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F<strong>il</strong>e riservato ad esclusivo fine di studio<br />
La struttura del dolo nel pensiero di Giuseppe Bettol<br />
4. La valorizzazione del diritto penale dell’atteggiamento interiore.<br />
La soluzione che Bettiol propone nel 1968 è, per certi versi anticipatrice della<br />
sentenza che la Corte costituzionale avrebbe emesso soltanto venti anni dopo 41 . Tuttavia,<br />
egli non precisa con esattezza i contorni giuridici della sua proposta scientifica.<br />
Certamente essa vorrebbe spingersi ben al di là della modesta concessione alla<br />
colpevolezza che avrebbe fatto la Corte con la sentenza n. 364 del 1988. Bettiol, in<br />
ogni caso, compie nel lavoro scientifico dell’ultima parte della sua vita un importante<br />
tentativo di scandagliare più in profondità <strong>il</strong> retroterra soggettivo dell’<strong>il</strong>lecito penale.<br />
Un semplice ritocco all’art. 5 del codice penale non è infatti soddisfacente, né per<br />
lui, né oggettivamente. Le implicazioni del principio della libertà morale del soggetto<br />
sono, invero, ben più pregnanti della semplice esigenza che sia richiesta nel soggetto<br />
la coscienza dell’antidoverosità dell’agire. Occorre, infatti, spostare l’attenzione sui<br />
requisiti e sul significato dell’atto umano di volontà allo scopo di verificarne l’unicità,<br />
la complessità e la ricchezza ontologica, nonché allo scopo di precisare a quali<br />
condizioni e in che misura tale atto implichi una scelta deliberatamente antidoverosa<br />
e, dunque, una imputazione dolosa, ovvero semplicemente implichi una volontarietà<br />
indiretta e, dunque, una imputazione colposa o, addirittura, l’assenza di un fondamento<br />
ontologico sufficiente per l’imputazione.<br />
Si spiega alla luce di tali considerazioni la svolta che Bettiol avrebbe compiuto a<br />
partire dall’inizio degli anni ’70 verso l’elaborazione di un diritto penale dell’atteggiamento<br />
interiore. Lo spunto deriva dalla riscoperta, compiuta da Schmidhäuser<br />
(1920-2002), nel famoso <strong>libro</strong> del 1958, di momenti di Gesinnung nel diritto penale<br />
42 . Bettiol, tenendo conto anche dell’apporto in termini garantistici fornito dalla<br />
riflessione di Giuseppe Zuccalà nella monografia sulla infedeltà nel diritto penale 43 ,<br />
precisa con estrema chiarezza che la sua concezione di un Gesinnungsstrafrecht nulla<br />
ha a che fare con la colpa d’autore o con un diritto penale che prescinda dall’ancoraggio<br />
essenziale al concetto di fatto offensivo 44 . I momenti oggettivi della fattispecie<br />
non possono assolutamente essere pretermessi. Infatti: “non si tratta di sostituire<br />
all’accertamento dei dati oggettivi e tipici sui quali <strong>il</strong> reato si basa un oscuro e indistinto<br />
momento di carattere soggettivo come in taluni orientamenti del diritto penale<br />
storicamente è stato constatato con esiziali pericoli per la libertà individuale” 45 .<br />
Il diritto penale dell’atteggiamento interiore non è, infatti “un diritto penale che<br />
colpisca l’intenzione, la motivazione dell’intenzione, l’opinione in quanto tale e la<br />
41 C. Cost., 24 marzo 1988, in Giur. cost., 1988, 1504.<br />
42 F. Schmidhäuser, Gesinnungsmerkmale im Strafrecht, Tübingen 1958.<br />
43 G. Zuccalà, L’infedeltà nel diritto penale, Padova 1961.<br />
44 G. Bettiol, Stato di diritto e «Gesinnungsstrafrecht», in L’Indice penale, 1973, ora in Scritti (1966-<br />
1980), cit., p. 129-142.<br />
45 Bettiol, Sul diritto penale dell’atteggiamento interiore, cit., in particolare p. 112.<br />
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