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Amici da vent'anni - MEIC Vercelli

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Sono passati vent’anni <strong>da</strong><br />

quando, in quel piovoso autunno<br />

del 1976, cominciammo con<br />

don Cesare, Piero Masuello e<br />

Antonino Vitale a ragionare sull’avvio<br />

di un’iniziativa culturale di<br />

ispirazione cristiana a <strong>Vercelli</strong>,<br />

capace di riprendere l’eredità di<br />

altre fortunate intraprese come<br />

quella del Piccolo Studio, prezioso<br />

laboratorio di dialogo e di<br />

apertura ai fermenti dell’epoca<br />

del Concilio.<br />

Eravamo reduci, se non ricordo male, <strong>da</strong>ll’esperienza<br />

del grande convegno ecclesiale su evangelizzazione e promozione<br />

umana, che fu un momento di presa di coscienza<br />

della ricchezza dell’esperienza cristiana in Italia e insieme<br />

della necessità di cercare strade nuove per “pensare la fede”<br />

e per comunicare con gli uomini del nostro tempo.<br />

Due sentimenti contrastanti, infatti, albergavano in noi.<br />

Da una parte la constatazione di una grande vitalità del<br />

mondo cattolico, nelle sue multiformi espressioni sociali.<br />

Dall’altra, una sensazione di latitanza e subalternità sul piano<br />

culturale e comunicativo, come se quella vitalità sociale ed<br />

esperienziale non riuscisse a dire se stessa.<br />

C’erano state, tra l’altro, le elezioni amministrative del<br />

‘75, con l’avvento delle sinistre in molti municipi e regioni,<br />

tra cui <strong>Vercelli</strong> e il Piemonte. E’ facile essere profeti a posteriori.<br />

Ma avevamo già allora la sensazione che un certo modello<br />

di presenza dei cattolici nella società italiana, basato<br />

sull’unità politica, fosse al tramonto, e si dovesse sostituirlo<br />

con un altro, imperniato sull’iniziativa culturale. Oggi<br />

possiamo dire che, con il progetto culturale avviato, tra<br />

Per Dio e per la città<br />

incertezze e difficoltà, <strong>da</strong>lla Conferenza episcopale italiana,<br />

quell’intuizione è diventata una scelta esplicita della<br />

Chiesa italiana.<br />

Personalmente, ero allora un giovane studente di filosofia<br />

dell’Università Cattolica, che cercava di conciliare l’interesse<br />

per gli studi con la passione per le vicende della sua<br />

città, la sete di cultura con il desiderio di azione, l’appartenenza<br />

al mondo giovanile con l’inserimento nella società<br />

adulta. L’insegnamento filosofico impartito in Università<br />

cattolica <strong>da</strong> ottimi maestri mi lasciava tuttavia insoddisfatto,<br />

mi appariva antiquario, rarefatto, privo di rapporto con<br />

le vicende del nostro tempo. Così, i Settelunedì sono stati<br />

per me in quegli anni una scuola integrativa tutt’altro che<br />

marginale nella mia formazione.<br />

Scorrendo il lungo elenco dei relatori che sono stati nostri<br />

ospiti in questi due decenni, mi accorgo che buona parte<br />

dell’intellettualità cattolica è passata <strong>da</strong> <strong>Vercelli</strong>, <strong>da</strong>ndoci<br />

l’occasione di preziosi incontri personali e inusuali possibilità<br />

di dialogo. Come dimenticare le serate trascorse con il<br />

card. Pellegrino, mons. Tonini, Vittorio Messori, padre<br />

Krapek e tanti altri?<br />

Oggi, avendo l’opportunità di confrontare la nostra esperienza<br />

vercellese con quella di altri centri culturali di città<br />

diverse, devo dire che i nostri Settelunedì non sfigurano<br />

affatto. La numerosità e la costanza della partecipazione,<br />

l’attenzione e gli interventi del pubblico, la presenza autorevole<br />

dei vescovi che si sono succeduti come ospiti e partecipanti,<br />

fanno delle nostre conferenze uno dei più riusciti<br />

esempi di protagonismo culturale dei cattolici nelle realtà<br />

locali del nostro paese. A don Cesare, a Chiara Benigni e<br />

agli amici che li affiancano auguro di cuore di tenere alta<br />

questa luce di intelligenza e di speranza ancora per molti<br />

anni.<br />

Maurizio Ambrosini<br />

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