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3.<br />

Giambellino<br />

Nelle “catacombe”<br />

Il Giambellino era un rione proletario e la presenza comunista era<br />

forte. Erano anni in cui bastava essere iscritti a un sindacato oppure<br />

essere sorpresi a distribuire un volantino per essere licenziati in tronco.<br />

La polizia di Scelba perseguitava i comunisti, costretti ad agire in<br />

una condizione di semiclandestinità. «Noi ci trovavamo sempre e solo<br />

al chiuso» ricorda Gino Montemezzani, uno dei militanti più conosciuti<br />

del Giambellino «guai a esporre anche solo uno straccio<br />

rosso. Ci trovavamo negli ex rifugi antiaerei delle case popolari. Erano<br />

le “catacombe”, come qualcuno le chiamava.» In quelle “catacombe”<br />

sorgevano, sempre più numerose e frequentate, nuove cellule<br />

comuniste. Dalle cantine in cui si riunivano i compagni nacque<br />

la sezione Pci del Giambellino, chiamata Battaglia in ricordo del<br />

partigiano Giancarlo Battaglia, fucilato a Milano durante l’occupazione<br />

nazifascista. In quella sezione, nel 1960, ebbe luogo un importante<br />

congresso che portò a una delle prime e più profonde spaccature<br />

politiche nella storia del Partito comunista a Milano. Al congresso<br />

parteciparono anche alcuni fratelli Morlacchi che, proprio a<br />

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