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erano poco tutelati. Anni dopo mia madre mi raccontò che la cerimonia,<br />

svoltasi a Milano, fu rapida e spartana: «Andammo in comune<br />

e firmammo le carte. Poi, alla Bersagliera, offrimmo da bere a<br />

qualche amico e parente».<br />

A Trento, Pierino e Heidi presero contatti con i compagni dell’Università.<br />

Conobbero e iniziarono a frequentare Renato Curcio,<br />

Margherita “Mara” Cagol, Giorgio Semeria e altri; fecero anche conoscenza<br />

con un personaggio che gravitava in quel mondo e che poi<br />

si rivelò essere uno dei primi e rarissimi informatori della polizia:<br />

Marco Pisetta. Le sue “soffiate” portarono nel 1972 alla caduta delle<br />

prime basi Br.<br />

Trento in quei mesi sembrava essere diventata il crocevia della<br />

contestazione. L’apertura della facoltà di sociologia sotto la direzione<br />

di Francesco Alberoni ebbe effetti imprevisti, scombussolando la<br />

quiete di una tranquilla cittadina di provincia. Il fervore rivoluzionario,<br />

come nel resto d’Italia, aveva forme assai composite. Una delle<br />

esperienze più interessanti era certamente quella rappresentata dal<br />

Movimento per una Università negativa. Fra i compagni promotori<br />

di quella esperienza, che ricalcava in parte le intenzioni della Kritische<br />

Universität di Berlino, c’erano militanti che divennero leader<br />

dei gruppi extraparlamentari italiani lungo tutti gli anni settanta: oltre<br />

ai già citati Renato Curcio e Mara Cagol figuravano, per ricordarne<br />

altri, Mauro Rostagno e Marco Boato.<br />

La redazione di “Lavoro Politico”, una rivista che veniva pubblicata<br />

già da alcuni anni, venne “occupata” dai compagni dell’“Università<br />

negativa”. In un numero del novembre 1967 si presentavano i<br />

Nuovi obiettivi politici: «La domanda di riforma ha esaurito la capacità<br />

di mobilitazione della sinistra del movimento studentesco. Si avverte,<br />

sostanzialmente, la necessità di passare a forme contestative<br />

(nella prassi) sia del carattere di classe del sistema d’insegnamento<br />

capitalistico, sia del sistema tout court. Non si può avere una università<br />

democratica in una società capitalistica. Una conseguenza abbastanza<br />

immediata di quanto sopra è anche il rifiuto delle forme tradizionali<br />

di rappresentanza “democratica”. Una conseguenza più immediata<br />

ma non meno importante è che la distinzione tra lotte sindacali<br />

e lotte politiche, tra politica universitaria e politica in senso più<br />

generale tende a cadere».<br />

Tali presupposti strategici, espressi allora solo a livello teorico,<br />

avevano il merito di leggere l’esperienza politica universitaria come<br />

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