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ENOGASTRONOMIA<br />
JACOPO COSSATER<br />
Giornalista e w<strong>in</strong>e blogger<br />
www.enoicheillusioni.com<br />
www.<strong>in</strong>trav<strong>in</strong>o.com<br />
Km 0? Si,ma<br />
prima di <strong>tutto</strong><br />
stagionalità<br />
Avete fatto caso a quanto, durante l’ultimo anno, sia cresciuta l’attenzione nei confronti di <strong>tutto</strong><br />
quello che viene chiamato “a chilometro zero”? Ci pensavo qualche giorno fa mentre leggevo un<br />
<strong>in</strong>teressante articolo a proposito dei farmer’s market <strong>in</strong>glesi e mi è venuto <strong>in</strong> mente che sempre più<br />
spesso si discute di <strong>in</strong>gredienti e del<strong>la</strong> loro provenienza.<br />
C’è stato un periodo, non troppo tempo fa, durante il quale mi sarei def<strong>in</strong>ito senza alcuna esitazione un sostenitore<br />
del concetto di glocal, almeno dal punto di vista dei consumi ideali nel<strong>la</strong> mia cuc<strong>in</strong>a. Aveva <strong>in</strong>fatti<br />
preso piede da poco l’uso dei chilometri percorsi dal cibo come <strong>in</strong>dice per misurarne l’impatto ambientale.<br />
Il pr<strong>in</strong>cipio era estremamente semplice: più un <strong>in</strong>grediente ha viaggiato, più energia ha consumato, più<br />
ha <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>ato e qu<strong>in</strong>di maggiore sarebbe il suo effetto sul territorio. Ma le cose stanno realmente così?<br />
Sembrerebbe di no. Non del <strong>tutto</strong> almeno.<br />
La conv<strong>in</strong>zione che un cibo locale consumi meno energia di uno che viene da lontano è tutta da verificare,<br />
usando un eufemismo. Dipende <strong>in</strong>fatti dalle dimensioni dell’azienda produttrice: le più piccole spesso<br />
sono anche le meno efficienti. Un <strong>in</strong>grediente partito da una grandissima realtà, magari lontana, potrebbe<br />
qu<strong>in</strong>di essere tranquil<strong>la</strong>mente più sostenibile dello stesso coltivato da una picco<strong>la</strong> azienda, magari dietro<br />
casa. Uno studio <strong>in</strong>glese avrebbe dimostrato poi che quasi <strong>la</strong> metà dei chilometri percorsi sarebbero da<br />
attribuire al compratore. Secondo lo stesso sarebbe preferibile fare <strong>la</strong> spesa <strong>in</strong> un grande supermercato<br />
che <strong>in</strong> tanti piccoli negozi, limitando al massimo gli spostamenti <strong>in</strong> automobile. Un prodotto preso dagli<br />
scaffali fuori stagione, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, o viene da molto lontano, dove cresce naturalmente, o viene da molto vic<strong>in</strong>o,<br />
dove è stato coltivato <strong>in</strong> serre illum<strong>in</strong>ate e riscaldate artificialmente. Indov<strong>in</strong>ate qual’è quello con il m<strong>in</strong>or<br />
impatto ambientale?<br />
Va bene qu<strong>in</strong>di il “chilometro zero”, ma <strong>la</strong> chiave per <strong>in</strong>terpretare <strong>la</strong> spesa <strong>in</strong>telligente riguarda soprat<strong>tutto</strong><br />
<strong>la</strong> stagionalità, prima e sopra ogni cosa. Al tempo stesso voglio però sostenere con forza <strong>la</strong> meraviglia del<strong>la</strong><br />
spesa globale. Mai come oggi abbiamo <strong>in</strong>fatti avuto un così vasto assortimento alimentare e <strong>la</strong> possibilità<br />
di provare un grande numero di <strong>in</strong>gredienti, che vengono anche da lontanissimo.<br />
Culturalmente, credo, non ha prezzo.<br />
Rivista di orientamento nel food service 33