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UDA: Josè Saramago, "Cecità" - Untitled Page

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momento l'alternativa gli si presentava con la massima chiarezza. Se fosse un caso<br />

di agnosia, adesso il paziente vedrebbe quello che aveva sempre visto, cioè non<br />

gli si sarebbe verificata alcuna diminuzione dell'acutezza visiva, è che il cervello,<br />

semplicemente, sarebbe diventato incapace di riconoscere una sedia là dove ci<br />

fosse una sedia, in altre parole avrebbe continuato a reagire correttamente agli<br />

stimoli luminosi trasmessi dal nervo ottico, ma, per usare termini comuni, alla<br />

portata di gente poco informata, avrebbe perso la capacità di sapere che sapeva,<br />

e, tanto più, di esprimerlo. Quanto all'amaurosi, nessun dubbio. Perché<br />

effettivamente si trattasse di amaurosi, il paziente avrebbe dovuto vedere tutto<br />

nero, fatto salvo, è chiaro, l'uso del verbo, vedere, trattandosi di tenebre<br />

assolute. Il cieco aveva affermato categoricamente di vedere, sempre facendo<br />

salvo il verbo, un colore bianco uniforme, denso, come se si trovasse immerso a<br />

occhi aperti in un mare di latte. Un'amaurosi bianca, oltre a essere<br />

etimologicamente una contraddizione, sarebbe anche una condizione impossibile<br />

dal punto di vista neurologico, dato che il cervello non solo non avrebbe potuto<br />

percepire le immagini, le forme e i colori della realtà, ma non avrebbe neanche<br />

potuto, per dirla così, coprire di bianco, di un bianco continuo, come una pittura<br />

bianca senza tonalità, i colori, le forme e le immagini che quella stessa realtà<br />

avrebbe presentato a una visione normale, per quanto sia sempre problematico<br />

parlare, con effettiva proprietà, di una visione normale. Con la chiarissima<br />

consapevolezza di ritrovarsi in un vicolo apparentemente privo di uscita, il medico<br />

scosse il capo avvilito e si guardò intorno. La moglie si era già coricata, lui<br />

ricordava vagamente che gli si era avvicinata un momento e gli aveva dato un<br />

bacio sui capelli, Me ne vado a dormire, doveva aver detto, adesso la casa era<br />

silenziosa, sul tavolo il libri sparpagliati, Che cosa sarà, pensò, e all'improvviso<br />

ebbe paura, come se anche lui fosse sul punto di diventare cieco un attimo dopo<br />

e già lo sapesse. Trattenne il respiro e aspettò. Non successe niente. Successe un<br />

minuto dopo, mentre radunava i libri per riporli nella scaffalatura. Prima capì di<br />

non vedere più le mani, poi seppe di essere cieco.<br />

Il disturbo della ragazza dagli occhiali scuri non era grave, aveva appena<br />

una congiuntivite tra le più semplici, che il topico prescritto tanto per prescrivere<br />

dal medico avrebbe risolto in pochi giorni, Mi raccomando, durante questo<br />

periodo si tolga gli occhiali solo per dormire, le aveva detto. La battuta era in uso<br />

da molti anni, c'è addirittura da supporre che venisse tramandata di generazione<br />

in generazione di oculisti, ma l'effetto si ripeteva puntualmente il medico<br />

sorrideva nel dirla, sorrideva il paziente nell'udirla, e in questo caso ne valeva la<br />

pena, perché la ragazza aveva una bella dentatura e sapeva come mostrarla. Per<br />

naturale misantropia o troppe delusioni nella vita, uno scettico, al corrente dei<br />

particolari della vita di questa donna, insinuerebbe che il sorriso aggraziato non<br />

era altro che un trucco del mestiere, affermazione malevola e gratuita perché<br />

quello, il sorriso, era già così ai tempi non molto lontani in cui la donna era una<br />

giovincella, parola in disuso, quando il futuro era una carta coperta e la curiosità<br />

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