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Amici da vent'anni - MEIC Vercelli

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Centocinquantaquattro appuntamenti culturali, tra Salone<br />

Dugentesco, Auditorium di Santa Chiara, Ridotto<br />

del Teatro Civico, Cinema Teatro “Barbieri”, Coro della<br />

Confraternita di San Bernardino, Chiesa di Santa Maria<br />

Maggiore, Sala Sant’Eusebio nel palazzo Juvarra (Seminario).<br />

Queste dislocazioni necessarie dicono <strong>da</strong> sole quale<br />

sia stato il nostro itinerario logistico anche oltre gli ambiti<br />

puramente ecclesiali, simbologia di una volontà dialogica<br />

con la città oltre che inquietudine nomadica di gente senza<br />

sede appropriata. Fino a che non venne col grande<br />

restauro di Palazzo Juvarra voluto <strong>da</strong>ll’Arcivescovo Tarcisio<br />

Bertone l’opportunità (e non solo per noi) di un uso adeguato<br />

del grande salone detto di Sant’Eusebio.<br />

Quando si aprivano le porte di questi ambiti, talvolta<br />

gratuiti talvolta molto costosi, - dicevamo - il più era<br />

fatto.<br />

Questo avveniva l’ultimo lunedì di gennaio di ogni anno<br />

ed era come invitare alle nozze della parabola: Tutto è<br />

pronto, salvo gli imprevisti legati ai relatori: le nebbie<br />

ritar<strong>da</strong>trici, le ferrovie ritar<strong>da</strong>tarie, le infermità stagionali.<br />

Questi imprevisti, tuttavia, furono pochi in venti anni,<br />

nonostante il nostro fosse un metodo di programmazione<br />

molto esigente. Temi, nomi, <strong>da</strong>te: tutte in anticipo a<br />

distanza di mesi.<br />

A distanza di mesi. Naturalmente si incominciava a<br />

<strong>Amici</strong> <strong>da</strong> vent’anni<br />

ruminare i temi nel giugno, appena dopo la conclusione<br />

del ciclo precedente. A settembre si cercava di approfondire<br />

e chiarire meglio. Per essere più in clima di amicizia<br />

si an<strong>da</strong>va ospiti a casa Masuello (e si va ancora) sotto lo<br />

sguardo del Piero ed entro le premure confortevoli della<br />

signora Liliana. In genere, per molti anni si era in pochi.<br />

Attorno al tavolo del tinello, l’Armando Degrandi giocava<br />

tutta la sua sapienza letteraria e il Giovanni Rosso tutta<br />

la sua fiorettistica poetica che ci aiutava a capire, ad<br />

approfondire, a calibrare proposte e progetti. Una sorta<br />

di laboratorio del pensiero per elaborare un programma<br />

di massima <strong>da</strong> esporre ai soci e agli amici a novembre<br />

inoltrato.<br />

Lungo le vacanze natalizie veniva pensato e stampato<br />

il manifesto coi tipi della SETE prima, con Saviolo, poi.<br />

Una tradizione. E anche una tradizione di buon gusto: lo<br />

diciamo con una certa fierezza. E ci rammarichiamo per<br />

questi manifesti che sono an<strong>da</strong>ti perduti quasi tutti nelle<br />

traversie dei traslochi tipografici.<br />

Centosettanta relatori. Per tematiche divenute in breve<br />

di viva attualità. Una lettura inedita delle situazioni<br />

nuove: sogni e bisogni. La mondialità con Narducci,<br />

Bettazzi, Gheddo, Goria; l’ecumenismo con Emilianos<br />

Timiadis ed Enzo Bianchi: l’educazione con Viotto, Colombo,<br />

Scurati; la scienza con Zichichi, Magni, Rulla,<br />

Burgalassi, Piana, Samek Ludovici, Louis ter Steeg; la<br />

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