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Ring 099 - Parliamo di Videogiochi

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POLYGONS KILLED THE BITMAP STARS<br />

<br />

<strong>di</strong> Marco Benoît Carbone<br />

http://marcobenoit.blogs.com<br />

L’<br />

abbandono della rappresentazione bi<strong>di</strong>mensionale<br />

in favore dell’utilizzo dei poligoni è<br />

una verità storica nelle vicende espressive<br />

del gioco elettronico. Per questo, le recriminazioni<br />

dei nostalgici ra<strong>di</strong>cali su quello che il 2D avrebbe<br />

ancora potuto esprimere non andrebbero rigettate<br />

in toto come vacui sentimentalismi. In parte, è vero<br />

che il 2D avrebbe potuto dare molto <strong>di</strong> più. La<br />

violenta frattura tecnica determinatasi a metà dei<br />

novanta, con l’adozione progressiva del 3D, ha<br />

provocato un lento ma inesorabile tramonto delle<br />

tecniche <strong>di</strong> rappresentazione bitmap, con il conseguente<br />

abbandono <strong>di</strong> interi generi che proprio su<br />

queste formule espressive si erano costituiti. Molti<br />

<strong>di</strong> questi non sono riusciti a re-innestarsi in formule<br />

basate su rappresentazioni poligonali. In questo<br />

momento alcuni generi “classici” dell’era bi<strong>di</strong>mensionale<br />

sono praticamente scomparsi dal mercato,<br />

come i brawlers a scorrimento orizzontale. Oppure,<br />

se si sono mantenuti fedeli alle proprie tra<strong>di</strong>zioni e<br />

meccaniche 2D pur componendosi <strong>di</strong> poligoni<br />

(Contra: Shattered Sol<strong>di</strong>ers, Gra<strong>di</strong>us V…), sono<br />

<strong>di</strong>ventati fenomeni da baraccone underground per<br />

pochi freaks del pollice fumante, ignorati dai cosiddetti<br />

casual gamers e così inattuali rispetto allo<br />

zeitgeist videolu<strong>di</strong>co da risultare inadatti persino<br />

ad avvicinarsi ai posti alti delle classifiche.<br />

Beninteso, il 2D in senso lato esiste ancora. Tanto<br />

per cominciare lo schermo è piatto. Per quanto<br />

triviale possa suonare questa osservazione, andrebbe<br />

ricordato che gli ambienti 3D capaci <strong>di</strong> far<br />

spostare la testa insieme al controller nell’illusione<br />

del varco della soglia sono ancora molto rari. C’è<br />

poi da osservare che tantissime meccaniche lu<strong>di</strong>che<br />

e svariati generi sfruttano ancora un modello<br />

<strong>di</strong> interazione del tutto bi<strong>di</strong>mensionale nella concezione<br />

della fisica, salvo poi non produrlo esteticamente<br />

per matrici <strong>di</strong> punti. Infine c’è la questione<br />

del texture mapping, che è e rimane bitmap. Insomma,<br />

le tecniche grafiche a mappa <strong>di</strong> punti hanno<br />

perso la centralità nella costruzione dell’ambiente<br />

come coor<strong>di</strong>nate X e Y, e con questa concezione<br />

si sono inari<strong>di</strong>ti interi approcci lu<strong>di</strong>ci; eppure,<br />

nell’ingresso nella <strong>di</strong>mensione Z, le stesse tecniche<br />

sono tornate utili per nuovi usi e consumi. In fondo,<br />

però, anche l’estetica 2D continua a esercitare<br />

un fascino evidente in remake ed esperimenti <strong>di</strong><br />

varia natura. Per non parlare, poi, del “ritorno al<br />

2D” dell’abusatissimo Cel Sha<strong>di</strong>ng: la <strong>di</strong>mostrazione<br />

contemporanea e insieme in<strong>di</strong>scutibilmente atemporale<br />

del fascino della linea non fotorealistica,<br />

dell’impressione <strong>di</strong> volumi essenziali.<br />

Su tutto questo si potrebbe <strong>di</strong>re moltissimo. Qui<br />

si riporterà solo il modo in cui Nintendo abbia “riflettuto”<br />

su questa transizione, portando 2D e 3D<br />

allo scontro pur nel rispetto <strong>di</strong> una transizione storicamente<br />

inarrestabile. Non c’è soltanto il fatto<br />

che il GBA abbia favorito un ritorno, in versione<br />

portatile, al 2D in cui Nintendo eccelleva. Su questa<br />

console il bi<strong>di</strong>mensionale non ha espresso altro<br />

che remake, compilation, pastiche e risciacqui <strong>di</strong><br />

meccaniche <strong>di</strong> gioco classiche o poco ispirate, viziate<br />

generalmente dall’atteggiamento in stile “fi-<br />

niamolo presto e facile” o “mettici su due extra e<br />

riutilizziamolo” della gran parte <strong>di</strong> questa generazione<br />

<strong>di</strong> produttori (e consumatori). Su un <strong>di</strong>verso<br />

piano produttivo, al contrario, fatto <strong>di</strong> una lunga<br />

storia <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> estetici, Nintendo ha prodotto teoria<br />

giocabile dello scontro tra i due para<strong>di</strong>gmi. Per<br />

carità, senza arrivare a uno statuto riflessivo dalla<br />

portata veramente artistica: eppure, avvicinandosi<br />

quantomeno a un <strong>di</strong>scorso artistoide. Il percorso<br />

inizia in era 16bit. Il 3D <strong>di</strong> Nintendo era ancora da<br />

venire: i poligoni erano sperimentazione laterale in<br />

StarFox o presenza aleggiante e minacciosa <strong>di</strong><br />

altre compagnie. Il punto <strong>di</strong> arrivo <strong>di</strong> questo processo,<br />

invece, una decina <strong>di</strong> anni dopo, è in Paper<br />

Mario 2 per GameCube. Nel corso <strong>di</strong> questi anni si<br />

può tracciare una piccola storia della grafica ninten<strong>di</strong>ana,<br />

dall’epoca del suo impero al tracollo sotto<br />

la tirannia poligonale.<br />

Ora, su questo piccolo contributo per <strong>Ring</strong>: il<br />

pensiero statistico e quantitativo non solo non mi<br />

si ad<strong>di</strong>ce, ma non appartiene alla critica degli stili.<br />

Nella sua forma impoverita, poi, rischia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare<br />

citazionismo superficiale, una costellazione impressionistica<br />

<strong>di</strong> dati ammassati senza un significato<br />

comune, sparati <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente come sfoggio<br />

<strong>di</strong> conoscenza. Quin<strong>di</strong>, nessuno me ne voglia se a<br />

questo approccio – barocco, forse, nei contenuti -<br />

sostituisco una breve e asistematica rassegna su<br />

episo<strong>di</strong>-chiave privi <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà universale, eppure<br />

legati da elementi <strong>di</strong> continuità del tutto evidenti<br />

nel percorso ninten<strong>di</strong>ano (e, ovviamente, non solo<br />

ninten<strong>di</strong>ano). Un’ultima avvertenza. Un’analisi più<br />

sistematica su questo tema dovrebbe andare alla<br />

ricerca, nei cre<strong>di</strong>ti e con le interviste, delle persone<br />

reali che hanno determinato queste scelte espressive:<br />

cosa, questa, che non ho la minima intenzione<br />

<strong>di</strong> affrontare senza le risorse e gli strumenti adeguati.<br />

Nell’attesa che la storia dei videogiochi si<br />

possa leggere in facili, trasparenti, esaustive, pubbliche<br />

risorse <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>ts su chi i videogiochi li crea e<br />

negozia, ci riferiremo per pigrizia “alla Nintendo”.<br />

La lista <strong>di</strong> esempi che segue, d’altronde, è solo uno<br />

spunto, un dubbio se alla Nintendo ci sia davvero<br />

chi l’incontro/scontro tra 2D e 3D lo ha pensato<br />

organicamente, per poi farcelo giocare. Una cosa è<br />

probabile: alla Nintendo, qualcuno ha letto Flatlan<strong>di</strong>a.<br />

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