Pier Francesco Grasselli Strada libera - Centro di Documentazione ...

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- Ma quanto hai bevuto? - gli domandai, vedendo che era abbastanza avanti. - Un Orange-vodka, - disse. - Lo reggi da dio. - Modestamente. - Sei sempre il numero uno! - disse avvicinando il palmo per battere il cinque. - Tu invece mi fai schifo, - avrei voluto dirgli. E invece sapete cos'ho fatto? Gli ho battuto quel suo cazzo di cinque. Palmo contro palmo. Ci teneva tanto, poverino. Non riesco a essere cattivo con quelli come lui. Si voltò e se ne andò verso la scala. Sempre muovendosi a tempo di musica, è chiaro. Rimasi un poco alla balaustra, poi mi spostai su un divanetto, dove c'era Piero in stato catatonico. - Come la vedi? - mi chiese. - Male, - dissi. - Anch'io, se non gli avessi dato trentacinque sacchi me ne andrei al volo? - Tanto ormai glieli hai dati, cosa ti frena? - Lo so, però... Ecco una cosa che con tutta la buona volontà non riesco a capire. Hai sputtanato dei soldi per romperti la fava. E allora perchè non te ne vai? Devi per forza rompertela fino in fondo? Boh, giuro che non la capisco. - Io vado. Lo salutai e me ne andai a casa.
XVIII La canzone era Kiss me, dei Six Pence None The Richer, e noi ce ne stavamo al Clipper, al solito tavolo sotto il Taxi-Bob, incerti se trasferirci da Emma per una grappa o all'osteria per una birra. - Serata tranquilla, - disse Johannes. - Noiosa, vuoi dire, - dissi. - Vuoi una sigaretta? - domandò, e se ne accese una. - No, fumo troppo in questo periodo. - Ho notato. - Se ci pensi qui non si fa altro che bere, mangiare, fumare e dormire. - Una vita sana, - disse in uno sbadiglio. - Cosa stiamo a fare a Cortina? Non lo so. - Dicono sia un bel posto. La Perla delle Dolomiti, la chiamano. - Oh, per la vita che facciamo... Era vero. Per la vita che facevamo Cortina non valeva niente. O meglio, valeva tanto come qualsiasi altro posto. Non si faceva altro che bere e fumare e passare da un bar all'altro. Gente di quella che piaceva a me ce n'era proprio poca: figli di papà, supercafoni... voi scherzate ma la canzone di Piotta è di un realismo agghiacciante! Erano anni che andavo a Cortina e avevo avuto modo di conoscere le giovani leve. Non c'era niente dietro le camicie Polo, i cappellini Nike e gli occhiali Ray-ban. Erano tutti belli, abbronzati e pieni di soldi, ma non erano molto diversi dai manichini che vedevi nella vetrina della Cooperativa. Oltretutto faceva un freddo allucinante. Pareva d'essere in dicembre, anzichè nel pieno dell'estate. L'unica cosa buona è che mi stavo facendo una cultura straordinaria in fatto di cocktails. Tra i vari Cuba Libre, Spritz e Gin Lemon li avevo provati tutti. Credo d'essere arrivato a odiare Cortina, dopo due settimane di quella vita. Il maltempo che non finiva mai, la monotonia di quelle giornate, l'apatia di quelle serate. So solo che a un certo punto non ne potevo più di stare là. Mi sarebbe piaciuto andare a Parigi. Volevo andarci da quando avevo letto quel libro di Hemingway, Festa Mobile. Un gran libro, tra le altre cose. Fu così che decisi di andarci. Tempo di far dare una controllata alla motocicletta, e via. - Tra qualche giorno parto, - dissi a Johannes. - Quando l'hai deciso? - In questo istante. - E dove vai? - Parigi. - Davvero? - Sì. - E come? In aereo? - In moto. Sgranò gli occhi come a dire ho davanti un folle e disse: - So che ne sei capace, quindi non ti dico niente, ma è lunghetta da qui a Parigi. - Se tutto va bene in due giorni sarò là. - Dovrai fare tappa da qualche parte. - Questo è poco ma sicuro. - Con chi vai? - Solo. - Hai della voglia. - Per quale motivo? - Non credi che ti annoierai a morte se vai là da solo. Parigi è una città splendida, ma è da visitare in compagnia. - Conosci il motto chi non sta bene con sè stesso non sta bene con nessuno, se proprio vuoi saperlo credo che non mi annoierò affatto. - Se è così che la pensi. - E poi, se una sera sono triste, posso sempre fare un giro a Pigalle, no? - Il quartiere erotico? - Esatto.
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