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prattutto, dilapidava patrimoni a San Siro. «Metà della tribuna del<br />

“peso” potrebbe essere mia se avessi ancora tutto quello che ho perso»<br />

raccontava a volte ai suoi figli più grandi, con quel tanto di<br />

sbruffoneria da navigato giocatore d’azzardo. Questo vizio faceva<br />

trasalire sua moglie Gina. «Uh, come si arrabbiava, poverina!» racconta<br />

Renza «Una volta è capitato che il nonno non rincasasse dopo<br />

il lavoro, ma che andasse direttamente “ai cavalli”. Mia mamma lo va<br />

a cercare e arrivata sul ponte di Porta Genova lo vede nel bar. Mio<br />

padre si accorge di lei e le va incontro. Aveva in tasca più di mille lire.<br />

“Gina, andiamo che ti prendo le scarpe.” La porta in via Vigevano,<br />

dove c’era un calzolaio che faceva le scarpe a mano, e ne prende un<br />

paio alla mamma e un paio a me, di quelle lussuose. Alla mattina dopo<br />

non aveva più una lira.» Era un uomo elegantissimo: «...si vestiva<br />

da Prandoni, che era il primo sarto di Milano...». Le sue avventure<br />

con altre donne erano un segreto noto a tutti. Persino la piccola Renza<br />

sapeva della ragioniera della Bordoni o della padrona del bar frequentato<br />

da Remo: «...gli stracciavo di nascosto le fotografie che teneva<br />

nel portafogli». Anche la Gina sapeva, ma sopportava. Quando<br />

Remo morì, nel 1965, si avvicinò al suo corpo e sussurrò: «Ti ho voluto<br />

tanto bene. Sei stato l’unico uomo della mia vita!».<br />

Sin dai primi incontri, la condotta licenziosa di Remo compromise<br />

la sua reputazione nella famiglia di mia nonna Gina, i Gibillini.<br />

Non era bene accetto. Quando nacque la prima figlia, Renza, Remo<br />

decise di non riconoscere la bambina e rimandò le nozze. La mamma<br />

di Gina, Zaffira, decise di cacciare di casa anche la figlia e la neonata,<br />

così mia nonna si ritrovò al brefotrofio a scontare il fatto di avere<br />

messo al mondo la piccola Renza fuori dal matrimonio. Ci vollero<br />

alcuni giorni prima che il padre di Gina, ’Mili (Emilio), intervenisse.<br />

Una mattina, prima di recarsi al lavoro, interrogò la Zaffira: «Beh! E<br />

quella tusa là, dov’è?». «Quel che l’à fa adess la paga! Adess l’è là al<br />

brefio.» ’Mili andò su tutte le furie: «Adesso tu prendi una carrozza...»<br />

il ’Mili era veramente imbestialito «...prendi una carrozza e vai<br />

a recuperare mia figlia, e la porti qui con la sua bambina. Io vado a<br />

lavorare e quando torno la voglio vedere a casa!». Zaffira ubbidì.<br />

Ma Remo e Gina non si ricongiunsero ancora. Lui continuava a<br />

fare la sua vita. Andava a trovare la figlia alla sera e a volte la portava<br />

con sé, ma ancora non si decideva né a sposarsi né a riconoscere la<br />

piccola Renza. Fu nel 1924, quando Gina rimase incinta una seconda<br />

volta, che la loro posizione venne regolarizzata. Si sposarono e<br />

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