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Ricordi Canciani 1950-1978 - associazione pionieri e veterani eni

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pressione nelle gomme. Correvo il rischio che i cerchioni le riducessero a brandelli, ma non<br />

avevo alternative; proseguii lentamente a marce ridotte e finalmente, superate le dune, vidi<br />

spuntare la torre dell’impianto.<br />

Cementatrice insabbiata sulla pista di El Borma Panorama di El Borma (Pasquetto)<br />

Giunto al campo, si avvicinò a salutarmi e congratularsi per la mia impresa il capo sonda<br />

Monfredini, che avevo conosciuto in Marocco. Il medico che l’accompagnava mi fece una<br />

iniezione nella schiena. Era il 13 giugno del 1964 giorno di S. Antonio, il Santo Patrono del<br />

mio paese, Gemona del Friuli. Il viaggio era durato otto giorni. Il periodo di missione in<br />

Tunisia, che dal 1° di Aprile doveva durare meno di un mese, si concluse alla fine del mese<br />

di Giugno.<br />

Una ventina di giorni tra ferie e recuperi da trascorrere con la famiglia, il tempo di preparare<br />

di nuovo le valige e ripartire il 20 Luglio 1964 per ritornare in contratto in Tunisia. Il<br />

lavoro che avevo ripreso in Italia con il servizio perforazione, mi avrebbe comunque<br />

obbligato a continui spostamenti e conseguenti disagi lontano dalla famiglia. In quel modo<br />

l’azienda mi aveva messo in una situazione tale da indurmi a ritenere più conv<strong>eni</strong>ente<br />

accettare un nuovo contratto di lavoro all’estero della durata d’un anno con la SITEP nel<br />

campo di El Borma.<br />

Non era facile reperire personale specializzato da inviare all’estero, l’azienda, o chi per essa,<br />

speculava al risparmio sulla pelle dei lavoratori. Nel mio caso, anziché essere avvantaggiato<br />

dalle esperienze acquisite in varie attività e lavori, diventava un motivo per sfruttare la mia<br />

versatilità, senza che me ne derivasse alcun beneficio economico o normativo rispetto al<br />

trattamento riservato ad altri.<br />

Mi ritrovai di nuovo a El Borma, con tre mansioni diverse, a fare il Jolly, così erano definite<br />

le mie mansioni: addetto al controllo dell’attrezzatura di sonda, sostituire il capo officina<br />

nel periodo di ferie, coadiuvare e sostituire l’operatore Halliburton in caso di necessità.<br />

Una situazione ibrida non confacente al mio carattere. Con il capo officina A. Spagnoletto,<br />

con il quale avevo vissuto gli anni duri d’Albania, ci fu un amichevole e ottimo rapporto di<br />

collaborazione. Non posso dire la stessa cosa di Begani, l’operatore Halliburton, più<br />

propenso a mietere gli allori conquistati con i sacrifici degli altri che a cercare di<br />

guadagnarseli con il suo lavoro. La mansione di controllo dell’attrezzatura era un lavoro<br />

molto pesante, da svolgere sotto il sole cocente con il solo aiuto di uno o due manovali<br />

tunisini. Questa era la situazione obiettiva in cui mi ero trovato a svolgere il mio lavoro.<br />

Non mancavano certamente i lati positivi, soprattutto in prospettiva. Il cantiere era in fase di<br />

crescita; erano arrivati altri due impianti di perforazione, uno di questi francese, per<br />

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