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Edizione del 02/06/2013 - Corriere

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CORRI R<br />

Domenica 2 giugno <strong>2013</strong><br />

Vite che bruciano di violenza<br />

Ne “Gli incendi <strong>del</strong> tempo” di Emilia Bersabea Cirillo il primo grande dissolvimento, il genocidio, ma anche mille altre storie:<br />

il terrorista Leo, gli anarchici Sacco e Vanzetti e l’emigrante Nicola, i bambini africani in balia dei mercanti di schiavi<br />

CARLA PERUGINI<br />

Ci si ritrova in un autore<br />

amato come in<br />

una dimora a noi<br />

nota: si riconoscono<br />

i luoghi che la<br />

costituiscono, gli<br />

arredi che la occupano, lo stile<br />

che giustifica quanto si è scelto e<br />

quanto si è scartato. Ci accomodiamo<br />

in questa casa aspettando<br />

di trovarci comodi, da ospiti altrettanto<br />

prediletti, che non saranno<br />

defraudati da quel patto<br />

finzionale (e amicale) che sta a<br />

monte <strong>del</strong>la finzione narrativa.<br />

Entrare, quindi, per me in un<br />

nuovo libro di racconti di Emilia<br />

Cirillo è come tornare a casa, a<br />

causa <strong>del</strong>la lunga frequentazione<br />

(da lettrice, da critica e da amica)<br />

con la scrittrice, ma anche <strong>del</strong>la<br />

consapevolezza che il mio orizzonte<br />

d’attesa neanche questa<br />

volta mi sarà sottratto o mistificato.<br />

So che vi ritroverò quella<br />

scrittura insieme colloquiale e colta,<br />

preferentemente dialogata, con un uso<br />

esatto e spiazzante <strong>del</strong> dialetto, una<br />

scrittura dal taglio sghembo e sintetico,<br />

con punti di vista sorprendenti e personaggi<br />

di cui ci sembra di riconoscere le<br />

fattezze reali, ma che pure appartengono<br />

di pieno diritto al mondo<br />

<strong>del</strong>l’arte. Perché proprio in<br />

questo consiste l’abilità <strong>del</strong>la<br />

narratrice: nel farci guardare<br />

alle creature che popolano<br />

le sue pagine come a dei<br />

nostri compagni di gioventù, o<br />

a degli amori perduti o a degli<br />

amici attuali, per poi riportarle<br />

nell’universo finzionale riprendendosele<br />

con una mossa repentina,<br />

dovuta a un taglio brusco<br />

<strong>del</strong>la narrazione o a una conclusione<br />

inaspettata <strong>del</strong>la vicenda<br />

o a una dilatazione o restrizione<br />

<strong>del</strong> tempo in cui esse agiscono.<br />

Già, il tempo. Se in questo mondo<br />

esso è la dimensione dominante, se<br />

«nuestra vida es tiempo», come scriveva<br />

Antonio Machado, in questo libro<br />

segna la direzione scelta dalla scrittrice<br />

fin dal titolo, in cui, in combinazione<br />

con “gli incendi”, esso fa da marcatore,<br />

da segnalatore di intenzioni, e innanzitutto<br />

ci indica i punti di riferimento, riferimenti<br />

alti (Paul Celan, la letteratura<br />

<strong>del</strong>la shoah), ma insieme prevedibili<br />

per chi conosce certe predilezioni di lettura<br />

di Emilia. E quindi soffermiamoci<br />

sulla soglia <strong>del</strong> libro, che a una soglia,<br />

pur tacendola, rimanda: Von Schwelle<br />

zu Schwelle (Di soglia in soglia) recita<br />

il titolo <strong>del</strong>la raccolta di poesie da cui<br />

sono tratti i versi in epigrafe, l’ultimo<br />

dei quali dà il titolo ai racconti. Un titolo,<br />

dunque, scelto non solo perché<br />

bello, intenso e poetico, ma perché significativo.<br />

I due elementi, infatti, compaiono<br />

continuamente nei testi, appaiati,<br />

in combinazioni sintagmatiche<br />

così frequenti da smentirne ogni casualità.<br />

Il primo grande incendio <strong>del</strong> tempo, <strong>del</strong><br />

nostro tempo, è quello <strong>del</strong>l’umanità<br />

bruciata nell’insensato rogo <strong>del</strong>la<br />

shoah, che continuò a segnare, con le<br />

sue ceneri soffocanti, l’esistenza e la fine<br />

di tanti sopravvissuti al genocidio,<br />

fra essi lo stesso Celan, suicida a Parigi<br />

nel 1970, a cui è idealmente dedicato il<br />

libro. Ma di vite bruciate c’è traccia anche<br />

nei protagonisti <strong>del</strong>le varie storie:<br />

dal terrorista Leo <strong>del</strong> racconto omonimo<br />

che apre la raccolta, a cui la sua antica<br />

fidanzata rimprovera la spietata indifferenza<br />

verso i<br />

massacri <strong>del</strong>le vite<br />

altrui («Ognuno brucia<br />

la sua vita come<br />

crede», p. 26), alla<br />

sabbia che scotta i<br />

piedi dei bambini<br />

e degli adolescenti<br />

costretti a lasciare<br />

l’Africa in<br />

balia di mercanti<br />

di schiavi (Sogno<br />

di sabbia),<br />

al bruciare non<br />

metaforico degli<br />

anarchici<br />

Sacco e Vanzetti,condannati<br />

alla sedia elettrica<br />

e rievocati nel tempo lento e doloroso<br />

di un emigrante meridionale in Germania<br />

(Capo lavoro: «Era una storia tremenda,<br />

senza speranza, l’ingiustizia di<br />

tutte le ingiustizie, due poveri cristi<br />

mandati a morire arrostiti con il cuore<br />

libero dal male», p. 40). Qui Nicola,<br />

l’incolto riggiolaro sensibile alla bellezza,<br />

con quel gesto di ribellione verso il<br />

padrone salva il suo mosaico di mattonelle<br />

<strong>del</strong>la piscina, messo in opera con<br />

meticolosità e fantasia, dal cattivo gusto,<br />

dalla fretta («il tempo fa il lavoro<br />

più importante», p. 46) e dallo sfruttamento<br />

<strong>del</strong>l’uomo sull’uomo. E, anche<br />

qui, qualcuno brucia, precisamente la<br />

pelle <strong>del</strong> padrone, che l’operaio ha investito<br />

con un’imprevista pioggia d’acqua<br />

«fredda e varechinosa» (p. 51). E<br />

brucia moltissimo l’eritema che ha invaso<br />

la pelle <strong>del</strong>la giovane Sabina, in<br />

vacanza con amici e fidanzato nella mitica<br />

Bretagna di Merlino e Viviana, leggende<br />

che improvvisamente trasformano<br />

la metà femminile di una relazione<br />

abitudinaria e spenta nell’appassionata<br />

e sensuale paziente di un desiderabile<br />

dottore francese, le cui cure spengono<br />

quell’incendio alla San Lorenzo sulla<br />

graticola in «un tempo di paradiso» (p.<br />

67). E, come rimedio alla passione im-<br />

LA DOMENICA DEL CORRIERE<br />

possibile, il bel medico sa solo<br />

consigliarle di affidarsi al tempo<br />

(p. 73).<br />

Nell’accogliente casa di pietra e<br />

di fiori di Licosa, l’incipit <strong>del</strong>la<br />

storia Il violino di Sena parte da<br />

una leggera bruciatura <strong>del</strong> polpastrello<br />

<strong>del</strong>l’io narrante per allargarsi<br />

all’incendio <strong>del</strong>la guerra in<br />

Iugoslavia e a un gesto di fraterna<br />

solidarietà con dei profughi<br />

bosniaci. Eppure, fra l’intellettuale<br />

italiana che offre ospitalità e la<br />

musicista straniera che con pudica<br />

ritrosia l’accetta, il dialogo si<br />

crea più grazie ai gesti e alla corporeità<br />

che alle parole: troppo pesante<br />

è infatti la finzione di guerre<br />

lette nei libri o viste nei film<br />

perché l’una possa fino in fondo<br />

capire la verità <strong>del</strong>l’altra, che la<br />

guerra l’ha vissuta sulla propria<br />

pelle e ne ha abbastanza di discorsi<br />

e riferimenti culturali. Nei<br />

racconti di Emilia la pacificazione,<br />

se arriva, non passa mai attraverso<br />

il venire a patti o la rassegnazione,<br />

ma, paradossalmente,<br />

attraverso il conflitto: è solo dopo lo<br />

scontro, pare volerci dire, che si puo’<br />

arrivare all’incontro. Oltre all’ultimo<br />

esempio basti pensare ai rapporti fra<br />

donne <strong>del</strong> racconto che chiude la raccolta<br />

(Tutto il suo), a quello nella coppia<br />

di Sabina e Dario in Océan o a quello<br />

fra amiche de Gli infiniti possibili. È<br />

questo, senz’altro, il frutto più maturo<br />

<strong>del</strong> libro, non a caso riproposto da una<br />

precedente raccolta, testo in cui confluiscono,<br />

e si amalgamano sapientemente,<br />

i Leitmotive <strong>del</strong>la scrittura di<br />

Emilia: i luoghi <strong>del</strong>la vita (Avellino, l’Irpinia),<br />

le persone con cui condividerli<br />

(i familiari, gli amici), gli ideali politici,<br />

la musica, il cibo buono, lo scorrere<br />

<strong>del</strong>le stagioni.<br />

Il ritmo -scriveva Platone- è ordine nel<br />

tempo. E in questo riandare con la memoria<br />

a una città scomparsa, trasformata,<br />

forse deformata, è proprio questo<br />

ritmo di cose, paesaggi e costumi che<br />

conferivano l’identità comune a una<br />

collettività ad essersi perduto. «Il tempo<br />

davanti a noi era lungo, come il corso<br />

cittadino dove consumavamo i nostri<br />

passi avanti e dietro, senza stancarci<br />

mai» (p. 1<strong>02</strong>), un tempo ciclico che si<br />

aprì d’improvviso, con naturalezza, a<br />

chi, da fuori, da lontano, gli insegnò ad<br />

ascoltare «altri infiniti possibili» (p.<br />

111). Quella che fu l’esperienza, indimenticabile<br />

per chi l’ha vissuta, di Musica<br />

Incontro, <strong>del</strong>l’arrivo in una sperduta<br />

provincia <strong>del</strong> Sud <strong>del</strong> più grande<br />

musicista italiano contemporaneo, Luigi<br />

Nono, diventa il racconto di una generazione<br />

che finì per perdere forse il<br />

suo migliore rappresentante, Saverio<br />

nella finzione narrativa, anche lui destinato<br />

a bruciare la propria vita, lasciando<br />

gli altri, annichiliti dal folle volo<br />

di quell’Ulisse incompreso, a spalare<br />

ogni tanto la neve <strong>del</strong> tempo dalle proprie<br />

vite, su cui s’è andata ammonticchiando.<br />

Il ritmo, l’ordine nel tempo.<br />

La voce narrante di Mimma lo cerca<br />

nella ripetitività, nella serialità e nell’esattezza<br />

<strong>del</strong> nuoto, <strong>del</strong> tuffo: «Cronometrare,<br />

vasca dopo vasca, è prendere<br />

le misure <strong>del</strong>la nostra vita» (p. 118).<br />

Forse, ci vuol dire, il tempo ci salverà<br />

dagli incendi. O forse no. La letteratura<br />

è, per antonomasia, lo spazio degli infiniti<br />

possibili.<br />

LETTERATURA<br />

Ha suscitato interesse tra i lettori <strong>del</strong>la<br />

Polonia il libro “Michelangelo Petruzziello<br />

La Poesia Latina in Europa", edito<br />

da Mephite cinque mesi fa. Questo contributo<br />

<strong>del</strong>la prof. Ewa Grzesiak , che qui<br />

riportiamo nella traduzione italiana, sarà<br />

pubblicato prossimamente su un magazine<br />

<strong>del</strong> suo paese. Ringraziamo la prof.<br />

Ewa Grzesiak per aver concesso in anteprima<br />

la pubblicazione <strong>del</strong> suo articolo<br />

sul nostro giornale.<br />

Quando noi pensiamo ad un libro, normalmente<br />

noi pensiamo alla sua creazione,<br />

alla sua pubblicazione e alla sua<br />

traduzione in altre lingue. Ma il libro di<br />

cui vogliamo qui parlare si differenzia da<br />

un simile schema. Questo libro è “nato”<br />

contemporaneamente in diverse lingue:<br />

italiano, inglese, polacco e … se si considera<br />

l’introduzione, in francese.<br />

I capitoli scritti in latino, rappresentano<br />

un'altra sorpresa. Il latino oggi, un linguaggio<br />

non usato in pubblicazioni<br />

scientifiche, e tanto meno per fini letterari.<br />

Questa non è l’ultima <strong>del</strong>le caratteristiche<br />

originali che presenta il libro. Un’ altra<br />

è la forma in cui è stata composto.<br />

Questo scrittore e poeta italiano contemporaneo-<br />

Michelangelo Petruzziello<br />

(19<strong>02</strong>-1961)- ha scelto il latino, quale lingua<br />

<strong>del</strong>le sue opere. Di qui la domanda:<br />

perché ha scritto in questa lingua, chiamata<br />

da alcuni morta? Gli autori dei saggi<br />

contenuti nel libro cercano di dare una<br />

risposta. Per essi l’ argomento più significativa<br />

è questo: il poeta ha usato il latino<br />

per un'opera d'arte, perché questa<br />

lingua è qualcosa di finito, stabile, compiuta,<br />

non si evolve come le lingue moderne.<br />

Chi è Michelangelo Petruzziello, questo<br />

poeta originale? Egli era nato in un paesino<br />

<strong>del</strong>la Campania - Montefalcione. La<br />

sua famiglia coltivava un piccolo appezzamento<br />

di terra. Per l’ istruzione,<br />

andò a studiare nel seminario diocesano<br />

di Benevento, dove acquistò una profonda<br />

conoscenza <strong>del</strong> greco e <strong>del</strong> latino. Qui<br />

ebbe l'opportunità di incontrare molti famosi<br />

studiosi italiani <strong>del</strong>la cultura classica.<br />

Non si avviò, però, alla vita sacerdotale<br />

, anche se i valori cristiani sono sempre<br />

stati importanti nella sua vita. Si laureò<br />

in lettere classiche presso l'Università<br />

di Napoli. Dopo la laurea insegnò per<br />

molti anni come professore di lingua italiana<br />

e latina nelle scuole secondarie di<br />

Avellino, in Abruzzo e a Salerno.<br />

La sua avventura letteraria iniziò con traduzioni<br />

da Orazio, per poi lui stesso<br />

comporre in latino. Fu premiato al Certamen<br />

Capitolinum nel 1953 con il racconto<br />

"Mater infelix ". Questa è una storia<br />

basata su fatti realmente accaduti: si<br />

parla di soldati italiani che nella seconda<br />

guerra mondiale si trovavano sul fronte<br />

<strong>del</strong>l’Europa Orientale. Senza alcun<br />

sentimentalismo, è la storia di persone<br />

comuni di diverse nazionalità (italiani, tedeschi,<br />

russi, polacchi) che sono accomunati<br />

nella storia di eventi dolorosi, che<br />

soffrono di nostalgia ed hanno bisogno<br />

22<br />

MICHELANGELO PETRUZZIELLO “LA POESIA LATINA IN EUROPA”<br />

Latino lingua morta?<br />

No, si scrivono libri<br />

di compassione e sostegno dagli altri.<br />

Michelangelo Petruzziello, segnato da<br />

grave malattia, poco prima <strong>del</strong>la morte<br />

tornò alla sua nativa Montefalcione dove<br />

morì nel 1961, nella casa in cui era nato.<br />

"Michelangelo Petruzziello La Poesia Latina<br />

in Europa." - un libro pubblicato da<br />

MEPHITE – si presenta non solo con la<br />

sua impaginazione e i contributi degli autori,<br />

ma contiene anche una riflessione<br />

che l’opera di questo poeta ha sul patrimonio<br />

comune d'Europa, le cui tracce si<br />

possono trovare non solo nelle memorie<br />

<strong>del</strong>la storia e <strong>del</strong>la lingua.<br />

Questo, però, non è <strong>del</strong> tutto sufficiente<br />

a spiegare perché il libro è stato scritto<br />

anche in polacco. Da che cosa è derivato<br />

questo interesse?<br />

Prima di tutto, si tratta di progetto comune,<br />

il risultato <strong>del</strong>la collaborazione tra<br />

insegnanti di entrambi i paesi (l’Italia e<br />

la Polonia) per il fascino <strong>del</strong>la storia, la<br />

tradizione e la lingua, promosso, questo<br />

impegno comune, da Virgilio Iandiorio (e<br />

con lui coinvolti nel lavoro Malvina Cichon,<br />

Francois Delolme, Fausto Baldassarre,<br />

Giuseppe Marano, Teresa Zeppa).<br />

In un capitolo, il curatore <strong>del</strong> libro fa riferimento<br />

a secoli di scambi commerciali<br />

e culturali tra le due nazioni. Egli ci ricorda<br />

non solo noti personaggi come la<br />

regina di Polonia ,Bona Sforza, ma anche<br />

meno famosi come quelli che parteciparono<br />

alla rivolta di gennaio. Facendo riferimento<br />

alla nostra storia, si dimostra<br />

l'importanza <strong>del</strong> latino nel plasmare il<br />

nostro paese. Etnicamente diversificata,<br />

la Polonia è stata per molti secoli un paese<br />

bilingue. Onnipresente nella politica,<br />

nell'educazione e nella religione, il latino<br />

è stato il fattore che ha consolidato la società<br />

e il sistema statale.<br />

Nell'era attuale <strong>del</strong>la moda di comunicare<br />

in inglese, potrebbe essere utile conoscere<br />

le nostre radici e mostrare che l'idea<br />

di comunicare nella stessa lingua,<br />

pur mantenendo il rispetto per la lingua<br />

nazionale, non è estraneo all'Europa. Anche<br />

se oggi non lo si apprezza sempre, il<br />

latino non è una lingua morta, ma può<br />

anche costituire un materiale letterario<br />

affascinante, e, grazie alla sua stabilità,<br />

può essere un'arte in sé.<br />

Il libro ha anche un’ altra qualità preziosa.<br />

Esso mostra che la cooperazione internazionale<br />

può portare notevoli risultati.<br />

Non è necessaria la sua dichiarazione<br />

nei trattati ufficiali tra i governi. Ma<br />

importante è l'impegno di conoscersi e la<br />

volontà di lavorare insieme.<br />

Gli autori sono insegnanti molto attivi,<br />

hanno intrepidamente eseguito questo lavoro.<br />

Penso che questo sia molto importante.<br />

Se gli insegnanti mostrano ai loro<br />

studenti che possono lavorare insieme a<br />

livello europeo, e che il loro lavoro ha<br />

specifici risultati misurabili, essi mettono<br />

in pratica il metodo migliore per educare<br />

le giovani generazioni in uno spirito di<br />

tolleranza e di senso di essere cittadini di<br />

un'Europa unita.<br />

Ewa Grzesiak

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