Pier Francesco Grasselli Strada libera - Centro di Documentazione ...
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IX<br />
Il giorno seguente controllai <strong>di</strong> non aver lasciato niente nel capanno e<br />
assicurai le borse alla motocicletta. Indossai la solita t-shirt bianca e i<br />
jeans imbottiti alle ginocchia. Poi andai a salutare i ragazzi, che sarebbero<br />
tornati in città il giorno seguente. Remo e Ugo avrebbero continuato l'interrail.<br />
Noi quattro avremmo proseguito per Budapest.<br />
- Devo fare una cosa, - <strong>di</strong>ssi a Diego, - impiegherò una ventina <strong>di</strong> minuti.<br />
Andai al campeggio <strong>di</strong> Medulin. Volevo salutare Adrienne. Quando però<br />
arrivai nel posto in cui il giorno prima si trovava il suo camper, non vi<strong>di</strong> nè<br />
lei, nè il camper, nè i suoi genitori. Erano partiti. Non c'era più niente che<br />
mi trattenesse in Croazia, a parte qualche fotografia e un mucchio <strong>di</strong> bei ricor<strong>di</strong>.<br />
Tempo <strong>di</strong> ingrassare le catene, <strong>di</strong> controllare i livelli dell'olio delle motociclette,<br />
<strong>di</strong> posizionare le carte stradali sulle borse da serbatoio e <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are<br />
il percorso da seguire, la nostra rombante carovana si rimise in viaggio.<br />
Eravamo stracarichi con le borse e i bauletti e la tenda legata alla moto<br />
<strong>di</strong> Diego con i ganci elastici. Ora stavo io in testa e gli altri mi seguivano.<br />
Fermammo a Pola a fare il pieno <strong>di</strong> benzina e lasciammo la città passando sotto<br />
l'Arena e prendendo la strada per Rijeka, l'antica Fiume degli italiani.<br />
Erano le un<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> mattina e la giornata si faceva più calda. Avremmo<br />
voluto partire presto, ma la notte precedente era stata l'ultima notte a Medulin<br />
e avevamo fatto confusione fino a tar<strong>di</strong>. Io stesso ero stravolto e avevo alle<br />
spalle sì e no cinque ore <strong>di</strong> sonno, ma il vento in faccia mi svegliava e il<br />
caffè ristretto che avevo bevuto cominciava a fare effetto.<br />
Jacopo indossava una maglia nera con le maniche tagliate e guidava la sua<br />
Kavasaki mettendo in mostra i tatuaggi che aveva sulle braccia. Ne aveva <strong>di</strong><br />
molto belli e vistosi. Sul braccio destro aveva un lupo e un in<strong>di</strong>ano e sul<br />
braccio sinistro aveva un dragone. Le motociclette facevamo un gran rumore e,<br />
quando ci fermavamo ai semafori, la gente ci guardava a bocca splancata. Ma a<br />
fermarci ai semafori faceva troppo caldo e noi sudavamo nei giubbotti e dovevamo<br />
muoverci e prendere aria.<br />
Uscimmo nella campagna <strong>di</strong> Pola e Diego mi in<strong>di</strong>cò il cielo terso. Io staccai<br />
la mano dal manubrio e unii il pollice e l'in<strong>di</strong>ce e <strong>di</strong>ssi: - E' andata bene, è<br />
una giornata magnifica!<br />
Attraversammo una serie <strong>di</strong> villaggi sperduti nella campagna, dalle case<br />
basse e grigie. Mi accorsi che il senso <strong>di</strong> desolazione che provavo all'inizio<br />
del soggiorno era svanito. Mi ero affezionato ai paesaggi della Croazia e mi<br />
<strong>di</strong>spiaceva lasciarli. Ero giunto ad apprezzare la natura incontaminata che prima<br />
avevo scambiato per desolazione o mancanza <strong>di</strong> civiltà.<br />
Arrivederci Pola, alla prossima estate.<br />
Uscimmo dall'Istria. Le strade erano buone e si andava via bene. A un certo<br />
punto entrammo in un lungo tunnel a pagamento. Le moto facevano un baccano<br />
infernale là dentro. La luce era debole e io dovetti abbassarmi gli occhiali da<br />
sole sulla punta del naso per vederci qualcosa.<br />
Appena usciti dal tunnel, ci trovammo sulla destra l'azzurro golfo del<br />
Quarnaro, cinto da tutte le parti. Eravamo quasi a Rijeka. Un'ora più tar<strong>di</strong><br />
tagliavamo verso l'interno su un'autostrada spaziosa che ci permetteva <strong>di</strong> tenere<br />
un'andatura sostenuta. Salimmo in montagna e fu <strong>di</strong> nuovo strada normale e<br />
trafficata. Diminuimmo la velocità seguendo le in<strong>di</strong>cazioni per Zagabria. Ai lati<br />
avevamo boschi fitti <strong>di</strong> alberi e paesi. Faceva fresco e ora, anche se ci<br />
fermavamo ai semafori, non sudavamo più. Le motociclette rispondevano magnificamente<br />
e guidare era rilassante.<br />
Arrivati a Zagabria, andammo verso la stazione ferroviaria e fermammo le<br />
motociclette davanti a un albergo. L'uomo alla reception consultò il registro e<br />
scosse la testa. Non volevamo avere tempi da rispettare e non avevamo fatto<br />
prenotazioni. Trovammo posto all'Hotel Center. Lasciammo le moto davanti<br />
all'albergo e domandammo al portiere <strong>di</strong> tenerle d'occhio mentre occupavamo la<br />
stanza. Poi tornammo giù a chiudere le moto e a mettere insieme una mancia per<br />
il portiere.