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co sospetti sul ponte che portava a Santo Stefano. Quella sera mi trovavo<br />
a casa Cattaneo: dopo l’arresto di mia madre, avvenuto qualche<br />
giorno prima, ero rimasto a vivere da loro. Mio padre era clandestino,<br />
mia madre era a San Vittore e non era la prima volta che mi lasciavano<br />
con “Lupo” e i suoi figli: Graziella, Nuccia, Poldo, Cecco.<br />
Era come se fossi a casa mia.<br />
Le volanti dei carabinieri arrivarono a forte velocità. Il rumore<br />
della frenata fu sentito da tutti. Il primo militare che fece irruzione in<br />
casa inciampò nel battente della porta e il suo mitra cadde di peso<br />
sul tavolo. Io mi trovavo in braccio al “Lupo”; entrarono gli altri carabinieri<br />
e mi strapparono dalle sue braccia per immobilizzarlo.<br />
Scoppiai in lacrime. Nuccia e Graziella iniziarono a urlare e inveire.<br />
Fu il caos. Nella casa c’era anche Giorgio, un nostro amico. Vide che<br />
sulla poltrona c’era la pistola giocattolo che qualcuno mi aveva regalato.<br />
Cercando di mantenere la calma e di non essere notato, si sedette<br />
sul gioco e rimase immobile nella speranza che i carabinieri non<br />
gli chiedessero di alzarsi: temeva che, vedendo nascosta sotto il sedere<br />
un’arma, i militari potessero perdere la testa come già era successo<br />
e come succederà altre volte. Arrivò anche lo zio di Graziella, che<br />
aveva un gesso che gli copriva, oltre il braccio, anche la spalla. Quando<br />
giunse alla casa, temette che nel buio i carabinieri confondessero<br />
la sua ingessatura per un mitra o chissà cos’altro, e urlò ai militari di<br />
non sparare, che non nascondeva nessuna arma.<br />
Capo dell’operazione era il maresciallo Pagnozzi, implicato nella<br />
vicenda dell’uccisione di Pinelli. La casa venne messa a soqquadro,<br />
ma non venne trovato nulla: il “Lupo” aveva nascosto tutto per bene.<br />
Lo portarono via comunque. Quando passò davanti ai suoi figli,<br />
Graziella lo salutò: «Ciao papà. Ci vediamo presto!». Pagnozzi, gelido,<br />
la guardò e rispose: «Tuo padre lo rivedrai tra vent’anni!».<br />
Una volta in carcere, il magistrato fece vedere a “Lupo” le foto<br />
dove si distingueva la sua sagoma. Schiacciato dall’evidenza, si riconobbe.<br />
Graziella prese i contatti con l’Organizzazione chiedendo quali<br />
fossero, a quel punto, le indicazioni e come ci si dovesse comportare<br />
di fronte alle “autorità”. Nelle Br nessuno voleva ammettere di aver<br />
fatto una simile cazzata: fotografare un prigioniero inquadrando anche<br />
un guerrigliero. Fu una delle prime occasioni in cui si arrivò a sospettare<br />
la presenza di infiltrati all’interno dell’Organizzazione. Venne<br />
fatto sapere a Graziella che “Lupo” doveva ritrattare, ma “Lupo”<br />
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