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I VINITALY I Giovani che mettono in bottiglia le idee dei padri SONO LA NUOVA GENERAZIONE DI VITIVINICOLTORI CHE HANNO EREDITATO VIGNETI E CANTINE DAI PADRI E CHE NON INTENDONO RINUNCIARE AL PRESENTE 2.0 E PURE AL LEGAME COL PASSATO. HANNO QUINDI SCELTO LA STRADA DELLA VALORIZZAZIONE DEL TERROIR MA CON I NUOVI PRINCIPI DELLA SOSTENIBILITÀ E DELLA QUALITÀ DELLE PRODUZIONI I 26 I LOMBARDIA VERDE I MARZO 2013 I Il mondo del vino lombardo sta cambiando pelle grazie a una nuova generazione di vitivinicoltori che si sta facendo largo, imponendosi con un bagaglio di idee innovative e nuove modalità operative giocate attorno a un minimo comun denominatore: la valorizzazione del terroir secondo i nuovi principi di qualità e sostenibilità delle produzioni. Paradossalmente questa piccola rivoluzione dei giovani talenti non rompe i legami col passato, ma del passato cerca le radici più profonde, riscoprendo ad esempio nei vitigni autoctoni tesori dimenticati che tornano, grazie a loro, a parlare del territorio. Perché l’importante è il “racconto di un vino” che non può in nessun caso essere disgiunto dal suo luogo d’origine. Un racconto che bisogna saper comunicare, in Italia come all’estero, con le modalità e le competenze che servono oggi. La generazione 2.0 conosce le lingue, si destreggia mirabilmente tra fiere ed eventi e usa i social network per organizzarli, si mette in rete con il pubblico e fa gioco di squadra con i produttori vicini.
I DORIA DI MONTALTO PAVESE «Non facciamo altro che mettere in bottiglia le idee dei nostri padri», si schermisce Davide Doria, rampollo di un’antica schiatta di viticoltori, i Doria di Montalto Pavese, presenti in Oltrepò sin dall’Ottocento, da quando l’area era parte integrante del Regno di Piemonte. Per i Doria, ricerca e sperimentazione finalizzate al recupero delle antiche tradizioni sono da sempre assi portanti dell’impresa e Davide, col fratello Andrea, continua convinto su questa strada. «Siamo stati tra i primi in zona a investire su una vecchia varietà di Nebbiolo autoctono da cui abbiamo ricavato un vino di grande pregio. Il vitigno è stato selezionato in una rosa di cento, su cui è stata condotta una sperimentazione ventennale, in collaborazione con l’Università di Milano». Un altro recupero più recente ha riguardato un vitigno risalente ai tempi dell’impero asburgico, che aveva individuato nelle colline oltrepadane il terroir adatto alla sua nobile uva. Si tratta di un Riesling renano metodo classico in purezza, un vino da lungo invecchiamento che può perfino superare i vent’anni. «Sono prodotti particolari apprezzati anche all’estero, proprio perché legati alla storia e alle tradizioni locali». Una storia tutta da raccontare, e per questo la Doria si è dotata del centro enoculturale La Colombina, attrezzato con un'ampia biblioteca, dove si svolgono incontri tematici sul vino, convegni e degustazioni. I PASINI DELLA VALTÉNESI Anche per Paolo Pasini, produttore di Groppello e Chiaretto in Valténesi, sulla sponda lombarda del Garda, il racconto del vino è fondamentale e “verde”, racchiuso in una sorta di decalogo sciorinato di getto: «Vogliamo produrre vini sani, leggeri, con il minor impat- t AZIENDE DA EXPORT Nella pagina a sinistra Davide Doria accanto all’enoturismo aziendale La Colombina a Montalto Pavese, sulle colline dell’Oltrepò. La sua sfida consiste nel puntare su antichi vitigni autoctoni. In alto i cugini Paolo e Luca Pasini, la cantina, la barricaia e, in basso, una veduta aerea dell’azienda circondata dai bei vigneti della Valténesi. Producono Groppello e Chiaretto destinato per il 40 per cento al mercato estero. to ambientale possibile, prendendo coscienza delle nostre radici, per estrarne il “segreto originale”, attraverso investimenti importanti in vigna e in cantina». E marca la distanza con un passato dominato da logiche meramente commerciali, contrapponendo una visio- ne di lungo periodo: «L’investimento in vigna va programmato almeno sui 30/50 anni». Per la cantina, tutta a energia solare, vale lo stesso discorso. «Poniamo attenzione all’intera filiera per evitare sprechi, scegliendo fornitori vicini e bottiglie più leggereanche per gli spumanti, abolendo gli incarti inutili e riducendo le lavorazioni allo stretto necessario». E poi c’è il racconto del vino nell’enoteca-ristorante ricavata dalla vecchia cantina e dotata di una terrazza panoramica sui vigneti a perdita d’occhio, gustando anche con gli occhi il “sapore” del territorio. In azienda Paolo si occupa del commerciale insieme ai cugini Sara, in amministrazione, e Luca, che cura l’aspetto enologico e agronomico, col papà ancora in azienda a dare una mano. Il 40 per cento delle bottiglie prodotte va all’estero, in quindici paesi di cui solo la Germania I MARZO 2013 I LOMBARDIA VERDE I 27 I
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