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64 G. Fornasari<br />
F<strong>il</strong>e riservato ad esclusivo fine di studio<br />
fatta valere per negare che <strong>il</strong> nocciolo dell’antigiuridicità è costituito dalla lesione di<br />
un bene giuridico” 33 , non fa semplicemente un discorso dogmatico sugli elementi del<br />
reato, ma sottolinea i fondamenti di un programma liberale di politica criminale (e<br />
forse ancor più in generale di politica del diritto) antitetico a quello fondato sull’irrazionalismo<br />
autoritario della scuola di Kiel 34 .<br />
Difendendo <strong>il</strong> bene giuridico, egli, che pure sul piano assertivo non ritiene questo<br />
concetto incompatib<strong>il</strong>e con un diritto autoritario, difende implicitamente ma<br />
chiaramente un mondo di valori che comprende la tipicità (come limite all’interpretazione),<br />
la certezza del diritto, <strong>il</strong> primato del legislatore ed al contempo la possib<strong>il</strong>ità<br />
di affermare un’istanza teleologica e dunque antiformalistica 35 ; peraltro, lo sforzo<br />
di dimostrare la natura antiformalistica, ovvero contraria ad uno ster<strong>il</strong>e liberalismo<br />
individualeggiante, della teoria del bene giuridico lo porta ad affermare, allo scopo<br />
di dar forza alle sue argomentazioni, che essa, come concepita da Arturo Rocco, si<br />
contrappone ad una concezione individualistica, tanto da sostenere che un interesse<br />
individuale trova una tutela penale solo in quanto si identifica con un interesse dello<br />
stato 36 ; in tal modo, però, più che richiamare un liberalismo meno formalistico, si<br />
richiama un liberalismo...meno liberale.<br />
4. La situazione non è molto diversa se analizziamo i punti di vista espressi da<br />
Bettiol a difesa delle buone ragioni di un concetto di azione inteso in senso materiale,<br />
contrapposto a concezioni soggettivistiche tendenti a valorizzare al massimo,<br />
nell’economia del reato, la tipologia di autore, la sua volontà o la sua condotta di vita.<br />
Nel contributo del 1942, la posta in gioco viene subito con tutta chiarezza enunciata.<br />
Dalla Germania, guardando anche alla legislazione penale del periodo successivo<br />
al 1933, giungevano impostazioni che non si ponevano più <strong>il</strong> problema dei criteri<br />
metodologici necessari alla determinazione del concetto di azione, se in chiave naturalistica<br />
o in chiave finalistica, ma che mettevano in discussione la stessa necessità e<br />
inderogab<strong>il</strong>ità dell’esistenza dell’azione ai fini dell’applicazione della pena, in nome<br />
di un processo di eticizzazione e personalizzazione, all’esito del quale la figura dell’au-<br />
33 Bettiol, Bene giuridico e reato, cit., 325.<br />
34 Il cui “manifesto” è senz’altro rappresentato dall’opuscolo di Georg Dahm e Friedrich Schaffstein,<br />
Liberales oder autoritäres Strafrecht?, Hamburg 1933. E non è un caso che proprio Schaffstein, due anni<br />
dopo, riferendosi anche alla posizione di Bettiol, lamentasse con tono critico <strong>il</strong> fatto che in Italia,<br />
nonostante la vicinanza ideologica con la Germania, ci si ostinasse a mantenersi sostanzialmente nel<br />
solco di un diritto penale di derivazione liberale. Cfr. Schaffstein, Methodenwandel, Analogieverbot<br />
und Rechtsgutslehre in der neuen italienischen Strafrechtswissenschaft, ZStW, 1940, 519 ss.<br />
35 A ragione, insiste molto sul valore politico più generale della presa di posizione di Bettiol a favore<br />
del bene giuridico anche Marinucci, Giuseppe Bettiol e la crisi del diritto penale negli anni Trenta, in<br />
Quaderni Fiorentini, 2008, 334 ss.<br />
36 Bettiol, Bene giuridico e reato, cit., 327.