Pier Francesco Grasselli Strada libera - Centro di Documentazione ...

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- Arriverai a conoscerlo bene. Lo mandai in quel posto. Poi dissi: - Ti dico cosa farò. Prenderò una stanza in albergo, inviterò una bella parigina e... be', lavora di fantasia. - Tu lavori troppo di fantasia, secondo me. - Chi ti dice che non troverò la mia Sophie Marceau? - Te lo auguro. - Me la offri ora, quella sigaretta? Johannes tirò fuori il pacchetto, lo battè sul tavolo un paio di volte per farne uscire una e me lo porse.
XIX Sbrigai gli ultimi preparativi. Comperai una cartina di Parigi e alcuni pezzi di ricambio. Il meccanico mi aveva consigliato di portare con me una candela di riserva, dei morsetti, un filo della frizione e uno spray lubrificante da spruzzare sulla catena quando era troppo secca. Tutta roba che portava via spazio al mio bagaglio, ma era bene averla dietro. La mattina del ventotto di agosto andai alla finestra. Uno spicchio di sole si era affacciato tra i nuvoloni scuri. Mi misi a fare il tifo. E il sole non si fece desiderare. Nel giro di dieci minuti si fece largo tra gli odiosi grigioni di fumo e inondò il paese con i suoi raggi. In bagno c'era una bilancia che usai per pesare le borse e far sì che il carico fosse ben distribuito sulla motocicletta. Indossai la mia tenuta da viaggio. Andai in garage e accesi la motocicletta. Lasciai andare il motore fino a che l'acqua non si riscaldò e la lancetta si spostò sui cinquanta gradi. Poi la portai fuori e sistemai il carico. Quando chiusi casa e lanciai un ultimo sguardo alle montagne e al paese che tenevano in grembo, vidi com'era bella Cortina sotto il sole. Gli altri giorni m'era parsa bigia e triste, perchè anche il mio animo era bigio e triste. Ma forse quel giorno mi pareva così bella solo perchè la stavo lasciando. E così mi misi in viaggio. Ero euforico. Pensate che cantavo. Cantavo, giuro. "Fly Away", di Lenny Kravitz. E poi anche "Born To Be Wild", degli Steppenwolf. Ero contento di fare quel viaggio. Non avevo tanto in mente la mia destinazione, quanto il viaggio che stavo per fare. Ma ci pensate? Potevo andare dove volevo e fare quello che volevo. Avevo la libertà, quella vera. Allora non me ne rendevo conto, ma avevo più libertà di quanta ne avrei mai posseduta in tutta la mia vita. Superai Dobbiaco, andai fino a Bressanone e lì entrai in autostrada. Mi dava soddisfazione incrociare un altro motociclista e salutarlo. E qui c'è da dire una cosa. Di solito non sono mai io il primo a salutare. Sono gli altri che lo fanno e io rispondo per non essere scortese. Quel giorno però era diverso. Ero di buon umore e avevo voglia di salutare tutti. Eh sì, quel giorno facevo parte della Tribù dei Motociclisti! Dopo il passo del Brennero il tempo peggiorò di brutto. Il cielo inscuriva a vista d'occhio. A Innsbruck fui colto da un acquazzone che non mi lasciò altra scelta se non quella di sostare sotto la tettoia di una stazione di servizio. Ne approfittai per fare il pieno alla moto e per chiedere indicazioni sulla strada da prendere. Dovevo andare verso Landeck, e poi dovevo passare dall'Austria alla Svizzera seguendo il percorso più diretto. Mentre aspettavo che spiovesse, offrii una sigaretta all'uomo della pompa di benzina. Quello se l'accese proprio davanti al cartello di "vietato fumare", fregandosene altamente. Sotto i piedi aveva una chiazza scura di benzina versata, e continuava a farci cadere la cenere sopra. Un bell'incosciente. Venti minuti dopo la pioggia diminuì d'intensità. Io mi rimisi in moto, sperando di lasciarmi l'acquazzone alle spalle. E così fu. Una trentina di chilometri da Innsbruck, forse meno, il cielo riprese colore e il sole tornò a farsi vedere. Allo stesso tempo io ricominciai a sentirmi entusiasta del viaggio. Avevo i jeans umidi per via dell'acqua che avevo preso prima di trovare riparo alla stazione di servizio, ma quando sei su una moto in movimento, col vento e tutto quanto, ci metti un attimo ad asciugarti. E difatti in men che non si dica i miei jeans erano asciutti e sul mio giubbotto di pelle non cera più neanche una goccia d'acqua. Per le sette fui a Zurigo. Decisi che come primo giorno era abbastanza. Uscii dall'autostrada ed entrai in città. Arrivai davanti alla stazione e chiesi a un tassista di indicarmi un buon albergo. Lui mi indicò un hotel pieno di bandiere proprio di fronte a dov'eravamo. - Penso che sia troppo caro per me, - dissi in inglese. Allora ci intendemmo. Il tassista sorrise e mi fornì indicazioni per altri due alberghi più alla mano. Lo ringraziai, cominciai a girare a vuoto e, ov-
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