versione pdf - giochi di carte : tarocco bolognese di maurizio barilli
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INTRODUZIONE<br />
Cancellate dalla memoria tutto quel che avete sentito fino a oggi sui tarocchi, sono<br />
senz’altro corbellerie. Niente a che vedere con egizi, <strong>di</strong>vinazione, maghi,<br />
fattucchiere, destino e futuro.<br />
Carte per giocare a <strong>carte</strong> son nate e tali rimangono, mirabile evoluzione delle Naibi<br />
(1) :allora era un gioco <strong>di</strong>dattico attraverso il quale i ricchi del me<strong>di</strong>oevo sfruttavano la<br />
memoria visiva.<br />
I tarocchi nacquero verosimilmente dalla combinazione delle Naibi - trasformatesi in<br />
seguito nei 22 Trionfi e delle <strong>carte</strong> numerali - dall’uno al <strong>di</strong>eci - con le loro figure <strong>di</strong><br />
Re, Regina, Cavaliere e Fantesca (oggi Fante), che si ritrovano nelle <strong>carte</strong><br />
spagnole in quattro serie: coppe, danari, spade, bastoni: simboli (2) , nell’or<strong>di</strong>ne, del<br />
clero, dei commercianti, della nobiltà e dei conta<strong>di</strong>ni; per un totale <strong>di</strong> 78 <strong>carte</strong>.<br />
Tutto il resto è ciarpame pseudo filosofico, sviluppatosi nel secolo <strong>di</strong>ciannovesimo,<br />
dove nei tarocchi vi fu chi - come Court de Gebelin, nel volume VIII della sua opera<br />
Monde Primitiv (nel 1781)- vi ha voluto scoprire il linguaggio geroglifico universale;<br />
o come più tar<strong>di</strong> Eliphas Lévi - in Dogme e Rituel de la Haute Magie - ne interpretò<br />
ogni dettaglio ed il colore <strong>di</strong> ogni dettaglio in chiave cabalistica (non dandosi<br />
pensiero che, quando germogliarono i tarocchi, la cultura delle corti europee<br />
ignorava affatto la Q’abalha) e dove tutto ha un significato arcano e iniziatico,<br />
consentendo, a suo <strong>di</strong>re, la decifrazione dei tesori della saggezza della tra<strong>di</strong>zione<br />
alchemica. Così <strong>di</strong>venne una moda suggerire la possibilità che il sapere del mondo<br />
potesse essere nascosto in una affascinante serie <strong>di</strong> immagini che soltanto l’iniziato<br />
era in grado <strong>di</strong> interpretare. Dunque <strong>carte</strong> da gioco, che sì hanno avuta in origine<br />
una funzione <strong>di</strong>dattica, ma che, attraverso processi ben noti, hanno consolidate,<br />
nelle varianti locali, le loro caratteristiche iconografiche e strutturali nei vari <strong>giochi</strong>.<br />
Vuole la leggenda che il <strong>tarocco</strong> <strong>bolognese</strong> sia stato inventato da un<br />
nobile (Francesco Antelminelli Castracani Fibbia) (ve<strong>di</strong> al Secondo Tomo) rifugiatosi a<br />
Bologna alla corte dei Bentivogli agli albori del XV secolo: più verosimilmente fu in<br />
un qualche modo originato nella nostra città, oppure importato da Milano o Ferrara<br />
(3) ; comunque sia la sua storia, essa ci è nota già dalla fine <strong>di</strong> quel secolo. Nel corso<br />
dei decenni il numero delle <strong>carte</strong> da 78 <strong>di</strong>minuì, perdendo le <strong>carte</strong> numerali dal due<br />
al cinque, e l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> alcuni trionfi fu variato nelle serie: Mondo, Angelo, Sole,<br />
Luna, Stella, Torre, Diavolo, Morte, Tra<strong>di</strong>tore, Eremita, Fortuna, Forza, Giustizia,<br />
Virtù, Carro, Amore, I quattro Papi, Bégato, Matto. Era nato il Tarocchino <strong>bolognese</strong><br />
(4) , mazzo ridotto a 62 <strong>carte</strong>; come oggi. Nel 1725 i quattro Papi furono convertiti,<br />
con bolla del legato pontificio car<strong>di</strong>nale Tomaso Ruffo, negli attuali quattro Mori (5) ,<br />
mantenendo però l’Angelo come carta <strong>di</strong> valore più alto.<br />
Figlio e testimone della grande cultura della città petroniana, il Tarocchino<br />
<strong>bolognese</strong> supera tutti i <strong>giochi</strong> <strong>di</strong> <strong>carte</strong>, italiani, anglosassoni o <strong>di</strong> altrove, per la<br />
superba architettura delle tante combinazioni realizzabili; per la strategia quasi<br />
militare del gioco; per la complessità del computo dei punteggi: è perciò, a ragione,<br />
"il più bello dei <strong>giochi</strong>".<br />
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