Studi di caso IEA-PIRLS 2004 - Iislamezia.it
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dell’incomunicabil<strong>it</strong>à sia per colpa dell’uso del <strong>di</strong>aletto, ancora ampiamente <strong>di</strong>ffuso, sia per la<br />
povertà <strong>di</strong> motivazione da parte <strong>di</strong> bambini cresciuti in una realtà in cui la scuola non viene<br />
percep<strong>it</strong>a come elemento fondamentale <strong>di</strong> formazione: “Pare che si parli un’altra lingua…<br />
quello che si legge non solo è leggere, è tradurre in lingua personale”.<br />
Il campo comunicativo dei bambini entra in confl<strong>it</strong>to con quello dell’insegnante ed è<br />
<strong>di</strong>fficile trovare i mo<strong>di</strong> giusti per creare l’armonia nei rapporti. Una ricetta che la maestra ha<br />
trovato e applicato consiste nell’usare il gioco come stimolo alla curios<strong>it</strong>à verso il mondo dei<br />
gran<strong>di</strong>: “Alcune volte li prendo in giro, facendo leggere loro delle cose che è come se non<br />
fossero cose <strong>di</strong> bambini. Arrivo a scuola con una lettera e <strong>di</strong>co: ‘Questa lettera me l’ha<br />
scr<strong>it</strong>ta mio mar<strong>it</strong>o. Chi <strong>di</strong> voi vuol sapere i fatti miei?’. In realtà al bambino non gliene<br />
importa proprio niente della lettera, però questo fatto <strong>di</strong> avere accesso al segreto della<br />
maestra <strong>di</strong>venta un incentivo esagerato”.<br />
La motivazione è sollec<strong>it</strong>ata anche cercando <strong>di</strong> svegliare il senso della scoperta e<br />
stimolando l’inventiva attraverso un linguaggio immaginoso e l’uso del <strong>di</strong>segno: “C’è una<br />
grossa <strong>di</strong>fficoltà a far capire che ‘lo’ <strong>di</strong>venta al plurale ‘gli’. Allora mi sono inventata <strong>di</strong><br />
rappresentare alla lavagna gli articoli singolari sopra e quelli plurali sotto, <strong>di</strong>cendo che<br />
prendevano l’ascensore. L’ascensore è una cosa che va dr<strong>it</strong>ta giù; non può andare storta e,<br />
quin<strong>di</strong>, automaticamente ‘il’ prendendo l’ascensore doveva andare da ‘i’ e ‘lo’, prendendo<br />
l’ascensore, doveva andare da ‘gli’. Questa cosa li ha sconvolti ed è piaciuta assai. Il fatto<br />
che la maestra giochi, nel senso che il gioco è del bambino, è per loro una cosa strana. Io<br />
<strong>di</strong>co, per esempio, per l’apostrofo, che le due vocali l<strong>it</strong>igano, fanno a cazzotti gli rimane il<br />
bernoccolo in fronte. Queste cose almeno a loro restano. Almeno ho ottenuto che non<br />
sbaglino”.<br />
Nell’uso insist<strong>it</strong>o della parola “almeno” si coglie il rincrescimento per non poter erogare<br />
un insegnamento della medesima qual<strong>it</strong>à e del medesimo livello <strong>di</strong> quello eserc<strong>it</strong>ato in<br />
precedenza e, al tempo stesso, la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> adattarsi ad un ambiente nuovo e <strong>di</strong>verso. Il suo<br />
sforzo <strong>di</strong> adeguamento si traduce in interventi ispirati al buon senso, nell’adesione ad una<br />
<strong>di</strong>mensione empirica, <strong>di</strong> improvvisazione quoti<strong>di</strong>ana.<br />
La preoccupazione fondamentale nell’educazione alla lettura sembra consistere, infatti,<br />
nel “non annoiare” i bambini. Questa preoccupazione nasce dal superamento <strong>di</strong> una pessima<br />
esperienza personale della maestra, legata al ricordo della lettura sub<strong>it</strong>a, a sua volta, come<br />
costrizione alle elementari - “Non riesco assolutamente ad imporre un testo ai bambini che<br />
non venga fuori come <strong>di</strong>vertimento” - e allo shock da pagina bianca, per quanto riguarda la<br />
scr<strong>it</strong>tura: “Di fronte al tema quella specie <strong>di</strong> sbigottimento davanti alla traccia; riempire quel<br />
foglio bianco era una trage<strong>di</strong>a”. Per questo motivo - come ci tiene a precisare - ricezione e<br />
produzione nella sua azione <strong>di</strong>dattica procedono <strong>di</strong> pari passo: “Ad<strong>di</strong>r<strong>it</strong>tura nel primo ciclo ho<br />
letto l’‘Eneide’ adattata per bambini ai miei alunni inv<strong>it</strong>andoli poi a riscrivere gli episo<strong>di</strong> che<br />
li avevano più colp<strong>it</strong>i. Ne sono venuti fuori piccoli brani e temi più lunghi a volte<br />
grammaticalmente scorretti, però, almeno, insomma, non ho avuto <strong>di</strong>fficoltà a <strong>di</strong>re: pensa e<br />
scrivi”.<br />
L’interazione con gli alunni risente della <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are fra le esigenze connesse con<br />
la realizzazione del comp<strong>it</strong>o, sicuramente da lei poste in primo piano e avvert<strong>it</strong>e come<br />
inderogabili e i bisogni reali del gruppo classe. Il risultato è una forma <strong>di</strong> professional<strong>it</strong>à<br />
caratterizzata da un atteggiamento autorevole derivante anche dal desiderio <strong>di</strong> dominare una<br />
s<strong>it</strong>uazione i cui connotati precisi le sfuggono, che non conosce ancora a fondo e che cerca <strong>di</strong><br />
gestire col ricorso ad espe<strong>di</strong>enti tattici, quelli che r<strong>it</strong>iene più opportuni per andare incontro<br />
alle esigenze dei bambini, promuoverne la motivazione e favorirne lo sviluppo cogn<strong>it</strong>ivo.<br />
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