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non hanno voluto condividerla. La vita del comunista rivoluzionario<br />

Giacomo Cattaneo è una di queste.*<br />

Guerriglia!<br />

Nel 1970, dopo la mia nascita, mio padre, mia madre e io ci trasferimmo<br />

a vivere in via Inganni 27, sempre al Giambellino. I miei bloccarono<br />

l’appartamento con una cauzione di 100 mila lire. La casa,<br />

dove restammo fino al 1992, era composta da una sala, una camera<br />

da letto, un bagno, un cucinotto: non più di quaranta metri quadrati.<br />

Il 27 di via Inganni è all’altezza dell’incrocio con via Lorenteggio; a<br />

poche centinaia di metri c’è via Val Bavona, dove abitavano mia nonna<br />

e mia zia Renza. Quasi tutte le case erano popolari, grandi complessi<br />

abitativi per centinaia di famiglie. Nei cortili di quelle case giocavano<br />

plotoni di bambini quasi sempre della stessa estrazione sociale.<br />

I problemi delle loro famiglie erano i problemi di tutti.<br />

Gli inquilini venivano talvolta divisi a seconda della provenienza<br />

geografica: al numero 2 di via Val Bavona abitavano numerose famiglie<br />

di origine lombarda e molti meridionali che, negli anni successivi,<br />

crebbero di numero in modo esponenziale. Al numero 1 della<br />

stessa via c’erano gli “slavi”, quelli che arrivavano dall’Istria. Al numero<br />

2 le elezioni venivano regolarmente vinte dal Pci; i dirimpettai<br />

dell’1, al contrario, erano schierati a destra e l’Msi otteneva percentuali<br />

decisamente superiori alla media cittadina.<br />

C’erano poi le “case minime”, nelle “vie dei fiori”. Era una zona<br />

del Lorenteggio costruita dietro il complesso scolastico di via dei<br />

Giacinti. Quelle case venivano chiamate “minime” a ragion veduta.<br />

Si sviluppavano su due livelli: un locale al primo piano, uno al secondo.<br />

Non più di trentacinque metri quadrati, con un minuscolo giardino<br />

di fronte. Ancor più delle dimensioni, ciò che colpiva di quelle<br />

case era la loro fatiscenza. Gli abitanti erano tra i più poveri del<br />

quartiere, i loro figli erano tra quelli che, al refettorio delle scuole<br />

elementari, presentavano il buono gratuito (come me, del resto): i<br />

ricchi pagavano 1000 lire, i benestanti 600, i poveri 300, gli altri <strong>gratis</strong>.<br />

La maestra passava a raccogliere i buoni e con il gioco di sguardi<br />

* Frase apparsa su un volantino distribuito in ricordo di Giacomo “Lupo” Cattaneo.<br />

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