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Ring 099 - Parliamo di Videogiochi

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deguata riproposizione <strong>di</strong> qualcosa che si era già<br />

visto su scala più vasta <strong>di</strong>versi anni or sono. La<br />

mappa tattica (tasto ‘menu’) è uno strumento puramente<br />

contemplativo, considerando che la coor<strong>di</strong>nazione<br />

delle unità controllabili si effettua sempre<br />

durante l’azione vera e propria.<br />

L’intelligenza artificiale si attesta su <strong>di</strong>screti livelli:<br />

nessuno compie miracoli, ma nessuno fa fesserie. I<br />

compagni cercano riparo ogni volta che è loro possibile,<br />

ma si <strong>di</strong>mostrano abbastanza utili anche<br />

mentre seguono Baker in un assalto all’arma bianca.<br />

Le truppe naziste tendono a conservare la posizione<br />

fino all’annientamento, e anche quando attaccano<br />

non sono certo dei fulmini <strong>di</strong> guerra; lo<br />

stesso vale per i carri armati, che si lasciando comodamente<br />

scalare e imbottire <strong>di</strong> bombe a mano.<br />

Scricchiola un po’, il ‘realismo innanzitutto’, quando<br />

il protagonista compie <strong>di</strong>eci giri trotterellando<br />

attorno ad un Panzer che non riesce a puntargli il<br />

cannone addosso, e continua goffamente a ruotare.<br />

Il <strong>di</strong>scorso sulla limitata scala tattica dell’azione<br />

va applicato anche alla mobilità. Lo scenario è un<br />

puzzle che offre sempre una ridotta gamma <strong>di</strong> ragionevoli<br />

soluzioni. Non è un fronte bellico in continuo<br />

mutamento, è il livello <strong>di</strong> un videogioco che<br />

nel 2005 deve guardare ancora in faccia i suoi limiti,<br />

laddove un noto gioco del 2001 questi limiti li<br />

aveva ampiamente aggirati. Alle volte, le limitazioni<br />

al peregrinare appaiono poco plausibili (un torrente<br />

chiaramente attraversabile per aggirare una<br />

posizione MG42; una staccionata parzialmente<br />

spezzata alta non più <strong>di</strong> 30 centimetri da terra).<br />

GTA non ci ha viziati, e non sentiamo il bisogno<br />

<strong>di</strong> un GTA bellico: non ne abbiamo bisogno non<br />

perché l’idea sia abominevole, ma perché quel noto<br />

gioco del 2001 ha già sod<strong>di</strong>sfatto qualunque assurda<br />

fantasia potessimo nutrire. Sempre sia lodato<br />

Operation Flashpoint, profeta inascoltato. Se<br />

<strong>Ring</strong> ci fosse stata, gli avrebbe forse conferito la<br />

sua ambita ‘S’. Ma torniamo ai nostri parafratelli.<br />

Di fronte ad una miscellanea <strong>di</strong> influenze <strong>di</strong>luite<br />

(un Call of Duty senza la sua azione <strong>di</strong> massa; un<br />

Full Spectrum Warrior senza il suo realismo tattico;<br />

un Operation Flashpoint senza il suo illimitato<br />

problem-solving), il rischio è quello <strong>di</strong> un prodotto<br />

totalmente anonimo. Rischio in parte<br />

scongiurato dai quei dettagli <strong>di</strong>stintivi cui si accennava<br />

poc’anzi. Dettagli in massima parte orientati<br />

ad una rappresentazione realistica della con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> soldato: l’assenza della croce <strong>di</strong> puntamento impone<br />

<strong>di</strong> fermarsi e fare uso degli organi <strong>di</strong> mira<br />

delle armi per mettere a segno i propri colpi. Colpi<br />

che peraltro si riveleranno assai imprecisi se il giocatore<br />

non si trova in posizione inginocchiata.<br />

Il realismo dei danni: un paio <strong>di</strong> colpi ben assestati<br />

sono sufficienti a stendere ogni nemico, così<br />

come tre/quattro proiettili bastano a causare la<br />

morte <strong>di</strong> Baker. La <strong>di</strong>fficoltà del gioco è già considerevole<br />

a livello normale; a livello <strong>di</strong>fficile o reale,<br />

l’accresciuta vulnerabilità e il grande volume <strong>di</strong><br />

fuoco generato dagli avversari trasformano ogni<br />

movimento esposto in una angosciante roulette<br />

russa. Come è giusto che sia, in un gioco che intende<br />

narrare quanto abbiano rischiato e sofferto<br />

quei soldati piovuti dal cielo.<br />

L’esperienza si chiude con una contrad<strong>di</strong>zione:<br />

senza voler entrare nei dettagli narrativi,<br />

l’atmosfera da trage<strong>di</strong>a annunciata che si respirava<br />

fino alla penultima missione mal s’accosta ai toni<br />

retorici e fracassoni del filmato conclusivo. Viene<br />

quin<strong>di</strong> da chiedersi se la consapevolezza con cui<br />

molti (americani?) si vantano <strong>di</strong> trattare il tema<br />

bellico sia effettivamente tale. L’impressione è che<br />

questi ‘molti’ ritengano sufficiente una robusta dose<br />

<strong>di</strong> scene violente (e in Brothers in Arms non<br />

mancano, dall’headshot con schizzo alla pizza<br />

margherita in cui si trasforma uno dei componenti<br />

della squadriglia durante un attacco aereo) e qualche<br />

spruzzatina <strong>di</strong> pessimismo/lieve introspezione<br />

per giu<strong>di</strong>care la propria una trattazione ‘matura’<br />

della guerra. Se qualcuno riferisse al sottoscritto<br />

che nelle menti <strong>di</strong> questi ‘molti’ perlomeno un dubbio<br />

esiste, il sottoscritto ne sarebbe alquanto sollevato.<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> queste considerazioni, Brothers in<br />

Arms è un’esperienza valida, impegnativa e a tratti<br />

emozionante, sorretta da un gameplay piacevole,<br />

da scelte coerenti, da una Norman<strong>di</strong>a molto ben<br />

ricostruita (le colline ondulate, le chiesette gotiche,<br />

le inconfon<strong>di</strong>bili bocages che <strong>di</strong>vidono i campi e le<br />

stra<strong>di</strong>ne) e da un multiplayer ben supportato. Non<br />

vi è una ragione particolare che imponga <strong>di</strong> preferirlo<br />

ai suoi rivali, ma non vi è nemmeno un motivo<br />

che suggerisca ai wargamers <strong>di</strong> lasciarlo sullo scaffale.<br />

VOTO: S A B C D<br />

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