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degli anni ho potuto constatare, guardando gli altri compagni, che<br />

gran parte dei rapporti che si mantenevano saldi fino a quando c’era<br />

di mezzo il carcere,“scoppiavano” proprio nel momento in cui si<br />

riotteneva la “libertà”. Non era un problema di alcol, o di altri vizi<br />

materiali. Si trattava del profondo logorio che in tanti anni la macchina<br />

repressiva dello Stato aveva prodotto sulle coscienze di quei<br />

protagonisti. Uno dei retaggi più evidenti di quel periodo è stato<br />

proprio questo: lo Stato riuscì a distruggere la dimensione sociale<br />

dei compagni che avevano osato dare l’assalto al cielo.<br />

Mentre cercavo di calmare gli animi, mio padre tirò fuori la storia<br />

del confino. Finalmente tutta la verità venne a galla. Ci disse che l’avevano<br />

lasciato uscire di galera, ma che doveva trasferirsi al confino<br />

per tre anni. Mi sembrava tutto una grande assurdità. Gli chiesi<br />

quando doveva partire. «Domani!» mi rispose. Ma non aveva nessuna<br />

intenzione di prendere quel treno. Le scelte che aveva di fronte<br />

erano obbligate: scappare, farsi trasferire con la forza, farsi arrestare<br />

nuovamente. Scoprimmo anche che la destinazione prescelta non si<br />

poteva certo definire a un tiro di schioppo: Alcara Li Fusi, ridente<br />

paesino di montagna dell’entroterra messinese. Mia madre stava in<br />

silenzio, disperata. Dissi a Pierino che non l’avrei lasciato partire da<br />

solo, che sarei andato con lui. Per un momento anche Heidi sembrava<br />

ben disposta verso questa idea. Ci addormentammo senza la forza<br />

di risolvere il dilemma.<br />

Il giorno seguente fu il più drammatico. Verso sera Pierino era già<br />

ubriaco. Venne a trovarci mio zio Carletto e lo implorò di partire, garantendogli<br />

che sarebbe stata una cosa breve, che presto l’avrebbero<br />

fatto tornare a casa. Gli portò dei soldi da parte di tutta la famiglia.<br />

Fu la goccia che fece esplodere la situazione. Mio padre prese i soldi<br />

e li gettò in faccia a Carletto, investendolo dei peggiori insulti. Mio<br />

zio non poté fare altro che andarsene. Guardai in faccia Pierino e gli<br />

dissi: «Ti sei sempre vantato con noi di non aver mai svenduto le tue<br />

idee per uscire, ma se ora ti comporti così con la tua famiglia per<br />

quanto mi riguarda sei peggio di un pentito». Erano parole di rabbia,<br />

pronunciate per scuotere un uomo distrutto. Alzò il bicchiere<br />

che aveva in mano e me lo tirò addosso. Poi si alzò e venne verso di<br />

me con l’intenzione di menare le mani. Gli urlai che non avevo nessun<br />

timore di lui. Era claudicante e non avrebbe mai potuto farmi<br />

male. Quando mi fu addosso cercai solo di limitare i danni, tenendo-<br />

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