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1 E dire che i paesaggi li amavo di più Le mostre, insieme a ... - Diras

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Maria Cristina Bandera<br />

dell’impressionismo, orienta le sue ricer<strong>che</strong> nel senso <strong>di</strong> un’espressione infinitamente <strong>più</strong> <strong>li</strong>bera,<br />

come allora si <strong>di</strong>ceva, cioè essenziale, intendendo <strong>più</strong> puramente pittorica e plastica. Difatti, meg<strong>li</strong>o<br />

<strong>che</strong> la rappresentazione delle cose e deg<strong>li</strong> esseri, il pittore qui persegue ciò <strong>che</strong> <strong>di</strong> suggestivo, in un<br />

certo senso immateriale e musicale, promana dai loro aspetti; sì <strong>che</strong> dag<strong>li</strong> elementi della realtà<br />

visibile, <strong>più</strong> <strong>che</strong> una raffigurazione aneddotica sottoposta ag<strong>li</strong> accidenti del momento e della<br />

posizione, risulta un <strong>insieme</strong> armonico <strong>di</strong> colori, forme, volumi, la cui sola legge sia l’unità e la<br />

bellezza deg<strong>li</strong> accor<strong>di</strong>.”<br />

Notissime, ricorrenti e imprescin<strong>di</strong>bi<strong>li</strong> sono le parole <strong>di</strong> Roberto Longhi, così da assumere il<br />

significato <strong>di</strong> pietre mi<strong>li</strong>ari nella fortuna critica <strong>di</strong> Moran<strong>di</strong>. Dopo la segnalazione fulminea, <strong>che</strong><br />

scosse l’u<strong>di</strong>torio nell’aula dell’università felsinea dove nel 1934 lo storico dell’arte, già famoso,<br />

teneva la propria prolusione eleggendo il bolognese “uno dei mig<strong>li</strong>ori pittori viventi d’Ita<strong>li</strong>a” 28 ,<br />

poco <strong>più</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni dopo, nell’aprile 1945, non conoscendone “la sorte incerta” e confidando <strong>di</strong><br />

darne il “bentornato”, dopo il blackout della guerra <strong>che</strong> aveva interrotto i loro rapporti, raggruppò in<br />

una mostra memorabile 29 ventuno <strong>di</strong>pinti. Tra questi, sette sono nature morte, tre fiori e ben un<strong>di</strong>ci<br />

‘paesi’ con una cadenza cronologica significativa: uno del 1932 e <strong>di</strong>eci compresi tra il 1940 e il<br />

1943. Per l’occasione Longhi accompagnò le opere con un testo in cui si avvalse <strong>di</strong> un passo <strong>di</strong><br />

Proust come “introduzione alla pittura <strong>di</strong> Moran<strong>di</strong>”, con un assunto riferito a tutti i ‘generi’ della<br />

sua pittura: “Che soltanto scavando dentro e attraverso la forma, e stratificando le ‘ricordanze’<br />

tona<strong>li</strong>, si possa riescire alla luce del sentimento <strong>più</strong> integro e puro, ecco infatti la lezione intima <strong>di</strong><br />

Moran<strong>di</strong> e il chiarimento imme<strong>di</strong>ato della sua riduzione del soggetto <strong>che</strong> gira al minimo;<br />

l’abo<strong>li</strong>zione, in ogni caso, del soggetto invadente <strong>che</strong> parte in quarta e si <strong>di</strong>vora l’opera e<br />

l’osservatore. Oggetti inuti<strong>li</strong>, <strong>paesaggi</strong> inameni, fiori <strong>di</strong> stagione, sono pretesti <strong>più</strong> <strong>che</strong> sufficienti<br />

per esprimersi ‘in forma’; e non si esprime, si sa bene, <strong>che</strong> il sentimento” 30 . Di questi <strong>paesaggi</strong><br />

spog<strong>li</strong> e severi, “inameni” appunto, Longhi tornerà a parlare nella lunga nota <strong>che</strong> accompagna il<br />

testo del 1945 riproposto per la “ricapitolazione delle opere” presentata dalla Biennale <strong>di</strong> Venezia<br />

nel 1966, la prima dopo la morte del pittore avvenuta due anni prima. Lo farà con nuovo slancio<br />

eleggendo<strong>li</strong> fra le espressioni <strong>più</strong> alte del “lungo e maestrevole percorso” dell’amico: “Moran<strong>di</strong><br />

cresceva frattanto instancabilmente e io lo vi<strong>di</strong> sa<strong>li</strong>re fino al culmine, <strong>che</strong> mi pare forse il <strong>più</strong> alto da<br />

lui raggiunto, dei <strong>paesaggi</strong> del 1943” 31 . Un’asserzione <strong>che</strong> potrà essere verificata con questa mostra<br />

<strong>che</strong> vede affiancati ventidue <strong>paesaggi</strong> <strong>di</strong>pinti tra il 1940 e il 1943.<br />

Nel frattempo an<strong>che</strong> Cesare Bran<strong>di</strong> aveva rivolto la sua attenzione a Moran<strong>di</strong>, <strong>di</strong>venendone uno dei<br />

maggiori esegeti, anch’eg<strong>li</strong> conquistato dai suoi <strong>paesaggi</strong>, tanto da essere convinto <strong>che</strong> essi “non<br />

costituiscono una testimonianza meno importante” 32 nella sua arte, e da ottenerne in dono quello<br />

bel<strong>li</strong>ssimo, del 1934, V. 181, cat. 18. Il critico si era soffermato su questi motivi <strong>di</strong> paese già nel suo<br />

primo saggio del 1939, uscito dopo la <strong>di</strong>savventura della Quadriennale <strong>di</strong> quello stesso anno in cui<br />

il pittore, <strong>che</strong> aveva personalmente selezionato le opere per la propria sala, si vide scavalcato da<br />

Saetti nell’ottenimento del premio: “Da quei <strong>paesaggi</strong> mai si avrà il senso del momento colto e<br />

sottratto alla natura, come nella fotografia o nella pittura macchiaiola […]. La subitaneità<br />

dell’apparizione […] non è istantaneità. La durata <strong>di</strong> questi paesi è infinita: la loro immagine si<br />

forma a un fuoco impreciso, è prima <strong>di</strong> tutto un’immagine mentale conservata e riattivata nella<br />

memoria. Paesaggio già riflesso nel tempo, <strong>che</strong>, senza residui uti<strong>li</strong>tari, fisso e prestabi<strong>li</strong>to nella sua<br />

casuale appartenenza, presta le sue macchie e i suoi prati, g<strong>li</strong> addensamenti delle ombre, i vuoti<br />

d’aria dei piani, ad una <strong>di</strong>alettica interna <strong>che</strong> <strong>li</strong> riadatta in una sequenza <strong>di</strong> colori semp<strong>li</strong>ci, <strong>li</strong><br />

ri<strong>di</strong>spone per relazioni spazia<strong>li</strong> <strong>di</strong>verse 33 ”.<br />

28 R. Longhi nella prolusione (1934) pubb<strong>li</strong>cata con il titolo Momenti della pittura bolognese, in “l’Archiginnasio”,<br />

XXX, nn. 1-3, 1935, p. 135, ora in R. Longhi, Lavori in Valpadana dal Trecento al primo Cinquecento 1934-1964,<br />

Firenze (Opere complete, VI) 1973, p. 205.<br />

29 R. Longhi, Giorgio Moran<strong>di</strong> cit. 1945.<br />

30 R. Longhi, Giorgio Moran<strong>di</strong> [1945], cit. 1984, p. 96.<br />

31 R. Longhi, Giorgio Moran<strong>di</strong> [1966], cit. 1984, p. 93.<br />

32 C. Bran<strong>di</strong>, Cammino <strong>di</strong> Moran<strong>di</strong>, 1939, ora in Moran<strong>di</strong>, cit. 2008, p. 43.<br />

33 Ivi, p. 45.<br />

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