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Raccolta Sentenze

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PER GLI ACCERTAMENTI BANCARI È LEGITTIMO L’UTILIZZO DELLO STRUMENTO PRESUNTIVO<br />

SECONDO CUI VERSAMENTI E PRELEVAMENTI SONO CONSIDERATI RICAVI<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 18339 DEL 17 AGOSTO 2009<br />

Nell’ambito di un accertamento bancario, avente a oggetto la contestazione di movimentazioni di denaro sul<br />

conto corrente del contribuente, l’Amministrazione finanziaria non è onerata a fornire alcuna prova circa la<br />

sua pretesa. Al contrario, spetta al contribuente provare, con giustificazioni precise e analitiche, l’irrilevanza,<br />

ai fini reddituali, delle movimentazioni contestate. La sentenza, nell’affrontare il tema della prova negli<br />

accertamenti bancari e del soggetto tenuto a fornirla, si sofferma inoltre su ulteriori problematiche. In<br />

particolare, su due aspetti: l’uno a carattere oramai consolidato, l’altro, invece, innovativo. Con riferimento al<br />

primo, si ribadisce il principio più volte evidenziato dalla Cassazione (cfr Cassazione, sentenze nn.<br />

11750/2008, 18868/2007, 28324/2005 e 8422/2002), secondo cui i precetti di cui agli articoli 32 e 51,<br />

seppure implicitamente, contengono una vera e propria presunzione legale a favore del Fisco. Il legislatore,<br />

in questo modo, ha inteso predeterminare il legame fra “l’evento noto” (prelievi e/o versamenti sul conto<br />

corrente del contribuente) e l’“evento ignoto” riguardante la produzione di ricavi per l’impresa. Sulla base di<br />

questi presupposti, l’Amministrazione finanziaria può legittimamente basare un proprio accertamento, senza<br />

avvalersi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, previsti dall’articolo 2729 del codice civile. In ogni<br />

caso, trattasi di presunzione legale relativa, per la quale è ammessa la prova contraria che, nel caso in<br />

esame, consiste nella dimostrazione che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari e che<br />

i versamenti sono stati registrati in contabilità o sono irrilevanti ai fini della determinazione del reddito. L’altro<br />

aspetto riguarda la “qualità” della prova che il contribuente deve fornire. La Cassazione, infatti, ritiene che<br />

per vincere la presunzione di cui sopra non sia sufficiente giustificare le movimentazioni con argomentazioni<br />

“fondatamente giustificabili”e che non sia affatto irrilevante che esse “non siano giustificabili analiticamente”.<br />

Pertanto, il contribuente che vuole sostenere le sue ragioni davanti ai giudici del merito, deve provare, in<br />

maniera rigorosa e per ogni singola operazione di conto corrente, che le giustificazioni da lui addotte siano<br />

riconducibili, sicuramente e univocamente, alla singola movimentazione di conto corrente contestata<br />

nell’avviso di accertamento. Nel caso contrario, tali giustificazioni non potranno mai costituire una prova<br />

sufficiente a superare la presunzione stabilita dalla legge.<br />

ICI, AI FINI DELL'ESENZIONE RILEVA IL REQUISITO CATASTALE DEL FABBRICATO<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 18565 DEL 21 AGOSTO 2009<br />

"In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'immobile che sia iscritto nel catasto fabbricati come<br />

"rurale", con l'attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza<br />

dei requisiti previsti dall'art. 9, D.L. n. 557 del 1993, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni,<br />

non è soggetto all'imposta ai sensi del combinato disposto dell'art. 23, comma 1-bis, D.L. n. 207 del 2008,<br />

convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e dell'art. 2, comma 1, lettera a), D.L.gs. n. 504 del 1992.<br />

L'attribuzione all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificatamente dal<br />

contribuente che pretenda la non soggezione all'imposta per la ritenutà ruralità del fabbricato, restando<br />

altrimenti quest'ultimo assoggettato ad ICI. Allo stesso modo il comune dovrà impugnare l'attribuzione della<br />

categoria catastale A/6 o D/10 al fine di poter e legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato<br />

all'imposta. (...) Tra i predetti requisiti, per gli immobili strumentali, non rileva l'identità tra titolare del<br />

fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative<br />

che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o<br />

commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci".<br />

Il caso al vaglio della Corte origina dall'impugnazione proposta dalla società cooperativa contribuente<br />

avverso il rigetto da parte del Comune dell'istanza di rimborso ICI per le annualità dal 2000 al 2003,<br />

relativamente ad un fabbricato, classificato in categoria D/8 e utilizzato dalla predetta società come bene<br />

strumentale all'attività agricola di manipolazione, conservazione valorizzazione o commercializzazione dei<br />

prodotti agricoli proveniente dalle coltivazioni dei soci agricoltori. La cooperativa ne denunciava dunque il<br />

carattere di "ruralità".<br />

Il giudice di primo grado riteneva che nel caso di specie mancassero i requisiti previsti per l'esenzione,<br />

ovvero, la titolarità del fondo cui l'immobile è asservito (il proprietario del fabbricato deve possedere anche la<br />

proprietà del fondo cui l'immobile è asservito), e la provenienza del volume d'affari del proprietario (che per<br />

al meno il 50% deve originare da attività agricola).<br />

In osservanza del principio sopra enunciato la Corte decide per il respingimento del ricorso presentato dalla<br />

cooperativa, in quanto, seppur il carattere di ruralità poteva essere riconosciuto al fabbricato in oggetto, la<br />

società ricorrente non aveva provveduto ad impugnare la classificazione catastale del fabbricato al fine di<br />

ottenerne la variazione in D/10.

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