Ring 099 - Parliamo di Videogiochi
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all’assimilazione e alla ripetizione <strong>di</strong> pattern poco<br />
complessi, è degna <strong>di</strong> lode la volontà <strong>di</strong> affrancare<br />
il giocatore da una condotta troppo basata sull’uso<br />
delle armi, per spingerlo a sfruttare la conformazione<br />
della mappa al fine <strong>di</strong> scovare i punti deboli<br />
del nemico.<br />
Che ci si trovi alle prese con un semplice ganados<br />
o con un boss colossale, la limitatezza dell’inventario<br />
scoraggia condotte troppo sfrontate (il<br />
lanciarazzi garantisce potenza, ma la sua mole toglie<br />
spazio alle altre armi e ai curativi), e costringe<br />
a selezionare con pignoleria il proprio bagaglio.<br />
Pad alla mano, RE4 <strong>di</strong>mostra un bilanciamento al<br />
limite della perfezione. Ed è questo il suo pregio<br />
più grande: offrire una sfida mai banale né eccessiva,<br />
che punisce e gratifica senza mostrarsi mai<br />
ingiusta.<br />
Altri due fattori contribuiscono ad esaltare l’esperienza<br />
e ad aumentare la piacevolezza del titolo.<br />
Il primo è rappresentato dai “Quick Timer Event”,<br />
mutuati da Shen Mue, ottimi nel tramutare<br />
le scene <strong>di</strong> intermezzo in frenetiche schegge <strong>di</strong> “laser<br />
game” e nel pompare nuova adrenalina nelle<br />
vene; il secondo consiste nel formidabile character<br />
design <strong>di</strong> Yamanaka Masaki. Dai ganados a El Gigante,<br />
da Salazar a Lord Saddler, RE4 pullula <strong>di</strong><br />
creature umane e <strong>di</strong> loro degenerazioni genetiche,<br />
mirabolanti tanto nell’aspetto quanto nelle movenze,<br />
imponenti e superbamente caratterizzate. Tra<br />
le creature più fantasiose, i fan <strong>di</strong> Ridley Scott riconosceranno<br />
l’omaggio ad Alien più riuscito <strong>di</strong><br />
sempre...<br />
Gli extra <strong>di</strong>sponibili una volta terminato il gioco sono <strong>di</strong><br />
tutto rispetto. Oltre ad un costume alternativo e alcune<br />
nuove armi (come la pistola automatica “Matilda”), si<br />
sbloccano le modalità Mercenaries e Assignment Ada. La<br />
prima, come già accadeva in RE3: Nemesis, mette al<br />
comando <strong>di</strong> mercenari armati fino ai denti alle prese con<br />
orde infinite <strong>di</strong> nemici, da massacrare incon<strong>di</strong>zionatamente.<br />
La seconda, ambientata sull’isola, vede Ada Wong infiltrarsi<br />
nelle installazioni degli Illuminados allo scopo <strong>di</strong> raccogliere<br />
alcuni campioni <strong>di</strong> plagas, da consegnare al<br />
proprio misterioso datore <strong>di</strong> lavoro. Un nuovo livello <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fficoltà, “Esperto”, <strong>di</strong>venta inoltre selezionabile.<br />
Si è già accennato in apertura all’incostanza creativa<br />
cui Resident Evil 4 paga dazio. I problemi<br />
partono dal level design e giungono sino al gameplay:<br />
l’ariosità e la libertà <strong>di</strong> movimento respirate<br />
nelle prime fasi si rivelano, purtroppo, esclusiva<br />
del pueblo e dei suoi <strong>di</strong>ntorni. I primi momenti <strong>di</strong><br />
RE4 sono anche gli unici dove sia davvero possibile<br />
coreografare battaglie frenetiche ed impreve<strong>di</strong>bili,<br />
in ragione <strong>di</strong> locazioni via via più anguste e<br />
lineari. Non a caso, quando l’avventura si sposta<br />
all’interno del castello e successivamente sull’isola,<br />
il versatile concetto <strong>di</strong> “azione rapida” – riguardante<br />
tutte le azioni eseguibili con la sola pressione<br />
del tasto A, come saltare dalle finestre o abbattere<br />
scale – perde progressivamente <strong>di</strong> senso, non potendo<br />
più essere applicato a location composte da<br />
stretti corridoi e piccole stanze.<br />
Accanto al problema della “blindatezza” degli<br />
ambienti successivi al pueblo, va aggiunto quello<br />
della loro verosimiglianza. Se il pueblo era realistico,<br />
cre<strong>di</strong>bile e visivamente splen<strong>di</strong>do, il castello e<br />
l’isola appaiono architettonicamente incoerenti ed<br />
esteticamente traballanti. Qui non si <strong>di</strong>scute il livello<br />
<strong>di</strong> dettaglio o la definizione delle texture, ma<br />
l’adesione – quasi certamente dettata da limiti <strong>di</strong><br />
tempo – a un concetto <strong>di</strong> level design che ammette<br />
setting inverosimili, non sostenuti da alcun principio<br />
architettonico o iconografico. Pensate al maniero<br />
<strong>di</strong> un qualunque Castlevania e avrete un’idea<br />
<strong>di</strong> ciò che si vuole intendere. Un simile approccio,<br />
in un gioco dal taglio così ricercatamente cinematografico,<br />
è per forza <strong>di</strong> cose deleterio. RE4 pullula<br />
<strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici dalla morfologia astrusa e ambientazioni<br />
fuori luogo (come la stanza dei draghi <strong>di</strong> fuoco nel<br />
castello) a totale detrimento <strong>di</strong> quella sospensione<br />
dell’incredulità così ben convogliata nella prima<br />
parte del gioco. Quel che è peggio, è che il gameplay<br />
non trae alcun vantaggio da simili location,<br />
ma ne è invece limitato, sfociando talvolta nella<br />
pretestuosità. Nel castello ciò si ravvisa durante le<br />
sezioni basate sui precetti del vecchio Resident<br />
Evil, che tentano <strong>di</strong> riabbracciare le suggestioni<br />
del passato ma finiscono per smarrire i presupposti<br />
del presente; sull’isola la sensazione è <strong>di</strong> un action<br />
game che, pur conservando i tratti da “shooter <strong>di</strong><br />
sopravvivenza” sopra esposti, non si esprime al<br />
meglio a causa <strong>di</strong> una sensibile carenza <strong>di</strong> varietà.<br />
In ultimo, la trama non sembra fare alcuno sforzo<br />
per mascherare la propria piattezza e mancanza<br />
d’ispirazione: un intreccio pessimo, a tratti ri<strong>di</strong>colo,<br />
raccontato attraverso <strong>di</strong>aloghi serrati ma inverosimili,<br />
in cut scene palesemente ispirate ai bullet<br />
time <strong>di</strong> Matrix. Nonostante queste ultime siano visivamente<br />
appaganti, l’impressione generale è <strong>di</strong><br />
un lavoro <strong>di</strong> contorno, svolto a tempo perso, nella<br />
convinzione che la natura action del titolo non abbisogni<br />
<strong>di</strong> grossi sussi<strong>di</strong> a tema narrativo. Il che è<br />
vero in buona parte, giacché l’inutilità della trama<br />
è il <strong>di</strong>fetto a cui meno si fa caso. Tuttavia, chi conosce<br />
il fertile background narrativo della saga si<br />
rammaricherà all’idea <strong>di</strong> tanti spunti interessanti<br />
sistematicamente ignorati, in favore <strong>di</strong> un nuova<br />
sceneggiatura decisamente squallida.<br />
Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> pregi e <strong>di</strong>fetti, è scritto che Resident<br />
Evil 4 deluda chi deve essere deluso. Il fan irriducibile,<br />
rimasto all’asciutto <strong>di</strong> paura e tensione, sarà<br />
deluso. Il critico, inappagato da un quid lu<strong>di</strong>co utile<br />
al sod<strong>di</strong>sfacimento <strong>di</strong> pulsioni violente e poco altro,<br />
sarà deluso. E forse l’esteta, ammaliato dal fenomenale<br />
carattere del pueblo ma insod<strong>di</strong>sfatto dal<br />
raffazzonato design del castello e dell’isola, resterà<br />
pure lui scontento. Chi deve essere deluso, alla<br />
fine dei giochi, tale rimarrà. Ma resta il fatto che<br />
l’opera Capcom sia un gioco nuovo, violentemente<br />
votato a sensazioni action <strong>di</strong>fficilmente sperimentate<br />
in altri prodotti. Un gioco orfano della connotazione<br />
da horror psicologico prevista in precedenza,<br />
mutato in carneficina, dove per sopravvivere<br />
non si fugge l’orrore ma lo si fronteggia in duelli<br />
all’ultimo sangue: welcome to the world of Survival<br />
Shooter...<br />
VOTO: S A B C D<br />