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Amici da vent'anni - MEIC Vercelli

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L’anno 1997 coincide<br />

con il ventesimo anno di formazione<br />

del M.E.I.C. (Movimento<br />

Ecclesiale di Impegno<br />

Culturale) e della sua principale<br />

iniziativa: i “Settelunedì”.<br />

Per questa circostanza mi<br />

chiedono un breve intervento<br />

scritto per il “Numero<br />

Unico” che sarà pubblicato.<br />

Aderisco con gioia e riconoscenza all’invito.<br />

Quando il 1° gennaio 1967 incominciai il mio servizio<br />

pastorale in Diocesi, nel lungo elenco di associazioni, movimenti<br />

e gruppi di ispirazione cattolica, scoprii l’esistenza<br />

di un nutrito gruppo di professionisti che periodicamente<br />

si riunivano nella Casa delle Opere Cattoliche, costruito<br />

<strong>da</strong>ll’Arcivescovo Imberti, come “Associazione Laureati<br />

Cattolici”. Il Presidente in carica era il Prof. Fusi, sostituito<br />

in seguito <strong>da</strong>ll’Avv. Ventura ed infine, per 15 anni, <strong>da</strong>ll’indimenticabile<br />

Avv. Piero Masuello.<br />

Don Cesare Massa, dopo la decisione presa di iniziare<br />

gli studi di teologia per prepararsi al Sacerdozio, sospese<br />

la sua iniziativa “Il Piccolo Studio” che aveva conosciuto<br />

momenti di alto prestigio culturale.<br />

In molte occasioni con l’Avv. Masuello e Don Cesare si<br />

ritornava sulla necessità di avvicinare culturalmente professionisti,<br />

cattolici praticanti, ed anche non praticanti,<br />

Fare memoria<br />

senza disattendere coloro che, pur non essendo professionisti,<br />

desideravano “aggiornare” la loro cultura, più o meno<br />

profon<strong>da</strong>, alla luce della dottrina e del pensiero cattolico.<br />

Avevo ben presenti le considerazioni del Concilio<br />

Ecumenico Vaticano II, al quale avevo partecipato con entusiasmo<br />

giovanile e al quale mi aggrappavo molto spesso<br />

nelle riflessioni rivolte ai Sacerdoti e di laici.<br />

Mi era rimasto impresso in modo particolare il messaggio<br />

“agli uomini di cultura” consegnato al filosofo francese<br />

Jean Guitton la mattina della solenne funzione conclusiva<br />

del Concilio in Piazza San Pietro. Era l’otto dicembre 1965.<br />

Lo stile del messaggio riman<strong>da</strong>va chiaramente allo stile di<br />

Papa Paolo VI.<br />

“Felici coloro che, possedendo la verità, la cercano ancora,<br />

per rinnovarla, per approfondirla, per donarla agli<br />

altri. Felici coloro che, non avendola ancora trovata, camminano<br />

verso di lei con cuore sincero: che essi cerchino la<br />

luce di domani con la luce di oggi, fino alla pienezza della<br />

luce”.<br />

In sintesi era un grande richiamo alla “Gaudium et Spes”<br />

che, purtroppo, essendo l’ultimo documento discusso nell’aula<br />

conciliare avrebbe avuto bisogno ancora di importanti<br />

ritocchi. Comunque alcune affermazioni erano chiare<br />

ed impegnative.<br />

“Lo studio… dei più alti concetti del vero, del bene, e<br />

del bello… eleva lo spirito umano e lo rende più libero<br />

<strong>da</strong>lla schiavitù delle cose, sicché possa innalzarsi più<br />

speditamente al culto e alla contemplazione del Creatore”<br />

(n. 57).<br />

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