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UDA: Josè Saramago, "Cecità" - Untitled Page

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camerata. Nei posti più frequentati, purché non sia all'aperto, come nel recinto,<br />

ormai non ci si perde più, con un braccio teso in avanti e le dita che si muovono<br />

come antenne di insetti si arriva dappertutto, è addirittura probabile che nei<br />

ciechi più dotati non tardi a svilupparsi quella che definiamo come visione<br />

frontale. La moglie del medico, per esempio, è straordinario come riesca a<br />

muoversi e orientarsi in questo vero e proprio rompicapo di sale, vani e corridoi,<br />

come sappia svoltare un angolo al punto giusto, come si fermi davanti a una porta<br />

e la apra senza esitazione, come non abbia bisogno di contare i letti per arrivare al<br />

suo. Adesso è seduta su quello del marito, con cui parla, sottovoce come al solito,<br />

si vede che sono persone educate, e hanno sempre qualche cosa da dirsi, non<br />

sono mica come l'altra coppia, il primo cieco e sua moglie, che dopo quelle<br />

commoventi effusioni quando si sono ritrovati quasi non hanno più parlato, ma in<br />

loro, probabilmente, l'attuale tristezza ha prevalso sul precedente amore, con il<br />

tempo si abitueranno. Chi non si stanca di ripetere che ha fame è il ragazzino<br />

strabico, malgrado la ragazza dagli occhiali scuri si sia praticamente tolta il pane di<br />

bocca per darlo a lui. Da molte ore il fanciullo non chiede della mamma, ma certo<br />

tornerà a sentirne la mancanza dopo aver mangiato, quando il corpo si sarà<br />

liberato dalle brutture egoistiche che derivano dalla semplice ma imperiosa<br />

necessità di nutrirsi. O per via di quanto era accaduto all'alba, o per motivi<br />

estranei alla nostra volontà, la verità è che le casse con la colazione del mattino<br />

non erano arrivate. Adesso si sta avvicinando l'ora di pranzo, è quasi l'una<br />

all'orologio che la moglie del medico ha appena consultato celatamente, non c'è<br />

niente di strano, quindi, se l'impazienza dei succhi gastrici ha indotto un po' di<br />

ciechi, sia di quest'ala che dell'altra, ad andare ad aspettare nell'atrio l'arrivo del<br />

cibo, e questo per due buonissime ragioni, quella pubblica, di alcuni, perché in<br />

questo modo si guadagnerebbe tempo, quella riservata, di altri, perché si sa che<br />

chi prima arriva meglio si serve. In tutto, non saranno meno di una decina i ciechi<br />

attenti al rumore che farà il portone esterno quando lo apriranno, ai passi dei<br />

soldati che devono portare quelle benedette casse. A loro volta, temendo una<br />

subitanea cecità che potesse derivare dall'immediata prossimità con i ciechi in<br />

attesa nell'atrio, i contagiati dell'ala sinistra non si sono azzardati a uscire, ma<br />

alcuni stanno spiando dallo spiraglio della porta, ansiosi che arrivi il loro turno. Il<br />

tempo passava. Stanchi di aspettare, alcuni ciechi si erano seduti per terra, poi<br />

due o tre rientrarono nelle camerate. Fu poco dopo che si udì il cigolio<br />

inconfondibile del portone. Eccitati, i ciechi, pigiandosi gli uni addosso agli altri,<br />

cominciarono a muoversi nella direzione in cui, dai suoni esterni, calcolavano che<br />

stesse la porta, ma, all'improvviso, colti da una vaga inquietudine che non<br />

avrebbero avuto il tempo di definire e spiegare, si fermarono e poi confusamente<br />

retrocessero, mentre già cominciavano ad avvertirsi distintamente i passi dei<br />

soldati che portavano il cibo e della scorta armata che li accompagnava.<br />

Ancora sotto l'impressione prodotta dal tragico avvenimento della notte, i<br />

soldati che trasportavano le vettovaglie avevano stabilito di non lasciarle in<br />

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