Pier Francesco Grasselli Strada libera - Centro di Documentazione ...

colorati e le motociclette in assetto da viaggio, e a me dispiace di farci
vedere così giovani, liberi e sfaccendati, quando lui avrà per lo meno il doppio
dei nostri anni, è minacciato dalla calvizie ed è costretto a vivere in un posto
pieno così di suonati. Mi dispiace sul serio, ma cosa posso farci?
E tutt'a un tratto non si mette a strillare: - EHI', ASPETTATE! VOGLIO
VENIRE CON VOI! ASPETTATE! VOGLIO VENIRE CON VOI! - Grida, salta e si sbraccia
attirando l'attenzione di tutti. - FERMA!!! VOGLIO VENIRE CON VOI!!! FERMA!!!
VOGLIO VENIRE CON VOI!!!- Non la smette più. Non guarda più nemmeno noi, si
rivolge direttamente al Padreterno. Urla al cielo tutta la sua rabbia, tutta la
sua disperazione. Mostra il pugno alle nuvole, batte i piedi per terra, tira
calci alla rete metallica.
Tornai a guardare la strada. Nessuno della truppa fiatava più. Il punto è
che dappertutto si fa un gran parlare di libertà. A scuola ti dicono un milione
di cose sul fatto che sei libero e su tutto quello che segue. E invece la
faccenda è semplicissima: se sei libero puoi andare in giro e fare quello che ti
pare e piace; se non lo sei non puoi. Fine della storia. Non c'è poi tanto da
capire.
La moto più veloce era quella di Jacopo, uno ZZR Kavasaki a cui nessuno
stava davanti. Max lo seguiva a distanza ravvicinata sul suo Ducati Monster nero
antracite. Poi venivo io sulla mia Aprilia e Diego sulla sua Honda.
Viaggiammo in autostrada con Jacopo che faceva da capobranco e teneva una
velocità accettabile per tutte le motociclette.
Vicino a Padova, Diego mi si affiancò e diede due colpetti al serbatoio con
il palmo della mano. Doveva fare benzina. Passai alla testa del gruppo e svoltai
alla prima stazione di servizio.
- Si va via spediti, - disse Jacopo.
- Io sono già stravolto, - disse Diego, - datemi da bere, - ed entrò nell'autogrill.
Scambiammo le prime impressioni di viaggio e fumammo una paglia seduti sul
bordo di una fioriera. Le moto cuocevano al sole.
- Vado a cambiare l'acqua al pesce, - disse Jacopo avviandosi alla toilette.
- Ti seguo, - disse Max.
Diego uscì dall'autogrill con una lattina di birra. Ne scolò la metà e me
la passò. Ne presi un sorso. Era ghiacciata.
Si avvicinò una donna sui trent'anni. Sulla testa aveva un foulard a fiori
e indossava un paio di pantaloni da lavoro e una fruit senza scritte. A tracolla
aveva uno zaino e in mano dei libri.
- Ciao, ragazzi.
Diego salutò cordialmente. Io non avevo in simpatia quelli che ti avvicinavano
in autogrill: il più delle volte provavano a rifilarti qualche stupidata.
- Di dove siete? - domandò.
- Reggio Emilia, - rispose Diego.
- Ci sono stata, sapete? - disse la donna.
- Non è un gran posto, - intervenni io.
- Meglio di molti altri.
Mi piacque, quella risposta.
- Sono del centro culturale Hare Krishna dell'Albettone...
- Hare Krishna, dai, non pensavo esistessero sul serio. Dimmi, dov'è che
state? - la interruppe Diego.
- Abbiamo questo centro vicino a Vicenza... guarda, è qui.
Tirò fuori dallo zaino una specie di biglietto da visita con su la mappa
della zona e gli indicò il punto esatto.
- E cosa fate laggiù?
- Oh, meditazione, soprattutto Yoga... e stampiamo dei libri.
- Tu di dove sei?
- Di Genova.
- E cosa fai nella vita?
- Mi sono diplomata in ragioneria, se è questo che vuoi sapere, ma non ero
contenta della vita che facevo. Volevo andare in India. Poi ho letto per caso un
libro Hare Krishna e mi sono interessata. Un giorno sono andata a curiosare in