Pier Francesco Grasselli Strada libera - Centro di Documentazione ...
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Jacopo montò in sella, accese il motore e sgasò potentemente. La Kavasaki<br />
balzò sulla corsia <strong>di</strong> immissione e l'istante successivo l'avevo già perso <strong>di</strong><br />
vista.<br />
Una mezz'ora per Mestre, un'altra ora e mezzo per Trieste ed eccoci fuori<br />
dall'Italia. Entrando in Slovenia, notammo un sensibile calo del traffico.<br />
Jacopo staccò le mani dal manubrio per un secondo e fece il segno del timeout.<br />
Ci fermammo nel primo posto. E il primo posto era il Caffè del Moro. Lì<br />
assaporammo la gioia <strong>di</strong> scendere dalle moto e <strong>di</strong> appoggiare la schiena allo<br />
schienale delle se<strong>di</strong>e, e dopo quasi cinque ore <strong>di</strong> viaggio, state sicuri, non è<br />
una gioia piccola.<br />
Ci facemmo quattro caffè pagando in Lire anzichè in moneta slovena. Io mi<br />
levai il giubbotto, duro e pesante per le protezioni, e mi stirai ben bene. Fu<br />
come stare in Para<strong>di</strong>so. Viaggiare in moto è una cosa magnifica, ma può essere<br />
molto faticoso.<br />
- Cazzo, ho la schiena rotta... mi sa che è stato un errore prendere lo<br />
zaino, - mi <strong>di</strong>sse Diego a un certo punto.<br />
- Non te lo volevo <strong>di</strong>re.<br />
Sorseggiò il caffè, poi <strong>di</strong>sse: - Che ne <strong>di</strong>ci, potremmo andarci davvero a<br />
trovare gli Hare Krishna, una volta o l'altra?<br />
- Ve<strong>di</strong>amo.<br />
- Quella donna era simpatica, no?<br />
- Direi <strong>di</strong> sì. Ma i biscotti facevano cagare.<br />
La sosta durò venti minuti.<br />
Ripartimmo nella brutale canicola degli ultimi giorni <strong>di</strong> Luglio e cavalcammo<br />
sull'asfalto che scottava, mantenendo una buona andatura, seguendo prima<br />
le in<strong>di</strong>cazioni per Capo<strong>di</strong>stria e poi quelle per Pola. Destinazione, un paese <strong>di</strong><br />
nome Sisan, nelle vicinanze <strong>di</strong> Pola. I ragazzi erano già là da qualche giorno.<br />
Ugo e Remo stavano facendo l'inter-rail e sarebbero arrivati in serata.<br />
Fra Slovenia e Croazia, ci fermammo al Duty Free Shop a fare scorta <strong>di</strong><br />
sigarette e in breve tempo passammo sopra il gran ponte <strong>di</strong> ferro che si trova<br />
sulla strada per Pola. Andammo verso sud, verso quella che era la punta estrema<br />
dell'Istria, sudando nei nostri giubbotti, fermandoci <strong>di</strong> tanto in tanto a fumare<br />
una paglia seduti sul guard-rail o a prendere fiato all'ombra <strong>di</strong> una casa, fino<br />
a che il sole non scomparve a ovest e ci lasciò in pace.<br />
A Pola domandammo la via per Sisan e arrivammo che erano le nove passate.<br />
Di Ugo e <strong>di</strong> Remo non si avevano notizie. Qualcuno li dava per <strong>di</strong>spersi. Gli<br />
altri erano tutti lì e fu una grande rimpatriata.<br />
La casa apparteneva a un uomo chiamato Bruno Ognjenovic. Bruno era sulla<br />
quarantina e aveva lineamenti slavi.<br />
- Zdravo, - <strong>di</strong>sse alzando la mano in segno <strong>di</strong> saluto.<br />
- Salve, - <strong>di</strong>ssi.<br />
- Avete viaggiato bene?<br />
- Benissimo.<br />
Bruno ci mostrò l'alloggio. Si trattava <strong>di</strong> un capanno degli attrezzi riadattato<br />
a dormitorio. Tre letti a castello in tre metri per tre, senza elettricità<br />
nè acqua corrente. E andava bene se alla prima folata <strong>di</strong> vento non volava<br />
via il tetto.<br />
Di positivo, c'era che Bruno chiedeva sessanta carte a notte per quella<br />
sistemazione <strong>di</strong> fortuna. Questo significava che, se avessimo trovato Ugo e Remo,<br />
avremmo speso solamente <strong>di</strong>eci carte a notte. E pur <strong>di</strong> spender poco ci si<br />
adattava a tutto.<br />
C'era anche una tettoia sotto la quale potevamo mettere le moto, così da<br />
tenerle all'ombra e al riparo dalla pioggia. Ed era importante la buona salute<br />
<strong>di</strong> quelle cavalcature.<br />
L'appartamento dei ragazzi era un casino. Nel cucinotto erano accatastate<br />
scatole e scatole <strong>di</strong> pasta asciutta, grissini, casse <strong>di</strong> birra e altri generi<br />
alimentari. Pile <strong>di</strong> piatti incrostati <strong>di</strong> pomodoro aspettavano inutilmente <strong>di</strong> essere<br />
lavati. Avanzi <strong>di</strong> cibo intasavano lo scarico del lavello. Un grumo <strong>di</strong> pasta<br />
ad<strong>di</strong>rittura pendeva dal soffitto... nessuno si spiegava come fosse arrivato fino<br />
lì. Il frigorifero conteneva barattoli <strong>di</strong> sugo mezzi pieni, carne in scatola,<br />
lattine <strong>di</strong> birra, bottiglie <strong>di</strong> vino senza tappo e, miracolosamente ancora<br />
intatta, una bottiglia <strong>di</strong> vodka alla pesca. Il mistero <strong>di</strong> quella bottiglia fu<br />
presto risolto. La vodka era da aprire solo nel caso in cui i ragazzi avessero