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il libro - Silvio Riondato

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F<strong>il</strong>e riservato ad esclusivo fine di studio<br />

Coscienza del giudice e obbedienza alla legge<br />

dell’effettività e della continuità dell’ordinamento repubblicano e dei valori che esso<br />

esprime e garantisce, un m<strong>il</strong>itare, insomma, al quale si richiede «senso di responsab<strong>il</strong>ità<br />

e consapevole partecipazione» − per usare le parole della legge (art. 1346, 3°<br />

co. Cod. ord. m<strong>il</strong>.; art. 4, 1° co.) − nel perseguimento delle finalità istituzionali e<br />

nell’assolvimento dei propri compiti, nel rispetto della Costituzione e delle leggi.<br />

È evidente che questa concezione del m<strong>il</strong>itare non può non reagire sul tema<br />

dell’obbedienza all’ordine gerarchico. Se la disciplina deve costituire normale modo<br />

di essere che si radica nella coscienza del m<strong>il</strong>itare e la orienta verso l’astensione da ogni<br />

condotta che si ponga in contrasto con la legge penale, se al m<strong>il</strong>itare si richiede senso<br />

di responsab<strong>il</strong>ità, ciò implica che l’obbedienza non possa che essere obbedienza vig<strong>il</strong>e.<br />

Il vincolo all’obbedienza non può far venir meno <strong>il</strong> rapporto diretto, di coscienza e<br />

di dovere, del subordinato con <strong>il</strong> precetto penale, al di là e al di sopra dell’ordine ricevuto.<br />

La coscienza umana del subordinato dunque può (e deve) ribellarsi di fronte<br />

ad un ordine del superiore che gli impone la commissione di un reato.<br />

Il subordinato nell’eseguire l’ordine, dunque, così come <strong>il</strong> giudice nel processo<br />

interpretativo, non può sottrarsi alla responsab<strong>il</strong>ità della scelta e della valutazione critica:<br />

in tal senso la coscienza umana non può essere espunta dall’atto di obbedienza<br />

o dall’atto del decidere, non può venire nascosta, rispettivamente, dietro <strong>il</strong> paravento<br />

del dovere assoluto di obbedienza o dietro <strong>il</strong> dato positivo, in una concezione formalistica<br />

della legalità 16 .<br />

Questo accostamento tra l’esecuzione dell’ordine del superiore e la decisione del<br />

giudice può apparire (e in un certo senso è) ardito, perché è evidente la diversa portata<br />

dell’attività critica rivolta nei confronti di un ordine (un atto amministrativo)<br />

<strong>il</strong>legittimo alla stregua dell’ordinamento giuridico in cui l’ordine stesso si inserisce,<br />

da un lato, e la critica di una legge formalmente valida ma che contrasterebbe con<br />

principi ad essa gerarchicamente sovraordinati, dall’altro. Anche su un piano strettamente<br />

logico-giuridico l’attività di concretizzazione della norma generale ed astratta<br />

da parte del giudice è cosa ben diversa dalla materiale esecuzione di un ordine amministrativo<br />

17 . Ciò non toglie che <strong>il</strong> concetto di ordine sia uno dei concetti cardine<br />

della nostra cultura giuridica e che l’attività del giudice sia accomunata a quella<br />

dell’esecutore dell’ordine dalla pretesa normativistica di trasferire la responsab<strong>il</strong>ità<br />

materia di ordinamento m<strong>il</strong>itare. Per un primo commento al Codice, entrato in vigore <strong>il</strong> 9 ottobre<br />

2010 e accompagnato dal Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento m<strong>il</strong>itare<br />

(d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90), si rinvia a R. De Nictolis, V. Poli, V. Tenore (a cura di), Commentario<br />

all’ordinamento m<strong>il</strong>itare, EPC, Roma 2010-2011.<br />

16 Vedi <strong>Riondato</strong>, Un diritto penale detto “ragionevole”, cit., p. 164 ss.<br />

17 L’esecuzione materiale dell’ordine del superiore è assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>e più all’esecuzione della sentenza che<br />

alla decisione.<br />

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