Ricordi Canciani 1950-1978 - associazione pionieri e veterani eni
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costruito attrezzature per particolari interventi nel campo della trivellazione di pozzi<br />
petroliferi.<br />
All’epoca deteneva il monopolio delle operazioni di cementazione dei pozzi e utilizzava<br />
personale di varie nazionalità. I dirigenti e supervisori erano prevalentemente Americani,<br />
con una grande esperienza acquisita nei giacimenti petroliferi degli Stati Uniti.<br />
A comandare le tre sedi Halliburton in Italia, c’era Mister Vincent, “toro seduto”, residente<br />
a Piacenza, responsabile anche delle sedi di Ravenna e di Chieti. Mi presentai a lui, che da<br />
buon “indiano”, più con i gesti che con le parole, mi fece capire che per imparare dovevo<br />
seguire e assistere nel lavoro i suoi tecnici quando v<strong>eni</strong>vano chiamati nei vari cantieri, dove<br />
erano in corso trivellazioni.<br />
Quando iniziai questa nuova esperienza, pensavo che ci fosse un istruttore a seguirci, ma fui<br />
presto costretto a ricredermi: tutto era lasciato alla nostra iniziativa, alla volontà ed alla<br />
capacità di apprendere. Pur avendo vissuto, fin da piccolo, nell’ ambiente petrolifero, avevo<br />
solo esperienza di meccanica in generale. Nulla sapevo su questo tipo di operazioni, né<br />
sull’uso specifico delle varie attrezzature impiegate nelle varie fasi della trivellazione di<br />
pozzi petroliferi.<br />
Devo anche aggiungere che, all’inizio, trovai molta reticenza alle tante mie domande: solo<br />
risposte vaghe da parte di tutto il personale Halliburton, probabilmente anche con il tacito<br />
consenso dei dirigenti della società, che non avevano interesse a trasferire competenze ed<br />
esperienze a terzi, con il rischio di perdere commesse di lavoro da parte della committente<br />
Agip.<br />
Trascorse un paio di settimane, riuscii ad instaurare un rapporto cordiale con la maggior<br />
parte di loro e capire i loro problemi e comportamento. Il lavoro aveva qualche affinità con<br />
quello dei pompieri: in qualsiasi ora della giornata dovevano essere pronti a rispondere alla<br />
chiamata e raggiungere nel più breve tempo possibile il cantiere di perforazione dove era<br />
richiesta la loro opera. Non erano concesse pause od attese, Agip non poteva concedersi il<br />
lusso di tenere l’impianto di perforazione inoperoso, e così le notti in bianco non si<br />
contavano e d’inverno non c’era un tetto dove ripararsi. Chissà perché, certe operazioni si<br />
dovevano fare di sabato e dom<strong>eni</strong>ca, a Pasqua e a Natale. Capitava così anche ai geofisici<br />
Agip che dovevano eseguire le “misure di velocità”.<br />
La palazzina uffici si trovava al numero 152 della via Emilia, al piano terra, con una stanza<br />
adibita a dormitorio per il personale che rientrava tardi, o doveva partire alle ore piccole.<br />
A me conv<strong>eni</strong>va approfittare della loro ospitalità, dovendo adeguarmi al loro ritmo di lavoro<br />
ed ai loro orari. Impegni di lavoro permettendo, trascorrevo a casa in famiglia solo la<br />
dom<strong>eni</strong>ca, nonostante che la distanza non fosse eccessiva, solo 45 km.<br />
Quando eravamo chiamati a fare delle cementazioni, viaggiavamo sul camion attrezzato di<br />
tubi d’acciaio per collegarsi al pozzo, due pompe, una per miscelare il cemento a bassa<br />
pressione l’altra per pompare la malta nel pozzo, con pressioni che potevano arrivare anche<br />
a mille atmosfere, con un compressore che pompando l’aria nel silos spingeva il cemento<br />
nel grosso imbuto e da qui al miscelatore.<br />
La prima pompa era collegata al motore dell’automezzo, la seconda ad un grosso motore<br />
diesel. Complessivamente, il peso della cementatrice era di circa 30 tonnellate. Per altri<br />
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