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meno gentili e non accettano le nostre spiegazioni. Spieghiamo che<br />
siamo attesi e preghiamo il poliziotto di fare una telefonata su, per<br />
farselo confermare. Dopo dieci minuti di vivace discussione il funzionario<br />
accetta, quindi, di malumore, ci lascia passare. Arriviamo al<br />
secondo piano. Solito controllo dei documenti e poi, finalmente, ci<br />
fanno accomodare in una sala d’attesa. Arriva una funzionaria in divisa,<br />
come i suoi colleghi, e si fa ancora spiegare la nostra storia in<br />
modo generico; per i particolari le indichiamo ancora una volta la<br />
nostra lettera. Dopodiché sparisce nel suo ufficio, ovviamente per<br />
confrontare le nostre dichiarazioni con la nostra lettera. Attendiamo<br />
un po’, poi ci invita nel suo ufficio, ci fa accomodare e, con un costante<br />
sorriso da pubblicità occidentale, rivolge un paio di parole<br />
gentili al piccolo. Gli fa coraggio e ci fa ancora spiegare le ragioni<br />
della nostra richiesta di asilo politico. Contemporaneamente si fa<br />
consegnare i nostri passaporti falsi. Due altri poliziotti che sono presenti<br />
nell’ufficio non badano alla nostra conversazione, apparentemente<br />
disinteressati alla nostra storia. Poi ancora parole e sorrisi<br />
gentilissimi, mi viene chiesto in quale mese di gravidanza sono, poi<br />
altra attesa in corridoio. Ne approfittiamo per rispondere alle domande<br />
del bambino: adesso ci sistemeremo in una casa e saremo finalmente<br />
tranquilli. Infine, ci richiamano dentro. La funzionaria ci<br />
dice che per ora non può dirci nulla. Però, ed ecco la speranza, siccome<br />
siamo già qui, possiamo tornare fra una settimana; allora, molto<br />
probabilmente, ci sarà una risposta. Ciò dicendo ci restituisce i<br />
passaporti e ci saluta. Ma noi rimaniamo seduti e chiediamo dove<br />
crede che possiamo andare, senza soldi né un posto per dormire.<br />
Non lo sa. Sa solo che ci conviene lasciare al più presto il territorio<br />
della Rdt perché il nostro permesso di 24 ore è un abuso. Insistiamo<br />
sulla pericolosità per noi di girare sul territorio occidentale; insistiamo<br />
sull’impossibilità finanziaria che ci porterebbe nelle mani della<br />
polizia occidentale se non ci concedono almeno un asilo provvisorio.<br />
Domandiamo dove aspettano i compagni cileni e gli altri che attendono<br />
risposte per l’asilo politico: «Tutti fuori dalla Rdt». Insistiamo<br />
sui campi profughi. Secondo lei non esistono. «Ma li ho visti io!»<br />
«Allora non esistono più!» Niente da fare. Ci saluta un’altra volta,<br />
manda al piccolo un sorriso che ricorda quelli delle SS nei lager nazisti<br />
prima di mandare i bambini nelle camere a gas.<br />
A questo punto ci domandiamo: che differenza c’è tra oggi e fra una<br />
settimana? Non vorranno mica prepararci uno scherzo? Ma no! Sono<br />
pur sempre dei compagni dopotutto, o forse...? Ma no! Comunque<br />
ce ne andiamo di volata. Ogni minuto in più sul territorio della<br />
Rdt per noi è illegale. Al confine abbiamo ancora quasi tutti i soldi<br />
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