1 E dire che i paesaggi li amavo di più Le mostre, insieme a ... - Diras
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Maria Cristina Bandera<br />
Monet, il <strong>di</strong>pinto raggiunge “un’intensità emotiva alla quale reagiamo all’istante” 146 . Ci appare<br />
misterioso nella tensione tra l’apparente rea<strong>li</strong>smo delle antenne fi<strong>li</strong>formi della televisione e la sintesi<br />
astraente dei volumi e dei tetti delle case, abbag<strong>li</strong>ante e quasi irreale nei colori solo in apparenza<br />
verosimi<strong>li</strong>, il blu acceso del cielo, le facciate rosate con le finestre impenetrabi<strong>li</strong> profilate <strong>di</strong> bianco,<br />
le fiancate rabbuiate dall’ombra, il colpo <strong>di</strong> luce sull’antenna “<strong>che</strong> s’è incorporata al cielo come la<br />
polvere delle sue bottig<strong>li</strong>e” 147 , la “‘scia’ del reattore’, sdoppiata come una nebulosa” 148 . Ce ne parla,<br />
indubbiamente coinvolto, Francesco Arcange<strong>li</strong> cui la tela fu mostrata ancora fresca: “Ricordo <strong>che</strong><br />
un giorno [...] in un quadro il cielo si caricò d’un teso cobalto, le case parvero improvvisamente<br />
presenti a qual<strong>che</strong> evento estremo, e in alto era, lunga uguale incombente, la scia d’un reattore. Il<br />
<strong>di</strong>pinto, rea<strong>li</strong>zzato con una violenza trattenuta ma evidente e magra e forte, colmo d’una luce<br />
allucinata, uscì quasi sùbito dalle preferenze <strong>di</strong> Moran<strong>di</strong>. Eppure, quel giorno, Moran<strong>di</strong> ne era<br />
colpito quanto e <strong>di</strong>versamente s’intende, ne ero colpito io. ‘C’è qual<strong>che</strong> cosa <strong>di</strong> sinistro’, non poté<br />
fare a meno d’affermare” 149 .<br />
Nel 1959 la veduta del cortile <strong>di</strong> via Fondazza viene alterata dalla costruzione <strong>di</strong> un muro. Moran<strong>di</strong><br />
ne racconterà il trauma al prefetto <strong>di</strong> Bologna <strong>che</strong> era andato ad omaggiarlo dopo <strong>che</strong> aveva<br />
ricevuto il Rubenspreis nel 1962: “Una volta la finestra del mio stu<strong>di</strong>o si affacciava oltre la breve<br />
striscia del giar<strong>di</strong>no, su una <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> orti <strong>che</strong> formavano, nella buona stagione, una vasta oasi <strong>di</strong><br />
verde. Nel tardo autunno e in inverno, attraverso i rami spog<strong>li</strong> la vista arrivava fino alle case sul lato<br />
opposto <strong>che</strong>, così lontane, sembravano quasi un’altra città. Ricordo <strong>che</strong> quando non ero a Grizzana<br />
e avevo vog<strong>li</strong>a <strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere un <strong>paesaggi</strong>o, non facevo <strong>che</strong> affacciarmi alla finestra e guardare. Ma<br />
anni fa i terreni furono venduti e ora i muri <strong>di</strong> nuove orribi<strong>li</strong> costruzioni si elevano a poco <strong>più</strong> <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>eci metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dalla finestra. Fu una trage<strong>di</strong>a. Pensai <strong>di</strong> cambiare casa e <strong>di</strong> ritirarmi per<br />
sempre a Grizzana. Oltre a cancellarmi il <strong>paesaggi</strong>o, quella casa mi avrebbe alterato la luce dello<br />
stu<strong>di</strong>o. Sa, Signor Prefetto, hanno avuto la gentile attenzione <strong>di</strong> chiedermi <strong>di</strong> <strong>che</strong> colore desideravo<br />
<strong>che</strong> fosse la parete della casa <strong>che</strong> sorgeva davanti alla mia finestra. Una squisitezza non le pare?<br />
L’hanno <strong>di</strong>pinta <strong>di</strong> bianco per non privarmi della luce” 150 .<br />
Contemporaneamente, nel 1959, soggiornandovi in estate <strong>insieme</strong> alla sorella alla Pensione Ita<strong>li</strong>a<br />
per poterne seguire i lavori, Moran<strong>di</strong> fece costruire una casa a Grizzana, dalla forma <strong>di</strong> un semp<strong>li</strong>ce<br />
cubo, posta <strong>di</strong> fronte a Villa Veggetti e ai fieni<strong>li</strong> del Campiaro <strong>che</strong>, dall’anno successivo, sarebbero<br />
nuovamente <strong>di</strong>venute l’occasione della sua pittura <strong>di</strong> <strong>paesaggi</strong>o. Sono opere <strong>che</strong>, come le nature<br />
morte, testimoniano l’ultima, fe<strong>li</strong>cissima fase della sua arte, davvero senza precedenti: ora i volumi<br />
<strong>di</strong> casa Veggetti campeggiano nello spazio del <strong>di</strong>pinto e si fanno <strong>più</strong> incombenti, osservati talora <strong>di</strong><br />
spigolo, com’è evidente nei <strong>paesaggi</strong> del 1960, V. 1210, cat. 58, e del 1961, V. 1251, cat. 59.<br />
Sottoposti a una inquadratura ravvicinata, tendono ad espandersi in una estrema semp<strong>li</strong>ficazione<br />
compositiva, <strong>che</strong> tuttavia non abbandona i tag<strong>li</strong> <strong>di</strong>agona<strong>li</strong> – orizzonta<strong>li</strong> come nel primo caso o<br />
vertica<strong>li</strong> come nel secondo – <strong>che</strong> hanno caratterizzato buona parte della pittura <strong>di</strong> <strong>paesaggi</strong>o <strong>di</strong><br />
Moran<strong>di</strong>. An<strong>che</strong> la vegetazione perde una precisa definizione, quinta labile e sgranata nel<br />
Paesaggio del 1960, occasione <strong>di</strong> simmetrici contrasti <strong>di</strong> chiari e <strong>di</strong> scuri, <strong>di</strong> zone <strong>di</strong> luce e <strong>di</strong><br />
ombra, in quello del 1961. Di pari passo la materia si fa scarna, leggera, smagrita a colpi <strong>di</strong> spatola<br />
e la tavolozza appena vibrata, <strong>li</strong>mitata a pochi colori.<br />
Nella ricerca senza sosta <strong>di</strong> Moran<strong>di</strong> “c’è ancora il tempo [...] per un’altra stagione del <strong>paesaggi</strong>o:<br />
complessa, ar<strong>di</strong>ta” 151 . Dipingerà ancora qual<strong>che</strong> ‘cortile <strong>di</strong> via Fondazza’ come quello, 1962, V.<br />
1296, in cui l’inquadratura ravvicinata isola una casa con una piccola rampa <strong>che</strong> scende verso il<br />
146 Moran<strong>di</strong> a Ro<strong>di</strong>ti, in E. Ro<strong>di</strong>ti, Giorgio Moran<strong>di</strong>, [1960] ora in Giorgio Moran<strong>di</strong> 1890-1964, cit. 2008, p. 359.<br />
147 C. Bran<strong>di</strong>, Appunti per un ritratto <strong>di</strong> Moran<strong>di</strong>, in “Palatina”, IV, gennaio-marzo 1960, ora in Moran<strong>di</strong>, cit. 2008, p.<br />
87.<br />
148 Cosi A. Trombadori, riportato nella s<strong>che</strong>da del <strong>di</strong>pinto redatta da M. Pasqua<strong>li</strong>, in Museo Moran<strong>di</strong>. Catalogo<br />
generale, Cinisello Balsamo, 2004, p. 212.<br />
149 F. Arcange<strong>li</strong>, Giorgio Moran<strong>di</strong>, cit. 1964, p. 323.<br />
150 Ricordato da E. Tavoni, in Moran<strong>di</strong>, amico mio. Appunti e memorie <strong>di</strong> Efrem Tavoni raccolti da G. Ruggeri, Milano<br />
1995, p. 44.<br />
151 F. D’Amico, Moran<strong>di</strong>, Milano 2004, p. 28.<br />
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