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IL CELIBATO SACERDOTALE E IL VATICANO II

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raccomanda pure a tutti gli sposati come atteggiamento spirituale<br />

permanente del cristiano (I Cor 7,29);<br />

la continenza perpetua, che egli riconosce in tutti gli altri apostoli: cfr. quanto<br />

detto piu‟ sopra a commento di I Cor 9,5.<br />

Posta in questo contesto, la raccomandazione di S. Paolo sia a Tito che a Timoteo<br />

non intende dire che il presbitero debba essere assolutamente sposato, ma che sia<br />

stato sposato una sola volta: in altre parole non intende raccomandare il<br />

matrimonio, come se il matrimonio fosse necessario all‟esercizio sacerdotale,<br />

intende invece dire che chi vuol accedere agli ordini Sacri non deve essere stato<br />

sposato che una sola volta. Perche‟? Probabilmente perche‟ secondo lui, come<br />

abbiamo visto or ora (cf. I Cor 7,8), un risposato non dava garanzia di osservare la<br />

continenza perfetta. S. Paolo scrive infatti a Timoteo e poi a Tito, che<br />

notoriamente sono sempre stati considerati da tutti celibatari. Quindi non poteva<br />

raccomandare che i Vescovi fossero d‟obbligo sposati una sola volta, se<br />

approvava il comportamento di Tito e Timoteo che erano celibatari. La<br />

raccomandazione di S. Paolo e‟ fatta perche‟ i candidati sposati all‟Episcopato<br />

seguissero l‟esempio degli Apostoli sposati. Questi si erano sposati una sola volta,<br />

e poi avevano abbandonato tutto e avevano seguito Gesu‟ in castita‟ per tutta la<br />

loro vita, come e‟ stato detto piu‟ sopra. Secondo il pensiero di S. Paolo, le<br />

persone che non avevano dato prova di moderazione sessuale in passato, non<br />

potevano dare assicurazioni di continenza perfetta in futuro. Di qui la richiesta di<br />

S. Paolo: di non ordinare Vescovi, o Sacerdoti, o Diaconi, se non coloro che<br />

avessero mostrato padronanza di se‟ in passato.<br />

Questa interpretazione e‟ corroborata da tutto il contesto della I Lettera a<br />

Timoteo. Paolo infatti dopo aver dato le istruzioni su come scegliere il candidato<br />

all‟Episcopato e al Diaconato, e dopo aver indicato tra l‟altro che tale candidato<br />

deve essere stato “vir unius mulieris”, fa la stessa raccomandazione e usa la stessa<br />

terminologia per le vedove, che dovevano essere accettatte nelle liste di quelle che<br />

promettevano castita‟ perpetua. Paolo fu molto deluso dal comportamento di<br />

molte vedove che promettevano, e poi tradivano la loro „fides‟, cioe‟ la loro<br />

promessa di dedicarsi interamente al Signore. Egli percio‟ si raccomanda a<br />

Timoteo che voglia iscrivere nell‟album delle vedove solo il nome delle vedove<br />

“unius viri mulier”. Certamente le vedove non potevano aver nessun diritto a<br />

relazioni sessuali. Quindi perche‟ raccomandare l‟iscrizione di vedove “unius viri<br />

mulier”? Perche‟ la preoccupazione di S. Paolo riguardava appunto<br />

l‟assicurazione di mantenere la promessa data al Signore di rimanere continenti<br />

per il suo servizio. Secondo lui quelle che si erano sposate due volte non davano<br />

garanzie di mantenere la „fides‟, ossia il voto fatto. Per questo egli raccomanda a<br />

Timoteo di non accettare se non le vedove che fossero state mogli di un solo<br />

uomo, e che avessero piu‟ di sessant‟anni. La preoccupazione di Paolo per i<br />

candidati all‟episcopato e‟ sulla stessa linea: devono distaccarsi da tutto (per<br />

dedicarsi alla preghiera) e devono “vivere come se non avessero la moglie” (I Cor<br />

7: 29), perche‟ devono dedicarsi con cuore indiviso al servizio del Signore, come<br />

appunto fa lui. La garanzia di questa continenza perpetua veniva data solo dalla<br />

loro precedente morigeratezza, cioe‟ dall‟essersi sposati solo una volta..

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