Il giorno 23 Giugno ci fu anche una visita di alcune ore del Presidente dell’Agip e dell’Eni Enrico Mattei. A mezzogiorno; in mensa, con tutto il personale in una lunga tavolata, era seduto quasi di fronte a me; nonostante i condizionatori faceva un caldo infernale, la temperatura esterna superava i 45°C. .Mi è rimasto impresso un particolare: Mattei aveva inzuppato di sudore il tovagliolo asciugandosi la fronte. Pag.17
9 - La Base di Tan Tan Erano trascorsi oltre due mesi dal mio arrivo in deserto, approfittai di un periodo di relativa calma nel mio lavoro per chiedere un breve periodo di riposo. Il giorno 29 giugno, con un automezzo aziendale, mi recai a Tan Tan, tendopoli con poche case e una caserma presidiata da soldati marocchini. Nelle vicinanze, l’Agip aveva in allestimento un campo base per tutti i servizi occorrenti ai vari cantieri di perforazione, alle diverse squadre gravimetriche, ai gruppi sismici, alla quadra piste ed altre che operavano sul territorio. Dove era possibile, v<strong>eni</strong>vano create delle piste in terra battuta per consentire il decollo e l’atterraggio dei due aerei aziendali, un Piaggio con 12 posti, un Cessna per tre passeggeri, e due elicotteri per mantenere i collegamenti con i vari gruppi. I piloti ed il personale tecnico di questi aeromobili, prov<strong>eni</strong>vano dall’aeronautica militare. La distanza da Tan Tan a Casablanca era di circa 1.000 km; con il Cessna ci vollero cinque ore per arrivare a destinazione. Speravo di trascorrere tranquillo almeno una settimana in questa stupenda città; purtroppo mi fecero rientrare d’urgenza per motivi di lavoro, la sera del 3 Luglio ero di nuovo ad Oum Dou, neppure il tempo di smaltire la fatica del viaggio. Inoltre non ero in perfette condizioni di salute. Nelle due notti trascorse in albergo, erano ricominciate le crisi d’asma che avevo già avuto molto frequenti in Italia negli anni 1958 - 59; mi ripresi presto con il clima secco del deserto. Il viaggio di ritorno al campo lo feci con Bonatti, un tecnico esperto di turbine di perforazione, che doveva istruirmi sull’uso di questa tecnologia. Lo consideravo un supplemento di lavoro pesante ed impegnativo, anche se interessante e utile; nei contratti stipulati dal personale dell’Agip, quando ci si recava all’estero in cantiere, v<strong>eni</strong>va evidenziata solo la qualifica di specializzato, intermedio, impiegato, ecc.. senza nessun riferimento al tipo di lavoro; questo dava la possibilità all’Azienda di utilizzare il dipendente anche in lavori diversi da quelli che erano le sue mansioni specifiche. Io, in particolare, ero frequentemente soggetto a questo tipo di richieste, perché il mio lavoro di Operatore Halliburton non era continuativo: quando non ero impegnato nel mio lavoro ero a disposizione. In cantiere non era possibile poter stare senza fare niente e poi il lavoro rendeva più brevi le giornate. La perforazione a turbina era una tecnica di recente applicazione, si differenziava da quella “rotary” tradizionale e, di solito ed in certe condizioni, permetteva maggiori velocità di avanzamento della trivella. Era il fango di perforazione, pompato ad alta pressione in superficie entro le aste, che faceva ruotare lo scalpello fissato all’estremità della turbina, in testa alla batteria di perforazione, che rimaneva ferma, mentre con il sistema “rotary” tutta la colonna di aste e lo scalpello ruotavano. Con il sistema tradizionale “rotary” il movimento di rotazione allo scalpello viene trasmesso dalla colonna di aste, alla quale è saldamente avvitato, tramite la tavola “rotary”, che si trova sul piano sonda. Il fango pompato in superficie serve per lubrificare lo scalpello, contrastare le pressioni presenti nel foro, sostenerne le pareti e trasportare a giorno i detriti di perforazione, come con la turbina. Pag.18