali scuri, baffi sottili, una lupara a tracolla e un pesante<br />
accento siciliano.<br />
Okay, non c’è niente da temere.<br />
«Sono il Davide, sì!» gongolò il nostro più caro e ingenuo amico.<br />
I due afferrarono il Davide rispettivamente per l’orecchio sinistro e la natica<br />
destra e lo trascinarono per miglia e miglia, fino ad arrivare al porto, e più<br />
precisamente all’interno <strong>di</strong> un capannone apparentemente in <strong>di</strong>suso e completamente<br />
buio. Quivi il Davide fu lasciato.<br />
Passarono interminabili secon<strong>di</strong> <strong>di</strong> tangibile paura. O forse noia. Poi una luce<br />
si accese e il capannone si rivelò popolato da una masnada <strong>di</strong> uomini in<br />
nero. Da un varco apertosi nella masnada si fece avanti un basso e grasso<br />
uomo vestito <strong>di</strong> bianco, con un bastone da passeggio oltraggiato <strong>di</strong> rubini e<br />
un anello grosso come il… Ehm… È una cosa personale!<br />
«Chi siete?» gridò il Davide con fare isterico.<br />
«La Mafia-Yakuza siamo» rispose l’uomo in bianco.<br />
Il Davide non ci trovò niente <strong>di</strong> strano in questa fusione <strong>di</strong> organizzazioni<br />
criminali. Dopo Square-Enix, tutto era possibile.<br />
«Piacere, Davide.»<br />
«Ieo sugno ‘u Parrino Salvatore “Vlad” Takeda, e chisti li picciotti miei sono.»<br />
I picciotti fecero un educato inchino. Il Davide ricambiò il saluto e dette il<br />
suo biglietto da visita al Parrino, che lo prese con entrambe le mani e lo affidò<br />
a un picciotto portaborse.<br />
«Venimmo subito al dunque. Currìa voce che ti <strong>di</strong>siscrivesti da Xbox Live e<br />
noi, che curiamo i bisinisse <strong>di</strong> Microsoft ‘cca in Italia, male ci restammo. Picché,<br />
ci chie<strong>di</strong>mmo, picché ‘u Davide ce mancò de rispetto? Gli è forse stata<br />
colpa mia? Forse che ho deluso ‘u Davide in quacche modo?»<br />
«No, no, Parrino ma scherza? Non è assolutamente colpa sua» si affrettò a<br />
precisare il Davide, che capì <strong>di</strong> aver ferito un uomo.<br />
«Tu gentile sei a <strong>di</strong>cere accussì. Ma io uomo de bisinisse sugno, e ‘cuntari<br />
nun posso agli amerregani che nu picciotto fice a meno d‘u servizio Live.<br />
«Amerregani. E cu li capisce a chiddri? Nu iorno te cumannano <strong>di</strong> mettere i<br />
picciotti a travagliare come pierre nei me<strong>di</strong>auorlde pi obbligà ‘i clienti ad accattarsi<br />
‘u botolo, e l’altro te domandano <strong>di</strong> preparare i bundol a prezzi che<br />
nun stanno né rinta’u cielo né rinta’a terra. Che poi l’Amerrega veramente<br />
una terra strana gli è, ‘o sai? Tengono sort’i machine gran<strong>di</strong>, longhe, con <strong>di</strong>ecimila<br />
cavalli e le chiamano carr; tengono sticchi’i fimmene con zinne granni<br />
accussì e le chiamano uommene; tengono strade larghe tre, quattro, cinco<br />
corsie e le chiamano strit. E sei mai stato pe’i strit de Nuova Yokke? Miii<br />
quanti cazz’i cartelli con scritt “onne uai”. Uno non si può muovere che: “onne<br />
uai”, “onne uai”. Ma che miiinchia i’ fott’ a chisti onne uado ieo?»<br />
Il Davide fu come ipnotizzato dall’impianto accusatorio anti-americano del<br />
Parrino. Che cosa importava agli americani <strong>di</strong> dove andava un turista italiano?<br />
Vabbe’ l’un<strong>di</strong>ci settembre ma qui si esagera.<br />
«Posso chiedere a vostra malvagità che <strong>di</strong>sposizioni intende dare ai picciotti<br />
riguardo al mio futuro prossimo?»<br />
«E bravo ‘u Davide! Ieo quasi me dementicai della quistione tua. Pienza che<br />
stavo per farrete nu regalo e lasciarrete andar via!<br />
«Turiddu, Takeshi, pigghiate ‘stu picciotto e cafuddratelo rinta ‘o cemento<br />
fresco. Quando siccò abbastanza, ieccatelo a mare, ieppoi sparatecillo.»<br />
Il Davide non capì bene il suo destino. Doveva forse <strong>di</strong>ventare un muratore<br />
per conto della mafia? Fuori <strong>di</strong>scussione. Qui bisognava usare l’intelligenza<br />
superiore che madre natura a padre camionista gli avevano fornito e fuggire a<br />
konga battente.<br />
«Non sarebbe meglio se domattina mi faceste trovare una testa <strong>di</strong> cavallo<br />
nel letto?»<br />
56
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
Il Parrino guardò il picciotto portaborse, che allargò le braccia come a <strong>di</strong>re<br />
abbiamo finito le teste <strong>di</strong> cavallo, quin<strong>di</strong> si rivolse verso il Davide e <strong>di</strong>sse:<br />
«Tch».<br />
Piano B.<br />
«Ehi, guardate alle vostre spalle. C’è la Monica Bellucci <strong>di</strong> Malena!» gridò il<br />
Davide con in<strong>di</strong>ce puntato.<br />
«E cu se ne fott’?» <strong>di</strong>sse il Parrino.<br />
« …e – OH MIO DIO! – sta mangiando un piatto <strong>di</strong> pasta con le sarde!»<br />
Tutti si voltarono con espressione luculliana. Il Davide ne approfittò per<br />
fuggire da quel luogo in cui massacravano con tanta de<strong>di</strong>zione la lingua italiana.<br />
E il Davide correva, correva, correeeva per le deserte strade eccetera eccetera.<br />
E i piccioti lo inseguivano, lo inseguivano, lo inseguivaaano, alcuni a<br />
pie<strong>di</strong>, altri a bordo <strong>di</strong> un’automobile d’epoca presa forse dal set degli intoccabili.<br />
RATATATATATATATA, facevano i mitra dei picciotti nel silenzio della notte,<br />
ma senza onomatopee a schermo. Tuttavia il Davide, più scaltro <strong>di</strong> una liquerizia,<br />
trovò nascon<strong>di</strong>glio <strong>di</strong>etro a una Regata parcheggiata.<br />
I picciotti stavano quasi per rinunciare alla cerca quando il Davide si rese<br />
conto che si stava comportando proprio come in uno stealth game.<br />
Ah, la nicciana teoria dell’eterno ritorno.<br />
«GIAMMAI! Io ho chiuso con questa roba!» gridò il Davide alzandosi in pie<strong>di</strong><br />
con un pugno chiuso a in<strong>di</strong>care sicurezza nelle proprie azioni.<br />
«’u fitusu!» gridò un picciotto appiedato all’automobile mafiosa che si stava<br />
allontanando, e che non recepì l’all’armi. Il picciotto sparò quin<strong>di</strong> in <strong>di</strong>rezione<br />
Davidea alcune mandorle col suo mitra old times.<br />
I proiettili per fortuna – o per un colpo <strong>di</strong> mano del narratore – mancarono<br />
il Davide e andettero a infrangersi contro la Regata. Il nostro eroe si scoprì<br />
interessato al grado <strong>di</strong> interazione delle pallottole con lo scenario, sentendosi<br />
poi sporco dentro. Quin<strong>di</strong> scappò con le gambe <strong>di</strong> un Fondriest.<br />
Il picciotto gli corse <strong>di</strong>etro con le gambe <strong>di</strong> un fratello Abbagnale. Voltò<br />
l’angolo della strada e fece in tempo a scorgere il Davide che andava nascondendosi<br />
dentro un negozio. Vi entrò con fare alpacinico ma un xbox ben assestato<br />
sulla chiorba ri<strong>di</strong>mensionò <strong>di</strong> parecchio la sua recitazione.<br />
Il picciotto campeggiava ora a terra agonizzante. Il Davide ne approfittò<br />
per sederglisi sull’inguine, picchiandolo poi in testa con questa console fuori<br />
dalla grazia <strong>di</strong> pininfarina. Quin<strong>di</strong> sfogò trent’anni <strong>di</strong> rabbia repressa con un<br />
isterico: «F-figlio <strong>di</strong> puttana!»<br />
Non l’avesse mai detto. Il picciotto, oramai inerme, ebbe un moto d’ira.<br />
«Ie t’accid, te tagghio’a gola prima che to matri cuntari possa le corna <strong>di</strong> to<br />
patri, ‘o capisti?»<br />
La sua roborezza decuplicò. Le mani callose del picciotto scattarono sul collo<br />
davideo, che lasciò la presa dello xatolone e s’apprestò a rivedere il filmino<br />
della propria vita.<br />
Sono morto come ho vissuto, pensò. Con un picciotto accanto.<br />
Ogni riferimento all’Egi<strong>di</strong>o era puramente casuale.<br />
«Non. Muovete. Un solo. Muscolo» fece una voce da <strong>di</strong>etro.<br />
I due si voltarono e videro il bancone del negozio… E <strong>di</strong>etro al bancone un<br />
fucile a cannemozze… E <strong>di</strong>etro al fucile a cannemozze… Il Bitte.<br />
«Bitte, <strong>di</strong>obene<strong>di</strong>caiturnicontinuati!» cinguettò il Davide. «Spe<strong>di</strong>sci questo<br />
minchione nella terra degli agrumi da cui proviene!»<br />
Il Bitte si avvicinò ai due e, senza profferir parola, tirò il calcio del fucile in<br />
testa al picciotto e… pure al Davide?! Oh no!<br />
I due si risvegliarono minuti dopo in quello che doveva essere il sottoscala<br />
<strong>di</strong> Bitpower. Avevano i pie<strong>di</strong> informicoliti, le mani legate <strong>di</strong>etro alla se<strong>di</strong>a e<br />
una strana palla rossa inserita nella bocca.<br />
Il Bitte apparve indossando un fetishoso completino in pelle e una katana<br />
che lasciava ben poco all’immaginazione.<br />
«Bene, bene, bene» <strong>di</strong>sse. «Siete venuti nel mio negozio, nel mio tempio<br />
videolu<strong>di</strong>co, a scannarvi come animali, senza nemmeno dare un’occhiata alla<br />
merce esposta. Io pertanto vi domando: siete voi dei videogiocatori?»<br />
«Mprf mphf mphst!» <strong>di</strong>sse il picciotto.<br />
Il Bitte tolse la costrizione dalla bocca dei due soggetti. Sennò qui facciamo<br />
mattina.<br />
«Ieo sì, ieo sì!» ribadì il picciotto. «Fifa novantotto! Tomb Rider! Laura Crawford!<br />
Miiii sticchio’i fimmena che zinne che c’have…»<br />
«Tu, picciotto, mi sembra <strong>di</strong> capire che sei un hardcore gamer, e questo<br />
depone a tuo favore. Ma ora ti domando: non giocherai mica coi giochi pirata,<br />
vero?»<br />
Il picciotto rimase un attimo interdetto. «Niente vi<strong>di</strong> e niente saccio!»<br />
Con un secco fendente <strong>di</strong> katana, il Bitte spiccò via un orecchio dal picciotto.<br />
«AAAAH! Scusasse! Colpa mia non fu! C’este l’amico mio, Totò, che c’have<br />
emule collegato tutt ‘o iorno! UUUEEH! Troppo nicu sugno pi’ murire!»<br />
57
:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />
Ma il Bitte si era <strong>di</strong>sinteressato del mutilato della trinacria, e rivolgendosi al<br />
Davide: «Mi è arrivata la tua <strong>di</strong>sdetta dell’or<strong>di</strong>ne dei Tokimeki Memorial. È vero<br />
quello che si <strong>di</strong>ce in giro che hai abbandonato la retta via dell’otaku videoludens?»<br />
«Mprf mphf mphst!» rispose il Davide, che non aveva più il bavaglio alla<br />
bocca, ma che non riusciva ugualmente a parlare per la strizza.<br />
Il Bitte leccò il sangue del picciotto dalla lama, poi <strong>di</strong>sse: «È colpa vostra se<br />
il mercato dei videogiochi non va come dovrebbe. Voi non avete idea dei margini<br />
<strong>di</strong> guadagno sempre più ristretti. Voi non capite quanti e quali danni<br />
hanno arrecato l’euro e l’un<strong>di</strong>ci settembre. E io con la mia attività devo mantenere<br />
una famiglia, lo capite? E la mia famiglia è la cosa più importante che<br />
ho.»<br />
«Anche la mia famigghia importante gli è pe’ mia!» gridò il picciotto.<br />
«E io voglio bene a tutte e due le vostre famiglie!» incalzò il Davide in un<br />
ratto <strong>di</strong> fratellanza mista a piaggeria; quadagnandosi tra l’altro la stima del<br />
picciotto.<br />
«Bene. Sono contento che, alla fine, ci siamo compresi a vicenda» <strong>di</strong>sse il<br />
Bitte.<br />
Il Davide e il picciotto si sentirono sollevati.<br />
«E ora, chi <strong>di</strong> voi due mi farò per primo?»<br />
Il Davide e il picciotto stralunarono sobbalzanti.<br />
Un rapido ma drammatico ambarabaccicciccoccò selezionò il concorrente<br />
della Sicilia, che fu condotto dal Bitte nello stanzino a<strong>di</strong>acente.<br />
Grida.<br />
Grida <strong>di</strong>sperate e lascive si sollevarono da <strong>di</strong>etro la parete. Grida che non<br />
appartenevano a questo mondo.<br />
Il Davide sudava estathè. Entro breve sarebbe stato il suo turno. E sudava<br />
talmente che la sua pelle, già unta e bisunta <strong>di</strong> norma, si fece talmente elastica<br />
da far cadere a terra i lacci ai polsi.<br />
Quin<strong>di</strong>ci minuti dopo il Davide se n’accorse, si liberò le caviglie e risalì le<br />
scale <strong>di</strong> quel luogo <strong>di</strong> per<strong>di</strong>zione. Per riveder le stelle.<br />
Risalite le scale che furono, il Davide interruppe la fuga.<br />
Da sotto arrivavano cadenzati «Sì!» e strilli dall’accento siciliano.<br />
Il Davide si scoprì titubante. Non poteva andarsene così. Non era giusto.<br />
Era a un passo dal provare la sua prima esperienza omoerotica, e il Bitte<br />
era pure un bel pezzo <strong>di</strong> manzo, proprio un bel pezzo <strong>di</strong> manzo, sì.<br />
Ma la paura <strong>di</strong> essere trovato dal party <strong>di</strong> picciotti ancora <strong>di</strong> ronda ebbe il<br />
sopravvento. Il Davide uscì <strong>di</strong> gran carriera dal negozio e prese a correre come<br />
mai aveva corso in vita sua.<br />
Corri Davide Videolu<strong>di</strong>co, corri! Corri verso mille avventure in una notte che<br />
non finirà tanto velocemente!<br />
Arrivato alla piazza senza nome della città senza nome, il running Davide si<br />
fermò a traspirare. E mentre la milza ritornava dai suoi propositi <strong>di</strong> suici<strong>di</strong>o, il<br />
Davide scorse due luci, due occhi <strong>di</strong>abolici, accendersi in un oscuro vicolo scuro<br />
che dava sulla piazza.<br />
Un’automobile.<br />
L’invenzione del momento, pensò il Davide.<br />
Per la precisione una Honda S2000.<br />
Il mio personaggio preferito <strong>di</strong> Street Fighter, pensò il Davide.<br />
L’automobilista misterioso, celato alla vista dal nero vetro dell’auto sollevantica,<br />
mise in prima et eiaculò fuori dal vicolo, poi fece un taccopunta nel<br />
centro della piazza e l’auto prese a zuzzurellare in circolo, fermandosi quando<br />
i fari si allinearono con gli occhi del Davide, che subito rivolse lo sguardo altrove.<br />
Ah, la timidezza.<br />
L’automobilista misterioso, superno spirto nel guscio della Honda, lanciò un<br />
HIII HAAA! L’Honda ruggì, scalciò, petò, ruzzolò, poi fece mieeeeeee e si <strong>di</strong>resse<br />
a tutta spe<strong>di</strong>tezza in <strong>di</strong>rezione dello z-targettato Davide.<br />
Il cui Davide, ancora irrigi<strong>di</strong>to e vermiglio in volto per l’esposizione all’altrui<br />
sguardo, nemmeno tentò <strong>di</strong> <strong>di</strong>singaggiarsi dal lock-on. E mentre l’impatto doventava<br />
imparabile, tutta la vita gli passiede davanti agli occhi.<br />
Nei momenti peggiori faceva sesso.<br />
[continua]<br />
58