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Studi di caso IEA-PIRLS 2004 - Iislamezia.it

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La me<strong>di</strong>azione<br />

Volendo ricondurre l’azione della docente ad un modello pedagogico, questo può definirsi<br />

<strong>di</strong> tipo razionalistico (Frabboni) poiché è a partire dal riconoscimento della storic<strong>it</strong>à e della<br />

cultura dell’allievo che se ne ravvisano e si enfatizzano le possibil<strong>it</strong>à <strong>di</strong> sviluppare le capac<strong>it</strong>à<br />

conosc<strong>it</strong>ive.<br />

La qual<strong>it</strong>à dell’impostazione <strong>di</strong>dattica dell’insegnante è, dunque, eminentemente<br />

problematica poiché la sua azione muove sempre dai bisogni e dalle motivazioni concrete<br />

degli allievi; i suoi interventi si richiamano all’esperienza in<strong>di</strong>viduale e fanno appello<br />

all’emotiv<strong>it</strong>à e alla v<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à proprie della sfera soggettiva, della v<strong>it</strong>a personale <strong>di</strong> ogni bambino:<br />

“Tu ce l’hai una libreria?”; “Che cosa faresti se ti regalassero tanti libri?”; “Davvero tuo zio<br />

ti ha regalato un libro a Natale?”; “Davvero non ti piace <strong>di</strong> più smontare le cose?”. La logica<br />

ispiratrice è una logica empirica secondo la quale la produzione e l’uso delle conoscenze<br />

<strong>di</strong>dattiche avvengono nella prospettiva antidogmatica dell’adattamento in s<strong>it</strong>uazione, del<br />

cambiamento in vista dell’ottimizzazione dei processi <strong>di</strong> insegnamento-appren<strong>di</strong>mento.<br />

Se si vuole intendere per metodo una modal<strong>it</strong>à <strong>di</strong> lavoro formalizzata, nello stile <strong>di</strong><br />

insegnamento della docente è possibile in<strong>di</strong>viduare due funzioni prevalenti: la stimolazione<br />

dell’affettiv<strong>it</strong>à collegata all’appren<strong>di</strong>mento e la preponderanza dell’aspetto comunicativo.<br />

Appare meno presente la preoccupazione per la valutazione intesa nella sua accezione più<br />

formale: “Noi insegnanti facciamo <strong>di</strong> tutto perché anche i bambini più lenti possano acquisire<br />

degli strumenti con cui procedere. Magari gli obiettivi non si raggiungono in prima o in<br />

terza; l’importante è che il bambino lasci la scuola elementare con delle capac<strong>it</strong>à che gli<br />

consentano <strong>di</strong> procedere quanto più possibile autonomamente”.<br />

Più in particolare per quanto riguarda l’educazione alla lettura, che è r<strong>it</strong>enuta attiv<strong>it</strong>à<br />

soprattutto trasversale, la prior<strong>it</strong>à nel primo ciclo viene assegnata all’ascolto, per la <strong>di</strong>fficoltà<br />

che il bambino incontra nel tradurre i grafemi in fonemi; l’esercizio <strong>di</strong> lettura è in questa fase<br />

legato per un verso alla lettura ad alta voce da parte della maestra e, per l’altro, alla<br />

semplificazione massima del percorso, anche attraverso un’opportuna scelta <strong>di</strong> testi come<br />

fiabe o filastrocche o semplici poesie vicine all’esperienza degli alunni e finalizzato<br />

soprattutto all’acquisizione <strong>di</strong> conoscenze <strong>di</strong> tipo ortografico e al riconoscimento degli aspetti<br />

principali del testo come l’in<strong>di</strong>viduazione delle informazioni principali e l’identificazione<br />

delle principali caratteristiche dell’ambiente e dei personaggi <strong>di</strong> una storia.<br />

Solo a partire dal secondo ciclo si introducono, oltre alla lettura ad alta voce, attiv<strong>it</strong>à che<br />

favoriscono la pratica della lettura in classe e lo sviluppo del piacere <strong>di</strong> leggere, come la<br />

drammatizzazione <strong>di</strong> testi narrativi o la scansione r<strong>it</strong>mica gestuale del testo poetico. In ogni<br />

<strong>caso</strong> la maestra riba<strong>di</strong>sce: “Non c’è un sistema. Io programmo le attiv<strong>it</strong>à; però certe volte mi<br />

prefiggo <strong>di</strong> fare la lezione in un modo poi la faccio in modo contrario. La lezione che fai in<br />

una classe non ti viene <strong>di</strong> farla allo stesso modo perché è un fatto riduttivo, come a un p<strong>it</strong>tore<br />

a cui tu chie<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare lo stesso quadro non te lo fa tale e quale. La lezione è come ti nasce,<br />

dalle risposte che ti danno i ragazzi, da quello che chiedono. Chiaro, tu hai una base, sai<br />

dove vuoi arrivare, i tuoi obiettivi sai già quali devono essere e quali vuoi raggiungere: però<br />

la strada che ti porta a quello non c’è; varia al momento, nell’attimo che nasce. E poi il<br />

bambino sente se l’insegnante ama leggere; la relazione maestra-bambino è essenziale”.<br />

Dietro l’apparente ‘improvvisazione’ si cela un’abile regia, una sicura consapevolezza<br />

degli obiettivi da raggiungere e una sensibile e intelligente attiv<strong>it</strong>à <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>dattica<br />

fondata su una solida professional<strong>it</strong>à.<br />

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