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shree 108 swami ramdas kathia baba - World Nimbarka Parishad

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timore che la vacca, lasciata da sola, potesse girovagare e perdersi. Soppesai i pro ed i contro della<br />

faccenda e conclusi che dal momento che la mucca non poteva essere lasciata incustodita, a quel<br />

punto dovevo negarmi il piacere di avere la sacra visione di Priyaji. Dissi a me stesso, “La maestà di<br />

Priyaji deriva dall‟Essersi fusa con il Signore Cosmico. Dal momento che il mio stesso Guru ha<br />

raggiunto lo stesso sublime stato, la visione di Babaji Maharaj sta alla pari con quella di Priyaji. E‟<br />

meglio quindi che mi affretti in compagnia di Ganga per riempirmi gli occhi della visione di Babaji<br />

Maharaj.”<br />

Avevo appena preso questa decisione e mi ero mosso di poco che il sadhu ricomparve e riprese<br />

custodia della mucca, lasciandomi camminare da solo.<br />

Non avevo percorso molta strada quando notai Babaji Maharaj davanti a me, che aspettava sulla<br />

strada. Molto felice di vedermi, salutò allegramente, “Vieni, figlio mio”.<br />

Coperta la distanza, mi prostrai ed incominciai a camminare con lui. La prima cosa che disse<br />

mentre mi prostravo fu, “La sacra vista di Priyaji e quella di un santo sono veramente la stessa cosa,<br />

non c‟è alcuna differenza tra le due.”<br />

Quella dichiarazione di Babaji Maharaj inequivocabilmente, confermava, le mie conclusioni di<br />

poco prima.<br />

Mentre camminavamo insieme, mi scaldai al calore del suo affetto, egli mi tratteneva<br />

affettuosamente con vari aneddoti e saggi consigli. Per esempio, parlò a lungo di come il suo Guru<br />

si comportava con lui e come lui, a sua volta, aveva trattato Garibdasji. Riversava lodi su<br />

Garibdasji, ricordando molti episodi che caratterizzavano la sua dedizione al Guru e infine disse,<br />

“Figliolo, Garibdasji è maturato in un santo per eccellenza. Allo scopo di testare la sua maestria su<br />

collera e vanità, lo accusavo di frequente di varie mancanze inventate e lo tormentavo senza pietà.<br />

Mentre lui si curava di me con totale devozione e attenzione, mi intrufolavo nella cucina, mettevo<br />

tutto a soqquadro e creavo scompiglio tra le provviste. E poi, al suo ritorno, lo denunciavo<br />

brutalmente davanti a tutti per quel disordine. Garibdas, comunque, non perdeva mai la pazienza, ne<br />

rispondeva, ma semplicemente rimetteva tutto a posto senza agitarsi. Volendo sottoporlo ad un<br />

ultimo test, aspettai la giusta occasione che si presentò durante la successiva circumambulazione.<br />

Allo scopo di spostate il campo da Nandagram a Kamoi, una distanza di circa 16 chilometri,<br />

bisogna affrontare il sole e viaggiare verso est lungo una strada che è spesso fangosa e carica<br />

d‟acqua. Il compito di Garibdasji in quell‟occasione era di portare il mio equipaggiamento sulle<br />

spalle al campo successivo, cucinare e nutrire dai 40 ai 50 eremiti e alla fine poteva prendere una<br />

pausa per mangiare. Quell‟anno arrivammo a Kamoi verso mezzogiorno. Immediatamente Garibdas<br />

sistemò il mio ombrellone, stese il mio tappeto da preghiera ed organizzò il bagaglio. Più tardi,<br />

come gli abitanti arrivarono con il cibo da cucinare, fece il bagno ed iniziò il compito piuttosto<br />

colossale di preparare il cibo: degli spessi chapati di farina integrale per i monaci in generale e<br />

quelli sottili separatamente per me. Con così tante persone di cui prendersi cura, avrebbe finito<br />

piuttosto tardi. Finalmente pronto, quasi verso sera, offrì come di consueto il cibo in adorazione alla<br />

divinità e poi mi invitò a condividere il cibo così benedetto.<br />

Ritenni che quello fosse il momento giusto per sondare fino in fondo la sua serenità interiore!<br />

Aveva trasportato carichi enormi per giorni interi da un punto del pellegrinaggio all‟altro e poi<br />

dedicato lunghe ore fino a tardi vicino ai fuochi della cucina, preparando il cibo per una schiera di<br />

persone. Calcolavo che questo avesse fortemente sfiancato il suo corpo e che lo avesse<br />

completamente esaurito. Quel giorno era stato particolarmente pesante perché aveva dovuto<br />

sopportare il torrido sole autunnale direttamente sul viso, superare tratti di strada impraticabili ed<br />

infine, a stomaco vuoto, occuparsi della cucina sotto il caldo opprimente dei fuochi. Garibdas<br />

doveva essere pronto per esplodere. Immaginai che fosse una perfetta combinazione di circostanze,<br />

per misurare il suo autocontrollo così, in risposta alla sua chiamata, arrivai per il cibo benedetto. Mi<br />

sedetti, tastai i chapati di farina integrale e dichiarai che erano poco cotti e finsi di essere<br />

profondamente dispiaciuto. Urlando invettive a Garibdas, li gettai via e lo colpii sulla testa con un<br />

bastone. Garibdas cadde a terra, con la testa sanguinante. Il momento successivo però, si alzò e a<br />

mani giunte cadde ai miei piedi e implorò, “Babaji Maharaj, ho certamente sbagliato, per favore<br />

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