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“Sei da solo?”<br />
“Sì” le confermo.<br />
Jan è in libera uscita. Dopo una notte insonne mi ha detto<br />
che avrebbe preferito fare un giro per la città. Non volevo costringerlo<br />
a seguirmi come un cagnolino, siamo d’accordo che<br />
ci troveremo in centro nel pomeriggio. Mi sono preso del tempo<br />
per parlare con Viviana.<br />
“Come stai?” le chiedo.<br />
Ci sediamo sul divano di casa sua.<br />
Quando l’ho chiamata, stamattina, aveva uno strano tono<br />
di voce, come di chi sentisse qualcuno dall’oltretomba. Sono<br />
un fantasma per lei, così come lo sono stato ieri sera per Lupo.<br />
Come biasimarli?<br />
“Insomma” mi dice. E si allunga verso il tavolino a prendere<br />
un pacchetto di sigarette.<br />
“Hai ricominciato a fumare?”<br />
È una domanda retorica, e anche un po’ moralista. La sto<br />
giudicando senza sapere che vita abbia vissuto.<br />
Accende la sigaretta e cerca di farsi scudo con un mezzo sorriso.<br />
Sbuffa il fumo lontano da me, immagina che io non abbia<br />
cambiato idea riguarda a certi vizi. L’imbarazzo è reciproco.<br />
“Io ho cominciato a bere qualche birra, di tanto in tanto” le<br />
confesso per spezzare la tensione.<br />
Lei distoglie lo sguardo e si alza. In cucina si sente il rumore<br />
del caffè che sta bollendo nella moka, ma non l’aroma.<br />
Osservo l’ambiente in cui mi trovo.<br />
Il soggiorno è spazioso ma spoglio. Pochi mobili, pochi<br />
quadri, nessuna personalità. È tutto molto anonimo, come la<br />
tazza da caffè che Viviana mi ha portato e che sembra minuscola<br />
nella mia mano: ceramica bianca e qualche fiore stampato<br />
sul piattino. Sembra un servizio giocattolo, di plastica.<br />
Chi ho di fronte in questo momento non sembra Viviana.<br />
“Dove vivi ora?” mi chiede. “Max è sempre stato tanto in<br />
pena per te.”<br />
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