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Ring 010 - Parliamo di Videogiochi

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:RUBRICHE: <strong>Ring</strong>#10<br />

The Ivory Tower – Presentazione<br />

Ogni mese, un membro della DiGRA (Digital Games Research Association)<br />

esprimerà in questo spazio i suoi pensieri, le sue riflessioni, le sue scoperte.<br />

Gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> queste persone, coinvolte in modo <strong>di</strong>verso nel mondo dei<br />

game stu<strong>di</strong>es o nell’indu-stria del videogioco propriamente detta, saranno<br />

uno spunto per arricchire i nostri <strong>di</strong>battiti e per crearne <strong>di</strong> nuovi.<br />

La IGDA (www.igda.org) (International Game Developers Association),<br />

da sempre impegnata nello stu<strong>di</strong>o del videogame, ha acconsentito alla pubblicazione in lingua italiana su <strong>Ring</strong> <strong>di</strong> questi articoli <strong>di</strong> loro<br />

proprietà. <strong>Ring</strong>raziandoli ancora una volta, ci auguriamo che le nostre pagine siano degne della passione che la IGDA nutre per il proprio<br />

lavoro.I riferimenti ad altri autori mai citati nelle nostre pagine abbiamo preferito lasciarli così com’erano, in modo da stimolare la<br />

curiosità <strong>di</strong> chi volesse approfon<strong>di</strong>re l’argomento.<br />

Il primo numero <strong>di</strong> The Ivory Tower lo de<strong>di</strong>chiamo a questo pezzo scritto da Espen Aarseth nel Luglio del<br />

2003. Aarseth è una figura chiave per i game stu<strong>di</strong>es: il giornale <strong>di</strong> cui è <strong>di</strong>rettore, chiamato a scanso <strong>di</strong> equivoci<br />

Game Stu<strong>di</strong>es (www.gamestu<strong>di</strong>es.org), è un punto <strong>di</strong> riferimento per chiunque cerchi testi autorevoli e<br />

stimolanti. Lavora al Centre for Computer Games Research della IT University <strong>di</strong> Copenaghen (game.itu.dk/)<br />

come ricercatore e professore.<br />

In questo articolo Aarseth si interroga sul rapporto che dovrebbe esistere tra industria del videogioco e accademia,<br />

e soprattutto su quali sono i reali obiettivi <strong>di</strong> quest’ultima. Da questo nasce un’interessante interrogativo:<br />

per stu<strong>di</strong>are collettivamente qualunque oggetto è necessario un linguaggio con<strong>di</strong>viso dagli stu<strong>di</strong>osi, ma per<br />

lo stu<strong>di</strong>o del videogioco, dov’è il vocabolario comune? Chi lo può creare? Chi davvero ne ha bisogno? E, soprattutto,<br />

è necessario? Un tema <strong>di</strong> importanza vitale per una ricerca a livello universitario che voglia essere produttiva,<br />

ma che si porta dentro delle considerazioni valide per chiunque voglia parlare <strong>di</strong> videogiochi: come facciamo<br />

ad esporre le nostre teorie, se ogni parola può essere fraintesa? Come facciamo ad essere sicuri che<br />

stiamo parlando la stessa lingua?<br />

aBBIAMO bISOGNO dI uN lINGUAGGIO cOMUNE?___________<br />

[The Ivory Tower #1]<br />

<strong>di</strong> Espen Aarseth<br />

____Due industrie, due culture?<br />

In questa rubrica e altrove<br />

(www.igda.org/articles/msakey_lan<br />

guage.php) si è <strong>di</strong>scusso molto su<br />

come l’accademia e l’industria possano<br />

cooperare traendone beneficio<br />

reciproco. Sono stati proposti molti<br />

buoni suggerimenti e, benché alcuni<br />

<strong>di</strong> questi non abbiano avuto seguito,<br />

hanno aiutato gli uni a capire<br />

meglio i bisogni e i desideri degli<br />

altri. Un errore comune, io credo, è<br />

quello <strong>di</strong> pensare alle due parti come<br />

monolitiche: “l’industria”, come<br />

un gigante anti-intellettuale carico<br />

<strong>di</strong> sol<strong>di</strong> e dotato <strong>di</strong> scarsa apertura<br />

mentale, e “l’accademia” dall’altro<br />

lato come una congrega <strong>di</strong> autocompiacenti<br />

pippaioli coi paraocchi.<br />

L’Accademia non è altro che un’industria,<br />

con obiettivi <strong>di</strong> produzione<br />

a breve termine (i cre<strong>di</strong>ti degli studenti),<br />

competizione per le percentuali<br />

<strong>di</strong> mercato, lancio <strong>di</strong> prodotti<br />

(nuovi corsi) ogni sei mesi e, se<br />

siamo molto fortunati, un pizzico <strong>di</strong><br />

ricerca creativa alla fine del giorno<br />

o (più probabile) nei nostri residui<br />

<strong>di</strong> tempo. Ma mentre l’industria <strong>di</strong><br />

videogiochi è sul mercato da alcune<br />

deca<strong>di</strong>, l’industria accademica del<br />

videogioco ancora non esiste davvero.<br />

Stiamo inventando noi stessi.<br />

Le migliori teorie sui giochi là fuori<br />

sono ancora quelle <strong>di</strong> Richard Bartle<br />

e Harvey Smith. Ma dateci un paio<br />

<strong>di</strong> secoli, e vi daremo il nostro Einstein.<br />

Credetemi, accadrà.<br />

La citazione sulle pratiche masturbatorie<br />

è rubata dalle note <strong>di</strong><br />

chiusura <strong>di</strong> Ernest Adams (www<br />

.igda.org/academia/IGDA_2003_Ac<br />

ademic_Summit_ErnestSummary.<br />

pdf) all’Accademic Summit (www.<br />

igda.org/academia/events.php) del<br />

Game Developers Conference <strong>di</strong><br />

quest’anno, dove il Sig. Adams, col<br />

fascino del suo penetrante, arguto,<br />

ma pur sempre amabile cappello a<br />

cilindro, ci ha ammonito (noi accademici)<br />

<strong>di</strong> non <strong>di</strong>ventare come gli<br />

stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> letteratura:<br />

«Per quelli tra voi che vengono<br />

dalla critica letteraria e teatrale: se<br />

fate a questo me<strong>di</strong>um quello che<br />

avete fatto alla letteratura e al teatro,<br />

allora i rapporti tra <strong>di</strong> noi terminano<br />

qui».<br />

Per quanto sia facile capire e<br />

persino con<strong>di</strong>videre il sentimento<br />

<strong>di</strong>etro questo severo ammonimento<br />

(chi, dopo tutto, ama gli accademici<br />

coi paraocchi? – Probabilmente neanche<br />

le loro stesse madri), questa<br />

volta mi pare che il mio guru videolu<strong>di</strong>co<br />

preferito, mentre cercava <strong>di</strong><br />

fare un rocket jump, si è fraggato<br />

sparandosi sui pie<strong>di</strong>.<br />

Uno sguardo più attento alla storia<br />

della letteratura, dal dramma Greco<br />

a Stephen King, rivela un forte beneficio<br />

reciproco, nel quale la teoria,<br />

la scrittura, l’insegnamento, e<br />

la preparazione dei testi vanno mano<br />

nella mano. Certo, c’è o<strong>di</strong>o e<br />

amore, come in ogni lungo e fecondo<br />

matrimonio. Ma nel lungo termine<br />

(i prossimi duemila anni <strong>di</strong> critica<br />

e produzione <strong>di</strong> videogiochi)<br />

44<br />

possiamo fare molto peggio che<br />

copiare la relazione simbiotica tra<br />

critica letteraria e scrittura creativa.<br />

Bisogna prestare attenzione all’avvertimento<br />

<strong>di</strong> Adams contro il gergo<br />

auto compiacente e non comunicativo,<br />

ma giornali come Game Stu<strong>di</strong>es<br />

hanno trattato la questione<br />

sin dall’inizio. Il fatto che Game<br />

Stu<strong>di</strong>es abbia ricevuto per questa<br />

politica delle aspre critiche da altri<br />

accademici, come in una recente<br />

<strong>di</strong>scussione tra i membri della Di-<br />

GRA, è <strong>di</strong> sicuro un segno <strong>di</strong> buona<br />

salute. Inoltre mostra che così come<br />

l’industria assume <strong>di</strong>verse forme,<br />

<strong>di</strong>mensioni, e adotta <strong>di</strong>verse<br />

agende, altrettanto fanno anche i<br />

ludoaccademici.<br />

_____Un Linguaggio Universale<br />

Parlando <strong>di</strong> gergo, è stato suggerito<br />

da Ernest Adams e altri che un<br />

modo con cui gli accademici potrebbero<br />

rendersi utili è sviluppare<br />

un linguaggio comune, un vocabolario<br />

con<strong>di</strong>viso che l’industria potrebbe<br />

usare per standar<strong>di</strong>zzare i<br />

propri documenti <strong>di</strong> design e le comunicazioni<br />

quoti<strong>di</strong>ane. Questo<br />

sembrerebbe un buon progetto accademico,<br />

ma lo è davvero? Come<br />

Janet Murray ha sottolineato<br />

nell’articolo del mese scorso (Ivory<br />

Tower del Giugno2003, NdT), la ricerca<br />

accademica non si occupa <strong>di</strong><br />

raggiungere il consenso tra tutti, si<br />

occupa <strong>di</strong> produrre conoscenza, e<br />

questa significa tanto accor<strong>di</strong> quanto<br />

<strong>di</strong>saccor<strong>di</strong>. Dopo duemila anni <strong>di</strong>

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