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Impaginato 5.p65 - Universitat Rovira i Virgili

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64<br />

Mauro Maxia<br />

(5), ver lo meczodì (2), ver lo levante (2), ver tramontana (2), ver lo sirocco/<br />

silocco (10), ver lo ponente (2), ver Sardegna (3), ver terra, ver terra ferma,<br />

ver l’isola 99 e altre. Questo manuale riservato ai navigatori, quindi avulso da<br />

qualunque intento letterario, presenta decine di occorrenze della forma ver mentre<br />

non impiega mai la forma verso. La circostanza, tra l’altro, può spiegare perché<br />

in gallurese si usi ancora la forma vel di e non la forma vèssu di o, almeno, non<br />

la si usi con altrettanta frequenza. D’altra parte il corso, in cui non opera il<br />

trattamento /rd/ > /ld/ che tipicizza il gallurese, conserva questa congiunzione<br />

con l’identica forma ver di attestata nel toscano antico (ver di u Sorru ‘verso il<br />

cantone di Sorru’, ver di u Niolu ‘verso la regione del Niolu’). Ecco, dunque,<br />

che non solo la storia del corso, ma quella dello stesso gallurese e delle altre<br />

varietà sardo-corse assume rilievo per la storia della lingua italiana.<br />

Il fatto che in italiano certe forme siano cadute in disuso da secoli ha convinto,<br />

come si accennava, gli studiosi che casi come quello di ver rappresentino<br />

delle forme letterarie. In realtà le varietà sardo-corse dispongono, talvolta<br />

insieme al corso e ad altre parlate periferiche ma spesso anche in modo<br />

autonomo, di varie prove circa il fatto che alcune pretese forme poetiche<br />

vigevano realmente nel toscano parlato nel Duecento e nel Trecento. Un esempio<br />

di questa situazione è offerto dal gall. mintüà e dal sass. funtumà che,<br />

insieme al corso mintu(v)à e al logudorese mentovare e fentomare, testimoniano<br />

la passata vigenza del verbo ormai disusato mentovare che attualmente<br />

si conserva come sporadico arcaismo nei dialetti della Lucchesia, della Versilia<br />

e dell’isola del Giglio. 100 Un altro esempio è offerto dalla rara forma oggimai<br />

impiegata soltanto poche volte da Dante (Inf. XXXIV, 32; Purg. III, 142;<br />

XVI, 127). Si tratta di una grafia sinonimica di oramai che vige tuttora, e con<br />

alte frequenze, nelle varietà sardo-corse con le varianti sassarese e sedinese<br />

aggiummài e gallurese e castellanese agghjummài, le quali occupano un vasto<br />

spettro semantico con i significati di ‘ormai, quasi, per poco, a momenti,<br />

giammai, addirittura’. La deformazione avvenuta in contesto dialettale rispetto<br />

alla forma attestata in Dante pare dovuta a un accostamento con la voce<br />

verbale sass. àggiu, gall. àgghju ‘ho’. È proprio la più giovane tra le varietà<br />

99 Una parte significativa del portolano descrive parecchie località della Sardegna settentrionale<br />

tra cui l’Azenara, Sancta Reparata, Longun sardo, Sancta Maria, Buzenare, Spargi, Porto<br />

Polo, Sancto Stefano, Cravaira = Caprera, isola de le Bisse, capo de l’Orsa, Iscla Mortore,<br />

Figarola, Taulara, Sancto Polo, Morala/Morara = Molara.<br />

100 Altre varianti sono note per la zona centrale delle Marche (mentuà, montivè) e la Puglia settentrionale<br />

(munduvà).

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