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Raccolta Sentenze

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ALLA CASALINGA VA RISARCITO ANCHE DANNO PATRIMONIALE IN CASO DI INFORTUNIO<br />

CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA N. 1343/2009<br />

Anche il diritto al lavoro della casalinga deve essere tutelato e, per questo, in caso di infortunio per incidente<br />

stradale vanno risarciti tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali. Occupandosi del caso di un incidente<br />

occorso ad una signora che si occupava di lavori domestici, la Corte ha ricordato che il totale risarcimento<br />

dei danni "conseguenti alla lesione dei diritti umani fondamentali, tra cui la salute e il diritto al lavoro va<br />

accordato anche alla casalinga". La donna, in particolare, era stata investita da un furgone che stava<br />

uscendo in retromarcia da un vicolo molto stretto. A seguito dell'incidente la donna aveva riportato danni di<br />

carattere permanente che le avevano ridotto la capacità di deambulazione rendendo così difficile svolgere<br />

qualsiasi lavoro e, soprattutto, le rendeva difficoltoso sbrigare le faccende domestiche. I giudici di piazza<br />

Cavour hanno ricordato che "il danno non patrimoniale va risarcito non solo nei casi previsti dalla legge, ma<br />

anche nei casi di lesione dei valori della persona umana costituzionalmente protetti, specie se il danno è<br />

inerente alla perdita rilevante della capacità lavorativa per la riduzione funzionale della deambulazione".<br />

Nella parte motiva della sentenza la Corte osserva inoltre che "il principio che consente di risarcire un danno<br />

futuro ed incerto dev'essere individuato nel diritto delle vittime al risarcimento totale dei danni, patrimoniali e<br />

non patrimoniali, conseguenti alla lesione dei diritti umani fondamentali, tra cui la salute e il diritto al lavoro,<br />

che compete anche alla casalinga".<br />

CASA ASSEGNATA AL CONIUGE AFFIDATARIO? SOLO QUELLA CONIUGALE<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 4816/2009<br />

La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che solo la casa nella quale la famiglia ha vissuto<br />

può essere assegnata al coniuge affidatario dei figli minori. I Giudici del Palazzaccio hanno infatti precisato<br />

che “l’assegnazione della casa familiare prevista dall’art. 155, quarto comma, cod. civ., rispondendo<br />

all’esigenza di conservare l’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle<br />

consuetudini in cui s’esprime e s’articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a<br />

quell’immobile che abbia costituito il centro d’aggregazione della famiglia durante la convivenza, con<br />

esclusione d’ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità. Di conseguenza, la decisione del<br />

giudice di merito, di respingere la domanda d’assegnazione della casa formulata dal coniuge affidatario della<br />

prole, è adeguatamente motivata con l’accertamento che l’immobile in questione no.<br />

PADRE ASSENTE? AI FIGLI VA COMUNQUE IL SUO COGNOME<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 4819/2009<br />

Anche se un padre è “assente” e non adempie ai suoi doveri naturali, ai figli spetta sempre e in ogni caso il<br />

cognome paterno. Lo chiarisce la Corte di Cassazione che ha convalidando la decisione dei giudici di merito<br />

di imporre ad una minorenne di continuare a conservare il cognome del padre anche se questi "e' venuto ai<br />

propri obblighi naturali, lasciandola priva dell'apporto affettivo". La madre della ragazza aveva chiesto che<br />

alla bambina venisse messo il suo cognome visto che il padre continuava ad essere un uomo assente e nel<br />

rivolgersi alla supreva corte aveva fatto notare che "la conservazione del cognome paterno in ipotesi di gravi<br />

negligenze e trascuratezze comporta e può comportare per il minore un grave danno perché ogni volta che<br />

si presenterà con il cognome del padre coniugherà il proprio senso d'identità con la perdurante assenza del<br />

padre e con il fatto lacerante del suo abbandono”. I giudici di Piazza Cavour, (sentenza 4819/2009) hanno<br />

respinto il ricorso evidenziando che "e' da escludere che il diritto del minore possa essere influenzato<br />

direttamente da valutazioni circa la correttezza del comportamento del genitore". Alla bambina resta dunque<br />

il cognome del papà anche se questi "anche dopo la sentenza di primo grado non aveva versato nessuna<br />

somma per il suo mantenimento ed era venuto meno ai propri obblighi naturali, lasciandola priva dell'apporto<br />

affettivo".

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