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Così il cerchio si chiude.<br />

E ora siamo sempre in libertà. Ma non è là dove l’abbiamo cercata e<br />

dove, per questa ragione, non ci hanno voluti. La libertà è nella lotta<br />

a oltranza contro la borghesia imperialista e il revisionismo che, tradendo<br />

le aspettative del proletariato, diventa il suo più naturale alleato.<br />

Il lungo viaggio continua.<br />

Ernestino il clandestino<br />

Trovammo riparo in Svizzera, credo fosse la Svizzera tedesca. Attraverso<br />

il Soccorso Rosso Internazionale riuscimmo a trovare accoglienza<br />

presso una famiglia di compagni che abitavano in una cascina<br />

di campagna. Mia madre era ormai al settimo mese di gravidanza,<br />

i poliziotti italiani e i loro colleghi europei ci cercavano dappertutto.<br />

La nostra condizione era divenuta molto precaria. In quelle settimane<br />

mio padre era scostante: attraversavamo un periodo molto difficile<br />

e la mancanza di qualunque prospettiva per il nostro immediato<br />

futuro lo allontanava da noi e lo portava a rifugiarsi nell’alcol con<br />

frequenza sempre maggiore. I miei genitori si trovavano all’estero,<br />

con un bambino di quattro anni e uno in arrivo, lontani dalla loro famiglia<br />

e dai loro compagni, con il rischio di essere arrestati da un<br />

momento all’altro. Immagino che fosse difficile tenere i nervi a posto<br />

in quei frangenti.<br />

La casa dove andammo ad abitare la ricordo molto vagamente.<br />

Ricordo invece che la coppia di compagni che ci ospitava aveva almeno<br />

due figli; giocavo con loro tutto il giorno, erano dei piccoli selvaggi.<br />

Anche se era pieno inverno, stavamo all’aria aperta dalla mattina<br />

alla sera. La sera, spesso, si cenava tutti insieme. Era in quei momenti<br />

che mio padre dava il meglio di sé: con il suo umorismo, la sua<br />

gestualità, la sua mimica, provocava mia madre che, ogni volta, si teneva<br />

il pancione dalle risate, rischiando di accelerare il parto. Per<br />

raggiungere il bagno si doveva scendere una scala molto ripida che<br />

partiva dal piano rialzato e poi, fatto l’ultimo gradino, bisognava<br />

svoltare subito a destra. Verso la fine della serata, Pierino aveva la vescica<br />

sempre più debole, e sempre più flebile era anche la sua padronanza<br />

dell’equilibrio. Prendeva velocità nel scendere le scale, incredibilmente<br />

riusciva a mantenersi in piedi fino all’ultimo gradino ma<br />

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